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Contrappunti
alla tortura delle mosche cap. V
. Il sogno del sordomuto: una sinfonia. 2. Voleva uccidersi per fare dispetto all'altro :"Per ripicca!", ma prima l'altro avrebbe dovuto chiedergli scusa. 3. Esiste un'angoscia provocata dall'idea della morte ed esiste un'angoscia procurata dalla vita. La prima ha origine dalla paura irrazionale, ancestrale, che il nostro vero 'essere' si distruggerà con la morte, la seconda si alimenta dei sogni e delle illusioni che fanno apparire la realtà' diversa, più incantevole, un qualcosa di fortemente desiderabile. Quest'ultima si accompagna alla noia, la quale ci rende invece manifesto che niente è desiderabile perché tutto è vano: da qui l'angoscia. L'angoscia per la morte cerchiamo di tenerla lontano con la ricerca di 'Dio' e rifugiandoci nella fede la quale ci rassicura, dicendoci che dopo la morte inizia la 'vera' vita. L'altra angoscia, quella che ci procura la vita, cerchiamo di combatterla tenendo lontana la noia, ma spesso inutilmente. Solo chi ha una vita interiore che basta a sé stessa può dire di non conoscere la noia, di essere immune da questo tipo di angoscia. 4. Se non vogliamo essere in potere di niente e di nessuno, se vogliamo vivere liberi la nostra vita, ascoltiamo i saggi: essi ci dicono tutti con parole diverse di spegnere il desiderio dentro di noi , di non fermarsi all'apparenza che ci fa credere la realtà un qualcosa di desiderabile, di perdere l'attaccamento alle cose. Ci dicono di avere fermezza ed equilibrio interiore e di non lasciarci sedurre dai giudizi, sia pur lusinghieri, degli altri: "L'ammirazione del mondo intero non avrebbe potuto spronarlo - dice il Tao parlando del saggio - il disprezzo del mondo intero non avrebbe potuto scoraggiarlo..." e , come ultimo passo, di uccidere l'ambizione che abbiamo dentro di noi: di mettere da parte il nostro stesso "io". Simile a Dio è l'uomo che non ha desideri; perfetto è l'uomo senza 'io'; santo è l'uomo che non lascia nome. Essi non sono in potere di nessuno. 5. Il giorno del giudizio universale tutti aspettano con ansia il verdetto: sorpresa generale quando, anziché parlare dei peccati, ci vengono restituiti tutti i nostri sogni. 6. Lei lo pregò di 'sgomberare', di non tenerle oltre occupato il suo cuore. 7. Siamo tutti personaggi di un sogno del Dio 'dormiente'. La fine delle nostre illusioni e delle nostre pene: il suo risveglio. 8. Jataka. Il monaco e la capra, leggenda buddista. La capra aveva lì davanti a sé il suo aguzzino: un monaco che stava preparando la lama che sarebbe servita per immolarla. Quando il monaco ebbe finito di affilare il grosso coltello, la vittima si rivolse a lui e disse: " Allora mi preparo a morire, buon appetito!" e, dopo una pausa di silenzio, si mise a sorridere e si avvicinò al monaco serenamente. "Perché ridi?", chiese il monaco. "Rido - disse la capra - perché prima, in una precedente vita, ero anch'io un monaco ed avevo immolato capre; mi fa ridere ora l'idea di tornare monaco e di pensare che tu rinascerai capra. Buon appetito!". Così disse e offrì il collo al suo carnefice. 9. "All'inizio era il nulla, il nulla non aveva nome. Di là si produsse l'uno; l'uno non aveva una forma materiale. Ne nacquero gli esseri: è ciò che viene chiamata la sua virtù. In ciò che non aveva forma si ebbe una distribuzione, alla quale seguì un moto perpetuo che ha nome destino. Nel corso delle sue trasformazioni sono nati gli esseri. Al suo compimento , l'essere creato possiede un corpo organizzato. Questo corpo preserva l'anima. L'anima e il corpo sono soggetti a leggi proprie. E' ciò che viene chiamata la natura innata. Chi perfeziona la propria natura ritorna alla virtù originaria. Chi raggiunge la propria virtù primitiva si identifica con l'origine dell'universo e, attraverso quella, con il vuoto. Il vuoto è grandezza. E' simile all'uccello che canta spontaneamente e si identifica con l'universo. Quando si identifica perfettamente con l'universo appare ignorante e oscuro. Raggiunge l'armonia profonda e si inabissa nell'armonia universale". (Zhuang - zi). 10. L'unica cosa che lo confortava era la musica, tutta la musica (classica, leggera, pop...), la sentiva vibrare sulla propria pelle; vedeva spandersi l'armonia nello spazio, nell'universo e sentiva il ritmo dentro di sé, nel tempo scandito dai battiti del proprio cuore e allora si commuoveva, si sentiva trascinare e si esaltava. La musica era per lui la vita stessa, senza il suo contenuto prosaico, senza le sue sofferenze e i suoi dolori, per cui si abbandonava ad essa totalmente, senza riserve. Cosa sarebbe stata la vita senza la musica non ci voleva neanche pensare, tanto gli sarebbe apparsa assurda e inaccettabile. Ogni volta che era triste pensava alla musica e gli veniva in mente una vecchia battuta del suo maestro del conservatorio che diceva pressappoco così " Si può vivere senza filosofia, senza musica, senza gioia e senza amore...ma mica tanto bene!" e si metteva a ridere; si sentiva riconciliato con la vita e gli passava tutto. 11. Ogni volta che pensava alla terra e alla sua età gli venivano sempre in mente le 'incomprensibili' teorie degli astronomi e dei fisici sul 'tempo'; non aveva mai capito bene cosa significasse quando scrivevano che il tempo aveva una "direzione", la stessa che andava nel senso dell'espansione dell'universo. Allora fantasticava su cosa sarebbe successo "al tempo" il momento in cui l'universo avesse finito di espandersi e fosse cominciato un lungo periodo di 'contrazione'. Cosa sarebbe stato del tempo? Avrebbe cambiato 'direzione'? Cosa sarebbe stato di noi? Avremmo visto tornare tutto indietro come nella pellicola di un film nella cassetta del videoregistratore o sarebbe intervenuto il 'caos' a modificare tutto? Non riusciva a dare una risposta , ma tutte queste fantasticherie servivano a dargli una nozione precisa: che il tempo era una misura relativa e doveva esserlo anche lo spazio. Cosa sarebbe stato l'universo senza queste due misure relative: tempo e spazio? Cosa saremmo stati noi? 12. Gli altri non mi interessano per le loro vicende 'esterne', non mi interessa il loro numero; essi mi interessano dal loro 'interno'. Essi sono come me; tramite me capisco meglio loro e tutto ciò che mi circonda. Quello di cercare di capire prima di tutto sé stessi per capire com'è fatto il mondo è il percorso della filosofia; non è possibile conoscere l'uomo per altra via. Per questo la Sibilla invitava Edipo a conoscersi dentro. Diffido delle filosofie che vogliono spiegare il mondo partendo dai concetti (spirito, classe, idea, essere ecc.) ; queste sono astrazioni, concetti vuoti appunto, il cui referente è sempre in ciò che l'uomo è nell'intimo del proprio essere. Se vuoi conoscere il mondo "Conosci te stesso!"; il motto della Sibilla è sempre valido. 13. Gli animali sono ancora troppo 'utili' all'uomo: non si estingueranno, si riprodurranno. Quando ciò non dovesse accadere è perché sono diventati una presenza troppo imbarazzante per gli uomini: allora potrebbero essere lasciati morire per 'pietà'; ma che strazio, che pena sarà per l'uomo il giorno in cui dovrà avvenire! 14. Quando siamo sotto il pieno dominio della nostra volontà siamo subito portati a fare quello che sentiamo con più urgenza, senza attese, senza mediazioni, senza formalità: i saluti vengono dopo! 15. Oggi mia figlia ha preso troppo sole. E' una 'lappa arrazzata'. 16. Tutti i comandamenti, a parte i primi tre che si riferiscono a Dio, credo che si possano riassumere nell'imperativo morale kantiano "Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te!". Anche il comandamento che invita ad onorare il padre e la madre è da intendersi in questo senso; anche l'invito all'amore verso il prossimo non va oltre l'amore verso sé stessi. Nel Vangelo no! Ci sono dei passi nei quali si va oltre la morale dei comandamenti. Quando Gesù dice "Se ricevi uno schiaffo porgi l'altra guancia", o quando invita ad amare i propri nemici, dicendo esplicitamente che non c'è valore morale ad amare quelli che già ci amano, la religione fa un passo in avanti e l'amor proprio un passo indietro. Il grande valore simbolico del Cristo sulla croce si riassume tutto in questo amore 'estremo' per tutti gli altri, portato fino al sacrificio di sé. Per questo motivo il cristianesimo non finisce mai di emozionarmi e di esercitare il suo fascino su di me, non credente. 17. Preferisco pensare ad un respiro profondo e lungo , che non ha bisogno di emettere una parola o un grido, oppure un pensiero lineare che si esprime in brevi frasi di grande intensità, piuttosto che un respiro di "lunghezza inaudita", "che si costringe in frasi di estrema brevità". 18. Anche a me rimane difficile pensare al matrimonio come ad un'unione di interessi; come impresa il matrimonio mi sembra poco conveniente dal momento che - come diceva un vecchio filosofo - "Con esso si dividono i diritti e si raddoppiano i doveri!", se poi ci sono i figli è anche peggio. 19. Appare scontato che nelle relazioni di molte coppie, dopo qualche anno, non rimane alla fine nient'altro che un 'reciproco vigilarsi'. Ognuno vuole avere la certezza che l'altro non si riprenda, per così dire 'sottobanco', la sua 'dose' di diritti e non scarichi al partner qualche dovere coniugale in sovrappiù. Le gelosie, i fraintesi, le bugie, i litigi nascono spesso proprio dalle 'pretese' che ognuno ha da far valere sull'altro, in modo più o meno manifesto o segreto. 20. Un romanzo, le situazioni imprevedibili e talvolta sorprendenti, che vi si trovano, i suoi labirintici percorsi interni mi fanno venire in mente le battute di un letterato, a noi contemporaneo,: "Oh, il romanzo! - diceva - è come una baldracca, gli si può rifilare di tutto!". 21. Imparare a memoria una città prima di andarla a visitare, immaginare le sue piazze e i suoi vicoli, caricare un evento di aspettative che vengono ingigantite dall'attesa: rendono quest'ultima più importante dell'evento. In questi casi l'immaginario, diventato più vivo, prende il posto del reale che al contrario sbiadisce e perde di significato. La Venezia sognata da Proust ragazzo, prima di visitarla , prepara la delusione, dopo, quando vi si trova. Purtroppo non è dato vivere una stessa esperienza due volte nella stessa maniera, con le stesse emozioni. Se noi anticipiamo troppo un evento e ce lo 'pregustiamo', sia pure con l'immaginazione, quando arriviamo ad gustarlo davvero ci rendiamo conto che parte del sapore l'ha perso, ossia ce l'ha già dato, così che il più delle volte il risultato finale sarà una delusione. Pure dobbiamo essere grati a quella città, a quel luogo che ci ha fatto sognare perché ciò che è passato nei nostri sogni difficilmente si dimentica. 22. Quando Canetti parla della Cina con ammirazione sono sempre commosso perché non posso fare a meno di pensare al professore 'sinologo', protagonista del suo romanzo "Auto da fè", e al suo amore smisurato per la cultura cinese. 23 "l'intelligenza vista da lontano - scrive - è davvero bellissima". Sono d'accordo! Ci fa meno fatica riconoscere l'intelligenza nelle persone che sono lontane da noi, anche in senso metaforico, perché siamo tutti un po' invidiosi delle persone che hanno delle qualità in una misura superiore alla nostra; ci sentiamo diminuiti da una persona intelligente che ci sta vicina, per questo opponiamo ogni resistenza prima di riconoscerle le sue qualità. Esiste il detto che nessuno è profeta in patria e forse per lo stesso motivo le persone veramente geniali difficilmente vengono riconosciute tali dai loro contemporanei, cioè quando sono ancora in vita. Occorre una certa distanza, anche nel tempo , per rendere merito alle persone veramente grandi, per riconoscere ed apprezzare la vera intelligenza. 24. Devotamente. Forse Dio stesso non sa darsi una spiegazione sul perché abbia originato il mondo; forse non l'ha creato con 'intenzione'; forse il mondo è venuto fuori da un 'atto di volontà incontrollato', un atto d'amore di Dio per sé stesso. Tutte le forme che ne sono nate sarebbero manifestazione di questo suo amore che si esprime in un'ansia continua, in un timore di autodistruzione, in un desiderio di vivere senza fine, o forse tutto quello che vediamo intorno sarebbe il risultato di un sogno dello stesso Dio. Forse tutto questo andrà a finire quando si sveglierà o quando accadrà che riesca ad estinguere questo amore per sé stesso, che si manifesta con continue rinascite di esseri innumerevoli che desiderano follemente di ricongiungersi e che si divorano avidamente. Forse Dio sta cercando di farlo, ma non ha ancora trovato, anche lui, il suo Nirvana. 25. Diceva di avere più che diciassette religioni: sosteneva di avere una metafisica. 26. Dannati della terra, animati da una forte compassione, che chiedono scusa ad ogni nuovo venuto, che chiedono perdono per ogni nuova nascita. 27. Ego. Dovrò prima allontanarmi dal mondo, dai suoi rumori di fondo, dal suo frastuono; anche le 'melodie' dovrò rifiutare, per essere 'sordo' al suo richiamo. Se mi seduce la sua vista, se sono tentato di guardare, dovrò stare con gli occhi chiusi, se non vi riesco sarà bene che tolga via le lenti a contatto dagli occhi e le riponga nel loro contenitore. Né mi dovrò far trascinare dai dolci richiami familiari: rompi i ponti, con tutto (è necessario); scendi nei sotterranei dello spirito e fai di essi la tua spelonca! Non è guardando sulla superficie del mondo, sulla terra, non è guardando il cielo che puoi capire com'è fatto il mondo. Solo allora potrai 'sentirlo' pulsare nel profondo, non con l'udito ma con il cuore. Entra di soppiatto e troverai immersa nelle tenebre, rintanata nei recessi dell'animo 'la bestia' che tu sei! 28. Si detestano profondamente; ognuno dei due rifiuta la presenza dell'altro: se sono costretti a stare insieme si ignorano. Sono irriducibili l'uno all'altro come due divinità. 29. Non sopporto l'idea di dover costringere lo spirito di un altro a fare qualcosa, sia pure per proteggerlo o dirigerlo, fosse anche mio figlio. In ogni relazione che ho con loro mi accompagna sempre lo spirito del "lasciar fare", che non è indifferenza come crede invece mia moglie che mi rinfaccia sempre di non essere 'presente' come dovrei. I pericoli insiti nelle loro azioni tormentano mia moglie, mentre a me spesso non viene neanche il sospetto che quello che stanno per fare possa danneggiarli. Lei vede sempre i passi che compiranno e crolla in anticipo al loro posto. Io li osservo fiducioso e li amo per ciò che fanno perché so che è spesso fatto meglio di quello che farebbero se fossi io a dirigerli o di ciò che farei io nelle loro condizioni. Non si può dire certo che io mi 'annidi' in loro. Ma io so che 'loro' sono 'me' più di quanto essi non sappiano. 30. Il 'progresso' del mondo è ancora legato al fatto che si uccidono milioni di animali, compresi quelli di cui non abbiamo bisogno per motivi 'pratici'. E' sempre la stessa storia: molti animali muoiono per permettere a noi di continuare a vivere ed altri, comprese alcune specie, scompaiono ugualmente, anche se non sono strettamente necessari alla nostra sopravvivenza. Gli animali muoiono perché sono necessari e perché non sono necessari. Muoiono, muoiono e basta! 31. "Io!": come una minaccia; "Noi!": come una sopraffazione. Nelle argomentazioni "l'io" è un'imposizione e il numero non è mai una ragione. (variante) Usa "l'io" per fare una minaccia, il "noi" per portare a termine una sopraffazione. Nelle argomentazioni "l'io" è un'imposizione e il 'numero' non è mai una ragione. 32. Banalità per banalità. Non appena una persona comincia ad essere famosa si diffondono su di essa una quantità inesauribile di informazioni private, personali che vengono date in pasto alla gente comune. E' questo un fenomeno che possiamo constatare ogni giorno nei rotocalchi e nei settimanali i quali vivono proprio per diffondere questa gran massa di informazioni ('vere' o 'presunte' e più o meno 'romanzate') che riguardano i personaggi noti (principi, re, cantati, persone dello spettacolo ecc.). Certo non possiamo dare la colpa ai giornalisti; se i loro articoli vengono letti è perché c'è tanta gente, particolarmente ricettiva nei confronti di quel tipo di informazioni, che le richiede. A questo genere di notizie appartengono anche i fatti che riguardano la vita privata dei grandi scrittori, sia pure ad un livello letterario e per un pubblico diversi. In questo caso succede, per assurdo, che molti lettori sono più interessati alla vita privata di uno scrittore che alle 'opere' che egli ha scritto e pubblicato. L'interesse per le faccende private dei personaggi famosi si estende anche ai luoghi in cui questi hanno vissuto per cui ogni anno ci sono persone che si dilettano a visitare, durante una vacanza, la casa dove ha vissuto il tal poeta o il tal altro letterato o grande artista del passato, spesso trasformata per l'occasione in un museo. Questa abitudine può diventare una vera e propria mania, un rito di massa, per personaggi di una certa 'fama' a noi contemporanei, nel momento in cui essi muoiono, soprattutto se la morte avviene prematuramente o in circostanze eccezionali. Tutti ricordano la morte di lady Diana di due anni fa e la grande quantità di persone che seguirono i funerali o che hanno poi visitato la sua tomba. Simile alla fama è la 'santità' che richiama una stessa quantità di folle (da qui l'espressione essere in "fama di santità"). Chi non ricorda la gente ai funerali di madre Teresa di Calcutta, pochi giorni dopo la morte di Lady D.? o la beatificazione di padre Pio nell'anno 1999, in Piazza s. Pietro? E' difficile dire cosa ci sia nella fama per renderla così appetibile alla folla. Fama e folla sembrano avere quasi la stessa radice etimologica. L'una richiama l'altra; l'una ha sete dell'altra; l'una attira l'altra ma un matrimonio fra le due non sembra che possa riuscire, anzi non sembra proprio possibile. Infatti non c'è distanza più grande di quella che separa una persona di 'fama' dalla 'folla'. Non c'è bisogno di ricordare i pessimi rapporti che la stessa principessa Diana ha avuto con la stampa e con i giornalisti e i paparazzi che erano continuamente alla caccia della sua immagine e di notizie che la riguardavano. Molti hanno addirittura ipotizzato che la stessa morte di Diana sia stata provocata involontariamente da questa caccia spietata condotta nei suoi confronti e portata fino alle estreme conseguenze(Che strano per una che porta il nome della Dea della caccia morire 'cacciata' come una cerva!). 33. Insomma fra la fama e la folla c'è la stessa distanza che c'è fra la terra e il cielo; la fama odia la folla e la rifugge ma non può vivere senza di essa; la folla è attratta dalla 'divinità' ma è da questa sempre respinta. Questo è il loro destino: un amore pazzo e impossibile come quelli di Apollo per Dafne e di Orlando per Angelica. 34. All'uomo piace essere 'stimato' dagli altri uomini ma non ama essere 'valutato' troppo spesso. Eppure se uno ha ricevuto un apprezzamento di stima da qualcuno per qualcosa non è detto che debba ricavare la stessa stima dagli altri o per altri motivi.. Ne consegue che la 'stima' viene concessa per meriti relativi e non è 'universalmente' riconosciuta, come invece lo è la fama. Per concedere stima ad una persona bisogna conoscerla ma, come scrive Canetti , "fino ad un certo punto"; se una persona si conosce troppo bene è facile che la stima per quella persona possa venire meno. E' quasi impossibile infatti essere apprezzati in ogni momento per tutti gli aspetti del nostro carattere, anche quelli più oscuri e negativi che tutti abbiamo. La stima è una valutazione positiva che diamo dell'altro è normale quindi che esso ci sia riconoscente, ma fino ad un certo punto oltre il quale ci viene il sospetto che uno, con l'eccessiva riconoscenza, voglia ricompensare una stima non meritata. Inoltre - come tutti sanno - chi è riconoscente si trova in una condizione 'd'obbligo' nei confronti dell'altro che dura poco; a lungo andare ci pesa ed è facile che la riconoscenza si tramuti nel sentimento opposto che è prima l'insofferenza e poi l'ingratitudine. Insomma la stima, come tutte le cose che hanno un prezzo, è una merce soggetta al mercato e alla concorrenza, alle leggi della domanda e dell'offerta. 35. La stessa felicità che trae un profugo dal ricordo del luogo d'origine ce l'ha qualsiasi viandante con il luogo immaginario che costituisce la sua meta. La meta è sempre un luogo dell'immaginario che il nostro desiderio carica di connotazioni simboliche che ingigantiscono le nostre aspettative, tanto più quando questa meta è lontana o ci viene sottratta violentemente, per colpa degli uomini o del caso. Quando il viaggiatore giunge poi a destinazione, il luogo 'reale' prende il posto di quello immaginato che era più bello e subentra la delusione. Non ci dobbiamo quindi lamentare se in questo mondo, secondo i nostri caratteri, ci sentiamo nelle condizioni di profughi o di viandanti; il luogo da cui proveniamo o la meta verso cui siamo diretti ci appariranno comunque più desiderabili. 36. Non credo molto all'influenza dell'ambiente sul carattere delle persone: un uomo non può diventare diverso da ciò che è. Le sue evoluzioni, i suoi cambiamenti più o meno repentini, sono solamente il risultato dell'adattamento all'ambiente del suo carattere: sono, cioè, solo metamorfosi. In questo senso anch'io credo che l'uomo non possa diventare migliore, anche se reprime una parte di sé dalla quale potrebbe emergere la sua malvagità. Se quell'aspetto che viene represso è parte del suo carattere, prima o poi verrà fuori: basterà che trovi l'occasione propizia e si manifesterà. Per questo motivo non credo molto agli effetti delle prediche, ai moralismi. Ad un giovane mi sentirei solo di dire pressappoco così: " Sii quello che senti di dover essere; abbi fiducia sulle tue capacità ed impara dai tuoi errori! Non lasciare mai che sia il caso a prendere le decisioni che ti spettano, anche se sono poco importanti per la tua vita. Chiarisci prima in te stesso ciò che tu non vuoi, ti aiuterà a capire ciò che tu sei; ricorda che ogni scelta parte dal rifiuto delle false alternative: lascia quindi serenamente le vie diverse che non sono le tue. Infine scegli ciò che credi faccia crescere meglio la pianta che è in te. Ricorda! Neanche tu sai chi tu sei, fino a quando non hai finito di compiere l'opera che è la tua vita!". 37. Amici sono quelli che prendono per virtù i nostri stessi vizi; così facendo ci costringono a correggerli. 38. Uno che appena lo incontriamo illumina sempre a giorno tutto ciò che ha intorno, anche quando vogliamo un po' di oscurità. 39. Disperazione: sentire il cielo che pesa tutto sulle proprie spalle; guardare in alto per cercare il cielo e trovare solo il vuoto. Leggerezza: bucare il cielo con un dito. 40. Forse un giorno l'uomo non potrà vedere neanche il sangue di una tigre, forse però quel giorno egli si sentirà moralmente costretto a fare trasfusioni di sangue non solo alle tigri ma anche a tutti gli altri animali che oggi uccide (buoi, capre, agnelli, polli ecc.) 41. L'uomo non perderà la propria aggressività, fino a quando non sarà disposto a preferire la morte propria, rispetto a quella dello sconosciuto aggressore che ha di fronte; fintanto che non accetterà l'idea stessa della morte. 42. Radical - Panteismo. Un Dio piccolo come una cellula che si riproduce e si moltiplica infinite volte, fino a formare gli organismi apparentemente più complessi. 43. I nomi rendono la storia interessante, unica e irripetibile; così la vede lo storico. Ma proviamo per un momento ad immaginare la storia senza neanche la citazione di un nome: essa apparirà monotona e sempre la stessa, che ripete sempre gli stessi errori, gli stessi orrori; così la vede il filosofo. 44. Certe donne che parlano sempre male di tutti, eppure così socievoli, così amabilmente comunicative. 45. Pensiero orgiastico. Avere 'un angelo custode' per moglie, meglio, per amante. 46. "La grande intelligenza abbraccia, la piccola discrimina, la grande parola è luminosa; la piccola parola è prolissa. Quando gli uomini dormono la loro anima entra nella confusione; quando si svegliano, il loro corpo si mette in movimento. Le associazioni umane generano intrighi e complotti. Nascono così le indecisioni, le falsità, i pregiudizi. Piccole apprensioni generano agitazione e inquietudine; grandi apprensioni generano inerzia e pigrizia." (Zhuang - zi). Anche questo è cinese. Cosa vogliamo insegnare alla Cina? 47. Dietro la nostra fronte, dentro il nostro cervello, c'è anche ciò che la volontà non è riuscita a dominare, ma forse là dietro c'è anche la possibilità di riscattare la storia dell'umanità. 48. Musiche e colori usati nelle guerre per incitare ad uccidere altri esseri umani. 49. Cerco di usare bene il mio tempo per continuare ad essere 'nessuno'. 50. La storia occidentale pullula da un po' di tempo di personaggi troppo ben pasciuti. 51. Sopraffà gli altri di 'aggettivi' che mette sempre al posto dei sentimenti: diventa così sempre più vuoto e formale, sempre più ridicolo. 52. Gli uomini - è vero! - sono spregevoli quando non hanno più paura di nulla. Sta qui il fallimento di tutti i progetti politici, nonché l'impossibilità di realizzare certe utopie. La giusta via di mezzo, fra l'avere troppa paura ed averne troppo poca, sono i grandi Stati democratici moderni che realizzano la giusta mediazione fra individuo e Stato , dando l'impressione ai cittadini di vivere in libertà. Sbagliava Rousseau con il suo mito del buon selvaggio! 53. Ricerca e scoperta. Nel ventesimo secolo 'la scoperta' è diventata un sistema; verso la fine di questo secolo la ricerca sta diventando una grande battaglia campale nella quale le grandi imprese cercano di accaparrarsi, per i secoli futuri, tutto ciò che di importante rimane da scoprire. Esse sanno bene che, nei nostri tempi, rivendicare 'l'illusione della scoperta' è fondamentale per avanzare dei diritti di proprietà. Questa corsa alla conquista che aveva portato alla spartizione del mondo nei secoli XVI e XVII, porterà probabilmente nel secolo venturo alla conquista privata, pezzo a pezzo, del genoma umano e di quelli di ogni altra specie vivente. Questo sì che chiuderebbe la storia umana in bellezza! Questo sì che si chiamerebbe 'far cappotto!'. 54. Letta la storia dei Savoia del Mack Smith. Che sensazione penosa questi re, questi condottieri, questi statisti che rivendicano a sé le vittorie e lasciano agli altri la conta dei cadaveri. 55. La compassione per tutti è forse l'unica consolazione alla mia disperazione. 56. Vivere con il chiaro ticchettio di un orologio: vita responsabile; vivere senza orologi: vita forse felice. 57. Vyuha. "Secondo la teologia visnuitica significa "emanazione". Dal supremo principio, che è anche la causa unica della liberazione, si sviluppa progressivamente il mondo delle cose e delle creature, attraverso varie manifestazioni che sono i Vyuha. e che portano i nomi di persone appartenenti alla leggenda di Krshna. Il supremo principio è Visnu, o Vasudeva, o Narayana, sue progressive emanazioni sono Sankarsana (la materia primigenia e l'anima universale), Pradyumna (origine razionale del cosmo), Aniruddha (la coscienza individuale)." 58. Le profezie di Nostradamus che tornano puntualmente alla fine del millennio. Cosa dire? Tutti subiamo il fascino misterioso dei numeri: la cabala, il lotto e la smorfia napoletana, ma anche i compleanni, gli anniversari. I numeri stanno dietro all'ordine che vediamo nell'universo, perché negare che l'universo possa finire per una questione di numeri? 59. Crede nei miti soprattutto in quelli che raccontano di eroi alla ricerca dell'immortalità o che si battono strenuamente contro la morte. Sostiene che sono essi a tenerlo in vita. 60. I 'grandi uomini' , quelli che si dice abbiano fatto la storia non mi interessano più di tanto; i grandi geni e i pensatori che hanno anticipato la storia e che si sono per questo trovati in disaccordo con la propria epoca sono quelli che mi affascinano di più; i 'piccoli uomini', quelli che sono passati inosservati perché non amavano 'la ribalta', che si trovavano a disagio nel palcoscenico della vita, sono quelli che amo di più. Per il resto la distinzione fra 'grandi' e 'piccoli' uomini non mi convince: preferisco - come faceva Sciascia - pensarli solo come "uomini, mezzi uomini, e quaquaraquà". 61. Avrei voluto la mente sempre così giovane da non dover mai dire di aver appreso definitivamente qualcosa o almeno da essere capace di disimparare quel poco che non riesco a dimenticare. 62. La natura non trattiene alcun significato ma lo rivela così, semplicemente, in tutto ciò che fa. Lo scopo è trasparente! Siamo noi che, quando guardiamo con gli occhi della natura, non sappiamo vedere, perché una cosa che la natura non sa è come e perché essa lo fa. 'Leggere' la natura non è la stessa cosa che 'vivere' secondo natura! O si fa una cosa o si fa l'altra. 63. La salvezza per l'uomo. Sentirsi prima simili a Dio, poi accorgersi che Dio 'si umilia', riavvicinandosi all'uomo, dopo che questi era stato allontanato.
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Copyright © 2001
prof. Francesco Rossi
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