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Poesie
Dalle carte inedite del "POETA" Picconi
Gabriello di Piancastagnaio(1883-1980):
POESIE IN ENDECASILLABI SONETTI, OTTAVE E SESTINE. ECCIDIO DI PIANCASTAGNAIO 1909 Scarica le poesie sul tuo PC:
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"IL POETA"
Qual di conforto
incontro in su la cima ? Ond'io mi diedi a
passeggiar su un monte. Di verdeggianti vesti e
fior n'à in fronte Stava annidato su
fertile clima. Parlommi e disse già non
ebbi stima! Dagli antenati tuoi, da
scienza e fonte Oggi prevalgo in general
con fronte Richieste dal civil che
m'assublima. Poco è il valor, ché
poca è la sostanza Straziano il corpo mio
ma son paziente, Ovunque son richiesta a
pietanza Dei poverel delizia
sedicente. Per qualche stirpe,
simile arroganza, Pur di lor non offendo
,il lor fendente. (la patata) PIANCASTAGNAIO 30
OTTOBRE 1901 Formata son dall'uom di
medio ingegno, Che mi staccò dal fondo
di natura Il quale mi squarciò,
dopo il disegno, ed ò quasi di scheletro
figura. Non son superba della
mia statura, Sebben con gradi m'alzo
ad alto segno, Spesso calcata dall'uman
creatura Sopporto volentieri e
non mi sdegno. Poscia, che il mio
fattor dall'uso umano Spesso m'abbraccia e
sopra a sé m'alletta Poi mi fa una parte da
villano. Servendosi di me per far
vendetta contro mia stirpe in
modo assai strano Ed io resto a guardar
cosa a me accetta. (la scala) PIANCASTAGNAIO ,
9
APRILE 1902 PIANCASTAGNAIO : Invasione di terreni
incolti, quale io a capo lega (1906). Nacquero processi e condanne.
Nel seguente 31
gennaio 1909: eccidio. Persero la vita due operai, un'amputazione di gamba e
16 padri di famiglia in galera per 14 mesi. Eccone il testo.
(Ottave) Voglia dare a me chi può
l'ingegno E mi voglia corregger
,se pure erro, Ma che svelar ne possa
il chiuso sdegno. Colui si mostra oro è
crudo ferro. Se un dì mostrossi al
bene il suo disegno Disegno della tomba e
trarne sterro Credo toccato sia con
l'esperienza Per risvegliar l'ignoto
alla credenza. Svegliossi Santa Fiora a
resistenza Svegliossi Arcidosso con
Scansano Con Roccalbegna Murci
non fa assenza Pigliando poi Manciano e
Pitigliano Han’ sostenuto più d'una
sentenza Unico è questo popolo di
Piano Che grave giogo sulle
spalle porta Sopporta volentieri e
non sconforta. Bisogna dire la persona
è morta, Morta di convinzioni e
di promesse. Guardate! ad ogni passo
abbiam la scorta E scorti a color che fan
scommesse. Scommettono che il
popolo sopporta Ne sopporta le azioni le
più oppresse. Famoci intanto a dir
dell'invasione Solo per ribadir nostra
opinione. Fur’ condannate sedici
persone Articolo di pena e
violenza Fan certo alla coscienza
ribellione Han detto, invigorendo
la sentenza; Più giurano si è fatto
processione. Da gente sanguinaria in
persistenza Saper chi sono questi
ribelli? Gente comprata e son
proprio quelli. Stupiscono i vicini
paeselli Dicono è proprio il
popol calpestato E' calpestato dai propri
fratelli Perché chi è ricco e chi
da lor comprato Dunque quel gran
proverbio si favelli Ciò che Brandano ebbe
profetato E sia tenuto come
esempio eterno Che s'è avverato Pian
senza governo. I nostri dirigenti
l'hanno a scherno Dicendoci noi siam
troppo indulgenti Dicon della giustizia
siamo il perno Non abbiam colpa dei
vostri scontenti Nelle famiglie intanto
v'è un inferno Ché manca pane e mancan
vestimenti Diremo che il pianese in
questo stato E' umile, paziente e
malmenato? Vedi lavorator tu sei
annientato Soffri la fame e ancor
non senti nulla Il tuo lavor non vien
punto apprezzato Quello che dà ricchezze
ti affanciulla. Quando sarai tu popolo
svegliato, Che t'alzerai dall'anninnata
culla Per riscattar l'onor
della tua prole Che brama nuova vita
,insiste e vuole? Apprezziamo per Iddio
quelle parole Che gridano a noi forza
e coraggio E quelle lacerate
vesticciole Cambiarle e darle un
nuovo personaggio. Non da mendichi ma che
pure il sole Splenda su noi con un
moderno raggio E che s'escuda l'uso del
facchino Al gran borghese per un
sol quattrino. Ognuno l'à serrato il
magazzino
A Piano, non v'è sorta
di lavoro Terre, affitto, non
danno per semina A terratico, pur non
torna a loro. La fine faremo del conte
Ugolino Se una protesta non
faremo in coro E se a voler lavoro non
s'insiste Dicon ch’hanno la legge
che l'assiste. Un'altra cosa fra le
cose triste : Con essi son d'accordo
pure i preti Dicono ai poverelli a
lunghe liste Hanno ricchezze e beni
nei secreti "Soffrite volentieri e
gran conquiste Avrete all'altra vita, e
state lieti". Diran bene sì ma il loro
intento E' d'accumular tant'oro
e argento. Ma il nostro Dio dicea
nel parlamento : "Uniamo società non da
ribelli! Più equo sia il compenso
al servimento Ché siamo uguali e siam
tutti fratelli"; Ma non dicea ai poveri
lo stento Ai ricchi la superbia,
gioie e anelli. Il ver dicea ! ma la sua
parola Da qualcuno s'è intesa
in gola in gola. Siate ministri e
indossate la stola Siate ministri con
grand'ambizione Vostro è il potere e la
divin parola Siate ministri voi senza
il padrone. Se Dio tornasse qua una
volta sola Vedesse voi e vostra
condizione! Il popolo nutrirlo di
scrupori E voi goder lo stato dei
signori. Voi preti lascio al
posto e i vostri errori Vo’ ritornar al popolo
languente Vien detto :"Piano è un
posto de' migliori Perch'esso de la scienza
è la sorgente!" Infatti à suscitato
professori E qualche personaggio
più valente. Forse l'opinion d'altri
paesi Sarà che noi sarem
protetti e cresi. Infatti vi dirò che a
noi Pianesi Uno se ne mostrò padre
zelante I suoi scopi da sé l'avea
ben tesi Si attrasse la fiducia e
fu garante Oggi pochi ve n'è non
siano offesi Chi con giudizio e chi
come appressante Sicché i suoi benefici
furon tali! Ogni promessa fur
pungenti strali. Se poi raggiungerò
gl'altri rivali Che sotto il manto
sembrano agnelli Che sono proprio quelli
i principali Che si mostran pietosi
a' poverelli Ma il sentimento avevan
da cinghiale Che ci hanno chiusi in
mandra con cancelli Di altri non dirò cosa
ci fanno , Piano di scienza è ricco
a nostro danno! Il fatto ch'è successo
poi nell'anno Trentun gennaio ne darà
memoria, Sarà in Italia e fuori
se lo sanno Perenne ne darà il dolor
la storia. Nessun saprà chi avrà
intessuto il panno Credian qualche signor
gridò vittoria Avrà gridato a senso
snaturato Gridò che il popol sia
vituperato. Sappian tre quarti d'ora
hanno sparato Sul popolo fuggente e
tramortito Revolvere e moschetto
hanno imbracciato Proiettili a mitraglia
in ogni sito. Pur sopra i morti hanno
replicato Chi va in cerca pure
hanno ferito Dunque notate il fatto
di flagello Forse più sangue lì che
in un macello. Chi è ferito al petto
chi al cervello, Chi è senza gamba e chi
l'à perforata Chi su nel dorso e chi
nell'avello Chi giace a letto a vita
disperata Chi è senza il padre e
chi senza il fratello Chi à la sua famiglia
abbandonata Dunque notate il fatto
inaspettato : Non v'à memoria che
simile sia stato. Povero Piano come
strapazzato!
Povero Piano pur ditelo
voi, Povero Piano come
incatenato! Povero Piano resister
più non puoi La ferocia del cannibale
affamato. Così termino il canto e
dico a voi: "Lavoratori essi han
giurato certo Far vittime su noi per
fare un deserto. La speranza mi pasce e
il popol certo Più sveglio verrà
addirittura Di vantaggi ed onor
avremo il merito E la vittoria poi vien
per natura!". Diciamo sì che il mondo
è assai scoperto L'operaio col progresso
matura Il suo diritto esteso ed
infinito E non crollerà mai il
popolo unito. Guerra borghese e di
carneficina Il ventiquattro maggio
dichiarata Ogni città, paese e
collina: "L'Italia dal nemico và
salvata!" Il popolo deluso a quel
s'afferra Ovunque grida :"Noi
vogliam la guerra!". I galoppini, stampa..
era un affanno, "Trieste sarà nostra ad
ogni costo!", Così si cade in
mostruoso inganno. Pe' 'l pover la trincea
era il suo posto Fame ,disciplina ed i
malanni... Allora si conobbero
gl'inganni. Tornati affranti da
dolori e stenti, S'aspettavan compenso
dai padroni, Invece furon armati i
delinquenti, Di pistola, di nerbo e
di bastoni. Di tutto questo non
furono appagati.. Nelle galere pur fummo
mandati. Ci furono torture e gran
reati Massacri, incendi e
altri misfatti, perseguitati ovunque ed
esiliati, Martiri ,galere ed
impiccati... Amendola, Gramsci e
Matteotti, Colpendo sempre i
migliori e dotti. Alfin fu tolto quel
regime infame Questo governo ancor n'è
compiacente, schiamazzano impuniti e
le lor brame sono compiute senza dir
lor niente. Fanno aggressioni
proprio a lor piacere Per il governo? questo è
lor dovere. Vostri attentati ormai
fanno fallanza Ché troverete il duro ad
ogni prova. Dal popolo avrete
resistenza, La lotta contro voi
sempre rinnova, Se vi provate a rompere
l'ossa, Con vostre man scavate
la fossa.
FUI PRELEVATO DAL LETTO
E PORTATO PER
IL PAESE NUDO. ERANO LE ORE 10.42 DI
SERA A PIANCASTAGNAIO IL23 GIUGNO 1921 (Sestine) Erano giorni e mesi, ero
braccato Traverso la campagna e i
casolari, D'autorità un invito mi
fu dato Che abbracciai con gioia
senza pari. Quest'era Chiurco,
Prefetto e dottore, Colui che coprì Siena di
terrore. E venni a casa senza
alcun sospetto Sicuro di trovar un po'
di riposo Appena fui sdraiato
sopra il letto Un grido d'allarme ne fu
esploso. Erano proprio due
ergastolani, Gridaron :"tu puoi morir
da nostre mani!". Precipitai senza
vestimenti Trovai puntate in me due
pistole, Loro parole furon:
"Complimenti!, Questa è la legge che il
gran Duce vuole!". Io ne restai avvilito e
senza fiato, Allor conobbi d'essere
ingannato. Chiesi a costoro di
poter vestirmi, Ma fu uno stratto di
tale violenza, E poi principiarono a
colpirmi Col nervo; e come fare
resistenza? Senza poter proferir
parola, Chè mi miser le mani
nella gola. Appena cinquanta passi
di cammino Una marea di gente e
brutte facce, Gridandomi: "Bolscevico,
assassino!" E senza ricordare altre
minacce, Fui consegnato
all'onorata Corte; Il grido risuonò :"Pena
di morte!". Chi voleva al momento
giustiziarmi, Chi voleva la mia
rassegnazione, Con la speranza forse di
umiliarmi, Ma rafforzai la mia
opposizione. D'iscrivermi fra loro mi
fu detto Sfidai anche il piombo,
ed esposi il petto! Ma solo i galeotti un
po’ più umani! Gridarono che questo
ormai si smetta Ma quelli ,vecchi amici
e paesani, Scalmanati gridarono
vendetta M’imposero l’esilio
volontario E qui da Roma svolgo il
mio diario. (sonetto) 11 Dicembre
da Tarquinia 1942 fra i lavoratori di tutta Italia. Né più si può trovar
miglior brigata Sebben di vari luoghi e
vari accenti Cessato ch’è lavoro è
un’adunata Di buoni umori e di
animi contenti. Appena che la mensa è
terminata Principiano i canti ed i
commenti Con qualche canto e
qualche stornellata Accompagnata da dieci o
da venti. Cosa c’importa a noi la
lontananza, Sebben il nostro star
non è discreto? Ma lo diciamo senza
titubanza: Saper di nostre mogli
non è divieto Con lacrime strazianti e
con creanza: Dicono il mio marito sta
a Corneto!. (che si celebra in Roma
il 16 agosto 1959 nella chiesa dell’immacolata, che unisce il giovane Picconi
Vinicio alla signorina Vicini Rosalba. Io stavo lontano.) Sono lontano ma mi sento
qui! A voi vicino col cuore e
con la mente Desiderato da tempo
questo dì Dopo un trascorso amore
fedelmente. Quel saggio autor che al
vostro amor vi unì Vi segua con amor sempre
crescente Benedica il vostro
anello e il vostro "sì" Questo quanto vuole lo
scrivente. Quali agili colombe al
ciel levate Fendendo l’aria con
ardor che ponno Tornando al nido, fra
l’ore beate, Fra i palpiti del cuore
e il dolce sonno Vostre felicità sian
triplicate Questo è l’augurio che
fa il vostro nonno.
PER IL MIO 80°
compleanno (Nacqui ad Abbadia S.
Salvatore il 30 Gennaio 1883) In mezzo ad una procella
il mio passato Al pari di colui che
guada un fiume Sfidando i flutti giunge
all’altro lato Dal periglioso passo
indi si assume Un voto, perché il ciel
ne sia lodato Bella Roma che mi dasti
il lume Che accoltomi da te ne
fui beato Poiché abbracciai con
gioia il tuo costume Sebben sono al tramonto
io son contento Dimentico gl’insulti e i
gran malanni Al par di un sogno dal
felice evento Spariscono gli odi e i
doppi inganni Or che le gratitudini ne
sento Ché ringraziando Dio
compio ottant’anni. PICCONI GABRIELLO Roma, 30 gennaio 1963 Per la improvvisa
scomparsa della signora Urbani Sacchi in Scapigliati, avvenuta in Roma il 14
Febbraio 1963 Quale più atroce il caso
per un cuore Di madre, di marito e
dei figlioli? Quando il destino
scaglia i suoi furori Che il più geloso
affetto glielo involi? Ora dal cielo sai il
nostro dolore! Che siam restati
affranti e così soli Dalla tua bella età pien
di vigore Fai tu che Dio ci calmi
i nostri duoli! Son la tua madre e
questa è la tua voce Il tuo santo silenzio e
la mia asprezza Al pari di Maria in
fondo alla croce. Ripeto questo cuore non
si spezza? Questa esistenza mia
passi veloce Chè finiranno i pianti e
la tristezza.. (Scherzo ad una distinta
signora) Come prestar fiducia
nella vita? Poiché viziata vien
dall’illusioni Anche l’età più bella e
ben fiorita Sempre mista d’angosce e
di passioni. Il tempo inganna e a
camminar t’incita In cerca di migliori
condizioni Poi vien l’età matura
che t’invita A setacciar i torti e le
ragioni. Ma esser grazioso e
agiato al par di lei Ed ambedue aver trent’anni
meno Vorrei tanto coraggio e
azzarderei! E se quel sogno
s’avverasse in pieno Oh quanto felici i
giorni miei Dal palpito nel cuor
dolce e sereno!. Roma 15-2-1964 (Nella famiglia del Rag.
Sani Domenico) Un felicissimo evento,
anzi perfetto! Ringraziando Sant’Anna e
il sommo Dio E’ feminella sì ma un
angioletto Sento portarmi il cuore
al dolce oblio. Di ora in ora in me
cresce l’affetto Ch’è secondato il
desiderio mio Quando la madre vedo
strinta al petto Sento l’ansia
d’abbracciarmi anch’io. Quando sarai grandina e
sentirai La dolce ninna nanna e a
te piaccia Una piumata culla ,
dormirai
Reclinando per posar la
faccia Saran vergini i sogni e
crederai Di riposar fra le
paterne braccia.
L’UOMO QUALUNQUE
BALDANZOSO Superbo altero e
minaccioso Guidi i tuoi bravi a
seminar terrore Maligne lingue ti fan
virtuoso Mentre sei uomo spietato
e senza cuore. Nelle mercedi ancor ti
rendi odioso Imponendo rispetto al
tuo rigore Ma ognuno tiene un fato
misterioso Che gli rimbocca quel
passato errore. Finiscono gli applausi e
le lodi Finisce l’alterigia e la
tua usura Del male fatto altrui tu
te ne godi Oltrepassando il segno a
dismisura Ma giorni inavveduti e
tu ti approdi Alla fine purtroppo non
matura. Piancastagnaio 17
Agosto 1965 ATROCE
CARNEFICINA
NEL VIETNAM Ancor peggio d’un Attila
o Nerone D’un Caligola oppure un
Barbarossa D’Hitler di ferocia
campione L’America à scavato una
gran fossa Per far carneficina di
persone Empir di sangue di
cervelli ed ossa Accresce la tortura e ne
dispone Sebben l’umanità tutta
s’è mossa. Parlamento Italiano non
ti scuoti? Con un centro sinistra
com’è vero Siete gente asservita e
come ignoti! Vostra fiducia si riduce
a zero! Un dì quei seggi
resteranno vuoti! Darei un governo stabile
e sincero. Roma 25 Dicembre 1965 (Che si celebra nella
chiesa di S.Silvestro Monte Compatri e che unisce il giovane Babbucci Giuseppe
alla signorina Cappelli Luisa.) Questo mio augurio
gradito vi sia Per il cammino sulla
nuova vita Gioia e concordia vi
apra la via E quanto dico non abbia
smentita. Più di quanto può la
penna mia Che dallo studio non ne
fu nutrita Ma l’animo c’è pur
tuttavia Questa mia ansia resti a
voi sentita! Quel saggio autor che
fuse il vostro amore Vi diede la gran gioia e
giorni belli, Ne nasca un rito di
sublime ardore. Ormai che siete voi
sposi novelli, Da noi si levi un grido
con fervore: "Viva gli sposi Babbucci
e Cappelli"!. Roma 9 Ottobre 1966
(Gita con la propria
famiglia in compagnia della distintissima famiglia Belli.) Scorgo Tarquinia dal
nome sonoro Che mi ospitò un tempo
ben lontano, Triste il dormire e
triste era il lavoro Fra gente mista e di
linguaggio strano. Scarsa e cattiva mensa
era il ristoro, Il Marta che scorreva
lungo il piano Anch’esso mormorava e
facea coro A questo trattamento
disumano! Oggi è giorno di gioia e
di piacere In mezzo a compagnia
tanto gradita, Ho l’animo commosso a
non tenere! "Viva i Belli dalla
bontà infinita!" Felicissimo giorno qui a
Lumiere Che consacro a ricordo
della vita. Lumiere 9 Ottobre 1966 (dal 1894 al 1898 fui
portato come pastorello nel paese di Civitella Marittima (GR) presso la famiglia
Francini.) Ragazzino appena
quindicenne Per caso fui in codesto
paese Un buon vecchino a
prendere mi venne Accordo di famiglia a sé
mi prese. Stracciato come uccel di
poche penne Però fui accolto e non
ebbi offese Per lunghi quattro anni
lui mi tenne Con trattamento umano e
assai cortese. Non conobbi gl’insulti
né minacce Sol conobbi la vita e li
destini Vorrei tornare ancor su
quelle tracce Tra Serrata, Casetta ed
i confini Sol con i sogni guardo
Le Pianacce Ma consacro il bel nome
dei Francini. Roma 7-10-1966 (Che si celebra in Roma
il 18 Dicembre 1966 nella chiesa dei Camilliani e che unisce il giovane Adino
Radogna alla signorina Gabriella Galiè.) Sposi! Spero a voi resti
gradito Questo mio augurio e non
venga meno Un felice avvenir ben
garantito, Che di gioia e armonia
risulti pieno. Dal vostro amor un
Sacrosanto rito E questo vostro amor non
abbia freno Di dire ancor mi sia
consentito I palpiti par sentir dal
vostro seno. Al par di due colombe al
ciel levate Fendendo l’aria con
uguale ardore Scendendo al nido fra le
ore beate E con dolci
ricordi,cuore a cuore, Vostre felicità
centuplicate E’ l’augurio che fa il
nonno con fervore. (Nato in Abbadia
S.Salvatore il 31 gennaio 1983) Cammino barcollando e
col bastone Di cecità malato e sordo
ancora La memoria però mi dà
ragione Ricordo le violenze il
punto e l’ora. Falsi processi, un
collar cagione, Mandando accusatori, e
se ne onora, Ma la corte scrutò con
attenzione Trovò la falsità e ne
fui fora. Seguirono minacce e
folli offese
Bastonature a sangue e
più gl’inganni Ne fui portato nudo nel
paese. Questo la notte fu di S.
Giovanni Quei bravi fautor di
quest’impresa Spariti- Io son qui coi
novant’anni. Piancastagnaio 30
gennaio 1972 Compagni gli anni miei
son novant’uno Scendo letto, scale e
ancor cammino Vorrei che a quest’età
rivasse ognuno Ma più felice a voi del
mio destino. Odor di cimitero , odor
di bruno, Cammino molto curvo e a
capo chino Colto da cecità, sordo,
è tutt’uno : Non vedo e sento ,sia
pur da vicino. Eppur mi sento pieno di
fierezza Dal passato mio crudo ed
inumano; Se ritornassi nella
giovinezza riprenderei la lotta in
soprammano. Vi saluto , oh compagni
di schiettezza ! Ciò che vorrei ormai è
già lontano. Piancastagnaio 30
Gennaio 1974
Per ulteriori informazioni, contattare: |
Copyright © 2001
prof. Francesco Rossi
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