DECRETO
PRESBYTERORUM ORDINIS
SUL MINISTERO E LA VITA SACERDOTALE
PROEMIO
1. Più di una
volta questo sacro Sinodo ha ricordato a tutti l'alta dignità dell'ordine dei
presbiteri nella Chiesa. Ma poiché questo ordine ha un compito estremamente
importante e sempre più arduo da svolgere nell'ambito del rinnovamento della
Chiesa di Cristo, è parsa di somma utilità una trattazione più completa e più
approfondita sui presbiteri. Quanto verrà qui detto va applicato a tutti i
presbiteri--specialmente a quelli che si dedicano alla cura d'anime--fatti i
dovuti adattamenti nel caso dei presbiteri religiosi.
I presbiteri, in
virtù della sacra ordinazione e della missione che ricevono dai vescovi, sono
promossi al servizio di Cristo maestro, sacerdote e re; essi partecipano al suo
ministero, per il quale la Chiesa qui in terra è incessantemente edificata in
popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo. Questo sacro
Sinodo, dunque, affinché il ministero dei presbiteri, nelle attuali circostanze
pastorali e umane, spesso radicalmente nuove, possa trovare sostegno più
valido, e affinché si provveda più adeguatamente alla loro vita, dichiara e
stabilisce quanto segue.
CAPITOLO I
IL PRESBITERATO NELLA MISSIONE DELLA CHIESA
Natura del
presbiterato
2. Nostro Signore
Gesù, « che il Padre santificò e inviò nel mondo » (Gv 10,36), ha reso
partecipe tutto il suo corpo mistico di quella unzione dello Spirito che egli
ha ricevuto 1: in esso, infatti, tutti i fedeli formano un sacerdozio santo e regale,
offrono a Dio ostie spirituali per mezzo di Gesù Cristo, e annunziano le
grandezze di colui che li ha chiamati dalle tenebre nella sua luce
meravigliosa. Non vi è dunque nessun membro che non abbia parte nella missione
di tutto il corpo, ma ciascuno di essi deve santificare Gesù nel suo cuore e
rendere testimonianza di Gesù con spirito di profezia.
Ma lo stesso
Signore, affinché i fedeli fossero uniti in un corpo solo, di cui però « non
tutte le membra hanno la stessa funzione » (Rm 12,4), promosse alcuni di loro
come ministri, in modo che nel seno della società dei fedeli avessero la sacra
potestà dell'ordine per offrire il sacrificio e perdonare i peccati, e che in
nome di Cristo svolgessero per gli uomini in forma ufficiale la funzione
sacerdotale. Pertanto, dopo aver inviato gli apostoli come egli stesso era
stato inviato dal Padre, Cristo per mezzo degli stessi apostoli rese partecipi
della sua consacrazione e della sua missione i loro successori, cioè i vescovi,
la cui funzione ministeriale fu trasmessa in grado subordinato ai presbiteri
questi sono dunque costituiti nell'ordine del presbiterato per essere
cooperatori dell'ordine episcopale, per il retto assolvimento della missione
apostolica affidata da Cristo.
La funzione dei
presbiteri, in quanto strettamente vincolata all'ordine episcopale, partecipa
della autorità con la quale Cristo stesso fa crescere, santifica e governa il
proprio corpo. Per questo motivo il sacerdozio dei presbiteri, pur
presupponendo i sacramenti dell'iniziazione cristiana, viene conferito da quel
particolare sacramento per il quale i presbiteri, in virtù dell'unzione dello
Spirito Santo, sono segnati da uno speciale carattere che li configura a Cristo
sacerdote, in modo da poter agire in nome di Cristo, capo della Chiesa.
Dato che i
presbiteri hanno una loro partecipazione nella funzione degli apostoli, ad essi
è concessa da Dio la grazia per poter essere ministri di Cristo Gesù fra le
nazioni mediante il sacro ministero del Vangelo, affinché le nazioni diventino
un'offerta gradita, santificata nello Spirito Santo. È infatti proprio per
mezzo dell'annuncio apostolico del Vangelo che il popolo di Dio viene convocato
e adunato, in modo che tutti coloro che appartengono a questo popolo, dato che
sono santificati nello Spirito Santo, possano offrire se stessi come « ostia
viva, santa, accettabile da Dio» (Rm 12,1). Ma è attraverso il ministero dei
presbiteri che il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto
nell'unione al sacrificio di Cristo, unico mediatore; questo sacrificio,
infatti, per mano dei presbiteri e in nome di tutta la Chiesa, viene offerto
nell'eucaristia in modo incruento e sacramentale, fino al giorno della venuta
del Signore.
A ciò tende e in
ciò trova la sua perfetta realizzazione il ministero dei presbiteri.
Effettivamente, il loro servizio, che comincia con l'annuncio del Vangelo,
deriva la propria forza e la propria efficacia dal sacrificio di Cristo, e ha
come scopo che « tutta la città redenta, cioè la riunione e società dei santi,
offra a Dio un sacrificio universale per mezzo del sommo Sacerdote, il quale ha
anche offerto se stesso per noi con la sua passione, per farci diventare corpo
di così eccelso capo ».
Pertanto, il fine
cui tendono i presbiteri con il loro ministero e la loro vita è la gloria di
Dio Padre in Cristo. E tale gloria si dà quando gli uomini accolgono con
consapevolezza, con libertà e con gratitudine l'opera di Dio realizzata in
Cristo e la manifestano in tutta la loro vita. Perciò i presbiteri, sia che si
dedichino alla preghiera e all'adorazione, sia che predichino la parola, sia
che offrano il sacrificio eucaristico e amministrino gli altri sacramenti, sia
che svolgano altri ministeri ancora in servizio degli uomini, sempre
contribuiscono all'aumento della gloria di Dio e nello stesso tempo ad
arricchire gli uomini della vita divina. E tutte queste cose--le quali
scaturiscono dalla pasqua di Cristo--troveranno pieno compimento nella venuta
gloriosa dello stesso Signore, allorché egli consegnerà il regno a colui che è
Dio e Padre.
I
presbiteri nel popolo di Dio
3. I presbiteri
sono stati presi fra gli uomini e costituiti in favore degli uomini stessi
nelle cose che si riferiscono a Dio, per offrire doni e sacrifici in remissione
dei peccati vivono quindi in mezzo agli altri uomini come fratelli in mezzo ai
fratelli. Così infatti si comportò Gesù nostro Signore, Figlio di Dio, uomo
inviato dal Padre agli uomini, il quale dimorò presso di noi e volle in ogni
cosa essere uguale ai suoi fratelli, eccettuato il peccato. È un esempio, il
suo, che già imitarono i santi apostoli; e san Paolo, dottore delle genti, «
segregato per il Vangelo di Dio» (Rm 1,1), dichiara di essersi fatto tutto a
tutti, allo scopo di salvare tutti. Così i presbiteri del Nuovo Testamento, in
forza della propria chiamata e della propria ordinazione, sono in un certo modo
segregati in seno al popolo di Dio: ma non per rimanere separati da questo
stesso popolo o da qualsiasi uomo, bensì per consacrarsi interamente all'opera
per la quale li ha assunti il Signore. Da una parte, essi non potrebbero essere
ministri di Cristo se non fossero testimoni e dispensatori di una vita diversa
da quella terrena; ma d'altra parte, non potrebbero nemmeno servire gli uomini
se si estraniassero dalla loro vita e dal loro ambiente. Per il loro stesso
ministero sono tenuti, con speciale motivo, a non conformarsi con il secolo
presente ma allo stesso tempo sono tenuti a vivere in questo secolo in mezzo
agli uomini, a conoscere bene, come buoni pastori, le proprie pecorelle, e a
cercare di ricondurre anche quelle che non sono di questo ovile, affinché
anch'esse ascoltino la voce di Cristo, e ci sia un solo ovile e un solo
pastore. Per raggiungere questo scopo risultano di grande giovamento quelle
virtù che sono giustamente molto apprezzate nella società umana, come la bontà,
la sincerità, la fermezza d'animo e la costanza, la continua cura per la
giustizia, la gentilezza e tutte le altre virtù che raccomanda l'apostolo Paolo
quando dice: «Tutto ciò che è vero, tutto ciò che è onesto, tutto ciò che è
giusto, tutto ciò che è santo, tutto ciò che è degno di amore, tutto ciò che
merita rispetto, qualunque virtù, qualunque lodevole disciplina: questo sia
vostro pensiero » (Fil 4,8).
CAPITOLO II
IL MINISTERO DEI PRESBITERI
I. Funzioni
dei presbiteri
I
presbiteri ministri della parola di Dio
4. Il popolo di
Dio viene adunato innanzitutto per mezzo della parola del Dio vivente che tutti
hanno il diritto di cercare sulle labbra dei sacerdoti. Dato infatti che
nessuno può essere salvo se prima non ha creduto, i presbiteri, nella loro
qualità di cooperatori dei vescovi, hanno anzitutto il dovere di annunciare a
tutti il Vangelo di Dio seguendo il mandato del Signore: « Andate nel mondo
intero e predicate il Vangelo a ogni creatura » e possono così costituire e
incrementare il popolo di Dio. Difatti, in virtù della parola salvatrice, la
fede si accende nel cuore dei non credenti si nutre nel cuore dei credenti, e
con la fede ha inizio e cresce la comunità dei credenti, secondo quanto ha
scritto l'Apostolo: « La fede è possibile per l'ascolto, e l'ascolto è
possibile per la parola di Cristo » (Rm 10,17). Pertanto i presbiteri sono
debitori verso tutti, nel senso che a tutti devono comunicare la verità del
Vangelo di cui il Signore li fa beneficiare. Quindi, sia che offrano in mezzo
alla gente la testimonianza di una vita esemplare, che induca a dar gloria a
Dio sia che annuncino il mistero di Cristo ai non credenti con la predicazione
esplicita; sia che svolgano la catechesi cristiana o illustrino la dottrina
della Chiesa; sia che si applichino a esaminare i problemi del loro tempo alla
luce di Cristo: in tutti questi casi il loro compito non è di insegnare una
propria sapienza, bensì di insegnare la parola di Dio e di invitare tutti
insistentemente alla conversione e alla santità. Inoltre se la predicazione
sacerdotale, che nelle circostanze attuali del mondo è spesso assai difficile,
vuole avere più efficaci risultati sulle menti di coloro che ascoltano, non può
limitarsi ad esporre la parola di Dio in termini generali e astratti, ma deve
applicare la perenne verità del Vangelo alle circostanze concrete della vita.
In tal modo il
ministero della parola viene esercitato sotto forme diverse, in rapporto alle
diverse necessità degli ascoltatori e secondo i diversi carismi dei
predicatori. Nelle regioni o negli ambienti non cristiani, per mezzo del
messaggio evangelico gli uomini vengono attratti alla fede e ai sacramenti
della salvezza; e nella comunità dei cristiani, soprattutto per quanto riguarda
coloro che mostrano di non capire o non credere abbastanza ciò che praticano,
la predicazione della parola è necessaria per lo stesso ministero dei
sacramenti, trattandosi di sacramenti della fede, la quale nasce e si alimenta
con la parola. Ciò vale soprattutto nel caso della liturgia della parola nella
celebrazione della messa, in cui si realizza un'unità inscindibile fra
l'annuncio della morte e risurrezione del Signore, la risposta del popolo che
ascolta e l'offerta con la quale Cristo ha confermato nel suo sangue la Nuova
Alleanza; offerta cui si uniscono i fedeli sia con i loro voti e preghiere sia
con la ricezione del sacramento.
I
presbiteri ministri della santificazione con i sacramenti e l'eucaristia
5. Dio, il quale
solo è santo e santificatore, ha voluto assumere degli uomini come soci e
collaboratori, perché servano umilmente nell'opera di santificazione. Per
questo i presbiteri sono consacrati da Dio, mediante il vescovo, in modo che,
resi partecipi in maniera speciale del sacerdozio di Cristo, nelle sacre
celebrazioni agiscano come ministri di colui che ininterrottamente esercita la
sua funzione sacerdotale in favore nostro nella liturgia, per mezzo del suo
Spirito. Essi infatti, con il battesimo, introducono gli uomini nel popolo di
Dio; con il sacramento della penitenza riconciliano i peccatori con Dio e con
la Chiesa; con l'olio degli infermi alleviano le sofferenze degli ammalati; e
soprattutto con la celebrazione della messa offrono sacramentalmente il
sacrificio di Cristo. Ma ogni volta che celebrano uno di questi sacramenti i
presbiteri--come già ai tempi della Chiesa primitiva attesta S. Ignazio
martire--sono gerarchicamente collegati sotto molti aspetti al vescovo, e in
tal modo lo rendono in un certo senso presente in ciascuna adunanza dei fedeli.
Tutti i
sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere d'apostolato,
sono strettamente uniti alla sacra eucaristia e ad essa sono ordinati. Infatti,
nella santissima eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa,
cioè lo stesso Cristo, nostra pasqua, lui il pane vivo che, mediante la sua
carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante dà vita agli uomini i quali
sono in tal modo invitati e indotti a offrire assieme a lui se stessi, il
proprio lavoro e tutte le cose create. Per questo l'eucarestia si presenta come
fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione, cosicché i catecumeni sono
introdotti a poco a poco a parteciparvi, e i fedeli, già segnati dal sacro
battesimo e dalla confermazione, ricevendo l'eucarestia trovano il loro pieno
inserimento nel corpo di Cristo.
L'assemblea
eucaristica è dunque il centro della comunità dei cristiani presieduta dal
presbitero. I presbiteri insegnano dunque ai fedeli a offrire la vittima divina
a Dio Padre nel sacrificio della messa, e a fare, in unione con questa vittima,
l'offerta della propria vita. Nello spirito di Cristo pastore insegnano altresì
a sottomettere con cuore contrito i propi peccati alla Chiesa nel sacramento
della penitenza , per potersi così convertire ogni giorno di più al Signore,
ricordando le sue parole: « Fate penitenza perché si avvicina il regno dei
cieli » ( Mt 4,17). Insegnano inoltre ai fedeli a partecipare così intensamente
alle celebrazioni liturgiche, da poter arrivare anche in esse alla preghiera
sincera; li spingono ad avere per tutta la vita uno spirito di orazione sempre
più attivo e perfetto, in rapporto alle grazie e ai bisogni di ciascuno; e
invitano tutti a compiere i doveri del proprio stato, inducendo quelli che
hanno fatto maggiori progressi a seguire i consigli del Vangelo, nel modo che
meglio convenga a ciascuno. Quindi istruiscono i fedeli in modo che possano
cantare in cuor loro al Signore Gesù Cristo.
Le lodi e il
ringraziamento che rivolgono a Dio nella celebrazione eucaristica, i presbiteri
li estendono alle diverse ore del giorno con il divino ufficio, mediante il
quale pregano Iddio in nome della Chiesa e in favore di tutto il mondo.
La casa di
preghiera - in cui l'eucarestia è celebrata e conservata; in cui i fedeli si
riuniscono; in cui la presenza del Figlio di Dio nostro Salvatore, offerto per
noi sull'altare del sacrificio, viene venerata a sostegno e consolazione dei
fedeli - dev'essere nitida e adatta alla preghiera e alle celebrazioni
liturgiche. In essa i pastori e i fedeli sono invitati a rispondere con
riconoscenza al dono di colui che di continuo infonde la vita divina, mediante
la sua umanità, nelle membra del suo corpo. Abbiano cura i presbiteri di
coltivare adeguatamente la scienza e l'arte liturgica, affinché per mezzo del loro
ministero liturgico le comunità cristiane ad essi affidate elevino una lode
sempre più perfetta a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.
I
presbiteri, guide ed educatori del popolo di Dio
6. Esercitando la
funzione di Cristo capo e pastore per la parte di autorità che spetta loro, i
presbiteri, in nome del vescovo, riuniscono la famiglia di Dio come fraternità
viva e unita e la conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo.
Per questo ministero, così come per le altre funzioni, viene conferita al
presbitero una potestà spirituale, che è appunto concessa ai fini
dell'edificazione, Nell'edificare la Chiesa i presbiteri devono avere con tutti
dei rapporti improntati alla più delicata bontà, seguendo l'esempio del
Signore. E nel trattare gli uomini non devono regolarsi in base ai loro gusti
bensì in base alle esigenze della dottrina e della vita cristiana, istruendoli
e anche ammonendoli come figli carissimi secondo le parole dell'Apostolo:
«Insisti a tempo e fuor di tempo: rimprovera, supplica, esorta con ogni
pazienza e dottrina » (2 Tm 4,2).
Perciò spetta ai
sacerdoti, nella loro qualità di educatori nella fede, di curare, per proprio
conto o per mezzo di altri, che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito
Santo a sviluppare la propria vocazione personale secondo il Vangelo, a
praticare una carità sincera e attiva, ad esercitare quella libertà con cui
Cristo ci ha liberati. Di ben poca utilità saranno le cerimonie più belle o le
associazioni più fiorenti, se non sono volte ad educare gli uomini alla
maturità cristiana. Per promuovere tale maturità, i presbiteri sapranno
aiutarli a diventare capaci di leggere negli avvenimenti stessi--siano essi di
grande o di minore portata--quali siano le esigenze naturali e la volontà di
Dio. I cristiani inoltre devono essere educati a non vivere egoisticamente ma
secondo le esigenze della nuova legge della carità, la quale vuole che ciascuno
amministri in favore del prossimo la misura di grazia che ha ricevuto e che in
tal modo tutti assolvano cristianamente propri compiti nella comunità umana.
Ma, anche se sono tenuti a servire tutti, ai presbiteri sono affidati in modo
speciale i poveri e i più deboli, ai quali lo stesso Signore volle dimostrarsi
particolarmente unito e la cui evangelizzazione è presentata come segno
dell'opera messianica. Anche i giovani vanno seguiti con cura particolare, e
così pure i coniugi e i genitori; è auspicabile che tali persone si riuniscano
amichevolmente in gruppo, per potersi aiutare a vicenda a vivere più pienamente
come cristiani nelle circostanze spesso difficili in cui si trovano. Ricordino
inoltre i presbiteri che i religiosi tutti --sia uomini che
donne--costituiscono una parte insignita di speciale dignità nella casa del
Signore e meritano quindi particolare attenzione, affinché progrediscano sempre
nella perfezione spirituale per il bene di tutta la Chiesa. Infine, abbiano
cura specialmente dei malati e dei moribondi, visitandoli e confortandoli nel
Signore.
Ma la funzione di
pastore non si limita alla cura dei singoli fedeli: essa va estesa alla
formazione di un'autentica comunità cristiana. Per fomentare opportunamente lo
spirito comunitario, bisogna mirare non solo alla Chiesa locale ma anche alla
Chiesa universale. A sua volta la comunità locale non deve limitarsi a
prendersi cura dei propri fedeli, ma è tenuta anche a sentire lo zelo
missionario, che spinge ad aprire a tutti gli uomini la strada che conduce a
Cristo.
In primo luogo
poi alla comunità incombe il dovere di occuparsi dei catecumeni e dei neofiti,
che vanno educati gradualmente alla conoscenza e alla pratica della vita
cristiana.
D'altra parte non
è possibile che si formi una comunità cristiana se non assumendo come radice e
come cardine la celebrazione della sacra eucaristia, dalla quale deve quindi
prendere le mosse qualsiasi educazione tendente a formare lo spirito di
comunità. A sua volta la celebrazione eucaristica, per essere piena e sincera,
deve spingere sia alle diverse opere di carità e al reciproco aiuto, sia
all'azione missionaria e alle varie forme di testimonianza cristiana.
Inoltre, mediante
la carità, la preghiera, l'esempio e le opere di penitenza, la comunità
ecclesiale esercita una vera azione materna nei confronti delle anime da
avvicinare a Cristo. Essa infatti viene ad essere, per chi ancora non crede,
uno strumento efficace per indicare o per agevolare il cammino che porta a
Cristo e alla sua Chiesa; e per chi già crede è stimolo, alimento e sostegno
per la lotta spirituale.
Infine, nell'edificare
la comunità cristiana i presbiteri non si mettono mai al servizio di una
ideologia o umana fazione, bensì, come araldi del Vangelo e pastori della
Chiesa, si dedicano pienamente all'incremento spirituale del corpo di Cristo.
II. Rapporti
dei presbiteri con gli altri
Il vescovo
e i presbiteri
7. Tutti i
presbiteri, in unione con i vescovi, partecipano del medesimo e unico
sacerdozio e ministero di Cristo, in modo tale che la stessa unità di
consacrazione e di missione esige la comunione gerarchica dei presbiteri con
l'ordine dei vescovi manifestata ottimamente nel caso della concelebrazione
liturgica, questa unione con i vescovi è affermata esplicitamente nella
celebrazione eucaristica.
I vescovi
pertanto, grazie al dono dello Spirito Santo che è concesso ai presbiteri nella
sacra ordinazione, hanno in essi dei necessari collaboratori e consiglieri nel
ministero e nella funzione di istruire, santificare e governare il popolo di
Dio. Il che è vigorosamente affermato fin dai primi tempi della Chiesa nei documenti
liturgici, là dove essi implorano solennemente da Dio per colui che viene
ordinato sacerdote l'infusione dello « spirito della grazia e del consiglio,
affinché aiuti e governi il popolo con cuore puro » proprio come lo spirito di
Mosè nel deserto fu trasmesso a settanta uomini prudenti «con l'aiuto dei quali
egli poté governare agevolmente la moltitudine innumerevole del popolo ».
Per questa comune
partecipazione nel medesimo sacerdozio e ministero, i vescovi considerino
dunque i presbiteri come fratelli e amici, e stia loro a cuore, in tutto ciò
che possono, il loro benessere materiale e soprattutto spirituale. È ai
vescovi, infatti, che incombe in primo luogo la grave responsabilità della
santità dei loro sacerdoti: essi devono pertanto prendersi cura con la massima
serietà della formazione permanente del proprio presbiterio. Siano pronti ad
ascoltarne il parere, anzi, siano loro stessi a consultarlo e a esaminare
assieme i problemi riguardanti le necessità del lavoro pastorale e il bene
della diocesi. E perché ciò sia possibile nella pratica, è bene che esista--nel
modo più confacente alle circostanze e ai bisogni di oggi nella forma e secondo
norme giuridiche da stabilire--una commissione o senato di sacerdoti in
rappresentanza del presbiterio, il quale con i suoi consigli possa aiutare
efficacemente il vescovo nel governo della diocesi.
I presbiteri, dal
canto loro, avendo presente la pienezza del sacramento dell'ordine di cui
godono i vescovi, venerino in essi l'autorità di Cristo supremo pastore. Siano
dunque uniti al loro vescovo con sincera carità e obbedienza. Questa obbedienza
sacerdotale, pervasa dallo spirito di collaborazione, si fonda sulla stessa
partecipazione del ministero episcopale, conferita ai presbiteri attraverso il
sacramento dell'ordine e la missione canonica.
L'unione tra i
presbiteri e i vescovi è particolarmente necessaria ai nostri giorni, dato che
oggi, per diversi motivi, le imprese apostoliche debbono non solo rivestire
forme molteplici, ma anche trascendere i limiti di una parrocchia o di una
diocesi. Nessun presbitero è quindi in condizione di realizzare a fondo la
propria missione se agisce da solo e per proprio conto, senza unire le proprie
forze a quelle degli altri presbiteri, sotto la guida di coloro che governano
la Chiesa.
Unione
fraterna tra i presbiteri
8. Tutti i
presbiteri, costituiti nell'ordine del presbiterato mediante l'ordinazione,
sono uniti tra di loro da un'intima fraternità sacramentale; ma in modo
speciale essi formano un unico presbiterio nella diocesi al cui servizio sono
ascritti sotto il proprio vescovo. Infatti, anche se si occupano di mansioni
differenti, sempre esercitano un unico ministero sacerdotale in favore degli
uomini. Tutti i presbiteri, cioè, hanno la missione di contribuire a una medesima
opera, sia che esercitino il ministero parrocchiale o sopraparrocchiale, sia
che si dedichino alla ricerca dottrinale o all'insegnamento, sia che esercitino
un mestiere manuale, condividendo la condizione operaia--nel caso ciò risulti
conveniente e riceva l'approvazione dell'autorità competente--, sia infine che
svolgano altre opere d'apostolato od ordinate all'apostolato. È chiaro che
tutti lavorano per la stessa causa, cioè per l'edificazione del corpo di
Cristo, la quale esige molteplici funzioni e nuovi adattamenti, soprattutto in
questi tempi. Pertanto è oltremodo necessario che tutti i presbiteri, sia
diocesani che religiosi, si aiutino a vicenda in modo da essere sempre
cooperatori della verità.
Di conseguenza
ciascuno è unito agli altri membri di questo presbiterio da particolari vincoli
di carità apostolica, di ministero e di fraternità: il che viene rappresentato
liturgicamente fin dai tempi più antichi nella cerimonia in cui i presbiteri
assistenti all'ordinazione sono invitati a imporre le mani, assieme al vescovo
che ordina, sul capo del nuovo eletto, o anche quando concelebrano unanimi la
sacra eucaristia. Ciascuno dei presbiteri è dunque legato ai confratelli col
vincolo della carità, della preghiera e della collaborazione nelle forme più
diverse, manifestando così quella unità con cui Cristo volle che i suoi fossero
una sola cosa, affinché il mondo sappia che il Figlio è stato inviato dal
Padre.
Per tali motivi,
i più anziani devono veramente trattare come fratelli i più giovani, aiutandoli
nelle prime attività e responsabilità del ministero, sforzandosi di comprendere
la loro mentalità, anche se differente, e guardando con simpatia le loro
iniziative. I giovani, a loro volta, abbiano rispetto per l'età e l'esperienza
degli anziani, sappiano studiare assieme ad essi i problemi riguardanti la cura
d'anime e collaborino volentieri.
Animati da
spirito fraterno, i presbiteri non trascurino l'ospitalità pratichino la
beneficenza e la comunità di beni avendo speciale cura di quanti sono infermi,
afflitti, sovraccarichi di lavoro, soli o in esilio, nonché di coloro che
soffrono la persecuzione. È bene che si riuniscano volentieri per trascorrere
assieme serenamente qualche momento di distensione e riposo, ricordando le
parole con cui il Signore stesso invitava gli apostoli stremati dalla fatica: «
Venite in un luogo deserto a riposare un poco» (Mc 6,31). Inoltre, per far sì
che i presbiteri possano reciprocamente aiutarsi a fomentare la vita spirituale
e intellettuale, collaborare più efficacemente nel ministero, ed eventualmente
evitare i pericoli della solitudine, sia incoraggiata fra di essi una certa
vita comune o una qualche comunità di vita, che può naturalmente assumere forme
diverse, in rapporto ai differenti bisogni personali o pastorali: può
trattarsi, cioè, di coabitazione, là dove è possibile, oppure di una mensa
comune, o almeno di frequenti e periodici raduni. Vanno anche tenute in grande
considerazione e diligentemente incoraggiate le associazioni che, in base a
statuti riconosciuti dall'autorità ecclesiastica competente, fomentano --
grazie ad un modo di vita convenientemente ordinato e approvato e all'aiuto
fraterno--la santità dei sacerdoti nell'esercizio del loro ministero, e mirano
in tal modo al servizio di tutto l'ordine dei presbiteri.
Infine sappiano i
presbiteri che, a causa della partecipazione al medesimo sacerdozio, essi sono
specialmente responsabili nei confronti di coloro che soffrono qualche
difficoltà; procurino dunque di aiutarli a tempo, anche con un delicato ammonimento,
quando ce ne fosse bisogno. E per quanto riguarda coloro che fossero caduti in
qualche mancanza, li trattino sempre con carità fraterna e comprensione,
preghino per loro incessantemente e si mostrino in ogni occasione veri fratelli
e amici.
I presbiteri
e i laici
9. I sacerdoti
del Nuovo Testamento, anche se in virtù del sacramento dell'ordine svolgono la
funzione eccelsa e insopprimibile di padre e di maestro nel popolo di Dio e per
il popolo di Dio, sono tuttavia discepoli del Signore, come gli altri fedeli,
chiamati alla partecipazione del suo regno per la grazia di Dio. In mezzo a
tutti coloro che sono stati rigenerati con le acque del battesimo, i presbiteri
sono fratelli membra dello stesso e unico corpo di Cristo, la cui edificazione
è compito di tutti.
Perciò i
presbiteri nello svolgimento della propria funzione di presiedere la comunità
devono agire in modo tale che, non mirando ai propri interessi ma solo al
servizio di Gesù Cristo uniscano i loro sforzi a quelli dei fedeli laici,
comportandosi in mezzo a loro come il Maestro il quale fra gli uomini « non
venne ad essere servito, ma a servire e a dar la propria vita per la redenzione
della moltitudine» (Mt 20,28). I presbiteri devono riconoscere e promuovere
sinceramente la dignità dei laici, nonché il loro ruolo specifico nell'ambito
della missione della Chiesa.
Abbiano inoltre
il massimo rispetto per la giusta libertà che spetta a tutti nella città
terrestre. Siano pronti ad ascoltare il parere dei laici, tenendo conto con
interesse fraterno delle loro aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e
competenza nei diversi campi dell'attività umana, in modo da poter assieme
riconoscere i segni dei tempi. Provando gli spiriti per sapere se sono da Dio,
essi devono scoprire con senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che
sotto molteplici forme sono concessi ai laici, devono riconoscerli con gioia e
fomentarli con diligenza. Dei doni di Dio che si trovano abbondantemente tra i
fedeli, meritano speciale attenzione quelli che spingono non pochi a una vita
spirituale più profonda. Allo stesso modo, non esitino ad affidare ai laici
degli incarichi al servizio della Chiesa, lasciando loro libertà d'azione e un
conveniente margine di autonomia, anzi invitandoli opportunamente a
intraprendere con piena libertà anche delle iniziative per proprio conto.
Infine, i
presbiteri si trovano in mezzo ai laici per condurre tutti all'unità della
carità, « amandosi l'un l'altro con la carità fraterna, prevenendosi a vicenda
nella deferenza» (Rm 12,10). A loro spetta quindi di armonizzare le diverse
mentalità in modo che nessuno, nella comunità dei fedeli, possa sentirsi
estraneo. Essi sono i difensori del bene comune, che tutelano in nome del
vescovo, e sono allo stesso tempo strenui assertori della verità, evitando che
i fedeli siano sconvolti da qualsiasi vento di dottrina. In modo speciale
devono aver cura di quanti hanno abbandonato la frequenza dei sacramenti o
forse addirittura la fede, e come buoni pastori non devono tralasciare di
andare alla loro ricerca.
Avendo presenti
le disposizioni sull'ecumenismo non trascurino i fratelli che non godono della
piena comunione ecclesiastica con noi. Devono infine considerare come oggetto
della propria cura quanti non conoscono Cristo loro salvatore. I fedeli, dal
canto loro, abbiano coscienza del debito che hanno nei confronti dei
presbiteri, e li trattino perciò con amore filiale, come loro pastori e padri;
condividendo le loro preoccupazioni, si sforzino, per quanto è possibile, di
essere loro di aiuto con la preghiera e con l'azione, in modo che essi possano
superare più agevolmente le eventuali difficoltà e assolvere con maggiore
efficacia i propri compiti.
III.
Distribuzione dei presbiteri e vocazioni sacerdotali
Sollecitudine
di tutte le Chiese
10. Il dono spirituale
che i presbiteri hanno ricevuto nell'ordinazione non li prepara a una missione
limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di salvezza,
« fino agli ultimi confini della terra » (At 1,8), dato che qualunque ministero
sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale della missione affidata
da Cristo agli apostoli. Infatti il sacerdozio di Cristo, di cui i presbiteri
sono resi realmente partecipi, si dirige necessariamente a tutti i popoli e a
tutti i tempi, né può subire limite alcuno di stirpe, nazione o età, come già
veniva prefigurato in modo arcano con Melchisedec. Ricordino quindi i
presbiteri che a essi incombe la sollecitudine di tutte le Chiese. Pertanto, i
presbiteri di quelle diocesi, che hanno maggior abbondanza di vocazioni si
mostrino disposti ad esercitare volentieri il proprio ministero, previo il
consenso o l'invito del proprio ordinario, in quelle regioni, missioni o
attività che soffrano di scarsezza di clero.
Inoltre, le norme
sull'incardinazione e l'escardinazione vanno riviste in modo che questo
antichissimo istituto, pur rimanendo in vigore, sia però più rispondente ai
bisogni pastorali di oggi. E lì dove ciò sia reso necessario da motivi
apostolici, si faciliti non solo una distribuzione funzionale dei presbiteri,
ma anche l'attuazione di peculiari iniziative pastorali in favore di diversi
gruppi sociali in certe regioni o nazioni o addirittura continenti. A questo
scopo potrà essere utile la creazione di seminari internazionali, peculiari
diocesi o prelature personali, e altre istituzioni del genere, cui potranno
essere ascritti o incardinati dei presbiteri per il bene di tutta la Chiesa,
secondo norme da stabilirsi per ognuna di queste istituzioni, e rispettando
sempre i diritti degli ordinari del luogo.
Comunque, per
quanto è possibile, i presbiteri non devono essere mandati soli in una nuova
regione, soprattutto quando non ne conoscono ancora bene la lingua e le usanze;
è meglio che vadano a gruppi di almeno due o tre, come i discepoli del Signore,
in modo da aiutarsi a vicenda. È parimenti necessario che ci si prenda cura
della loro vita spirituale e della loro salute fisica e mentale; inoltre, nei
limiti del possibile, è bene che si scelgano il luogo e le condizioni di lavoro
che meglio si adattano alle possibilità personali di ciascuno di essi. D'altra
parte, è altrettanto necessario che coloro i quali entrano in una nuova nazione
cerchino di conoscere non solo la lingua del paese, ma anche gli speciali
caratteri psico-sociologici di quel popolo al cui servizio essi umilmente
desiderano mettersi, fondendosi con esso nel modo più pieno, così da seguire
l'esempio dell'apostolo Paolo, il quale poté dire di sé: « Io infatti, pur
essendo libero da tutti, mi sono fatto servitore di tutti, per guadagnarne il
più gran numero. Con i Giudei mi sono fatto Giudeo, per guadagnare i Giudei...
» (1 Cor 9,19-20).
Le
vocazioni sacerdotali
11. Il Pastore e
vescovo delle nostre anime costituì la sua Chiesa in tal modo che il popolo da
lui scelto e acquistato a prezzo del suo sangue dovesse avere sempre, fino alla
fine del mondo, i propri sacerdoti, e quindi i cristiani non venissero mai a
trovarsi come pecore senza pastore. Conoscendo questa sua volontà, gli
apostoli, per suggerimento dello Spirito Santo, considerarono proprio dovere
scegliere dei ministri « i quali fossero capaci di insegnare anche ad altri »
(2 Tm 2,2). Questa è appunto una funzione che fa parte della stessa missione
sacerdotale, in virtù della quale il presbiterio partecipa della sollecitudine
per la Chiesa intera, affinché nel popolo di Dio qui sulla terra non manchino
mai gli operai. Ma siccome « vi è comunità di interessi fra il capitano della
nave e i passeggeri» a tutto il popolo cristiano va insegnato che è suo dovere
collaborare in vari modi--con la preghiera insistente e anche con gli altri
mezzi a sua disposizione a far sì che la Chiesa disponga sempre dei sacerdoti
di cui ha bisogno per compiere la propria missione divina. In primo luogo,
quindi, abbiano i presbiteri la massima preoccupazione per far comprendere ai
fedeli--con il ministero della parola e con la propria testimonianza di una
vita, in cui si rifletta chiaramente lo spirito di servizio e la vera gioia
pasquale --l'eccellenza e la necessità del sacerdozio. Senza badare a fatiche o
difficoltà, aiutino quanti considerano veramente idonei a un così elevato
ministero siano essi giovani o adulti, affinché abbiano modo di prepararsi
convenientemente e possano quindi essere eventualmente chiamati dai vescovi,
sempre naturalmente nel pieno rispetto della loro libertà sia esterna che
interna. A questo scopo è oltremodo utile una attenta e prudente direzione
spirituale.
Quanto poi ai
genitori e ai maestri, e in genere a tutti coloro cui spetta in un modo o
nell'altro l'educazione dei bambini e dei giovani, essi devono istruirli in
modo tale che, conoscendo la sollecitudine del Signore per il suo gregge e
avendo presenti i bisogni della Chiesa, siano pronti a rispondere con
generosità alla chiamata del Signore dicendogli con il profeta: « Eccomi qui,
manda me » (Is 6,8). Ma si badi che questa voce del Signore che chiama non va
affatto attesa come se dovesse giungere all'orecchio del futuro presbitero in
qualche modo straordinario. Essa va piuttosto riconosciuta ed esaminata
attraverso quei segni di cui si serve ogni giorno il Signore per far capire la
sua volontà ai cristiani che sanno ascoltare; e ai presbiteri spetta di
studiare attentamente questi segni.
Ad essi pertanto
si raccomandano caldamente le opere per le vocazioni, sia quelle diocesane che
quelle nazionali. Nella predicazione, nella catechesi, nella stampa, si offra
un'informazione precisa sulle necessità della Chiesa locale e della Chiesa
universale e siano messi in luce il significato e l'importanza del ministero
sacerdotale, facendo vedere che esso comporta pesanti responsabilità, ma allo
stesso tempo anche gioie ineffabili; soprattutto si dica che attraverso esso,
come insegnano i Padri della Chiesa, si può dare a Cristo la più eccelsa
testimonianza d'amore.
CAPITOLO III
VITA DEI PRESBITERI
I. Chiamata
dei presbiteri alla perfezione
Il dovere
di tendere alla perfezione
12. Con il
sacramento dell'ordine i presbiteri si configurano a Cristo sacerdote come
ministri del capo, allo scopo di far crescere ed edificare tutto il su corpo
che è la Chiesa, in qualità di cooperatori de: l'ordine episcopale. Già fin
dalla consacrazione del battesimo, essi, come tutti i fedeli, hanno ricevuto il
segno e il dono di una vocazione e di una grazi così grande che, pur nell'umana
debolezza possono tendere alla perfezione, anzi debbono tendervi secondo quanto
ha detto il Signore: « Siate dunque perfetti così come il Padre vostro celeste
è perfetto » (Mt 5,48). Ma i sacerdoti sono specialmente obbligati a tendere a
questa perfezione, poiché essi--che hanno ricevuto una nuova consacrazione a
Dio mediante l'ordinazione--vengono elevati alla condizione di strumenti vivi
di Cristo eterno sacerdote, per proseguire nel tempo la sua mirabile opera, che
ha restaurato con divina efficacia l'intera comunità umana. Dato quindi che
ogni sacerdote, nel modo che gli è proprio, tiene il posto di Cristo in
persona, fruisce anche di una grazia speciale, in virtù della quale, mentre è
al servizio della gente che gli è affidata e di tutto il popolo di Dio, egli
può avvicinarsi più efficacemente alla perfezione di colui del quale è
rappresentante, e la debolezza dell'umana natura trova sostegno nella santità
di lui, il quale è diventato per noi il pontefice « santo, innocente,
incontaminato, segregato dai peccatori» (Eb 7,26).
Cristo, che il
Padre santificò e consacrò inviandolo al mondo « offerse se stesso in favore
nostro per redimerci da ogni iniquità e far di noi un popolo non più immondo,
che gli appartenga e cerchi di compiere il bene », e così, passando attraverso
la sofferenza, entrò nella sua gloria allo stesso modo i presbiteri, consacrati
con l'unzione dello Spirito Santo e inviati da Cristo, mortificano in se stessi
le opere della carne e si dedicano interamente al servizio degli uomini; in tal
modo possono progredire nella santità della quale sono stati dotati in Cristo,
fino ad arrivare all'uomo perfetto.
Pertanto,
esercitando il ministero dello Spirito e della giustizia, essi vengono
consolidati nella vita dello Spirito, a condizione però che siano docili agli
insegnamenti dello Spirito di Cristo che li vivifica e li conduce. I
presbiteri, infatti, sono ordinati alla perfezione della vita in forza delle
stesse sacre azioni che svolgono quotidianamente, come anche di tutto il loro
ministero, che esercitano in stretta unione con il vescovo e tra di loro. Ma la
stessa santità dei presbiteri, a sua volta, contribuisce non poco al compimento
efficace del loro ministero: infatti, se è vero che la grazia di Dio può
realizzare l'opera della salvezza anche attraverso ministri indegni, ciò
nondimeno Dio, ordinariamente preferisce manifestare le sue grandezze
attraverso coloro i quali, fattisi più docili agli impulsi e alla direzione
dello Spirito Santo, possono dire con l'Apostolo, grazie alla propria intima
unione con Cristo e santità di vita: « Ormai non sono più io che vivo, bensì è
Cristo che vive in me » (Gal 2,20).
Perciò questo
sacro Sinodo, per il raggiungimento dei suoi fini pastorali di rinnovamento
interno della Chiesa, di diffusione del Vangelo in tutto il mondo e di dialogo
con il mondo moderno, esorta vivamente tutti i sacerdoti ad impiegare i mezzi
efficaci che la Chiesa ha raccomandato in modo da tendere a quella santità
sempre maggiore che consentirà loro di divenire strumenti ogni giorno più
validi al servizio di tutto il popolo di Dio.
L'esercizio
della funzione sacerdotale esige e favorisce la santità
13. I presbiteri
raggiungeranno la santità nel loro modo proprio se nello Spirito di Cristo
eserciteranno le proprie funzioni con impegno sincero e instancabile.
Essendo ministri
della parola di Dio, essi leggono ed ascoltano ogni giorno questa stessa parola
che devono insegnare agli altri: e se si sforzano anche di riceverla in se
stessi, allora diventano discepoli del Signore sempre più perfetti, secondo
quanto dice l'apostolo Paolo a Timoteo: « Occupati di queste cose, dedicati ad
esse interamente, affinché siano palesi a tutti i tuoi progressi. Vigila su te
stesso e sul tuo insegnamento, persevera in tali cose, poiché così facendo
salverai te stesso e quelli che ti ascoltano » (1 Tm 4,15-16). Infatti,
cercando il miglior modo di trasmettere agli altri ciò che hanno contemplato,
assaporeranno più intimamente « le insondabili ricchezze di Cristo » (Ef 3,8) e
la multiforme sapienza di Dio. Non dimenticando mai che è il Signore ad aprire
i cuori e che l'efficacia non proviene da essi ma dalla potenza di Dio,
all'atto stesso di predicare la parola si uniranno più intimamente con Cristo
maestro e saranno guidati dal suo Spirito. Uniti così a Cristo, partecipano
della carità di Dio, il cui mistero, nascosto nei secoli è stato rivelato in
Cristo.
Nella loro
qualità di ministri della liturgia, e soprattutto nel sacrificio della messa, i
presbiteri rappresentano in modo speciale Cristo in persona, il quale si è offerto
come vittima per santificare gli uomini; sono pertanto invitati a imitare ciò
che compiono, nel senso che, celebrando il mistero della morte del Signore,
devono cercare di mortificare le proprie membra dai vizi e dalle concupiscenze
Nel mistero del sacrificio eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono la loro
funzione principale, viene esercitata ininterrottamente l'opera della nostra
redenzione e quindi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana, la
quale è sempre un atto di Cristo e della sua Chiesa, anche quando non è
possibile che vi assistano i fedeli.
Così i
presbiteri, unendosi con l'atto di Cristo sacerdote, si offrono ogni giorno
totalmente a Dio, e nutrendosi del Corpo di Cristo partecipano dal fondo di se
stessi alla carità di colui che si dà come cibo ai fedeli. Allo stesso modo,
quando amministrano i sacramenti si uniscono all'intenzione e alla carità di
Cristo; il che realizzano in modo particolare nell'esercizio del sacramento
della penitenza, se si mostrano sempre e pienamente disposti ad amministrarla
ogniqualvolta i fedeli ne facciano ragionevolmente richiesta. Nella recitazione
dell'ufficio divino essi danno voce alla Chiesa, la quale persevera in
preghiera in nome di tutto il genere umano assieme a Cristo, che è « sempre vivente
per intercedere in favore nostro » (Eb 7,25).
Reggendo e
pascendo il popolo di Dio, i presbiteri sono spinti dalla carità del buon
Pastore a dare la loro vita per il gregge pronti anche al supremo sacrificio,
seguendo l'esempio di quei sacerdoti che anche ai nostri tempi non hanno
esitato a dare la vita; e poiché sono educatori nella fede, avendo anch'essi
«fiducia nell'accesso dei santi al sangue di Cristo» (Eb 10,19), si rivolgono a
Dio «con cuore sincero nella pienezza della fede » (Eb 10,22); fanno mostra di
una speranza incrollabile al cospetto dei loro fedeli in modo da poter
consolare coloro che sono in qualsiasi tribolazione, con la medesima
consolazione con cui loro stessi sono consolati da Dio. Nella loro qualità di
reggitori della comunità praticano l'ascetica propria del pastore d'anime,
rinunciando ai propri interessi e mirando non a ciò che fa loro comodo, bensì a
ciò che è utile a molti, in modo che siano salvi in un continuo progresso nel
compimento più perfetto del lavoro pastorale e, all'occorrenza, pronti anche ad
adottare nuovi sistemi pastorali, sotto la guida dello Spirito d'amore, che
soffia dove vuole.
Unità di
vita nello svolgimento del ministero
14. Nel mondo
d'oggi i compiti che gli uomini devono affrontare sono tanti e i problemi che
li preoccupano--e che spesso richiedono una soluzione urgente--sono assai
disparati; di conseguenza in molte occasioni essi si trovano in condizioni tali
che è facile che si disperdano in tante cose diverse. Anche i presbiteri,
immersi e agitati da un gran numero di impegni derivanti dalla loro missione,
possono domandarsi con vera angoscia come fare ad armonizzare la vita interiore
con le esigenze dell'azione esterna. Ed effettivamente, per ottenere questa
unità di vita non bastano né l'organizzazione puramente esteriore delle
attività pastorali, né la sola pratica degli esercizi di pietà, quantunque
siano di grande utilità. L'unità di vita può essere raggiunta invece dai
presbiteri seguendo nello svolgimento del loro ministero l'esempio di Cristo Signore,
il cui cibo era il compimento della volontà di colui che lo aveva inviato a
realizzare la sua opera.
In effetti
Cristo, per continuare a realizzare incessantemente questa stessa volontà del
Padre nel mondo per mezzo della Chiesa, opera attraverso i suoi ministri. Egli
pertanto rimane sempre il principio e la fonte della unità di vita dei
presbiteri. Per raggiungerla, essi dovranno perciò unirsi a lui nella scoperta
della volontà del Padre e nel dono di sé per il gregge loro affidato. Così,
rappresentando il buon Pastore, nell'esercizio stesso della carità pastorale
troveranno il vincolo della perfezione sacerdotale che realizzerà la unità
nella loro vita e attività. D'altra parte, questa carità pastorale scaturisce
soprattutto dal sacrificio eucaristico, il quale risulta quindi il centro e la
radice di tutta la vita del presbitero, cosicché lo spirito sacerdotale si
studia di rispecchiare ciò che viene realizzato sull'altare. Ma ciò non è
possibile se i sacerdoti non penetrano sempre più a fondo nel mistero di Cristo
con la preghiera.
E per poter anche
concretizzare nella pratica l'unità di vita, considerino ogni loro iniziativa
alla luce della volontà di Dio vedendo cioè se tale iniziativa va d'accordo con
le norme della missione evangelica della Chiesa. Infatti la fedeltà a Cristo
non può essere separata dalla fedeltà alla sua Chiesa. Per questo, la carità
pastorale esige che i presbiteri, se non vogliono correre invano lavorino
sempre in stretta unione con i vescovi e gli altri fratelli nel sacerdozio. Se
procederanno con questo criterio, troveranno l'unità della propria vita nella
unità stessa della missione della Chiesa, e così saranno uniti al loro Signore,
e per mezzo di lui al Padre nello Spirito Santo, per poter essere colmati di
consolazione e di gioia.
II. Peculiari
esigenze spirituali nella vita dei presbiteri
Umiltà e
obbedienza
15. Tra le virtù
che più sono necessarie nel ministero dei presbiteri, va ricordata quella
disposizione di animo per cui sempre sono pronti a cercare non la soddisfazione
dei propri desideri, ma il compimento della volontà di colui che li ha inviati.
Infatti l'opera divina per la quale sono stati scelti dallo Spirito Santo
trascende ogni forza umana e qualsiasi umana sapienza: « Dio ha scelto le cose
deboli del mondo per confondere quelle forti » (1 Cor 1,27). Consapevole quindi
della propria debolezza, il vero ministro di Cristo lavora con umiltà, cercando
di sapere ciò che è grato a Dio come se avesse mani e piedi legati dallo
Spirito si fa condurre in ogni cosa dalla volontà di colui che vuole che tutti
gli uomini siano salvi; e questa volontà la può scoprire e seguire nel corso
della vita quotidiana, servendo umilmente tutti coloro che gli sono affidati da
Dio in ragione della funzione che deve svolgere e dei molteplici avvenimenti
della vita.
D'altra parte, il
ministero sacerdotale, dato che è il ministero della Chiesa stessa, non può
essere realizzato se non nella comunione gerarchica di tutto il corpo. La
carità pastorale esige pertanto che i presbiteri, lavorando in questa
comunione, con l'obbedienza facciano dono della propria volontà nel servizio di
Dio e dei fratelli, ricevendo e mettendo in pratica con spirito di fede le
prescrizioni e i consigli del sommo Pontefice, del loro vescovo e degli altri
superiori, e dando volentieri tutto di sé in ogni incarico che venga loro
affidato, anche se umile e povero. Perché con questo atteggiamento custodiscono
e rafforzano la necessaria unità con i fratelli nel ministero, specialmente con
quelli che il Signore ha costituito reggitori visibili della sua Chiesa, e
lavorano per la edificazione del corpo di Cristo, il quale cresce « per ogni
articolazione di servizio ». Questa obbedienza, che porta a una più matura
libertà di figli di Dio, esige per sua natura che i presbiteri nello
svolgimento della loro missione, mentre sono indotti dalla carità a cercare
prudentemente vie nuove per un maggior bene della Chiesa, facciano sapere con
fiducia le loro iniziative ed espongano chiaramente i bisogni del proprio
gregge, disposti sempre a sottomettersi al giudizio di coloro che esercitano
una funzione superiore nel governo della Chiesa di Dio.
Con questa umiltà
e obbedienza responsabile e volontaria i presbiteri si conformano sull'esempio
di Cristo, e arrivano ad avere in sé gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, il
quale « annientò se stesso prendendo la condizione di servo..., fatto
obbediente fino alla morte » (Fil 2,7-8) e con questa obbedienza ha vinto e
redento la disobbedienza di Adamo, come testimonia l'Apostolo: « Come infatti
per la disobbedienza di uno solo i molti furono costituiti peccatori, così per
l'obbedienza di quel solo, i molti saranno costituiti giusti» (Rm 5,19).
Il celibato
16. La perfetta e
perpetua continenza per il regno dei cieli, raccomandata da Cristo Signore nel
corso dei secoli e anche ai nostri giorni gioiosamente abbracciata e
lodevolmente osservata da non pochi fedeli, è sempre stata considerata dalla
Chiesa come particolarmente confacente alla vita sacerdotale. Essa è infatti
segno e allo stesso tempo stimolo della carità pastorale, nonché fonte speciale
di fecondità spirituale nel mondo. Essa non è certamente richiesta dalla natura
stessa del sacerdozio, come risulta evidente se si pensa alla prassi della
Chiesa primitiva e alla tradizione delle Chiese orientali, nelle quali, oltre a
coloro che assieme a tutti i vescovi scelgono con l'aiuto della grazia il
celibato, vi sono anche degli eccellenti presbiteri coniugati: per questo il
nostro sacro Sinodo, nel raccomandare il celibato ecclesiastico, non intende
tuttavia mutare quella disciplina diversa che è legittimamente in vigore nelle
Chiese orientali, anzi esorta amorevolmente tutti coloro che hanno ricevuto il
presbiterato quando erano nello stato matrimoniale a perseverare nella santa vocazione,
continuando a dedicare pienamente e con generosità la propria vita per il
gregge loro affidato.
Il celibato,
comunque, ha per molte ragioni un rapporto di convenienza con il sacerdozio.
Infatti la missione sacerdotale è tutta dedicata al servizio della nuova
umanità che Cristo, vincitore della morte suscita nel mondo con il suo Spirito,
e che deriva la propria origine « non dal sangue, né da volontà di carne, né da
volontà d'uomo, ma da Dio» (Gv 1,13). Ora, con la verginità o il celibato
osservato per il regno dei cieli, i presbiteri si consacrano a Dio con un nuovo
ed eccelso titolo, aderiscono più facilmente a lui con un cuore non diviso si
dedicano più liberamente in lui e per lui al servizio di Dio e degli uomini,
servono con maggiore efficacia i1 suo regno e la sua opera di rigenerazione
soprannaturale, e in tal modo si dispongono meglio a ricevere una più ampia
paternità in Cristo.
In questo modo,
pertanto, essi proclamano di fronte agli uomini di volersi dedicare
esclusivamente alla missione di fidanzare i cristiani con lo sposo unico e di
presentarli a Cristo come vergine casta evocando così quell'arcano sposalizio
istituito da Dio, e che si manifesterà pienamente nel futuro per il quale la
Chiesa ha come suo unico sposo Cristo. Essi inoltre diventano segno vivente di
quel mondo futuro, presente già attraverso la fede e la carità, nel quale i
figli della risurrezione non si uniscono in matrimonio.
Per questi
motivi--fondati sul mistero di Cristo e della sua missione--il celibato, che
prima veniva raccomandato ai sacerdoti, in seguito è stato imposto per legge
nella Chiesa latina a tutti coloro che si avviano a ricevere gli ordini sacri.
Questo sacro Sinodo torna ad approvare e confermare tale legislazione per
quanto riguarda coloro che sono destinati al presbiterato, avendo piena
certezza nello Spirito che il dono del celibato, così confacente al sacerdozio
della nuova legge, viene concesso in grande misura dal Padre, a condizione che
tutti coloro che partecipano del sacerdozio di Cristo con il sacramento
dell'ordine, anzi la Chiesa intera, lo richiedano con umiltà e insistenza. Il
sacro Sinodo esorta inoltre tutti i presbiteri, i quali hanno liberamente
abbracciato il sacro celibato seguendo l'esempio di Cristo e confidando nella
grazia di Dio, ad aderirvi generosamente e cordialmente e a perseverare
fedelmente in questo stato, sapendo apprezzare il dono meraviglioso che il
Padre ha loro concesso e che il Signore ha così esplicitamente esaltato e
avendo anche presenti i grandi misteri che in esso sono rappresentati e
realizzati. E al mondo di oggi, quanto più la perfetta continenza viene
considerata impossibile da tante persone, con tanta maggiore umiltà e
perseveranza debbono i presbiteri implorare assieme alla Chiesa la grazia della
fedeltà che mai è negata a chi la chiede. Ricorrano allo stesso tempo ai mezzi
soprannaturali e naturali che sono a disposizione di tutti. E soprattutto non
trascurino quelle norme ascetiche che sono garantite dalla esperienza della
Chiesa e che nelle circostanze odierne non sono meno necessarie.
Questo sacro
Sinodo prega perciò i sacerdoti-- e non solo essi, ma anche tutti i fedeli--di
avere a cuore il dono prezioso del celibato sacerdotale, e di supplicare tutti
Iddio affinché lo conceda sempre abbondantemente alla sua Chiesa.
La povertà
17. Grazie ai
rapporti d'amicizia e di fraternità fra di loro e con gli altri uomini, i
presbiteri sono in grado di imparare ad avere stima per i valori umani e ad
apprezzare i beni creati come doni di Dio. Vivendo in mezzo al mondo devono
però avere sempre presente che, come ha detto il Signore nostro Maestro, essi
non appartengono al mondo. Perciò, usando del mondo come se non se usassero
possono giungere a quella libertà che riscatta da ogni disordinata
preoccupazione e rende docili all'ascolto della voce di Dio nella vita di tutti
i giorni. Da questa libertà e docilità nasce il discernimento spirituale, che
consente di mettersi nel giusto rapporto con il mondo e le realtà terrene. Tale
rapporto è estremamente importante nel caso dei presbiteri, dato che la
missione della Chiesa si svolge in mezzo al mondo e i beni creati sono del
tutto necessari per lo sviluppo personale dell'uomo. Siano perciò riconoscenti
per tutte le cose che concede loro il Padre perché possano ben condurre la loro
esistenza. È però indispensabile che sappiano esaminare attentamente alla luce
della fede tutto ciò che si trova sul loro cammino, in modo da sentirsi spinti
a usare rettamente dei beni in conformità con la volontà di Dio, respingendo
quanto possa nuocere alla loro missione.
I sacerdoti
infatti, dato che il Signore è la loro «parte ed eredità» (Num 18,20), debbono
usare dei beni temporali solo per quei fini ai quali essi possono essere
destinati d'accordo con la dottrina di Cristo Signore e gli ordinamenti della
Chiesa.
Quanto ai beni
ecclesiastici propriamente detti, i sacerdoti devono amministrarli come esige
la natura stessa di tali cose, a norma delle leggi ecclesiastiche, e
possibilmente con l'aiuto di competenti laici; devono sempre impiegarli per quegli
scopi che giustificano l'esistenza di beni temporali della Chiesa, vale a dire:
l'organizzazione del culto divino, il dignitoso mantenimento del clero, il
sostenimento delle opere di apostolato e di carità, specialmente in favore dei
poveri. Quanto poi ai beni che si procurano in occasione dell'esercizio di
qualche ufficio ecclesiastico, i presbiteri, come pure i vescovi, salvi
restando eventuali diritti particolari devono impiegarli anzitutto per il
proprio onesto mantenimento e per l'assolvimento dei doveri del proprio stato;
il rimanente potrà essere destinato per il bene della Chiesa e per le opere di
carità. Non trattino dunque l'ufficio ecclesiastico come occasione di guadagno,
né impieghino il reddito che ne deriva per aumentare il proprio patrimonio
personale. I sacerdoti, quindi, senza affezionarsi in modo alcuno alle
ricchezze debbono evitare ogni bramosia ed astenersi da qualsiasi tipo di
commercio.
Anzi, essi sono
invitati ad abbracciare la povertà volontaria, con cui possono conformarsi a
Cristo in un modo più evidente ed essere più disponibili per il sacro
ministero. Cristo infatti da ricco è diventato per noi povero, affinché la sua
povertà ci facesse ricchi. Gli apostoli, dal canto loro, hanno testimoniato con
l'esempio personale che il dono di Dio, che è gratuito, va trasmesso
gratuitamente e hanno saputo abituarsi tanto all'abbondanza come alla miseria.
Ma anche un certo uso comune delle cose--sul modello di quella comunità di beni
che vanta la storia della Chiesa primitiva--contribuisce in misura
notevolissima a spianare la via alla carità pastorale; inoltre, con questo
tenore di vita i presbiteri possono mettere lodevolmente in pratica lo spirito
di povertà raccomandato da Cristo.
Mossi perciò
dallo Spirito del Signore, che consacrò il Salvatore con l'unzione e lo mandò
ad evangelizzare i poveri i presbiteri--come pure i vescovi--cerchino di
evitare tutto ciò che possa in qualsiasi modo indurre i poveri ad allontanarsi,
e più ancora degli altri discepoli del Signore vedano di eliminare nelle
proprie cose ogni ombra di vanità. Sistemino la propria abitazione in modo tale
che nessuno possa ritenerla inaccessibile, né debba, anche se di condizione
molto umile, trovarsi a disagio in essa.
III. Sussidi
per la vita dei presbiteri
Mezzi per favorire
la vita spirituale
18. Per poter
alimentare in ogni circostanza della propria vita l'unione con Cristo, i
presbiteri, oltre all'esercizio consapevole del ministero, dispongono dei mezzi
sia comuni che specifici, sia tradizionali che nuovi, che lo Spirito Santo non
ha mai cessato di suscitare in mezzo al popolo di Dio, e la Chiesa
raccomanda--anzi talvolta prescrive addirittura--per la santificazione dei suoi
membri. Al di sopra di tutti i sussidi spirituali occupano un posto di rilievo
quegli atti per cui i fedeli si nutrono del Verbo divino alla duplice mensa
della sacra Scrittura e dell'eucaristia a nessuno sfugge, del resto,
l'importanza di un frequente uso di quei mezzi ai fini della santificazione
propria dei presbiteri.
Essi, che sono i
ministri della grazia sacramentale, si uniscono intimamente a Cristo salvatore
e pastore attraverso la fruttuosa recezione dei sacramenti, soprattutto con la
confessione sacramentale frequente, giacché essa--che va preparata con un
quotidiano esame di coscienza--favorisce in sommo grado la necessaria
conversione del cuore all'amore del Padre delle misericordie. Alla luce della
fede, che si alimenta della lettura della Bibbia, essi possono cercare
diligentemente di scoprire nelle diverse vicende della vita i segni della
volontà di Dio e gli appelli della sua grazia, divenendo così sempre più pronti
a corrispondere a ogni esigenza della missione cui si sono dedicati nello
Spirito Santo. Un esempio meraviglioso di tale prontezza lo possono trovare
sempre nella Madonna, che sotto la guida dello Spirito Santo si consacrò
pienamente al mistero della redenzione dell'umanità. Essa è la madre del sommo
ed eterno Sacerdote, la regina degli apostoli, il sostegno del loro ministero:
essi devono quindi venerarla e amarla con devozione e culto filiale.
Inoltre, se
vogliono compiere con fedeltà il proprio ministero, abbiano a cuore il dialogo
quotidiano con Cristo, andandolo a visitare nel tabernacolo e praticando il
culto personale della sacra eucaristia. Siano anche disposti a dedicare
volentieri del tempo al ritiro spirituale e abbiano in grande stima la
direzione spirituale. In modi assai diversi--soprattutto con l'orazione
mentale, di così provata efficacia, e con le varie forme di preghiera che
ciascuno preferisce--possono i presbiteri ricercare e implorare da Dio
quell'autentico spirito di adorazione che unisce a Cristo, mediatore della
Nuova Alleanza. Animati da questo spirito, sia essi che i loro fedeli potranno
rivolgersi a Dio come figli adottivi, dicendo: «Abba, Padre mio! » (Rm 8,15).
Studio e
scienza pastorale
19. Nel sacro
rito dell'ordinazione il vescovo ricorda ai presbiteri che devono essere «
maturi nella scienza » e che la loro dottrina dovrà risultare come «una
spirituale medicina per il popolo di Dio». Ora, bisogna che la scienza del
ministro sacro sia anch'essa sacra, in quanto derivata da una fonte sacra e
diretta a un fine altrettanto sacro. Essa va pertanto tratta in primo luogo
dalla lettura e dalla meditazione della sacra Scrittura ma suo fruttuoso alimento
è anche lo studio dei santi Padri e dottori e degli altri documenti della
tradizione. In secondo luogo, per poter dare una risposta esauriente ai
problemi sollevati dagli uomini d'oggi, è necessario che i presbiteri conoscano
a fondo i documenti del magistero--specie quelli dei Concili e dei romani
Pontefici--e che consultino le opere dei migliori teologi, la cui scienza è
riconosciuta.
Ma ai nostri
giorni la cultura umana e anche le scienze sacre avanzano a un ritmo prima
sconosciuto; è bene quindi che i presbiteri si preoccupino di perfezionare
sempre adeguatamente la propria scienza teologica e la propria cultura, in modo
da essere in condizione di sostenere con buoni risultati il dialogo con gli
uomini del loro tempo.
D'altra parte,
però, ci si deve preoccupare di agevolare ai presbiteri il compito di
approfondire i propri studi e di apprendere i migliori metodi di
evangelizzazione e apostolato; in questo senso, possono risultare di grande
aiuto--adattandoli logicamente alle situazioni locali--l'istituzione di corsi o
congressi, la fondazione di centri destinati agli studi pastorali, la creazione
di biblioteche e un'intelligente direzione degli studi da parte di persone
capaci. I vescovi devono studiare altresì da soli o a livello
interdiocesano--il sistema migliore per far in modo che tutti i loro
presbiteri--soprattutto qualche anno dopo l'ordinazione--possano frequentare
periodicamente dei corsi di perfezionamento nelle scienze teologiche e nei
metodi pastorali; questi corsi dovranno servire anche a rafforzare la vita
spirituale e consentiranno un proficuo scambio di esperienze apostoliche con i
confratelli. Mediante tutti questi sussidi e altri del genere, si abbia una
cura particolare dei parroci di nomina recente e di tutti coloro che iniziano
una nuova attività pastorale o sono trasferiti a un'altra diocesi o nazione.
Infine, i vescovi
devono anche procurare che alcuni presbiteri si dedichino allo studio
approfondito delle scienze divine, in modo che non vengano mai a mancare dei
professori competenti per le scuole ecclesiastiche, e specialisti in grado di
orientare gli altri sacerdoti e i fedeli verso una maggiore istruzione
religiosa; inoltre, con questo lavoro di ricerca si stimola quel sano progresso
delle scienze sacre che è del tutto necessario alla Chiesa.
Equa
retribuzione
20. I presbiteri
si dedicano pienamente al servizio di Dio nello svolgimento delle funzioni che
sono state loro assegnate; è logico pertanto che siano equamente retribuiti,
dato che « l'operaio ha diritto alla sua paga » (Lc 10,7), e « il Signore ha
disposto che coloro ai quali annunciano il Vangelo vivano del Vangelo» (1 Cor
9,14). In base a ciò, se non si provvede in un altro modo a retribuire
equamente i presbiteri, sono i fedeli stessi che vi devono pensare, dato che è
per il loro bene che essi lavorano; i fedeli, cioè, sono tenuti da vero obbligo
a procurare che non manchino ai presbiteri i mezzi per condurre una vita onesta
e dignitosa. Spetta ai vescovi ricordare ai fedeli questo loro grave obbligo, e
provvedere--ognuno per la propria diocesi, o meglio ancora riunendosi in gruppi
interessati a uno stesso territorio--all'istituzione di norme che garantiscano
un mantenimento dignitoso per quanti svolgono o hanno svolto una funzione al
servizio del popolo di Dio. Quanto poi al tipo di retribuzione che deve essere
assegnata a ciascuno, bisogna considerare sia la natura stessa della funzione
sia le diverse circostanze di luogo e di tempo. Comunque è bene che tale
retribuzione sia fondamentalmente la stessa per tutti coloro che si trovano
nelle stesse condizioni, e che soddisfi veramente i loro bisogni ed esigenze:
il che significa che deve anche consentire ai presbiteri di retribuire il
personale che presta servizio presso di loro e di soccorrere personalmente in
qualche modo i bisognosi, dato che questo ministero a favore dei poveri è stato
tenuto in grande considerazione da parte della Chiesa fin dalle origini.
Nello stabilire
la quantità della retribuzione per i presbiteri, occorre pensare che essa deve
consentire anche un tempo sufficiente di ferie ogni anno; e i vescovi hanno il
dovere di controllare se i presbiteri dispongono di questo necessario riposo.
Comunque, il
rilievo maggiore va dato all'ufficio che svolgono i sacri ministri. Per questo,
il sistema noto sotto il nome di sistema beneficiale deve essere abbandonato, o
almeno riformato a fondo, in modo che la parte beneficiale--ossia il diritto al
reddito di cui è dotato l'ufficio ecclesiastico--sia trattata come cosa
secondaria, e venga messo in primo piano, invece, l'ufficio stesso. D'ora in
avanti, inoltre, per ufficio ecclesiastico si deve intendere qualsiasi incarico
conferito in modo stabile per un fine spirituale.
Fondo
comune e previdenza sociale
21. Deve essere
sempre tenuto presente l'esempio dei fedeli della primitiva Chiesa di
Gerusalemme, dove « tutto era ad essi comune » (At 4,32) e « veniva diviso fra
tutti in base ai bisogni di ciascuno » (At 4,35). In conseguenza, è
estremamente conveniente che per il mantenimento del clero esista una
istituzione diocesana, amministrata dal vescovo con la collaborazione di
sacerdoti delegati, e anche di laici esperti in economia, se ce ne fosse
bisogno. È anche auspicabile che, nei limiti del possibile, venga costituita in
ogni diocesi o regione una cassa comune da cui possono attingere i vescovi per
far fronte ai propri impegni nei riguardi delle persone che prestano servizio a
favore della Chiesa, e per affrontare i diversi bisogni della diocesi. Con
questa cassa comune, inoltre, le diocesi più dotate potranno venire incontro a
quelle più povere, in modo da bilanciare con la propria abbondanza la loro
scarsezza. È bene che anche questa cassa comune sia formata soprattutto in base
alle offerte dei fedeli; ma vi potranno affluire pure i beni derivanti da altre
fonti, che il diritto dovrà precisare.
Oltre a ciò,
nelle nazioni in cui la previdenza sociale a favore del clero non è ancora
sufficientemente organizzata, le conferenze episcopali vi devono provvedere,
sempre nel massimo rispetto delle leggi ecclesiastiche e civili. Fra le varie
soluzioni possibili vi sono, ad esempio, gli istituti di previdenza di ambito
diocesano che operano per proprio conto o uniti in federazione; gli istituti
che operano in una zona comprendente varie diocesi; e infine organismi che
coprono tutto il territorio nazionale. In ogni caso, queste istituzioni devono
provvedere, sotto la vigilanza della gerarchia, sia alla prevenzione e
all'assistenza sanitaria, sia al decoroso mantenimento dei presbiteri che
patiscono malattia, invalidità o vecchiaia. I sacerdoti, dal canto loro, devono
appoggiare l'istituzione che sia stata creata, spinti da un senso di
solidarietà verso i confratelli, che li porta a condividere le loro pene e
abbiano anche presente che in tal modo si risparmieranno eccessive preoccupazioni
per il futuro, potendosi invece dedicare con spirito evangelico alla pratica
della povertà e alla salvezza delle anime.
Infine, i
responsabili facciano in modo che gli istituti di previdenza di diverse nazioni
che operano in uno stesso settore siano collegati fra di loro, perché così si
consolideranno e si estenderanno.
CONCLUSIONE ED ESORTAZIONE
22. Questo sacro
Sinodo ha presenti le grandi gioie di cui è ricca la vita sacerdotale; ma ciò
non significa che dimentichi le difficoltà che i presbite devono affrontare
nelle circostanze della vita di oggi. Non ignora la profonda trasformazione che
tempi hanno operato nelle strutture economiche sociali e nel costume; e si
rende conto che c'è sta un profondo mutamento nella gerarchia dei valori che
viene comunemente adottata. Per questo i minstri della Chiesa, e talvolta gli
stessi fedeli, si sentono quasi estranei nei confronti del mondo di oggi si
domandano angosciosamente quali sono i mezzi le parole adatte per poter
comunicare con esso. non c'è dubbio che i nuovi ostacoli per la fede,
l'apparente inutilità degli sforzi che si son fatti finora il crudo isolamento
in cui vengono a trovarsi possono costituire un serio pericolo di
scoraggiamento.
Ma sta di fatto che
Dio ha amato tanto il mondo --così come esso oggi si presenta all'amore e al
ministero dei presbiteri della Chiesa--da dare per esso il Figlio suo
unigenito. Ed effettivamente questo mondo--vincolato certamente a tanti peccati
ma nello stesso tempo dotato di risorse non irrilevanti--fornisce alla Chiesa
pietre vive che tutte insieme servono a edificare l'abitazione di Dio nello
Spirito. E lo stesso Spirito Santo, mentre spinge la Chiesa ad aprire vie nuove
per arrivare al mondo, di oggi, suggerisce e incoraggia gli opportuni
aggiornamenti e adattamenti del ministero sacerdotale.
I presbiteri non
devono perdere di vista che nel loro lavoro non sono mai soli, perché hanno
come sostegno l'onnipotenza di Dio. Abbiano fede in Cristo che li chiamò a
partecipare del suo sacerdozio: e con questa fede si dedichino con tutta
l'anima fiduciosamente al loro ministero, nella consapevolezza che Dio è tanto
potente da aumentare in essi la carità. E non dimentichino che hanno al loro
fianco i propri confratelli nel sacerdozio, anzi, tutti i fedeli del mondo. C'è
infatti una cooperazione di tutti i presbiteri per la realizzazione del disegno
di salvezza di Dio, che e il mistero di Cristo, ossia il mistero nascosto da
secoli in Dio e questo disegno non viene condotto a termine se non a poco a
poco, attraverso la collaborazione organica di diversi ministeri che tendono
tutti all'edificazione del corpo di Cristo, fin tanto che non venga raggiunta
la misura della sua età matura. Tutto ciò, ripetiamo, è nascosto con Cristo in
Dio e quindi è con la fede soprattutto che può essere avvertito.
Effettivamente, è nella fede che devono camminare le guide del popolo di Dio,
seguendo l'esempio del fedele Abramo, il quale per la fede «obbedì all'ordine
di dirigersi verso il luogo che avrebbe ricevuto in eredità: e si mosse senza
sapere dove sarebbe andato a finire » (Eb 11,8). In verità, l'economia dei
misteri di Dio può essere paragonata all'uomo che semina nel campo e di cui
dice il Signore: « che dorma o che si alzi, di notte e di giorno, il seme
germoglia e cresce senza che lui se ne accorga» (Mc 4,27).
Del resto, Gesù
ha detto: « Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo » (Gv 16,33); ma con queste
parole non ha voluto promettere alla sua Chiesa una perfetta vittoria prima
della fine dei tempi. Il sacro Sinodo si rallegra nel vedere che la terra
seminata con il seme del Vangelo dà ora molti frutti in diversi luoghi, grazie
all'azione dello Spirito del Signore, il quale riempie l'orbe della terra e ha
fatto nascere nel cuore di molti sacerdoti e di molti fedeli uno spirito
autenticamente missionario.
Per tutto ciò il
Sinodo ringrazia con il cuore colmo di affetto i presbiteri di tutto il mondo:
« A colui poi che, mediante la potenza che opera in noi, può compiere
infinitamente di più di tutto ciò che possiamo domandare o pensare, a lui sia
la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù» (Ef 3,20-21).
7 dicembre
1965