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Lo sposo tradito |
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Non di rado Gesù ricorre
all'immagine nuziale per parlare del Regno di
Dio. Egli non fa che continuare una linea
simbolica e spirituale che era partita già
nell'Antico Testamento: di essa abbiamo già
offerto un esempio molto "colorato" e
forte leggendo la scorsa settimana una pagina del
profeta Ezechiele (capitolo 16).
Ora vorremmo risalire alla sorgente, cercando di
identificare il primo autore ispirato che in modo
sistematico ha usato una storia d'amore per
descrivere la relazione tra Dio e l'umanità.
Si tratta di Osea, vissuto otto secoli prima di
Cristo nel regno ebraico settentrionale di
Samaria.
Egli nei primi tre capitoli del suo libro
profetico assume la sua infelice esperienza
matrimoniale e familiare a simbolo per delineare
il volto di Dio come sposo innamorato e tradito.
La sua avventura spirituale e umana era iniziata
con l'amore appassionato per una donna, Gomer
bat-Diblaim, una ex prostituta o forse una
sacerdotessa dei culti pagani di matrice sessuale
praticati dai Cananei, gli abitanti indigeni
della Terra Santa (queste sacerdotesse erano
spregiativamente definite "prostitute"
dalla Bibbia).
Questa vicenda autobiografica è descritta fino
al suo apice, allorché dal matrimonio nascono
tre figli che portano altrettanti nomi
emblematici negativi: il primogenito si chiama
lzreel, che era il nome di una città ebraica ove
si era consumata una strage; la seconda figlia
porta il nome paradossale di "Non
amata" e l'ultimo bambino è
"Non-mio-popolo". È chiaro che questi
tre nomi sono come un compendio simbolico del
valore teologico superiore che Osea attribuisce
alla sua storia personale.
In queste tre creature si concentra idealmente il
peccato di Israele che ha versato sangue
innocente (Izreel) e che è stato respinto dal
Signore che non vuole più averlo come suo popolo
amato.
Spesso nei manoscritti biblici medievali il
profeta è raffigurato con Gomer accanto o
abbracciata a lui con tre bambini, cioè Izreel,
Non-amata e Non-mio-popolo. la sintesi di una
storia che ha, però, uno sviluppo.
La moglie, infatti, abbandona la casa e ritorna
alla sua antica professione, lasciando Osea - che
è sempre innamorato - nella più scura
desolazione.
Il capitolo 2 è una pagina stupenda che
rappresenta innanzitutto lo sdegno del profeta,
il suo desiderio di divorziare da lei, perché in
Israele il divorzio era ammesso (vedi
Deuteronomio 24): «Essa non è più mia moglie e
io non sarò più suo marito». Osea minaccia di
denunciarla per adulterio, castigandola con
l'atto simbolico della denudazione: una volta
spogliata dell'abito della sua dignità di sposa,
Gomer sarà un'estranea. Ma il profeta non riesce
a non soffire per l'abbandono e si lascia ferire
dalle parole che la donna gli aveva gettato in
faccia, quando aveva esaltato i regali degli
amanti.
Egli non sa dimenticarla né può detestarla in
modo definitivo.
È così che il sogno di poterla riabbracciare
occupa tutta la seconda parte del capitolo 2 a
cui accennavamo.
E a questo sogno noi dedicheremo la prossima
puntata della nostra rubrica. |
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Tratto da Famiglia Cristiana |
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