“LA COMUNICAZIONE” RIFLESSIONI SULLE INTERAZIONI NELLA COMUNITA’.

(Catechesi fatta il 25/05/03 a Siracusa al convegno regionale dell’A.T.C.)

1.     1.     CAMMINARE AL PASSO

2.     2.     ACCETTAZIONE INCONDIZIONATA DELL’ALTRO

3.     3.     ANTICIPO DI FIDUCIA

4.     4.     ASCOLTO

5.     5.     CHIAVE DI LETTURA DELLA REALTA’

 

Lc 24,13-33  

[13]Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome E`mmaus,

[14]e conversavano di tutto quello che era accaduto.

[15]Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.

[16]Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo.

[17]Ed egli disse loro: <<Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?>>. Si fermarono, col volto triste;

[18]uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: <<Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?>>.

[19]Domandò: <<Che cosa?>>. Gli risposero: <<Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo;

[20]come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso.

[21]Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute.

[22]Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro

[23]e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo.

[24]Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto>>.

[25]Ed egli disse loro: <<Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!

[26]Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?>>.

[27]E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

[28]Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano.

[29]Ma essi insistettero: <<Resta con noi perché si fa sera e il giorno gia volge al declino>>. Egli entrò per rimanere con loro.

[30]Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro.

[31]Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.

[32]Ed essi si dissero l'un l'altro: <<Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?>>.

[33]E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro,

 

In questo episodio assistiamo ad una grande lezione del nostro Maestro su come comunicare con i fratelli.

Partiamo dal versetto 15 in cui notiamo questi due discepoli per la strada polverosa e trafficata che da Gerusalemme porta ad Emmaus lunga undici km, basta uno sguardo in chi li incontrava per rendersi conto che erano due persone deluse il loro viso parlava chiaro ed il modo triste in cui si scambiavano la loro delusione con parole e cenni confermava che venivano da un’esperienza che li aveva segnati, ad un certo punto Luca dice che Gesù in persona si accostò e camminava con loro, il cardinale C.M. Martini traduce questo verbo accostarsi con “si mise a camminare al loro passo” (1) e commenta: Si mise a camminare al loro passo per un bel po’ senza dire niente, (…) sarebbe potuto intervenire partendo dalla gloria di Dio… ed in tal modo illuminarli in un istante e guarirli. Invece il metodo è diverso: è il metodo progressivo dello stimolo della domanda del far venire gradatamente fuori il problema (2). Gesù non li stravolge, dicendo loro che stavano sbagliando, ma fa in modo che loro possano prendere coscienza di quello che hanno nel cuore, questa è pedagogia messa al servizio dell’evangelizzazione perché nei versetti successivi, vedremo come Gesù dopo aver tirato fuori dal loro cuore la loro amarezza comincia ad evangelizzarli con l’aiuto delle scritture, e questo lo fa usando il metodo della domanda, infatti al versetto 17 comincia con le domande. Adesso riflettiamo un po’ cosa significa mettersi al passo con il fratello, G. Salonia nel suo libro Kairos dice: Gesù perciò sceglie di mettersi al passo dei due discepoli, di lasciare lo spazio necessario affinché nel tempo la relazione si apra, si orienti, maturi (3).

Quello che ha fatto il nostro Signore è mettere in atto due atteggiamenti fondamentali nei rapporti umani l’accoglienza ed il rispetto dei tempi dell’altro. L’accoglienza si esprime con l’ascolto, Gesù non è saltato avanti nel dialogo, ma li ha fatti parlare, senza interromperli senza dire fermati che adesso ti spiego tutto, ma ha prima tirato fuori il loro sdegno infatti Cleopa dice tu solo sei cosi forestiero…., è quasi un rimprovero, l’ascolto è accettazione della presenza dell’altro, un’accettazione incondizionata, ed a proposito G. Salonia dice: Accettare incondizionatamente l’altro vuol dire collocarsi al di la della valutazione, dell’approvazione, dell’accordo o del disaccordo, vuol dire accogliere l’altro in quanto persona,… (4)

Riflettendo su quanto abbiamo finora detto, e tornando al tema di questa catechesi possiamo dire che una buona comunicazione inizia dall’ascolto.

L’accettazione incondizionata produce una guarigione dell’autostima e questa a sua volta porta ad una liberazione della schiavitù del giudizio degli altri, ci si accetta per quello che si è e non per quello che si ha.  (5)                                        

Paolo VI nella Ecclesiam  Suam (49) dice: bisogna ancor prima di parlare, ascoltare la voce, anzi il cuore dell’uomo; comprenderlo, e , per quanto possibile, rispettarlo e, dove lo merita assecondarlo.

Ora andiamo ai versetti :

 [17]Ed egli disse loro: <<Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?>>. Si fermarono, col volto triste;

[18]uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: <<Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?>>.

[19]Domandò: <<Che cosa?>>. Gli risposero: <<Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo;

come mai Gesù che conosce i fatti ed i loro cuori fa delle domande? Di certo non lo fa per se stesso ma per loro, perché sa che fino a quando non  esprimeranno ciò che hanno nel cuore, fino a quando non prenderanno coscienza da dove sono partiti per arrivare al qui ed ora, all’amarezza del momento attuale non potranno comprendere ciò che sta succedendo adesso e non potranno nemmeno accorgersi di chi gli sta  davanti, perché sono ancora presi dal loro vissuto. Solo allora ci potrà essere una relazione autentica. Ecco perché come dice G. Salonia: Gesù è Maestro nell’arte di porre domande.

Si tratta di pensare la competenza comunicativa non come la capacità di sapere in anticipo cosa l'altro dirà o cosa rispondergli, ma al contrario, come capacità di ricominciare da capo, ad ogni nuovo incontro, con il cuore e la mente sempre più vuoti, pronti cioè ad incontrare l’altro nella sua unicità. (6)

Andiamo ai versetti:

[25]Ed egli disse loro: <<Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!

[26]Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?>>.

[27]E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

Solo Lui, che ha dato la vita per i due discepoli, che li ha ascoltati con comprensione e pazienza, può adesso andare cosi diritto al loro cuore per svelarne il peccato: “sciocchi e tardi di cuore” (7) e finalmente adesso può spiegare le scritture, cioè può mettere in opera l’akouluthia. Il maestro capovolge la situazione e ciò che prima era impedimento adesso diventa ora dimostrazione:..non sapevate che…ciò che i discepoli giudicavano motivo di fallimento e disfatta diventa motivo di compimento e salvezza, la croce stoltezza per i sapienti e salvezza di Dio, allora si ha uno stravolgimento della chiave di lettura della realtà, e se prima il discepolo diceva: “sono scoraggiato, è difficile amare gli altri perché gli altri sono ingrati” la risposta è lì: “questo è l’amore per gli altri amarli quando sono ingrati”  (8) .

Gesù propone una chiave di lettura della realtà diversa, che nasce dopo una profonda conversione (METANOIA) è quello che succede a tutti i santi quando accettano la chiave di lettura della realtà da Dio solo allora la scala di valori viene capovolta perché come dice Paolo nella Lettera ai Colossesi - cap. 3

[1]Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio;

con la chiave di lettura che Dio ci dona l’interpretazione della realtà cambia e cambia il nostro rapporto con Dio i fratelli e con noi stessi. La Parola di Dio viene accolta come seme da custodire e fare crescere e non ci serve più della parola per strumentalizzare la realtà e i fratelli ma si diventa servitori della parola.

Continuando esaminiamo adesso i versetti: Lc, [28]Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano.

[29]Ma essi insistettero: <<Resta con noi perché si fa sera e il giorno gia volge al declino>>. Egli entrò per rimanere con loro.

Quel far finta di Gesù, è un grande gesto pedagogico, Egli vuole che i discepoli esplicitino il desiderio che hanno di Lui, Gesù sa di averli conquistati ma non vuole imporsi a nessuno, Egli rispetta sommamente la nostra libertà, adesso vuole una risposta vuole sentirsi desiderato cercato e come ha detto un fratello Dio ha sete della sete che noi abbiamo di Lui.

Il fare finta è una strategia adottata da Gesù, sapere dove sta l’altro.

I versetti Lc, [30]Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro.

[31]Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.

Ci dicono dove porta un dialogo sano con Cristo, porta ad un’ intima comunione, ad una cena a lume di candela fra persone che si incontrano nel presente, quando ormai il silenzio cala sulle attività umane, ed il buio avvolge le cose del mondo ed il cuore dell’uomo, molti hanno paura a fare entrare Cristo nel loro cuore perché non sanno che succederà ma la parola in apocalisse è chiara: Ap 3, [20]Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.

Riguardo al versetto [31]Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.

Giovanni Salonia dice: fine ultimo della crescita è aprire gli occhi…….è poter fare a meno di qualunque formatore, una volta diventati capaci ormai di vedere, di riconoscere la presenza del risorto. Cosi quando si inizia un rapporto con un direttore spirituale, questo è soltanto un viaggio da fare insieme, ma ci sarà un giorno in cui non ci sarà più bisogno del direttore spirituale e ci si dovrà separare.

Voglio fare un confronto tra il versetto 31 di Luca e il versetto sette di genesi tre che dice: Gn 3,[7]Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi;  intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

Che differenza c’è tra l’aprirsi degli occhi dei discepoli e l’aprirsi degli occhi dei nostri progenitori?

La differenza è fondamentale, mentre i discepoli quando aprirono gli occhi riconobbero Dio, cioè hanno acquistato una conoscenza che aggiunge qualcosa, Adamo ed Eva invece persero la conoscenza di >Dio, si scoprirono nudi perciò ciò che hanno conosciuto è mancanza che rompe l’equilibrio prima esistente (9).

E rifacendoci ancora al versetto 31 di Luca 24, G. Salonia riferendosi allo sparire di Gesù dice: la direzione spirituale deve finire perché il luogo naturale della crescita è la vita, è la comunità ecclesiale. Abbiamo visto come Gesù è riuscito a comunicare con i suoi discepoli, adesso andiamo alle nostre comunità cosa avviene nelle relazioni della vita comunitaria? Quali fasi attraversa una comunità? Cosa succede al singolo che si immerge in una comunità?

Cercherò di rispondere brevemente perché l’argomento è complesso e richiederebbe molto approfondimento.

La prima cosa che mi sento di dire sulla comunità è che questa è luogo di comunione e di vita, tanto è vero che il salmo 133, dice: [1] Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!

[2]E` come olio profumato sul capo, che scende sulla barba, sulla barba di Aronne, che scende sull'orlo della sua veste.

[3]E` come rugiada dell'Ermon, che scende sui monti di Sion. Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre.

A livello antropologico ed ecclesiale, infatti, la comunione si è rivelata come chiave di lettura della condizione umana, come matrice della nostra identità (10)

Nella vita comunitaria si attraversano tre fasi: la simbiosi, la differenziazione, e la comunione. E’ importante per un animatore conoscere queste fasi perché lo aiuterà a comprendere e a non farsi travolgere dagli eventi che vi succedono, in questo modo il suo modo di comunicare e di leggere gli eventi sarà diverso e comprensivo.

La simbiosi si verifica all’inizio del cammino comunitario, in questa fase si ha la sensazione di stare bene insieme si hanno grandi attese, c’è un grande entusiasmo, si è poco interessati all’ambiente esterno che viene percepito come da convertire, questa fase viene confusa spesso con la comunione, ma in realtà è solo l’inizio del cammino di comunione che ancora deve essere ancora faticosamente raggiunta. Le esigenze personali vengono messe da parte perché ci si aspetta tutto dal gruppo. Normalmente dopo un certo tempo si progredisce verso la differenziazione, ma può accadere di bloccarsi in questa fase ed allora avremo una dipendenza infantile che non permette di superare il narcisismo di gruppo (siamo i migliori). Poi si passa al processo di differenziazione dove le differenze individuali vengono esasperate e vengono fuori le esigenze della persona che non si sente soddisfatta nelle sue attese, ognuno sposta l’attenzione dal gruppo a se stessa. Questa è una fase di grande sofferenza, e G. salonia dice che:  si passa dalla paura che il gruppo finisca alla paura di essere sacrificati dal gruppo. (11) Il pericolo di questa fase è quello di accusare gli altri di mancanza di comunione e di rimanere in un conflitto a vita, oppure quello di rifugiarsi in una vita spirituale apparentemente intimistica.

Finalmente arriviamo all’ultima fase quella della comunione.

Affinché avvenga la comunione è indispensabile che il singolo si assuma le proprie responsabilità e non accusi più gli altri delle sue delusioni, è necessario che non deleghi più agli altri ciò che è necessario fare o raggiungere, è necessario che ognuno rispetti l’altro per quello che è che rispetti la sua unicità, che lo accetti cosi come è. Solo ora la persona è pronta per autoconsegnarsi alla comunità, e solo in quel momento si verifica la piena realizzazione dell’individuo. Solo quando si abbandona la logica del : se tu cambiassi io sarei migliore si da il primo grande passo per una vita fraterna di comunione. E G. Salonia dice che : non esistono fratelli difficili, ma fratelli di fronte ai quali emergono le nostre difficoltà. (12)

La comunicazione può avvenire in due modi: quello verbale e quello non verbale.

Quello non verbale è il modo arcaico, quello che nacque prima che si sviluppasse il linguaggio ed è il più autentico, quello che non mente, è dato dai segnali che il nostro corpo invia all’altro mediante atteggiamenti espressioni facciali, posture del corpo. Quello verbale è mediato dal linguaggio è può esprimere cose che in realtà non ci appartengono.

Quali sono gli atteggiamenti relazionali che si possono verificare? Parliamo di relazione, per la comunicazione non avrebbe senso se non ci fosse un altro con cui comunicare, se non c’è relazione non c’è comunicazione.

Modi errati di comunicare sono quando si comunica con i seguenti modi

a)    a)    valutazione,

b)    b)    controllo

c)     c)     manipolazione

d)    d)    superiorità

e) dogmatismo                                                                                                         e per finire possiamo dire che la comunicazione può essere diretta o indiretta e quindi meno spontanea e veritiera, per es. io posso dire in una comunicazione indiretta al pastorale mi sento trascurato, oppure in una comunicazione diretta: voi mi trascurate, cosi anche : siamo stanchi anziché io sono stanco etc, posso dire all’altro in una comunicazione indiretta: ma dove sei stato? E l’altro può percepirlo come un rimprovero e reagire male, se invece io comunico in maniera diretta posso dire : mi sono preoccupato; e l’altro sarà contento che qualcuno si sia preso cura della sua sorte e relazione ci guadagna.

 

Francesco Sciarrabone

 

Bibliografia

(1)   (1)   C.M. Martini, L’Evangelizzazione secondo Luca, Ancora Milano 1980, 37.

(2)   (2)   Tempo e relazione, 7-22, G. Salonia

(3)   (3)   Kairos, direzione spirituale ed animazione comunitaria n.2, pag. 76, G. Salonia

(4)   (4)   Kairos, direzione spirituale ed animazione comunitaria n.2, pag. 76, G. Salonia

(5)   (5)   Kairos, direzione spirituale ed animazione comunitaria n.2, pag. 77, G. Salonia

(6)   (6)   Kairos, direzione spirituale ed animazione comunitaria n.2, pag. 80, G. Salonia

(7)   (7)   Kairos, direzione spirituale ed animazione comunitaria n.2, pagg.. 82-83, G. Salonia

(8)   (8)   Kairos, direzione spirituale ed animazione comunitaria n.2, pag. 83, G. Salonia

(9)   (9)   Bibbia Piemme pag 78

(10)                      (10)                      Kairos, direzione spirituale ed animazione comunitaria n.2, pag. 95, G. Salonia

(11)                      (11)                      Kairos, direzione spirituale ed animazione comunitaria n.2, pag. 96, G. Salonia

(12)                      (12)                      Kairos, direzione spirituale ed animazione comunitaria n.2, pag. 100, G. Salonia