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Dalila, la
donna fatale |
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La storia di Sansone e
Dalila (Giudici 13-16) - che abbiamo proposto la
scorsa settimana - ha ben presto conquistato la
storia della cultura occidentale. La lista delle
testimonianze sarebbe lunghissima; scegliamo solo
qualche esempio famoso.
Nel 1671 il poeta inglese John Milton, autore del
celebre Paradiso perduto, compose una tragedia
intitolata Sansone agonista, facendo riferimento
appunto a tutte le battaglie di questo eroe
biblico, ma in particolare allultima sulla
quale anche noi ritorneremo.
Nel 1741-42 il famoso musicista Georg Friedrich
Handel su quel testo poetico elaborò un mirabile
"oratorio della durata di due ore e
tre quarti, unimponente e affascinante
ripresa in tre atti della vicenda di questo eroe
biblico, grossolano ma anche capace di
riscattarsi gloriosamente.
Nellarte, però, la scena che più ha
conquistato il pennello dei pittori è quella del
tormentato rapporto con Dalila, la donna filistea
che alla fine acceca non solo spiritualmente ma
anche fisicamente il nostro eroe.
Così, Mantegna, in un dipinto della National
Gallery di Londra da collocare intorno al 1500,
situa labbraccio dei due in un paesaggio
idilliaco con una Dalila dolcissima, ma proprio
per questo ancor più perversa.
Rembrandt, invece, in una tela del 1628 ora al
Museo di Berlino coglie il culmine della vicenda:
Dalila seduta in primo piano, col volto
illuminato dalla luce, regge in mano i riccioli,
rivolgendosi a un Sansone terrorizzato e
gesticolante che reca in mano le forbici, ormai
consapevole del suo tragico destino, raffigurato
da un soldato che irrompe con la spada.
Ma ritorniamo alla stupenda pagina biblica finale
della storia di Sansone, nel capitolo 16 del
libro dei Giudici.
Siamo nel tempio del dio filisteo Dagon (un
richiamo nel nome al grano, quindi ai
culti pagani della fertilità, incarnati anche
dalla donna tentatrice Dalila). Nella navata
centrale si svolge una celebrazione festosa con
canti, danze, spettacoli, banchetti ed ebbrezza.
Sansone è trascinato in mezzo a questa specie di
orgia come un fenomeno da circo per il pubblico
divertimento.
Ora è ridotto a essere un povero e debole
prigioniero; ma è proprio in questa miseria che
egli è ritornato con cuore puro al suo Dio che
vuole trionfare attraverso gli ultimi e non i
potenti.
Il Signore può sconfiggere lidolo, afferma
Sansone.
Ormai il duello non è più tra due eroi, come
nelle precedenti imprese del nostro personaggio,
bensì tra due divinità e il contrasto è dei
tutto impari perché è uno scontro tra il nulla
(lidolo) e il Tutto, il Signore.
Sansone lancia in cielo unimprecazione
estrema: «Signore, ricordati di me e dammi forza
per questa volta soltanto!».
Poi «Sansone palpò le due colonne di mezzo (del
tempio di Dagon) sulle quali posava
ledificio; si appoggiò ad esse...; si
curvò con tutta la forza e il tempio rovinò
addosso ai capi e a tutto il popolo che vi era
dentro» (Giudici 16,28-30). |
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Tratto da Famiglia Cristiana |
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