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APPENDICE
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Le tecniche per aumentare la dissipazione
Quando le potenze da dissipare
superano il watt in genere è necessario utilizzare dispositivi specifici
per smaltire il calore verso l'ambiente, con dimensioni spesso ragguardevoli. Durante la progettazione
elettrica e del circuito stampato, e quindi prima di procedere al progetto
termico, è opportuno tenere presenti i seguenti punti:
Montaggio
senza dissipatore
Non sempre è richiesto
l'utilizzo di un dissipatore. Per esempio se voglio
utilizzare un integrato in contenitore TO220, caso frequente per i dispositivi
di potenza, posso garantire il funzionamento corretto fino ad una temperatura
ambiente di 50°C alle seguenti condizioni:
Spesso è inoltre possibile,
soprattutto nel caso di circuiti integrati con molti pin, usare una
porzione della superficie in rame del circuito stampato per smaltire
il calore, sfruttando la buona conducibilità termica dei piedini metallici
del dispositivo. A volte i grafici con indicate le superfici da dedicare
a questo scopo sono forniti dal costruttore. I dissipatori
Un dissipatore è una massa
metallica destinata a smaltire il calore generato da un semiconduttore.
Per favorire la massima dispersione di calore i dissipatori
Il parametro principale
è la Rth ed in genere è anche l'unico noto. La resistenza termica è
corretta solo se il dissipatore è montato come prescritto dal produttore
in quanto, soprattutto quelli per potenze più elevate, sfruttano le
correnti d'aria causate dal riscaldamento per migliorare il trasferimento
termico. In genere la Rth è inversamente
proporzionale al peso, al volume e, soprattutto, alla superficie delle
alette ed al disegno delle stesse; è ovviamente necessario consultare
i cataloghi, almeno per trovare un modello simile a quello che si intende
usare. Valori normali di resistenza termica sono compresi tra gli 0.5°C/W
e la decina di °C/W. Nelle tre fotografie ho
accostato, senza rispettare la scala, un piccolo dissipatore per transistor
in contenitore TO220, un grosso dissipatore tipicamente usato per moduli
ad alta dissipazione ed uno usato per processori di modesta potenza.
Si noti la finitura di color nero e, nei primi due, la presenza di fori
o scanalature per il fissaggio dei componenti tramite viti (con il terzo
tipo sono usati collanti o clips). Nell'effettuare il montaggio
del dissipatore occorre seguire, se possibile, le indicazioni del costruttore
relativamente al montaggio verticale o orizzontale e alla pressione
da esercitare tra dissipatore e semiconduttore (se eccessiva causa deformazioni
e stress al dispositivo, se scarsa impedisce una buona conducibilità
termica). Normalmente tra il componente
ed il dissipatore è spalmato un materiale biancastro simile al grasso
detto pasta di silicone (in inglese silicon grease oppure, più correttamente,
thermal compound): si tratta di un conduttore di calore a base di silicone
ed ossidi metallici, zinco in particolare, destinato a favorire il massimo
trasferimento termico in quanto elimina l'aria presente tra il dissipatore
ed il circuito integrato. Va usato con molta parsimonia
perché da una parte tende a sporcare e dall'altra, se eccessivo, finisce
col peggiorare il trasferimento di calore: lo spessore corretto è tale
che, premendo con forza componente e dissipatore, non si ha praticamente
fuoriuscita di materiale. L'uso corretto del silicone
su superfici a buona finitura superficiale dimezza circa la Rth(c-h),
che passa, per esempio nel caso del TO220, da circa 1°C/W a 0.5°C/W. Una necessità è spesso
ottenere l'isolamento elettrico tra dissipatore e dispositivo a semiconduttore.
La soluzione tradizionale prevede l'uso di apposite lamine in mica e
di bussole in materiale plastico. Purtroppo questo metodo di montaggio
peggiora le caratteristiche termiche; è infatti cosa normale che un
isolante elettrico sia anche un isolante termico. La soluzione potrebbe
essere l'uso di dispositivi internamente isolati, anche se in genere
più costosi. Occorre prestare attenzione al fatto che nei dispositivi
ad altissime prestazioni l'isolamento è ottenuto con ossido di berillio,
ottimo isolante elettrico e conduttore termico ma anche altamente tossico
e quindi pericoloso se il contenitore viene aperto. A volte l'uso dell'isolante
in mica e del grasso al silicone è sostituito da materiali solidi di
aspetto spugnoso, in genere leggermente peggiori dal punto di vista
termico ma decisamente più pratici. L'efficienza termica del
dissipatore può essere di molto aumentata utilizzando un flusso d'aria
forzato che ne lambisce le alettature. La resistenza termica in questi
casi scende anche ad un quinto, permettendo di risparmiare sulle dimensioni
e sui costi; come contropartita occorre però tener conto di un certo
aumento di rumorosità (penso che tutti una volta o l'altra sono stati
irritati dal rumore della ventola del PC) e del rischio di guasti alla
ventola, soprattutto quando è di bassa qualità o viene usata in ambienti
ostili. Molti dissipatori sono
appositamente progettati per il montaggio diretto di ventole: osservando,
per esempio, la conformazione del modello rappresentato al centro nella
fotografia più sopra riportata, facilmente si può immaginare la presenza
di una ventola che assorbe aria calda o soffia aria fresca nella direzione
delle alette. In questo caso il produttore fornisce generalmente un
grafico che riporta l'andamento della resistenza termica in funzione
del flusso d'aria. Una precisazione: l'uso
di una ventola non "abbassa la temperatura" ma semplicemente
diminuisce la resistenza termica del dissipatore: non è quindi in nessun
caso possibile avere dissipatori con una temperatura inferiore a quella
ambiente. Occorre inoltre tenere presente che usare una ventola non
ha alcuna influenza né sulla Rth(j-c) né sulla Rth(c-h). Raffreddamento
a liquido
In caso di necessità si
può partire dalla considerazione che con un liquido stagnante la trasmissione
del calore tra dissipatore ed ambiente migliora di un ordine di grandezza
rispetto all'aria; se il liquido è in movimento anche di 50 volte. Questo metodo è quindi
utile soprattutto quando occorre asportare molto calore da una zona
molto piccola. Il problema principale è ovviamente legato alla necessità
di realizzare un adeguato sistema idraulico: come minimo occorre prevedere
una pompa ed uno scambiatore di calore verso l'esterno (infatti l'acqua
non fa altro che spostare il calore che, comunque, deve essere poi rilasciato
all'ambiente). Un "liquido speciale"
è quello utilizzato per gli "heat pipe" (tubi di calore).
In essi si sfrutta la grande quantità di calore che può essere immagazzinata
da appositi sali durante il cambiamento di fase: in questo caso si ha
un trasporto di calore anche due ordini di grandezza maggiore di quello
ottenibile con qualunque metallo o liquido, per di più in assenza di
parti meccaniche in movimento: sono ideali per spostare il calore in
quantità verso zone in cui è più facile lo smaltimento, anche distanti
decine di centimetri. Come difetto hanno una costruzione meccanica complessa
(a causa per esempio delle notevoli pressioni che devono sopportare)
e dimensioni e costi elevati. Per una trattazione approfondita si rimanda
agli indirizzi più avanti
citati. Anche per il raffreddamento
a liquido valgono le stesse considerazioni fatte per i dissipatori a
proposito delle temperature raggiungibili e delle resistenze termiche
interne. Le
cella di peltier
La cella di peltier è
un dispositivo statico che permette di trasferire il calore da un oggetto
freddo ad uno più caldo, migliorando notevolmente la situazione in problemi
termici particolarmente critici ed magari altrimenti non risolvibili. La situazione tipica è
costituita da apparecchiature che devono funzionare in ambienti particolarmente
ostili in cui per esempio la temperatura ambiente è superiore ai 70-80
°C. In sostanza funziona come
un frigorifero sfruttando fenomeni fisici di tipo elettrico. Occorre tenere comunque
presente che un elemento peltier può solo "spostare" il calore,
in genere di pochi mm: è quindi necessario disporre comunque di dissipatori
o altri metodi di raffreddamento convenzionali. L'idea è sostanzialmente
quella di prelevare calore da un corpo per esempio a 60°C, alzarne la
temperatura a 100°C e sfruttare in modo migliore la resistenza termica
di un dissipatore (o magari cedere calore all'aria che si trova a 70°C). Tra i difetti:
In casi piuttosto complessi
vengono realizzati veri e propri sistemi di condizionamento o refrigerazione
con compressori meccanici, ingombranti e costosi ma con una resa energetica
migliore delle celle di peltier. Per una trattazione approfondita
si rimanda agli indirizzi più avanti
citati. Il
raffreddamento dei processori
Il problema del raffreddamento
dei microprocessori ed in genere degli integrati digitali ad alta integrazione
è piuttosto importante a cause del fatto che nei circuiti CMOS la potenza
dissipata è direttamente proporzionale alla frequenza di funzionamento
e, oggi, si tende a correre. L'uso di un dissipatore
e di una ventola è praticamente obbligato con processori che facilmente
dissipano decine di watt. Già per raffreddare un Pentium 166 MMX senza
ventola era necessario un dissipatore grande oltre il doppio della base
del soket7 ed alto circa 5 cm; il vantaggio era una grande affidabilità
(nulla che si può rompere!) e la silenziosità. Usando una ventola le
dimensioni fisiche diminuiscono nettamente ed è quindi possibile raffreddare
anche i processori moderni, notoriamente ben più "caldi". Nei fogli tecnici dei
processori viene specificata in genere la massima temperatura del case
Tc; conoscendo la Rth(j-c) è possibile comunque risalire alla massima
Tj, attraverso la formula dell'equivalenza elettrica. Da notare che,
aumentando la frequenza operativa, aumenta anche la potenza dissipata
e quindi, a parità di Tj e di Rth(j-c) è necessario diminuire la temperatura
superficiale. Per un esempio numerico
si consideri un vecchio AMD/K6-300 model 8 (sul sito AMD si trovano
i seguenti dati: alimentazione di 2.2V, potenza massima dissipata di15.4W,
Tc(max) 70°C, Rth(j-c) = 1.7 °C/W). La Tj(max) è quindi circa 96°C (70
+ 15.4 * 1.7) valore ragionevole per un dispositivo a semiconduttore
complesso come un processore. Supponendo una temperatura ambente di
50°C (cosa normale all'interno del case del PC in estate, se non è troppo
caldo), serve quindi un dissipatore da circa
Ho ovviamente tenuto conto
anche della resistenza termica tra processore e dissipatore, pari a
circa 0.2°C/W se si usa grasso di silicone (particolarmente consigliato,
soprattutto con i processori con maggiori problemi termici). Se per esempio a causa
di un overclock del processore la frequenza aumenta a 340MHz, la potenza
sale a circa 17.5W (la cosa ovviamente non è documentata da AMD ma facilmente
calcolabile tenendo conto che esiste una sostanziale proporzionalità
diretta tra frequenza di funzionamento e potenza dissipata, ovviamente
a parità di tecnologia); per mantenere la Tj a 96°C è necessario usare
un dissipatore con una Rth(h-a) di 0.75°C/W cioè molto grande che nel
caso precedente. Si tenga inoltre presente che, se garantire il funzionamento
del processore a maggiore frequenza fosse necessario aumentare la tensione
di alimentazione, la potenza dissipata salirebbe ulteriormente. I sensori di temperatura
da applicare ai processori e presenti su alcune schede madri sono in
genere inaffidabili per le ragioni più sopra
esposte relativamente alla misura della temperatura. Purtroppo
molti ragionamenti fatti, anche da persone competenti, non tengono conto
di questo fatto, traendo conclusioni spesso errate. Queste informazioni sono
comunque utili per tenere sotto controllo la temperatura media interna
al PC ed evidenziare il blocco della ventola o l'eccessivo accumulo
di polvere su di essa, situazioni abbastanza comuni nei computer di
qualche anno di vita. Sono invece utilissimi
i diodi che misurano la temperature interna del processore, purtroppo
disponibili per esempio solo a partire dal P3 o dagli Athlon costruiti
dopo il 2001: usandoli è possibile sfruttare appieno un processore,
sia diminuendo le prestazioni richieste al sistema di raffreddamento
al minimo indispensabile (nulla dà sollievo come la ventola del PC che
rallenta quando non serve, almeno in inverno) sia aumentando la frequenza
di funzionamento pur mantenendola temperatura in zona di sicurezza (overclock). Ho sentito numerose osservazioni
preoccupate sui dati rilevati da questi sensori: leggendo questa nota
ci si rende invece conto che temperature di giunzione di 100°C o aumenti
rapidi di temperatura sono perfettamente normali se correttamente interpretati. Occorre dire infine che
un modesto aumento di temperatura, oltre i limiti consentiti dal costruttore,
non è gravissimo nel caso dei processori: ad esempio un aumento di 20°C
oltre il massimo causa la diminuzione ad ¼ della vita operativa media
ma difficilmente un computer ha la durata "utile" dei 5 o
10 anni di uso effettivo tipicamente previsti per un semiconduttore. |