Nella striscia di costa jonica che va da Acireale ad Acitrezza è ambientata una dei miti più poetici dell'antichità:
il mito dell'amore fra bella ninfa Galatea, figlia del dio marino Nereo, e il mite pastorello Aci.

Aci era un bellissimo pastore siciliano, figlio di Fauno e della Ninfa Simete e viveva lungo i pendii dell’Etna.
Galatea era una splendida ninfa del mar Ionio, che, durante le belle aurore, era solita sedersi su uno scoglio e aspettare che il sole la rivestisse di perle.
Una mattina la leggiadra fanciulla fu notata dal ciclope Polifemo, che abitava in una grotta sui fianchi dell'Etna.
Il gigante non riusciva a dimenticare quella fanciulla vestita di rosea luce e tutti i giorni, mentre il suo gregge brucava l'erba, si sedeva di fronte al mare, sperando di rivedere la ninfa per chiederle di sposarlo.

Un pomeriggio, il pastorello Aci avanzò con il suo gregge fino alla spiaggia, suonando dolcemente la zampogna.
Galatea, dal profondo del mare lo udì e corse ad ascoltare quelli che a lei sembravano i sospiri di un sereno tramonto. La ninfa, incantata da quella musica, pregò il giovanetto di andare ogni giorno per farle sentire la zampogna.
Così tutti i giorni Galatea, adagiata sulla sabbia, ascoltava silenziosamente il canto del pastorello.

Un triste giorno furono scoperti dal Ciclope, che accecato dal rancore e dall'odio, accusò Aci di essere il ladro dei suoi pascoli e, scagliandogli un macigno, lo colpì a morte. Galatea, disperata e sconsolata chiese ed ottenne dal padre Oceano che Aci venisse trasformato in un fiume che scivola lungo i pendii dell’Etna.
Ancora oggi il fiume Aci scaturisce da sotto una rupe di lava e spinge il suo corso fino a mescolarsi, nel mar Ionio, con la spuma dell'infelice Galatea.

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