Home ] Su ] Francesco Rossi ] Guestbook ] Aforismi ] Teatro ] Saggi sul pessimismo ] Forum di filosofia ] Documenti ] Ricerca ] Mappa del sito ]

Su ]


 

Home
Su
Francesco Rossi
Guestbook
Aforismi
Teatro
Saggi sul pessimismo
Forum di filosofia
Documenti
Ricerca
Mappa del sito

mosche2.jpg (24068 byte)Contrappunti alla tortura delle mosche cap. VIII

 

.       Una fatica di Canetti forse ispirata al Don Quijote di Cervantes è "Auto da fè". Il romanzo, intenso, scritto negli anni '30, ha come protagonista un intellettuale magro e ossuto, quasi ascetico, che ama profondamente la cultura cinese di cui è esperto (sinologo). Egli vive quasi chiuso nella sua casa piena, zeppa di libri, con una vecchia domestica che si occupa di tenere in ordine la casa e di dare una spolverata, di tanto in tanto, ai libri della sua biblioteca. Il sinologo, con tutta la sua vasta cultura, diventa succube della domestica e sopporta ogni angheria e sopruso di questa. Prende dalla serve anche bastonate; lui non reagisce, si irrigidisce nella sua magrezza e pensa così di resistere, mentre tutta la casa e la biblioteca vanno in rovina in seguito ad un incendio. Metafora della inadeguatezza della cultura di fronte alla vita che incombe con le sue nefandezze ed i suoi crimini, il libro è anche una anticipazione della tragica evoluzione dell'Europa di fronte al nazismo.

2.       I torti che abbiamo fatto agli altri ci ritornano 'ingigantiti' soprattutto perché i risultati delle nostre azioni ricadono su noi stessi. Questo concetto ricorda il principio orientale del Karma per il quale ogni azione, anche la più piccola avrà degli effetti. Per questa concezione buddista, le nostre condizioni attuali sono il risultato delle nostre azioni precedenti, come le nostre condizioni future saranno il risultato delle nostre azioni presenti. Se siamo consapevoli dei torti che facciamo agli altri, dobbiamo convenire che ci peseranno di più di quelli che abbiamo subito: saranno da noi considerati più torti degli altri; se abbiamo un'etica, li dimenticheremo più difficilmente.

3.       Nello stare a sentire una persona per delle ore senza ascoltarla, si consuma il rituale di un tribunale che ha già deciso il verdetto prima ancora di sentire il condannato: è la santa inquisizione.

4.       I filosofi 'veri' , quelli che toccano dolorosamente i 'punti vitali', sono rari e sono pochi coloro che vogliono sentirli. Quando vengono ascoltati, facilmente si dimenticano; altrimenti perché li chiameremmo 'punti vitali' quelli che vengono a toccare?

5.      La teoria evoluzionista non mi fa simpatia , né antipatia; la ritengo semplicemente 'vera', ma capisco Canetti che non la sopporta perché essa contrasta con tutta la sua visione teologica della realtà. Egli non ammette la morte, nessuna morte, e nella teoria evoluzionista la morte è funzionale al miglioramento della specie; egli rifiuta di sentirsi un 'sopravvissuto', mentre nella evoluzione della specie la sopravvivenza e il risultato di una lotta che fa prevalere nuove forme di vita. Ma l'idea forse più 'mostruosa', per Canetti, che è evidentemente un 'creazionista' e non ammette l'evoluzione, è che l'uomo sia il più alto prodotto di questa evoluzione, il risultato di una selezione spietata, di una lotta per la sopravvivenza. La scoperta di Darwin inorridisce ancora il 'teologo' ma dovrebbe far riflettere il filosofo.

6.       Dovremmo ogni tanto stupirci delle cose 'normali', alle quali il nostro occhio ha fatto già l'abitudine. Fra queste vi sono le tante immagini della fanciullezza di ognuno di noi che si perdono irrimediabilmente con la crescita. Chi riuscirebbe ad immaginare più le espressioni, i volti perduti, dei figli, dei nipoti, di noi stessi se non ci fossero le fotografie che ce ne ricordano alcuni? Perché non sentiamo il bisogno di fermare tutte le nostre immagini? E' mai venuto in mente a nessuno di videoregistratore una vita intera di un essere umano, ventiquattr'ore su ventiquattro, dalla culla alla morte? (altro che solite webcam 24 ore su 24 o manie voyeristiche da grande fratello) Sarebbe un documentario che potrebbe durare ottanta anni, un'impresa pazzesca ma possibile; perché non è stato fatto? Ce ne sono tante di azioni 'uniche' più bizzarre di questa nel Guiness dei primati! Forse perché nessuno potrebbe vivere sentendosi osservato ininterrottamente per una vita? Quel 'film' ci darebbe tuttavia una documentazione unica sulle 'mutazioni' di un essere umano dalle quali potremmo imparare tante cose. Immaginiamo ora per un momento la situazione opposta: un film composto di fotogrammi di tutta la generazione dell'umanità, dalle origini ad oggi, dai progenitori ai pronipoti; ogni generazione rappresentata da un solo fotogramma (questo film è impossibile da realizzare ma possiamo sempre immaginarlo); vedremmo al rallentatore qualcosa come centomila fotogrammi (uno per ogni vent'anni) che rappresenterebbero due milioni di anni dell'evoluzione umana, in un documentario di neanche due ore. Molti, vedendo il film, penserebbero che l'uomo che si vede in continua, impercettibile. modificazione è la stessa persona che si trasforma, si modifica ma non invecchia, anzi si fa sempre più giovane e più bella. A pensarci bene è questo il risultato della selezione naturale della specie, la soluzione che la natura ha trovato per dare alla 'specie' uomo l'immortalità (non al singolo individuo che viene invece sacrificato).

7.       Gli storici dei fatti, quelli che mettono date e nomi, considerano pertinente ai loro studi la parte della storia non interessante per un filosofo: la sua apparente continua diversità, la sua irripetibilità.

8.       Il grande spirito, il genio, il santo non si lasciano spronare dalla lode, anche quando essa proviene dal mondo intero, né si scoraggiano per il disprezzo del mondo intero. (pensiero cinese)

9.       Cervantes e Shakespeare. Due giganti della letteratura universale, due contemporanei fra di loro. Spiriti affini che hanno scavato a fondo nell'animo dell'uomo: l'uno osservando il suo aspetto comico, l'altro quello tragico; l'uno primo nella commedia e nel romanzo, l'altro nel dramma e nella tragedia. Nessuno, salvo forse Dostoevskij, ha messo in evidenze le angosce dell'uomo, i suoi sforzi titanici e vani, i suoi sogni, i suoi incubi; nessuno ha rappresentato come loro i suoi fantasmi.

10.   Quando ci muore qualche persona cara, subentra in noi la volontà di morire con essa, la voglia di 'estinzione' che diventa tanto più forte quanto più avvertiamo quella morte inaspettata, ingiustificata e quindi assurda. Di questa volontà autodistruttiva dei parenti prossimi al defunto, era rimasto qualcosa nei riti che accompagnavano le onoranze funebri in certi paesi nel sud dell'Italia negli anni '50. A quel tempo si potevano osservare ancora in alcuni paesi quelle che venivano dette le 'crisi del cordoglio' che erano esplosioni parossistiche di pianto isterico che arrivavano fino alla 'catalessi', alla morte simulata; questa pratica era condotta soprattutto dalle donne che erano espertissime in questo genere di 'morte rituale' (Vedi E. de Martino "Morte e pianto rituale", Boringhieri 1975)

11.   Potere e innocenza che binomio inconciliabile, quale ossìmoro?

12.   Le voci delle balene. Il fatto che 'non le comprendiamo' mi rende possibile immaginare ciò che dicono più liberamente: che si chiedano aiuto, che si raccontino storie mitiche sulla loro specie. Che hanno dominato i mari pacificamente per millenni e che provenivano da re di alto lignaggio. Esse si raccontano, mi piace immaginarlo, che poi è arrivato l'uomo contro il quale hanno dovuto difendersi, combattendo strenue battaglie nei mari aperti. Gli uomini, questi esseri spietati, i balenieri, sulle loro mostruose imbarcazioni, armati di fiocine e arpioni, hanno annientato, nel secolo passato, la nobile stirpe delle balene, riducendola a pochi esemplari sparsi nel grande mare. Le balene più anziane fra quelle rimaste, quelle che un tempo erano capi, chiuse ora nelle 'riserve', raccontano tutto questo alle loro balenottere incredule, stupefatte.

13.   I dolori che hai 'procurato', quelli non dimenticarli mai; il bene che hai fatto dimenticalo: fai del bene e scordati, fai del male e pentiti. (proverbio contadino).

14.   Che strano! Quando parliamo di animali , conosciamo solo il nome di quelli che vivono con noi (cani, gatti...), di questi sentiamo dire : "il mio Fufi", "la mia Mimì!"; solo loro riusciamo a sentire come 'individui'. Quando pensiamo a tutti gli altri li vediamo solo come 'specie', li trattiamo con la stessa identica 'indifferente' crudeltà con cui li tratta la natura e ci sentiamo orgogliosi di non averli annientati se riusciamo a far sopravvivere anche due soli esemplari in grado di riprodursi. Dobbiamo proprio arrivare alla loro estinzione per riuscire a provare qualche rimorso?

15.   Rivolgersi al passato e trovare un cumulo di ricordi spezzati, 'brandelli' di memoria; guardare il presente, sfiorarlo con un dito e vederselo svanire nella nebbia del passato; allora riversare tutte le speranze nel futuro che lascia trasparire all'orizzonte una luce serena, ma evanescente.

16.   Insaziabile è l'uomo: inestinguibile il suo amore, il suo odio, la sua sete di giustizia e di vendetta; bisognoso di aiuto , di compassione è l'uomo: le sue sofferenze, le sue pene; l'uomo, creatura innocente ed essere immondo che si è macchiato dei più efferati delitti; lui angelo e demone; in lui cielo e terra convivono; in lui la speranza; da lui, nonostante tutto, la speranza.

17.   Saggezza nel restare svegli. Molti momenti del giorno che viviamo distratti, come intorpiditi, come sognanti: automatismo di certi atti del vivere quotidiano che impegnano al minimo la nostra mente. Essere presenti a se stessi, con gli altri, nel mondo ci rende possibile scoprire tanti moti dell'animo, sentimenti ed eventi mai prima osservati.

18.   L'interpretazione dei sogni. Per un certo periodo della mia vita li annotavo; avevo preso piacere ad analizzarli. Ricordo una lunga lettera a mia sorella nella quale le raccontavo un sogno che la coinvolgeva. Le mie tecniche di interpretazione era semplici, ma efficaci. Partivo sempre da due presupposti freudiani: il primo che il sogno nascondeva un desiderio inconscio ed inconfessabile che era tanto più 'rimosso' quanto più turbato ed angosciato era stato il sogno; il secondo presupposto era che i 'motivi' del sogno erano a prevalente contenuto sessuale, provenivano dall'infanzia ed erano ben radicati nella parte inconscia dell'io. Mi sentivo un ispettore alla ricerca dell'assassino, del movente e dell'arma usata per il delitto. I sogni più angoscianti nascondevano spesso un desiderio edipico o simili. Alle visioni drammatiche dei sogni che non davano nel sogno alcuna sensazione di sofferenza o di angoscia non davo invece alcuna importanza (es. la morte in sogno del padre o della madre per le quali il sognante non sentiva alcun dolore potevano significare cose completamente diverse che non avevano a che fare con la morte).

Era importante usare una certa tecnica per indagare i sogni e per far emergere i vari indizi utili all'interpretazione. Ero arrivato ad acquisire una certa pratica e , con un po' d'intuito, arrivavo a dare la mia interpretazione di sogni di amici e conoscenti , anche abbastanza rapidamente. Poi ho smesso. Da allora i miei sogni sono diventati sempre più rari, fin quasi a scomparire del tutto. Ora ricordo raramente i sogni che faccio. Sono arrivato alla conclusione che il mio inconscio, geloso della propria privacy, si è fatto più guardingo ed è passato alle difensive.

19.   Mi hanno sempre impressionato le storie di vita e le autobiografie a più volumi ed ho sempre pensato che per scrivere tanto di sé stessi , bisogna essere spinti a farlo da una certa megalomania. Sono giustificati a scrivere di sé artisti e gente dello spettacolo divenute famose che vogliono mettere per scritto l'eccezionalità della propria vita, ad es. Benvenuto Cellini, Alfieri o Chaplin ecc.; non trovo invece giustificate quelle opere autobiografiche farraginose, titaniche, come quella del Casanova, così piene di sé, che raccontano di seduzioni e di amori o altre che finiscono per scadere nella pornografia (come quell'anonimo inglese dell'età vittoriana che ha scritto chissà quanti volumi pornografici) : il massimo della 'ammissione' per un'autobiografia!

Di altra natura sono quelle opere dove la componente biografica è molto forte ma ricondotta all'interno di precise regole letterarie: Proust, nel Jean Santeuil o Canetti, nella 'lingua salvata' ma anche un'opera letteraria ad identità plurime come 'il libro dell'inquietudine ' diario di Soares - Pessoa, in questi lavori l'autobiografia è puramente occasionale, poco più che una maschera del 'personaggio' che è quasi sempre altra cosa dall'autore. Trovo invece di cattivo gusto l'autobiografia di filosofi, come Nietzsche, che impongono la propria figura quasi come fosse un sistema filosofico: Ecce Homo.

Un filosofo dovrebbe interpretare 'il mondo' e non 'sé stesso'; il mondo è la sua 'cosa' e non dovrebbe mai passare dalla 'cosa' alla 'persona' in modo tanto spregiudicato, né permettere che altri lo facciano, quando prendono in esame i suoi scritti. Per questo motivo ritengo abbastanza 'inutili' anche tutte quelle biografie di filosofi, poeti e letterati o indagini storiche troppo minuziose sul periodo, perché spostano l'attenzione del lettore dalla loro 'opera' alla loro 'persona'. Tanto scolasticismo dei nostri professori un po' aridi e mestieranti si riversa proprio in questo tipo di lavori. Bisogna capirli, lo fanno per guadagnarsi il pane!

20.   "Bisogna di nuovo che l'uomo sia di nuovo rovinato". Questa frase di Goethe non ricorda solo la dottrina Agostiniana della predestinazione ma anche la visione orientale tipica delle religioni induista e buddista che è all'origine della reincarnazione. Seconda questa concezione, l'umanità è il prodotto dei suoi stessi errori; l'uomo nascendo si trascina dietro il proprio Karma , che è il cumulo degli errori e delle scelte fatte nelle sue vite precedenti. La vita è un moto continuo, detto Samsara, che ci porta a fare gli stessi errori, guidati da una brama insaziabile , e a reincarnarci in un ciclo infinito, di nascita e morte, di dolori e sofferenze che può essere interrotto solo dal Nirvana (dallo stacco dalla falsa credenza in un 'ego' e da ogni desiderio) che è vuoto e pace dello spirito.

21.   Il parallelismo fra la stupidità degli animali e quello degli uomini, torna sempre a svantaggio di quest'ultimi. Non perché gli uomini siano effettivamente più ottusi, semplicemente perché la 'limitatezza' degli animali è di gran lunga più accettabile di quella umana, in quanto è conforme alla natura che ha voluto gli animali così come sono. L'uomo di poco cervello invece sembra fare offesa alla propria specie, perché dimostra di fare cattivo uso di un privilegio (le maggiori capacità intellettive) che ha avuto dalla natura. Purtroppo notiamo ogni giorno che gran parte degli uomini ne fanno un uso 'limitato' quasi esclusivamente a soddisfare i 'bisogni' più materiali, anche se questi si sono moltiplicati e sono diventati nelle nostre società estremamente 'artificiali', e più numerosi e vari che nelle società passate. Se guardiamo a come la natura ha provvisto di 'cervello' molti uomini dobbiamo riconoscere che, anche in questo caso, essa si è attenuta ad un principio che le è proprio: del minimo spreco.

22.   Più che 'imbrigliare' le parole (idea che richiama l'addomesticamento di un cavallo) preferisco prendere a modello, come Ezra Pound, il fabbro; mi piace l'idea di 'forgiare' le parole come lui faceva con il ferro: piegarle all'uso.

23.   Tra le metamorfosi dell'anima vi è da annoverare anche questa: trasformarsi in qualcuno che ammiriamo, fino alla simbiosi.

Per molti anni Arthur Hubscher, il maggiore studioso di Schopenhauer, si è interessato, con dedizione assoluta e con un lavoro infaticabile che è durato fino alla morte, degli scritti di Schopenhauer, ne ha curato e pubblicato l'edizione critica, ha raccolto dagli anni '30 tutte le pubblicazioni che riguardavano il filosofo tedesco presieduto conferenze in qualità di presidente dell'associazione che negli Jarbuch der Schopenhauer - Gesellschaft, ha a lui si richiamava, ha diffuso e ha fatto conoscere nel mondo il pensiero di Schopenhauer; si è così identificato con lui (portava anche il suo stesso nome) che prima della morte ha dato disposizioni per farsi seppellire nella sua stessa tomba, il che è regolarmente avvenuto.

24.   Il pregiudizio dorme sul letto dell'opinione comune; la pigrizia mentale della gente, che è tanta, è il suo cuscino di piume. Basta la voce grossa di un qualsiasi prepotente più sicuro degli altri ed esso si risveglia, pronto a seguirlo; l'opinione comune gli va dietro.

25. Il buono degli appunti: essi ci liberano dalla zavorra della responsabilità, che grava su di noi quando scriviamo qualcosa di definitivo, e ci fanno librare più in alto sulla mongolfiera della fantasia.

26.   Il servilismo verbale: è un abito, una livrea che vestono abitualmente certe persone che hanno la propensione alla sottomissione. Ma a chi si sottomettono? Non ai signori collocati in alto, non certo ai loro superiori, ma alle loro più 'infime' passioni.

27.   Il grido di Munch. Avevo letto da qualche parte, in un testo di filosofia del secolo passato, che un grido di dolore non potesse rappresentarsi nelle arti figurative. Lessing cercava di spiegare che la statua greca di Laocoonte 'non grida' , con il motivo che 'gridare' non era compatibile con l'idea della 'bellezza': la bellezza, principio dell'arte greca, diceva, non permetteva l'espressione del grido e dedicò al problema un intero libro. Altri scrissero molto sull'argomento, prima e dopo di lui. C'era chi sosteneva che "l'espressione del grido esorbita(sse) completamente dal campo della scultura", ogni arte doveva tenere conto dei 'vincoli' che gli venivano dal materiale che usava: la scultura esprimeva la drammaticità nelle sue opere per mezzo della plasticità, la pittura si esprimeva con i colori e la prospettiva ecc. Come poteva rappresentarsi un grido? Un filosofo autorevole sostenne che "nelle arti figurative la riproduzione del grido (fosse) impossibile" e così fu liquidata la questione. Poi venne il quadro di Munch: quella figura sgraziata, sola in mezzo ad un ponte, opaca, tesa in uno sforzo da incubo, con quella bocca: una cavità straziata dal silenzio, "Il grido".

28.   La metamorfosi: negli animali un mezzo della natura per dare ad una specie, con la selezione naturale, qualche mezzo di difesa in più su di un'altra; nell'uomo: un espediente per eludere la selezione naturale e per avere qualche vantaggio in più rispetto agli altri uomini.

29.   Pensées e la morte. Io ti contemplo, pensiero! Sei un brillante perfettamente intagliato e cesellato, compiuto in ogni sua parte, puro nella forma, definitivamente steso, stampato, non più modificabile: praticamente cadavere.

30.   Pensiero viscerale. La cattiveria, sia la nostra sia quella che osserviamo negli altri, sale tutta dalle nostre comuni viscere.

31.   Orgoglio e carattere. Il carattere è ciò che ci contraddistingue da tutti gli altri, il nostro 'vero' essere; come tale è dunque immodificabile. Questo spiega come tutti nutrano per esso un certo orgoglio. Nell'anziano è giustificato perché nell'orgoglio, di ciò che uno è stato, è espresso implicitamente anche un giudizio morale sull'operato di tutta la propria vita, sulla quale si può anche andare orgogliosi; quando siamo ancora giovani è invece una vuota affermazione di principio (petitio principii) perché ciò che saremo è ancora indimostrabile.

32.   I propri successi. Etimologicamente il "successo" è ciò che ci accade di significativo nella vita dopo la nascita, ciò che ci succede appunto. In questo senso, parlava bene del proprio successo Canetti quando affermava che il suo più grande desiderio era quello di diventare vecchio: questo è stato il suo 'successo' ; ma la vecchiaia dovrebbe essere considerato il 'massimo' successo da tutti noi (quelli che ci arrivano), dopo la morte naturalmente che è il successo di tutti.

33.   "Da che cosa si capisce che uno è arrivato alla fine? Dal morso? Dalla scrittura? Dalla risata? No, Dal respiro!.

34.   La perdita più grave. La perdita del cavaliere arabo Usama: i suoi quattromila volumi; la perdita di Napoleone, per la sua sconfitta a Waterloo: un impero; La perdita di Niobe per un solo atto d'orgoglio: i suoi dodici figli; Niobe impietrita dal dolore. Fra tutte, quest'ultima è la perdita che ci commuove tutti di più: sta qui il valore universale della tragedia greca.

35.   Timore degli animali per il leone scuoiato. Non sono solo gli animali a manifestare ancora reazioni di paura di fronte ad un leone morto e scuoiato: ci sono anche gli uomini.

Nel 1945 Mussolini, capo del governo del fascismo italiano per vent'anni, fu catturato insieme all'amante Claretta Petacci dai partigiani, mentre stava tentando di scappare oltre il confine italiano. Fu condotto, dopo un processo sommario, a Milano dove venne giustiziato. Il corpo di Mussolini venne poi esposto a Piazzale Loreto all'ira della folla. Molti colpirono quel corpo ormai privo di vita con calci e bastoni, i più provarono a colpirlo senza riuscirci. Alcune immagini filmate di repertorio fanno vedere il volto sfigurato, irriconoscibile e tumefatto del dittatore, ridotto ormai alle condizioni di un vecchio leone scuoiato.

36.   Nel 'dirsi' una verità vi è implicita la sua trasformazione: un semplice spostamento; una verità 'detta' è già qualcosa di diverso di una 'semplice' verità, per questo non si sa mai 'da che parte sta'.

37.   Quanto devono gli ebrei alle due civiltà dei fiumi? Agli Egizi la scrittura 'sacra', il Dio unico di Akhenaton, Mosè e la 'terra promessa': la loro religione; ai Sumeri e ai Babilonesi Gilgamesh e l'arca di Noè, la torre di Babele: i loro miti.

38.  Il lamento funebre. "Noi consideriamo il lamento funebre innanzitutto come una determinata tecnica del piangere, cioè come un modello di comportamento che la cultura fonda e la tradizione conserva al fine di ridischiudere i valori che la crisi del cordoglio rischia di compromettere. In quanto particolare tecnica del piangere che riplasma culturalmente lo strazio naturale e astorico ( lo strazio per cui tutti "piangono ad un modo"), il lamento funebre è azione rituale circoscritta da un orizzonte mitico.. Sempre in quanto tecnica del piangere il lamento funebre antico concorre, nel quadro della vita religiosa, a mediare determinati risultati culturali; ciò significa che attraverso i modelli mitico - rituali del pianto sono mediatamente ridischiusi gli orizzonti formali compromessi dalla crisi, e cioè l'ethos delle memorie e degli affetti, la risoluzione poetica del patire, il pensiero della vita e della morte, e in genere tutto il vario operare sociale di un mondo di vivi che si rialza dalle tombe e che, attingendo le forze dalle benefiche memorie di ciò che non è più, prosegue coraggiosamente il suo cammino." (De Martino, Morte e pianto rituale)

39.   Maestà degli adulatori? Hanno il retaggio di antiche servitù che esercitano quasi per diritto ereditario o sono adulatori dell'ultim'ora, né uomini liberi né veri servi, doppi, inaffidabili effetti di una metamorfosi?

1.       Mettere ordine nei propri ricordi. E' normale che i propri ricordi si disperdano nel fiume sempre in movimento che è la vita. Essi rotolano via nei pendii più scoscesi e si depositano, levigati e asciutti, su un 'greto' delle memorie; qui vanno raccolti e ordinati, ma quanti il fiume porta in un mare d'oblio?

(variante)

Il fiume di Eraclito. Rotolano via i ricordi trascinati dalla vita corrente; alcuni si depositano in qualche 'greto' della memoria, i più vanno a morire in un mare d'oblio.

41.   Cervantes visto da O. Welles . Il don Quijote di O. Welles: immagine mitica e irreale che diventa metafora del cinema. Lui, cavaliere d'altri tempi, seduto come spettatore che guarda scorrere la pellicola sul grande schermo, spaventato si erge in tutta la sua magra e ossuta corporatura, sguaina la spada, la lancia in resta, e si butta sulla tela per tagliarla a brandelli, per lacerarla, inorridito da quelle immagini gigantesche che fuoriescono da quell'enorme riquadro, mostro della modernità. Rimane sulle rovine del cinema solo la sua ombra lunga e deformata. Altro lavoro affascinante: i documentari filmati fra i luoghi mitici in cui è vissuto Cervantes. Le immagini della Spagna tradizionale e contadina, così simile a quella di Cervantes e di sempre, lungo strade polverose e solitarie attraversate dai carri, vicino ai quali ci si aspetta di incontrare un personaggio che ci ricorda Sancho Panza o Dulcinea del Toboso o proprio lui, l'evanescente e lirica figura: Don Quijote.

 

42.   Io e Canetti usiamo la parola 'metamorfosi' con due significati completamente diversi: per lui è una 'parola mistica' che proviene dai miti e che rivela insospettate capacità dell'uomo di sfuggire alla propria morte; per me è poco più che un'astuzia, un espediente che l'uomo ha copiato dalla natura per riuscire sempre e solo lui a sopravvivere, ai danni delle specie affini.

43.   Le parole hanno un valore in 'sé stesse' : il significato; non importa che esse vengano sempre trasmesse: è una possibilità in più che hanno che può rimanere puramente virtuale.

44.  "Dal centro del sole...una specie di marea, un tuono che si frange con un'intensità sonora inimmaginabile" : una voce per Akhenaton!

45.   Appunto per un contrappunto: Appunto!

46.   C'è una 'meccanica' del pensiero anche nel ritorno ciclico di certe idee che ci piacciono o che ci tormentano ma che non abbiamo ancora risolte: esse introducono in noi l'impressione subdola di una profondità di pensiero che non c'è.

47.  Attingere alla fonte degli autori classici. Sono fonte inesauribile per un lettore; possono essere molto diversi da noi ma non ci deluderanno mai; la lettura di un classico sarà sempre una scoperta, troveremo sempre qualcosa che fa per noi! Anche se non lo leggiamo nella lingua originale, con una traduzione di tutto rispetto, sentiremo la personalità dell'autore , il suo carattere, il suo stile. Un'opera classica continua ad essere letta con piacere nei secoli e a dare materia inesauribile di riflessione, perché ogni volta che viene gustata ci lascia sentire qualcosa della sua freschezza originaria.

48.  Vogliamo sapere come ci vedono gli animali? Domandiamoci prima come 'ci subiscono'.

49.   Giustizia reale, giustizia apparente. Giustizia apparente sarebbe quella con cui consideriamo la nostra vita e giustizia reale quella che ci potremmo dare dopo cinquecento anni? Non credo. Questa è la giustizia severa della storia, di lungo periodo, ma è sempre giustizia di uomini. Forse sarebbe più esatto considerare apparente la giustizia che si danno gli uomini in nome di una qualche autorità e reale solo quella della natura che non tiene conto di nessuno.

50.   Quelli in vita sono tutti dei sopravvissuti.

51.   Non pensare alla propria situazione quando si studia è una necessità, nella letteratura e nell'arte è una scelta di libertà, in filosofia: un obbligo e una virtù.

52.  Pensare a stille di acqua sorgente ; scrivere a gocce di piombo fuso.

53.   Teneva sveglia la propria memoria, che altrimenti si sarebbe esaurita, con il rancore.

54.   Un potente un po' burocrate. Mette con cura meticolosa tutti i suoi sogni nei cassetti della sua scrivania: ha trovato un sistema per progettare i suoi sogni.

55.   C'è coerenza e coerenza. Difende con 'coerenza' la propria idea di nazionalità: ovunque c'è un conflitto di etnie, lui è là pronto a combattere dalla parte del più forte.

56.   Mandoh! Ha un modo tutto personale di entrare in rapporto con gli altri: quando incontra qualcuno fa due grandi risate di gioia fragorose, esplosive, che prima sorprendono poi rassicurano e fanno sentire a loro agio l'interlocutore, lo distendono; a questo punto passa con naturalezza alla 'confidenza' e con qualche battuta di complicità entra subito in intimità. Ha numerose amicizie, fatte tutte così, che durano da anni.

57.   Cammina reggendosi con una mano l'inguine e pensa: pensiero viscerale.

58.   Riempire i vuoti affettivi, dimenticare il dolore. Tutta la vita ci abitua a questa operazione di sostituzione e la facciamo tutti con grande naturalezza. Scompare una persona cara, ci sembra nel momento di non poter sopravvivere e poi 'riempiamo il vuoto' con altri affetti; subiamo un evento doloroso (il parto per una donna) crediamo di non dimenticarlo più e appena il dolore è passato ne perdiamo facilmente il ricordo e lo rimuoviamo. La vita purtroppo ci riserva infinite occasioni per deprimerci, per questo un niente basta a sollevarci.

59.   Pascal. Condition de l'homme. Incostance, ennui, inquietude.


Home ] Su ]

[Nuovo!] prof. Francesco Rossi Nuova pubblicazione su Internet
Copyright © 2001 prof. Francesco Rossi