Nella Bibbia col termine pietà s'indente parlare della bontà. Dell’aiuto, della fedeltà che uniscono fra loro i membri di una famiglia, gli amici, gli alleati. Ecco perché al termine esèd (pietà - bontà) si unisce spesso il termine emèt (fedeltà). La pietà, per essere vera bontà, non deve stancarsi mai di capire, di perdonare, di aiutare, ossia di essere fedele.
L’esempio, più perfetto della vera pietà, quindi di bontà e fedeltà, è Dio stesso riguardo all'uomo tanto spesso infedele e cattivo. Difatti Dio, passando dinanzi a Mosè, proclama:
(Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato…! Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mio Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Si, è un popolo di dura cervice
(la durezza della mente, del cuore è proprio il contrario della pietà), ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa di noi la tua eredità”(Es. 34,6 - 9).La pietà divina e umana,
come espressione di bontà, misericordia, perdono, si è manifestata
perfettamente in Cristo Gesù, tanto che l'apostolo Paolo scrive a Timoteo: “Dobbiamo
confessare che grande è il mistero della pietà ( ossia il mistero di Cristo
Gesù). Egli si manifestò nella carne, fu giustificato nello Spirito ( mediante
la risurrezione ), apparve agli angeli, fu annunziato ai pagani, fu creduto nel
mondo, fu assunto nella gloria” (1 Tm 3, 16
).
Partecipando al mistero della pietà che è Gesù Cristo, mediante il dono della pietà dello Spirito, si realizza in noi quella bontà e tenerezza del cuore che dissolve ogni durezza, ci fa esperimentare la tenerezza paterna di Dio, la tenerezza di Cristo e dello Spirito; la nostra tenerezza filiale col Padre, quello sponsale col Cristo e il rispetto, la bontà, la tenerezza verso tutti gli uomini.
“Ogni dono perfetto – scrive S Giacomo –viene dall’alto e discende dal Padre della luce” ( Gc. 1, 17 ).
La pietà che scioglie la durezza del cuore dell’uomo è riflesso della bontà e della tenerezza di Dio, è l’impronta lasciata in noi dal Verbo di Dio, per mezzo del quale “tutto è stato fatto”(Gv.1,39).
La pietà nei rapporti umani
La pietà anche solo come virtù umana, rende l’uomo più umano. Un uomo dal cuore duro, incapace di sentimenti di rispetto, d'amore, di venerazione verso un Essere a lui superiore, ossia Dio, e un grande sventurato.
La pietà, come virtù, include alcune doti umani, molto preziose nei rapporti fra gli uomini e oggigiorno spesso trascurate e anche disprezzate, come ad esempio il rispetto vicendevole, il buon garbo, la buona educazione, la finezza nel parlare, nell’agire, nel prevenire; l’ascoltare con pazienza, con simpatia; la modestia; il fuggire ad ogni volgarità; il rispetto della puntualità; la fedeltà agli impegni assunti, alla parola data: tutte virtù che rendono facile e gradevole il vivere insieme, fanno piacere e rendono amabile una persona.
Giustamente S. Paolo scrive a
Timoteo:
esercitati nella pietà, perché l’esercizio fisico è utile a poco, mentre la pietà è utile a tutto…” (1Tm 4,8). La pietà porta con sé le promesse della vita presente e quelle della vita futura.Per comprendere la necessità di questo dono, è molto importante cogliere bene le modalità con cui il dono della pietà agisce nel nostro intimo. Prima di tutto, guardiamo al modello che è Gesù, perché noi siamo figli nel Figlio.
Studiando la persona di Gesù, una delle cose più belle e impressionanti che ci colpiscono è vedere come si esprime nei confronti del Padre: (cfr. Lc 2,48); ”Si, Padre”! è la sua risposta (Mt 11,25); “Faccio sempre le cose che gli sono gradite” (Gv. 8,29); al cuore della sua preghiera e del suo insegnamento c’è l’annuncio della paternità di Dio (cfr. Mt 5,Mt 6,9; 11,25 - 30…); nell’ultima cena afferma che fa tutto insieme al Padre (cfr Gv 16,32); fino alla preghiera del Getsemani (cfr. Mc 14,36); e all’abbandono supremo: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” (Lc 23,46).
Questi sono soltanto alcuni esempi, perché tutto quello che Gesù dice o fa è sempre in riferimento al Padre. per lui Dio è sempre il Padre. Per quando riguarda noi, il punto di riferimento teologico è questo: lo Spirito che c'è stato dato è lo spirito di Gesù e quindi ci comunica qualcosa che appartiene al Figlio (Gv 16,13-14).Questo qualcosa è la partecipazione alla sua natura di Figlio, i suoi sentimenti verso il Padre, la sua pietà di Figlio.
Se comprendiamo bene la
radice del dono della pietà, comprendiamo anche che il modello –davvero
vertiginoso –non può essere che Gesù. Perciò dice S. Paolo: “Abbiate
gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”(Filip.
2,5).
Il
dono della pietà è comunicato dallo Spirito del Figlio che c'è stato donato e
che grida “Abbà
Padre!”, perché non abbiamo
ricevuto uno spirito da schiavi, ma da figli adottivi
(cfr
8,15-16).
Il che significa che dobbiamo alimentare un atteggiamento interiore e un
comportamento non da schiavi, ma da figli. E’ la pietà che addolcisce le
relazioni sociali. Secondo S. Pietro: “Alla
pietà si deve aggiungere l’amore fraterno e all’amore fraterno, la carità”
(2Pt
1,7).
L’esempio
Più efficace e commovente ed insieme quotidiano nella pratica del mistero della
pietà lo troviamo nella parabola del buon Samaritano ove e chiara la condanna
della pietà sterile, solo rituale del sacerdote e del levita, che passano oltre
e anche il più lontano possibile dal mal capitato incappato nei briganti. Gesù,
questo atteggiamento, lo pone in rilievo soprattutto riguardo al sacerdote, il
quale vide il mal capitato e passo oltre, dall’altra parte (Lc10,31); mentre
il levita semplicemente lo vide e passo oltre ( Lc
10,32 ).
Il
Samaritano invece, passandogli accanto, lo vide e ne ebbe compassione una
compassione che non è sterile pietà; ma gli si fece vicino, gli fascio le
ferite, versando olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò
ad una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente estrasse due denari e
li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più,
te lo rifonderò al ritorno (Lc10,33-35).
Il
buon Samaritano non fa nulla di straordinario; fa con tutto il cuore quello che
gli è possibile fare. Il Samaritano incarna la vera, fattiva pietà cristiana.
Anche ad ognuno di noi, Gesù domanda che facciamo quello che è possibile fare:
“Va e anche tu fai
lo stesso”(Lc
10,37).
La pietà è un dono dello Spirito e lo Spirito può elargirlo anche a persone
non visibilmente appartenenti al
popolo di Dio. Si riconosce in loro la presenza di questo dono dello Spirito dal
fatto che agiscono non solo secondo giustizia, ma secondo verità e carità.
Tali erano molti ascoltatori di Pietro nel giorno di Pentecoste: “ giudei
provenienti da tutte le nazioni …che
per la loro pietà avevano preso dimora a
Gerusalemme”(At
8,2).
Uomo
pio è il centurione Cornelio “religioso e timorato di Dio, con tutta la sua
casa …faceva molta elemosina al popolo e pregava Dio incessantemente”, tanto
che Pietro esclama: “Davvero
comprendo che Dio non ha preferenze di persone” (At 10,2.34).
Nelle
lettere di Paolo si fa sempre più evidente che la vera pietà si esprime
nell’amore e tenerezza filiale verso Dio, oltre che nell’amore e tenerezza
verso il prossimo, caratteristiche dell’uomo nuovo creato secondo Dio nella
giustizia e nella santità che viene dalla verità. E’ evidente l’influsso
dello Spirito. Quindi l’autentica pietà non consiste tanto negli esercizi di
pietà e nelle pratiche esteriori, ma nel vivere “per Cristo”.
Cosi nella nostra vita si attua un movimento circolare : Veniamo da Dio carità, ritorniamo a Dio carità, camminando nella carità o amore totale: Dio è amore: chi cammina nell’amore cammina in Dio e Dio cammina in lui (1 Gv. 4,16 ), dal seno del Padre, al seno del Padre, in Gesù, con Gesù e come Gesù: per Cristo con Cristo è in Cristo…come affermiamo nella conclusione della grande preghiera eucaristica, quando ci offriamo con Cristo sacerdote e vittima, al Padre e tutto il popolo acclama ad alta voce: “AMEN”. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto …(Gv. 1,16).
Il Figlio unigenito è nel seno del Padre (Gv. 1,18), né mai l’ha lasciato come Figlio di Dio… ed è ritornato con la sua umanità, prima con i nostri peccati e poi glorioso: Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io…(Gv. 17, 24). E’ un fiume di luce questo movimento circolare di carità è noi vi siamo immersi… ed ha un nome: si chiama “ GRAZIA”, ossia è la vita trinitaria che c'è stata comunicata nel battesimo.
L’Apocalisse ne parla come di un fiume d’acqua viva come cristallo, che
scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello (Ap.
22,1). Le nostre
parole umane sono cosi povere, cosi insufficienti a descrivere queste
realtà divine, che appena incominciano, finiscono e si spengono! Meglio
affermare con S. Agostino: dammi un’anima (che è sotto l’influsso dei doni
dello Spirito) è comprenderà ciò che io dico.