III BEPPE TRIATHLON Ottobre 2002
PROLOGO
Quest'anno,
se me l'avessero raccontato, non avrei mai creduto che saremmo riusciti a
mantenere la promessa di tenere alto il nome del Beppe Triathlon.
Ma c'ero, anzi, c'eravamo. Eccome se c'eravamo, nonostante la pioggia, il
freddo e l'inesorabile stanchezza di fine stagione.
Pochi gli assenti, tutti giustificati.
Anche le femmine mancavano, ma il fatto non è rilevante, perché
questa è una gara per "soli, veri, uomini".
Nella foto i primi 14 della classifica finale assoluti.
In piedi: Banetto (ITA), Piccinini (ITA),
Joao Pinto (BRA), Ragogna di Enrico (ITA), Primosich (IST), Ennius (Friul),
Ivan Drago (RUS), Gianni (AUS), Cico (P.S.), Gianca (Padania).
Accosciati: Max (LUX), Asaro (ITA), Ultravoxx (Jamaica), Irontrasformer (ITA).
PENSIERINO
Ci sono appuntamenti
ai quali non si può mancare, perché significano molto nell'esistenza
di ognuno di noi. Appuntamenti, così importanti, che possono cambiarci
il modo di percepire quello che ci sta attorno, che ci possono svelare quel
qualcosa di speciale che influenza inderogabilmente il corso della nostra
vita.
Il Beppe Triathlon, l'appuntamento che ci diamo a fine stagione, non è
certo tra questi.
Apparentemente non è fondamentale, ufficialmente riveste solo fine
ricreativo, moralmente non è obbligatorio.
Ciò nonostante, e questo è bizzarro, in tutti noi nasce un ispirato
bisogno di non mancare. Un bisogno che scaturisce dal profondo, senza motivi
iscrivibili in elenchi razionali e condivisibili.
Forse è solo antica poesia, ispirata dalla stessa musa che porta i
Lemmin a correre verso il precipizio e a spingersi, una volta raggiunto il
baratro, giù, tutti insieme, nell'acqua.
Loro lo fanno istintivamente, senza chiedersi se è giusto o sbagliato.
Lo fanno e basta, perché così sta scritto, perché forse
qualcuno ha così deciso per loro.
Per noi è la stessa cosa. Non sappiamo il perché, ma, inesorabilmente,
lo facciamo.
Lo facciamo, anche se quelle poche persone che hanno scelto, per prendere
un po' d'aria, il lungomare di Barcola, ci guardano stranite.
Cosa avranno pensato, vedendoci felici vagabondare a piedi scalzi, prima di
scivolare, strepitando, nelle inquiete acque del nostro mare?
Forse la loro risposta darebbe valore a quello che ci prepariamo a compiere.
Ma la risposta non c'è, ed allora, il perché di tutto questo
rimarrà celato, custodito per sempre, nell'insolito buio di un pomeriggio
d'ottobre.
La scesa in acqua degli "Eroi"
CRONACA
Dopo i duri
settecento metri, ecco fuori dall'acqua, tra i primi, risaltare l'inconfondibile
sagoma di Enrico Conte di Ragogna, già secondo Master1, quest'anno
a Gosselsdorf. Affermazione di valore assoluto, considerando che un solo atleta
triestino ha fatto meglio di lui, ma eravamo agli inizi del secolo.
Tutt' attorno si respira un'aria di gran confusione.
Ivan Drago chiede in giro quanti allenamenti facciamo e lamentandosi per l'acqua
non abbastanza fredda, provvede ad identificare la sua Capponi che ha distrattamente
smarrito tra le altre specialissime.
Il Lussemburghese Max Desanti cerca inutilmente la piscina, che non rintraccia.
Disperatamente si ributta in acqua, dove sa di trovare almeno un po' di sollievo.
Gianca, detto il padano, mai domo, protesta ancora per la promiscuità
con cui gli atleti sono stati fatti gareggiare. A suo modo di vedere, sarebbe
stato meglio che fossero stati divisi per appartenenza socioculturale: quelli
con muta Orca e quelli senza.
Gli altri scherzano, si baciano, giocano felici, cose da uomini, insomma.
Alessandro Centrone prova a dar ordine e disciplina al gruppo, ci riesce,
ed è solo allora che la rincorsa alle bici riprende, diventa frenetica.
Si incomincia.
La prima parte del percorso è in salita, e questo è quanto basta
per mettere d'accordo tutti sul da farsi. Le armi tacciono. Nessuno intende
prendere l'iniziativa. Si procede appaiati, compatti, uniti da un unico invisibile
filo che ci fa risparmiare energie. Preziose energie da tenere pronte per
il momento della lotta.
Quando la strada spiana, la bagarre inizia e sono venti di guerra quelli che
spirano battendo le nostre anime.
Con un abile quanto azzardato gioco di squadra, Brasiliani, Russi e Lussemburghesi
combattono per rimanere lì davanti, a far andare le danze.
Ma il loro gioco non funziona, anzi, è un gruppo d'intrepidi triestini,
aiutato da Maurizio De Ponte, che fugge dal plotone. Il Campione Italiano
di Duathlon, che partecipa fuori gara, fa selezione e permette solo ai più
motivati di rimanere con lui. Gli altri cedono e si fanno riprendere.
Nei pressi della zona cambio, Maurizio saluta ringrazia e continua l'allenamento.
INASPETTATAMENTE LA CORSA
Il gruppo
si riforma, marcia verso l'agognato lido, verso il punto dove ogni fatica
finirà per lascere il posto ai ricordi. Il desiderio che si compia
tutto subito è grande. Qualcuno pensa a quel momento e a come esso
sia lontano. La mente viaggia e, per un attimo che dura un secondo, decide
di approdare nell'isola della serenità. Ma non ora però, prima
c'è da stabilire cosa fare negl'ultimi chilometri.
Incredibilmente, nessuno rompe gli indugi, nessuno si decide a prendere l'iniziativa,
nessuno vuole mutare quel ritmo che ci permette di parlare e di sentirci bene.
Nessuno vuole far fatica
.
..è
arrivò la concordia, l'apoteosi della non belligeranza:
in un clima di conciliante intesa, ci ritroviamo tutti insieme, dietro al
maestro, a fumare, nella supposta allegoria di un intimo cameratismo, il calumet
della pace.
Vince Beppe che è passato per primo sotto il "traguardo" ma vinciamo anche noi, noi che c'eravamo.
EPILOGO
Il movimento
degli impavidi non finisce qui, l'appuntamento con le "streghe"
è fissato per la sera stessa, a Prosecco.
Solo lì si concluderà la sfida e si conteranno i "sopravvissuti".
L'occasione è data dalla fiesta di compleanno del "piccolo Enrico".
Non ci mancherà niente per compiere l'ultima sfida, quella che vedrà
solo pochi uscire nel modo con cui sono entrati: DIRITTI.
L'emozione del via. Tutti pronti?
Momento critico della gara
Qualcuno si ritira