La meccanica ondulatoria
La storia non finisce qui, presto toccherà a un altro "protagonista" della fisica classica andare in profonda crisi: il concetto di particella. Infatti un filone di ricerche parallelo e solo inizialmente antagonista a quello della cosiddetta "scuola di Gottingen" di Heisenberg, Born e Jordan parte da un'intuizione di Louis De Broglie.
Il francese fa un'ipotesi complementare a quella dei quanti di luce di Einstein e altrettanto sconvolgente: non solo la luce ha proprietà corpuscolari, ma anche la materia ha proprietà ondulatorie! Nasce quello che si chiamerà dualismo onda-particella. La formula di base è la stessa che aveva proposto Einstein per l'impulso dei quanti di luce. De Broglie postula che una particella di impulso p abbia una lunghezza d'onda associata data da ? = h/p.
Nel 1926 l'austriaco Erwin Schrödinger sfrutta l'ipotesi di De Broglie per ricavare l'equazione fondamentale della dinamica quantistica: l'equazione d'onda che porta il suo nome. Molti fisici, Fermi è tra questi, tirano un sospiro di sollievo: il linguaggio di Schrödinger è quello familiare delle equazioni alle derivate parziali. Sono le sue equazioni, non quelle di Heisenberg, a diffondersi più rapidamente nella comunità scientifica.
Schrödinger stesso si premura di dimostrare l'equivalenza delle due teorie. Le procedure di calcolo di Schrödinger non sono comunque meno innovative e originali: i livelli energetici degli atomi si trovano ora risolvendo un problema agli autovalori, mentre l'impulso è diventato una derivata rispetto alle coordinate.

Onde o particelle?
Ma che fine ha fatto l'elettrone, la particella per il cui moto si è creata questa nuova meccanica? È una particella o un'onda? Come si conciliano concetti come la massa e la carica elettrica, tipici delle particelle, con la lunghezza d'onda e la delocalizzazione tipici delle onde? Se due particelle sono in realtà due onde, allora possono interferire? Tempo un anno, e gli esperimenti di Davisson e Germer daranno una risposta positiva a questa domanda: sì, esiste la diffrazione degli elettroni e la loro interferenza, proprio come per le onde. È difficile da accettare, ma gli elettroni passano attraverso due fenditure ... contemporaneamente!
Ma le particelle sono proprio onde? Ormai i fisici non si stupiscono più di nulla, neanche dell'interpretazione che Born dà alla funzione d'onda: le particelle non sono delle vere onde, ci sono però delle "onde di probabilità" che possono interferire proprio come le onde meccaniche o elettromagnetiche. È ancora un'altra grossa novità, ma stavolta dietro c'è qualcosa di noto: l'indeterminazione di Heisenberg. Non è possibile sapere dove si trova una particella e seguirla nella sua traiettoria (non esiste più alcuna traiettoria); né si può sperare di trovarla in un determinato punto (la probabilità è zero). Ci si deve accontentare della probabilità di avere la particella in un certo volume dello spazio. Quanto al passaggio simultaneo dell'elettrone in due fenditure, la spiegazione è semplice ed elegante, una volta accettato di rinunciare alla visione classica del mondo: l'elettrone "vive" delocalizzato in una sovrapposizione di stati e finché non si sceglie un suo stato con una misura, l'elettrone ha una certa probabilità di passare in entrambe. Una versione suggestiva di questo principio è quella della celebre metafora del gatto di Schrödinger.
La cosiddetta interpretazione di Copenhagen ha tra i suoi uomini simbolo uno dei padri fondatori della teoria dei quanti: Niels Bohr. Il suo principio di complementarità afferma che il comportamento particellare è solo una delle due essenze complementari, assieme a quello ondulatorio, che la Natura non ci mostra mai contemporaneamente.
La teoria di Dirac
Nel 1925 c'è addirittura una terza versione della meccanica quantistica, più rigorosa e assiomatica, pubblicata dall'inglese Paul Audrien Maurice Dirac. L'opera di Dirac dà alla meccanica quantistica la veste matematica e concettuale che unifica la visione matriciale e ondulatoria, ed è ancora oggi insegnata nelle università. Dirac estende poi alla fisica quantistica le dovute correzioni della relatività, creando nel 1928 la teoria quantistica relativistica che prevede l'esistenza dello spin (inserito "a mano" nella teoria non relativistica come grado di libertà aggiuntivo), e delle antiparticelle.



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