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La Santa Radice d'Israele |
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Il testo apocrifo cristiano
della fine del II secolo intitolato Atti di Paolo
e Tecla ci offre questo curioso e realistico
ritratto di Paolo: «Era un uomo di bassa
statura, la testa calva, le gambe arcuate, il
corpo vigoroso, le sopracciglia congiunte, il
naso alquanto sporgente, pieno di amabilità: a
volte aveva le sembianze di un uomo, a volte
laspetto di un angelo».
Al di là della finale un po
aureolata, questo profilo rivela i
tratti di un uomo dellOriente.
Egli, infatti, pur proclamando con orgoglio la
cittadinanza romana che gli derivava
dallessere nato a Tarso, una colonia romana
dellattuale Turchia, non esitava a marcare
le sue radici ebraiche.
«Sono un ebreo di Tarso in Cilicia», dichiarava
al tribunale romano che gli chiedeva le
generalità al momento dellarresto a
Gerusalemme (Atti 21,39).
In polemica coi suoi detrattori ebrei di Corinto
rivendicava le sue origini: «Sono essi ebrei? Lo
sono anchio! Sono israeliti? Anchio!
Sono stirpe di Abramo? Anchio!» (2 Corinzi
11,22).
Agli amati cristiani greci di Filippi ribadiva
vigorosamente di essere «circonciso
lottavo giorno, della stirpe di Israele,
della tribù di Beniamino, ebreo da ebrei,
fariseo secondo la legge (Filippesi 3,5).
Ebbene, nella lettera ai Romani che ci ha
accompagnato nelle nostre puntate durante questa
Quaresima ci sono ben tre capitoli - dal 9
all11 - dedicati proprio al popolo ebraico.
Essi si aprono con questa appassionata
dichiarazione:
«Vorrei essere io stesso maledetto, separato da
Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei
consanguinei secondo la carne. Essi sono
israeliti e a loro appartengono ladozione a
figli, la gloria, le alleanze, la legislazione,
il culto, le promesse, i patnarchi.
Da essi proviene Cristo secondo la carne»
(9,3-5).
Pur ribadendo che gli Ebrei come i pagani hanno
bisogno di essere salvati in Cristo dal loro
peccato, Paolo ne esalta la grandezza e il
destino di gloria.
La Chiesa, che comprende anche i non-ebrei, deve
sentirsi innestata alla santa radice
di quellolivo che è Israele.
Limmagine vegetale e agricola
dellolivo è usata però dallApostolo
in modo paradossale:
linnesto lo si compie su un albero
selvatico con un pollone fruttifero:
nella storia della Chiesa è avvenuto il
contrario.
Infatti sullolivo, che è Israele, è stato
innestato un oleastro che «partecipa della
radice e della linfa dellolivo», cioè i
pagani convertiti al cristianesimo (11,16-24).
E anche se gli Israeliti si sono ridotti a essere
rami e polloni piantati altrove, essi potranno
sempre riconnettersi alla loro radice e al loro
tronco sano.
Conclude, infatti, Paolo la sua parabola
dellolivo così:
«Se tu, pagano, sei stato reciso dal tuo
oleastro per essere innestato sia pure
contro natura su un olivo buono, quanto
più essi (gli Ebrei) potranno essere di nuovo
innestati sul proprio olivo secondo la loro
natura! » (11,24). |
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Tratto da Famiglia Cristiana |
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