La rocca di Canne

una ricerca dell'Ing. Giuseppe De Marco

GLI INDIZI DELLE FONTI LETTERARIE

Cronologia degli eventi

Nel libro III delle Storie, Polibio detta una cronologia che, dal giorno di partenza dai campi di Geronium fino al giorno della battaglia di Canne, risulta senza soluzione di continuità; l'esercito romano infatti non si mosse dalla collina di Calena se non dopo l'arrivo dei due consoli, ciò per un preciso ordine del Senato a Gneo Servilio (Polibio III-107: Il senato decise allora che si combattesse e si attaccassero i Cartaginesi: ordinò pure a Gneo di attendere ancora ed inviò sul posto i consoli) il quale, oltre alla difesa dell'accampamento, non aveva alcuna autorità per intraprendere simili iniziative; poi, dice Polibio:

1° giorno - 27 luglio 216 a.C.

POLIBIO III,110: L'indomani i consoli tolsero il campo e mossero con le truppe verso la località dove, secondo le loro informazioni, si trovavano gli avversari.

I Romani partono da Geronium verso la località dove si trovavano i Cartaginesi.

 

2° giorno - 28 luglio 216 a.C.- comando: Lucio

POLIBIO III,110: Giunti il secondo giorno in vista dei nemici, si accamparono alla distanza di circa cinquanta stadi dalle loro posizioni. Lucio dunque, vedendo che tutti i luoghi all'intorno erano piani e spogli d'alberi, era del parere che non si dovesse ingaggiare battaglia, poiché i nemici erano superiori nella cavalleria, ma che fosse più opportuno procedere e attirarli verso una località dove il peso del combattimento fosse affidato alle forze di fanteria. Poiché Caio, nella sua inesperienza, era di parere contrario, fra i consoli cosa fra tutte pericolosissima vi era dissenso e malumore.

I Romani, dopo un giorno di marcia, costruiscono un accampamento alla distanza di 50 stadi (ca. 9.242,5 metri) dalla località dove si trovavano i Cartaginesi.

 

3° giorno - 29 luglio 216 a.C. - comando: Caio

POLIBIO III,110: Secondo l'usanza, i consoli assumevano il comando un giorno ciascuno: toccando il comando a Caio per la giornata successiva, egli ordinò di togliere il campo e di avanzare, volendo avvicinarsi ai nemici, benché Lucio cercasse con tutti gli argomenti di trattenerlo. Annibale, presi con sé i soldati armati alla leggera e i cavalieri, si fece innanzi, e attaccatili all'improvviso quando ancora erano in marcia, ingaggiò il combattimento e provocò fra i Romani non poco scompiglio. I Romani sostennero tuttavia il primo assalto, opponendo una parte della fanteria pesante: fatti uscire quindi gli astati e i cavalieri, riuscirono superiori nel complesso della battaglia, perché i Cartaginesi non disponevano di grande forze di copertura, mentre con i Romani, mescolati alle forze armate alla leggera, combattevano anche alcuni manipoli delle legioni. Per allora dunque, sopraggiunta la notte, i due avversari si separarono: per i Cartaginesi l'attacco non aveva avuto l'esito sperato.

I Romani tolgono il campo per ordine di Caio e avanzano verso i Cartaginesi, ma vengono attaccati da Annibale mentre sono in marcia. Al sopraggiungere della notte gli avversari si separano.

 

4° giorno - 30 luglio 216 a.C. - comando: Lucio

POLIBIO III,110: Il giorno successivo Lucio, non giudicando opportuno combattere, né potendo ancora ritirarsi con l'esercito senza pericolo, fece accampare due terzi delle sue forze presso il fiume chiamato Aufìdo, l'unico che attraversi l'Appennino: (è questa la catena montuosa che segna lo spartiacque fra i fiumi d'Italia che sfociano nel mar Tirreno e quelli che sfociano nell'Adriatico; varcando con il suo corso l'Appennino, l'Aufido ha la sorgente nel versante dell'Italia rivolto al Tirreno, e sbocca invece nell'Adriatico); con la terza parte dei soldati pose il campo al di là del fiume  a levante del guado, alla distanza di circa dieci stadi dai suoi alloggiamenti e di poco più da quelli degli avversari, intendendo così proteggere i soldati dell'altro campo che foraggiavano e minacciare invece i Cartaginesi.

I Romani, per ordine di Lucio, costruiscono due accampamenti presso il fiume Aufido: il maggiore, con 2/3 delle forze, su una riva del fiume, e il minore, con 1/3 delle forze, sull'altra riva a levante del guado.

 

POLIBIO III,110: Nello stesso tempo Annibale, che vedeva come la situazione invitasse all'immediato combattimento con i nemici, per timore che i suoi soldati fossero scoraggiati per la precedente sconfitta, pensò che le circostanze richiedessero parole di esortazione e fece riunire le truppe. Quando furono raccolte, le invitò a rivolgere lo sguardo ai luoghi circostanti e domandò loro qual più grande favore, se ne avessero avuto la facoltà, avrebbero potuto chiedere agli dei nelle condizioni presenti, che di venire a battaglia decisiva in siffatta località, essendo di gran lunga superiori al nemici nella cavalleria. Avendo tutti approvato le sue parole, data la loro evidenza, così continuò: "Di questo siate soprattutto grati agli dei; per preparare la nostra vittoria, infatti, essi hanno condotto i nemici in questa posizione; secondariamente ringraziatene me, che ho costretti gli avversari ad accettare battaglia - ormai non possono più sfuggire - proprio su di un terreno evidentemente favorevole a noi. Non mi sembra affatto il caso di esortarvi ora con molte parole ad essere arditi e coraggiosi di fronte al pericolo. Quando eravate inesperti della lotta contro i Romani bisognava farlo, e io spesi a questo scopo molte parole e ricorsi ad esempi: ma ora che in tre successive battaglie di tanta importanza avete vinto indiscutibilmente i Romani, quale discorso vi potrebbe dare coraggio in modo più efficace dei fatti stessi? Mediante le precedenti battaglie avete conquistato le campagne e i beni che se ne ricavano secondo le mie promesse, né mai una parola fra quante vi ho dette, apparve menzognera: la lotta attuale verte intorno al possesso delle città e dei beni in esse contenuti. Se in questa riuscirete vincitori, vi troverete immediatamente padroni di tutta l'Italia e, liberi dai presenti travagli, verrete in possesso di tutta la ricchezza dei Romani e vi troverete signori assoluti del mondo intero. Non occorrono dunque più parole, ma fatti: se gli dei mi aiuteranno, spero di confermare al più presto coi fatti le mie promesse". Queste e simili cose egli disse, poi, fra le fervide acclamazioni delle truppe, lodò il loro entusiasmo e se ne compiacque; quindi le congedò e subito pose il campo, facendo costruire la trincea lungo la stessa riva del fiume dove era il campo maggiore dei nemici.

Discorso di Annibale ai propri soldati.

Costruzione del campo cartaginese protetto da una trincea lungo la stessa riva del campo maggiore romano.

 

5° giorno - 31 luglio 216 a.C. - comando: Caio

POLIBIO III,112: L'indomani diede a tutti l'ordine di aver cura di sé e di prepararsi;

Nessun evento particolare.

 

6° giorno - 1° agosto 216 a.C. - comando: Lucio

POLIBIO III,112: il giorno successivo schierò l'esercito lungo il fiume, ed era evidente la sua impazienza di venire a battaglia. Lucio trovava sfavorevole il terreno e vedendo che i Cartaginesi sarebbero presto stati costretti a trasferire gli alloggiamenti per procurarsi i viveri, se ne stava tranquillo, rinforzando la guardia dei due campi. Annibale, dopo aver aspettato un poco, poiché nessuno gli si opponeva, ritirò di nuovo nell'accampamento il resto delle sue forze, inviò invece i Numidi contro i Romani che uscivano dal campo minore per rifornirsi d'acqua. I Numidi si spinsero proprio fin presso la trincea e impedivano i rifornimenti. Caio si irritò ancor, più per questo incidente, mentre i soldati fremevano per desiderio di combattere e sopportavano malvolentieri gli indugi. Gravosissimo è infatti per tutti gli uomini il tempo dell'attesa: invece, una volta che si sia stabilito un piano, bisogna resistere, per quanto appaia duro tutto ciò che si deve sopportare. Quando a Roma giunse la notizia che i due eserciti erano di fronte e che quotidianamente avvenivano scontri di avanguardie, tutta la città era sospesa e piena d'ansia; il popolo era timoroso dell'avvenire, perché già più volte aveva subito sconfitte, e d'altra parte anticipava con l'immaginazione le conseguenze di una rotta totale. I responsi degli oracoli correvano sulla bocca di tutti, ogni tempio, ogni casa era piena di prodigi e segni divini; invocazioni, sacrifici, suppliche agli dei, preghiere si levavano per tutta la città. Infatti nei momenti critici i Romani sono scrupolosi nell'accattivarsi gli dei e gli uomini e nulla giudicano sconveniente od ignobile di quanto compiono in tali circostanze.

Annibale schiera il proprio esercito lungo il fiume invitando i Romani alla battaglia, i quali sotto il comando di Lucio non gli si oppongono. Si può dedurre, dalla mancanza di notizie relative all'attraversamento del fiume, che tale 1° schieramento di Annibale è avvenuto sulla stessa riva dell'accampamento cartaginese e di quello maggiore romano.

Annibale ritira le sue forze e invia i Numidi contro i Romani del campo minore per impedire i rifornimenti d'acqua.

 

7° giorno - 2 agosto 216 a.C. - comando: Caio

POLIBIO III,113: Il giorno seguente  Gneo assunse il comando e non appena cominciò ad albeggiare, condusse fuori le sue forze contemporaneamente dai due accampamenti. Fece attraversare il fiume e schierare subito dall'altra parte gli uomini dell'accampamento maggiore, poi congiunse con questi e ordinò nella stessa linea quelli dell'altro in modo che tutta la fronte fosse rivolta verso mezzogiorno. Schierò quindi i cavalieri romani lungo il fiume nell'ala destra, di seguito a questi, sulla stessa linea, la fanteria, disponendo i manipoli più fitti del solito e facendoli molto più profondi che larghi: oppose all'ala sinistra i cavalieri degli alleati; in avanguardia, a una certa distanza, schierò le forze armate alla leggera. Compresi gli alleati, vi erano in tutto ottantamila fanti e poco più di seimila cavalieri. Annibale contemporaneamente avendo traghettato al di là del fiume i Baleari e gli astati, li dispose dinanzi all'esercito, condusse poi fuori gli altri dall'accampamento e, fatta loro attraversare la corrente in due luoghi, li schierò di fronte ai nemici. Dispose proprio lungo il fiume, sul lato sinistro, i cavalieri iberici e celti di contro ai cavalieri romani, di seguito a questi la metà dei fanti libici armati pesantemente, poi gli Iberi e i Celti. Presso questi pose l'altra metà dei Libici e all'ala destra schierò la cavalleria numidica. Quando li ebbe disposti tutti su una fila, avanzò con le schiere centrali degli Iberi e dei Celti e dispose le altre congiunte a queste in modo preordinato, sì da formare una convessità a forma di mezza luna, e di rendere meno profondo lo schieramento, volendo che gli Africani formassero nella battaglia un corpo di riserva e che fossero gli Iberi e i Celti a dare inizio all'azione.

Giorno della battaglia di Canne.

I Romani del campo maggiore attraversano il fiume e si schierano sulla riva opposta. Si uniscono a tale schieramento i Romani del campo minore in modo che tutta la loro fronte fosse rivolta a mezzogiorno. Si può senz'altro dedurre che la battaglia di Canne è avvenuta sulla riva del campo minore romano posto a levante del guado sul fiume Aufido.

Contemporaneamente Annibale traghetta al di là del fiume (sulla riva del campo minore romano) i Baleari e gli astati e li dispone dinanzi all'esercito romano. Conduce poi fuori gli altri soldati dall'accampamento e, fatta loro attraversare la corrente in due luoghi, li schiera di fronte ai nemici.

I particolari degli schieramenti dei due eserciti sono illustrati nella pagina "Schieramenti" inclusa nella seconda parte della ricerca.

 

 

Schematicamente la cronologia dettata da Polibio è rappresentata nella seguente figura: