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Inquieto,
provocante Qohelet |
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Abbiamo scelto per questo
mese, che di solito è dedicato alla quiete, alla
distrazione e alla serenità, di proporvi un
lungo viaggio allinterno di un libro
biblico un po sconcertante, il Qohelet. La
sua è, infatti, una bellezza oscura, notturna,
inquietante.
Constantin Noica, solitaria figura di pensatore
vissuto sempre nella sua Romania, anche quando su
essa incombeva la cappa oscura
delloppressione, ha intitolato un suo libro
fortunato Le sei malattie delluomo
contemporaneo.
Prima di lui, letologo (cioè studioso del
comportamento animale) Konrad Lorenz aveva
dissertato sugli Otto peccati della nostra
civiltà, un libro che ha avuto più di venti
edizioni nella versione italiana. Per rimanere
nella simbolica numerica abbiamo pensato di
parlare di Qohelet, il sapiente più pessimistico
della Bibbia, ordinando il suo messaggio in
unelencazione di sette malattie che
intaccano lessere e lo spirito.
Ma non possiamo non suggerire una lettura
integrale di questo libretto di poco meno di
3.000 parole ebraiche, distribuite in 222
versetti e in 12 capitoli, forse il testo più
originale e scandaloso
dellAntico Testamento.
Esso è posto sotto lideale e improbabile
patronato del re Salomone, vissuto molti secoli
prima. Lo pseudonimo Qohelet rimanda, invece,
allebraico qahal che indica
unassemblea, in greco ekklesia, donde il
greco-latino Ecclesiastes che è divenuto in
italiano Ecclesiaste. Ma
lassemblea dei suoi discepoli si
assottiglia quanto più le sue parole, pacate ma
corrosive, devastano i luoghi comuni e si fanno
inquietanti e provocatrici.
Interpretato come un testo pessimistico,
scettico, persino ateo, considerato
espressione dellideologia dellaurea
mediocrità, influenzato dalla filosofia
greca del III secolo a.C., ritenuto una guida
ascetica di distacco e disprezzo del mondo da
parte della tradizione cristiana
(lImitazione di Cristo ha in apertura
proprio la famosa citazione del Vanitas
vanitatum), è stato negli ultimi decenni da
qualche studioso riportato nellalveo
rassicurante dellottimismo a causa di
alcuni passi (2,24-25; 3,12-13; 3,22; 5,17; 8,15;
11,9-12,1), dai quali emergerebbe un appello al
sereno godimento delle scarse gioie che la vita
riserva.
In realtà, Qohelet è un testimone più freddo e
distaccato di Giobbe, ma con lui consonante nella
rappresentazione della crisi della sapienza
tradizionale dIsraele. Qohelet non approda
però a nessun incontro e a nessuna
visione diretta di Dio che risolva i
suoi dubbi. Aveva ragione lo scrittore francese
Georges Bernanos nei Grandi cimiteri sotto la
luna quando accostava i due sapienti come
antidoto per la dilagante banalità: «A tanta
gente occorre un certo numero di luoghi comuni da
ripetersi scambievolmente come pappagalli, coi
movimenti affrettati, gli impedimenti e le
strizzatine docchio di quelluccello.
Ma non si possono nutrire i pappagalli col vino
aromatico del libro di Giobbe o
dellEcclesiaste».
A partire dalla prossima settimana inizieremo a
raccogliere le domande di Qohelel. riguardanti le
sette malattie dellanima che vive in un
mondo fatto di vuoto e di ripetizione.
Un commentatore, André Barucq, affermava che
questo è «un libro dal quale non si può uscire
indenni ma adulti o pronti a diventarlo».
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Tratto da Famiglia Cristiana |
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