Comune di Roma - Equipe Cooperativa Sociale a.r.l.

TUTTE LE STRADE
PORTANO A ROMA


PRESENTAZIONE


« Omnes viae Romam ducunt »

Circolo Ufficiali della Marina Militare «Caio Duilio»
Roma, 7 ottobre 2010


PRESENTAZIONE DEI:

  

SOMMARIO INTRODUZIONE M E D I A INDICE home

CAPITOLI I - II

di Silvia Spito

Capitolo I - LA CITTÀ ETERNA

Partendo da una breve riflessione sui luoghi comuni che interessano gli abitanti delle regioni italiane, ci accorgiamo che: parlando dei Siciliani, la prima cosa che ci balza alla mente è la loro impetuosa gelosia, pensando agli Abruzzesi associamo immediatamente la testardaggine, mentre per quanto riguarda i Romani, non possiamo fare a meno di immaginare il classico spaccone, fiero della propria città e della sua storia.

In un certo senso la spiegazione di tale attitudine potrebbe risiedere nelle origini di Roma, la città infatti si era sviluppata in seguito alla fusione dei villaggi presenti nella zona, origini pertanto ben poco eccezionali. I Romani consci del prestigio e della grandezza raggiunti dalla propria città che nel tempo era diventata un impero che comprendeva gran parte del mondo allora conosciuto, sentirono l'esigenza di donare a Roma, natali mitici e all'altezza dei fasti raggiunti! Così nacque la leggenda su Roma, fondata il 21 aprile del 753 a.C. da Romolo e Remo, i due gemelli salvati e allattati dalla lupa, figli di Rea Silvia e del dio Marte e discendenti dell'eroe troiano Enea, dunque non solo semi-dei ma anche legati alla civiltà ellenistica, fonte di ammirazione e di una certa invidia da parte dei Romani.

Roma, attraversando diverse fasi istituzionali – nacque infatti come monarchia, per poi alla fase repubblicana ed arrivare alla sua massima espansione con l’impero – conquistò terre e popoli dalle tradizioni più disparate. Ed è proprio legato a ciò, uno degli aspetti più significativi di questa grandiosa civiltà, ossia la sua apertura verso l’esterno, verso le sue province e i popoli che ne hanno fatto parte con il loro bagaglio culturale e le loro tradizioni. I Romani non si sono chiusi nel loro mondo ma attraverso specifiche politiche hanno permesso un continuo e produttivo scambio con i popoli incontrati nel corso della loro espansione. Hanno fatto propri alcuni elementi ma allo stesso tempo hanno esportato le loro conoscenze in tutto l'impero, dotandolo di magnifiche strutture per l’intrattenimento come teatri e circhi ma anche di terme, acquedotti, ponti e naturalmente strade. Prima di loro, nessun’altra civiltà della storia aveva capito la fondamentale funzione che le strade potevano avere sia a livello strategico sia a livello commerciale e culturale, come veicolo di tradizioni e strumento di civilizzazione.

Diversi scrittori hanno sottolineato l’attenzione dei Romani verso la costruzione di opere di pubblica utilità, aspetto tralasciato per esempio dai Greci, che parafrasando Frontino, furono artefici di opere tanto celebrate quanto inutili, pensiamo anche alla civiltà egizia, rea, secondo Plinio il Vecchio di un’ “inutile e stupida ostentazione delle piramidi”!!!


Capitolo II - LE STRADE DI ROMA

Le strade, straordinarie opere, giunte fino a noi, erano costruite seguendo specifici criteri: innanzitutto erano caratterizzate da una forma a botte, il centro era infatti più alto dei lati, ciò per consentire il deflusso delle acque; inoltre dovevano rispondere ai tre criteri di Vitruvio:

Le vie romane più celebri sono senz’altro le consolari, che spesso prendevano il proprio nome dal censore che ne aveva voluto la costruzione, come nel caso della via Appia o della via Flaminia, altre volte era la funzione che rivestivano a determinare la scelta del nome, come nel caso della via Salaria, legata al traffico e al commercio del sale.

La prima strada extraurbana costruita in stile romano, fu la via Appia, nel 312 a.C., che grazie alla sua bellezza si guadagnò l’epiteto di Regina Viarum, l’Appia è considerata un monumento vivente grazie alla ricchezza di templi, sepolcri, catacombe e ville che si trovano lungo il suo percorso. Essa guidò l’espansione dei Romani in tutto il mezzogiorno, terminava a Brindisi, dove salpavano navi per la Grecia e l’Oriente; la strada aveva dunque una certa importanza in relazione ai commerci e ai viaggi. A Brindisi, due colonne di marmo indicavano il limite estremo della via: qui vi era l’uso di bere alla salute dei viaggiatori che si imbarcavano, da tale cerimonia deriva il nostro “fare un brindisi” e il nome stesso della città.

In tutt’altra direzione si sviluppava invece la via Flaminia, che da Roma raggiungeva il nord-est della penisola e precisamente Rimini. Anticamente essa partiva dall’odierna piazza Venezia e comprendeva via del Corso; Papi e signori vi costruirono ville e vigne; la strada aveva quel sapore agreste della passeggiata fuori porta.

Un’altra importante consolare era la via Aurelia, che aveva la fondamentale funzione di collegare l’Urbe alle colonie della costa tirrenica. Un tempo era conosciuta come via Tira Diavoli, probabilmente per l’abbondante presenza nel luogo di memorie di martiri cristiani che facevano sì che i diavoli venissero “tirati via”!



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CAPITOLI III - IV

di Domenico Carro

Capitolo III - LE ROTTE DI ROMA

Allargando la visuale dall’Italia all’intero Impero, vediamo che la rete stradale romana era estesa a tutte le province, ramificata in modo capillare, ma inevitabilmente spezzata e divaricata dall'ampio bacino del mare Mediterraneo, sulle cui coste le strade sembrano interrompersi.

La conoscenza del sistema viario romano sarebbe quindi incompleta se non si tenesse conto della sua indispensabile prosecuzione in mare, lungo la fitta rete delle rotte navali. Le stesse rotte costituivano peraltro la normale via di comunicazione per la quasi totalità dei prodotti che pervenivano a Roma.

Questa rete dimostra lo straordinario sviluppo raggiunto dalla navigazione in epoca imperiale, a livelli che fino allora sarebbero stati impensabili e che rimasero poi insuperati fino all’epoca moderna, quando venne introdotta la propulsione a vapore.
Ma qui molti incontrano una difficoltà psicologica a superare questo apparente paradosso: il fervore di attività marinare in un mondo dominato dai Romani, spesso considerati dei terricoli inveterati, per il loro retaggio agreste, da pastori e contadini.
E’ vero che gli stessi Romani manifestavano talvolta una certa nostalgia di maniera per la tranquillità bucolica della mitica età dell'oro. Ma non bisogna confondere la poesia con la realtà.
I Romani erano dei sicuri conoscitori del mare in tutti i suoi aspetti … incluso quello gastronomico: anche se amavano il sapore forte e casereccio del pecorino romano, essi furono anche fra i più raffinati ed esigenti estimatori dei pesci più pregiati. D’altronde le navi furono sempre presenti a Roma, fin dalle più remote origini. In effetti va ricordato che Roma nacque “con i piedi nel Tevere”, visto che il fiume lambiva le pendici del Palatino e del Campidoglio formando un ancoraggio naturale per i mezzi navali di cui vi era bisogno: traghetti e navi marittime.

I Tarquini bonificarono i due Velabri, ma lasciarono l’ampia insenatura del Porto Tiberino (ricostruzione tratta da Filippo Coarelli), dominata dal Tempio di Portuno. In epoca repubblicana il porto fluviale della città si estese progressivamente a valle fino alle banchine dell'Emporio. Roma, quindi, fu sempre in collegamento diretto con il mare attaverso il Tevere, alla cui foce c’era il porto marittimo di Ostia, la prima ed antichissima colonia di Roma. Al fiume, apportatore di quanto occorreva per il sostentamento di Roma, venne pertanto riconosciuta un’essenza divina.

Lo sviluppo della navigazione, necessaria per la sopravvivenza dell’Urbe, fu reso possibile dall'affermazione e dalla crescita del potere marittimo di Roma, che, mediante la condotta di una lunga serie di operazioni navali, sempre vittoriose, contro le maggiori potenze navali del Mediterraneo, consentì a Roma quella straordinaria espansione che i Romani stessi chiamarono “transmarina”.
Bisogna ben capire che nessuna forza umana avrebbe mai potuto conquistare e mantenere per molti secoli un impero dispiegato su tutte le sponde del Mediterraneo se non avesse preventivamente acquisito e costantemente riconfermato il proprio assoluto dominio del mare. E’ proprio quello che fecero i Romani, imponendosi con le loro flotte su tutte le più agguerrite ed esperte forze navali che operarono contro di loro.

La pace venne infine stabilita sulla terra e sui mari da Augusto, che per preservare la stabilità istituì le flotte imperiali permanenti. Da quel momento le flotte furono impiegate sia per le operazioni militari necessarie ai confini, sia per assicurare, con la loro presenza e vigilanza, la tutela della legalità e della sicurezza nei mari dell’Impero.

I primi Cesari, inoltre, adottarono numerosi provvedimenti per incentivare la navigazione: costruzioni navali, opere marittime (porti, fari, canali), tutela giuridica ed agevolazioni fiscali.

Le favorevoli condizioni assicurate agli armatori e la ricerca di nuove opportunità di commercio favorirono un’eccezionale intensificazione dei traffici marittimi interni e l’estensione delle rotte fino ai limiti del mondo conosciuto, e talvolta anche oltre.

Fin da quando le flotte di Giulio Cesare posero le acque dell’Oceano sotto il dominio di Roma, i mercantili romani iniziarono a commerciare regolarmente lungo le coste della Manica e del Mare del Nord, fino alle isole Frisone, ove acquistavano l’ambra. Le esplorazioni successivamente condotte più a nord dalla flotta di Augusto li hanno poi incoraggiati ad entrare nel Mar Baltico, ove trovarono che gli Estii vendevano l’ambra a minor prezzo. Ancora più a settentrione navigò la flotta romana di Giulio Agricola, flotta che per prima effettuò il periplo della Britannia; non solo, ma nella sua rotta verso nord si spinse molto al di là delle Orcadi e delle Shetland, giungendo ad avvistare la misteriosa Tule. Questa isola sarebbe poi stata anche visitata ogni tanto dalle navi romane, secondo quanto lo storico Procopio apprese da un testimone diretto.

L’annessione dell’Egitto da parte di Augusto aprì al commercio navale romano il Mar Rosso e l’Oceano Indiano. Dopo essere passati dal Mediterraneo al Mar Rosso (risalendo il Nilo e percorrendo il canale, o attraversando il deserto) le navi raggiungevano l’Arabia Felice, per poi dirigersi verso l’India: prima lo fecero su rotte costiere per raggiungere l’Indo, poi su rotta d’altura diretta ai porti meridionali della penisola. Sotto il principato di Claudio stabilirono rapporti commerciali con Taprobane. Sotto i Flavi avevano già raggiunto il Gange. Sotto gli Antonini entravano anche nel Mare Cinese Meridionale e si spingevano occasionalmente fino alla Serica, meta anche di un’ambasceria ufficiale inviata da Marco Aurelio.

Tutte queste navi che si inoltravano così lontano, ben oltre i confini dell’Impero, ritornavano ovviamente nel Mediterraneo; ed in tale bacino la maggior parte del traffico seguiva i grandi fasci di rotte che portavano a Roma. I comandanti dirigevano verso l’alto faro che, eretto su di un’isola artificiale creata davanti all’imboccatura del porto imperiale, aveva surclassato il celebre faro di Alessandria poiché indicava ai naviganti la rotta verso quello che era, per tutti, il centro del mondo. Eccolo, in una ricostruzione pittorica seicentesca, il grande complesso portuale chiamato Porto Augusto o semplicemente Porto: iniziato da Claudio, inaugurato da Nerone e completato da Traiano. Collocato sul sito dell’odierno aeroporto intercontinentale Leonardo da Vinci, costituiva il punto d’arrivo di tutte le principali rotte marittime, tanto che il detto sulle strade che portano a Roma risulta del tutto valido proprio nel campo navale.
Ne abbiamo una testimonianza diretta da un retore del II secolo, colpito dall’enorme numero di navi che giungevano nelle acque di Roma.


Capitolo IV - GLI AEROPORTI DI ROMA

Posizionati intorno alla città di Roma, tutti a contatto o in stretta vicinanza delle antiche strade romane.

Idroscalo di Vigna di Valle (1908)

L’installazione nacque come aeroscalo per dirigibili. Qui furono collaudati, nel 1923, due dirigibili progettati dal col. Umberto Nobile (il primo, ceduto ai Norvegesi per la spedizone di Amundsen). Dal 1928, dopo la perdita del dirigibile “Italia”, la componente dirigibilista fu abolita.
Continuarono comunque le funzioni dell’idroscalo per gli idrovolanti.

Aeroporto di Centocelle, culla dell’aviazione italiana (1909)

Nel 1909 venne invitato a Roma uno dei due fratelli Wright (Wilbur, primo volo nel 1903, notizia giunta in Europa nel 1905), il quale, per 50.000 lire (circa 100.000 Euro), s’impegnò a cedere il proprio velivolo e ad istruire uno o due piloti, ad iniziare dal Sottotenente di Vascello Mario Calderara, l'unico in Italia ad avere già volato.

Mario Calderara

Breve parentesi personale sulla fascinosa figura di questo pioniere dell’aviazione:
- 1901: esce dall'Accademia Navale di Livorno con il grado di Guardiamarina;
- 1903-04: in proprio, effettua i primi esperimenti con degli alianti primitivi;
- 1907: autorizzato dal Ministero della Marina, costruisce e sperimenta un idroveleggiatore al traino, superando i 15 m di quota a rimorchio del Cacciatorpediniere Lanciere;
- 1908-09: in Francia, finanziato dal facoltoso Monsieur Goupy, costruisce e collauda in volo, con successo, il primo biplano ad elica traente (anziché spingente) il “Calderara Goupy”;
- 1909: acquisisce il brevetto n°1 in Italia e diventa così il primo pilota militare nel mondo;
- 1911-12: nell'ambito della Marina, costruisce e collauda a La Spezia il primo idrovolante funzionante, il più grande velivolo del mondo in quell’epoca (volò trasportando 3 passeggeri);
- 1917-19: istruisce i piloti della US Navy sul lago di Bolsena.

Nel 1920, dal campo di Centocelle (divenuto - da 1910 - sede della scuola di volo militare) decollarono verso oriente 11 velivoli, di cui due giunsero felicemente a Tokio, a conclusione di un epico volo.

Aeroporto di Ciampino (1914)

L’aeroporto di Ciampino nacque come cantiere per dirigibili. Fin dall’inizio la Regia Marina ne richiese l’utilizzo per ospitare i dirigibili destinati alla difesa del traffico nel Tirreno.
Nel 1924, con l’avvento dell’Aeronautica, fu allestito un nuovo campo sul terreno contiguo (Ciampino Sud) destinato ai reparti da caccia.
Nel 1930 a Ciampino effettuò il primo volo verticale una nuova macchina volante: l’elicottero progettato dal geniale ing. Corradino D’Ascanio.

Aeroporto di Guidonia - Montecelio (1918)

Fra gli eventi memorabili legati a questo aeroporto, vi fu, nel 1928, il decollo del monoplano terrestre che effettuò il volo senza scalo dall’Italia al Brasile battendo i primati mondiali di durata e distanza.
Qui vediamo alcuni degli impianti realizzati negli anni 30: galleria del vento e una vasca idrodinamica, lunga 500 metri, per studiare le caratteristiche degli idrovolanti.

Idroscalo di Ostia Lido (1926)

L’idroscalo di Ostia venne allestito per poter disporre, in vicinanza di Roma, di uno scalo utilizzabile dagli idrovolanti, che venivano impiegati sempre più intensivamente dall’aviazione civile.
Qui ammararono anche gli idrovolanti della Trasvolata Aerea del 1933 (Crociera del Decennale), accolti, al ritorno dagli Stati Uniti, dalle autorità e dalla folla festante.

Aeroporto del Littorio - Urbe (1928)

Questo fu uno dei primi grandi aeroporti italiani, dal traffico molto inteso. Fu anche sede dei raduni della Giornata dell’Aria, durante i quali veniva presentato “il meglio” del progresso aeronautico.
Nel dopoguerra, ribattezzato “Urbe”, declinò progressivamente.
Negli anni ’80 vi fu attivo il Laboratorio Spaziale diretto dal Generale Luigi Broglio, noto come il Von Braun italiano poiché negli anni 60 aveva consentito all’Italia di arrivare per terza nello spazio (dopo le due superpotenze).

Idroaeroporto della Magliana (1937)

L’esigenza di avere uno scalo aereo civile a breve distanza dalla E42 suggerì la scelta della località della Magliana. Il primo progetto prevedeva un idroscalo di forma circolare ed un’area triangolare per le piste aeroportuali.
I lavori iniziarono nel 1937, ma furono rallentati da una eccezionale piena del Tevere e poi dalle più pressanti priorità belliche. Nel dopoguerra il progetto risultò non più rispondente, poiché gli idroscali non erano più necessari, mentre gli aeroporti avevano bisogno di piste molto più lunghe.

Aeroporto di Fiumicino (1960)

L’aeroporto intercontinentale Leonardo da Vinci, il più grande e moderno aeroporto d’Italia, venne inaugurato nel 1960, nell’imminenza dei primi giochi olimpici di Roma.
Questo era l’aspetto nei primi anni. L’aeroporto attuale lo conosciamo tutti e vediamo bene quanto si sia sviluppato e quanti ulteriori ampliamenti e potenziamenti sono tuttora previsti.

Al termine di questa veloce passeggiata nella storia, per mare e nei cieli, siamo dunque ritornati nell’area dell’antico porto imperiale di Roma, e cioè al termine di un’antica strada romana: la Via Portuense. Cedo quindi la parola per far completare la presentazione sulle vie consolari.



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CAPITOLI V - VII

di Gennaro Barretta

Capitolo V - I GRANDI FATTI COLLEGATI ALLE VIE CONSOLARI


Capitolo VI - FEDE, CULTURA E SPETTACOLO SULLE VIE CONSOLARI


Capitolo VII - ROMA E LE SUE STRADE AL GIORNO D’OGGI



  

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