Dal diario di Biggini (da Mussolini e il professore di Luciano Garibaldi – Mursia editore pag 320-321):
21 aprile 1945
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Alle ore 10 mi sono recato in Prefettura per la riunione del Consiglio dei Ministri: la riunione ha avuto inizio alle ore 11 ed è terminata poco prima delle 14. E’ la prima volta che il Consiglio dei Ministri si riunisce a Milano: la seduta è stata presieduta dal Duce, presenti tutti i Ministri.
Esaurito l’ordine del giorno amministrativo, Graziani ha fatto una esposizione panoramica della situazione militare. Ha parlato del fronte orientale, dove si delinea da parte dei russi l’investimento di Berlino, del fronte occidentale e particolarmente della lotta lungo l’Elba e poi, a lungo, della guerra sul nostro fronte. L’impressione di Graziani è che tutto non sia perduto e che, ad ogni modo, non si assisterà a una fine rapida della guerra.
Ha poi preso la parola il Duce, il quale ha parlato per oltre un’ora della sitruazione militare e di quella politica. Condivide l’opinione di Graziani che tutto non sia perduto e che la guerra non terminerà rapidamente. Certo se non ci sono delle riserve, la guerra sul territorio tedesco dovrebbe presto ritenersi finita. “Parlo della guerra vera” ha detto il Duce, “intesa come contrapposizione di eserciti. Ma la guerra come tale non finirà, in ogni modo: non ci sarà armistizio. Oltre la resistenza passiva delle popolazioni germaniche, ci sarà in tutti i territori occupati una piccola guerra fatta da nuclei armati: ci sarà poi il ridotto bavarese unito al ridotto alpino e al nostro ridotto in Valtellina. Ossia sostanzialmente la guerra continuerà. E’ un grande dramma che non ha cinque atti, ma può averne sei, sette o otto. La situazione militare in Italia potrebbe andare meglio: se ci fosse non dico un’aviazione ma almeno qualche squadriglia aerea. La marcia fu Ferrara e Bologna del nemico avanzerà. Dopo ? Potrebbe puntare su Piacenza, oppure attraversare il Po. In tale caso tutto lo sbarramento sarebbe in crisi. Ma la guerra in Italia è subordinata a criteri di carattere politico. Gli uomini che dovrebbero essere i nostri successori sembra che abbiano paura di esserlo, oppure preferirebbero dividere con noi tale responsabilità”
Il Duce, dopo aver parlato della borghesia e del proletariato, afferma che l’ala destra dei comitati di liberazione ha una paura pazza del bolscevismo. Suggerisce, quindi, l’opportunità di avvicinare uomini dei partiti avversari, se necessario stringere accordi, manovrare, vedere cosa si può fare affinchè non ci sia la guerra fra italiani. “ La lotta al bolscevismo potrebbe essere il punto d’incontro di tutte le forze sane, senza per questo abbandonare il nostro programma sociale. Anche i nostri rapporti con i germanici dovranno evolversi: con cameratismo, con lealtà, ma dovranno evolversi.”
Infine il Duce si sofferma a lungo sul problema dell’alimentazione: “le rivoluzioni sono ideologiche, ma sono sempre cominciate davanti ai forni”.
Moroni espone subito dopo la situazione alimentare, le disponibilità che abbiamo e l’azione che occorre svolgere anche nei rapporti con i germanici. Molte richieste tedesche sono assurde e la pianura del Po interessa non solo a noi ma anche a loro. Propone, quindi, Moroni dopo aver insistito su la necessità che i tedeschi ci lascino la libertà di alimentare il popolo italiano, che le autorità locali, provinciali e comunali abbiano l’ordine di tirare fuori il grano dagli agricoltori, che ai tedeschi si dica chiaramente che non possiamo dare più nulla, che si organizzino i trasporti.
Su la relazione di Moroni prendo la parola io, poi il Duce, Graziani, Pisenti e Pavolini. Infine il Duce conclude riassumendo la discussione ed impartendo direttive in ordine ai vari problemi.