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Gavi, 10 giugno 2002
LE PRODUZIONI AGRICOLE DEL BASSO ALESSANDRINO
A RISCHIO ? A Basaluzzo , sabato 08 giugno 2002 si è tenuto un incontro pubblico al quale hanno partecipato molte associazioni e comitati di cittadini delle valli del basso Piemonte che da anni operano sul territorio opponendosi in modo deciso alla realizzazione di opere devastanti come il "terzo valico" e la "cava Cementir " ed ora molto preoccupati per i progetti riguardanti la costruzione di tre centrali termoelettriche a Spinetta Marengo, Novi Ligure ed Arquata Scrivia nonchè della realizzazione di relativi elettrodotti. Il dibattito è entrato subito nel vivo dell'argomento con l'intervento del prof. Brunetti, veterano nella lotta contro questi progetti, il quale oltre a documentare alcune problematiche si è fatto portavoce dell'attività svolta in questi mesi nell'area vogherese dove i progetti sono in fase di discussione già avanzata. Ha lasciato quindi spazio ad altri che con dati veramente allarmanti hanno evidenziato i volumi di inquinanti NOx ,CO, CO2 e relativi acidi che ricadranno in modo continuo su un'area che potrà raggiungere anche i 40 Km dall'impianto. Si è ipotizzato che chi arriverà ad esempio a Novi troverà una cappa come arrivando alla barriera di Milano, ma a Novi non ci sono i servizi che offre una Milano in termini di Strutture Sanitarie, Università, Teatri, Cinema, Musei ed opportunità di svago nel tempo libero! Negli ultimi anni si è potuto osservare come le nostre aree abbiano avuto un incremento demografico proprio in seguito ad un abbandono delle grandi città a favore dei piccoli centri urbani che garantivano un livello di vita più alto da un punto di vista ambientale con una rivalutazione dei terreni ed abitazioni. Gli interventi sono proseguiti facendo una breve cronistoria sul terzo valico ribadendo l'assoluta inutilità alla luce dei volumi di traffico portuale attuali ed eventuale crescita, sottolineando che tutte le attività necessarie per la realizzazione di questa opera incrementerebbero (insieme ai mega centri commerciali in progetto i quali saranno, visitati da un pubblico molto vasto proveniente non solo dalle aree limitrofe) l'inquinamento atmosferico a cui si andrebbe a sommare quello derivante dai fumi delle centrali. E' stato trattato anche l'annoso problema della cava cementir, che distruggerà le fonti del Rollino (Carrosio) fornitrici di acqua di alta qualità, e la costruzione di un acquedotto alternativo che avrà il suo punto di captazione nel Rio Acque Striate probabilmente all'interno del Parco Naturale di Capanne di Marcarolo e di qualità decisamente inferiore in quanto oltre ad essere acqua di superficie potrebbe contenere AMIANTO. Essendo presenti amministratori pubblici a vari livelli e memore dell'esperienza maturata con la lotta al "terzo valico" ho ritenuto di dover ricordare l'importanza di richiedere consigli comunali aperti, cioè dove il cittadino possa entrare nel dibattito, perché solo dove essi si sono realizzati e con una cospicua partecipazione della cittadinanza si sono ottenuti risultati costruttivi, riuscendo ad impedire il proseguimento di folli progetti. Viceversa quando si è affrontato il problema, spesso in sordina, cercando in ogni modo di escludere la gente, giungendo a delibere ricche di "paletti" ma senza una decisa volontà di dire NO al progetto si è assistito ad un alternanza di decisioni contraddittorie per arrivare quasi sempre nella sostanza ad un SI all'opera. Tutto ciò è ancora più importante oggi alla luce delle leggi obiettivo e sbloccacentrali (a mio avviso ai limiti della democrazia) in quanto riducono per non dire annullano la possibilità di discutere in modo paritario i progetti da parte delle amministrazioni periferiche che subiranno i danni dell'opera. Discutibile l'intervento del sindaco di Basaluzzo il quale ha affermato la sua contrarietà all'opera però accodandosi alle decisioni di Novi Ligure in quanto non è in grado di fare una valutazione sia per le problematiche sia per l'entità del fascicolo e non intende pagare una consulenza tecnica esterna. Occorre sottolineare che questa mancanza di programmazione delle centrali sul territorio nazionale (oltre 600) sta creando una situazione anomala soprattutto al piccoli comuni, da un punto di vista economico, che sono costretti a spendere denaro pubblico per tutelare il territorio e la salute dei cittadini da interessi privati Un rappresentante amministrativo del comune di Arquata S. ha confermato il progetto di centrale termoelettrica da realizzare nella zona del cementificio Cementir asserendo che si stia già procedendo a preparare le osservazioni. La sovracitata mancanza di programmazione oltre a creare danni economici facendo proliferare i progetti e conseguenti studi per produrre adeguate osservazioni, non permette di valutare in modo corretto l'inquinamento in quanto la vicinanza territoriale dei progetti porta ad un rischio di sovrapposizione degli inquinanti. Ad esempio nelle nostre aree che potrebbero essere interessate da sei centrali termoelettriche, elettrodotti ad esse collegati, terzo valico e nuova cava Cementir, l'inquinamento potrebbe raggiungere valori insostenibili regalandoci sicuramente domeniche a piedi come nei grandi centri urbani. Senza considerare i gravissimi danni apportati alle colture che potrebbero raggiungere anche il 40% ma soprattutto ai prodotti tipici vini ed ortofrutticoli che oltre al danno reale a livello vegetativo causato dalle piogge acide avrebbero quello dell'immagine commerciale, ed inoltre va ricordata la localizzazione di parchi fluviali, montani e biotipi che insieme ai prodotti tipici caratterizzano queste valli. Sarebbe bene ricordare che in altri paesi aree come le nostre con grandi vocazioni alla produzione di prodotti tipici sono tutelate e rispettate; qui siamo invece di fronte ad un assurdo caso di autolesionismo, anche perché sinceramente non vi è necessità di questo numero così elevato di centrali in quanto il Piemonte produce ad oggi il 10% in più del suo fabbisogno e già la sola centrale in progetto a Novi Ligure produrrebbe il 10% del fabbisogno regionale. E poi l'Italia non è uno degli stati firmatari del protocollo di Kyoto , dove ci siamo impegnati a ridurre le emissioni di CO2? Perché quindi se a tutti i costi si vuol progettare qualcosa per il futuro, in previsione di un black-out, non si progettano impianti per la produzione di energia alternativa e rinnovabile? Gavi, 10 giugno 2002
Prof. Roberto Stretti
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