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    Francesco Rossi

     

    T E A T R O

     

    ANTIGONE di V. Alfieri

    La stella,1970,olio su tela di V. Traversi, ed. del Grifo 1995

    Personaggi :

    Creonte

    Argia

    Antigone

    Emone

    Seguaci d’Emone e guardie

    Coro

    Scena, la reggia in Tebe

     

    ATTO PRIMO

    Scena Prima

    Argia: Oh! eccomi in Tebe , che io possa riprendere riposo dal viaggio... Sono venuta da Argo come a volo. Il mio fedele Menète ,ormai vecchio , mi seguiva male: ma finalmente sto in Tebe. Le ombre della notte sono state un velo amico al mio coraggio: nessuno mi ha visto.

    Coro: Questa è la reggia orribile,

    culla dello sposo troppo amato, e tomba.

    Oh Polinice!...qui, col tuo sangue,

    l’odio iniquo ha spento il fratello traditore.

    La tua squallida ombra si aggira,

    ancora invendicata, fra queste mura;

    negata ti è la tomba, nell’empia Tebe.

    Argo ti fu sicuro asilo e par che t’additi...

    Mai tu ne avessi rimosso il piede!...

    Argia: Sono veduta per dare al mio sposo una sacra sepoltura. Solo sua sorella Antigone, cara e fida , può aiutarmi nell’opera pietosa. Oh! Come l’amo, che dolcezza al cuore me ne verrà nel vederla, conoscerla e abbracciarla! Sono venuta a piangere sulla gelida urna che a me spetta e che otterrò: la sorella non può negarla alla sposa La porterò all’unico nostro figlio, Tessandro, che aspetta in Argo l’urna del padre!- Ma, incauta, dove mi sta portando il mio dolore? Dimentico che sono argiva e sto a Tebe ad aspettare che esca Antigone? Ma come avvisarla?...E se sono vista? Oh cielo!... comincio a tremare...qui sola.. Oh! mi pare che venga qualcuno! Ohimè!...che fare?...Mi nasconderò.

    Scena seconda

    Antigone: La reggia è quieta e la notte oscura: occorre che vada... E che? Mi batte il cuore? E che orme malferme! Tremo. Perché questo terrore? Sto per compiere forse un delitto?... o temo la morte? Ah! Temo solo di non compiere l’impresa. O Polinice, fratello mio, finora pianto invano...E’ passato il tempo di piangere; è tempo d’agire: ad onta di Creonte avrai oggi da me le esequie estreme, o avrai la mia vita. Notte, tu dovresti regnare eterna in questa terra indegna di ogni luce! Ammantati del tuo più denso ed orrido velo per favorire l’alto mio disegno. Sottraimi allo sguardo vigile delle sue guardie; io spero in te. A voi Dei, se non avete giurato d’impedire che venga portata a termine quest’opera pietosa, io chiedo solo quel poco di vita che basta ad eseguirla! Devo andare. L’impresa è santa e mi spinge forte l’amore fraterno...Ma chi m’insegue? Ohimè! sono tradita! E’ una donna! Chi sei tu? Rispondi.

    Scena terza

    (Argia, Antigone)

    Argia: Una infelice, sono.

    Antigone: In questi luoghi che fai? Che cerchi a quest’ora?

    Argia: Cerco Antigone ...

    Antigone: Perché?... Ma tu chi sei? Conosci Antigone? Lei ti conosce? Che dovete fare?... Che hai in comune con lei?

    Argia: Il dolore, la pietà..

    Antigone: Pietà? Che osi dire in Tebe? qui regna Creonte, non lo sai? Forse a te non è noto, Creonte...

    Argia: Proprio ora giungevo...

    Antigone: E ardisci porre il piede di soppiatto in questa terra, straniera? Perché ?

    Argia: Se sono straniera in questa reggia, la colpa è di Tebe: non dovrei essere così nominata, qui!

    Antigone: Che dici? Dove sei nata?

    Argia: In Argo.

    Antigone: Ah! che orrore mi ispira questo nome! Se fosse stato a me sempre ignoto, non vivrei nel pianto.

    Argia: A te costa lacrime Argo? A me di eterno pianto, è causa Tebe.

    Antigone: Mi commuovi donna. Se potessi sentire altro dolore oltre al mio, al tuo porgerei conforto di lacrime: sarebbe grato al mio cuore udirne la storia quanto a te il narrarla...ma non c’è tempo, ora che piango un fratello..

    Argia: Ah! Sei tu!... tu sei Antigone!

    Antigone: ...Ma...tu...sei...

    ..

    Argia: Sono io, Argia; la vedova infelice del tuo fratello più caro.

    Antigone: Ohimè! ...Che ascolto?...

    Argia: Unica mia speranza e sostegno, sorella amata, ti abbraccio . Appena ti ho sentita mi pareva di udire Polinice : la tua voce ha messo ardore al mio cuore tremante ed ho osato mostrarmi... felice me!.. ti trovo.. lascia che io dia libero sfogo sul tuo seno al mio pianto trattenuto...

     

    Antigone: Oh! Come tremo! Tu, figlia di Adrasto, in Tebe? In questi luoghi in mano del feroce Creonte? ... Oh! Visita inaspettata! Cara... e dolorosa!

    Argia: Mi accogli così nella reggia in cui speri di avermi per compagna?

    Antigone: Cara a me sei, più che sorella...Polinice ne sapeva qualcosa... solo il tuo volto mi era ignoto... ma già conoscevo i tuoi modi, il tuo cuore e il tuo amore grande per lui. Ti amo quanto lui, ma non avrei mai voluto vederti in Tebe... Mille funesti pericoli hai qui intorno!.

    Argia: Il mio Polinice è estinto , e vuoi che io tremi? Che posso perdere ormai , che mi resta? Abbracciarti, e morire.

    Antigone: Potresti avere una morte non degna qui.

    Argia: Sarebbe pur sempre degna se l’avessi nell’amata tomba del mio sposo.

    Antigone: Che dici, la tomba? Oggi si vieta in Tebe persino la polvere che lo ricopra...

    Argia: Oh cielo! Ma il corpo...

    Antigone: Giace in un campo in preda alle belve...

    Argia: Io corro al campo.

    Antigone: Fermati! L’iniquo Creonte , pieno di sé per il trono usurpato, tutto calpesta : leggi, natura e Dei . Non solo l’empio nega il rogo ai figli d’Argo , ma promette una morte crudele a chi darà loro sepoltura.

    Argia: In un campo preda delle fiere...e tu ce lo lasci?... E’ già passato il sesto giorno, che trafitto cadde per mano del fratello, e giace nudo e insepolto ? e le ossa restano ancora escluse a forza dalla reggia paterna? E vostra madre Giocasta soffre...

    Antigone: Non sai tutte le nostre sventure, Argia diletta...

    Coro: Appena vede compiuto l’orrendo fratricidio, Giocasta

    (ahi misera!) non piange, né fa rintronare l’aria di lamenti;

    un dolore immenso le tronca la voce:

    immote, asciutte, le pupille fissa al suolo;

    e già dall’Averno chiama, con tremendo flebile suono,

    le ombre di Laio ucciso e dei figli appena spenti.

    Già le si fanno avanti, erra così l’accesa fantasia

    tra i mesti spettri del suo dolore.

    A stento poi rientra in sé . Si vede intorno

    la desolata figlia Antigone e le sue matrone.

    E’ decisa a morire, ma tace e si finge quieta

    Incauta tu Antigone, mai dovevi lasciarla!

    La senti chiamare il placido sonno, la credi e vai...

    Ecco che toglie il ferro dal fianco palpitante di Polinice

    e in men ch’io lo dico nel proprio seno lo immerge;

    e cade ...e spira. E tu che fai?

    Di questo fatale sangue impuro avanzo,

    col ferro stesso dovevi svenarti; ma pietà ti prese

    del non morto, né vivo, cieco, padre Edipo.

    Hai sofferta per lui l’aborrita luce.

    Argia: Oh Edipo!... tutto in lui doveva ricadere l’orrore del suo misfatto. Lui vive... e suo figlio Polinice è morto!

     

    Antigone: Oh! Se tu lo avessi visto, povero Edipo, soffre per il suo errore pene anche maggiori. Egli va per Tebe ramingo, cieco, indigente e addolorato, messo al bando: il re tiranno ardisce scacciarlo. Edipo misero! Non oserà rendere noto il suo nome e colmerà di orrende imprecazioni il cielo, Creonte, Tebe, noi tutti...Io mi ero proposta di essere sostegno al vacillante suo fianco ma gli fui tolta a forza e costretta a rimanere qui: ahi! forse era questo il volere dei Numi perché, appena lontano mio padre, Creonte promulgò in Tebe l’inaudita legge degli insepolti. Chi poteva ardire a romperla, se non io?

    Argia: E chi, se non io, poteva dividere con te l’opera? Mi ha condotto qui il cielo. Sono venuta per avere da te le ceneri , ancora in tempo - oltre la mia speranza - per rivedere e riabbracciare il suo corpo, per lavare col pianto quell’orribile e cruda piaga e placare col rogo l’ombra vagante...ma che aspettiamo?... Sorella andiamo!

    Antigone: Andiamo pure per questa impresa !... Ma si va a morire! Io devo e voglio morire!...Non ho che il padre al mondo e mi viene tolto...aspetto la morte, e la bramo... Ma tu, che non devi perire, lascia a me incendiare quel rogo...che mi accolga insieme al mio amato fratello. Siamo stati in vita due corpi in un’anima sola.. e dunque una sola fiamma consumi le nostre spoglie e le unisca in una polvere.

    Argia: Non devo morire... Ma che dici?... Vuoi forse vincere me nel dolore? Altro è l’amore di una moglie e altro quello di una sorella.

    Antigone: Argia non voglio gareggiare con te in amore, ma nella morte si! Tu sei vedova. So quale sposo hai perso: ma non sei figlia nata da incesto, tua madre respira ancora e non hai il padre cieco, mendico e.. non colpevole. Il cielo, più mite, non ha dato a te fratelli empi che si bagnassero del sangue, l’uno dell’altro. Non ti offendere se voglio morire da sola, io, degna di morire prima che nascessi. Torna in Argo dove hai la prova del tuo amore: hai là l’immagine viva di Polinice, tuo figlio. Farai lieto tuo padre che è disperato e nulla sa di te; vai! Nessuno ti ha vista, sei ancora in tempo. Contro il divieto basto io sola.

    Argia: Io l’amo mio figlio ...si! ma tu vuoi che io fugga, quando qui si deve morire per Polinice? Mal mi conosci! Il bambino l’ho affidato ad Adrasto. Egli gli farebbe da padre. Io lo crescerei nel pianto, mentre va nutrito di armi e di vendetta Non temere che mi tormenti la vista del suo amato corpo. Oh Polinice mio! Chi altro ti renderà gli ultimi onori?

    Antigone: Vuoi porgere il tuo collo alla scure dei tebani ?

    Argia: L’infamia non è nella pena ma nel delitto. Sarà Creonte l’infame. Ogni uomo sentirà orrore del suo nome e pietà del nostro...

    Antigone: Vuoi togliermi la gloria ?

    Argia: Voglio vedere il mio sposo; morire su di lui. E tu che diritto hai di contendermi il mio? Tu, che l’hai visto morire eppure ancora vivi...

    Antigone: Ti credo ormai non minore di me. Ma dovevo accertarmi prima quanto fosse rimasto in te del timore femminile. Sul tuo dolore non avevo dubbi , sul valore si!

    Argia: E chi non fa coraggioso il dolore disperato! Se meritavo l’amore di tuo fratello, non potevo essere una donna ordinaria

     

     

    Antigone: Perdona. Ti amo, tremo e il tuo destino mi preoccupa. Ma se vuoi, andiamo. Il Cielo non confonda te con la stirpe di Edipo! La notte sembra buia più del solito: Certo gli Dei l’hanno oscurata per noi. Bada di trattenere il pianto, più di altro ci potrebbe tradire. Gli infami seguaci di Creonte fanno al campo una severa guardia, che niente ci scopra prima delle esequie.

    Argia: Non piangerò... ma tu... non piangerai?

    Antigone: Piangeremo sommessamente.

    Argia: Sai in quale parte del campo giace?

    Antigone: Andiamo. So dove lo gettarono. Vieni. Porto con me le fiaccole e la pietra focaia per accenderle. Segui ardita i miei passi, senza fiatare.

    ATTO SECONDO

    (scena prima)

    Creonte, Emone

    Creonte: Vedi alfine tuo padre sul trono di Tebe con questo scettro, prossima tua dote, eppure tu solo, o figlio, nella mia gioia resti afflitto. Perché i lamenti? Ti affliggi forse per le colpe di Edipo o della sua stirpe?

    Emone: Ti sembra un delitto avere pietà di Edipo e dei suoi eredi? Il giorno fatale in cui dovessi salire al trono non sarà per me di augurio tanto lieto da chiudere ogni via al dolore. Tu stesso potresti un giorno piangere pentito per il regno acquistato.

    Creonte: Piangerei, se dovessi piangere il lungo tempo che ho obbedito agli infami figli di Edipo, ma se hanno pagato la loro orrenda nascita con più orrenda morte, eterno oblio li ricopra. Appena compiuto il loro destino il sole in Tebe sarà più puro, l’aria più serena e gli Dei torneranno più miti; ora si che possiamo sperare in giorni più lieti.

    Emone : Tra le rovine e il sangue dei più stretti congiunti, non c’è altra speranza che il dolore! (ironico) Edipo, un re di Tebe (tale è pur sempre), esule , ramingo e cieco è uno spettacolo nuovo in Grecia. Due fratelli si svenano; fratelli di loro padre e figli di madre incestuosa, a te sorella e suicida... Vedi che orribile mistura di nomi, di morti... e di pianto. Ecco la strada. Ecco gli auspici, grazie ai quali sei salito a regnare. Puoi esserne lieto, padre!

    Creonte: (ironico)Solo Edipo ha esposto questa terra alla terribile ira del cielo, standovi, ed era necessario che fosse sgombra di lui. Ma perché non racconti interi i nostri pianti, figlio? (cambiando tono) Ahi scellerato Edipo, che non mi costi tu! Anche la morte di un figlio piango. Tuo fratello maggiore Meneceo, che credette alle stolte frodi e ai vaticini menzogneri di un Tiresia, Meneceo indotto al suicidio per salvare Tebe, ucciso... mentre ancora vive Edipo! Il suo esilio perpetuo è troppo condono ai suoi delitti. Che vada verso altri lidi e la maledizione del cielo lo segua, ovunque muove passi. (al figlio) Il nostro pianto non cambia i fatti. Dimentica il passato e afferra forte la fortuna per i capelli.

    Emone: (Scettico) E’ una Dea instabile non darà forza al mio cuore. Piuttosto, padre, è da temere lo sdegno del cielo. Soffrirai, ma il mio parlare sarà franco. Il tuo divieto, che non lascia varcare l’Acheronte alle ombre insepolte dei Greci, chiama vendetta. E tu che fai? Inebriato per il regno e la sorte propizia, non pensi che Polinice è di sangue reale e figlio di tua sorella? Egli giace ignudo al campo: lascia almeno che si arda il corpo di tuo nipote. Concedi in dono all’infelice Antigone, che ha visto l’ultimo eccidio dei suoi, il corpo del fratello amato.

    Creonte: Non è figlia di Edipo al pari dei suoi empi fratelli?

    Emone: Al pari di loro ha diritto al trono di Tebe. Puoi ben dare un corpo esangue per un regno!

    Creonte: Mi è nemica!

    Emone: Non crederlo...

    Creonte: Ama Polinice e il genitore, detesta dunque Creonte!

    Emone: Cielo! Vuoi che non senta pietà del fratello e del padre? Se fosse spietata, forse la stimeresti di più.

     

    Creonte: Più stima no! Ma la odierei di meno. Un Re deve prevenire gli odi altrui e stimare nemico ogni uomo che si sente offeso. Ho tolto ad Antigone ogni pretesto, togliendole il padre. Se fossero stati esuli entrambi, potevano vagando, trovare un re che mettesse un velo di falsa pietà all’innata ambizione del potere e venisse un giorno a Tebe, come venne Adrasto. Ti sento ,figlio, criticare il mio divieto a cui mi spinse un’alta ragione che non conosci. Ti sarà nota e vedrai che, benché dura, era necessaria.

    Emone: La ragione mi è sconosciuta, tu dici? Ma a me pare che a te siano ignoti gli effetti. Antigone può ritrovare la vendetta in Tebe, del padre esule, del trono rapito e del fratello che giace insepolto... senza cercarla. La gente a cui la tua legge dispiace mormora, sparla e la vorrebbe raggirare ... e la vorrà infranta.

    Creonte: E si trasgredisca la legge: altro non desidero, purché abbia la vita del primo che la violerà.

    Emone: Quale ostile nemico ti consiglia a tuo danno?

    Creonte: Mi consiglia solo l’amore per te! Raccoglierai il frutto di quanto ora biasimi. Il cittadino, avvezzo a vedere ben altri delitti in Tebe, non può fare altro ormai che obbedirmi e tacere.

    Emone: Nel silenzio spesso è chiusa la vendetta ...

    Creonte: (senza lasciarlo finire) Nel silenzio di pochi... Ma nel silenzio di un popolo sono racchiusi timore e servitù. Non ti opporre figlio al punto di vista paterno . Non ho maggiori e più dolci cure oltre a te: ho te solo e solo tu goderai un giorno delle mie fatiche. Vuoi forse farti ingrato a tuo padre anzitempo? (rumori di persone che entrano) Ma che è questo suono...

    Emone: Chi mai viene? Sono spinte due donne legate con lacci! Che vedo? Antigone...

    Creonte: L’incauta cade nella mia rete, male potrà uscirne.

    Scena seconda

    (Guardie con fiaccole, Antigone, Argia, Creonte, Emone)

    Creonte: Che è successo? Che delitto hanno commesso?

    Antigone: Parlo io...

    Creonte: Portatele più avanti.

    Antigone: Eccomi. Ho violato la tua legge, lo confesso : ho acceso il rogo a mio fratello.

    Creonte: E avrai la pena promessa! (rivolto a Argia) Ma tu chi sei, donna? Hai aspetto straniero?

    Argia: Una seguace della sua virtù.

    Emone: Frena il tuo sdegno, padre, non merita la tua ira l’audacia di una donna.

    Creonte: Ira? Sono giudice imperturbabile in ascolto. La morte è già con loro. Prima costei sveli il proprio nome, poi abbiano la pena cercata.

    Antigone: La condanna a me: io sola la voglio. La trovai nel campo. Io ho mostrato a lei il corpo di mio fratello, guidata dal cielo, io ho eluso la vigilanza delle tue guardie, io ho richiesto la sua opera santa e lei mi ha prestato un lieve aiuto con le sue mani. Non so chi sia, non l’ho mai vista in Tebe: forse è di Argo e veniva, non ad ardere, ma ad abbracciare pietosa qualcuno dei suoi ,nel campo...

    Argia: Si, ora sarei colpevole e degna del martirio più duro se negassi, per timore, la mia opera... Iniquo re, sappi il mio nome. Godine, esulta...

    Antigone: Taci...

     

    Argia: Io sono figlia di Adrasto e sposa di Polinice: Argia...

    Emone: Che sento?

    Creonte: Degna coppia! Il cielo oggi vi ha poste in mano mia: il cielo mi ha scelto quale ministro per le sue vendette.(rivolto a Argia) Ma tu, tenera sposa, non rechi con te il dolce frutto del tuo breve amore? Madre sei di un bimbo, erede di Tebe, dov’è? Anche lui è sangue d’Edipo. Tebe lo aspetta.

    Emone: Inorridisco...fremo...Tu, anche tu hai perso un figlio, tu ardisci, con insulse battute, esasperare il dolore di una madre. L’una piange il fratello, l’altra il marito e tu le deridi? Cielo!

    Antigone: Non meriti tuo padre, ma taci! Non avvilirci ormai con le tue prediche: è prova non dubbia di alta innocenza, subire la condanna a morte dove Creonte è re.

    Creonte: (Ad Antigone)Sprigiona pure la tua pavida rabbia; non mi offendi: disprezza pure la morte se puoi!

    Argia: In me, volgi il tuo furore in me. Solo io, sconosciuta, sono venuta qui di nascosto: sono entrata di notte dentro le mura per beffare la tua legge. Antigone aveva il cuore gonfio di sdegno velenoso, è vero!, aveva mille propositi ma pure soffriva tacita il tuo divieto; se non era per me ,lei non l’avrebbe mai infranto. Colpevole di un delitto è chi lo pensa; la pena spetta a chi l’ordisce.

    Antigone: Non crederle! parla in lei una pietà, inopportuna e vana. Entrò di nascosto nella reggia, è vero, ma non conosceva la dura legge. Cercava me e, timida e tremante, ha chiesto a me l’urna del suo dolce sposo. Se la fama del divieto inumano fosse giunta in Argo, non dirò che non ti avrebbe odiato anche lei (chi non ti odia?) , ma ti avrebbe più temuto. Sperava di sottrarsi ai tuoi occhi, di fuggire, dopo avere ottenuto da te il pegno delle ceneri sacre e di riportare gli avanzi amati in Argo. Io no, non così...Ho sperato di venire davanti a te e godo di esservi... per dirti che assai più di lei ti detesto. Io ho trasmesso a lei la fiamma inestinguibile di sdegno e di odio per cui brucio. Mia è l’audacia, la fierezza e tutta la rabbia, con la quale lei si riveste, è mia.

    Creonte: Contendete invano quale sia tra voi la più colpevole, perfide. Vi mostrerò invece quale sia la più miserabile. La morte che vi preparo farà sorgere tra voi ben altra gara, di preghiere e pianti...

    Emone: Cielo! A morte infame?... Oh padre no, non farlo. Se non la pietà, valga il consiglio a raddolcire il tuo sdegno acerbo. Argia è figlia di Adrasto : un re potente che conosce la via di Tebe e può percorrerla.

    Creonte: Dunque si sacrifichi Argia, prima che Adrasto torni in Tebe! (a Emone) Vorresti tu farmi pietoso... per timore?

    Argia: Adrasto non può tornare in Tebe; ha contrari i tempi e gli Dei. Gli mancano uomini, ricchezze e armi, non può vendicarmi. Uccidi me Creonte; Adrasto non ti punirà per ora. Se sopprimi Argia nessun danno ti torna. Ma si salvi Antigone o a mille a mille insorgeranno a Tebe per vendicarla...

    Antigone: (ad Argia) No, non lo conosci :egli non è crudele per caso, né inutilmente. Io spero ormai per te , vedo che gli basto e gioisco. Lui vuole il trono e tu non l’hai. Per infausto diritto, ciò che lui vuole e che usurpa, è mio. L’ambizione gli indica me sola quale vittima...

    Creonte: Questo trono tuo? Infami figli d’incesto, a voi rimane il diritto di morire non di regnare. Una prova di ciò non furono i tuoi nefasti fratelli, carnefici l’uno dell’altro poco fa?

    Antigone: Vigliacco che spingevi loro ai colpi scellerati. Si è nostra colpa essere nati figli di nostro fratello, ma con noi già stava la pena nel nascere a te nipoti . Tu, ministro della nefanda guerra, fomentatore degli odi, hai osato aggiungere fuoco al fuoco. Adulatore dell’uno , istigavi l’altro e li tradivi entrambi. Così ti sei spianata la via al trono e all’infamia.

    Emone : Vuoi perdere te stessa a viva forza, Antigone?

    Antigone: Si voglio! Voglio che il tiranno almeno una volta ascolti il vero. Non vedo intorno a lui chi osi dirglielo. Oh! Se tu, Creonte, potessi imporre il silenzio ai tuoi rimorsi , come lo imponi alla lingua altrui, come sarebbe piena allora la tua gloria! Ma odioso, più che a tutti, a te stesso, nello spiare esitante e inquieto, hai scolpiti il delitto e la tua pena.

    Creonte: A trascinarvi alla morte, abominevoli fratelli di vostro padre, non era arte dei miei tradimenti: lo volevano irati tutti gli Dei.

    Antigone: Che nomini gli Dei? Tu che altro Dio non hai che il tuo Utile, per il quale fai presto a immolare amici, figli e ... fama, se tu l’avessi.

    Creonte: Ti resta altro da dirmi? Divinità diverse richiedono sacrifici diversi. Sarai tu la vittima degna , già sacra alle divinità infernali, ultima di una discendenza sciagurata.

    Emone: Padre, ti chiedo prima una breve udienza. Sospendi per poco, ti devo narrare molte cose, assai importanti...

    Creonte: Avanza ancora tempo alla loro notte agitata. L’alba è il momento da me prescelto. Ti udrò, finché rinasca il sole.

    Argia: Parli di lei sola? Ora si che tremo . E me... non mi manderai a morte con lei?

    Creonte: Più non s’indugi : entrambe dentro ad una dura prigione.

    Argia: Insieme con te...

    Antigone: Ah! Si...

    Creonte: Siano separate! Con me venga Antigone : sarò suo custode e garante. Andiamo. Guardie si conduca l’altra in un altro carcere.

    Emone: Cielo!

    Antigone: Si vada.

    Argia : Ahi lasciami!

    Emone: Voglio almeno seguirli.

    ATTO TERZO

    Scena prima

    (Creonte, Emone)

    Creonte: Eccomi ad ascoltarti, figlio. Mi hai detto che hai cose importanti da dirmi e forse potrai udirne anche da me.

    Emone: Vengo a supplicarti. Non dovevo prima affrontare il tuo primo impeto e sdegno. Ma... ora che subentra la ragione, io, solo, eppure a nome di tutta Tebe, ti scongiuro, padre, di usare pietà. Me la negheresti? Le due pietose donne hanno infranto la tua legge ma chi non l’avrebbe violata?

    Creonte: Chi mi potrebbe pregare, se non tu?

    Emone: tu stesso, nel tuo pensiero, non stimi la loro impresa meritevole di morte. No, non ti credo così ingiusto e snaturato, né lo sei.

    Creonte: Tebe e mio figlio mi chiamino pure crudele, a me basta essere giusto. Tutti alla pari devono obbedire a tutte le leggi, quali che esse siano! I re rendono conto delle loro ragioni solo agli Dei e non vi è età, né rango, né sesso che scusi la colpa per un delitto commesso. Pochi impuniti danno la licenza ai molti.

    Emone: Avresti mai creduto , nel fare la tua legge, che avrebbero osata disprezzarla tali donne? Una sposa, una sorella, a gara entrambe, superiori a quelle del loro sesso?

    Creonte: Ascolta, figlio, non debbo nasconderti nulla. O che tu non sappia, non voglia o finga di non capire a fondo il mio pensiero, desidero parlare chiaro: Ho creduto, sperato, che dico? A forza ho voluto che ad infrangere il mio divieto in Tebe fosse per prima Antigone. Alfine l’ho ottenuto: s’è fatta colpevole. Ormai la legge è inutile e sarà tolta.

    Emone: Cielo! E tu sei mio padre?

    Creonte: Figlio ingrato... o forse poco esperto (mi giova crederti ancora tale), ti sono padre... se tu mi ritieni colpevole, lo sono a tuo danno.

    Emone: Vedo bene l’arte deplorevole, l’inganno, con cui credi di innalzarmi. Trono infame , mai sarai mio se devo averti con così orribile mezzo.

    Creonte: Io lo tengo, è mio tuttora questo trono che non vuoi. Se non parli al padre come un figlio deve, parlerai al Re.

    Emone: Misero me! Padre perdona, ascolta... Cielo! Offuscherai il tuo nome e non raccoglierai il frutto dell’inganno. Il potere di un re non ha forza a tal punto che basti a soffocare il grido dell’istinto. Ogni uomo piange la sorte dura della giovane e il tuo atto sarà noto, detestato e forse non sarà sopportato dai Tebani.

    Creonte: E ardisci accogliere il dubbio se mi si debba obbedire? Non vedo altro confine al mio potere che il mio volere! Non mi insegni a regnare. Io presto farò tacere nel cuore di ogni uomo ogni affetto, salvo il terrore.

    Emone: La mia preghiera, la speranza di un atto di pietà è dunque vana?

    Creonte: Vana.

    Emone: Andranno a morte donne, figlie di re, perché al fratello e al marito hanno concesso la sepoltura dovuta?

    Creonte: Una vi andrà! Dell’altra poco importa, ancora non so...

    Emone: Dunque manderai a morte me pure con lei? Amo Antigone, sappi, da gran tempo e l’amo assai più che la mia vita. Prima che togliermi Antigone ti è giocoforza togliermi la vita.

    Creonte: Figlio perverso, ami così il padre?

     

    Emone: Quanto amo lei, il Cielo mi è testimone.

    Creonte: Ah che intralcio... Mi hai confitto nel cuore un ferro mortale inaspettato, nefasto al mio riposo, al tuo e alla gloria di entrambi! Al mondo non ho cosa di te più cara. Il mio solo delitto è amarti troppo e... questa è la ricompensa. Ami, preghi, per salvare colei che deride il mio potere, che mi disprezza e osa dirmelo; ed in petto cova la brama ambiziosa del trono, di questo trono, che oggi è mio impegno e domani sarà tuo.

    Emone: Ti inganni. In lei , lo giuro, non c’è alcun pensiero per il regno . In te invece nessun altro pensiero attecchisce. Quindi non sai, né puoi sapere per tua esperienza quanto grande è la forza dell’amore e quanto debole freno ne sia la ragione. Non ritenere Antigone a te nemica. Già l’amavo prima, non stava a me cessare d’amarla dopo. Potevo tacere e ho taciuto, né avrei parlato se tu non mi avessi costretto. Cielo! Porgerà il collo alla scure, ed io vederlo? Soffrirlo? Se tu potessi rimirare, con uno sguardo meno superbo e offuscato, il suo nobile cuore, l’alto giudizio, le sue rare e sublimi doti , saresti un padre che l’ammira al pari e più di me. Chi, sotto la crudele tirannia di Eteocle, ardì mostrarsi a Tebe amico di Polinice? Solo lei. Il padre cieco, respinto da tutti, in chi trovò pietà se non in lei? Infine Giocasta, già tua sorella, (dicevi allora "cara"), da chi ebbe conforto al suo dolore immenso di madre afflitta? Quale compagna nel piangere? Quale altra figlia, oltre Antigone? E’ figlia d’Edipo, dici tu! Ma la sua virtù è ampio riparo alla sua... non colpa. Te lo ripeto: il regno non è nei suoi pensieri. Non sperare di vedermi felice a suo danno; lo fosse lei a danno mio! Per lei darei il trono del mondo, nonché di Tebe.

    Creonte: Ora dimmi? Sei riamato ugualmente?

    Emone: Non c’è amore pari al mio. Lei non m’ama, né può amarmi. Se non mi odia è quanto basta al mio cuore; di più non spero. Per lei è troppo... mi dovrebbe odiare.

    Creonte: Di!... Potrebbe acconsentire ad essere tua sposa?

    Emone: Come potrebbe una fanciulla alla quale sono stati tolti orribilmente insieme ambedue i fratelli, la madre e il genitore?

    E dovrebbe dare la sua mano a chi nasce da una stirpe tanto ostile a lei e ai suoi? Non ardisco a tanto, io, tuo figlio.

    Creonte: (ironico) Ardisci! La tua mano le renderebbe insieme la vita e il trono.

    Emone: La conosco da sempre e l’amo troppo. Siamo cresciuti insieme nel pianto ed ora, più di prima , nel pianto trascorre i suoi giorni. Forse ritornerà per lei un tempo meno triste e meno ostile al mio amore... Tu potrai allora...

    Creonte: Dovrei affidare il nostro destino al tempo e ai suoi dubbi eventi? Lo speri invano. (Alle guardie) Ehi là! Subito si porti al mio cospetto Antigone. (Al figlio) E’ colpevole e la morte posso dargliela a diritto, sarebbe certo una decisione a me più utile, ma mi sei così caro che io voglio lasciarla in vita e accoglierla come figlia, se acconsente ad essere tua. Ora sarà dubbia la scelta fra la morte... e le nozze reali?

    Emone: Dubbia? Ah no! Sceglierà la morte.

    Creonte: Ti capisco, figlio, Vuoi che conservi comunque la vita a chi la toglierebbe a me, qualora potesse? Ad un padre che t’ama tanto, osi chiedere tanto?

     

     

     

    Scena seconda

    (Antigone, Creonte, Emone, Guardie)

    Creonte: Vieni! Mi trovi assai diverso da come ero prima, a tuo favore, Antigone. Non che io valuti meno il tuo errore o la pena applicata a te dovuta... Ma mi muove a tanto il mio amore di padre , più che l’amore per la giustizia. Mio figlio chiede la grazia e la otterrà per te se tu sarai disposta...

    Antigone: Disposta a cosa?

    Creonte: A dargli in cambio la mano , al mio cospetto.

    Emone: Antigone perdona, mai ho chiesto tanto. Vuole darmi a te; io voglio salvarti null’altro.

    Creonte: Ti voglio perdonare...

    Antigone: Creonte mi offre la grazia? Quale altra grazia puoi fare a me, oltre che trucidarmi? Solo la morte può togliermi dai tuoi occhi: fai felice chi non ti vede. (A Emone) invoca il mio morire, solo questo mi dimostrerà il tuo amore. Pensa che il miglior dono di un tiranno è la morte... e spesso la nega a chi ne ha un vero, ardente desiderio nel cuore.

    Creonte: Non cambierai stile! Sempre implacabile tu, superba sempre, sia che ti condanni, che ti assolva?

    Antigone: Cambiare stile con te? Sarebbe più possibile cambiare tu il cuore.

    Emone: Mi è padre. Se parli a lui così , a me trafiggi l’anima.

    Antigone: Ti è padre ed altro pregio non ha; né scorgo alcuna macchia in te, Emone, salvo quella di essergli figlio.

    Creonte: Bada, la clemenza in me è un lampo passeggero. Sei colpevole oltre misura e il tuo parlare nulla vi aggiunge.

    Antigone: Mi fa troppo colpevole il mio trono, che tu usurpi; ma non ti chiedo né la vita né il trono. Il giorno che mi hai tolto il padre ti avrei chiesta la morte io, o l’avrei data a me di mia mano, ma mi restava da dare una tomba al fratello. Ora che ho compiuto l’opera santa, nulla mi rimane da fare in Tebe. Se vuoi che io viva, rendimi il padre.

    Creonte: T’offro il trono e con esso ancora uno sposo , non disprezzabile : Emone che ti ama più di quanto odi me, assai più che il proprio padre.

    Antigone: Emone non potrebbe rendermi la vita più cara, forse più penosa. (A Emone) Che vita sarebbe condurla appresso a te e udire le ombre invendicate dei miei congiunti traditi e spenti, gridare vendetta dall’Averno? Io sposa tranquilla fra le braccia del figlio di colui che ha estirpato il mio sangue.

    Creonte: (Con sarcasmo) Parli bene. Sarebbe troppo casto il legame. Se vi fosse un altro figlio di Edipo, lui solo sarebbe degno della tua mano illustre.

    Antigone: E’ nome orribile " figlio di Edipo" , ma più infame nome sarebbe "nuora di Creonte".

    Emone: Ah, la mia speranza è purtroppo ormai vana! Solo il sangue può appagare i vostri odi. Scegliete dunque il mio sangue, versate il mio! (A Creonte) Il rifiuto di Antigone è degno di lei ed è giusto, padre, anche il tuo sdegno. Io vi amo al pari entrambi, solo me detesto. Vuoi darle la morte, Creonte? Allora lascia che lei dia la morte a tuo figlio e la meriti da te. (Ad Antigone) Tu desideri la vendetta? Ferisci! L’avrai intera in questo petto, eccolo! Con me gli togli il figlio ,unico e amato, lo rendi misero e più accecato d’Edipo. Che aspetti? ferisci! Mi trafiggi il cuore più se mi insulti il padre.

    Creonte: Non disperare del tutto. In lei parla lo sdegno, più che il dolore. Ragiona, donna, il tuo destino e quello di Argia, che tanto ami, per la quale ti duoli più che di te stessa, dipende da te. Sei arbitra di Emone, che non detesti, e di me che, seppure odi oltre il dovuto, dovresti riconoscere pietoso altre il dovuto. Ti concedo di pensarci tutto il nuovo giorno che sorge, al tramonto sceglierai Emone o la morte.

     

    Scena terza

    (Antigone, Emone, Guardie)

    Antigone: Perché sei nato figlio di Creonte? O perché almeno non gli somigli?

    Emone: Oh! mi odi. Questo che ben sento essere per me l’ultimo istante di vita, voglio però dare voce ai miei veri sentimenti : la presenza di mio padre me lo impediva. Ora sappi, per mia discolpa, che io per primo lodo il rifiuto e il tuo sdegno più forti, li apprezzo e li ammiro. Io vorrei bruciare a fuoco lento questa mano, prima che possa osare offrirtela, perché mi pare indegna di te, più di quanto non sembri a te. Sai se io ti amo, saprai se io ti stimo. Ma intanto (in che stato terribile sono!), non basta no, la mia vita a porre in salvo oggi la tua. Potessi almeno ottenere per te una morte non infame!

    Antigone: Mia madre e i miei fratelli la ebbero in Tebe più infame. La scure mi parrebbe quasi un trionfo.

    Emone: Che parli? ... Ahi la vista! Atroce vista!... Io non vorrò vedere, non sarò vivo. Ma tu mi odi Antigone! Forse si potrebbe ingannare anche il re, ma non ne parlo perché non voglio che la tua reputazione venga offesa.

    Antigone: Io non inganno i tiranni, li affronto e tu lo sai. Solo la pietà fraterna mi indusse ad agire. Dovrei ora usare la frode per salvarmi? Potrei forse usarla se affrettasse la mia morte.

    Emone: Se è tanto forte questo desiderio in te, sospendilo un momento. Non ti chiedo cosa indegna di te ma se puoi, solo ritardando, giovare ad altri, se puoi vivere senza disonore, sarai ancora così crudele contro te stessa e contro me?

    Antigone: Emone non posso.. non sono crudele con me, sono figlia d’Edipo. Mi duole di te, eppure...

    Emone: Lo so. Non posso essere a te (causa di vita), bensì compagno nella morte. Ma i tuoi pietosi affetti non stanno ancora tutti oltre le negre onde dello Stige. Restano in vita, sia pure infelice, Edipo, Argia e il suo bimbo che sembra l’immagine viva di Polinice, a cui tu forse vorresti un giorno che andasse questo trono ,per te inutile. Desisti. Devi solo fingere che ti arrendi alle mie preghiere e che vuoi essere mia sposa, purché si accordi al tuo lungo giusto dolore , un breve sfogo di tempo. Mi fingerò soddisfatto di ciò; otterrò una proroga ad ogni costo da mio padre. Intanto è lecito aspettarsi tutto dal tempo. Non credo proprio che Adrasto voglia abbandonare sua figlia reclusa. A volte il difensore non viene quando si aspetta. Vivi! Non lo chiedo per me. Te lo ridico: io sono deciso a seguirti e non mi prende pietà di me, né devi tu averla per me. Te ne prego a nome del tuo genitore cieco e di Argia. Forse riusciresti a trarre lei fuori di prigione e forse potrebbe rivedere il padre e a lui potresti giovare. Devi sentire per loro quella pietà che per te più non senti. Ti supplico... pieno di pianto amaro mi inchino ai tuoi piedi... ti scongiuro!

     

    Antigone: Io ti scongiuro... Ora che ho costanza, quanta ne ho avuta mai, non svigorire il mio animo con le tue lacrime... Se puoi salva la mia reputazione, lascia che io muoia se davvero mi ami.

    Emone: Misero me!... Mai io non ti lusingo, quanto ti ho detto potrebbe essere...

    Antigone: Non posso essere mai tua. A che vale che io viva? Che io almeno non sappia la vera causa del mio dolore disperato. Se io mi legassi a te sposa, anche solo per finzione, che direbbe la Grecia nell’udirlo? Mio padre se sentisse di questo legame non crederebbe che è stato fatto per farmi vivere più a lungo. Ammesso che il dolore, il disonore e gli stenti non l’abbiano ucciso , la notizia sarebbe una coltellata al suo cuore. Misero padre! Io so purtroppo che non ti rivedrò mai più... ma io almeno, ultima dei tuoi figli e sola, morrò senza colpa.

    Emone: Mi squarci il cuore.. eppure ti ammiro. Anch’io credo che è messa alla prova la tua virtù... ma lasciarti morire!... Se non provi odio per me, accetta un’ultima preghiera: Io starò al tuo fianco e il colpo mortale cadrà nel mio petto prima che nel tuo. Così avrai in parte la vendetta sull’inumano Creonte.

    Antigone: Vivi Emone! Te lo comando. In noi è tale delitto amarci che io lo sconto con il morire e tu col vivere.

    Emone: Si, tento un’ultima prova. Padre inumano, re sanguinario, sentirai le voci estreme e disperate di un figlio forsennato!

    Antigone: Ohimè! Che trami? Ribelle a tuo padre?... fuggi questa orribile accusa (o io non t’amo).

    Emone: Nessuno ti può deviare dal tuo proposito?

    Antigone: Se non lo puoi tu, nessuno.

    Emone : Ti appresti dunque...

    Antigone: A non vederti mai più.

    Emone: In breve, lo giuro, mi rivedrai.

    Antigone: Fermati. Ahi lascia!... Mi odi.. Che vuoi fare?

    Emone: Salvarti, tuo malgrado.

    Antigone: Fermati...

     

     

    Scena quarta

    ( Antigone, guardie)

     

    Antigone: Oh Cielo!... Più non mi ascolta. Ora, guardie, portatemi subito davanti a Creonte.

    ATTO QUARTO

    Scena prima

    (Creonte, Antigone, Guardie)

    Creonte Hai scelto?

    Antigone Ho scelto.

    Creonte Emone?

    Antigone Morte.

    Creonte L’avrai.

    Ma bada di non cambiare, quando sul tuo capo penderà alta la scure: Sarebbe tardi, e vano pentirti allora. Forse saprai mal sostenere da vicino l’aspetto feroce della morte, i pianti di Argia (se l’ami), perché anche lei dovrà morirti al fianco, e solo tu sarai la causa della sua morte. Pensaci, ne hai ancora tempo... Te lo chiedo ancora. Ora che dici... Non parli? Mi guardi fisso e fiera? Superba, avrai da me ciò che chiedi, tacendo. Mi pento già di averti dato la scelta fra la tua morte e il mio disonore.

    Antigone Hai parlato? Perché tardare ancora? Non dire altro ed impegnati.

    Creonte Ragiona, non ostentare il coraggio; vedrai quant’è "tra poco"! E benché non sia ancora giunto per te il momento di morire , voglio compiacerti nell’affrettarlo. Eurimedonte, vai! Portala subito al palco predisposto.

    Scena seconda

    ( Emone, Antigone, Creonte, guardie)

    Emone Al palco? Aspetta...

    Antigone Oh vista! Affrettatevi guardie, portatemi a morte. Lasciami Emone... Addio.

    Emone Nessuno di voi si provi a trascinarla oltre!

    Creonte E che? Minacci, dove sono io?

    Emone Mi ami così? Spendi così il giorno concesso a lei?

    Creonte Vuole precipitare, posso negarglielo?

    Emone Ascolta, non lo sai? Ben altro danno inaspettato ti sovrasta. Il re di Atene, l’eroe Teseo, dicono che verrà a Tebe in armi a vendicare gli insepolti. Sono andate da lui le vedove argive sconsolate, piangenti di sdegno e di pietà. Il re ha ascoltato le loro lamentele e ha promesso loro le urne dei mariti estinti (e Teseo non promette alla leggera).Padre previeni le loro ire e il nostro disonore. Non ti chiedo la resa per paura, ma che ti induca alla scelta la pietà per la tua Tebe, che respira da poco aria di pace. Ammesso che qualcuno voglia correre per una guerra ingiusta, quale valoroso è rimasto più a Tebe? Lo sai, i più abili giacciono, chi è estinto nella tomba, chi è sopravvissuto, è ferito nel letto.

    Creonte Per un timore vile non mi preoccupo. Perché parlare di pericoli lontani dubbi o falsi? A me, finora, l’eroe Teseo non ha chiesto le urne degli eroi di Argo e quindi ancora non ho negato di darle. Forse preverrò il suo desiderio, prima che lui le chieda. Sei soddisfatto? Io non voglio la guerra e Tebe resterà sicura. Ora lascia che costei vada al suo destino.

    Emone Vuoi dunque perdere tuo figlio? Speri invano che io le sopravviva, anche solo per un giorno. Perdere il figlio è poco, tu vai incontro a mille guai! Antigone è già assolta. L’assolvi tu, col disfare la tua legge. E’ già noto a tutti che hai teso il tranello solo a lei. Tebe dovrebbe vedere la figlia amata dei suoi re, perire su quell’ignobile palco? Non lusingarti di tanto. Già sento alte le accuse, le minacce aperte e il risuonare delle armi...

    Creonte Ora basta.(con sarcasmo) Poiché non vuoi che Tebe veda morire la figlia amata dei suoi re, sopra il palco ignobile (rivolto alle guardie), Soldati! appena scenderà la notte, trarrete costei al campo dove giacciono i corpi insepolti. Visto che ormai non posso più negare la tomba ad alcuno (il gran Teseo me lo vieta), l’abbia lei che l’ha data ad altri, nel campo l’abbia, sia sepolta là, viva...

    Emone Cielo! Che sento? Ti fai beffa così degli uomini e degli Dei? Dovrai prima versare qui tutto il sangue di tuo figlio. Sepolta viva nel campo? Perfido. Prima spento io qui... ridotto in cenere...

    Antigone Emone, non farti indegno del mio amore! Quale che egli sia, t’è padre. Fin dal mio nascere, il mio destino mi ha condannata a morte atroce. Che importa ora il luogo, il tempo e il modo in cui morrò?

    Creonte Desisti. Ti opponi inutilmente. Non puoi salvare lei, né giovare a te. Farai di me un padre infelice, nient’altro.

    Emone Mi giova farti infelice, lo meriti e lo sarai, spero. Questo trono nefasto non ti fa ormai più tenere in alcuna considerazione ogni sacro dovere di re, di padre, di uomo; più tu lo credi saldo più crolla sotto i tuoi piedi. Tebe distingue bene Emone da Creonte... Vi è chi ad un cenno può toglierti lo scettro rubato. Regna . Io non lo darò, ma trema se a lei...

    Antigone Creonte, ora si... ti imploro : mandami a morte. Potere fatale del mio avverso destino! Alle mie tante sventure e alle mie colpe, mancava solo che io fossi istigatrice dell’ira atroce del figlio contro il padre.

    Emone Ascolta ora me, solo me, Creonte! Non devono muoverti le armi, né il re di Atene, non le preghiere delle donne, né i lamenti della folla. Ora deve scendere, nel tuo cuore duro, la voce terribile di un figlio disperato, a cui tu stesso togli ogni freno. Meglio era che tu non mi avessi mai dato la vita, ma oggi posso farti pentire di un tale dono!

    Creonte Non c’è voce al mondo, che basti ad imporre la legge a Creonte.

    Emone Ma vi è la spada, che può troncare le inique leggi di Creonte.

    Creonte Quale?

    Emone La mia.

    Creonte Infido. Insidi la mia vita. Toglimela, osa! Sovverti il regno! Sono sempre io il padre di costui, che ormai non mi è più figlio? . Non posso , né so punirti. Non so altro che amarti e compiangere il tuo errore. Ora dimmi, che ho fatto che non torni a tuo vantaggio? Ma sordo, ingrato, tu ardisci anteporre alla ragione alta di Stato, ai diritti sacrosanti del sangue, un amore folle, sconsiderato e non gradito.

    Emone Di quali diritti parli? Sei tutto e solo re. Tu non puoi amare tuo figlio; cerchi un sostegno alla tirannia, nient’altro. Io ,nato da te, devo avere per sacro qualche diritto di sangue? Tu mi sei maestro solo in crudeltà. In questo mi fai da guida. Seguo te e, se mi sforzo, ti avanzerò , lo giuro. Vi è una ragione di Stato, come tu la disegni, che giustifica l’ingiustizia palese? Bada che io non ti renda così, l’amore che mostri a me così...Lo sai, costa delitti: al primo ne vengono dietro mille e crescono sempre.

    Antigone Se prosegui oltre, io t’odio già. Prima di amarmi, eri figlio a Creonte; è il primo legame, forte, indissolubile e sacro. Pensa Emone, che io pure sono vittima di un tale vincolo. Sa il Cielo se io t’amo; eppure rifiuto la tua mano, solo per non oltraggiare le ombre invendicate dei miei congiunti. Voglio la morte, perché mio padre infelice non oda una notizia per lui inspiegabile e insopportabile. Sii figlio ossequioso dunque di padre scellerato.

    Creonte Sopporto meglio il suo furore, che non la tua pietà.(alle guardie) Sia allontanata da qui! Il solo suo aspetto travia mio figlio. Nell’ora che ho fissata, Eurimedonte, conducila al campo, per essere sepolta viva.

     

     

     

     

     

    Scena terza

    (Creonte, Emone, guardie)

    Emone Prima dell’ora fissata, avranno notizie di me, al campo.

    Creonte Emone, sarai tornato in te molto prima di quell’ora. Potrei prevenire le tue minacce, ma voglio darti maggiore testimonianza del mio amore, fidarmi di te e della tua virtù di sempre, che non credo spenta .

     

    Scena quarta

    ( Creonte, guardie)

    Creonte Conosco bene il suo carattere : più che ogni legame, lo frenano i sensi di colpa. Gran parte del suo furore impedisce una mia piena fiducia. Forse oggi, offuscato dall’amore, potrebbe ricorrere alla forza, ma non mi è difficile spiare e deviare o fermare i suoi passi. Prima di tutto va tolta la vita ad Antigone; tutto il resto poi: placare Teseo, imporre il silenzio al popolo, riguadagnarmi il figlio, è nulla. Ma che farò di Argia? Guardie portate subito a me Argia! La sua morte non mi è utile; anzi mi giova placare l’ira di Adrasto. Ho già troppi nemici. La voglio mandare a suo padre, in Argo, come un dono inaspettato. A lui arrecherà più gioia e a me diminuirà un po’ la fama di crudele.

    Scena quinta

    ( Creonte, Argia, guardie)

    Creonte Vieni Argia e ascoltami. Ti hanno condotta a Tebe un dolore sincero, l’amore di sposa e un desiderio pio... e credo che... non avresti osato tu sola rompere il mio divieto...

    Argia T’inganni.

    Creonte Ebbene lo avresti rotto ma per pietà, non per dispetto o per schernire il mio potere sovrano; non per sollevare tumulti. Io distinguo la pietà e l’amore, dall’interesse che si copre di loro. Non sono crudele come pensi. Te lo provo lasciandoti libera e salva. Quando venisti, ti accompagnarono le ombre; e le ombre ti riporteranno da tuo padre, in Argo: partirai al tramonto.

    Argia Ad Argo ho già dato l’addio. Le reliquie estreme del mio sposo morto giacciono in Tebe ; rimarrò a Tebe, viva o morta.

    Creonte Non desideri vedere la patria, il padre e il tuo figlioletto?

    Argia Non posso abbandonare le ceneri sacre del mio amato sposo.

    Creonte Eppure voglio soddisfare in ciò i tuoi desideri: Sei venuta per ottenere, con il furto, la sua urna e l’avrai in dono: porta in Argo le ceneri a te care. Vai e innalza al tuo amato sposo, una tomba degna del tuo dolore.

    Argia Se è vera, da dove viene tanta clemenza, , come, perché? Puoi essere tanto diverso da quello di prima , senza fingere?

    Creonte Prima tu mi hai visto acceso d’ira , ma l’ira non mi governa sempre; il tempo e la ragione la spengono.

     

    Argia Il Cielo benigno ti conceda un regno lungo e felice! Sei dunque tornato più mite? Oh quanta gioia, per questo, ne verrà al tuo popolo e a tuo figlio! Hai sentito pietà del nostro caso e finalmente smetti di chiamare delitto la nostra pietà e ci perdoni l’opera, alla quale ci spingevi a forza....

    Creonte Perdono te.

    Argia Non liberi Antigone?

    Creonte Non confondo l’errore di altri con il tuo.

    Argia Oh Cielo, che sento! Ancora segregata, a soffrire.

    Creonte Devi chiedere altro? Affrettati a partire.

    Argia Partire? E lasciare nel pericolo una sorella? Lo speri invano. A me poteva giovare il perdono se era esteso anche a lei , ma lei è reclusa e forse le si prepara la pena più crudele. No, non scioglietemi! Io voglio una pena ancora più crudele.

    Creonte In Tebe comando io , non altri, e ciascuno si piega al mio volere. Hai violato la mia legge; pure ti assolvo. Volevi accendere al marito il rogo funebre e lo hai fatto; portare in Argo le sue ceneri e te le do. Che desideri più ? Devo rendere conto a te del mio operare?

    Argia Prego perché tu le conceda la grazia ed io possa rivederla ancora.

    Creonte Vuoi forse cercare da lei nuovo coraggio che tu non hai? Devi uscire da Tebe prima che faccia notte, per andartene libera in Argo. Se non vuoi andrai a forza.

    Argia Il tuo perdono è duro più di ogni morte. Perché a me sola neghi la morte che dai ad ogni altro? Certo non ti trattiene l’orrore di spargere altro sangue. Sono meno innocente di Antigone. Non merito anch’io il tuo furore?

    Creonte Reputa il tuo partire pena o grazia non mi interessa, purché tu sgombri. Guardie, l’affido a voi. Sull’imbrunire scenda alla porta Emolòida e si tragga fino al confine con Argo. Se si rifiutasse di venire, si trascini. Torni intanto al suo carcere.

    Argia Ascoltami... Abbi pietà...

    Creonte Esci.

    Scena sesta

    (Creonte)

    Devo trovare tutti ribelli al mio comando, che sia pietoso o crudele? Ma... obbediranno tutti.

    ATTO QUINTO

    Scena prima

    (Antigone tra guardie)

    Su affrettatevi, andiamo; non conviene un passo così lento a chi è giunto alla meta, al fine sospirato... potreste impietosirvi di me! andiamo. (Ad una guardia) Ti leggo in volto l’intenzione di dare la morte, eppure non mi intimorisci. Mi rammarico solo per Argia. Chi fra voi sa il suo destino? (dite!) Nessuno? Misera Argia piango solo per te. Si vada.

    Scena seconda

    (Antigone, Argia tra guardie)

    Argia Dunque, mi scacciate da Tebe? E’ vero che porto con me quest’urna, principio e fine di ogni mio desiderio, ma neppure un ultimo addio, alla mia fedele compagna!

    Antigone Chi è che si lamenta?

    Argia Oh, Cielo! Chi vedo?

    Antigone Argia!

    Argia Sorella...Oh, me felice! Dolce incontro! Ma...hai le mani in catene!

    Antigone Oh dimmi subito dove ti portano?

    Argia In Argo, dal padre, a forza.

    Antigone Respiro.

    Argia Creonte mi ritiene così vile che mi vuole salva. Ma tu...

    Antigone Se vi è in voi, guardie, appena l’ombra della pietà, concedeteci un momento per parlare. Vieni, Argia, abbracciami tu, non ti posso stringere al mio petto; queste catene me lo impediscono. Oh, vieni , stringimi! Ma che vedo? Cosa stringi al seno con tanta cura gelosa? Un’urna? Oh, Cielo! Le ceneri di mio fratello, tanto funeste e preziose. Oh, accosta quest’urna sacra alla mie labbra.(con l’urna al viso) Mi è concesso bagnarti con le mie calde lacrime, prima di morire! Non speravo tanto, fratello. Ecco l’ultimo mio pianto, lo dovevo a te. Oh Argia, è un gran dono. Creonte, per questo, è stato con te assai magnanimo, devi essere lieta Torna subito in Argo , porta quest’urna a tuo padre desolato... e vivi , vivi per il figlio e per lacrimare su di essa e... per ricordare, fra i tuoi pianti, Antigone.

    Argia Mi strappi il cuore... la mia voce... rotta dai sospiri... Io viva, mentre tu a morire...

    Antigone Io vado a una morte orribile. Il campo, dove la scorsa notte siamo state pietose all’opera , ora deve essere la mia tomba. Creonte mi vuole là, sepolta viva.

    Argia Ah, scellerato!

    Antigone Sceglie la notte per fare questo perché teme il popolo. Frena il pianto, va, lasciami! Avranno così la loro fine, in me, i figli di Edipo. Non me ne dolgo ! Bastasse almeno la mia lunga morte, ad espiare i tanti orribili delitti della mia stirpe!

    Argia Voglio dividere con te la condanna, il supplizio. Il tuo coraggio raddoppia il mio. Si ridurrà in parte la tua pena.

    Antigone Non dirlo, sarebbe mille volte più pesante.

    Argia Morendo insieme, potremmo almeno pronunciare il nome di Polinice, esortarci e... piangere.

    Antigone Taci, basta col piangere... Che prova do del mio coraggio , se non freno più il pianto?

    Argia Oh, lasciami! Non posso salvarti? Oh Cielo! Né morire con te?

    Antigone Vivi. Non sei figlia di Edipo. Non ami, come me, il figlio di chi ha ucciso e dissolto la mia famiglia. Ecco la mia colpa, la devo espiare da sola. Ah, Emone , tutto io sento : l’amore che ti porto, sento tutto il dolore, in cui ti lascio. Conducetemi a morte! Addio, sorella... addio.

    Scena terza

    ( Creonte Antigone, Argia ,guardie)

    Creonte Che aspetta? Ancora non è giunta al campo? Oh, che vedo? Argia è con lei. Chi è stato? Chi le ha messe insieme? Chi di voi mi ha tradito?

    Antigone Qualcuno dei tuoi ,meno crudele di te, ha concesso brevi momenti. Non ti irritare Creonte, ci siamo incontrate qui per caso; io corro al campo a morire. Hai fatto un’opera pietosa e giusta, risparmiando la vita ad Argia.

    Argia Creonte, lasciami con lei...

    Antigone Prima che in lui finisca la pietà, fuggi!

    Creonte Prima di tutto, Argia al suo destino...

    Argia Crudele! Mi vuoi allontanare...

    Antigone Dammi l’ultimo abbraccio!

    Creonte Staccatele a forza, strappatela, trascinatela! Obbedite subito, lo voglio!. Andate.

    Argia Oh, Cielo! Non ti vedrò mai più!

    Antigone Addio... per sempre...

    Scena quarta

    ( Creonte, Antigone, Guardie)

    Creonte Fatela scendere al campo da quest’altra parte... Ma no. Riportatela là, dove è partita. Entrate! Ascolta, Ipsèo.

    Scena quinta

    ( Creonte)

    Così spero di togliere ogni pretesto ai malcontenti. Ho pensato bene : non doveva cambiare che così; così ho salvato tutto , in un tempo. I lamenti del popolo nascono dall’impazienza naturale, ma spesso, si ammantano di pietà. Vera o finta, la pietà della plebe è da temersi sempre, tanto più che se ne fa istigatore mio figlio. Purtroppo è vero! Per ingannare la sua natura mortale, chi regna crede invano, o finge di credere, che il potere del Re sia sovrumano; invece sta nel volere di chi obbedisce. Ma una guida esperta non si lascia sorprendere: Basta un colpo per abbattere gli idoli della folla , la sua forza indomabile e inconsapevole e la speranza nella rivolta. Ma che è questo frastuono? Quel bagliore delle armi? Che vedo..., Emone armato? Contro me? Ben venga; viene in tempo.

     

     

    Scena sesta

    (Creonte, Emone, seguaci d’Emone)

    Creonte Che fai figlio?

    Emone Che figlio? Non ho padre. Vengo a distruggere le leggi scellerate di un tiranno. Ma non temere per te stesso: perché non vengo a punire i tuoi misfatti. Spetta agli Dei. Ho sguainata la spada per risparmiare a Tebe nuovi delitti.

    Creonte Tu, in armi contro tuo padre, contro il tuo Re? Certo trascinare il popolo alla ribellione, è un mezzo nuovo per risparmiare i delitti.. Ah, figlio cieco e ingrato! Pur caro al padre, tuo malgrado! Ma dimmi cosa cerchi? Lo scettro anzitempo?

    Emone Regna, prolunga i tuoi giorni. Non voglio nulla del tuo; chiedo e voglio il mio, e saprò strappartelo con questi miei (riferito ai seguaci), con questo mio braccio, a forza. Voglio toglierti dalle mani Antigone e Argia.

    Creonte Straparli! E’ una pretesa erronea e folle! Tu osi impugnare la spada, perfido, contro il genitore, per togliere le catene a chi è già libero! Argia è libera e sta tornando in Argo. La mando in dono al padre. Come vedi, la tua terribile spada finora non si è mossa, per ottenere questo.

    Emone Che destino ha avuto, Antigone?

    Creonte Anche lei è stata tolta dallo squallore del suo carcere orrendo.

    Emone Dov’è? Voglio vederla!

    Creonte Non desideri altro?

    Emone Questo sta in me solo!. Che te lo chiedo a fare? In questa reggia (benché non mia), anche per brevi istanti, posso e voglio fare legge. Andiamo, coraggiosi guerrieri, andiamo , togliamo la principessa ad un potere iniquo, al quale Tebe deve solo pene.

    Creonte I tuoi guerrieri sono inutili , per questo basti tu solo; e chi oserà, a te, vietare il passo? Entra, vai, prendi chi vuoi. Io , padre offeso, ti aspetto qui docile, tra i tuoi forti, finché (ironico) il prode liberatore ne esca, e tronfi.

    Emone Tu forse scherzi, ma io faccio sul serio. Guarda, guarda bene se basto io, a tanto.

    Creonte Vai, vai! Non basti ad atterrire Creonte. (Creonte apre la scena e si vede il corpo di Antigone)

    Emone Che vedo? Oh, Cielo! Antigone...dissanguata! Tiranno infame, ... a me questo colpo?

    Creonte Io abbasso così l’orgoglio. Faccio così rispettare le mie leggi e ravvedersi mio figlio!

    Emone Ravvedermi? Ah , purtroppo sono figlio a te... Così non fosse... A te la mia spada (Si avventa sul padre, ma istantaneamente ritorce la spada contro sé stesso e rimane trafitto). Io... muoio...

    Creonte Figlio, Che hai fatto?

    Emone Senti ora pietà di me. E’ tardi!...Crudele, portala altrove... lasciami, non angustiare la mia morte . Ecco ti rendo il tuo sangue; era meglio non avermelo dato mai.

    Creonte Figlio, il Cielo ne fa fede! Non avrei mai creduto che un amore folle ti avrebbe spinto contro te stesso...

    Emone Vai! Smettila... Non farmi finire i miei giorni, fra imprecazioni orrende e disperate... Io... ti sono stato figlio in vita... Tu... non mi sei stato padre...

    Creonte Oh, figlio!...

    Emone Ti lascio nel dolore e fra i rimorsi. Amici , un ultimo ordine... Il mio corpo... portatelo... al fianco di Antigone. Là.... Voglio esalare l’ultimo ... mio...spirito... vitale...

    Creonte Oh, figlio... Troppo amato!... Ti devo abbandonare? E rimanere cieco per sempre?...

    Emone Creonte! O lascia.. mi... morire... vicino a lei...o immergi... la spada un’altra volta...(viene trascinato dai suoi seguaci verso il corpo di Antigone)

    Creonte Oh, figlio!... (Si copre il volto e rimane immobile, finché Emone è quasi fuori dalla vista degli spettatori).

    Scena settima

    (Coro)

    Oh, tremendo castigo di sangue dello sdegno celeste...

    Alfine arrivi. Creonte ti riconosce e... trema.

     

     

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