Gesù
incarnazione e rivelazione della misericordia del Padre
Brani:
(Gv. 3,14; Tito 3,4 - 7)
“Eppure
nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso
dal cielo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, cosi bisogna che sia
innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in Lui abbia la vita
eterna”.
Dio,
infatti, a tanto il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque
crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna”. (Gv,
3,13 - 16).
“
Anche noi un tempo eravamo insensati, traviati, schiavi d'ogni sorta di passioni
e di piaceri, vivendo nella malvagità e nell’invidia, degni d'odio e
odiandoci a vicenda. Quando però si sono manifestati la bontà di Dio,
salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini Egli ci ha salvato non in virtù
d'opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un
lavacro di rigenerazione e rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da Lui su di
noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, Salvatore nostro, perché
giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza della vita
eterna”. (
Tito 3,4 - 7)
Dalla
Bibbia risulta che il peccato consiste essenzialmente nella pretesa dell’uomo
di considerarsi completamente autonomo nei confronti di Dio, decidendo da sé
quello che è bene e quello che è male. La storia della salvezza ci offre uno
sviluppo di questa concezione.
Nell’Antico
Testamento, nel libro della Genesi ci viene presentato il racconto della caduta:
il serpente era la più
astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla
donna: “E’ vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del
giardino?”. Rispose la donna al serpente: “ dei frutti degli alberi del
giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al
giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare,
altrimenti morirete”. Ma il serpente disse alla donna: “ Non morirete
affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi
e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male….”
(Genesi. 3,1 - 5)
(
Il serpente serve qui per mascherare un essere ostile a Dio e nemico
dell’uomo, nel quale la Sapienza, poi il NT e tutta la tradizione cristiana
hanno riconosciuto l’avversario, il diavolo) (Cf. Gb 1,6). Il serpente pone
alla donna un interrogativo apparentemente ragionevole: “ E’ vero che Dio ha
detto non dovete mangiare di nessun albero del giardino? In realtà questa
domanda contiene un'insinuazione. Non nega Dio, ma fa passare dalla fiducia alla
diffidenza verso Dio.
La
predicazione dei profeti consisterà essenzialmente nella denunzia del peccato.
Questo è visto come idolatria, ingiustizia contro i deboli, falso culto che ha
la pretesa di nascondere l’ingiustizia sociale.(Amos. 5,21 ss; Isaia. 1,10 ss).
“Soltanto conoscendo il disegno di Dio sull’uomo, si capisce che il peccato
è un abuso di questa libertà che Dio dona alle persone create, perché possono
amarsi reciprocamente” (ccc. 387).
Ma
questa rivelazione sull’uomo è allo stesso tempo, una rivelazione su Dio, sul
suo amore, sulla sua misericordia, come ricorda il salmo 50. (Miserere). Cito
alcuni versetti del s
Ecco
allora il significato profondo del racconto biblico:
Il
rapporto con Dio spinge l’uomo a costruirsi da solo il proprio mondo non
tenendo conto dei limiti del bene e del male che sono volutamente ignorati con
la disubbidienza almo, cosi in esso, scopriamo il disegno che il Signore vuole
operare nella nostra vita.
“Pietà
di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà cancella il
mio peccato. Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato. Riconosco la
mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto…. Purificami con issopo e
sarò mondo; lavami e sarò più bianco della neve.
In
un primo tempo questo salmo ci ricorda che nessuno può essere salvato se non sa
riconoscere e accogliere il Salvatore; che nessuno può liberarsi dal peccato e
vivere una vita nuova se non si accetta nel suo limite e si lascia prendere per
mano, affidarsi con filiale disponibilità al Signore.
Perché
l’accoglienza della sua misericordia esige da parte nostra il riconoscimento
delle nostre colpe. Dice S. Agostino: “Dio, che ci ha creati senza di noi, non
ha voluto salvarci senza di noi”.
Ma
dopo questa consapevolezza vissuta, in un secondo momento, il salmista c'invita
a vivere l’esperienza dell’edificare, l’edificio costruito si chiama:
“Cuore puro”, “vita nuova”, “animo generoso. Rivolgendosi a Dio dice:
“Crea
in me o Dio un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non respingermi
dalla tua presenza e non privarmi dal tuo Santo Spirito. Rendimi la gioia
d'essere salvato…” (Salmo,50).
Nel
Nuovo Testamento, Dio Padre vuole che lo conosciamo, che facciamo esperienza di
Lui, non da soli ma dentro una comunità, che dovremo imparare a conoscere
meglio, Egli parla a me e mi aiuta per mezzo di altri, che saranno per me dei
fratelli perché anch’essi amati da Lui.
Il
progetto di Dio per me è di spezzare via ogni barriera e realizzare una
relazione personale d'amicizia con Lui.
Nel
suo immenso amore, ha deciso sin dall’eternità di dare il dono d'essere figli
suoi, partecipando alla vita divina del Figlio incarnato nel seno di Maria.
Ecco
il disegno che impegna nella storia, tutta la Trinità.
In
quest'insegnamento ci soffermeremo a riflettere sulla misericordia di Dio
all’uomo.
Jahvè,
manifesto al popolo di Israele il suo amore attraverso i profeti, ma nella forma
ad esso più comprensibile, servendosi cioè di immagini e figure, come comporta
lo stile orientale della comunicazione orale.
A- Pastore
Prima
figura e immagine, sin nei tempi più antichi, quando Israele era tutto un
popolo di pastori, quella di pastore. Il Salmo, 23, in forma poetica parla di
Jahvè, il pastore che ha cura del suo gregge, al quale non fa mancare pascoli
erbosi.
B- Padre.
Col
tempo, questo pastore, zelante e vigilante, si presenta come padre. Lo fa
principalmente attraverso il profeta Osea, che ci parla di tre gesti d'amore e
di misericordia verso il popolo d'Israele.
Sono
gesti propi di Dio, ma sono anche gesti che indicano l’amore di un padre
umano, terreno; 1° gesto: “Io ho preso Efraim e gli ho insegnato a camminare
tenendolo per mano” (Os.11,3); E’ uno splendido brano, che esalta
vigorosamente l’amore di Dio per il suo popolo, che egli continua ad amare
nonostante gli sia infedele. La santità di Dio (v. 9) si manifesta nella sua
inespugnabile fedeltà. (vv 3,4) Qui il profeta mostra il Signore intento
nell’educare Israele giovinetto. Jahvè è un papà affettuoso, che si assume
l’impegno di insegnare al figlio a camminare, tenendolo per mano.
2°
gesto: è quello che oggi viene svolto principalmente dalla mamma, ma che forse
allora era svolto qualche volta dai papà più premurosi; “Io l’ho imboccato
di mia mano (Os.11,4).
3°
gesto: quello che svolge il papà, felice di poterlo fare, che indica gioia e
fierezza. Forse molti di noi l’hanno fatto con i loro piccoli: prendere il
figlio, sollevarlo in alto e avvicinarlo “guancia a guancia” (Os, 11,4).
C-
Madre.
Altra
immagine, l’amore di Dio come madre: “ Può mai accadere che una donna si
dimentichi del frutto delle sue viscere? Anche sé ciò accadesse, ciò non
avverrà da Me, perché Io ti amerò sempre” (IS. 49,15).Ecco, la mamma
potrebbe dimenticare i figli, Dio non ci dimentica, perché siamo figli suoi.
D-
L’amore sponsale
C’è
un libro intero della Sacra Scrittura, è che in passato era poco letto, nei
conventi era spesso proibito leggere questo libro: il Cantico dei Cantici.
Descrive l’amore di Dio all’umanità come l’affetto di uno sposo ad una
sposa, ma con un frasario tale, da fare veramente impressione come Dio abbia
fatto tanto per manifestare a noi il suo amore, si nota che questa parola di
Dio, che si presenta come sposo al popolo d'Israele, è usata anche da Gesù
Cristo.
Quando,
infatti, i farisei si lamentarono: “Come mai i tuoi discepoli non
digiunano?”, Gesù rispose, “Possono i commensali digiunare mentre lo sposo
è presente? Verrà il momento che lo sposo si allontanerà, e allora
digiuneranno (Mc 2,18 - 20).
Egli
si presenta come sposo, con l’amore di sposo: “Tu non sarai più chiamata
Abbandonata". “Tu sarai
chiamata Mio compiacimento” (IS 62,4). “Si, come una giovane una vergine,
cosi ti sposerà il tuo Creatore; come gioisce lo sposo per la sposa, cosi il
tuo Dio gioirà per te”. ( IS. 62,5).
Un’ultima
frase che non è amore fraterno, né materno, né paterno, né di fidanzato o
altro, ma è amore di passione, di preoccupazione: “Ti ho disegnato sulle
palme delle mie mani” (IS 49,16).
Ecco
il Signore ha scritto il nostro nome sul palmo delle mani per non dimenticarlo:
in ogni momento l’ha sotto gli occhi. Mentre l’uomo dimentica facilmente i
suoi benefici, ritornando sempre a peccare. Dio non dimentica mai niente, anzi,
volutamente dimentica il nostro peccato se andiamo a Lui nel nome di Gesù con
cuore contrito e umiliato a chiedere la sua misericordia.
L’amore
di Dio nel Nuovo Testamento:
L’amore
di Dio all’uomo, dopo l’Incarnazione del Verbo, ha sulla terra un'immagine
concreta: “Noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi
annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a
noi”. (1Gv 1,2 - 3).
Gli
evangelisti, i sinottici per un verso, e Giovanni per un altro verso, ci sono
testimoni dell’amore di Gesù agli uomini, specie ai più bisognosi, ai
malati, ai peccatori. Gesù disse alla donna che stava per essere lapidata:
“Donna, nessuno ti ha condannato. Va e non peccare”. (Gv 8,11). (Non sono i
sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” (Mc 2,17). Purché si abbia
fede, Egli è pronto ad operare guarigioni e miracoli. Conosce il sentimento
dell’amicizia e piange sulla morte di Lazzaro: “Vedete come lo amava!”.
Non è giunta la sua ora di fare miracoli, ma vuole impedire che gli sposi di
Cana facciano la brutta figura che il vino venga a mancare al banchetto.
Il
suo amore per gli uomini gli fa affrontare la sofferenza. Efficace a questo
proposito è la parabola del buon Samaritano: Gesù è il buon Samaritano, che
non si limita a versare olio e vino sulle piaghe per guarirle, ma le curerà
attraverso il suo sangue.
La
ferita principale è quella del peccato, ostacolo al piano di salvezza e di
amicizia di Dio nei riguardi dell’uomo. Per questo pubblicani e peccatori
avranno un posto particolare nel suo cuore. Dettate dal cuore di Gesù è la
parabola del figlio prodigo. (l’amore misericordioso di Dio). E’ chiamata la
parabola del figlio prodigo, o del padre misericordioso. Leggiamola e
commentiamola: il figlio minore si è allontanato; lontano dalla sua casa
paterna incontra la fame e l’umiliazione; cosi, costretto dal bisogno, fa il
proposito: “Mi alzerò e andrò da mio padre”.
Ma
questo padre soffre per la sua assenza: ogni giorno, lo attende con ansia.
Finalmente un giorno, lo scorge da lontano e commosso gli corre incontro, per
primo gli getta le braccia al collo, lo bacia, interrompe la sua confessione,
ordina ai servi di rivestirlo, di uccidere il vitello- quello grasso- e di fare
festa, suscitando, alla fine, la gelosia del fratello maggiore. Il più contento
di tutti è il padre: questo figlio era perduto ed è stato ritrovato era morto
ed è tornato in vita. ( Lc 15,11-24).
Qualche
volta Dio, sembra tanto lontano, e ci sembra di non raggiungerlo mai, ma non è
cosi. Egli non è lontano, ma vicinissimo, e permette di mostrarsi da ora in poi
in maniera più piena. Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo
cercano con cuore sincero.( Sl 145,18). Per tutti c’è una promessa. Egli ora
ci parla, e ci offre gratuitamente un dono, una promessa.
Egli
si offre liberamente, come liberamente ci ha creato, solo perché ci ama. E come
dice Paolo: “L’amore di Dio si riversa per sua misericordia mediante un
lavacro di rigenerazione e rinnovamento nello Spirito Santo". Allora,
possiamo amare anche noi come Lui ci amato è ci ama, perché ci ha fatto dono
del suo Spirito (1Gv 3,16 - 24). E’ Cristo Gesù che ci dona lo Spirito, è
noi abbiamo bisogno di questo dono. Lo Spirito Santo è Dio, e Dio è Amore. Lo
Spirito di Dio ci chiede di abitare in noi e ci spinge ad amare gratuitamente, a
nostra volta modellando in noi l’immagine di Gesù. Poiché l’unica risposta
all’amore è l’amore.