Facciata e ingresso del museo «Amedeo Lia» su via
del Prione
Il chiostro
Spaccato della veduta interna della
sede del museo «Amedeo Lia»
Visione panoramica della Sala I
Ritratto di Agrippina Maggiore
Madonna in Maestà col Bambino benedicente
Riccio di pastorale con l'Annunciazione
Placca con la crocifissione
Placca traforata con la crocifissione
Placche vitree dorate e graffite
Pace con Pietà
Croce processionale
Ostensorio
Cassetta reliquiario
Cassetta reliquiaria
Encolpio
Piede con calzare in avorio
Visione panoramica della Sala II
La miniatura è l'immagine applicata in un manoscritto al capolettera all'inizio
del capitolo o del paragrafo.
La tecnica alla base della miniatura è la “tempera” cioè la dispersione di un
pigmento (sostanza minerale) o di una lacca (sostanza vegetale trattata con allume)
in un legante che permette al colore di aderire al supporto o alla preparazione.
Il termine “miniatura” deriva verosimilmente dal latino minium, termine con
cui un tempo si indicava il “solfuro di mercurio” (HgS), oggi chiamato
“cinabro”, un pigmento di colore rosso.
Oggi con il nome “minio” si indica invece il “tetrossido di piombo”
(Pb3O4), anch'esso di colore rosso.
A partire dal XIV secolo, il diffondersi di illustrazioni di piccolo formato fece
sì che il significato di “miniatura” passasse ad indicare dipinti, oggetti e forme
di dimensioni ridotte.
Oltre al vocabolo “miniatura” esiste in italiano anche il termine meno utilizzato
di “alluminatura” o “illuminatura” (in inglese e francese si usano
infatti rispettivamente illumination e enluminure): si suppone che
derivi dai colori luminosi che risaltano sulla pagina scritta, ma si rimanda anche
all' “allume” che veniva impiegato per ottenere lacche.
Antifonario diurno del proprium de sanctis da sant’Andrea all’apparizione di san Michele
Santo con libro
Crocifissione
Madonna col Bambino in trono con i santi Giovanni Battista e Ambrogio e due angeli musicanti
Nei quattro tondi sono raffigurati i simboli degli Evangelisti.
Nascita di San Giovanni Battista
Storie di Lancillotto
Miniatura che raffigura la morte
Una delle pagine miniate di epoca medioevale
Una delle miniature che raffigura un suonatore
Capolettera miniato raffigurante il funerale di san Francesco.
I dodici apostoli in un capolettera
Pentecoste (miniatura raffigurante la discesa dello Spirito Santo)
Manoscritto con capolettera miniato raffigurante un monaco adorante la croce
Figura regale e chierici cantori
Manoscritto con capolettera miniato raffigurante il responso di un giurista in cattedra
Vescovo che benedice una galera
Miniatura raffigurante il compianto sul Cristo morto
San Francesco predica agli uccelli
Capolettera miniato raffigurante Davide arpista e san Francesco stigmatizzato
Trasfigurazione di Gesù Cristo. Capolettera miniato
Il corale
da cui è tratto il capolettera potrebbe essere di provenienza fiorentina
San Benedetto e i monaci del suo ordine. Capolettera miniato
Il capolettera
è parte di un corale in uso in un monastero benedettino
Capolettera miniato raffigurante San Benedetto e santa Scolastica in refettorio
Il capolettera
è parte di un corale in uso in un monastero benedettino
Capolettera miniato raffigurante San Benedetto e i monaci del suo ordine
Il capolettera
è parte di un corale in uso in un monastero benedettino
Capolettera miniato raffigurante Davide che suona la viola
Natività della Vergine
L'opera è stata realizzata nell'ambito della scuola tedesca.
Visione panoramica della Sala III
Testa virile
Lucerna ad olio con manico a forma di testa di grifone
Testa di Apollo del tipo Liceo
Coppetta
Busto di epoca romana
Visione panoramica della Sala IV
L'imperatore Costantino emana nel 313, l'editto di Milano,
con il quale venne liberalizzato il culto del cristianesimo e nel 330, sposta la capitale
dell'impero da Roma a Bisanzio, che, prese il nome di Costantinopoli. Alla morte di
Costantino, l'impero iniziò quel processo di divisione, che avrebbe portato alla
costituzione dell'impero romano d'Oriente, con capitale Costantinopoli, e
dell'impero romano d'Occidente, con capitale Roma. L'impero romano
d'occidente, a seguito delle invasioni barbariche scomparve nel 476 d. C.
L'impero romano d'oriente, impero “bizantino”, sopravvisse,
estinguendosi solo nel XVI secolo con la conquista da parte degli ottomani.
L'arte bizantina, sorta a Costantinopoli a partire dal IV sec. d. C., si può dire
durò fino al 1453. Dopo la scissione della chiesa d'oriente da quella d'occidente,
rimase come il linguaggio figurativo della cristianità ortodossa, sopravvivendo
pertanto presso le culture, soprattutto dell'Europa orientale, presso le quali la
religione ortodossa è ancora presente.
Anche in Oriente lo scopo delle immagini sacre consisteva nell'educare i fedeli
al senso religioso. Alcune differenze emersero tuttavia da subito: mentre in
Occidente Cristo era rappresentato con immagini più simili alla realtà quotidiana
(vedi l'immagine del Buon Pastore), in Oriente era rappresentato con regalità
(vedi il Cristo Pantocratore).
Alla naturalezza dei gesti delle rappresentazioni figurative occidentali, in oriente
si delinea una figurazione espressa con spiccata frontalità dell'immagine, rigidezza
dell'atteggiamento e fissità dello sguardo. Questo perché la cultura artistica
bizantina fu permeata della religione cristiana vista come rivelazione, per cui
l'arte, non doveva più narrare ma rappresentare la manifestazione del
divino -astratto ed immateriale-, la cui rappresentazione non doveva seguire
più le leggi della percezione sensoriale, ma quelle della visione spirituale.
Per questo punti fondamentali della tecnica pittorica bizantina divennero:
sfondi dorati che servivano a dare alle immagini sacre un valore assoluto
astraendole da un contesto spaziale; la ieraticità dei volti ed espressioni,
quindi, sempre più immutabili e fisse, nell'assenza di qualsiasi dichiarazione
di emotività; l'assenza di tridimensionalità per cui le figure, proprio perché
immateriali, non potevano mantenere uno spessore proprio delle cose terrene,
ma apparire quasi come immagini proiettate, come apparizioni.
Forme significative della pittura bizantina sono le famose icone della Madonna,
di Cristo o di santi dipinte su tavole di legno. L'icona per la cultura orientale,
ha una triplice dimensione, quella della conoscenza scientifica, della visione
teologica e infine del valore artistico. Proprio questa eternità ed immutabilità
vengono espresse in figure che non possono che risultare eternamente immutabili
e solenni.
Esemplari di icone fiorirono già dal VI sec. d.C. Da non trascurare l'arte della
miniatura dei codici, dove si nota un incontro tra la cultura orientale e quella
classica.
Altra tecnica tipica dell'arte bizantina è il mosaico. Per rendere il mondo spirituale
ed inavvicinabile il mosaico con il suo scintillare ed i suoi giochi di luce, poteva
creare quella atmosfera irreale voluta di assolutezza trascendente dei soggetti sacri.
Nel 404 d.C. Ravenna diventa la capitale dell'impero d'occidente.
Dal 493 al 526 Teodorico, re degli ostrogoti è Re d'Italia, e nel 535-553, le truppe
di Giustiniano, imperatore d'Oriente conquistano l'Italia. Sotto il regno di
Giustiniano l'arte bizantina si definisce e realizza dei capolavori.
In questo periodo si intensificano quei contatti tra Ravenna e Costantinopoli che
porteranno alle notevoli espressioni artistiche dei mosaici ravennati.
Gli interni delle chiese vengono impreziositi da mosaici quasi a volere sottolineare
lo splendore dell'anima rispetto al corpo. L'Imperatore Giustiniano appare in un
mosaico del 532 d, C. ai lati del presbiterio della chiesa di San Vitale a Ravenna.
Le figure sono prive di consistenza materiale, appiattite e con sguardi solenni e
fissi, il fondo d'oro partecipa alla evocazione di un'atmosfera irreale.
La volta a crociera è occupata da una decorazione vegetale dalla quale spiccano
quattro angeli che reggono un medaglione con l'agnello; nelle lunette, sono
rappresentati i quattro evangelisti, con i rispettivi simboli, le storie di Mosè e i
due quadri simbolici dell'offerta di Abele. Questa rappresentazione di Giustiniano
è giustificabile dalla situazione storica- salito al trono d'oriente egli infatti stabilì
una unione con la Chiesa tale da fare apparire la sua figura con un carattere
quasi divino.
Alla morte di Giustiniano i Longobardi occuparono gran parte dell'Italia nel 568.
Noto il periodo iconoclasta, compreso tra il 730 e l'843 che si basa sulla negazione
alla rappresentazione in immagine del Divino. Il periodo iconoclasta provocò uno
stacco tra l'arte della corte e quella popolare delle icone dipinte nei monasteri.
È a questo periodo che si attesta la diaspora di artisti, che da Costantinopoli furono
costretti a trasferirsi in Europa occidentale. L'incontro della cultura bizantina
con quella occidentale indusse a reciproche influenze e da questo momento l'arte
bizantina acquista l'interesse per la narrazione.
È a questo periodo che si attesta la diaspora di artisti, che da Costantinopoli
furono costretti a trasferirsi in Europa occidentale. Nell' 867, con l'avvento
della dinastia macedone, si concluse il periodo iconoclasta.
Dal 867 al 1057 l'arte bizantina conobbe un secondo momento di splendore.
Successivamente l'arte bizantina raggiunse alte qualità decorative: nei sec.
XI e XII vediamo profondi echi dell'arte bizantina in Sicilia, nel Duomo di
Cefalù, (1148,-65), e nella cappella Palatina e nella Martorana -1148- di Palermo.
Anche il Duomo di Monreale (Pa) e la Basilica di San Marco di Venezia
risentirono ovviamente di influssi bizantini nella realizzazione degli splendidi
mosaici.
La cultura artistica che si diffonde a partire dal XI sec.
sviluppatasi nell'Occidente cristiano, e diffusasi su tutti i territori Europei, che prima
avevano fatto parte dei possedimenti dell'Impero Romano, si definisce genericamente
romanica ed ha dei caratteri che si possono dire per certi versi comuni.
Nelle diverse regioni in cui attecchisce però si connota in modi particolari assumendo
elementi localmente riconoscibili. L'arte pittorica, scultorea e musiva, sono comunque
in stretta relazione con l'architettura. Il periodo storico in cui si attua questa rifioritura
dell'arte, è ricco di eventi.
Cessate le sconvolgenti ondate barbariche, molti territori d'Europa, cominciarono a
riconvertirsi verso forme socio-politiche più stabili. La paura dell'Apocalisse, che si
era generata in corrispondenza dell'anno 1000 era ormai alle spalle, e l'arte risente di
questo rinnovato clima.
Tornano a crescere di nuovo i centri urbani come luoghi di scambi commerciali e
culturali.
Si comincia a diffondere il sistema feudale che era stato istituito in epoca carolingia,
nei domini dei Franchi. Assistiamo ad eventi importantissimi che vanno dalle Crociate,
-la prima propugnata da Papa Urbano II- e dalla conquista di Gerusalemme nel 1099,
alla lotta per la successione dell'Impero fra la casa di Baviera e quella di Svevia
– che vedrà il contrapporsi di Guelfi e Ghibellini-.
E' anche il tempo dei Normanni, che unificheranno i loro possedimenti in Italia
attraverso Ruggero II, che diverrà Re di Sicilia e di Puglia. Per l'arte e per la storia
comunque eventi decisivi furono anche, la maggior diffusione e la formazione degli
ordini monastici: l'ordine cluniacense e cistercense rappresenteranno punti di
riferimento per la costruzione di Chiese e Monasteri, spesso mete di imponenti
pellegrinaggi.
In Italia è l'epoca dei Comuni. Amalfi e Pisa, Genova e Venezia sono le Repubbliche
marinare, nelle quali fiorirà un'arte nuova, portatrice di nuovi linguaggi.
Nel XII secolo, si intensificano ulteriormente gli scambi, acquistano importanza i
nuovi ceti sociali dei mercanti e dei commercianti e artigiani: essi costituiranno la
futura borghesia. Rifiorisce il mercato delle opere d'arte e si riafferma il ruolo
dell'artista.
L'arte romanica, pur derivando dall'arte Romana Tardo- antica, da cui trae notevoli
spunti, come dall'arte bizantina e da quella di matrice celtica e barbarica, si caratterizza
da subito con un originale senso plastico, forte ed espressivo.
Pittura e scultura si connettono all'architettura, dando un carattere di unitarietà che
contraddistinguerà l'arte romanica. L'arte tutta, sia pittorica che scultorea, si avvale
inoltre di un linguaggio simbolico. La Chiesa è un edificio sacro ed è in relazione con
il sacro corpo di Cristo. La pianta a croce latina, che ricorda la croce, è pertanto un
elemento di forte simbolicità. La decorazione delle chiese deve avere uno scopo didattico.
Ovunque le superfici sono utilizzate per istruire, siano esse decorazioni interne che esterne.
Ovunque possiamo trovare immagini del Cristo; nella Mandorla, i simboli degli
Evangelisti, la Gerusalemme Celeste, l'Apocalisse, le storie del vecchio e nuovo
Testamento ma anche un fiorire di immagini allegoriche.
Presente anche la fauna fantastica derivata dal repertorio dei “bestiari”.
Il repertorio utilizzato si rifà ad i codici miniati, alle Sacre Scritture, ma anche a
repertori classici e orientali e a testi scientifici e filosofici. Durante il periodo romanico
anche pittura e scultura non pervengono però ad un sostanziale rinnovamento stilistico.
Le immagini sono ancora bloccate e proposte senza libertà espressiva, secondo forme
stereotipe.
In pittura e in scultura non si affronta, se non per qualche eccezione, il tema della
visione in profondità. Per questo si nota che le figure di una determinata rappresentazione,
sono poste su un unico piano.
Ancora più che alla scultura, alla pittura in epoca romanica fu consegnato il ruolo di
illustrare le verità della fede. L'arte pittorica presenta sia elementi derivanti dall'influenza
ricevuta dalle forme bizantine ed dall'arte ottoniana (quest'ultima ravvisabile nella
esasperazione del colore), che caratteri popolari legati alle nascenti culture romanze.
Naturalmente dalla fusion dei diversi apporti si determineranno anche caratteri di
assoluta originalità. Il disegno ha contorni netti, colori decisi sia per i tratti del volto
che per le pieghe delle vesti.… si mantiene un forte senso plastico delle figure
come in scultura, non mancano deformazioni per accentuare l'espressività.
Le composizioni sono contraddistinte da una rigidezza, spesso dovuta alla rigorosa
simmetria e alla ripetizione ritmica degli elementi figurativi.
Come per l'architettura anche per l'arte pittorica distinguiamo tratti locali.
Le regioni maggiormente interessate dallo svilupparsi di una pittura romanica sono
la francia e la Catalogna, e la Lombardia. In Francia la pittura comprende tutta
quella serie di cicli di affreschi come quello di Saint-Savin o quello del Battistero di
Poitiers. Già compiutamente romanici quelli di Berzè-la-ville del 1100 circa.
Nell'Italia settentrionale, si evidenzia un interesse verso un certo realismo, che non
appartiene alla tradizione bizantina. Per ciò che riguarda i soggetti delle raffigurazioni
notiamo che rispetto alle immagini del repertorio paleocristiano (come quelle del
Buon Pastore e dell'Ultima Cena, della simbolica Vendemmia ecc…), sono ora
predilette figurazioni che richiamano la severa posizione del giudizio di Dio, assunta
di fronte al peccato. Si narrano con la pittura episodi della vita dei Santi o della Bibbia,
per indurre i fedeli ad essere timorosi di Dio. I temi riproposti sono sovente quelli della
Creazione, del Peccato originale, della cacciata dal Paradiso Terrestre, del Giudizio
finale, tutti per indicare le punizioni derivanti dalla disobbedienza a Dio.
Gli episodi del Vangelo, prescelti sono soprattutto quelli che si riferiscono alla Passione
e alla Crocifissione, per sottolineare il sacrificio del Cristo per salvare l'Umanità.
Tutto è pervaso da un gusto narrativo che a volte sfiora il popolaresco.
In Italia, possiamo riscontrare due filoni principali: quello che trae ispirazione
dall'arte bizantina; e quello dei grandi cicli affrescati.
Questi ultimi si diffondono, anche grazie all'opera di divulgazione da parte dei
cluniacensi e benedettini, che decorano le navate e i rilievi, e si ritrovano sia
all'interno che sulla facciata delle cattedrali.
Le figure appaiono rigide nei movimenti, ma, rispetto al periodo precedente, sono
caratterizzate anche dalla ricerca di maggiore volumetria e rilievo.
Uno stile particolarmente efficace e semplice, è quello riferibile all'arte benedettina.
Essa, espressiva e popolare in qualche modo semplifica il modo che aveva avuto di
proporsi l'arte bizantina, rendendo i soggetti di maggiore e più diretta comprensione.
Cristo anche quando è crocifisso viene mostrato eroico, con il corpo eretto e gli occhi
aperti superiore ad ogni sofferenza umana; la Madonna è sempre contenuta nei gesti
anche quando deve esprimere il suo dolore. Oltre agli affreschi si realizzano alcune
pitture a tempera su tavola, e nell'Italia centrale nasce la tradizione delle grandi croce
lignee dipinte e delle tavole d'altare, -dette pale d'altare e paliotti d'altare-.
Sulle pale e sui paliotti la figura del Santo o della Vergine è posta al centro, e si
sviluppa per tutta l'altezza della tavola; ai lati, sono dipinte scene della vita del Santo
o episodi del Vangelo disposti su fasce sovrapposte.
Le sculture romaniche, sono eseguite a bassorilievo, e presentano figure rigide e
prevalentemente geometrizzate. La caratteristica della scultura è la semplicità della
composizione che serve ad istruire la popolazione e deve essere quindi compresa da
tutti con efficacia e immediatezza. L'espressività pertanto gioca un ruolo fondamentale
ed è accentuata, anche ricorrendo a sproporzioni nei volti e nelle rese degli arti; i gesti
gravi e solenni, sono esaltati anch'essi. Nella scultura romanica si supera il rilievo piatto,
tipico della decorazione bizantina, e anche il gusto per quella ornamentazione a motivi
lineari, che aveva avuto successo nell'ambito delle culture barbariche.
Viene recuperata la volumetria delle forme, forse idealmente ispirandosi ai rilievi dei
sarcofagi e alle sculture a tuttotondo della tarda romanità. Le figure sono studiate
nell'espressione dei volti e nella definizione delle vesti. Temi sacri tradizionali, si
alternano a soggetti allegorici ma anche ispirati dalle tradizioni popolari.
Non mancano riferimenti alla vita lavorativa e alle leggende cavalleresche.
Fra i più importanti scultori del periodo romanico, sono Benedetto Antelami, noto
per i rilievi della Cattedrale e del Battistero di Parma e Wiligelmo, che realizzò
decorazione della facciata della Cattedrale di Modena. Essi superano la rigida
frontalità delle figure per approdare ad una più complessa impostazione delle sculture,
composte su diversi piani di profondità.
Un cenno a parte merita la tecnica del mosaico, molto apprezzata in epoca romanica.
Dopo la grande stagione musiva avutasi nell'arte paleocristiana la tecnica a Mosaico
aveva subito un periodo di arresto. La ritroviamo a Roma tra l'XI e il XIII sec. e nel
San Marco di Venezia (1063), grazie al quale riceve un nuovo particolare impulso.
La presenza di maestranze bizantine specializzate, inoltre accresce il ruolo di Venezia
nel diffondere la cultura figurativa bizantina. Nell'ambito della diffusione della
narrativa romanica, l'Italia meridionale resta più legata alla tradizione bizantina.
Molto belli anche quelli dell'abside del Duomo di Cefalù (1148).
I soggetti sono impostati in modo solenne, ieratico, su sfondo oro. Cappella
Palatina (1154), e Duomo di Monreale (XII), presentano figurazioni evangeliche
che ricordano invece le contemporanee composizioni di san Marco a Venezia.
Segno che in Sicilia maestranze venete vanno sostituendosi alle precedenti
bizantine.
Questi mosaici fanno capire quanto forte fosse ancora in Sicilia la cultura di stampo
orientale.
A Monreale ad operare saranno maestranze locali formate su mosaicisti bizantini e
veneziani.
Da ricordare i pregiatissimi mosaici della Cappella Palatina, quelli della sala di
Re Ruggero e quelli della Martorana a Palermo.
L'arte gotica nasce in Europa nei sec XII-XIV in un periodo
che conosce profonde trasformazioni economiche e sociali. Si supera infatti progressivamente
la società feudale e si formano nuove classi sociali, come quelle dei commercianti o dei
banchieri.
Il termine gotico fu adoperato dagli umanisti italiani come sinonimo di barbarico, per
distinguerlo dal romanico essendo, il gotico, proveniente dalle regioni d'oltralpe.
Di un vero e proprio atto di nascita del Gotico forse si può parlare nel 1140, quando venne
ricostruito il coro dell'abbazia di Saint-Denis in Francia.
In pittura si assiste allo sviluppo dei dipinti su tavola. La committenza è adesso anche da
parte di nobili e ricchi borghesi. Il clero commissiona invece dei dipinti su tavola, detti
pale d'altare o, se su più tavole – detti polittici. Il polittico è la forma più tipica
della pittura gotica... ogni scomparto è generalmente definito da un arco acuto, che può
essere trilobato e che poggia su esili colonnine.
Tutto richiama l'architettura. Le decorazioni della cornice fanno pensare a pinnacoli e
non mancano motivi floreali; vi è in pittura una spiccata attenzione per la resa dei
particolari ma tutto è caratterizzato da una mancanza di profondità. Il fondo delle tavole
è dorato, al fine di immergere le figure in una atmosfera ultraterrena.
I volti, leggermente stilizzati esprimono sempre grazia e compostezza, (le espressioni
rivelanti umani sentimenti, di dolore come di gioia, costituiscono un esplicito richiamo
all'essere terreno e pertanto sono accuratamente evitate). Anche gli elementi naturali,
quando vengono introdotti, sono sempre stilizzati. Nella scultura gotica i Pisano,
segneranno una svolta. Famiglia di scultori, il capostipite Nicola era forse originario
della Puglia. Essi operarono tra Pisa, Siena ed altre città del centro Italia.
In particolare, dallo studio degli antichi sarcofagi romani, trassero indicazioni per il
recupero dei volumi e dello spazio. Con loro fu definitivamente superato il limite della
scultura romanica di porre le figure su un unico piano di rappresentazione.
Le forme divennero più plastiche e salde, acquistando nel contempo naturalismo e una
certa "verità". Le loro composizioni, benché a basso rilievo, agivano in uno
spazio dove i piani di rappresentazione si sviluppavano in profondità.
La "Madonna con Bambino" di Giovanni Pisano, del 1306, attenua la
tensione della linea gotica, dissolvendola in un naturalismo che preluderà ad i futuri
sviluppi del Rinascimento. Mentre per l'arte romanica si pervenne a declinazioni locali
che sostanzialmente non si allontanarono da una unica matrice, per l'arte gotica si può
affermare che sul piano stilistico emersero differenze -ad es. tra arte italiana e arte
francese-, molto rilevanti.
In Italia si assisterà ad un ritorno al naturalismo e alla razionalità terrena della visione,
che verrà ad opporsi al precedente misticismo antinaturalistico di cui la cultura bizantina
era promotrice.
Cimabue, intorno al 1265 realizzerà un Crocifisso dipinto, dove il corpo del Cristo è curvo
come un arco. Cimabue in tal modo diviene il primo a fare entrare nella tradizione bizantina
una ricerca di effetto plastico, anche attraverso l'introduzione del chiaroscuro.
Inoltre l'immagine del Cristo, esprime dolore a acquisisce una inedita umanità per le
figurazioni di allora.
Si mantiene invece sul piano di una concezione antinaturalistica dell'arte la Francia, dove
al posto della razionalità della rappresentazione, viene proposto l'effetto decorativo delle
linee curve e dei colori vivaci. In Francia, si perviene ad un'arte più laica che esprime i
nuovi ideali cavallereschi dell'Europa cortese.
Nel corso del XIII e XIV secolo, l'arte però continua ad essere per certi versi subordinata
all'architettura e vista come decorazione in particolare di edifici religiosi.
Mentre in Europa si sviluppa l'arte delle vetrate colorate, il cui fiorire fu sostenuto dal fatto
che gli edifici presentano ora sempre più, uno scheletro strutturale che riesce a liberare
ampie superfici da destinare proprio alle figurazioni su grandi vetrate e superfici murarie
ridotte, e strutture che non saranno più atte ad accogliere i cicli decorativi ad affresco, in
Italia l'architettura continuerà a dare ai pittori ampie superfici murarie su cui intervenire
con la pittura. Emerge nel 1300, una rivoluzionaria figura che contribuirà allo stacco dalla
cultura figurativa bizantina, -che continuerà però per tutto il XIII sec. ancora ad influenzare
gli sviluppi di parte dell'arte pittorica italiana-.
Con Giotto la pittura si riscatta e comincia a rappresentare delle azioni. Giotto inserisce i
personaggi cui conferisce volume attraverso il chiaroscuro, in uno spazio architettonico reale
con l'attribuzione di profondità. Sfrutta la diversa tonalità che il colore assume in funzione
della luce che colpisce gli oggetti e i corpi. Illuminante a tal proposito l'osservazione di Argan:
“le variazioni della luce- afferma - avvengono all'interno delle figure, come modulazione
chiaroscurale del colore che passa da una figura all'altra.
Questa costruzione ottenuta con le quantità luminose e le qualità dei colori è già in nuce, una
costruzione tonale". Conferisce tridimensionalità alle sue figure.
Comincia ad applicare, seppure in maniera intuitiva e non scientifica, lo scorcio e la prospettiva.
Egli fu il primo pittore a produrre immagini vicine ad essere definite realistiche. Agisce a Roma
e a Milano, a Firenze e a Napoli, ad Assisi e a Padova.
Nel 1300 esegue gli affreschi della Cappella degli Scrovegni, a Padova.
Nelle “Storie della Madonna e del Cristo” la scena che rappresenta il
“Compianto sul Cristo Morto”, già ci porta in un mondo nuovo per la pittura
del tempo.
Per la prima volta il fulcro compositivo è spostato sull'ideale centro del pathos: la testa di
Gesù Cristo, sul quale convergono gli sguardi dei personaggi e le direttrici compositive
dell'affresco.
“ al centro, il gesto delle braccia di san Giovanni, collegandosi all'obliqua della
roccia, saldai due grandi temi del dolore in terra e del dolore in cielo” - Argan,
Storia dell'arte italiana, Sansoni.
Questi pochi riferimenti non sono altro, che dei piccoli spunti per comprendere l'enorme
portata rivoluzionaria della pittura di Giotto, che si può considerare a buon diritto un
personaggio chiave per l'evoluzione della produzione artistica pittorica a seguire.
A Siena si afferma invece un linguaggio più affine alla Francia e allo stile gotico.
Protagonista del gotico senese è Simone Martini. Egli realizza nel 1333
l'”Annunciazione” dove, nell'eleganza estrema delle linee e della costruzione
di oggetti raffinatissimi, definisce il suo bello ideale che si contrappone alle ricerche
orientate all'emergere di un bello di carattere “morale” di Giotto.
Compianto sul corpo di Cristo
San Giovanni Battista
Vir dolorum
San Giovanni Evangelista
Crocifissione
Crocifissione
Madonna in trono col Bambino
La Vergine Annunciata
Annunciazione
Annunciazione
Nascita di Gesù
La presentazione di Gesù al Tempio
La visitazione dei magi
Crocifissione
Francesco d'Assisi stigmatizzato
Visione panoramica della Sala V
Il termine Rinascimento fu utilizzato da Vasari
nelle “Vite”, proprio per identificare quella rinascita delle arti che, in
Italia si stava sviluppando già dall'inizio del XV sec.
Consiste in quella nuova visione culturale, in quel rinnovamento d'arte e di pensiero, che nasce
nel 1400, e che si avvale in una prima fase delle tematiche formatesi in seno
all'Umanesimo per poi definirsi compiutamente nella prima metà del '500.
L'Umanesimo, sorto come movimento letterario, anche sotto il punto di vista
etimologico del termine, ci conduce agli Studia Humanitatis, volti alla
conoscenza delle problematiche dell'uomo da un punto di vista etico.
Centro della cultura umanistica sarà Firenze... l'arte, non sarà più considerata come
un'attività manuale bensì intellettuale. Da Firenze partiranno quei principi
che, anche per ciò che riguarda l'arte e l'architettura, si irradieranno in
varie parti d'Italia. La corte di Lorenzo il Magnifico si compone di una vasta
cerchia di letterati che mirano a diffondere il pensiero di Platone, in diretta
opposizione con le dottrine aristoteliche. La filosofia di Platone viene ripresa
per ciò che riguarda il primato dello spirito dell'uomo, e la sua capacità di
salire dalle tenebre alla luce. Determinante fu l'influsso dell'Accademia
neoplatonica di Firenze, che si era formata proprio nel periodo di Lorenzo il
Magnifico.
L'umanista Marsilio Ficino sancisce con i suoi scritti un nuovo
rapporto con l'epoca classica: nella saggezza degli antichi si può ritrovare
quella valorizzazione del pensiero e dell'azione dell'uomo al di fuori delle
tradizionali visioni collegate alla religione cristiana. Ficino aveva tradotto
le opere di Platone e un insieme di scritti attribuiti ad Ermete Trimegisto,
leggendario personaggio, dal quale si dedussero dei principi esoterici.
L'ermetismo voleva indagare i rapporti dell'uomo con il cosmo.
C'è un riferimento con tutto quel repertorio di simboli alchemici e astrologici della
tradizione medievale, insieme ai miti dell'antichità. Non bisogna pensare che il
recupero della tradizione pagana e del pensiero classico si siano voluti
riprendere in contrapposizione alla religione cristiana....Si tenterà anzi, in
questo periodo una sorta di mediazione, di conciliazione tra le tematiche
dell'umanesimo e la visione religiosa. Conseguenza dell'umanesimo è una nuova
concezione dell'arte che conduce ad una ricerca del rapporto uomo-natura.
In arte il “naturalismo”, che parte dal principio che l'arte debba imitare la
natura, condurrà a considerare l'uomo al centro dell'universo come misura di
tutte le cose. In scultura questo porterà ad una più attenta e consapevole
caratterizzazione di gesti ed espressioni, anche se, questo “realismo” sarà
sempre attenuato dall'esigenza di tendere agli ideali di bellezza e perfezione.
Il classicismo rinascimentale, attuerà quel continuo riferimento, alla
produzione artistica dell'antichità classica, latina e greca per risvegliare
quel principio di bellezza come equilibrio ed armonia, razionalità e perfezione
di proporzioni. Anche se, nelle rappresentazioni non si perverrà nel corso del
1400 a caratteri prettamente descrittivi.
La riscoperta del mondo classico comporterà pertanto il recupero dei modelli
artistici dell'antichità e si farà un sempre più esplicito riferimento al
“Classicismo”, ma soprattutto l'innovazione consisterà nel fatto che
adesso l'uomo, con tutte le sue facoltà intellettive sarà considerato protagonista
della storia e la rappresentazione del mondo circostante si porrà in funzione
di colui che lo osserva.
Così avviene che al punto di vista dell'osservatore, nella rappresentazione visiva,
tutti gli elementi diventano subordinati.
L'arte del Quattrocento pertanto si baserà, su un nuovo modo di rappresentare lo
spazio: la prospettiva.
Approccio scientifico alla visione e bisogno di stabilire regole fra le parti,
per ottenere l'armonia dell'insieme, si tradurranno anche nello studio delle
proporzioni.
Pittura e scultura ormai completamente autonome, esprimeranno la ricerca di armonia ed
equilibrio fra i vari elementi compositivi.
Tre le personalità di spicco: Brunelleschi, Donatello e Masaccio.
È il concorso del 1401 per la porta bronzea del Battistero di Firenze, cui
parteciperanno Brunelleschi e Ghiberti, a far notare per la prima volta quella
nuova tendenza che propende per il naturalismo e il classicheggiante.
Mentre la scena realizzata da Ghiberti si inserisce nel riquadro della formella,
Brunelleschi carica le sue figure di una dinamica visione che, volendo come
rifuggire dalla costrizione della cornice, appare più movimentata e libera
dell'opera svolta dal Ghiberti.
Donatello si può senza dubbio considerare l'iniziatore del classicismo
rinascimentale del 1400. Egli realizza quella sintesi tra le tendenze culturali
ed estetiche dell'epoca, fondendo il gusto dell'antico con una innovativa
impostazione naturalistica e le recenti teorie sviluppate nel campo dell'arte:
la prospettiva e la teoria delle proporzioni.
Donatello non si fa ingabbiare dai modelli classici della statuaria; trae anzi
spunto da essi per delle soluzioni originali.
Tutto il repertorio classico viene filtrato dalla sua capacità di reinterpretazione.
Emergono prepotenti le caratteristiche espressive dei volti, gli atteggiamenti
posturali. Si è parlato per Donatello addirittura di anticlassicismo.... ed in
effetti volendo valutare la scultura in legno della “Maddalena”, spicca una
decadenza corporea che si mostra nella sua cruda realtà. Questo ci porta ben
lontani dagli ideali classici di bellezza.
Il monumento più canonicamente classico di Donatello è il "Gattamelata", monumento
equestre che si riferisce esplicitamente alla statua equestre di Marco Aurelio in
Campidoglio. Ma è il "David" di Bronzo del Bargello l'opera più emblematica di
questo grande scultore... denominato David, si potrebbe anche trattare del Mercurio
vincitore di Argo. L'opera si ispira ai modelli classici, però l'accennata instabilità
della postura e l'atteggiamento suggeriscono un qualcosa di nuovo, di
straordinariamente umano. Forse un preannuncio dei primi sintomi della
successiva crisi degli ideali dell'umanesimo, oltre che della sua particolare
sensibilità di render partecipe un rapporto, quello con le antichità classiche,
con la realtà umana della gente.
Per ciò che riguarda la pittura, si abbandonano progressivamente i fondi oro ed
i corpi sono definiti nell'anatomia e nel movimento. Si afferma il ritratto.
Masaccio è colui che, al pari di Donatello e Brunelleschi opera una rivoluzione
nell'arte del 1400, portando alle estreme conseguenze il cammino intrapreso da
Giotto. Vi è in Masaccio una definizione rigorosa dello spazio, sulle leggi della
prospettiva formulate da Brunelleschi. Le figure non si trovano inserite in uno
sfondo che allude semplicemente ad un determinato ambiente, ma in uno spazio
architettonico o in un ambiente naturale concreto. La struttura volumetrica delle
figure è definita dal sapiente uso delle luci, delle ombre e dal
chiaroscuro.
Si fanno strada le caratterizzazioni della fisionomia dei personaggi...
Osservando la “Cacciata dei progenitori”, - 1425- opera realizzata nell'ambito
degli affreschi della cappella Brancacci in S. Maria del Carmine a Firenze,
notiamo una composizione piena di drammaticità, che non tende alla bellezza
ideale ma solamente ad evidenziare il dolore, dovuto al peso della colpa.
Questo dolore, tuttavia, non è mai urlante, ma sempre composto, dignitoso... e
le scene, che sono inserite in uno spazio reale, vogliono acquisire il diritto
di essere dato nella storia, eterna attualità di una documentazione di un
avvenimento universale.
Sensibile all'opera innovativa di Masaccio fu Beato Angelico, frate
domenicano.
La concezione dello spazio in chiave prospettica è utilizzata da Beato Angelico
per dare spessore alle composizioni che conservano una struttura di tipo
rinascimentale, dal carattere ovviamente spirituale e trascendente.
Di Beato Angelico si ricordano sovente le Annunciazioni, che sono un tema ricorrente
nella sua arte. Ne definisce un modello iconografico che vede la Vergine Maria
seduta a destra inquadrata all'interno di una struttura architettonica in
prospettiva. L'angelo a sinistra è nell'atto di svolgere il suo compito di
messo.
Un altro modo di concepire il problema della prospettiva è quello di
Paolo Uccello, considerato tra i più importanti pittori rinascimentali.
Chi non ricorda la “Battaglia di San Romano”. Qui anche gli spazi vuoti e le linee,
diventano elementi compositivi centrali. Danno il senso di un ritmo incalzante.
L'autore coltiva proprio una passione per la prospettiva, tanto da aver fatto
giungere a noi tramite un aneddoto di Vasari la frase: “Che dolce cosa è questa
prospettiva”. La vede non tanto in funzione della rappresentazione dello spazio,
ma in se stessa, come un modo per tradurre la realtà in termini geometrici.
I corpi sono oggetti da ridurre a forme geometriche da poter mettere in
prospettiva. Ecco perché la figura di P. Uccello si può accostare agli artisti
dell'arte contemporanea, ecco perché è così profondamente innovativo.
Principale teorico della nuova concezione dell'arte, esposta in tre trattati
sulla pittura, scultura e architettura è L. B. Alberti, architetto.
Ad Urbino è attivo Piero della Francesca. La sua formazione avviene a Firenze. Piero della
Francesca si pone in stretta relazione con gli ideali estetici di Alberti, e la
sua arte si può comprendere meglio alla luce dello studio di questo Architetto.
Piero applica la costruzione prospettica alla figura umana e la concepisce come
corpo solido nello spazio.
Altra grande personalità artistica sarà Andrea Mantenga che riuscì a fondere la
sua ricerca anatomica con la prospettiva e a realizzare nelle sue opere sorprendenti
scorci della figura.
Ad Antonello da Messina, si deve la diffusione in Italia della tecnica della pittura
ad olio, appresa dai fiamminghi. Di Antonello, che si confermò come uno dei maggiori
maestri del Quattrocento europeo, restano in Sicilia: Ritratto di ignoto
marinaio; la "Annunziata" della Galleria di Palermo, il "Polittico di S.
Gregorio" del Museo di Messina, e l' "Annunciazione" del Museo di Palazzo Bellomo
a Siracusa.
Infine Sandro Botticelli porta il fluido disegno dalle limnee sinuose dei Fiorentini
ad uno stile proprio di soavità e bellezza.
In un primo tempo la sua produzione è contraddistinta da una propensione verso le
visioni idealizzanti, vicine alle tendenze della corte di Lorenzo il
Magnifico.
Successivamente anche lui si avvierà verso una più tormentata visione che lo
porterà ad un rifiuto della cultura classica e lo congiungerà alla crisi degli
ideali della cultura dell'umanesimo.
C'è da dire che Botticelli era diventato seguace di Savonarola, che venne arso
nel 1498.
Addirittura sul finire della sua vita, Botticelli assumerà nei confronti della
prospettiva e della anatomia un atteggiamento ostile, giudicando le scienze come
malvagie e auspicando un ritorno alla semplicità dei primitivi.
Di Botticelli si ricordano maggiormente “La Primavera” del 1478 e la
“Nascita di Venere” del 1485. Tali opere vanno inquadrate nel contesto nel quale
Botticelli agiva. Tra gli anni 1470 e 1485 infatti frequenta la corte di Lorenzo
il Magnifico e viene influenzato dalle teorie neoplatoniche e dall'ermetismo di
Marsilio Ficino. Lui cerca la bellezza ideale, ma non come pura espressione di
un fatto estetico, bensì come risultato di una bellezza principalmente spirituale.
Ricorre all'allegoria e al simbolo di ispirazione classica.
Madonna con Bambino e i santi Antonio da Padova e Domenico
San Girolamo
Madonna dell'umiltà e angeli musicanti
Apoteosi di San Nicolò da Tolentino
San Girolamo penitente
San Giuseppe
San Bartolomeo
Madonna con Bimbo
San Rocco
Crocifisso
Santa Caterina da Siena intercede per l'anima di suor Palmerina
Nascita di sant'Eligio di Noyon, patrono degli orafi
Madonna della misericordia e santi
Due frati in un paesaggio
Episodi di una leggenda profana
Episodio di storia antica
Visione panoramica della Sala VI
E' il 1550, e Giorgio Vasari, nelle sue “vite” consacra
il 1500 a secolo classico per eccellenza, con un apogeo che vede al suo vertice la figura di Michelangelo
e una decadenza, con quegli artisti che ne ripetono le forme. Il pensiero critico contemporaneo ha
successivamente ampiamente rivalutato il Manierismo, facendolo addirittura risalire come fenomeno
già talvolta compreso in seno allo stesso Classicismo. Il 1500 rimanda immediatamente al genio
creativo di Leonardo,
Michelangelo e Raffaello. Senza dubbio, proprio grazie alla presenza di queste tre figure dominanti
il panorama storico-artistico, il 1500 rimane nell'immaginario collettivo, come una sorta di vetta
sublime, di traguardo acquisito nell'ambito della cultura espressiva italiana.
Questo secolo tuttavia, sia per gli eventi storici che lo caratterizzarono, sia per gli sconvolgimenti
che si concretizzarono nell'universo scientifico, culturale, religioso e sociale in genere sarà segnato
da profondi contrasti.
Nel 1500 Leonardo è a Firenze. Artista e scienziato, ritiene che l'esperienza della realtà debba essere
diretta, e che l'arte possa essere uno strumento di tale ricerca. Nel 1506 realizza la sua opera più
emblematica destinata a diventare nel tempo una delle opere pittoriche più note al mondo: la
“Gioconda”. Dietro la donna, appare un paesaggio... “infinitamente profondo,
fatto di rocce corrose e sfaldate tra corsi d'acqua, con un'atmosfera satura di vapori in cui si rifrange
e filtra la luce. Non è un paesaggio veduto né un paesaggio fantastico; è l'immagine della
natura naturans, del farsi e disfarsi, del ciclico trapasso della materia dallo stato solido
al liquido, all'atmosferico: la figura non è più l'opposto della natura, ma il termine ultimo del suo
continuo evolvere” - G. C. Argan Storia dell'Arte Italiana, Sansoni vol. III, 1982.
Michelangelo sarà pittore, scultore e architetto. Egli dedicherà la sua vita alla ricerca della perfezione
ideale secondo un criterio filosofico di stampo neoplatonico. Sosteneva, Michelangelo, che la scultura
in fondo esistesse già all'interno del blocco di marmo, occorreva solamente liberarla.
Ciò basti per comprendere come l'azione di Michelangelo si configura in un certo senso, come una
missione condotta per l'uomo e per l'arte. Afferma Argan: “Michelangelo non si propone tanto
di imitare o emulare l'antico quanto di trovare la sintesi, la continuità profonda tra la
spiritualità sublimata dell'antico e la spiritualità cristiana o medievale, ben più tormentata e drammatica”.
L'ansia e il tormento interiore costituiranno per Michelangelo la spinta per la creazione di molte delle
sue opere artistiche. La drammatica espressione, il senso di smarrimento, la tensione verso la ricerca...
tutti sentimenti di cui il secolo 1500, sarà portatore sono sintetizzati in questa straordinaria figura di
artista che alla fine della ricerca intuirà il senso ultimo dell'esistenza con la poetica del “non
finito”. Un artista che regalerà al mondo, oltre le sue numerosissime opere sublimi, la scultura
della “Pietà”, simbolo della pietà divina, simbolo della pietà terrena.
L'unione dell'umano e del divino nel comune sentimento di pietà universale verso tutte le creature
della terra.
Raffaello caratterizzerà tutta la sua opera con una assidua ricerca di perfezione formale.
Sublime interprete degli ideali estetici del Rinascimento, seppe coniugare in modo personale la visione
spirituale del Cristianesimo con gli ideali classici diventando un eccellente interprete dell'arte
ufficiale della Chiesa del tempo. Ma attenzione, questo non deve generare l'equivoco che l'arte di Raffaello sia
idealizzante. “Compito dell'artista – afferma a proposito di Raffaello, G.C. Argan –
non è di correggere la sembianza illusoria, ma di rendere manifesta, dimostrare la verità della sembianza.
E' proprio per questa unità di contingente e trascendente nella solare evidenza della forma che l'arte di
Raffaello è stata immediatamente capita, è diventata subito ed è rimasta popolare; ed è stata l'arte ufficiale
della Chiesa in un momento in cui era di fondamentale importanza difendere l'evidenza della rivelazione
contro l'ansia del problema religioso”.
Nel 1508, Raffaello si trasferisce a Roma dove ha inizio una delle sue più importanti opere: la decorazione
della “Stanza della Segnatura” nell'appartamento di Giulio II in Vaticano, in cui esprime
magistralmente il tema della continuità ideale tra il pensiero antico e quello cristiano.
La “Scuola d'Atene” presenta tutti i filosofi riuniti, fra i quali spiccano al centro Platone
e Aristotele: uno indicante con un dito verso l'alto il mondo delle idee, l'altro a sua volta con la mano
verso il basso, lo studio della natura. Le bellissime Madonne invece appartengono al periodo in cui,
Raffaello si trova a Firenze, nel 1504. La cosiddetta scuola romana di Raffaello, si inserisce nella
tendenza alla costante ripresa del mondo classico e nella reinterpretazione di scene desunte dalla
mitologia e dalla iconografia astrologica. La scoperta della “Domus Aurea”, dona a
Raffaello motivo di ispirazione e, le decorazioni parietali a grottesche, diventano un motivo ricorrente
del suo repertorio decorativo.
Come per Raffaello fonte di ispirazione fu il ritrovamento della Domus Aurea, così per molti altri artisti
del tempo, fattore non trascurabile fu la scoperta nel 1506 del gruppo scultoreo del Laocoonte a Roma.
Questo rinvenimento archeologico, alimentò infatti un vero e proprio culto per le antichità classiche,
che vennero prese a riferimento per la successiva produzione artistica. In sintesi si può affermare che
l'arte del 1500 si divide in due periodi principali: uno che ricopre il primo trentennio, nel quale si
raggiunge l'apice dell'arte rinascimentale anche se in esso si possono cogliere già i primi segnali del
futuro sviluppo del Manierismo; e uno che comprende i successivi decenni caratterizzati, non dalla
mera imitazione dei grandi maestri come spesso si tende ad affermare, bensì dalla nascita ed evoluzione
di un particolare linguaggio denominato Manierismo. L'arte diventa essa stessa ricerca inquieta di un
equilibrio, di una armonia ormai perduta. Allo scopo di comprenderne le motivazioni, è utile tentare
di inquadrare il contesto storico-politico di questo periodo, anche perché, proprio in relazione a questo,
cambiò la committenza, elemento di fondamentale importanza per l'evoluzione dell'arte cinquecentesca.
Infatti, ai Signori del 1400 si sostituiscono nel '500 le corti papali e quelle dei potenti sovrani.
Nel corso del 1500, l'impostazione degli assetti politici europei muta anche in relazione alla riforma
luterana, che, avendo messo in discussione la supremazia della Chiesa romana, causa una divisione
del mondo cristiano. La Spagna assumerà un ruolo di rilievo con l'acquisizione della corona imperiale,
mentre l'Italia perderà progressivamente quella autonomia che nel corso di tutto il 1400 l'aveva
contraddistinta. Nel 1527 il “sacco di Roma” compiuto dalle truppe di Carlo V, assesta
un duro colpo al già vacillante potere dei Papi, tanto da fare accettare a Clemente VII di incoronare
Carlo V a Bologna nel 1530. Tra il 1500 e il 1525 Roma aveva rappresentato il ruolo di capitale del
mondo Cattolico, e i Papi, come Giulio II, avevano avuto parte attiva nella politica e nell'arte.
Agli inizi del 1500 erano infatti stati convogliati a Roma i massimi artisti dell'epoca come Bramante,
Michelangelo e Raffaello.
Con il sacco di Roma molte personalità artistiche lasciano però la città e si avrà quella crisi profonda
che contribuirà alla nascita delle manifestazioni artistiche tipiche del manierismo. Anche la sconfitta
della Repubblica fiorentina determinerà un crollo degli ideali umanistici sui quali si era fondato gran
parte del pensiero artistico. Firenze fino al primo decennio del 1500 aveva mantenuto un ruolo di
preminenza nelle arti. Basti dire che qui avevano operato all'inizio proprio Leonardo, Michelangelo e
Raffaello. Solamente dopo il 1530, con il ritorno sulla scena fiorentina dei Medici, Firenze si
riapproprierà di un ruolo nello sviluppo delle arti. Anche il mondo della scienza fornì il suo contributo
agli sconvolgimenti socio- culturali e religiosi del tempo. Nel 1543, Copernico, esponendo la sua teoria
sulle orbite dei pianeti, scardina la visione geocentrica del sistema tolemaico sul quale si fondava tutta
la cosmologia aristotelica. Emerge un universo eliocentrico e la scienza si conferma come basata
sull'indagine della realtà.
La Chiesa, vede sgretolarsi a poco a poco tutti i pilastri sui quali aveva basato le sue teorie... alleatasi
con la Spagna, instaurerà il periodo della Controriforma per opporsi alla Riforma di Lutero,
riaffermando l'autorità papale. La Chiesa cattolica con la controriforma si irrigidirà su posizioni che
coinvolgeranno la produzione artistica poichè tenderà ad abolire ogni personale interpretazione dei testi sacri. Non rappresentando più la religione garanzia di verità assolute, l'arte risentirà di quel clima di ricerca ansiosa di verità e di Dio. In questo periodo si fondano nuovi ordini religiosi, come quello della Compagnia di Gesù di St. Ignazio di Loyola, che contribuirà alla diffusione di un certo tipo di arte.
L'intramontabile suggestione del mondo classico rimarrà tuttavia per tutto il corso del XVI sec.
Anche se la Chiesa, tenterà una restaurazione morale del Cristianesimo cercando di contenere l'interesse
per il mondo pagano e per tutti i suoi simboli. Nel corso del 1500 emergeranno diverse scuole locali:
quella veneta, quella lombarda e quella emiliana. Vedremo pertanto il prevalere del disegno nell'area
toscana e romana, e quello del colore tonale nell'area veneta.
La Repubblica veneziana in questo periodo mantiene la sua indipendenza. Crea una scuola con delle
prerogative originali e un proprio linguaggio. Il colore assume, come accennato, un ruolo determinante
e l'esperienza veneta si orienterà essenzialmente sulla ricerca di variazioni tonali, rese in tutte le sue
variazioni di intensità e prive di contrasti. Si sviluppa quella che viene definita pittura tonale, in cui
il colore e la luce, sono intesi quali elementi fondamentali della composizione.
Cresce l'interesse per la rappresentazione del paesaggio: Giorgione, nell'opera dal titolo
“La tempesta”, rende il paesaggio vero ed unico protagonista dell'opera e, se
“l'istante è, qui, quello che precede il temporale”, come afferma Argan, senza dubbio
di una tempesta che spazza via le vecchie concezioni si tratta, quest'opera, profondamente riformatrice
e rivoluzionaria per tutti i contenuti di cui si fa promotrice. Adesso, grazie a Giorgione possiamo
affermare di notare un paesaggio con figure piuttosto che delle figure in un paesaggio. I raggi X
eseguiti per indagine sull'opera rivelano che in una prima versione il quadro al posto dell'uomo
presentava un'altra donna, che scendeva nell'acqua. Quale sia stato il ragionamento che condusse
l'artista a ritornare sulla sua decisione rimarrà, aldilà delle possibili ipotesi formulabili, un mistero,
come in fondo, un mistero sono un po' i soggetti delle sue composizioni artistiche.
Come la “tempesta” anche i “Tre filosofi” rappresenta un'opera
emblematica di Giorgione. Anche qui vi è una mancanza di soggetti tradizionali che possono
decifrarsi attraverso delineati e sperimentati codici di interpretazione. Altra personalità di immenso
rilievo artistico è Tiziano.
Tiziano coinvolge l'osservatore in un modo da fargli rasentare la convinzione di una possibilità di
totale immedesimazione, una fusione con le immagini del quadro. La compenetrazione rende l'uomo
capace di comprendere la lezione di Dio. E in Tiziano tutto ruota sulla sapiente disposizione delle
figure, dei movimenti che creano spirali, vortici dai quali è difficile uscire, staccarsi.
Egli basa la sua arte su una maggiore dinamicità delle figure e sulla grandiosità compositiva.
Ma questo suo modo di saper rendere il movimento non può non derivare da una veloce resa
dell'immagine iniziale. E' come, cioè, se bloccasse tutto i tempi rapidissimi e poi definisse tutti
i particolari successivamente, per confermare l'emozione provata in primo luogo da egli stesso.
In Tiziano troviamo una libertà di pose e una vitalità che si impongono come realtà e negli stacchi
di luce e di ombre, risaltano immagini espresse in composizioni complesse.
L'”Assunta” dei Frari a Venezia, del 1516, vede una Madonna che sale al cielo e in
questo moto ascendente coinvolge tutto l'intorno che sembra aspirato in un vortice serpentinato.
Il colore azzurro-grigio dietro gli apostoli, si stempera verso l'arancione del cielo del Paradiso.
Altra opera straordinaria di Tiziano, è il “Ritratto di Paolo Farnese coi nipoti Alessandro e
Ottavio”- 1546-. Qui Tiziano riesce a cogliere la psicologia del personaggio che dice tutto
dalla sua espressione. Il Papa è mostrato vecchio e debole, ma trasuda una energia incredibile...forse
Tiziano rivede un po' se stesso da vecchio, e conferisce a questa immagine una vitalità espressiva
fortissima.
La vita di Tiziano fu estremamente lunga (1487-1576), ed egli non si stancò mai di dipingere.
È quindi normale che nel corso della sua vita il suo linguaggio si sia evoluto verso nuove forme
espressive. Due opere a confronto, lo stesso soggetto: il “Cristo coronato di spine”.
Quello del 1542, e quello realizzato nel 1570. Si può notare che l'uso della luce è estremamente
cambiato. La superficie, che prima faceva spandere la luce nella materia del quadro, conferendo
morbidamente volume pur nella dinamicità della composizione, ora si dissolve in una molteplicità
di tocchi vibranti di luce, più caldi, e l'effetto è molto più drammatico e al contempo realistico.
Nel 1555 aveva eseguito il suo “Autoritratto”. È come se il pittore emergesse dal
fondo solamente grazie alla poca luce filtrata ed è come se essa ne rivelasse l'essenza.
Un uomo estremamente intenso nell'espressione e nello sguardo che appare inumidito, sentitamente
commosso da qualcosa che non vede al di fuori di sé, ma dentro sé. E quella stessa luce che rivela
così delicatamente la sua intima verità, spara sulle superfici anonime dell'apparenza esterna, la
camicia che indossa, il tavolino sul quale è poggiata una mano.
Grazie alla critica moderna si è avuta una rivalutazione del Manierismo, che dal 1600 fino alla
fine del 1800, fu giudicato se non in modo sempre negativo, sicuramente poco aderente alla reale
portata artistica. Il manierismo può anch'esso suddividersi in un primo e in un secondo manierismo.
Il primo si può inquadrare dal 1520/30, si attesta alla Toscana dove troviamo tre artisti: Beccafumi,
Rosso Fiorentino e Pontormo.
Ed è proprio dalla loro opera che, nella II decade del 500 si sviluppa la tendenza pittorica del
Manierismo.
Domenico Beccafumi detto Mecherino si forma a Roma intorno al 1510. Ebbe una particolare
tendenza all'utilizzo della luce realizzando nelle sue opere degli inediti effetti di colore-luce-ombra.
Pontormo è noto per il suo sovversivo senso del colore. Un colore irreale, incoerente, livido eppure
chiaro e luminoso nelle gradazioni tonali dei colori puri. La composizione delle figure, irreale, si
evidenzia in una delle opere più note: la “Deposizione”.
Osservando il quadro notiamo subito una incoerenza. Dove si poggia il peso del Cristo?
Come si manifesta, visto che i personaggi che lo reggono non mostrano tensione dei muscoli, e
tengono la postura dei piedi in punta, come se dovessero danzare piuttosto che sostenere?
Le figure sembrano agitarsi, non per esprimere un evento tragico, ma per assecondare la composizione
di un ritmo, di un ballo. A questo contribuisce il colore, reso senza luci né ombre.
Rosso Fiorentino è noto per la “Deposizione” di Volterra, dai colori squillanti, intensi
e dai gesti scomposti. Le figure sono come geometrizzate quasi a sottolineare la tragicità di un evento
che irrigidisce nel dolore. Gli uomini sembrano indaffarati nel deporre il Cristo come se si trattasse
di un lavoro da compiere con estrema cura. Solo l'immagine del volto del Cristo richiama un senso
di spiritualità. Egli sorride, come in una beatitudine ritrovata dopo il dolore. E i colori gridano, ma
non esprimono gioia, liberazione, ma la condanna terrena dell'uomo imprigionato da una condizione
che non lo allontanerà mai dalla presenza della morte.
Nel Veneto invece opereranno Paolo Veronese, noto per gli affreschi delle ville nobiliari venete,
e Tintoretto che si esprime con violenti contrasti di luce e ombra che conferiscono particolare
drammaticità alle opere. Veronese ama i colori chiari, i toni freddi e gli effetti di nitida trasparenza.
Passato alla storia per l'avere saputo esprimere nelle sue opere il gusto della gioia di vivere e le
fastosità della vita mondana, crea opere a sfondo allegorico.
Una delle sue composizioni più note è la decorazione di Villa Barbaro a Maser del 1561.
Uno dei particolari dell'affresco più noti al pubblico è senza dubbio quello della Giustiniani-Barbaro
al balcone, presente nella volta della sala chiamata dell'Olimpo. Qui più che altrove si notano, oltre
alle perfette armonie tra la struttura architettonica e gli affreschi, le espressioni dei personaggi, quasi
colti in gesti casuali. Tutto è come nell'atto di rappresentare … Veronese fissa i personaggi nella
luce e nel colore, come presi prima delle fasi di ripresa di un film, prima del ciak.
Tintoretto invece, dipinge con pennellate di luce rapide, accennate eppure definite, la sua è una
concezione molto evoluta che desidera suscitare rapidamente sensazioni visive, le immagini sono
come messe in scena, per colpire più che per raccontare. C'è quasi sempre ritmo, nelle sue composizioni.
Un ritmo dato dalla ripetizione delle linee, dalla direzionalità dei gesti, dalla ripetitività di determinati
contrasti. E tutto è dramma e nel gioco di luci ed ombre, si concretizza la struggente, solenne essenzialità
dell'evento. L'opera dal titolo “ultima cena” del 1594, trasporta l'osservatore dentro la
dimensione del quadro. Questo coinvolgimento il pittore lo ottiene attraverso la composizione delle
figure che sembrano popolare uno spazio realmente esistente, se non nella verosimiglianza reale,
sicuramente in quella del piano emotivo. L'improvvisa luminosità che appare vibrante sulla tela come
materia viva, è accentuata da profondi toni scuri.
Infine un cenno alla pittura emiliana del tempo che si esprimerà attraverso il suo massimo esponente:
il Correggio, e che determinerà successivamente la nascita della scuola eclettica dei Carracci che
fondarono l'accademia degli Incamminati. In Emilia il manierismo fu inoltre diffuso dal Parmigianino
a Bologna. Egli riceve dal Correggio la tendenza ad una eccezionale morbidezza del disegno che si
mescola ad un gusto per le forme sinuose e allungate solennemente espresse nel suo noto capolavoro:
“La Madonna dal collo lungo” del 1534. L'eleganza predomina sulla bellezza.
L'atteggiamento sulla realtà delle forme che sono contraddette, per assecondare i contorni lineari
del disegno allungato.
Continuatore del Parmigianino, sarà il Primaticcio, che contribuì alla nascita della scuola di
Fointainebleau.
Madonna col Bambino e con San Giovannino
Nascita di Adone
Compianto sul corpo di Cristo
Visione panoramica della Sala VII
Ritratto d'uomo
Ritratto di Donna
Autoritratto
Ritratto di giovane conversa
Ritratto di procuratore
Cristo di pietà con gli angeli
San Martino e il povero
Visione panoramica della Sala VIII
Santa Caterina d'Alessandria
Visione panoramica della Sala IX
Per comprendere l'arte di questo periodo, fatta
di ombre e di luci, di squarci fantastici e deliranti
come di approcci, di tipo scientifico orientati alla visione della realtà, è
necessario dare uno sguardo alla condizione socio-politica
del tempo.
Il 1600, che è considerato il secolo del Barocco, si apre con il
supplizio di Giordano Bruno. Si manifesta una crisi
economico-sociale proprio a partire dai primi decenni del 1600 in tutti i paesi
dell'Europa Occidentale, per cui si acuisce la
differenza tra quei paesi in cui si assiste ad un ritorno ad una economia di
tipo agricolo, come l'Italia, e quelli in cui invece
cominciano a svilupparsi sistemi basati sul commercio, come Francia e Olanda.
La prima metà del 1600 in Europa, è caratterizzata storicamente dalla
predominanza delle case d'Asburgo di Spagna e d'Austria.
Nel 1659, la pace dei Pirenei conclusa tra Filippo di Spagna con la Francia,
segna la fine della supremazia Asburgica in Europa.
Dopo, politicamente la situazione volgerà a favore della Francia e si imporrà la
supremazia assolutistica di Luigi XIV, che è già Re
nel 1643, e che assumerà il governo della Francia nel 1661.
L'Italia che, per tutto il Seicento era rimasta al centro della cultura europea,
nel Settecento cederà tale predominio alle grandi corti
d'Europa, e la Francia assumerà un ruolo principale.
Può definirsi barocca l'arte che inizia alla fine del 1500 e che si
sviluppa fino agli inizi del 1700.
Ovviamente, gli spunti sono molteplici, e l'arte ne accoglie le varianti
arricchendosi di varie sfumature espressive.
Pertanto possiamo distinguere all'interno di una unica matrice, alcune
principali correnti come: quella relativa alla cosiddetta
pittura di genere, di stampo pittorico-naturalista; quella
classicistica, come ad es. quella che si sviluppa a Versailles,
e quella molto più orientata ad una ricerca sociale e veristica.
Ma andiamo con ordine. Nel Seicento l'arte è fortemente condizionata dalla
Chiesa, che comunque anche nel Settecento rimane una
dei massimi committenti delle opere d'arte che usa per affascinare e convincere
i fedeli.
L'osservatore deve essere stimolato e coinvolto, e all'artista viene concesso a
tal fine di
esprimersi in forme libere, aperte e variamente articolate pur di raggiungere
l'obbiettivo. L'arte è lo strumento di propaganda religiosa più importante e
pertanto assume caratteristiche
di popolarità, realisticità e monumentalità decorativa.
In alcuni casi è anche “convenzionale”, dal momento che i vari
repertori iconografici, proposti dalla Controriforma,
mirano a stabilire le modalità di rappresentazione della scene sacre.
Trionfa il Barocco che però non si deve immaginare come limitato ad esprimere
l'arte della Chiesa, ma bensì anche interprete di altri
fermenti culturali. Il termine riunisce infatti come accennato tendenze anche
molto diverse tra loro come, ad es. il classicismo della
corte di Luigi XIV, il realismo della pittura di Rembrandt o Vermeer o ancora la
pittura di Caravaggio. Espressione delle inquietudini
politiche e dei drammatici contrasti religiosi del suo tempo, il Barocco esprime
l'ansia di soluzioni sempre nuove, proprie di una società
che ha perduto molte certezze, e in cui la concezione rinascimentale dell'uomo
centro dell'universo è da ritenersi superata.
I protagonisti sono dei grandi nomi della storia dell'arte. Spicca infatti ad
esempio, il Bernini, che seppe coniugare magistralmente
l'attività di scultore, con quella di architetto e scenografo. Egli, non rinnega
la tradizione rinascimentale, della quale accoglie il classico
equilibrio, ma infonde attraverso una nuova sensibilità verso le forme, un gusto
particolarmente scenografico e spettacolare alle sue
opere, nell'esaltazione della componente del movimento, che si traduce come in
un soffio di vitalità alla materia inerte, per farla
diventare viva. Per citare qualcuna delle sue note sculture, “Il ratto di
Proserpina”, il “David” e
“Apollo e Dafne”.
La pittura del 1600, vede lo svilupparsi di una corrente artistica mirante al
recupero di una naturalezza, e di una efficacia comunicativa
legata al disegno dal vero e al ripensamento delle opere dei maestri del 1500.
Sono i Carracci, che fondano la cosiddetta Accademia
degli incamminati.
Bollati come “eclettici” i Carracci, sono stati poi rivalutati dalla
critica contemporanea.
Spicca soprattutto la figura di Annibale; con lui si supera quella impostazione
iniziale che vedeva preponderanti le motivazioni a
carattere religioso e si apre una nuova strada per la pittura decorativa.
Nelle prime opere bolognesi - come ad es. “La Macelleria”-, non vi è
traccia di compiacimento per i particolari, ma
ricerca di possibilità di rappresentazione oggettiva. Carracci riesce a fondere,
una certa impostazione di stampo
“pittorico-naturalista” lombardo, veneto ed emiliano, al carattere
aulico e classico derivante dalla tradizione decorativa
Romana. Si serve della mimesi, ma non come mera imitazione, ma piuttosto come
spunto per liberare la fantasia nell'evocare le forme.
Una delle opere più note è quella che lo vede impegnato nella realizzazione, a
Roma alla fine del 1500, della Galleria di Palazzo Farnese,
dove si ispira alle Metamorfosi di Ovidio. Si tratta del trionfo di Bacco e
Arianna, che sono attorniati da coppie altrettanto mitologiche e
racconti aventi come tema centrale, l'amore. Per dipingere questi affreschi
pensa all'opera di Michelangelo e di Raffaello.
Rivede e rivaluta l'arte della cultura classica e del Rinascimento. La sua
interpretazione naturalistica è disinvolta, mescola elementi
veneti, con quelli romani e emiliani, e non mancano i riferimenti a figurazioni
allegoriche e agli stemmi dei Farnese.
Nel 1602, realizza la lunetta, “La fuga in Egitto”: qui, si nota che
l'elemento naturalistico non è solo sfondo, ma in un
certo senso prevale sul tema narrativo. L'evento religioso si lega alla
rappresentazione della natura, e il sentimento religioso appartiene
ad essa, in armoniosa sintesi che lega l'uomo a Dio, attraverso la natura, che è
umana, che è
divina nel suo vario manifestarsi sulla terra.
Carracci fece scuola.
Molti pittori nel 1600 si ispirarono al suo linguaggio. Ad esempio Guido Reni,
di cui ricordiamo il noto “Atalanta e
Ippomene”, del 1620, dove l'armonia delle forme e degli atteggiamenti
comunicano un senso di grazia pervasa da atteggiamenti
patetici, quasi distaccata dalla dimensione reale. Il contrasto che deriva dal
colore scuro dello sfondo e della luce che pervade le figure
con tutti i toni intermedi, eleggono quest'opera a capolavoro della visione
artistica di Reni, che si conferma autore singolare, originalissimo
nel suo reinterpretare. Infine come non citare il Guercino, con le sue opere
intrise di una atmosfera rarefatta nelle ricche gradazioni tonali
e il Domenichino, che, con i suoi paesaggi, gettò le basi per la definizione
della pittura del paesaggio seicentesco (vedi: Paesaggio con la
fuga in Egitto del 1625).
Altro grande protagonista della pittura del 1600, è Caravaggio. Se Carracci
tendeva all'ideale, in arte, Michelangiolo da Caravaggio
vuole esprimere il reale. Una personalità discussa; a giudicare dai suoi
trascorsi ebbe certamente un temperamento impetuoso.
Da Roma, a causa di un omicidio, fuggì recandosi a Napoli prima e poi a Malta ed
in Sicilia. Eppure per lui l'arte non è evasione, ma
rigore morale nel denunciare i fatti. Come un documentarista, come un
fotoreporter, analizza la realtà, la restituisce in tutti i suoi toni
altamente drammatici. E per far questo usa la luce, e per far questo esaspera le
ombre. Utilizza cioè tutti quei codici di comunicazione
che collegano l'emotività alla percezione e diviene così l'autentico interprete,
di tutte le ansie
e le contraddizioni di questo secolo, metafora dei drammi del presente di ogni
epoca. Per l'artista il divino si manifesta negli umili. Questo è il filo
conduttore che unisce le sue opere a
carattere religioso. In questo Caravaggio osò molto, tanto da giungere a
raffigurare la Vergine nei panni di una donna qualunque.
La “morte della Madonna”, del 1606, mostra una donna lontana da
modelli idealizzati e irreali cui si era abituati; accanto
a Lei, gli apostoli, e la Maddalena, disperata e impotente come lo può essere
ogni donna, costretta a subire una perdita... e la tragedia è
umana e immensa nel suo schiacciante realismo.
Caravaggio traduce in pittura un sentimento oscuro, quello che pervade la vita
di tutti gli uomini, ma che solo pochi sanno come
rappresentare: quello della morte. La morte e la vita, due aspetti compresi
nello stesso piano, condividono la stessa superficie, quella della
vita e quella della tela. Cosa c'è, se non un profondo senso di malinconia,
nello sguardo del “Bacco adolescente” che
Caravaggio dipinse già nel 1590? Quel cesto di frutta, che evoca gioia e
dovizia, non è forse una natura morta? Cosa dire infine del
particolare dei piedi segnati, e le mani gonfie nelle vene, di “San Matteo
e l'Angelo”. La natura del Santo, è umana.
Umane sono le sue caratteristiche, e il suo sguardo, nel vedere l'angelo, è
forse anche un po' stupefatto, se non atterrito.
Lot e le figlie
Memento Mori / Vanitas
Mosè e Aronne col Faraone
San Girolamo
Bacco e Arianna
La Natività
San Luca
L'elemosina di Santa Elisabetta
museo «Amedeo Lia» |
Palazzo reale di Napoli |
Apollo come pastore che suona il flauto
Rissa fra giocatori di carte
Visione panoramica della Sala X
Con Luigi XIV l'arte francese si era orientata
alla esaltazione dello Stato, attraverso quelle forme auliche e maestose passate
alla storia come Grande Maniere.
L'ispirazione partiva dalle forme monumentali del barocco romano, che venivano
modificate e adattate al gusto delle monarchie francesi.
La nascita dell'Accademie Royale, nella II metà del 1600, aveva incentivato la
formazione di uno specifico gusto di ispirazione aulica e classicheggiante.
Pertanto, dagli inizi del 1700 si cominciò a determinare una sorta di reazione,
contro le espressioni dell'arte di corte che trovò, nella contrapposizione al
monumentalismo e all'arte della Grande Maniere la sua ragion d'essere.
Tale reazione divenne un elemento comune allo sviluppo di numerose correnti
artistiche europee.
Successivamente il periodo della reggenza di Filippo d'Orleans si assiste allo
spostamento del potere dalla Reggia di Versailles a Parigi; ciò determina la fine
del monopolio artistico della corte.
Durante il regno di Luigi XV nasce il Rococò.
Il Rococò, che dilagherà in arte e in architettura, si rivolgerà tuttavia
maggiormente alla decorazione degli interni.
Sarà un'arte che dilagherà nei costumi di vita, nelle arti minori,
nell'abbigliamento, nei giardini. I colori si smorzeranno nei toni tenui degli
ambienti di corte. Gli specchi contribuiranno alla realizzazione di ambienti
dove l'ambiguo gioco dei rimandi estenderà gli spazi all'infinito. La leggerezza
lentamente sostituirà il fasto, denso di corposità, del barocco. Si è concordi
nell'affermare che con il Rococò, il Barocco cede il passo ad un gusto più
frivolo, raffinato e disinvolto, ma dietro l'apparente spensieratezza si cela
forse la consapevolezza di un'epoca che è irrimediabilmente finita. Il Rococò
esprimerà un'arte che si rivolgerà all'effimero, indicando in tal modo che la
fine del barocco è ormai giunta.
Il termine Rococò deriva da rocaille, cioè grottesca, in
riferimento ad uno dei principali tipi di decorazione utilizzata da questo
stile.
Il Rococò si orientò anche ad un recupero dell'esotico e del pittoresco,
oltre che ad un gusto elegante, bizzarro e insieme fantastico. Le linee da
ondulate diventano estremamente mosse, quasi accartocciate. Le linee generatrici
sono quella ad “esse”, e a “c”. Si comincia a preferire
la decorazione in stucco a quella marmorea, proprio per assecondare questa
tendenza; Le pose sono languide e l'atteggiamento “cortigiano” delle
figure è quasi sempre presente. I contrasti forti del barocco, fatti di colori
accesi nelle pitture e di luci e di ombre nette in scultura, si stemperano e si
noterà un abbandono progressivo dei temi grandiosi che avevano caratterizzato le
rappresentazioni negli ultimi cicli pittorici del barocco. I contenuti che prima
erano aulici, verranno sostituiti con altri meno impegnativi. Le divinità
mitologiche più importanti ad es. ora si eclissano a favore di tutta quella
schiera di divinità minori come ninfe, satiri e baccanti. Il gioco delle forme,
dei colori e dei contenuti è l'elemento essenziale per l'arte rococò. Alle
proporzioni maestose subentreranno quelle più minute e si rivaluteranno le arti
minori. La piacevolezza formale, l'eleganza e la grazia espressa ad esempio,
nelle pose delle tipiche statuette, troveranno nella porcellana il loro
materiale più idoneo.
La Germania estenderà il nuovo stile anche alle architetture civili e religiose
e alla scultura, sostituendo i temi di ispirazione profana. Durante il barocco,
i pittori si erano dedicati a grandiose decorazioni ad affresco di interni, con
arditi scorci e effetti illusionistici atti a simulare sempre più grandi spazi
che si popolavano di diverse ed innumerevoli figure. Nel 1700 si attua il
passaggio: al grande affresco illusionistico subentreranno schemi asimmetrici
che tralasceranno la figurazione illusionistica dell'architettura.
Nei primi anni del secolo, gli ultimi dipinti eseguiti a Versailles mostrano già
come alle forme e al dinamismo del barocco, subentrino l'agilità e le linee del nuovo
gusto. Successivamente la pittura negli edifici sarà posta in grandi tele o
lunette.
In pittura Watteau, rappresenterà la società del tempo, vista come un paradiso
sognante. Fragonard, uno dei maggiori interpreti della pittura rococò, a sua
volta trasfonderà nelle sue tele la vera essenza del gioco sottile e malizioso
del rococò. Caricatura e pittura sociale troveranno in Hogarth, in Inghilterra,
la loro primaria espressione. Proprio ad Hogarth si dovrà la teorizzazione dei
principi del Rococò e della bellezza come un armonico intreccio della forma.
In Italia il passaggio verso una sensibilità nuova si può notare già nella
pittura di Giordano, pittore napoletano dei primi del 1700. Con lui la
grandiosità barocca di P. Da Cortona si dissolve nella ariosità di un nuovo modo
“atmosferico” di dipingere in cui spariscono i riferimenti
naturalistici e si anticipano le opere che caratterizzeranno molte espressioni
del gusto decorativo europeo del settecento. Sorgono in questo periodo numerose
scuole che seguono tendenze differenti presso le corti o nei centri più
importanti. Emerge fra tutte quella veneta, che già nel Seicento si era distinta
soprattutto per la particolare tendenza “coloristica”. A Venezia la
pittura del 700 conosce la sua sublimazione e la pittura veneziana torna ad
essere in primo piano. Alla base di questo recupero sta il fatto che Venezia
aveva ripreso i contatti con le correnti artistiche del tempo. Giovan Battista Tiepolo,
1696-1770 chiude la grande pittura veneta, superando la tradizione dell'arte
come mimesi. Con Tiepolo la finzione è manifesta poiché si evidenzia nella
ostentata esagerazione. Successivamente a Venezia saranno molte le personalità
ad acquisire rilievo in pittura: il figlio del Tiepolo, Giandomenico; Giovan
Battista Piazzetta; Pietro Longhi; Canaletto e Francesco Guardi. La scultura in
Italia concepisce un proprio modo di intendere il Rococò in maniera del tutto
originale partendo dalle esperienze tardobarocche. In Sicilia emerge la figura
di Giacomo Serpotta, di origine palermitana, che produce una infinita varietà di
sculture a stucco animate in composizioni di sorprendente grazia e inquadrate
come fondali prospettici di scene teatrali. Lo stucco inoltre consente una
rapidità esecutiva maggiore e la duttilità della materia apre a nuove soluzioni
decorative più confacenti al nuovo spirito.
Successivamente, si ricorrerà a forme più sobrie
che daranno luogo alla formazione del cosiddetto gusto neoclassico. Si avvierà
una vera e propria contrapposizione fra la tematica del pittoricismo e quella
del classicismo. L'esaltazione dei valori della ragione, condurrà gli artisti
verso un atteggiamento più analitico nei confronti dell'arte e si perverrà in
alcuni casi, ad una rivalutazione della purezza dei canoni classici, visti come
il risultato di una limpida razionalità di rigore ed insieme di armonia. È la
conseguenza dell'illuminismo che ha contagiato tutte le espressioni culturali e
che avvicinerà anche l'arte al metodo di analisi razionale.
Il Neoclassicismo nasce in opposizione alle tematiche del Barocco e del Rococò.
Della produzione artistica rococò si rifiutano gli eccessi che vengono ora
accostati allo stile di vita delle monarchie assolute insieme alla voluta enfasi
e teatralità. Al modo tutto barocco di esibire virtuosismi tecnici, subentra
l'ideale neoclassico del rigore nella tecnica e all'immaginazione si sostituisce
ora il valore della “ideazione”, che pur avendo affinità con
l'immaginazione, si assimila all'azione del progettare, utilizzando i
procedimenti della ragione. Il barocco, che per suscitare meraviglia aveva
utilizzato effetti scenografici ed esibito il dramma, i sentimenti, le passioni,
cede il passo ad un modo di rappresentare che non vuole più turbare. Che non
vuole più coinvolgere emotivamente lo spettatore. Invece di toccare le corde del
cuore si desidera adesso stimolare il senso della ragione in sintonia con le
tematiche dell'illuminismo.
Il Neoclassicismo ebbe una poderosa spinta dalla
scoperta di Ercolano e Pompei. Due personalità furono considerate determinanti
per la diffusione del Neoclassicismo: WincKelmann e Mengs. A loro si devono i
principi teorici del Neoclassicismo, visto come “imitazione”
dell'arte classica. Sarà l'affresco del “Parnaso” del 1761, eseguito
da Mengs nella volta della Galleria di Villa Albani a Roma, a costituire il
manifesto ideale della pittura del Neoclassicismo. WincKelmann, e Mengs tuttavia
non saranno i soli a sollecitare il dibattito sulle antichità. Nel 1740, si
trasferisce a Roma Giovan Battista Piranesi.
Incisore e architetto, Piranesi, divenne famoso per le sue incisioni dove esalta
il valore delle antichità romane e diffonde l'idea del fascino delle rovine.
Piranesi, pur essendo ancora interprete del gusto barocco, ha contribuito con
queste sue opere alla formazione stessa del gusto neoclassico. Si configura
quindi come un personaggio chiave per la comprensione del passaggio dal barocco
al neoclassicismo. Le note vedute di Roma, realizzate tra il 1748 ed il 1775,
formano un complesso di incisioni che costituiscono le sue opere più famose. La
sua opera tuttavia non rinuncia ad una evasione nella fantasia. La sua unica
opera architettonica, Santa Maria del Priorato a Roma, è un piccolo capolavoro,
dove l'invenzione si fonte al gusto della ricerca. Si ispira liberamente alle
antichità romane, tuttavia le reinventa essendo il suo scopo evocarle e non
imitarle.
Molti artisti tra la fine del Settecento e i primi dell'Ottocento tendono a
definire le proprie opere, in pittura come in scultura, ispirandosi ai modelli
antichi, per pervenire attraverso il loro studio ad una “assoluta
perfezione formale” al “bello ideale”.
In Italia, in scultura, spicca la figura di Canova.
Con Canova, alle forme mosse, ricche di decorazione, impostate sui forti
contrasti, si sostituiscono opere rigorose, per alcuni addirittura dotate di
fredda immobilità. La freddezza, intesa come mancanza di espressività e calore,
delle opere canoviane in realtà è conseguenza dell'adesione dell'artista alle
teorie del Winckelmann, che dettava di non raffigurare mai le passioni, di
suggerire quella quieta grandezza e quella semplicità proprie dell'arte
classica.
Canova voleva pervenire alla sublimazione
della figura, fino al suo identificarsi con una idea trascendente di bello, il
“bello ideale”. Dallo studio, condotto a Roma, sui capolavori
classici lo scultore definisce il suo linguaggio basato essenzialmente su di una
assoluta perfezione delle forme. Conteso dalle maggiori corti d'Europa, la
produzione di Canova è imponente. Egli faceva eseguire quasi completamente da
dei tecnici, le sue opere scultoree, forse proprio perché, come afferma Argan,
“voleva che le sue sculture diventassero fredde e quasi impersonali
passando attraverso una esecuzione non emozionata”. Questo a dimostrazione
che l'arte neoclassica si servì dei mezzi che la tecnica offriva, sia in
architettura che in arte. Se Canova si rivolgerà a delle rappresentazioni
idealizzate, collocabili al di fuori dal tempo, in ambito neoclassico altri
artisti utilizzeranno il passato (ad esempio avvenimenti storici - o anche
leggendari - delle antiche civiltà greca e romana) per affrontare problematiche
del presente. Ai modelli classici in questo caso vengono attribuiti caratteri
etico-ideologici. “L'arte neoclassica - afferma Argan - vuol essere
arte moderna, impegnata a fondo nella problematica del proprio
tempo”.
La pittura del Neoclassicismo a Parigi, avrà particolare risalto attraverso l'opera
David (1748-1825) che è considerato un caposcuola della pittura neoclassica. Il
concetto dell'arte come strumento di persuasione, viene trasferito in immagini
che esaltano la nobiltà d'animo dei capi rivoluzionari e il loro sacrificio per
il popolo. Per questo motivo l'arte del Neoclassicismo, si prestò inizialmente a
divenire espressione degli ideali patriottici ed eroici della rivoluzione
francese, e poi arte ufficiale dell'impero napoleonico. David, le cui prime
opere maturarono in periodo prerivoluzionario, divenne poi il pittore ufficiale
nel periodo napoleonico. Egli si ispirerà ai modelli antichi, greci e romani,
non solo dal punto di vista formale, ma per fornire un esempio di virtù morale.
Realizzerà opere grandiose in pittura, di rievocazione storica. Noto il
“Giuramento degli Orazi” del 1784 e la “La morte di
Marat”. Quest'ultima opera rivela la capacità di David di creare rimandi
visivi ad opere come la Pietà di Michelangelo, o la Deposizione del Cristo di
Caravaggio, allo scopo di esaltare la figura di Marat, il medico rivoluzionario
ucciso con l'inganno pochi mesi prima della realizzazione del quadro. David
aderì alle idee della rivoluzione al punto di divenire un seguace di
Robespierre. Successivamente la sua arte si appiattisce verso forme più
retoriche. L'opera l'”Incoronazione di Napoleone” del 1807, rivela
questa ulteriore fase.
Allievo di David, fu Ingres. In lui, il gusto Neoclassico si stempera verso
forme dal disegno lineare, libero ma preciso. Non rimase indifferente alla
lezione del Canova del “bello ideale”. Non c'è tuttavia in Ingres,
né la tendenza conservatrice di Canova, né quella rivoluzionaria di David. Egli,
non aveva un particolare interesse nei confronti della politica, e, pur avendo
da giovane fatto dei ritratti di Napoleone, concepiva l'arte come pura forma.
Tale forma era però “legata alla realtà, alla singolarità della cosa; era
quello che si vede... con chiarezza assoluta” - Argan. Ricordiamo lo
splendido quadro del 1808, “La baigneuse de Valpincon”. Qui nei
colori chiari, sottilmente pervasi da una luce tenue si ricerca un bello in
senso assoluto. Si intuisce che il bello non risiede solamente nella figura
della donna, ma nello spazio dove si trova. Tutte le componenti insite nella
composizione formeranno una unità che perviene all'idea di bello. I contorni, la
sfumatura e i tenui colori delle forme, tutto concorre alla bellezza. La
definizione dei particolari, le pieghe dei tessuti, la luce.. luce di cui non si
percepisce la fonte diretta, e che – come nota Argan- “si genera dal
rapporto del colore leggermente caldo e dorato della pelle con i grigi freddi
dei piani del fondo”.
Successivamente grazie alla revisione in chiave critica del passato, non si
permetterà più di pervenire solamente alla adesione ai canoni classici, ma si
tenderà invece alla esaltazione dell'immaginazione pervenendo addirittura al
recupero del sentimento. Questo perché, derivando dall'empirismo, l'illuminismo
attribuirà importanza alle sensazioni dell'artista e ad un più generale
riconoscimento della libertà della creazione artistica. La sensazione “non
è apparenza ingannevole che l'intelletto corregge, ma la materia prima del
lavoro dell'intelletto. Nulla essendo nell'intelletto che prima non sia nel
senso”. Argan – Storia dell'Arte italiana- vol III. Ecco perché il
Romanticismo, che seguirà al Neoclassicismo è in fondo figlio della medesima
matrice illuminista. Afferma P. Adorno nel testo “L'arte Italiana”
casa editrice D'Anna- :” il neoclassicismo ha in sé molti atteggiamenti
romantici o, almeno, preromantici: la fuga nostalgica verso una civiltà
scomparsa, quella classica, come un modello di perfezione irrimediabilmente
perduto; il senso della morte e della vanità del tutto; l'ardore, anzi il furore
eroico; l'anelito di libertà”.
In tale contesto nasce il Vedutismo.
Van Wittel, pittore olandese spesso a Napoli, inizia il cosiddetto
“vedutismo”.
Per la prima volta si desidera nella pittura di paesaggio cogliere aspetti
reali.
Napoli grazie a questo artista apre nuove vie alla pittura di paesaggio.
La veduta prospettica di van Wittel è “uno strumento ottico che inquadra
e permette i vedere meglio la realtà... vedere con ordine, con gli occhi e la
mente insieme. Vedere le singole cose e il contesto che formano; ma sapendo che
l'ordine non è della realtà oggettiva, bensì della mente che valuta e coordina
i dati del senso”. - Argan.
Il Vedutismo vede come protagonisti in Italia Canaletto e Guardi.
Il Canaletto realizza sulla tela le famose vedute di Venezia, che
avranno il merito di diffondere l'immagine della città e costituirne una
attendibile documentazione grazie anche alla cura con cui dipingeva le sue
architetture.
Guardi, attraverso luminosissimi giochi di luce, ottenuti con
rapide pennellate, crea una sorta di unità tra figure e ambiente.
La differenza tra i due artisti si deve cogliere principalmente nel fatto che
mentre Canaletto affronta con rigore quasi fotografico la rappresentazione delle
sue vedute, Guardi ama filtrarle con la memoria, giungendo a delle rappresentazioni
che nella sostanza si allontanano dalla realtà a favore del sentimento.
Altri artisti si distinguono nel panorama italiano.
A Bologna nel 700, emerge la figura di Crespi e in Lombardia quella di
Ceruti.
Crespi, di cui si ricorda la “Fiera di Poggio a Caiano” del 1709,
realizza una pittura “naturalistica”, con forti effetti luministici.
Vi è in lui una commossa partecipazione agli episodi della vita quotidiana.
Ceruti, detto il Pitocchetto realizza invece quadri a soggetto religioso, ma anche
nature morte e ritratti. Le sue opere si distinguono per un forte spirito popolaresco
che vuole descrivere la miseria delle classi più disagiate servendosi anche di un
crudo realismo. Nell'opera intitolata “I due pitocchi” si può ravvisare un
influsso dei pittori spagnoli Velasquez e Murillo.
Nel 1740 Longhi, influenzato proprio dalle opere di Crespi decide di dedicarsi alla
pittura di genere prediligendo scene di vita quotidiana o familiare. Notissimo il dipinto
“La mostra del rinoceronte-” del 1751.
Ritratto di giovane
Ritratto di viandante
Capriccio con il Colosseo
Veduta della piazza del Quirinale
Veduta di piazza San Marco
Capriccio con torre ed edificio gotico in distanza sulla laguna
Paesaggio con cacciatore
Marinai turchi in un porto italiano
Discussione al tavolo di un'osteria
Interno di un teatro
Paesaggio marino con figure
Gherardo Poli (Firenze, 1676 – Pisa, 1739)
La battaglia di Pavia
olio su tela
cm 84x128
Sullo sfondo è rappresentata Pavia con torri, mura e il Castello Visconteo; in primo
piano invece è visibile il re francese Francesco I prossimo alla cattura, dopo esser
stato disarcionato.
Nella rappresentazione della Pavia cinquesentesca ci sono due errori evidenti:
Piazza San Marco
Giocatori di bocce
Ritratto di giovane gentiluomo
Capriccio con rovine
Il trionfo di Bacco
Il molo del bacino di San Marco
Il banchetto di Marco Antonio e Cleopatra
Visione panoramica della Sala XI
Angelo in adorazione
Uno dei figli di Laocoonte
Bassorilievo
Rospo; Lucertole
La Francia
La Navarra | La Francia |
Scudiero reggistemma
Nettuno
Guliano de' Medici (fratello di Lorenzo)
Copia della statua che Michelangelo creò pochi anni prima
per la Cappella dei Medici in San Lorenzo a Firenze.
Visione panoramica della Sala XII
Alabastra
Bottiglietta a bande d'oro
Redentore benedicente sull'asinello
Vaso con stemma della famiglia Tiepolo
Giovane Santo (San Lorenzo?)
Madonna dolente
Vaso stemmato
Una teca che contiene vasi ed ampolle di epoca romana ed etrusca
Visione panoramica della Sala XIII
Natura morta con tulipani in bottiglia
Natura morta con frutta, porcellane e strumenti musicali
Tavola imbandita con fiori e frutta
Natura morta con alzata di pere
Piatto di maiolica con frutta
Natura morta
Visione panoramica della Camera delle Meraviglie
Calice
Vaso a navicella
Vassoio
Coppia di anelli con miniature
Cofanetto
L'oggetto in legno, vetro e maiolica, è stato realizzato ad Augusta.
Misura 11 x 15 x 11 cm.