GAUDIUM ET SPES
SULLA CHIESA NEL MONDO CONTEMPORANEO
PROEMIO
1. Intima
unione della Chiesa con l'intera famiglia umana.
Le gioie e le
speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto
e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze
e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che
non trovi eco nel loro cuore.
La loro comunità,
infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati
dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno
ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti.
Perciò la
comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere
umano e con la sua storia.
2. A chi si
rivolge il Concilio.
Per questo il
Concilio Vaticano II, avendo penetrato più a fondo il mistero della Chiesa, non
esita ora a rivolgere la sua parola non più ai soli figli della Chiesa e a
tutti coloro che invocano il nome di Cristo, ma a tutti gli uomini. A tutti
vuol esporre come esso intende la presenza e l'azione della Chiesa nel mondo
contemporaneo. Il mondo che esso ha presente è perciò quello degli uomini,
ossia l'intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà entro le
quali essa vive; il mondo che è teatro della storia del genere umano, e reca i
segni degli sforzi dell'uomo, delle sue sconfitte e delle sue vittorie; il
mondo che i cristiani credono creato e conservato in esistenza dall'amore del
Creatore: esso è caduto, certo, sotto la schiavitù del peccato, ma il Cristo,
con la croce e la risurrezione ha spezzato il potere del Maligno e l'ha
liberato e destinato, secondo il proposito divino, a trasformarsi e a giungere
al suo compimento.
3. A servizio
dell'uomo.
Ai nostri giorni
l'umanità, presa d'ammirazione per le proprie scoperte e la propria potenza,
agita però spesso ansiose questioni sull'attuale evoluzione del mondo, sul
posto e sul compito dell'uomo nell'universo, sul senso dei propri sforzi
individuali e collettivi, e infine sul destino ultimo delle cose e degli
uomini. Per questo il Concilio, testimoniando e proponendo la fede di tutto
intero il popolo di Dio riunito dal Cristo, non potrebbe dare una dimostrazione
più eloquente di solidarietà, di rispetto e d'amore verso l'intera famiglia
umana, dentro la quale è inserito, che instaurando con questa un dialogo sui
vari problemi sopra accennati, arrecando la luce che viene dal Vangelo, e
mettendo a disposizione degli uomini le energie di salvezza che la Chiesa,
sotto la guida dello Spirito Santo, riceve dal suo Fondatore. Si tratta di
salvare l'uomo, si tratta di edificare l'umana società.
È l'uomo dunque,
l'uomo considerato nella sua unità e nella sua totalità, corpo e anima, l'uomo
cuore e coscienza, pensiero e volontà, che sarà il cardine di tutta la nostra
esposizione.
Pertanto il santo
Concilio, proclamando la grandezza somma della vocazione dell'uomo e la
presenza in lui di un germe divino, offre all'umanità la cooperazione sincera della
Chiesa, al fine d'instaurare quella fraternità universale che corrisponda a
tale vocazione.
Nessuna ambizione
terrena spinge la Chiesa; essa mira a questo solo: continuare, sotto la guida
dello Spirito consolatore, l'opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel
mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a
servire e non ad essere servito .
LA CONDIZIONE DELL'UOMO NEL MONDO CONTEMPORANEO
4. Speranze
e angosce.
Per svolgere
questo compito, è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi
e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna
generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso
della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna infatti
conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue
aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico. Ecco come si possono
delineare le caratteristiche più rilevanti del mondo contemporaneo. L'umanità
vive oggi un periodo nuovo della sua storia, caratterizzato da profondi e
rapidi mutamenti che progressivamente si estendono all'insieme del globo.
Provocati dall'intelligenza e dall'attività creativa dell'uomo, si ripercuotono
sull'uomo stesso, sui suoi giudizi e sui desideri individuali e collettivi, sul
suo modo di pensare e d'agire, sia nei confronti delle cose che degli uomini.
Possiamo così parlare di una vera trasformazione sociale e culturale, i cui
riflessi si ripercuotono anche sulla vita religiosa.
Come accade in
ogni crisi di crescenza, questa trasformazione reca con sé non lievi
difficoltà.
Così, mentre
l'uomo tanto largamente estende la sua potenza, non sempre riesce però a porla
a suo servizio. Si sforza di penetrare nel più intimo del suo essere, ma spesso
appare più incerto di se stesso. Scopre man mano più chiaramente le leggi della
vita sociale, ma resta poi esitante sulla direzione da imprimervi. Mai il
genere umano ebbe a disposizione tante ricchezze, possibilità e potenza
economica; e tuttavia una grande parte degli abitanti del globo è ancora
tormentata dalla fame e dalla miseria, e intere moltitudini non sanno né
leggere né scrivere.
Mai come oggi gli
uomini hanno avuto un senso così acuto della libertà, e intanto sorgono nuove
forme di schiavitù sociale e psichica.
E mentre il mondo
avverte così lucidamente la sua unità e la mutua interdipendenza dei singoli in
una necessaria solidarietà, violentemente viene spinto in direzioni opposte da
forze che si combattono; infatti, permangono ancora gravi contrasti politici,
sociali, economici, razziali e ideologici, né è venuto meno il pericolo di una
guerra capace di annientare ogni cosa.
Aumenta lo
scambio delle idee; ma le stesse parole con cui si esprimono i più importanti
concetti, assumono nelle differenti ideologie significati assai diversi.
Infine, con ogni
sforzo si vuol costruire un'organizzazione temporale più perfetta, senza che
cammini di pari passo il progresso spirituale.
Immersi in così
contrastanti condizioni, moltissimi nostri contemporanei non sono in grado di
identificare realmente i valori perenni e di armonizzarli dovutamente con le
scoperte recenti.
Per questo
sentono il peso della inquietudine, tormentati tra la speranza e l'angoscia,
mentre si interrogano sull'attuale andamento del mondo.
Questo sfida
l'uomo, anzi lo costringe a darsi una risposta.
5. Profonde
mutazioni.
Il presente
turbamento degli spiriti e la trasformazione delle condizioni di vita si
collegano con un più radicale modificazione, che tende al predominio, nella
formazione dello spirito, delle scienze matematiche, naturali e umane, mentre
sul piano dell'azione Si affida alla tecnica, originata da quelle scienze.
Questa mentalità scientifica modella in modo diverso da prima la cultura e il
modo di pensare. La tecnica poi è tanto progredita, da trasformare la faccia
della terra e da perseguire ormai la conquista dello spazio ultraterrestre.
Anche sul tempo l'intelligenza umana accresce in certo senso il suo dominio:
sul passato mediante l'indagine storica, sul futuro con la prospettiva e la
pianificazione. Non solo il progresso delle scienze biologiche, psicologiche e
sociali dà all'uomo la possibilità di una migliore conoscenza di sé, ma lo
mette anche in condizioni di influire direttamente sulla vita delle società,
mediante l'uso di tecniche appropriate.
Parimenti
l'umanità sempre più si preoccupa di prevedere e controllare il proprio
incremento demografico. Il movimento stesso della storia diventa così rapido,
da poter difficilmente esser seguito dai singoli uomini. Unico diventa il destino
della umana società o senza diversificarsi più in tante storie separate. Così
il genere umano passa da una concezione piuttosto statica dell'ordine delle
cose, a una concezione più dinamica ed evolutiva. Ciò favorisce il sorgere di
un formidabile complesso di nuovi problemi, che stimola ad analisi e a sintesi
nuove.
6.
Mutamenti nell'ordine sociale.
In seguito a
tutto questo, mutamenti sempre più profondi si verificano nelle comunità locali
tradizionali famiglie patriarcali, clan, tribù, villaggi, nei differenti gruppi
e nei rapporti della vita sociale. Si diffonde gradatamente il tipo di società
industriale, che favorisce in alcune nazioni una economia dell'opulenza, e
trasforma radicalmente concezioni e condizioni secolari di vita sociale.
Parimenti la civilizzazione urbana e l'attrazione che essa provoca
s'intensificano, sia per il moltiplicarsi delle città e dei loro abitanti, sia
per la diffusione tra i rurali dei modelli di vita cittadina. Nuovi e migliori
mezzi di comunicazione sociale favoriscono nel modo più largo e più rapido la
conoscenza degli avvenimenti e la diffusione delle idee e dei sentimenti,
suscitando così numerose reazioni a catena. Né va sottovalutato che moltissima
gente, spinta per varie ragioni ad emigrare, cambia il suo modo di vivere. In
tal modo, senza arresto si moltiplicano i rapporti dell'uomo coi suoi simili,
mentre a sua volta questa « socializzazione » crea nuovi legami, senza tuttavia
favorire sempre una corrispondente maturazione delle persone e rapporti
veramente personali, cioè la « personalizzazione ». Un'evoluzione siffatta
appare più manifesta nelle nazioni che già godono del progresso economico e
tecnico; ma essa mette in movimento anche quei popoli ancora in via di
sviluppo, che aspirano ad ottenere per i loro paesi i benefici della
industrializzazione e dell'urbanizzazione.
Questi popoli,
specialmente se vincolati da più antiche tradizioni, sentono allo stesso tempo
il bisogno di esercitare la loro libertà in modo più adulto e più personale.
7.
Mutamenti psicologici, morali e religiosi.
Il cambiamento di
mentalità e di strutture spesso mette in causa i valori tradizionali,
soprattutto tra i giovani: frequentemente impazienti, essi diventano ribelli
per l'inquietudine; consci della loro importanza nella vita sociale, desiderano
assumere al più presto le loro responsabilità.
Spesso genitori
ed educatori si trovano per questo ogni giorno in maggiori difficoltà
nell'adempimento del loro compito.
Le istituzioni,
le leggi, i modi di pensare e di sentire ereditati dal passata non sempre si
adattano bene alla situazione attuale; di qui un profondo disagio nel
comportamento e nelle stesse norme di condotta. Anche la vita religiosa,
infine, è sotto l'influsso delle nuove situazioni. Da un lato, un più acuto
senso critico la purifica da ogni concezione magica nel mondo e dalle
sopravvivenze superstiziose ed esige un adesione sempre più personale e attiva
alla fede; numerosi sono perciò coloro che giungono a un più vivo senso di Dio.
D'altro canto però, moltitudini crescenti praticamente si staccano dalla
religione. A differenza dei tempi passati, negare Dio o la religione o farne
praticamente a meno, non è più un fatto insolito e individuale.
Oggi infatti non
raramente un tale comportamento viene presentato come esigenza del progresso
scientifico o di un nuovo tipo di umanesimo.
Tutto questo in
molti paesi non si manifesta solo a livello filosofico, ma invade in misura
notevolissima il campo delle lettere, delle arti, dell' interpretazione delle
scienze umane e della storia, anzi la stessa legislazione: di qui il
disorientamento di molti.
8.
Squilibri nel mondo contemporaneo.
Una così rapida
evoluzione, spesso disordinatamente realizzata, e la stessa presa di coscienza
sempre più acuta delle discrepanze esistenti nel mondo, generano o aumentano
contraddizioni e squilibri. Anzitutto a livello della persona si nota molto
spesso lo squilibrio tra una moderna intelligenza pratica e il modo di pensare
speculativo, che non riesce a dominare né a ordinare in sintesi soddisfacenti
l'insieme delle sue conoscenze.
Uno squilibrio si
genera anche tra la preoccupazione dell'efficienza pratica e le esigenze della
coscienza morale, nonché molte volte tra le condizioni della vita collettiva e
le esigenze di un pensiero personale e della stessa contemplazione.
Di qui ne deriva
infine lo squilibrio tra le specializzazioni dell'attività umana e una visione
universale della realtà. Nella famiglia poi le tensioni nascono sia dalla
pesantezza delle condizioni demografiche, economiche e sociali, sia dal conflitto
tra le generazioni che si susseguono, sia dal nuovo tipo di rapporti sociali
tra uomo e donna. Grandi contrasti sorgono anche tra le razze e le diverse
categorie sociali; tra nazioni ricche e meno dotate e povere; infine tra le
istituzioni internazionali nate dall'aspirazione dei popoli alla pace e
l'ambizione di imporre la propria ideologia, nonché gli egoismi collettivi
esistenti negli Stati o in altri gruppi.
Di qui derivano
diffidenze e inimicizie, conflitti ed amarezze di cui l'uomo è a un tempo causa
e vittima.
9. Le
aspirazioni sempre più universali dell'umanità.
Cresce frattanto
la convinzione che l'umanità non solo può e deve sempre più rafforzare il suo
dominio sul creato, ma che le compete inoltre instaurare un ordine politico,
sociale ed economico che sempre più e meglio serva l'uomo e aiuti i singoli e i
gruppi ad affermare e sviluppare la propria dignità. Donde le aspre
rivendicazioni di tanti che, prendendo nettamente coscienza, reputano di essere
stati privati di quei beni per ingiustizia o per una non equa distribuzione.
I paesi in via di
sviluppo o appena giunti all'indipendenza desiderano partecipare ai benefici
della civiltà moderna non solo sul piano politico ma anche economico, e
liberamente compiere la loro parte nel mondo; invece cresce ogni giorno la loro
distanza e spesso la dipendenza anche economica dalle altre nazioni più ricche,
che progrediscono più rapidamente.
I popoli
attanagliati dalla fame chiamano in causa i popoli più ricchi.
Le donne
rivendicano, là dove ancora non l'hanno raggiunta, la parità con gli uomini,
non solo di diritto, ma anche di fatto. Operai e contadini non vogliono solo
guadagnarsi il necessario per vivere, ma sviluppare la loro personalità col
lavoro, anzi partecipare all'organizzazione della vita economica, sociale,
politica e culturale. Per la prima volta nella storia umana, i popoli sono oggi
persuasi che i benefici della civiltà possono e debbono realmente estendersi a
tutti.
Sotto tutte
queste rivendicazioni si cela un'aspirazione più profonda e universale.
I singoli e i
gruppi organizzati anelano infatti a una vita piena e libera, degna dell'uomo,
che metta al proprio servizio tutto quanto il mondo oggi offre loro così
abbondantemente.
Anche le nazioni
si sforzano sempre più di raggiungere una certa comunità universale.
Stando così le
cose, il mondo si presenta oggi potente a un tempo e debole, capace di operare
il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o
della schiavitù, del progresso o del regresso, della fraternità o dell'odio.
Inoltre l'uomo prende coscienza che dipende da lui orientare bene le forze da
lui stesso suscitate e che possono schiacciarlo o servirgli.
Per questo si
pone degli interrogativi.
10. Gli
interrogativi più profondi del genere umano.
In verità gli
squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con quel più
profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell'uomo. È proprio all'interno
dell'uomo che molti elementi si combattono a vicenda. Da una parte infatti,
come creatura, esperimenta in mille modi i suoi limiti; d'altra parte sente di
essere senza confini nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita superiore.
Sollecitato da molte attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a
rinunziare alle altre. Inoltre, debole e peccatore, non di rado fa quello che
non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe.
Per cui soffre in
se stesso una divisione, dalla quale provengono anche tante e così gravi
discordie nella società. Molti, è vero, la cui vita è impregnata di
materialismo pratico, sono lungi dall'avere una chiara percezione di questo
dramma; oppure, oppressi dalla miseria, non hanno modo di rifletterci. Altri,
in gran numero, credono di trovare la loro tranquillità nelle diverse
spiegazioni del mondo che sono loro proposte. Alcuni poi dai soli sforzi umani
attendono una vera e piena liberazione dell'umanità, e sono persuasi che il
futuro regno dell'uomo sulla terra appagherà tutti i desideri del suo cuore. Né
manca chi, disperando di dare uno scopo alla vita, loda l'audacia di quanti,
stimando l'esistenza umana vuota in se stessa di significato, si sforzano di
darne una spiegazione completa mediante la loro sola ispirazione.
Con tutto ciò, di
fronte all'evoluzione attuale del mondo, diventano sempre più numerosi quelli
che si pongono o sentono con nuova acutezza gli interrogativi più fondamentali:
cos'è l'uomo?
Qual è il
significato del dolore, del male, della morte, che continuano a sussistere
malgrado ogni progresso?
Cosa valgono
quelle conquiste pagate a così caro prezzo?
Che apporta
l'uomo alla società, e cosa può attendersi da essa?
Cosa ci sarà dopo
questa vita?
Ecco: la Chiesa
crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all'uomo, mediante il
suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione; né è
dato in terra un altro Nome agli uomini, mediante il quale possono essere
salvati. Essa crede anche di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il
centro e il fine di tutta la storia umana.
Inoltre la Chiesa
afferma che al di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse
trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi
e nei secoli.
Così nella luce
di Cristo, immagine del Dio invisibile, primogenito di tutte le creature il
Concilio intende rivolgersi a tutti per illustrare il mistero dell'uomo e per
cooperare nella ricerca di una soluzione ai principali problemi del nostro
tempo.
PARTE I
LA CHIESA E LA
VOCAZIONE DELL'UOMO
11.
Rispondere agli impulsi dello Spirito.
Il popolo di Dio,
mosso dalla fede con cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che
riempie l'universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e
nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro
tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede
infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla
vocazione integrale dell'uomo, orientando così lo spirito verso soluzioni
pienamente umane.
In questa luce,
il Concilio si propone innanzitutto di esprimere un giudizio su quei valori che
oggi sono più stimati e di ricondurli alla loro divina sorgente.
Questi valori
infatti, in quanto procedono dall'ingegno umano che all'uomo è stato dato da
Dio, sono in sé ottimi ma per effetto della corruzione del cuore umano non
raramente vengono distorti dall'ordine richiesto, per cui hanno bisogno di
essere purificati.
Che pensa la
Chiesa dell'uomo?
Quali
orientamenti sembra debbano essere proposti per la edificazione della società
attuale?
Qual è il
significato ultimo della attività umana nell'universo?
Queste domande
reclamano una riposta. In seguito, risulterà ancora più chiaramente che il
popolo di Dio e l'umanità, entro la quale esso è inserito, si rendono reciproco
servizio, così che la missione della Chiesa si mostra di natura religiosa e per
ciò stesso profondamente umana.
CAPITOLO I
LA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA
12. L'uomo
ad immagine di Dio.
Credenti e non
credenti sono generalmente d'accordo nel ritenere che tutto quanto esiste sulla
terra deve essere riferito all'uomo, come a suo centro e a suo vertice.
Ma che cos'è
l'uomo?
Molte opinioni
egli ha espresso ed esprime sul proprio conto, opinioni varie ed anche
contrarie, secondo le quali spesso o si esalta così da fare di sé una regola
assoluta, o si abbassa fino alla disperazione, finendo in tal modo nel dubbio e
nell'angoscia.
Queste difficoltà
la Chiesa le sente profondamente e ad esse può dare una risposta che le viene
dall'insegnamento della divina Rivelazione, risposta che descrive la vera
condizione dell'uomo, dà una ragione delle sue miserie, ma in cui possono al
tempo stesso essere giustamente riconosciute la sua dignità e vocazione.
La Bibbia,
infatti, insegna che l'uomo è stato creato « ad immagine di Dio » capace di
conoscere e di amare il suo Creatore, e che fu costituito da lui sopra tutte le
creature terrene quale signore di esse, per governarle e servirsene a gloria di
Dio.
« Che cosa è
l'uomo, che tu ti ricordi di lui? o il figlio dell'uomo che tu ti prenda cura
di lui?
L'hai fatto di
poco inferiore agli angeli, l'hai coronato di gloria e di onore, e l'hai
costituito sopra le opere delle tue mani. Tutto hai sottoposto ai suoi piedi »
(Sal8,5).
Ma Dio non creò
l'uomo lasciandolo solo: fin da principio « uomo e donna li creò » (Gen1,27) e
la loro unione costituisce la prima forma di comunione di persone.
L'uomo, infatti,
per sua intima natura è un essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non
può vivere né esplicare le sue doti.
Perciò Iddio,
ancora come si legge nella Bibbia, vide « tutte quante le cose che aveva fatte,
ed erano buone assai» (Gen1,31).
13. Il
peccato.
Costituito da Dio
in uno stato di giustizia, l'uomo però, tentato dal Maligno, fin dagli inizi
della storia abusò della libertà, erigendosi contro Dio e bramando di
conseguire il suo fine al di fuori di lui.
Pur avendo
conosciuto Dio, gli uomini « non gli hanno reso l'onore dovuto... ma si è
ottenebrato il loro cuore insipiente »... e preferirono servire la creatura
piuttosto che il Creatore.
Quel che ci viene
manifestato dalla rivelazione divina concorda con la stessa esperienza.
Infatti l'uomo,
se guarda dentro al suo cuore, si scopre inclinato anche al male e immerso in
tante miserie, che non possono certo derivare dal Creatore, che è buono.
Spesso,
rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l'uomo ha infranto il debito
ordine in rapporto al suo fine ultimo, e al tempo stesso tutta l'armonia, sia
in rapporto a se stesso, sia in rapporto agli altri uomini e a tutta la
creazione.
Così l'uomo si
trova diviso in se stesso.
Per questo tutta
la vita umana, sia individuale che collettiva, presenta i caratteri di una
lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre.
Anzi l'uomo si
trova incapace di superare efficacemente da sé medesimo gli assalti del male,
così che ognuno si sente come incatenato.
Ma il Signore
stesso è venuto a liberare l'uomo e a dargli forza, rinnovandolo nell'intimo e
scacciando fuori « il principe di questo mondo » (Gv12,31), che lo teneva
schiavo del peccato.
Il peccato è, del
resto, una diminuzione per l'uomo stesso, in quanto gli impedisce di conseguire
la propria pienezza. Nella luce di questa Rivelazione trovano insieme la loro
ragione ultima sia la sublime vocazione, sia la profonda miseria, di cui gli
uomini fanno l'esperienza.
14.
Costituzione dell'uomo.
Unità di anima e
di corpo, l'uomo sintetizza in sé, per la stessa sua condizione corporale, gli
elementi del mondo materiale, così che questi attraverso di lui toccano il loro
vertice e prendono voce per lodare in libertà il Creatore . Non è lecito dunque
disprezzare la vita corporale dell'uomo.
Al contrario,
questi è tenuto a considerare buono e degno di onore il proprio corpo, appunto
perché creato da Dio e destinato alla risurrezione nell'ultimo giorno.
E tuttavia,
ferito dal peccato, l'uomo sperimenta le ribellioni del corpo.
Perciò è la
dignità stessa dell'uomo che postula che egli glorifichi Dio nel proprio corpo
e che non permetta che esso si renda schiavo delle perverse inclinazioni del
cuore.
L'uomo, in
verità, non sbaglia a riconoscersi superiore alle cose corporali e a
considerarsi più che soltanto una particella della natura o un elemento anonimo
della città umana.
Infatti, nella
sua interiorità, egli trascende l'universo delle cose: in quelle profondità
egli torna, quando fa ritorno a se stesso, là dove lo aspetta quel Dio che
scruta i cuori là dove sotto lo sguardo di Dio egli decide del suo destino.
Perciò, riconoscendo di avere un'anima spirituale e immortale, non si lascia
illudere da una creazione immaginaria che si spiegherebbe solamente mediante le
condizioni fisiche e sociali, ma invece va a toccare in profondo la verità
stessa delle cose.
15. Dignità
dell'intelligenza, verità e saggezza.
L'uomo ha ragione
di ritenersi superiore a tutto l'universo delle cose, a motivo della sua
intelligenza, con cui partecipa della luce della mente di Dio.
Con l'esercizio
appassionato dell'ingegno lungo i secoli egli ha fatto certamente dei progressi
nelle scienze empiriche, nelle tecniche e nelle discipline liberali Nell'epoca
nostra, poi, ha conseguito successi notevoli particolarmente nella
investigazione e nel dominio del mondo materiale.
E tuttavia egli
ha sempre cercato e trovato una verità più profonda.
L'intelligenza,
infatti, non si restringe all'ambito dei soli fenomeni, ma può conquistare con
vera certezza la realtà intelligibile, anche se, per conseguenza del peccato,
si trova in parte oscurata e debilitata. Infine, la natura intelligente della
persona umana può e deve raggiungere la perfezione. Questa mediante la sapienza
attrae con dolcezza la mente a cercare e ad amare il vero e il bene; l'uomo che
se ne nutre è condotto attraverso il visibile all'invisibile.
L'epoca nostra,
più ancora che i secoli passati, ha bisogno di questa sapienza per umanizzare
tutte le sue nuove scoperte. È in pericolo, di fatto, il futuro del mondo, a
meno che non vengano suscitati uomini più saggi. Inoltre va notato come molte
nazioni, economicamente più povere rispetto ad altre, ma più ricche di
saggezza, potranno aiutare potentemente le altre.
Col dono, poi,
dello Spirito Santo, l'uomo può arrivare nella fede a contemplare e a gustare
il mistero del piano divino.
16. Dignità
della coscienza morale.
Nell'intimo della
coscienza l'uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece
deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a
fuggire il male, al momento opportuno risuona nell'intimità del cuore: fa
questo, evita quest'altro.
L'uomo ha in
realtà una legge scritta da Dio dentro al cuore; obbedire è la dignità stessa
dell'uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più
segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona
nell'intimità.
Tramite la
coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge che trova il suo
compimento nell'amore di Dio e del prossimo. Nella fedeltà alla coscienza i
cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere
secondo verità numerosi problemi morali, che sorgono tanto nella vita privata
quanto in quella sociale. Quanto più, dunque, prevale la coscienza retta, tanto
più le persone e i gruppi si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di
conformarsi alle norme oggettive della moralità. Tuttavia succede non di rado
che la coscienza sia erronea per ignoranza invincibile, senza che per questo
essa perda la sua dignità.
Ma ciò non si può
dire quando l'uomo poco si cura di cercare la verità e il bene, e quando la
coscienza diventa quasi cieca in seguito all'abitudine del peccato.
17.
Grandezza della libertà.
Ma l'uomo può
volgersi al bene soltanto nella libertà.
I nostri
contemporanei stimano grandemente e perseguono con ardore tale libertà, e a
ragione. Spesso però la coltivano in modo sbagliato quasi sia lecito tutto quel
che piace, compreso il male.
La vera libertà,
invece, è nell'uomo un segno privilegiato dell'immagine divina.
Dio volle,
infatti, lasciare l'uomo « in mano al suo consiglio » che cerchi spontaneamente
il suo Creatore e giunga liberamente, aderendo a lui, alla piena e beata
perfezione.
Perciò la dignità
dell'uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso
cioè e determinato da convinzioni personali, e non per un cieco impulso
istintivo o per mera coazione esterna. L'uomo perviene a tale dignità quando,
liberandosi da ogni schiavitù di passioni, tende al suo fine mediante la scelta
libera del bene e se ne procura con la sua diligente iniziativa i mezzi
convenienti. Questa ordinazione verso Dio, la libertà dell'uomo, realmente
ferita dal peccato, non può renderla effettiva in pieno se non mediante l'aiuto
della grazia divina.
Ogni singolo
uomo, poi, dovrà rendere conto della propria vita davanti al tribunale di Dio,
per tutto quel che avrà fatto di bene e di male.
18. Il
mistero della morte.
In faccia alla
morte l'enigma della condizione umana raggiunge il culmine.
L'uomo non è
tormentato solo dalla sofferenza e dalla decadenza progressiva del corpo, ma
anche, ed anzi, più ancora, dal timore di una distruzione definitiva.
Ma l'istinto del
cuore lo fa giudicare rettamente, quando aborrisce e respinge l'idea di una
totale rovina e di un annientamento definitivo della sua persona.
Il germe
dell'eternità che porta in sé, irriducibile com'è alla sola materia, insorge
contro la morte. Tutti i tentativi della tecnica, per quanto utilissimi, non
riescono a calmare le ansietà dell'uomo: il prolungamento di vita che procura
la biologia non può soddisfare quel desiderio di vita ulteriore,
invincibilmente ancorato nel suo cuore. Se qualsiasi immaginazione vien meno di
fronte alla morte, la Chiesa invece, istruita dalla Rivelazione divina, afferma
che l'uomo è stato creato da Dio per un fine di felicità oltre i confini delle
miserie terrene. Inoltre la fede cristiana insegna che la morte corporale,
dalla quale l'uomo sarebbe stato esentato se non avesse peccato, sarà vinta un
giorno, quando l'onnipotenza e la misericordia del Salvatore restituiranno
all'uomo la salvezza perduta per sua colpa. Dio infatti ha chiamato e chiama
l'uomo ad aderire a lui con tutto il suo essere, in una comunione perpetua con
la incorruttibile vita divina. Questa vittoria l'ha conquistata il Cristo
risorgendo alla vita, liberando l'uomo dalla morte mediante la sua morte.
Pertanto la fede,
offrendosi con solidi argomenti a chiunque voglia riflettere, dà una risposta
alle sue ansietà circa la sorte futura; e al tempo stesso dà la possibilità di
una comunione nel Cristo con i propri cari già strappati dalla morte, dandoci
la speranza che essi abbiano già raggiunto la vera vita presso Dio.
19. Forme e
radici dell'ateismo.
L'aspetto più
sublime della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con
Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio.
Se l'uomo esiste,
infatti, è perché Dio lo ha creato per amore e, per amore, non cessa di dargli
l'esistenza; e l'uomo non vive pienamente secondo verità se non riconosce
liberamente quell'amore e se non si abbandona al suo Creatore. Molti nostri
contemporanei, tuttavia, non percepiscono affatto o esplicitamente rigettano
questo intimo e vitale legame con Dio: a tal punto che l'ateismo va annoverato
fra le realtà più gravi del nostro tempo e va esaminato con diligenza ancor
maggiore. Con il termine « ateismo » vengono designati fenomeni assai diversi
tra loro.
Alcuni atei,
infatti, negano esplicitamente Dio; altri ritengono che l'uomo non possa dir
niente di lui; altri poi prendono in esame i problemi relativi a Dio con un
metodo tale che questi sembrano non aver senso. Molti, oltrepassando
indebitamente i confini delle scienze positive, o pretendono di spiegare tutto
solo da questo punto di vista scientifico, oppure al contrario non ammettono
ormai più alcuna verità assoluta. Alcuni tanto esaltano l'uomo, che la fede in
Dio ne risulta quasi snervata, inclini come sono, a quanto sembra, ad affermare
l'uomo più che a negare Dio.
Altri si creano
una tale rappresentazione di Dio che, respingendolo, rifiutano un Dio che non è
affatto quello del Vangelo. Altri nemmeno si pongono il problema di Dio: non
sembrano sentire alcuna inquietudine religiosa, né riescono a capire perché
dovrebbero interessarsi di religione. L'ateismo inoltre ha origine sovente, o
dalla protesta violenta contro il male nel mondo, o dall'aver attribuito
indebitamente i caratteri propri dell'assoluto a qualche valore umano, così che
questo prende il posto di Dio. Perfino la civiltà moderna, non per sua essenza,
ma in quanto troppo irretita nella realtà terrena, può rendere spesso più
difficile l'accesso a Dio.
Senza dubbio
coloro che volontariamente cercano di tenere lontano Dio dal proprio cuore e di
evitare i problemi religiosi, non seguendo l'imperativo della loro coscienza,
non sono esenti da colpa; tuttavia in questo campo anche i credenti spesso
hanno una certa responsabilità.
Infatti
l'ateismo, considerato nel suo insieme, non è qualcosa di originario, bensì
deriva da cause diverse, e tra queste va annoverata anche una reazione critica
contro le religioni, anzi in alcune regioni, specialmente contro la religione
cristiana.
Per questo nella
genesi dell'ateismo possono contribuire non poco i credenti, nella misura in
cui, per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione
ingannevole della dottrina, od anche per i difetti della propria vita religiosa,
morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano
il genuino volto di Dio e della religione.
20.
L'ateismo sistematico.
L'ateismo moderno
si presenta spesso anche in una forma sistematica, secondo cui, oltre ad altre
cause, l'aspirazione all'autonomia dell'uomo viene spinta a un tal punto, da
far ostacolo a qualunque dipendenza da Dio. Quelli che professano un tale
ateismo sostengono che la libertà consista nel fatto che l'uomo sia fine a se
stesso, unico artefice e demiurgo della propria storia; cosa che non può
comporsi, così essi pensano, con il riconoscimento di un Signore, autore e fine
di tutte le cose, o che almeno rende semplicemente superflua tale affermazione.
Una tale dottrina
può essere favorita da quel senso di potenza che l'odierno progresso tecnico
ispira all uomo. Tra le forme dell'ateismo moderno non va trascurata quella che
si aspetta la liberazione dell'uomo soprattutto dalla sua liberazione economica
e sociale La religione sarebbe di ostacolo, per natura sua, a tale liberazione,
in quanto, elevando la speranza dell'uomo verso il miraggio di una vita futura,
la distoglierebbe dall'edificazione della città terrena.
Perciò i fautori
di tale dottrina, là dove accedono al potere, combattono con violenza la
religione e diffondono l'ateismo anche ricorrendo agli strumenti di pressione
di cui dispone il potere pubblico, specialmente nel campo dell'educazione dei
giovani.
21.
Atteggiamento della Chiesa di fronte all'ateismo.
La Chiesa, fedele
ai suoi doveri verso Dio e verso gli uomini, non può fare a meno di riprovare,
come ha fatto in passato, con tutta fermezza e con dolore, quelle dottrine e
quelle azioni funeste che contrastano con la ragione e con l'esperienza comune
degli uomini e che degradano l'uomo dalla sua innata grandezza. Si sforza
tuttavia di scoprire le ragioni della negazione di Dio che si nascondono nella
mente degli atei e, consapevole della gravità delle questioni suscitate
dall'ateismo, mossa dal suo amore verso tutti gli uomini, ritiene che esse debbano
meritare un esame più serio e più profondo. La Chiesa crede che il
riconoscimento di Dio non si oppone in alcun modo alla dignità dell'uomo, dato
che questa dignità trova proprio in Dio il suo fondamento e la sua perfezione.
L'uomo infatti riceve da Dio Creatore le doti di intelligenza e di libertà ed è
costituito nella società; ma soprattutto è chiamato alla comunione con Dio
stesso in qualità di figlio e a partecipare alla sua stessa felicità. Inoltre
la Chiesa insegna che la speranza escatologica non diminuisce l'importanza
degli impegni terreni, ma anzi dà nuovi motivi a sostegno dell'attuazione di
essi.
Al contrario,
invece, se manca la base religiosa e la speranza della vita eterna, la dignità
umana viene lesa in maniera assai grave, come si constata spesso al giorno
d'oggi, e gli enigmi della vita e della morte, della colpa e del dolore
rimangono senza soluzione, tanto che non di rado gli uomini sprofondano nella
disperazione. E intanto ciascun uomo rimane ai suoi propri occhi un problema
insoluto, confusamente percepito. Nessuno, infatti, in certe ore e
particolarmente in occasione dei grandi avvenimenti della vita può evitare
totalmente quel tipo di interrogativi sopra ricordato.
A questi problemi
soltanto Dio dà una risposta piena e certa, lui che chiama l'uomo a una
riflessione più profonda e a una ricerca più umile. Quanto al rimedio
all'ateismo, lo si deve attendere sia dall'esposizione adeguata della dottrina
della Chiesa, sia dalla purezza della vita di essa e dei suoi membri. La Chiesa
infatti ha il compito di rendere presenti e quasi visibili Dio Padre e il
Figlio suo incarnato, rinnovando se stessa e purificandosi senza posa sotto la
guida dello Spirito Santo.
Ciò si otterrà
anzi tutto con la testimonianza di una fede viva e adulta, vale a dire
opportunamente formata a riconoscere in maniera lucida le difficoltà e capace
di superarle.
Di una fede
simile han dato e danno testimonianza sublime moltissimi martiri.
Questa fede deve
manifestare la sua fecondità, col penetrare l'intera vita dei credenti,
compresa la loro vita profana, e col muoverli alla giustizia e all'amore,
specialmente verso i bisognosi.
Ciò che
contribuisce di più, infine, a rivelare la presenza di Dio, è la carità
fraterna dei fedeli che unanimi nello spirito lavorano insieme per la fede del
Vangelo e si presentano quale segno di unità. La Chiesa, poi, pur respingendo
in maniera assoluta l'ateismo, tuttavia riconosce sinceramente che tutti gli
uomini, credenti e non credenti, devono contribuire alla giusta costruzione di
questo mondo, entro il quale si trovano a vivere insieme: ciò, sicuramente, non
può avvenire senza un leale e prudente dialogo. Essa pertanto deplora la
discriminazione tra credenti e non credenti che alcune autorità civili
ingiustamente introducono, a danno dei diritti fondamentali della persona
umana. Rivendica poi, in favore dei credenti, una effettiva libertà, perché sia
loro consentito di edificare in questo mondo anche il tempio di Dio. Quanto
agli atei, essa li invita cortesemente a volere prendere in considerazione il
Vangelo di Cristo con animo aperto.
La Chiesa sa
perfettamente che il suo messaggio è in armonia con le aspirazioni più segrete
del cuore umano quando essa difende la dignità della vocazione umana, e così
ridona la speranza a quanti ormai non osano più credere alla grandezza del loro
destino.
Il suo messaggio
non toglie alcunché all'uomo, infonde invece luce, vita e libertà per il suo
progresso, e all'infuori di esso, niente può soddisfare il cuore dell'uomo: «
Ci hai fatto per te », o Signore, «e il nostro cuore è senza pace finché non
riposa in te».
22. Cristo,
l'uomo nuovo.
In realtà
solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo.
Adamo, infatti,
il primo uomo, era figura di quello futuro (Rm5,14) e cioè di Cristo Signore.
Cristo, che è il
nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche
pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione.
Nessuna
meraviglia, quindi, che tutte le verità su esposte in lui trovino la loro
sorgente e tocchino il loro vertice. Egli è « l'immagine dell'invisibile Iddio
» (Col1,15) è l'uomo perfetto che ha restituito ai figli di Adamo la
somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato.
Poiché in lui la
natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata per ciò stesso
essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime.
Con
l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo.
Ha lavorato con
mani d'uomo, ha pensato con intelligenza d'uomo, ha agito con volontà d'uomo ha
amato con cuore d'uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente
uno di noi, in tutto simile a noi fuorché il peccato. Agnello innocente, col
suo sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita; in lui Dio ci ha
riconciliati con se stesso e tra noi e ci ha strappati dalla schiavitù del
diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l'Apostolo: il
Figlio di Dio « mi ha amato e ha sacrificato se stesso per me» (Gal2,20).
Soffrendo per noi non ci ha dato semplicemente l'esempio perché seguiamo le sue
orme ma ci ha anche aperta la strada: se la seguiamo, la vita e la morte
vengono santificate e acquistano nuovo significato.
Il cristiano poi,
reso conforme all'immagine del Figlio che è il primogenito tra molti fratelli
riceve «le primizie dello Spirito» (Rm8,23) per cui diventa capace di adempiere
la legge nuova dell'amore.
In virtù di
questo Spirito, che è il «pegno della eredità» (Ef1,14), tutto l'uomo viene
interiormente rinnovato, nell'attesa della « redenzione del corpo » (Rm8,23): «
Se in voi dimora lo Spirito di colui che risuscitò Gesù da morte, egli che ha
risuscitato Gesù Cristo da morte darà vita anche ai vostri corpi mortali,
mediante il suo Spirito che abita in voi» (Rm8,11).
Il cristiano
certamente è assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il
male attraverso molte tribolazioni, e di subire la morte; ma, associato al
mistero pasquale, diventando conforme al Cristo nella morte, così anche andrà
incontro alla risurrezione fortificato dalla speranza.
E ciò vale non
solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel
cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e
la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò
dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire
associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale.
Tale e così
grande è il mistero dell'uomo, questo mistero che la Rivelazione cristiana fa
brillare agli occhi dei credenti. Per Cristo e in Cristo riceve luce
quell'enigma del dolore e della morte, che al di fuori del suo Vangelo ci
opprime. Con la sua morte egli ha distrutto la morte, con la sua risurrezione
ci ha fatto dono della vita, perché anche noi, diventando figli col Figlio,
possiamo pregare esclamando nello Spirito: Abba, Padre!.
CAPITOLO II
LA COMUNITÀ DEGLI UOMINI
23. Che
cosa intende il Concilio.
Il moltiplicarsi
delle relazioni tra gli uomini costituisce uno degli aspetti più importanti del
mondo di oggi, al cui sviluppo molto contribuisce il progresso tecnico
contemporaneo.
Tuttavia il
fraterno dialogo tra gli uomini non trova il suo compimento in tale progresso,
ma più profondamente nella comunità delle persone, e questa esige un reciproco
rispetto della loro piena dignità spirituale. La Rivelazione cristiana dà
grande aiuto alla promozione di questa comunione tra persone; nello stesso
tempo ci guida ad un approfondimento delle leggi che regolano la vita sociale,
scritte dal Creatore nella natura spirituale e morale dell'uomo.
Siccome documenti
recenti del magistero della Chiesa hanno esposto diffusamente la dottrina
cristiana circa l'umana società, il Concilio ricorda solo alcune verità più
importanti e ne espone i fondamenti alla luce della Rivelazione.
Insiste poi su
certe conseguenze che sono particolarmente importanti per il nostro tempo.
24.
L'indole comunitaria dell'umana vocazione nel piano di Dio.
Iddio, che ha
cura paterna di tutti, ha voluto che tutti gli uomini formassero una sola
famiglia e si trattassero tra loro come fratelli. Tutti, infatti, creati ad
immagine di Dio « che da un solo uomo ha prodotto l'intero genere umano
affinché popolasse tutta la terra » (At17,26), sono chiamati al medesimo fine,
che è Dio stesso. Perciò l'amor di Dio e del prossimo è il primo e più grande
comandamento. La sacra Scrittura, da parte sua, insegna che l'amor di Dio non
può essere disgiunto dall'amor del prossimo, «e tutti gli altri precetti sono
compendiati in questa frase: amerai il prossimo tuo come te stesso. La pienezza
perciò della legge è l'amore » (Rm13,9); (1Gv4,20).
È evidente che
ciò è di grande importanza per degli uomini sempre più dipendenti gli uni dagli
altri e per un mondo che va sempre più verso l'unificazione.
Anzi, il Signore
Gesù, quando prega il Padre perché « tutti siano una cosa sola, come io e tu
siamo una cosa sola » (Gv17,21), aprendoci prospettive inaccessibili alla
ragione umana, ci ha suggerito una certa similitudine tra l'unione delle
Persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nell'amore.
Questa
similitudine manifesta che l'uomo, il quale in terra è la sola creatura che
Iddio abbia voluto per se stesso, non possa ritrovarsi pienamente se non
attraverso un dono sincero di sé.
25.
Interdipendenza della persona e della umana società.
Dal carattere
sociale dell'uomo appare evidente come il perfezionamento della persona umana e
lo sviluppo della stessa società siano tra loro interdipendenti.
Infatti, la
persona umana, che di natura sua ha assolutamente bisogno d'una vita sociale, è
e deve essere principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali.
Poiché la vita
sociale non è qualcosa di esterno all'uomo, l'uomo cresce in tutte le sue
capacità e può rispondere alla sua vocazione attraverso i rapporti con gli
altri, la reciprocità dei servizi e il dialogo con i fratelli. Tra i vincoli
sociali che sono necessari al perfezionamento dell'uomo, alcuni, come la
famiglia e la comunità politica, sono più immediatamente rispondenti alla sua
natura intima; altri procedono piuttosto dalla sua libera volontà.
In questo nostro
tempo, per varie cause, si moltiplicano rapporti e interdipendenze, dalle quali
nascono associazioni e istituzioni diverse di diritto pubblico o privato.
Questo fatto, che
viene chiamato socializzazione, sebbene non manchi di pericoli, tuttavia reca
in sé molti vantaggi nel rafforzamento e accrescimento delle qualità della
persona umana e nella tutela dei suoi diritti. Ma se le persone umane ricevono
molto da tale vita sociale per assolvere alla propria vocazione, anche
religiosa, non si può tuttavia negare che gli uomini dal contesto sociale nel
quale vivono e sono immersi fin dalla infanzia, spesso sono sviati dal bene e
spinti al male.
È certo che i
perturbamenti, così frequenti nell'ordine sociale, provengono in parte dalla
tensione che esiste in seno alle strutture economiche, politiche e sociali.
Ma, più
radicalmente, nascono dalla superbia e dall'egoismo umano, che pervertono anche
l'ambiente sociale. Là dove l'ordine delle cose è turbato dalle conseguenze del
peccato, l'uomo già dalla nascita incline al male, trova nuovi incitamenti al
peccato, che non possono esser vinti senza grandi sforzi e senza l'aiuto della
grazia.
26.
Promuovere il bene comune.
Dall'interdipendenza
sempre più stretta e piano piano estesa al mondo intero deriva che il bene
comune--cioè l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono
tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione
più pienamente e più speditamente--oggi vieppiù diventa universale, investendo
diritti e doveri che riguardano l'intero genere umano.
Pertanto ogni
gruppo deve tener conto dei bisogni e delle legittime aspirazioni degli altri
gruppi, anzi del bene comune dell'intera famiglia umana. Contemporaneamente
cresce la coscienza dell'eminente dignità della persona umana, superiore a
tutte le cose e i cui diritti e doveri sono universali e inviolabili. Occorre
perciò che sia reso accessibile all'uomo tutto ciò di cui ha bisogno per
condurre una vita veramente umana, come il vitto, il vestito, l'abitazione, il
diritto a scegliersi liberamente lo stato di vita e a fondare una famiglia, il
diritto all'educazione, al lavoro, alla reputazione, al rispetto, alla
necessaria informazione, alla possibilità di agire secondo il retto dettato
della sua coscienza, alla salvaguardia della vita privata e alla giusta libertà
anche in campo religioso.
L'ordine sociale
pertanto e il suo progresso debbono sempre lasciar prevalere il bene delle
persone, poiché l'ordine delle cose deve essere subordinato all'ordine delle
persone e non l'inverso, secondo quanto suggerisce il Signore stesso quando
dice che il sabato è fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato. Quell'ordine
è da sviluppare sempre più, deve avere per base la verità, realizzarsi nella
giustizia, essere vivificato dall'amore, deve trovare un equilibrio sempre più
umano nella libertà.
Per raggiungere
tale scopo bisogna lavorare al rinnovamento della mentalità e intraprendere
profondi mutamenti della società. Lo Spirito di Dio, che con mirabile
provvidenza dirige il corso dei tempi e rinnova la faccia della terra, è
presente a questa evoluzione.
Il fermento
evangelico suscitò e suscita nel cuore dell'uomo questa irrefrenabile esigenza
di dignità.
27.
Rispetto della persona umana.
Scendendo a
conseguenze pratiche di maggiore urgenza, il Concilio inculca il rispetto verso
l'uomo: ciascuno consideri il prossimo, nessuno eccettuato, come un altro « se
stesso », tenendo conto della sua esistenza e dei mezzi necessari per viverla
degnamente, per non imitare quel ricco che non ebbe nessuna cura del povero
Lazzaro. Soprattutto oggi urge l'obbligo che diventiamo prossimi di ogni uomo e
rendiamo servizio con i fatti a colui che ci passa accanto: vecchio abbandonato
da tutti, o lavoratore straniero ingiustamente disprezzato, o esiliato, o
fanciullo nato da un'unione illegittima, che patisce immeritatamente per un
peccato da lui non commesso, o affamato che richiama la nostra coscienza,
rievocando la voce del Signore: « Quanto avete fatto ad uno di questi minimi
miei fratelli, l'avete fatto a me» (Mt25,40). Inoltre tutto ciò che è contro la
vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l'aborto, l'eutanasia
e lo stesso suicidio volontario; tutto ciò che viola l'integrità della persona
umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le
costrizioni psicologiche; tutto ciò che offende la dignità umana, come le
condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la
schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le
ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come
semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili: tutte
queste cose, e altre simili, sono certamente vergognose. Mentre guastano la
civiltà umana, disonorano coloro che così si comportano più ancora che quelli
che le subiscono e ledono grandemente l'onore del Creatore.
28. Il
rispetto e l'amore per gli avversari.
Il rispetto e
l'amore deve estendersi pure a coloro che pensano od operano diversamente da
noi nelle cose sociali, politiche e persino religiose, poiché con quanta
maggiore umanità e amore penetreremo nei loro modi di vedere, tanto più
facilmente potremo con loro iniziare un dialogo.
Certamente tale
amore e amabilità non devono in alcun modo renderci indifferenti verso la
verità e il bene. Anzi è l'amore stesso che spinge i discepoli di Cristo ad
annunziare a tutti gli uomini la verità che salva. Ma occorre distinguere tra
errore, sempre da rifiutarsi, ed errante, che conserva sempre la dignità di
persona, anche quando è macchiato da false o insufficienti nozioni religiose.
Solo Dio è
giudice e scrutatore dei cuori; perciò ci vieta di giudicare la colpevolezza
interiore di chiunque. La dottrina del Cristo esige che noi perdoniamo anche le
ingiurie e il precetto dell'amore si estende a tutti i nemici; questo è il
comandamento della nuova legge: «Udiste che fu detto: amerai il tuo prossimo e
odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e fate del bene a
coloro che vi odiano e pregate per i vostri persecutori e calunniatori »
(Mt5,43).
29. La
fondamentale uguaglianza di tutti gli uomini e la giustizia sociale.
Tutti gli uomini,
dotati di un'anima razionale e creati ad immagine di Dio, hanno la stessa
natura e la medesima origine; tutti, redenti da Cristo godono della stessa
vocazione e del medesimo destino divino: è necessario perciò riconoscere ognor
più la fondamentale uguaglianza fra tutti.
Sicuramente, non
tutti gli uomini sono uguali per la varia capacità fisica e per la diversità
delle forze intellettuali e morali. Ma ogni genere di discriminazione circa i
diritti fondamentali della persona, sia in campo sociale che culturale, in
ragione del sesso, della razza, del colore, della condizione sociale, della
lingua o religione, deve essere superato ed eliminato, come contrario al
disegno di Dio.
Invero è doloroso
constatare che quei diritti fondamentali della persona non sono ancora e
dappertutto garantiti pienamente. Avviene così quando si nega alla donna la
facoltà di scegliere liberamente il marito e di abbracciare un determinato
stato di vita, oppure di accedere a un'educazione e a una cultura pari a quelle
che si ammettono per l'uomo.
In più, benché
tra gli uomini vi siano giuste diversità, la uguale dignità delle persone
richiede che si giunga a condizioni di vita più umane e giuste.
Infatti le
disuguaglianze economiche e sociali eccessive tra membri e tra popoli
dell'unica famiglia umana, suscitano scandalo e sono contrarie alla giustizia
sociale, all'equità, alla dignità della persona umana, nonché alla pace sociale
e internazionale.
Le umane
istituzioni, sia private che pubbliche, si sforzino di mettersi al servizio
della dignità e del fine dell'uomo. Nello stesso tempo combattano strenuamente
contro ogni forma di servitù sociale e politica, e garantiscano i fondamentali
diritti degli uomini sotto qualsiasi regime politico.
Anzi, queste
istituzioni si debbono a poco a poco accordare con le realtà spirituali, le più
alte di tutte, anche se talora occorra un tempo piuttosto lungo per giungere al
fine desiderato.
30. Occorre
superare l'etica individualistica.
La profonda e
rapida trasformazione delle cose esige, con più urgenza, che non vi sia alcuno
che, non prestando attenzione al corso delle cose e intorpidito dall'inerzia,
si contenti di un'etica puramente individualistica. Il dovere della giustizia e
dell'amore viene sempre più assolto per il fatto che ognuno, interessandosi al
bene comune secondo le proprie capacità e le necessità degli altri, promuove e
aiuta anche le istituzioni pubbliche e private che servono a migliorare le
condizioni di vita degli uomini. Vi sono di quelli che, pur professando
opinioni larghe e generose, tuttavia continuano a vivere in pratica come se non
avessero alcuna cura delle necessità della società.
Anzi molti, in
certi paesi, tengono in poco conto le leggi e le prescrizioni sociali.
Non pochi non si
vergognano di evadere, con vari sotterfugi e frodi, le giuste imposte o altri
obblighi sociali. Altri trascurano certe norme della vita sociale, ad esempio
ciò che concerne la salvaguardia della salute, o le norme stabilite per la
guida dei veicoli, non rendendosi conto di metter in pericolo, con la loro
incuria, la propria vita e quella degli altri. Che tutti prendano sommamente a
cuore di annoverare le solidarietà sociali tra i principali doveri dell'uomo
d'oggi, e di rispettarle.
Infatti quanto
più il mondo si unifica, tanto più apertamente gli obblighi degli uomini
superano i gruppi particolari e si estendono a poco a poco al mondo intero.
E ciò non può
avvenire se i singoli uomini e i gruppi non coltivano le virtù morali e sociali
e le diffondono nella società, cosicché sorgano uomini nuovi, artefici di una
umanità nuova, con il necessario aiuto della grazia divina.
31.
Responsabilità e partecipazione.
Affinché i
singoli uomini assolvano con maggiore cura il proprio dovere di coscienza verso
se stessi e verso i vari gruppi di cui sono membri, occorre educarli con
diligenza ad acquisire una più ampia cultura spirituale, utilizzando gli enormi
mezzi che oggi sono a disposizione del genere umano. Innanzitutto l'educazione
dei giovani, di qualsiasi origine sociale, deve essere impostata in modo da
suscitare uomini e donne, non tanto raffinati intellettualmente, ma di forte
personalità, come è richiesto fortemente dal nostro tempo. Ma a tale senso di
responsabilità l'uomo giunge con difficoltà se le condizioni della vita non gli
permettono di prender coscienza della propria dignità e di rispondere alla sua
vocazione, prodigandosi per Dio e per gli altri.
Invero la libertà
umana spesso si indebolisce qualora l'uomo cada in estrema indigenza, come si
degrada quando egli stesso, lasciandosi andare a una vita troppo facile, si
chiude in una specie di aurea solitudine. Al contrario, essa si fortifica
quando l'uomo accetta le inevitabili difficoltà della vita sociale, assume le molteplici
esigenze dell'umana convivenza e si impegna al servizio della comunità umana.
Perciò bisogna stimolare la volontà di tutti ad assumersi la propria parte
nelle comuni imprese. È poi da lodarsi il modo di agire di quelle nazioni nelle
quali la maggioranza dei cittadini è fatta partecipe degli affari pubblici, in
una autentica libertà.
Si deve tuttavia
tener conto delle condizioni concrete di ciascun popolo e della necessaria
solidità dei pubblici poteri. Affinché poi tutti i cittadini siano spinti a partecipare
alla vita dei vari gruppi di cui si compone il corpo sociale, è necessario che
trovino in essi dei valori capaci di attirarli e di disporli al servizio degli
altri. Si può pensare legittimamente che il futuro dell'umanità sia riposto
nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani
ragioni di vita e di speranza.
32. Il
Verbo incarnato e la solidarietà umana.
Come Dio creò gli
uomini non perché vivessero individualisticamente, ma perché si unissero in
società, così a lui anche «... piacque santificare e salvare gli uomini non a
uno a uno, fuori di ogni mutuo legame, ma volle costituirli in popolo, che lo
conoscesse nella verità e santamente lo servisse ». Sin dall'inizio della
storia della salvezza, egli stesso ha scelto degli uomini, non soltanto come
individui ma come membri di una certa comunità Infatti questi eletti Dio,
manifestando il suo disegno, chiamò a suo popolo» (Es3,7). Con questo popolo
poi strinse il patto sul Sinai.
Tale carattere
comunitario è perfezionato e compiuto dall'opera di Cristo Gesù.
Lo stesso Verbo
incarnato volle essere partecipe della solidarietà umana.
Prese parte alle
nozze di Cana, entrò nella casa di Zaccheo, mangiò con i pubblicani e i
peccatori.
Ha rivelato
l'amore del Padre e la magnifica vocazione degli uomini ricordando gli aspetti
più ordinari della vita sociale e adoperando linguaggio e immagini della vita
d'ogni giorno.
Santificò le
relazioni umane, innanzitutto quelle familiari, dalle quali trae origine la
vita sociale.
Si sottomise
volontariamente alle leggi della sua patria. Volle condurre la vita di un
artigiano del suo tempo e della sua regione. Nella sua predicazione ha
chiaramente affermato che i figli di Dio hanno l'obbligo di trattarsi
vicendevolmente come fratelli.
Nella sua
preghiera chiese che tutti i suoi discepoli fossero una « cosa sola ».
Anzi egli stesso
si offrì per tutti fino alla morte, lui il redentore di tutti. « Nessuno ha
maggior amore di chi sacrifica la propria vita per i suoi amici » (Gv15,13).
Comandò inoltre
agli apostoli di annunciare il messaggio evangelico a tutte le genti, perché il
genere umano diventasse la famiglia di Dio, nella quale la pienezza della legge
fosse l'amore. Primogenito tra molti fratelli, dopo la sua morte e risurrezione
ha istituito attraverso il dono del suo Spirito una nuova comunione fraterna
fra tutti coloro che l'accolgono con la fede e la carità: essa si realizza nel
suo corpo, che è la Chiesa.
In questo corpo
tutti, membri tra di loro, si debbono prestare servizi reciproci, secondo i
doni diversi loro concessi. Questa solidarietà dovrà sempre essere accresciuta,
fino a quel giorno in cui sarà consumata; in quel giorno gli uomini, salvati
dalla grazia, renderanno gloria perfetta a Dio, come famiglia amata da Dio e da
Cristo, loro fratello.
CAPITOLO III
L'ATTIVITÀ UMANA NELL'UNIVERSO
33. Il
problema.
Col suo lavoro e
col suo ingegno l'uomo ha cercato sempre di sviluppare la propria vita; ma
oggi, specialmente con l'aiuto della scienza e della tecnica, ha dilatato e
continuamente dilata il suo dominio su quasi tutta la natura e, grazie
soprattutto alla moltiplicazione di mezzi di scambio tra le nazioni, la
famiglia umana a poco a poco è venuta a riconoscersi e a costituirsi come una
comunità unitaria nel mondo intero. Ne deriva che molti beni, che un tempo
l'uomo si aspettava dalle forze superiori, oggi se li procura con la sua
iniziativa e con le sue forze.
Di fronte a
questo immenso sforzo, che orrnai pervade tutto il genere umano, molti
interrogativi sorgono tra gli uomini: qual è il senso e il valore della
attività umana?
Come vanno usate
queste realtà? A quale scopo tendono gli sforzi sia individuali che collettivi?
La Chiesa,
custode del deposito della parola di Dio, da cui vengono attinti i principi per
l'ordine morale e religioso, anche se non ha sempre pronta la soluzione per
ogni singola questione, desidera unire la luce della Rivelazione alla
competenza di tutti allo scopo di illuminare la strada sulla quale si è messa
da poco l'umanità.
34. Il valore
dell'attività umana.
Per i credenti
una cosa è certa: considerata in se stessa, l'attività umana individuale e
collettiva, ossia quell'ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei
secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, corrisponde alle
intenzioni di Dio.
L'uomo infatti,
creato ad immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra
con tutto quanto essa contiene, e di governare il mondo nella giustizia e nella
santità, e cosi pure di riferire a Dio il proprio essere e l'universo intero,
riconoscendo in lui il Creatore di tutte le cose; in modo che, nella
subordinazione di tutta la realtà all'uomo, sia glorificato il nome di Dio su
tutta la terra. Ciò vale anche per gli ordinari lavori quotidiani.
Gli uomini e le
donne, infatti, che per procurarsi il sostentamento per sé e per la famiglia
esercitano il proprio lavoro in modo tale da prestare anche conveniente
servizio alla società, possono a buon diritto ritenere che con il loro lavoro
essi prolungano l'opera del Creatore, si rendono utili ai propri fratelli e
donano un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di
Dio nella storia. I cristiani, dunque, non si sognano nemmeno di contrapporre i
prodotti dell'ingegno e del coraggio dell'uomo alla potenza di Dio, quasi che
la creatura razionale sia rivale del Creatore; al contrario, sono persuasi
piuttosto che le vittorie dell'umanità sono segno della grandezza di Dio e
frutto del suo ineffabile disegno. Ma quanto più cresce la potenza degli uomini,
tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità, sia individuale che
collettiva.
Da ciò si vede
come il messaggio cristiano, lungi dal distogliere gli uomini dal compito di
edificare il mondo o dall'incitarli a disinteressarsi del bene dei propri
simili, li impegna piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più pressante.
35. Norme
dell'attività umana.
L'attività umana
come deriva dall'uomo così è ordinata all'uomo.
L'uomo, infatti,
quando lavora, non trasforma soltanto le cose e la società, ma perfeziona se
stesso. Apprende molte cose, sviluppa le sue facoltà, esce da sé e si supera.
Tale sviluppo, se
è ben compreso, vale più delle ricchezze esteriori che si possono accumulare.
L'uomo vale più per quello che « è » che per quello che «ha».
Parimenti tutto
ciò che gli uomini compiono allo scopo di conseguire una maggiore giustizia,
una più estesa fraternità e un ordine più umano dei rapporti sociali, ha più
valore dei progressi in campo tecnico. Questi, infatti, possono fornire, per
così dire, la base materiale della promozione umana, ma da soli non valgono in
nessun modo a realizzarla.
Pertanto questa è
la norma dell'attività umana: che secondo il disegno di Dio e la sua volontà
essa corrisponda al vero bene dell'umanità, e che permetta all'uomo,
considerato come individuo o come membro della società, di coltivare e di
attuare la sua integrale vocazione.
36. La
legittima autonomia delle realtà terrene.
Molti nostri
contemporanei, però, sembrano temere che, se si fanno troppo stretti i legami
tra attività umana e religione, venga impedita l'autonomia degli uomini, delle
società, delle scienze.
Se per autonomia
delle realtà terrene si vuol dire che le cose create e le stesse società hanno
leggi e valori propri, che l'uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare,
allora si tratta di una esigenza d'autonomia legittima: non solamente essa è
rivendicata dagli uomini del nostro tempo, ma è anche conforme al volere del
Creatore.
Infatti è dalla
stessa loro condizione di creature che le cose tutte ricevono la loro propria
consistenza, verità, bontà, le loro leggi proprie e il loro ordine; e tutto ciò
l'uomo è tenuto a rispettare, riconoscendo le esigenze di metodo proprie di
ogni singola scienza o tecnica.
Perciò la ricerca
metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e
secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le
realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio.
Anzi, chi si
sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà,
anche senza prenderne coscienza, viene come condotto dalla mano di Dio, il
quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono.
A questo
proposito ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali, che
talvolta non sono mancati nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere
sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, suscitando
contese e controversie, essi trascinarono molti spiriti fino al punto da
ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro.
Se invece con
l'espressione « autonomia delle realtà temporali » si intende dire che le cose
create non dipendono da Dio e che l'uomo può adoperarle senza riferirle al
Creatore, allora a nessuno che creda in Dio sfugge quanto false siano tali
opinioni.
La creatura,
infatti, senza il Creatore svanisce.
Del resto tutti
coloro che credono, a qualunque religione appartengano, hanno sempre inteso la
voce e la manifestazione di Dio nel linguaggio delle creature.
Anzi, l'oblio di
Dio rende opaca la creatura stessa.
37.
L'attività umana corrotta dal peccato.
La sacra
Scrittura, però, con cui si accorda l'esperienza dei secoli, insegna agli
uomini che il progresso umano, che pure è un grande bene dell'uomo, porta con
sé una seria tentazione.
Infatti,
sconvolto l'ordine dei valori e mescolando il male col bene, gli individui e i
gruppi guardano solamente agli interessi propri e non a quelli degli altri;
cosi il mondo cessa di essere il campo di una genuina fraternità, mentre invece
l'aumento della potenza umana minaccia di distruggere ormai lo stesso genere
umano.
Tutta intera la
storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle
tenebre; lotta cominciata fin dall'origine del mondo, destinata a durare, come
dice il Signore, fino all'ultimo giorno.
Inserito in
questa battaglia, l'uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al
bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi
fatiche, con l'aiuto della grazia di Dio. Per questo la Chiesa di Cristo,
fiduciosa nel piano provvidenziale del Creatore, mentre riconosce che il
progresso umano può servire alla vera felicità degli uomini, non può tuttavia
fare a meno di far risuonare il detto dell'Apostolo: « Non vogliate adattarvi
allo stile di questo mondo » (Rm12,2) e cioè a quello spirito di vanità e di
malizia che stravolge in strumento di peccato l'operosità umana, ordinata al
servizio di Dio e dell'uomo.
Se dunque ci si
chiede come può essere vinta tale miserevole situazione, i cristiani per
risposta affermano che tutte le attività umane, che son messe in pericolo
quotidianamente dalla superbia e dall'amore disordinato di se stessi, devono
venir purificate e rese perfette per mezzo della croce e della risurrezione di
Cristo.
Redento da Cristo
e diventato nuova creatura nello Spirito Santo, l'uomo, infatti, può e deve
amare anche le cose che Dio ha creato.
Da Dio le riceve:
le vede come uscire dalle sue mani e le rispetta.
Di esse ringrazia
il divino benefattore e, usando e godendo delle creature in spirito di povertà
e di libertà, viene introdotto nel vero possesso del mondo, come qualcuno che
non ha niente e che possiede tutto: «Tutto, infatti, è vostro: ma voi siete di
Cristo e il Cristo è di Dio » (1Cor3,22).
38.
L'attività umana elevata a perfezione nel mistero pasquale.
Il Verbo di Dio,
per mezzo del quale tutto è stato creato, fattosi carne lui stesso e venuto ad
abitare sulla terra degli uomini, entrò nella storia del mondo come uomo
perfetto, assumendo questa e ricapitolandola in sé. Egli ci rivela « che Dio è
carità » (1Gv4,8) e insieme ci insegna che la legge fondamentale della umana
perfezione, e perciò anche della trasformazione del mondo, è il nuovo
comandamento dell'amore.
Coloro pertanto
che credono alla carità divina, sono da lui resi certi che la strada della
carità è aperta a tutti gli uomini e che gli sforzi intesi a realizzare la
fraternità universale non sono vani.
Così pure egli
ammonisce a non camminare sulla strada della carità solamente nelle grandi
cose, bensì e soprattutto nelle circostanze ordinarie della vita.
Accettando di
morire per noi tutti peccatori, egli ci insegna con il suo esempio che è
necessario anche portare quella croce che dalla carne e dal mondo viene messa
sulle spalle di quanti cercano la pace e la giustizia. Con la sua risurrezione
costituito Signore, egli, il Cristo cui è stato dato ogni potere in cielo e in
terra, agisce ora nel cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito; non solo
suscita il desiderio del mondo futuro, ma con ciò stesso ispira anche, purifica
e fortifica quei generosi propositi con i quali la famiglia degli uomini cerca
di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine tutta la
terra.
Ma i doni dello
Spirito sono vari: alcuni li chiama a dare testimonianza manifesta al desiderio
della dimora celeste, contribuendo così a mantenerlo vivo nell'umanità; altri
li chiama a consacrarsi al servizio terreno degli uomini, così da
preparare-attraverso tale loro ministero quasi la materia per il regno dei
cieli. Di tutti, però, fa degli uomini liberi, in quanto nel rinnegamento
dell'egoismo e convogliando tutte le forze terrene verso la vita umana, essi si
proiettano nel futuro, quando l'umanità stessa diventerà offerta accetta a Dio.
Un pegno di
questa speranza e un alimento per il cammino il Signore lo ha lasciato ai suoi
in quel sacramento della fede nel quale degli elementi naturali coltivati
dall'uomo vengono trasmutati nel Corpo e nel Sangue glorioso di lui, in un
banchetto di comunione fraterna che è pregustazione del convito del cielo.
39. Terra
nuova e cielo nuovo.
Ignoriamo il
tempo in cui avranno fine la terra e l'umanità e non sappiamo in che modo sarà
trasformato l'universo. Passa certamente l'aspetto di questo mondo, deformato
dal peccato. Sappiamo però dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova
abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia , e la cui felicità
sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore
degli uomini .
Allora, vinta la
morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato in
infermità e corruzione rivestirà l'incorruttibilità; resterà la carità coi suoi
frutti, e sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà che
Dio ha creato appunto per l'uomo.
Certo, siamo
avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero ma perde se
stesso. Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì
piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente,
dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa
prefigurazione, che adombra il mondo nuovo.
Pertanto, benché
si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del
regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire
a meglio ordinare l'umana società, è di grande importanza per il regno di Dio.
Ed infatti quei valori, quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la
libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità,
dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il
suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia,
illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre « il regno
eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di
grazia, regno di giustizia, di amore e di pace ».
Qui sulla terra
il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a
perfezione.
CAPITOLO IV
LA MISSIONE DELLA CHIESA NEL MONDO CONTEMPORANEO
40. Mutua
relazione tra Chiesa e mondo.
Tutto quello che
abbiamo detto a proposito della dignità della persona umana, della comunità
degli uomini, del significato profondo della attività umana, costituisce il
fondamento del rapporto tra Chiesa e mondo, come pure la base del dialogo fra
loro.
In questo
capitolo, pertanto, presupponendo tutto ciò che il Concilio ha già insegnato
circa il mistero della Chiesa, si viene a prendere in considerazione la
medesima Chiesa in quanto si trova nel mondo e insieme con esso vive ed agisce.
La Chiesa,
procedendo dall'amore dell'eterno Padre, fondata nel tempo dal Cristo
redentore, radunata nello Spirito Santo, ha una finalità salvifica ed
escatologica che non può essere raggiunta pienamente se non nel mondo futuro.
Ma essa è già presente qui sulla terra, ed è composta da uomini, i quali
appunto sono membri della città terrena chiamati a formare già nella storia
dell'umanità la famiglia dei figli di Dio, che deve crescere costantemente fino
all'avvento del Signore. Unita in vista dei beni celesti e da essi arricchita,
tale famiglia fu da Cristo « costituita e ordinata come società in questo mondo
» e fornita di « mezzi capaci di assicurare la sua unione visibile e sociale ».
Perciò la Chiesa, che è insieme « società visibile e comunità spirituale »
cammina insieme con l'umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima
sorte terrena; essa è come il fermento e quasi l'anima della società umana,
destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio. Tale
compenetrazione di città terrena e città celeste non può certo essere percepita
se non con la fede; resta, anzi, il mistero della storia umana, che è turbata
dal peccato fino alla piena manifestazione dello splendore dei figli di Dio.
Ma la Chiesa,
perseguendo il suo proprio fine di salvezza, non solo comunica all'uomo la vita
divina; essa diffonde anche in qualche modo sopra tutto il mondo la luce che
questa vita divina irradia, e lo fa specialmente per il fatto che risana ed
eleva la dignità della persona umana, consolida la compagine della umana
società e conferisce al lavoro quotidiano degli uomini un più profondo senso e
significato. Così la Chiesa, con i singoli suoi membri e con tutta intera la
sua comunità, crede di poter contribuire molto a umanizzare di più la famiglia
degli uomini e la sua storia.
Inoltre la Chiesa
cattolica volentieri tiene in gran conto il contributo che, per realizzare il
medesimo compito, han dato e danno, cooperando insieme, le altre Chiese o
comunità ecclesiali.
Al tempo stesso
essa è persuasa che, per preparare le vie al Vangelo, il mondo può fornirle in
vario modo un aiuto prezioso mediante le qualità e l'attività dei singoli o
delle società che lo compongono. Allo scopo di promuovere debitamente tale
mutuo scambio ed aiuto, nei campi che in qualche modo sono comuni alla Chiesa e
al mondo, vengono qui esposti alcuni principi generali.
41. L'aiuto
che la Chiesa intende offrire agli individui.
L'uomo d'oggi
procede sulla strada di un più pieno sviluppo della sua personalità e di una
progressiva scoperta e affermazione dei propri diritti. Poiché la Chiesa ha
ricevuto la missione di manifestare il mistero di Dio, il quale è il fine
ultimo dell'uomo, essa al tempo stesso svela all'uomo il senso della sua
propria esistenza, vale a dire la verità profonda sull'uomo.
Essa sa bene che
soltanto Dio, al cui servizio è dedita, dà risposta ai più profondi desideri
del cuore umano, che mai può essere pienamente saziato dagli elementi terreni.
Sa ancora che
l'uomo, sollecitato incessantemente dallo Spirito di Dio, non potrà mai essere
del tutto indifferente davanti al problema religioso, come dimostrano non solo
l'esperienza dei secoli passati, ma anche molteplici testimonianze dei tempi
nostri.
L'uomo, infatti,
avrà sempre desiderio di sapere, almeno confusamente, quale sia il significato
della sua vita, della sua attività e della sua morte. E la Chiesa, con la sua
sola presenza nel mondo, gli richiama alla mente questi problemi. Ma soltanto
Dio, che ha creato l'uomo a sua immagine e che lo ha redento dal peccato, può
offrire a tali problemi una risposta pienamente adeguata; cose che egli fa per
mezzo della rivelazione compiuta nel Cristo, Figlio suo, che si è fatto uomo.
Chiunque segue
Cristo, l'uomo perfetto, diventa anch'egli più uomo.
Partendo da
questa fede, la Chiesa può sottrarre la dignità della natura umana al fluttuare
di tutte le opinioni che, per esempio, abbassano troppo il corpo umano, oppure
lo esaltano troppo.
Nessuna legge
umana è in grado di assicurare la dignità personale e la libertà dell'uomo,
quanto il Vangelo di Cristo, affidato alla Chiesa.
Questo Vangelo,
infatti, annunzia e proclama la libertà dei figli di Dio, respinge ogni
schiavitù che deriva in ultima analisi dal peccato onora come sacra la dignità
della coscienza e la sua libera decisione, ammonisce senza posa a raddoppiare
tutti i talenti umani a servizio di Dio e per il bene degli uomini, infine
raccomanda tutti alla carità di tutti.
Ciò corrisponde
alla legge fondamentale della economia cristiana.
Benché, infatti,
i1 Dio Salvatore e il Dio Creatore siano sempre lo stesso Dio, e così pure si
identifichino il Signore della storia umana e il Signore della storia della
salvezza, tuttavia in questo stesso ordine divino la giusta autonomia della
creatura, specialmente dell'uomo, lungi dall'essere soppressa, viene piuttosto
restituita alla sua dignità e in essa consolidata.
Perciò la Chiesa,
in forza del Vangelo affidatole, proclama i diritti umani, e riconosce e
apprezza molto il dinamismo con cui ai giorni nostri tali diritti vengono
promossi ovunque.
Questo movimento
tuttavia deve essere impregnato dallo spirito del Vangelo e dev'essere protetto
contro ogni specie di falsa autonomia.
Siamo, infatti,
esposti alla tentazione di pensare che i nostri diritti personali sono
pienamente salvi solo quando veniamo sciolti da ogni norma di legge divina.
Ma per questa
strada la dignità della persona umana non si salva e va piuttosto perduta.
42. L'aiuto
che la Chiesa intende dare alla società umana.
L'unione della
famiglia umana viene molto rafforzata e completata dall'unità della famiglia
dei figli di Dio, fondata sul Cristo. Certo, la missione propria che Cristo ha
affidato alla sua Chiesa non è d'ordine politico, economico o sociale: il fine,
infatti, che le ha prefisso è d'ordine religioso.
Eppure proprio da
questa missione religiosa scaturiscono compiti, luce e forze, che possono
contribuire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la
legge divina.
Così pure, dove
fosse necessario, a seconda delle circostanze di tempo e di luogo, anch'essa
può, anzi deve suscitare opere destinate al servizio di tutti, ma specialmente
dei bisognosi, come, per esempio, opere di misericordia e altre simili.
La Chiesa,
inoltre, riconosce tutto ciò che di buono si trova nel dinamismo sociale
odierno, soprattutto il movimento verso l'unità, il progresso di una sana
socializzazione e della solidarietà civile ed economica. Promuovere l'unità
corrisponde infatti alla intima missione della Chiesa, la quale è appunto « in
Cristo quasi un sacramento, ossia segno e strumento di intima unione con Dio e
dell'unità di tutto il genere umano». Così essa mostra al mondo che una vera
unione sociale esteriore discende dalla unione delle menti e dei cuori, ossia
da quella fede e da quella carità, con cui la sua unità è stata
indissolubilmente fondata nello Spirito Santo.
Infatti, la forza
che la Chiesa riesce a immettere nella società umana contemporanea consiste in
quella fede e carità effettivamente vissute, e non in una qualche sovranità esteriore
esercitata con mezzi puramente umani. Inoltre, siccome in forza della sua
missione e della sua natura non è legata ad alcuna particolare forma di cultura
umana o sistema politico, economico, o sociale, la Chiesa per questa sua
universalità può costituire un legame strettissimo tra le diverse comunità
umane e nazioni, purché queste abbiano fiducia in lei e le riconoscano di fatto
una vera libertà per il compimento della sua missione. Per questo motivo la
Chiesa esorta i suoi figli, come pure tutti gli uomini, a superare, in questo
spirito di famiglia proprio dei figli di Dio, ogni dissenso tra nazioni e
razze, e a consolidare interiormente le legittime associazioni umane. Il
Concilio, dunque, considera con grande rispetto tutto ciò che di vero, di buono
e di giusto si trova nelle istituzioni, pur così diverse, che la umanità si è
creata e continua a crearsi. Dichiara inoltre che la Chiesa vuole aiutare e
promuovere tutte queste istituzioni, per quanto ciò dipende da lei ed è
compatibile con la sua missione.
Niente le sta più
a cuore che di servire al bene di tutti e di potersi liberamente sviluppare
sotto qualsiasi regime che rispetti i diritti fondamentali della persona e
della famiglia e riconosca le esigenze del bene comune.
43. L'aiuto
che la Chiesa intende dare all'attività umana per mezzo dei cristiani.
Il Concilio
esorta i cristiani, cittadini dell'una e dell'altra città, di sforzarsi di
compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito
del Vangelo.
Sbagliano coloro
che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo
quella futura, pensano che per questo possono trascurare i propri doveri
terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a
compierli, secondo la vocazione di ciascuno.
A loro volta non
sono meno in errore coloro che pensano di potersi immergere talmente nelle
attività terrene, come se queste fossero del tutto estranee alla vita
religiosa, la quale consisterebbe, secondo loro, esclusivamente in atti di culto
e in alcuni doveri morali.
La dissociazione,
che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana,
va annoverata tra i più gravi errori del nostro tempo.
Contro questo
scandalo già nell'Antico Testamento elevavano con veemenza i loro rimproveri i
profeti e ancora di più Gesù Cristo stesso, nel Nuovo Testamento, minacciava
gravi castighi.
Non si crei
perciò un'opposizione artificiale tra le attività professionali e sociali da
una parte, e la vita religiosa dall'altra. Il cristiano che trascura i suoi
impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio
stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna.
Gioiscano
piuttosto i cristiani, seguendo l'esempio di Cristo che fu un artigiano, di
poter esplicare tutte le loro attività terrene unificando gli sforzi umani,
domestici, professionali, scientifici e tecnici in una sola sintesi vitale
insieme con i beni religiosi, sotto la cui altissima direzione tutto viene
coordinato a gloria di Dio. Ai laici spettano propriamente, anche se non
esclusivamente, gli impegni e le attività temporali. Quando essi, dunque,
agiscono quali cittadini del mondo, sia individualmente sia associati, non solo
rispetteranno le leggi proprie di ciascuna disciplina, ma si sforzeranno di
acquistare una vera perizia in quei campi. Daranno volentieri la loro
cooperazione a quanti mirano a identiche finalità. Nel rispetto delle esigenze
della fede e ripieni della sua forza, escogitino senza tregua nuove iniziative,
ove occorra, e ne assicurino la realizzazione.
Spetta alla loro
coscienza, già convenientemente formata, di inscrivere la legge divina nella
vita della città terrena. Dai sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale.
Non pensino però
che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che, ad ogni nuovo problema
che sorge, anche a quelli gravi, essi possano avere pronta una soluzione
concreta, o che proprio a questo li chiami la loro missione; assumano invece
essi, piuttosto, la propria responsabilità, alla luce della sapienza cristiana
e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del magistero.
Per lo più sarà
la stessa visione cristiana della realtà che li orienterà, in certe
circostanze, a una determinata soluzione. Tuttavia, altri fedeli altrettanto
sinceramente potranno esprimere un giudizio diverso sulla medesima questione,
come succede abbastanza spesso e legittimamente.
Ché se le
soluzioni proposte da un lato o dall'altro, anche oltre le intenzioni delle
parti, vengono facilmente da molti collegate con il messaggio evangelico, in
tali casi ricordino essi che nessuno ha il diritto di rivendicare
esclusivamente in favore della propria opinione l'autorità della Chiesa.
Invece cerchino
sempre di illuminarsi vicendevolmente attraverso un dialogo sincero, mantenendo
sempre la mutua carità e avendo cura in primo luogo del bene comune.
I laici, che
hanno responsabilità attive dentro tutta la vita della Chiesa, non solo son
tenuti a procurare l'animazione del mondo con lo spirito cristiano, ma sono
chiamati anche ad essere testimoni di Cristo in ogni circostanza e anche in
mezzo alla comunità umana.
I vescovi, poi,
cui è affidato l'incarico di reggere la Chiesa di Dio, devono insieme con i
loro preti predicare il messaggio di Cristo in modo tale che tutte le attività
terrene dei fedeli siano pervase dalla luce del Vangelo.
Inoltre i pastori
tutti ricordino che essi con la loro quotidiana condotta e con la loro
sollecitudine mostrano al mondo un volto della Chiesa, in base al quale gli
uomini si fanno un giudizio sulla efficacia e sulla verità del messaggio
cristiano. Con la vita e con la parola, uniti ai religiosi e ai loro fedeli,
dimostrino che la Chiesa, già con la sola sua presenza, con tutti i doni che
contiene, è sorgente inesauribile di quelle forze di cui ha assoluto bisogno il
mondo moderno.
Con lo studio
assiduo si rendano capaci di assumere la propria responsabilità nel dialogo col
mondo e con gli uomini di qualsiasi opinione.
Soprattutto però
abbiano in mente le parole di questo Concilio: « Siccome oggi l'umanità va
sempre più organizzandosi in unità civile, economica e sociale, è tanto più
necessario che i sacerdoti, unendo sforzi e mezzi sotto la guida dei vescovi e
del sommo Pontefice, eliminino ogni motivo di dispersione, affinché tutto il
genere umano sia ricondotto all'unità della famiglia di Dio ».
Benché la Chiesa,
per la virtù dello Spirito Santo, sia rimasta la sposa fedele del suo Signore e
non abbia mai cessato di essere segno di salvezza nel mondo, essa tuttavia non
ignora affatto che tra i suoi membri sia chierici che laici, nel corso della
sua lunga storia, non sono mancati di quelli che non furono fedeli allo Spirito
di Dio.
E anche ai nostri
giorni sa bene la Chiesa quanto distanti siano tra loro il messaggio ch'essa
reca e l'umana debolezza di coloro cui è affidato il Vangelo. Qualunque sia il
giudizio che la storia dà di tali difetti, noi dobbiamo esserne consapevoli e
combatterli con forza, perché non ne abbia danno la diffusione del Vangelo.
Così pure la Chiesa sa bene quanto essa debba continuamente maturare imparando
dall'esperienza di secoli, nel modo di realizzare i suoi rapporti col mondo.
Guidata dallo
Spirito Santo, la madre Chiesa non si stancherà di «esortare i suoi figli a
purificarsi e a rinnovarsi, perché il segno di Cristo risplenda ancor più
chiaramente sul volto della Chiesa".
44. L'aiuto
che la Chiesa riceve dal mondo contemporaneo.
Come è importante
per il mondo che esso riconosca la Chiesa quale realtà sociale della storia e
suo fermento, così pure la Chiesa non ignora quanto essa abbia ricevuto dalla
storia e dall'evoluzione del genere umano. L'esperienza dei secoli passati, il
progresso della scienza, i tesori nascosti nelle varie forme di cultura umana,
attraverso cui si svela più appieno la natura stessa dell'uomo e si aprono
nuove vie verso la verità, tutto ciò è di vantaggio anche per la Chiesa.
Essa, infatti,
fin dagli inizi della sua storia, imparò ad esprimere il messaggio di Cristo
ricorrendo ai concetti e alle lingue dei diversi popoli; inoltre si sforzò di
illustrarlo con la sapienza dei filosofi: e ciò allo scopo di adattare il
Vangelo, nei limiti convenienti, sia alla comprensione di tutti, sia alle
esigenze dei sapienti. E tale adattamento della predicazione della parola
rivelata deve rimanere la legge di ogni evangelizzazione. Così, infatti, viene
sollecitata in ogni popolo la capacità di esprimere secondo il modo proprio il
messaggio di Cristo, e al tempo stesso viene promosso uno scambio vitale tra la
Chiesa e le diverse culture dei popoli. Allo scopo di accrescere tale scambio,
oggi soprattutto, che i cambiamenti sono così rapidi e tanto vari i modi di
pensare, la Chiesa ha bisogno particolare dell'apporto di coloro che, vivendo
nel mondo, ne conoscono le diverse istituzioni e discipline e ne capiscono la
mentalità, si tratti di credenti o di non credenti.
È dovere di tutto
il popolo di Dio, soprattutto dei pastori e dei teologi, con l'aiuto dello
Spirito Santo, ascoltare attentamente, discernere e interpretare i vari
linguaggi del nostro tempo, e saperli giudicare alla luce della parola di Dio,
perché la verità rivelata sia capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e
possa venir presentata in forma più adatta.
La Chiesa, avendo
una struttura sociale visibile, che è appunto segno della sua unità in Cristo,
può essere arricchita, e lo è effettivamente, dallo sviluppo della vita sociale
umana non perché manchi qualcosa nella costituzione datale da Cristo, ma per
conoscere questa più profondamente, per meglio esprimerla e per adattarla con
più successo ai nostri tempi.
Essa sente con
gratitudine di ricevere, nella sua comunità non meno che nei suoi figli
singoli, vari aiuti dagli uomini di qualsiasi grado e condizione.
Chiunque promuove
la comunità umana nell'ordine della famiglia, della cultura, della vita
economica e sociale, come pure della politica, sia nazionale che
internazionale, porta anche non poco aiuto, secondo il disegno di Dio, alla
comunità della Chiesa, nella misura in cui questa dipende da fattori esterni.
Anzi, la Chiesa
confessa che molto giovamento le è venuto e le può venire perfino
dall'opposizione di quanti la avversano o la perseguitano.
45. Cristo,
l'alfa e l'omega.
La Chiesa, nel
dare aiuto al mondo come nel ricevere molto da esso, ha di mira un solo fine:
che venga il regno di Dio e si realizzi la salvezza dell'intera umanità. Tutto
ciò che di bene il popolo di Dio può offrire all'umana famiglia, nel tempo del
suo pellegrinaggio terreno, scaturisce dal fatto che la Chiesa è «l'universale
sacramento della salvezza» che svela e insieme realizza il mistero dell'amore
di Dio verso l'uomo. Infatti il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato
creato, si è fatto egli stesso carne, per operare, lui, l'uomo perfetto, la
salvezza di tutti e la ricapitolazione universale. Il Signore è il fine della
storia umana, « il punto focale dei desideri della storia e della civiltà », il
centro del genere umano, la gioia d'ogni cuore, la pienezza delle loro
aspirazioni. Egli è colui che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato e
collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei morti.
Vivificati e radunati nel suo Spirito, come pellegrini andiamo incontro alla
finale perfezione della storia umana, che corrisponde in pieno al disegno del suo
amore: « Ricapitolare tutte le cose in Cristo, quelle del cielo come quelle
della terra » (Ef 1,10). Dice il Signore stesso: « Ecco, io vengo presto, e
porto con me il premio, per retribuire ciascuno secondo le opere sue. Io sono
l'alfa e l'omega, il primo e l'ultimo, il principio e il fine» (Ap 22,12-13).
PARTE II
ALCUNI
PROBLEMI PIÙ URGENTI
46. Proemio
Dopo aver esposto
di quale dignità è insignita la persona dell'uomo e quale compito, individuale
e sociale, egli è chiamato ad adempiere sulla terra, il Concilio, alla luce del
Vangelo e dell'esperienza umana, attira ora l'attenzione di tutti su alcuni
problemi contemporanei particolarmente urgenti, che toccano in modo
specialissimo il genere umano. Tra le numerose questioni che oggi destano
l'interesse generale, queste meritano particolare menzione: il matrimonio e la
famiglia, la cultura umana, la vita economico-sociale, la vita politica, la
solidarietà tra le nazioni e la pace. Sopra ciascuna di esse risplendano i
principi e la luce che provengono da Cristo; così i cristiani avranno una guida
e tutti gli uomini potranno essere illuminati nella ricerca delle soluzioni di
problemi tanto numerosi e complessi.
CAPITOLO I
DIGNITÀ DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA E SUA
VALORIZZAZIONE
47.
Matrimonio e famiglia nel mondo d'oggi
Il bene della
persona e della società umana e cristiana è strettamente connesso con una
felice situazione della comunità coniugale e familiare. Perciò i cristiani,
assieme con quanti hanno alta stima di questa comunità, si rallegrano
sinceramente dei vari sussidi, con i quali gli uomini favoriscono oggi la
formazione di questa comunità di amore e la stima ed il rispetto della vita:
sussidi che sono di aiuto a coniugi e genitori della loro eminente missione; da
essi i cristiani attendono sempre migliori vantaggi e si sforzano di
promuoverli.
Però la dignità
di questa istituzione non brilla dappertutto con identica chiarezza poiché è
oscurata dalla poligamia, dalla piaga del divorzio, dal cosiddetto libero amore
e da altre deformazioni. Per di più l'amore coniugale è molto spesso profanato
dall'egoismo, dall'edonismo e da pratiche illecite contro la fecondità. Inoltre
le odierne condizioni economiche, socio-psicologiche e civili portano
turbamenti non lievi nella vita familiare. E per ultimo in determinate parti
del mondo si avvertono non senza preoccupazioni i problemi posti
dall'incremento demografico. Da tutto ciò sorgono difficoltà che angustiano la
coscienza. Tuttavia il valore e la solidità dell'istituto matrimoniale e
familiare prendono risalto dal fatto che le profonde mutazioni dell'odierna
società, nonostante le difficoltà che ne scaturiscono, molto spesso rendono
manifesta in maniere diverse la vera natura di questa istituzione.
Perciò il
Concilio, mettendo in chiara luce alcuni punti capitali della dottrina della
Chiesa, si propone di illuminare e incoraggiare i cristiani e tutti gli uomini
che si sforzano di salvaguardare e promuovere la dignità naturale e l'altissimo
valore sacro dello stato matrimoniale.
48. Santità
del matrimonio e della famiglia
L'intima comunità
di vita e d'amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi
proprie, è stabilita dall'alleanza dei coniugi, vale a dire dall'irrevocabile
consenso personale. E così, è dall'atto umano col quale i coniugi mutuamente si
danno e si ricevono, che nasce, anche davanti alla società, l'istituzione del
matrimonio, che ha stabilità per ordinamento divino. In vista del bene dei
coniugi, della prole e anche della società, questo legame sacro non dipende
dall'arbitrio dell'uomo. Perché è Dio stesso l'autore del matrimonio, dotato di
molteplici valori e fini: tutto ciò è di somma importanza per la continuità del
genere umano, il progresso personale e la sorte eterna di ciascuno dei membri
della famiglia, per la dignità, la stabilità, la pace e la prosperità della
stessa famiglia e di tutta la società umana.
Per la sua stessa
natura l'istituto del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione
e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento. E così
l'uomo e la donna, che per l'alleanza coniugale « non sono più due, ma una sola
carne » (Mt 19,6), prestandosi un mutuo aiuto e servizio con l'intima unione
delle persone e delle attività, esperimentano il senso della propria unità e
sempre più pienamente la conseguono.
Questa intima
unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli,
esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l'indissolubile unità.
Cristo Signore ha
effuso l'abbondanza delle sue benedizioni su questo amore dai molteplici
aspetti, sgorgato dalla fonte della divina carità e strutturato sul modello
della sua unione con la Chiesa. Infatti, come un tempo Dio ha preso l'iniziativa
di un'alleanza di amore e fedeltà con il suo popolo cosi ora il Salvatore degli
uomini e sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il
sacramento del matrimonio. Inoltre rimane con loro perché, come egli stesso ha
amato la Chiesa e si è dato per essa così anche i coniugi possano amarsi l'un
l'altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione. L'autentico amore
coniugale è assunto nell'amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla forza
redentiva del Cristo e dalla azione salvifica della Chiesa, perché i coniugi in
maniera efficace siano condotti a Dio e siano aiutati e rafforzati nello
svolgimento della sublime missione di padre e madre. Per questo motivo i
coniugi cristiani sono fortificati e quasi consacrati da uno speciale sacramento
per i doveri e la dignità del loro stato. Ed essi, compiendo con la forza di
tale sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dello spirito
di Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e
carità, tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua
santificazione, ed assieme rendono gloria a Dio.
Prevenuti
dall'esempio e dalla preghiera comune dei genitori, i figli, anzi tutti quelli
che vivono insieme nell'ambito familiare, troveranno più facilmente la strada
di una formazione veramente umana, della salvezza e della santità.
Quanto agli
sposi, insigniti della dignità e responsabilità di padre e madre, adempiranno
diligentemente il dovere dell'educazione, soprattutto religiosa, che spetta
loro prima che a chiunque altro.
I figli, come
membra vive della famiglia, contribuiscono pure in qualche modo alla
santificazione dei genitori. Risponderanno, infatti, ai benefici ricevuti dai
genitori con affetto riconoscente, con pietà filiale e fiducia; e li
assisteranno, come si conviene a figli, nelle avversità della vita e nella
solitudine della vecchiaia. La vedovanza, accettata con coraggio come
continuazione della vocazione coniugale sia onorata da tutti. La famiglia
metterà con generosità in comune con le altre famiglie le proprie ricchezze
spirituali. Allora la famiglia cristiana che nasce dal matrimonio, come
immagine e partecipazione dell'alleanza d'amore del Cristo e della Chiesa
renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore nel mondo e la genuina
natura della Chiesa, sia con l'amore, la fecondità generosa, l'unità e la
fedeltà degli sposi, che con l'amorevole cooperazione di tutti i suoi membri.
49. L'amore
coniugale
I fidanzati sono
ripetutamente invitati dalla parola di Dio a nutrire e potenziare il loro
fidanzamento con un amore casto, e gli sposi la loro unione matrimoniale con un
affetto senza incrinature. Anche molti nostri contemporanei annettono un grande
valore al vero amore tra marito e moglie, che si manifesta in espressioni
diverse a seconda dei sani costumi dei popoli e dei tempi. Proprio perché atto
eminentemente umano, essendo diretto da persona a persona con un sentimento che
nasce dalla volontà, quell'amore abbraccia il bene di tutta la persona; perciò
ha la possibilità di arricchire di particolare dignità le espressioni del corpo
e della vita psichica e di nobilitarle come elementi e segni speciali
dell'amicizia coniugale.
Il Signore si è
degnato di sanare, perfezionare ed elevare questo amore con uno speciale dono
di grazia e carità. Un tale amore, unendo assieme valori umani e divini,
conduce gli sposi al libero e mutuo dono di se stessi, che si esprime mediante
sentimenti e gesti di tenerezza e pervade tutta quanta la vita dei coniugi
anzi, diventa più perfetto e cresce proprio mediante il generoso suo esercizio.
È ben superiore, perciò, alla pura attrattiva erotica che, egoisticamente
coltivata, presto e miseramente svanisce.
Questo amore è
espresso e sviluppato in maniera tutta particolare dall'esercizio degli atti
che sono propri del matrimonio. Ne consegue che gli atti coi quali i coniugi si
uniscono in casta intimità sono onesti e degni; compiuti in modo veramente
umano, favoriscono la mutua donazione che essi significano ed arricchiscono
vicendevolmente nella gioia e nella gratitudine gli sposi stessi. Quest'amore,
ratificato da un impegno mutuo e soprattutto consacrato da un sacramento di
Cristo, resta indissolubilmente fedele nella prospera e cattiva sorte, sul
piano del corpo e dello spirito; di conseguenza esclude ogni adulterio e ogni
divorzio. L'unità del matrimonio, confermata dal Signore, appare in maniera
lampante anche dalla uguale dignità personale che bisogna riconoscere sia
all'uomo che alla donna nel mutuo e pieno amore.
Per tener fede
costantemente agli impegni di questa vocazione cristiana si richiede una virtù
fuori del comune; è per questo che i coniugi, resi forti dalla grazia per una
vita santa, coltiveranno assiduamente la fermezza dell'amore, la grandezza
d'animo, lo spirito di sacrificio e li domanderanno nella loro preghiera. Ma
l'autentico amore coniugale godrà più alta stima e si formerà al riguardo una
sana opinione pubblica, se i coniugi cristiani danno testimonianza di fedeltà e
di armonia nell'amore come anche di sollecitudine nell'educazione dei figli, e
se assumono la loro responsabilità nel necessario rinnovamento culturale,
psicologico e sociale a favore del matrimonio e della famiglia.
I giovani siano
adeguatamente istruiti, molto meglio se in seno alla propria famiglia, sulla
dignità dell'amore coniugale, sulla sua funzione e le sue espressioni; così
che, formati nella stima della castità, possano ad età conveniente passare da
un onesto fidanzamento alle nozze.
50. La
fecondità del matrimonio
Il matrimonio e
l'amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione
della prole. I figli infatti sono il dono più eccellente del matrimonio e
contribuiscono grandemente al bene dei genitori stessi. Dio che disse: « non è
bene che l'uomo sia solo» (Gn 2,18) e «che creò all'inizio l'uomo maschio e
femmina » (Mt 19,4), volendo comunicare all'uomo una speciale partecipazione
nella sua opera creatrice, benedisse l'uomo e la donna, dicendo loro: «crescete
e moltiplicatevi» (Gn 1,28). Di conseguenza un amore coniugale vero e ben
compreso e tutta la struttura familiare che ne nasce tendono, senza trascurare
gli altri fini del matrimonio, a rendere i coniugi disponibili a cooperare
coraggiosamente con l'amore del Creatore e del Salvatore che attraverso di loro
continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia.
I coniugi
sappiano di essere cooperatori dell'amore di Dio Creatore e quasi suoi
interpreti nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla; ciò deve
essere considerato come missione loro propria.
E perciò
adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità e, con docile
riverenza verso Dio, di comune accordo e con sforzo comune, si formeranno un
retto giudizio: tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei
figli, tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno; valutando
le condizioni sia materiali che spirituali della loro epoca e del loro stato di
vita; e, infine, tenendo conto del bene della comunità familiare, della società
temporale e della Chiesa stessa. Questo giudizio in ultima analisi lo devono
formulare, davanti a Dio, gli sposi stessi. Però nella loro linea di condotta i
coniugi cristiani siano consapevoli che non possono procedere a loro arbitrio,
ma devono sempre essere retti da una coscienza che sia con forme alla legge
divina stessa; e siano docili al magistero della Chiesa, che interpreta in modo
autentico quella legge alla luce del Vangelo.
Tale legge divina
manifesta il significato pieno dell'amore coniugale, lo protegge e lo conduce
verso la sua perfezione veramente umana.
Così quando gli
sposi cristiani, fidando nella divina Provvidenza e coltivando lo spirito di
sacrificio, svolgono il loro ruolo procreatore e si assumono generosamente le
loro responsabilità umane e cristiane, glorificano il Creatore e tendono alla
perfezione cristiana.
Tra i coniugi che
in tal modo adempiono la missione loro affidata da Dio, sono da ricordare in
modo particolare quelli che, con decisione prudente e di comune accordo,
accettano con grande animo anche un più grande numero di figli da educare
convenientemente.
Il matrimonio
tuttavia non è stato istituito soltanto per la procreazione; il carattere
stesso di alleanza indissolubile tra persone e il bene dei figli esigono che
anche il mutuo amore dei coniugi abbia le sue giuste manifestazioni, si
sviluppi e arrivi a maturità. E perciò anche se la prole, molto spesso tanto
vivamente desiderata, non c'è, il matrimonio perdura come comunità e comunione
di tutta la vita e conserva il suo valore e la sua indissolubilità.
51. Accordo
dell'amore coniugale col rispetto della vita
Il Concilio sa
che spesso i coniugi, che vogliono condurre armoniosamente la loro vita
coniugale, sono ostacolati da alcune condizioni della vita di oggi, e possono
trovare circostanze nelle quali non si può aumentare, almeno per un certo
tempo, il numero dei figli; non senza difficoltà allora si può conservare la
pratica di un amore fedele e la piena comunità di vita. Là dove, infatti, è
interrotta l'intimità della vita coniugale, non è raro che la fedeltà sia messa
in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli: allora corrono
pericolo anche l'educazione dei figli e il coraggio di accettarne altri.
C'è chi presume
portare a questi problemi soluzioni non oneste, anzi non rifugge neppure
dall'uccisione delle nuove vite. La Chiesa ricorda, invece, che non può esserci
vera contraddizione tra le leggi divine, che reggono la trasmissione della
vita, e quelle che favoriscono l'autentico amore coniugale.
Infatti Dio,
padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere
la vita: missione che deve essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la
vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; l'aborto e
l'infanticidio sono delitti abominevoli. La sessualità propria dell'uomo e la
facoltà umana di generare sono meravigliosamente superiori a quanto avviene
negli stadi inferiori della vita; perciò anche gli atti specifici della vita coniugale,
ordinati secondo la vera dignità umana, devono essere rispettati con grande
stima. Perciò, quando si tratta di mettere d'accordo l'amore coniugale con la
trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non
dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va
determinato secondo criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella
dignità stessa della persona umana e dei suoi atti, criteri che rispettano, in
un contesto di vero amore, il significato totale della mutua donazione e della
procreazione umana; cosa che risulterà impossibile se non viene coltivata con
sincero animo la virtù della castità coniugale. I figli della Chiesa, fondati
su questi principi, nel regolare la procreazione, non potranno seguire strade
che sono condannate dal magistero nella spiegazione della legge divina. Del
resto, tutti sappiamo che la vita dell'uomo e il compito di trasmetterla non
sono limitati agli orizzonti di questo mondo e non vi trovano né la loro piena
dimensione, né il loro pieno senso, ma riguardano il destino eterno degli
uomini.
52.
L'impegno di tutti per il bene del matrimonio e della famiglia
La famiglia è una
scuola di arricchimento umano. Perché però possa attingere la pienezza della
sua vita e del suo compimento, è necessaria una amorevole apertura vicendevole
di animo tra i coniugi, e la consultazione reciproca e una continua
collaborazione tra i genitori nella educazione dei figli. La presenza attiva
del padre giova moltissimo alla loro formazione; ma bisogna anche permettere
alla madre, di cui abbisognano specialmente i figli più piccoli, di prendersi
cura del proprio focolare pur senza trascurare la legittima promozione sociale
della donna. I figli poi, mediante l'educazione devono venire formati in modo
che, giunti alla maturità, possano seguire con pieno senso di responsabilità la
loro vocazione, compresa quella sacra; e se sceglieranno lo stato di vita
coniugale, possano formare una propria famiglia in condizioni morali, sociali
ed economiche favorevoli. È compito poi dei genitori o dei tutori guidare i più
giovani nella formazione di una nuova famiglia con il consiglio prudente,
presentato in modo che questi lo ascoltino volentieri; dovranno tuttavia
evitare di esercitare forme di coercizione diretta o indiretta su di essi per
spingerli al matrimonio o alla scelta di una determinata persona come coniuge.
In questo modo la
famiglia, nella quale le diverse generazioni si incontrano e si aiutano
vicendevolmente a raggiungere una saggezza umana più completa e ad armonizzare
i diritti della persona con le altre esigenze della vita sociale, è veramente
il fondamento della società. Tutti coloro che hanno influenza sulla società e
sulle sue diverse categorie, quindi, devono collaborare efficacemente alla
promozione del matrimonio e della famiglia; e le autorità civili dovranno
considerare come un sacro dovere conoscere la loro vera natura, proteggerli e
farli progredire, difendere la moralità pubblica e favorire la prosperità
domestica. In particolare dovrà essere difeso il diritto dei genitori di
generare la prole e di educarla in seno alla famiglia. Una provvida
legislazione ed iniziative varie dovranno pure proteggere ed aiutare
opportunamente coloro che sono purtroppo privi di una propria famiglia.
I cristiani, bene
utilizzando il tempo presente e distinguendo le realtà permanenti dalle forme
mutevoli, si adoperino per sviluppare diligentemente i valori del matrimonio e
della famiglia; lo faranno tanto con la testimonianza della propria vita,
quanto con un'azione concorde con gli uomini di buona volontà. Così, superando
le difficoltà presenti, essi provvederanno ai bisogni e agli interessi della
famiglia, in accordo con i tempi nuovi. A questo fine sono di grande aiuto il
senso cristiano dei fedeli, la retta coscienza morale degli uomini, come pure
la saggezza e la competenza di chi è versato nelle discipline sacre.
Gli esperti nelle
scienze, soprattutto biologiche, mediche, sociali e psicologiche, possono
portare un grande contributo al bene del matrimonio e della famiglia e alla
pace delle coscienze se, con l'apporto convergente dei loro studi, cercheranno
di chiarire sempre più a fondo le diverse condizioni che favoriscono
un'ordinata e onesta procreazione umana.
È compito dei
sacerdoti, provvedendosi una necessaria competenza sui problemi della vita
familiare, aiutare amorosamente la vocazione dei coniugi nella loro vita
coniugale e familiare con i vari mezzi della pastorale, con la predicazione
della parola di Dio, con il culto liturgico o altri aiuti spirituali,
fortificarli con bontà e pazienza nelle loro difficoltà e confortarli con
carità, perché si formino famiglie veramente serene.
Le varie opere di
apostolato, specialmente i movimenti familiari, si adopereranno a sostenere con
la dottrina e con l'azione i giovani e gli stessi sposi, particolarmente le
nuove famiglie, ed a formarli alla vita familiare, sociale ed apostolica.
Infine i coniugi
stessi, creati ad immagine del Dio vivente e muniti di un'autentica dignità
personale, siano uniti da un uguale mutuo affetto, dallo stesso modo di
sentire, da comune santità, cosi che, seguendo Cristo principio di vita nelle
gioie e nei sacrifici della loro vocazione, attraverso il loro amore fedele
possano diventare testimoni di quel mistero di amore che il Signore ha rivelato
al mondo con la sua morte e la sua risurrezione.
CAPITOLO II
LA PROMOZIONE DELLA CULTURA
53.
Introduzione
È proprio della
persona umana il non poter raggiungere un livello di vita veramente e
pienamente umano se non mediante la cultura, coltivando cioè i beni e i valori
della natura. Perciò, ogniqualvolta si tratta della vita umana, natura e
cultura sono quanto mai strettamente connesse.
Con il termine
generico di « cultura » si vogliono indicare tutti quei mezzi con i quali l'uomo
affina e sviluppa le molteplici capacità della sua anima e del suo corpo;
procura di ridurre in suo potere il cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro;
rende più umana la vita sociale, sia nella famiglia che in tutta la società
civile, mediante il progresso del costume e delle istituzioni; infine, con
l'andar del tempo, esprime, comunica e conserva nelle sue opere le grandi
esperienze e aspirazioni spirituali, affinché possano servire al progresso di
molti, anzi di tutto il genere umano.
Di conseguenza la
cultura presenta necessariamente un aspetto storico e sociale e la voce «
cultura » assume spesso un significato sociologico ed etnologico. In questo
senso si parla di pluralità delle culture. Infatti dal diverso modo di far uso
delle cose, di lavorare, di esprimersi, di praticare la religione e di formare
i costumi, di fare le leggi e creare gli istituti giuridici, di sviluppare le
scienze e le arti e di coltivare il bello, hanno origine i diversi stili di
vita e le diverse scale di valori. Cosi dalle usanze tradizionali si forma il
patrimonio proprio di ciascun gruppo umano. Così pure si costituisce l'ambiente
storicamente definito in cui ogni uomo, di qualsiasi stirpe ed epoca, si
inserisce, e da cui attinge i beni che gli consentono di promuovere la civiltà.
Sezione 1: La
situazione della cultura nel mondo odierno
54. Nuovi
stili di vita
Le condizioni di
vita dell'uomo moderno, sotto l'aspetto sociale e culturale, sono profondamente
cambiate, così che è lecito parlare di una nuova epoca della storia umana '. Di
qui si aprono nuove vie per perfezionare e diffondere più largamente la
cultura. Esse sono state preparate da un grandioso sviluppo delle scienze
naturali e umane, anche sociali, dal progresso delle tecniche, dallo sviluppo e
dall'organizzazione degli strumenti di comunicazione sociale. Perciò la cultura
odierna è caratterizzata da alcune note distintive: le scienze dette «esatte»
affinano al massimo il senso critico; i più recenti studi di psicologia
spiegano in profondità l'attività umana; le scienze storiche spingono
fortemente a considerare le cose sotto l'aspetto della loro mutabilità ed
evoluzione; i modi di vivere ed i costumi diventano sempre più uniformi;
l'industrializzazione, l'urbanesimo e le altre cause che favoriscono la vita
collettiva creano nuove forme di cultura (cultura di massa), da cui nascono
nuovi modi di pensare, di agire, di impiegare il tempo libero; lo sviluppo dei
rapporti fra le varie nazioni e le classi sociali rivela più ampiamente a tutti
e a ciascuno i tesori delle diverse forme di cultura, e così poco a poco si
prepara una forma di cultura umana più universale, la quale tanto più promuove
ed esprime l'unità del genere umano, quanto meglio rispetta le particolarità
delle diverse culture.
55. L'uomo
artefice della cultura
Cresce sempre più
il numero degli uomini e delle donne di ogni gruppo o nazione che prendono
coscienza di essere artefici e promotori della cultura della propria comunità.
In tutto il mondo si sviluppa sempre più il senso dell'autonomia e della responsabilità,
cosa che è di somma importanza per la maturità spirituale e morale
dell'umanità. Ciò appare ancor più chiaramente se teniamo presente
l'unificazione del mondo e il compito che ci si impone di costruire un mondo
migliore nella verità e nella giustizia. In tal modo siamo testimoni della
nascita d'un nuovo umanesimo, in cui l'uomo si definisce anzitutto per la sua
responsabilità verso i suoi fratelli e verso la storia.
56.
Difficoltà e compiti
In queste
condizioni non stupisce che l'uomo sentendosi responsabile del progresso della
cultura, nutra grandi speranze, ma consideri pure con ansietà le molteplici
antinomie esistenti ch'egli deve risolvere. Che cosa si deve fare affinché gli
intensificati rapporti culturali, che dovrebbero condurre ad un vero e
fruttuoso dialogo tra classi e nazioni diverse, non turbino la vita delle
comunità, né sovvertano la sapienza dei padri, né mettano in pericolo il
carattere proprio di ciascun popolo?
In qual modo
promuovere il dinamismo e l'espansione della nuova cultura senza che si perda
la viva fedeltà al patrimonio della tradizione? Questo problema si pone con
particolare urgenza là dove la cultura, che nasce dal grande sviluppo
scientifico e tecnico, si deve armonizzare con la cultura che, secondo le varie
tradizioni, viene alimentata dagli studi classici.
In qual maniera
conciliare una così rapida e crescente diversificazione delle scienze
specializzate, con la necessità di farne la sintesi e di mantenere nell'uomo le
facoltà della contemplazione e dell'ammirazione che conducono alla sapienza?
Che cosa fare
affinché le moltitudini siano rese partecipi dei beni della cultura, proprio
quando la cultura degli specialisti diviene sempre più alta e complessa?
Come, infine,
riconoscere come legittima l'autonomia che la cultura rivendica a se stessa,
senza giungere a un umanesimo puramente terrestre, anzi avverso alla religione?
In mezzo a queste
antinomie, la cultura umana va oggi sviluppata in modo da perfezionare con
giusto ordine la persona umana nella sua integrità e da aiutare gli uomini
nell'esplicazione di quei compiti, al cui adempimento tutti, ma specialmente i
cristiani fraternamente uniti in seno all'unica famiglia umana, sono chiamati.
Sezione 2:
Alcuni principi riguardanti la retta promozione della cultura
57. Fede e
cultura
I cristiani, in
cammino verso la città celeste, devono ricercare e gustare le cose di lassù
questo tuttavia non diminuisce, anzi aumenta l'importanza del loro dovere di collaborare
con tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più umano. E in verità il
mistero della fede cristiana offre loro eccellenti stimoli e aiuti per
assolvere con maggiore impegno questo compito e specialmente per scoprire il
pieno significato di quest'attività, mediante la quale la cultura umana
acquista un posto importante nella vocazione integrale dell'uomo.
L'uomo infatti,
quando coltiva la terra col lavoro delle sue braccia o con l'aiuto della
tecnica, affinché essa produca frutto e diventi una dimora degna di tutta la
famiglia umana, e quando partecipa consapevolmente alla vita dei gruppi
sociali, attua il disegno di Dio, manifestato all'inizio dei tempi, di
assoggettare la terra e di perfezionare la creazione, e coltiva se stesso; nel
medesimo tempo mette in pratica il grande comandamento di Cristo di prodigarsi
al servizio dei fratelli.
L'uomo inoltre,
applicandosi allo studio delle varie discipline, quali la filosofia, la storia,
la matematica, le scienze naturali, e coltivando l'arte, può contribuire
moltissimo ad elevare l'umana famiglia a più alti concetti del vero, del bene e
del bello e a una visione delle cose di universale valore; in tal modo essa
sarà più vivamente illuminata da quella mirabile Sapienza, che dall'eternità
era con Dio, disponendo con lui ogni cosa, giocando sull'orbe terrestre e
trovando le sue delizie nello stare con i figli degli uomini.
Per ciò stesso lo
spirito umano, più libero dalla schiavitù delle cose, può innalzarsi con
maggiore speditezza al culto ed alla contemplazione del Creatore. Anzi, sotto
l'impulso della grazia si dispone a riconoscere il Verbo di Dio che, prima di
farsi carne per tutto salvare e ricapitolare in se stesso, già era « nel mondo
» come « luce vera che illumina ogni uomo » (Gv 1,9).
Certo, l'odierno
progresso delle scienze e della tecnica, che in forza del loro metodo non
possono penetrare nelle intime ragioni delle cose, può favorire un certo
fenomenismo e agnosticismo, quando il metodo di investigazione di cui fanno uso
queste scienze viene a torto innalzato a norma suprema di ricerca della verità
totale. Anzi, vi è il pericolo che l'uomo, fidandosi troppo delle odierne
scoperte, pensi di bastare a se stesso e non cerchi più valori superiori.
Questi fatti
deplorevoli però non scaturiscono necessariamente dalla odierna cultura, né
debbono indurci nella tentazione di non riconoscere i suoi valori positivi. Fra
questi si annoverano: il gusto per le scienze e la rigorosa fedeltà al vero
nella indagine scientifica, la necessità di collaborare con gli altri nei
gruppi tecnici specializzati, il senso della solidarietà internazionale, la
coscienza sempre più viva della responsabilità degli esperti nell'aiutare e
proteggere gli uomini, la volontà di rendere più felici le condizioni di vita
per tutti, specialmente per coloro che soffrono per la privazione della
responsabilità personale o per la povertà culturale. Tutti questi valori
possono essere in qualche modo una preparazione a ricevere l'annunzio del
Vangelo; preparazione che potrà essere portata a compimento dalla divina carità
di colui che è venuto a salvare il mondo.
58. I
molteplici rapporti fra il Vangelo di Cristo e la cultura
Fra il messaggio
della salvezza e la cultura esistono molteplici rapporti. Dio infatti,
rivelandosi al suo popolo fino alla piena manifestazione di sé nel Figlio
incarnato, ha parlato secondo il tipo di cultura proprio delle diverse epoche
storiche.
Parimenti la
Chiesa, che ha conosciuto nel corso dei secoli condizioni d'esistenza diverse,
si è servita delle differenti culture per diffondere e spiegare nella sua
predicazione il messaggio di Cristo a tutte le genti, per studiarlo ed
approfondirlo, per meglio esprimerlo nella vita liturgica e nella vita della
multiforme comunità dei fedeli.
Ma nello stesso
tempo, inviata a tutti i popoli di qualsiasi tempo e di qualsiasi luogo, non è
legata in modo esclusivo e indissolubile a nessuna razza o nazione, a nessun
particolare modo di vivere, a nessuna consuetudine antica o recente. Fedele
alla propria tradizione e nello stesso tempo cosciente dell'universalità della
sua missione, può entrare in comunione con le diverse forme di cultura; tale
comunione arricchisce tanto la Chiesa stessa quanto le varie culture.
Il Vangelo di
Cristo rinnova continuamente la vita e la cultura dell'uomo decaduto, combatte
e rimuove gli errori e i mali derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del
peccato. Continuamente purifica ed eleva la moralità dei popoli. Con la
ricchezza soprannaturale feconda dall'interno, fortifica, completa e restaura
in Cristo le qualità spirituali e le doti di ciascun popolo. In tal modo la
Chiesa, compiendo la sua missione già con questo stesso fatto stimola e dà il
suo contributo alla cultura umana e civile e, mediante la sua azione, anche
liturgica, educa l'uomo alla libertà interiore.
59.
Armonizzazione dei diversi aspetti della cultura
Per i motivi
suddetti la Chiesa ricorda a tutti che la cultura deve mirare alla perfezione
integrale della persona umana, al bene della comunità e di tutta la società
umana. Perciò è necessario coltivare lo spirito in modo che si sviluppino le
facoltà dell'ammirazione, dell'intuizione, della contemplazione, e si diventi
capaci di formarsi un giudizio personale e di coltivare il senso religioso,
morale e sociale.
Infatti la cultura,
scaturendo direttamente dalla natura ragionevole e sociale dell'uomo, ha un
incessante bisogno della giusta libertà per svilupparsi e le si deve
riconoscere la legittima possibilità di esercizio autonomo secondo i propri
principi. A ragione dunque essa esige rispetto e gode di una certa
inviolabilità, salvi evidentemente i diritti della persona e della comunità,
sia particolare sia universale, entro i limiti del bene comune.
Il sacro
Concilio, richiamando ciò che insegnò il Concilio Vaticano I, dichiara che «
esistono due ordini di conoscenza » distinti, cioè quello della fede e quello
della ragione, e che la Chiesa non vieta che «le arti e le discipline umane
(...) si servano, nell'ambito proprio a ciascuna, di propri principi e di un
proprio metodo »; perciò, « riconoscendo questa giusta libertà », la Chiesa
afferma la legittima autonomia della cultura e specialmente delle scienze.
Tutto questo
esige pure che l'uomo, nel rispetto dell'ordine morale e della comune utilità,
possa liberamente cercare la verità, manifestare e diffondere le sue opinioni,
e coltivare qualsiasi arte; esige, infine, che sia informato secondo verità
degli eventi della vita pubblica.
È compito dei
pubblici poteri, non determinare il carattere proprio delle forme di cultura,
ma assicurare le condizioni e i sussidi atti a promuovere la vita culturale fra
tutti, anche fra le minoranze di una nazione. Perciò bisogna innanzi tutto
esigere che la cultura, stornata dal proprio fine, non sia costretta a servire
il potere politico o il potere economico.
Sezione 3:
Alcuni doveri più urgenti per i cristiani circa la cultura
60. Il
riconoscimento del diritto di ciascuno alla cultura e sua attuazione
Poiché si offre
ora la possibilità di liberare moltissimi uomini dal flagello dell'ignoranza, è
compito sommamente confacente al nostro tempo, in specie per i cristiani,
lavorare indefessamente perché tanto in campo economico quanto in campo
politico, tanto sul piano nazionale quanto sul piano internazionale, siano
prese le decisioni fondamentali, mediante le quali sia riconosciuto e attuato
dovunque il diritto di tutti a una cultura umana conforme alla dignità della
persona, senza distinzione di razza, di sesso, di nazione, di religione o di
condizione sociale. Perciò è necessario procurare a tutti una quantità
sufficiente di beni culturali, specialmente di quelli che costituiscono la
cosiddetta cultura di base, affinché moltissimi non siano impediti, a causa
dell'analfabetismo e della privazione di un'attività responsabile, di dare una
collaborazione veramente umana al bene comune.
Occorre perciò
fare ogni sforzo affinché quelli che ne sono capaci possano accedere agli studi
superiori; ma in tale maniera che, per quanto è possibile, essi possano
occuparsi nell'umana società di quelle funzioni, compiti e servizi che
corrispondono alle loro attitudini naturali e alle competenze acquisite 11.
Così ognuno e i gruppi sociali di ciascun popolo potranno raggiungere il pieno
sviluppo della loro vita culturale, in conformità con le doti e tradizioni loro
proprie.
Bisogna inoltre
fare di tutto perché ciascuno prenda coscienza tanto del diritto alla cultura,
quanto del dovere di coltivarsi e di aiutare gli altri. Vi sono talora
condizioni di vita e di lavoro che impediscono lo sforzo culturale e perciò distruggono
l'interesse per la cultura. Questo vale in modo speciale per gli agricoltori e
gli operai, ai quali bisogna assicurare condizioni di lavoro tali che non
impediscano, ma promuovano la loro vita culturale. Le donne lavorano già in
quasi tutti i settori della vita; conviene però che esse possano svolgere
pienamente i loro compiti secondo le attitudini loro proprie. Sarà dovere di
tutti far si che la partecipazione propria e necessaria delle donne nella vita
culturale sia riconosciuta e promossa.
61. L'educazione
ad una cultura integrale
Oggi vi è più
difficoltà di un tempo di ridurre a sintesi le varie discipline e arti del
sapere. Mentre infatti aumenta il volume e la diversità degli elementi che
costituiscono la cultura, diminuisce nello stesso tempo la capacità per i
singoli uomini di percepirli e di armonizzarli organicamente, cosicché
l'immagine dell'«uomo universale» diviene sempre più evanescente. Tuttavia ogni
uomo ha il dovere di tener fermo il concetto della persona umana integrale, in
cui eccellono i valori della intelligenza, della volontà, della coscienza e
della fraternità, che sono fondati tutti in Dio Creatore e sono stati
mirabilmente sanati ed elevati in Cristo.
La famiglia
anzitutto è come la madre e la nutrice di questa educazione; in essa i figli,
vivendo in una atmosfera d'amore, apprendono più facilmente la gerarchia dei
valori, mentre collaudate forme culturali vengono quasi naturalmente trasfuse
nell'animo dell'adolescente, man mano che si sviluppa.
Per la medesima
educazione nella società odierna vi sono opportunità derivanti specialmente
dall'accresciuta diffusione del libro e dai nuovi strumenti di comunicazione
culturale e sociale, che possono favorire la cultura universale. La diminuzione
più o meno generalizzata del tempo dedicato al lavoro fa aumentare di giorno in
giorno per molti uomini le possibilità di coltivarsi. Il tempo libero sia
impiegato per distendere lo spirito, per fortificare la salute dell'anima e del
corpo; mediante attività e studi di libera scelta; mediante viaggi in altri
paesi (turismo), con i quali si affina lo spirito dell'uomo, e gli uomini si
arricchiscono con la reciproca conoscenza; anche mediante esercizi e
manifestazioni sportive, che giovano a mantenere l'equilibrio dello spirito, ed
offrono un aiuto per stabilire fraterne relazioni fra gli uomini di tutte le
condizioni, di nazioni o di razze diverse. I cristiani collaborino dunque
affinché le manifestazioni e le attività culturali collettive, proprie della
nostra epoca, siano impregnate di spirito umano e cristiano.
Tuttavia tutte
queste facilitazioni non possono assicurare la piena ed integrale formazione
culturale dell'uomo, se nello stesso tempo trascuriamo di interrogarci
profondamente sul significato della cultura e della scienza per la persona
umana.
62. Accordo
fra cultura umana e insegnamento cristiano
Sebbene la Chiesa
abbia grandemente contribuito al progresso della cultura, l'esperienza dimostra
tuttavia che, per ragioni contingenti, l'accordo fra la cultura e la formazione
cristiana non si realizza sempre senza difficoltà.
Queste difficoltà
non necessariamente sono di danno alla fede; possono, anzi, stimolare lo
spirito ad acquisirne una più accurata e profonda intelligenza. Infatti gli
studi recenti e le nuove scoperte delle scienze, come pure quelle della storia
e della filosofia, suscitano nuovi problemi che comportano conseguenze anche
per la vita pratica ed esigono nuove indagini anche da parte dei teologi.
Questi sono inoltre invitati, nel rispetto dei metodi e delle esigenze proprie
della scienza teologica, a ricercare modi sempre più adatti di comunicare la
dottrina cristiana agli uomini della loro epoca: altro è, infatti, il deposito
o le verità della fede, altro è il modo con cui vengono espresse, a condizione
tuttavia di salvaguardarne il significato e il senso profondo. Nella cura
pastorale si conoscano sufficientemente e si faccia uso non soltanto dei
principi della teologia, ma anche delle scoperte delle scienze profane, in
primo luogo della psicologia e della sociologia, cosicché anche i fedeli siano
condotti a una più pura e più matura vita di fede.
A modo loro,
anche la letteratura e le arti sono di grande importanza per la vita della
Chiesa. Esse cercano infatti di esprimere la natura propria dell'uomo, i suoi
problemi e la sua esperienza nello sforzo di conoscere e perfezionare se stesso
e il mondo; cercano di scoprire la sua situazione nella storia e nell'universo,
di illustrare le sue miserie e le sue gioie, i suoi bisogni e le sue capacità,
e di prospettare una sua migliore condizione. Così possono elevare la vita
umana, che esprimono in molteplici forme, secondo i tempi e i luoghi.
Bisogna perciò
impegnarsi affinché gli artisti si sentano compresi dalla Chiesa nella loro
attività e, godendo di un'ordinata libertà, stabiliscano più facili rapporti
con la comunità cristiana. Siano riconosciute dalla Chiesa le nuove tendenze
artistiche adatte ai nostri tempi secondo l'indole delle diverse nazioni e
regioni. Siano ammesse negli edifici del culto, quando, con modi d'espressione
adatti e conformi alle esigenze liturgiche, innalzano lo spirito a Dio.
Così la
conoscenza di Dio viene meglio manifestata e la predicazione evangelica si
rende più trasparente all'intelligenza degli uomini e appare come connaturata
con le loro condizioni d'esistenza.
I fedeli dunque
vivano in strettissima unione con gli uomini del loro tempo, e si sforzino di
penetrare perfettamente il loro modo di pensare e di sentire, quali si
esprimono mediante la cultura. Sappiano armonizzare la conoscenza delle nuove
scienze, delle nuove dottrine e delle più recenti scoperte con la morale e il
pensiero cristiano, affinché il senso religioso e la rettitudine morale
procedano in essi di pari passo con la conoscenza scientifica e con il continuo
progresso della tecnica; potranno così giudicare e interpretare tutte le cose
con senso autenticamente cristiano.
Coloro che si
applicano alle scienze teologiche nei seminari e nelle università si studino di
collaborare con gli uomini che eccellono nelle altre scienze, mettendo in
comune le loro forze e opinioni. La ricerca teologica, mentre persegue la
conoscenza profonda della verità rivelata, non trascuri il contatto con il
proprio tempo, per poter aiutare gli uomini competenti nelle varie branche del
sapere ad acquistare una più piena conoscenza della fede. Questa collaborazione
gioverà grandemente alla formazione dei sacri ministri, che potranno presentare
ai nostri contemporanei la dottrina della Chiesa intorno a Dio, all'uomo e al
mondo in maniera più adatta, così da farla anche da essi più volentieri
accettare. È anzi desiderabile che molti laici acquistino una conveniente
formazione nelle scienze sacre e che non pochi tra loro si diano di proposito a
questi studi e li approfondiscano con mezzi scientifici adeguati. Ma affinché
possano esercitare il loro compito, sia riconosciuta ai fedeli, tanto
ecclesiastici che laici, una giusta libertà di ricercare, di pensare e di
manifestare con umiltà e coraggio la propria opinione nel campo in cui sono
competenti.
CAPITOLO III
VITA ECONOMICO-SOCIALE
63. La vita
economica e alcuni aspetti caratteristici contemporanei
Anche nella vita
economico-sociale sono da tenere in massimo rilievo e da promuovere la dignità
della persona umana, la sua vocazione integrale e il bene dell'intera società.
L'uomo infatti è l'autore, il centro e il fine di tutta la vita
economico-sociale.
L'economia
contemporanea, come ogni altro campo della vita sociale, è caratterizzata da un
dominio crescente dell'uomo sulla natura, dalla moltiplicazione e dalla
intensificazione dei rapporti e dalla interdipendenza tra cittadini, gruppi e
popoli, come pure da un più intenso intervento dei pubblici poteri. Nello
stesso tempo, il progresso nella efficienza produttiva e nella migliore
organizzazione degli scambi e servizi hanno reso l'economia strumento adatto a
meglio soddisfare i bisogni accresciuti della famiglia umana.
Tuttavia non
mancano motivi di preoccupazione. Molti uomini, soprattutto nelle regioni
economicamente sviluppate, appaiono quasi unicamente retti dalle esigenze
dell'economia, cosicché quasi tutta la loro vita personale e sociale viene
permeata da una mentalità economicistica, e ciò si diffonde sia nei paesi ad
economia collettivistica che negli altri. In un tempo in cui lo sviluppo della
vita economica, orientata e coordinata in una maniera razionale e umana,
potrebbe permettere una attenuazione delle disparità sociali, troppo spesso
essa si tramuta in una causa del loro aggravamento o, in alcuni luoghi, perfino
nel regresso delle condizioni sociali dei deboli e nel disprezzo dei poveri.
Mentre folle immense mancano dello stretto necessario, alcuni, anche nei paesi
meno sviluppati, vivono nell'opulenza o dissipano i beni. Il lusso si
accompagna alla miseria. E, mentre pochi uomini dispongono di un assai ampio
potere di decisione, molti mancano quasi totalmente della possibilità di agire
di propria iniziativa o sotto la propria responsabilità, spesso permanendo in
condizioni di vita e di lavoro indegne di una persona umana.
Simili squilibri
economici e sociali si avvertono tra l'agricoltura, l'industria e il settore
dei servizi, come pure tra le diverse regioni di uno stesso paese. Una
contrapposizione, che può mettere in pericolo la pace del mondo intero, si fa
ogni giorno più grave tra le nazioni economicamente più progredite e le altre.
Gli uomini del
nostro tempo reagiscono con coscienza sempre più sensibile di fronte a tali
disparità: essi sono profondamente convinti che le più ampie possibilità
tecniche ed economiche, proprie del mondo contemporaneo, potrebbero e
dovrebbero correggere questo funesto stato di cose. Ma per questo si richiedono
molte riforme nelle strutture della vita economico-sociale; è necessario anche
da parte di tutti un mutamento di mentalità e di abitudini di vita. In vista di
ciò la Chiesa, lungo lo svolgersi della storia, ha formulato nella luce del
Vangelo e, soprattutto in questi ultimi tempi, ha largamente insegnato i
principi di giustizia e di equità richiesti dalla retta ragione umana e validi
sia per la vita individuale o sociale che per la vita internazionale. Il sacro
Concilio, tenuto conto delle caratteristiche del tempo presente, intende
riconfermare tali principi e formulare alcuni orientamenti, con particolare
riguardo alle esigenze dello sviluppo economico.
Sezione 1:
Sviluppo economico
64. Lo
sviluppo economico a servizio dell'uomo
Oggi più che mai,
per far fronte all'aumento della popolazione e per rispondere alle crescenti
aspirazioni del genere umano, giustamente si tende ad incrementare la produzione
di beni nell'agricoltura e nell'industria e la prestazione dei servizi. Perciò
sono da favorire il progresso tecnico, lo spirito di innovazione, la creazione
di nuove imprese e il loro ampliamento, l'adattamento nei metodi dell'attività
produttiva e dello sforzo sostenuto da tutti quelli che partecipano alla
produzione, in una parola tutto ciò che possa contribuire a questo sviluppo. Ma
il fine ultimo e fondamentale di tale sviluppo non consiste nel solo aumento
dei beni prodotti, né nella sola ricerca del profitto o del predominio
economico, bensì nel servizio dell'uomo: dell'uomo integralmente considerato,
tenendo cioè conto della gerarchia dei suoi bisogni materiali e delle esigenze
della sua vita intellettuale, morale, spirituale e religiosa; di ogni uomo,
diciamo, e di ogni gruppo umano, di qualsiasi razza o continente. Pertanto
l'attività economica deve essere condotta secondo le leggi e i metodi propri
dell'economia, ma nell'ambito dell'ordine morale, in modo che così risponda al
disegno di Dio sull'uomo.
65. Lo
sviluppo economico sotto il controllo dell'uomo
Lo sviluppo
economico deve rimanere sotto il controllo dell'uomo. Non deve essere
abbandonato all'arbitrio di pochi uomini o gruppi che abbiano in mano un eccessivo
potere economico, né della sola comunità politica, né di alcune nazioni più
potenti. Conviene, al contrario, che il maggior numero possibile di uomini, a
tutti i livelli e, quando si tratta dei rapporti internazionali, tutte le
nazioni possano partecipare attivamente al suo orientamento. È necessario
egualmente che le iniziative spontanee dei singoli e delle loro libere
associazioni siano coordinate e armonizzate in modo conveniente ed organico con
la molteplice azione delle pubbliche autorità.
Lo sviluppo
economico non può essere abbandonato né al solo gioco quasi meccanico della
attività economica dei singoli, né alla sola decisione della pubblica autorità.
Per questo, bisogna denunciare gli errori tanto delle dottrine che, in nome di
un falso concetto di libertà, si oppongono alle riforme necessarie, quanto
delle dottrine che sacrificano i diritti fondamentali delle singole persone e
dei gruppi all'organizzazione collettiva della produzione.
Si ricordino,
d'altra parte, tutti i cittadini che essi hanno il diritto e il dovere - e il
potere civile lo deve riconoscere loro - di contribuire secondo le loro
capacità al progresso della loro propria comunità. Specialmente nelle regioni
economicamente meno progredite, dove si impone d'urgenza l'impiego di tutte le
risorse ivi esistenti, danneggiano gravemente il bene comune coloro che tengono
inutilizzate le proprie ricchezze o coloro che - salvo il diritto personale di
migrazione - privano la propria comunità dei mezzi materiali e spirituali di
cui essa ha bisogno.
66. Ingenti
disparità economico-sociali da far scomparire
Per rispondere
alle esigenze della giustizia e dell'equità, occorre impegnarsi con ogni sforzo
affinché, nel rispetto dei diritti personali e dell'indole propria di ciascun
popolo, siano rimosse il più rapidamente possibile le ingenti disparità
economiche che portano con sé discriminazioni nei diritti individuali e nelle
condizioni sociali quali oggi si verificano e spesso si aggravano. Similmente,
in molte zone, tenendo presenti le particolari difficoltà del settore agricolo
quanto alla produzione e alla commercializzazione dei beni, gli addetti
all'agricoltura vanno sostenuti per aumentare la produzione e garantirne la
vendita, nonché per la realizzazione delle trasformazioni e innovazioni
necessarie, come pure per raggiungere un livello equo di reddito; altrimenti
rimarranno, come spesso avviene, in condizioni sociali di inferiorità. Da parte
loro gli agricoltori, soprattutto i giovani, si impegnino con amore a migliorare
la loro competenza professionale, senza la quale non si dà sviluppo
dell'agricoltura.
La giustizia e
l'equità richiedono similmente che la mobilità, assolutamente necessaria in una
economia di sviluppo, sia regolata in modo da evitare che la vita dei singoli e
delle loro famiglie si faccia incerta e precaria. Per quanto riguarda i
lavoratori che, provenendo da altre nazioni o regioni, concorrono con il loro
lavoro allo sviluppo economico di un popolo o di una zona, è da eliminare
accuratamente ogni discriminazione nelle condizioni di rimunerazione o di
lavoro. Inoltre tutti e in primo luogo i poteri pubblici, devono trattarli come
persone, e non semplicemente come puri strumenti di produzione; devono aiutarli
perché possano accogliere presso di sé le loro famiglie e procurarsi un
alloggio decoroso, nonché favorire la loro integrazione nella vita sociale del
popolo o della regione che li accoglie. Si creino tuttavia nella misura del
possibile, posti di lavoro nelle regioni stesse d'origine.
Nelle economie
attualmente in fase di ulteriore trasformazione, come nelle nuove forme della
società industriale nelle quali, per esempio, si va largamente applicando
l'automazione, si richiedono misure per assicurare a ciascuno un impiego
sufficiente e adatto, insieme alla possibilità di una formazione tecnica e
professionale adeguata; inoltre bisogna garantire la sussistenza e la dignità
umana di coloro che, soprattutto per motivi di salute e di età, si trovano in
particolari difficoltà.
Sezione 2:
Alcuni principi relativi all'insieme della vita economico-sociale
67. Lavoro,
condizione di lavoro e tempo libero
Il lavoro umano,
con cui si producono e si scambiano beni o si prestano servizi economici, è di
valore superiore agli altri elementi della vita economica, poiché questi hanno
solo valore di strumento.
Tale lavoro,
infatti, sia svolto in forma indipendente sia per contratto con un
imprenditore, procede direttamente dalla persona, la quale imprime nella natura
quasi il suo sigillo e la sottomette alla sua volontà. Con il lavoro, l'uomo
provvede abitualmente al sostentamento proprio e dei suoi familiari, comunica
con gli altri, rende un servizio agli uomini suoi fratelli e può praticare una
vera carità e collaborare attivamente al completamento della divina creazione.
Ancor più: sappiamo per fede che l'uomo, offrendo a Dio il proprio lavoro, si
associa all'opera stessa redentiva di Cristo, il quale ha conferito al lavoro
una elevatissima dignità, lavorando con le proprie mani a Nazareth. Di qui
discendono, per ciascun uomo, il dovere di lavorare fedelmente, come pure il
diritto al lavoro. Corrispondentemente è compito della società, in rapporto
alle condizioni in essa esistenti, aiutare da parte sua i cittadini a trovare
sufficiente occupazione. Infine il lavoro va rimunerato in modo tale da
garantire i mezzi sufficienti per permettere al singolo e alla sua famiglia una
vita dignitosa su un piano materiale, sociale, culturale e spirituale, tenuto
conto del tipo di attività e grado di rendimento economico di ciascuno, nonché
delle condizioni dell'impresa e del bene comune.
Poiché l'attività
economica è per lo più realizzata in gruppi produttivi in cui si uniscono molti
uomini, è ingiusto ed inumano organizzarla con strutture ed ordinamenti che
siano a danno di chi vi operi. Troppo spesso avviene invece, anche ai nostri
giorni, che i lavoratori siano in un certo senso asserviti alle proprie opere.
Ciò non trova assolutamente giustificazione nelle cosiddette leggi economiche.
Occorre dunque adattare tutto il processo produttivo alle esigenze della
persona e alle sue forme di vita, innanzitutto della sua vita domestica,
particolarmente in relazione alle madri di famiglia, sempre tenendo conto del
sesso e dell'età di ciascuno. Ai lavoratori va assicurata inoltre la possibilità
di sviluppare le loro qualità e di esprimere la loro personalità nell'esercizio
stesso del lavoro. Pur applicando a tale attività lavorativa, con doverosa
responsabilità, tempo ed energie, tutti i lavoratori debbono però godere di
sufficiente riposo e tempo libero, che permetta loro di curare la vita
familiare, culturale, sociale e religiosa. Anzi, debbono avere la possibilità
di dedicarsi ad attività libere che sviluppino quelle energie e capacità, che
non hanno forse modo di coltivare nel loro lavoro professionale.
68.
Partecipazione nell'impresa e nell'indirizzo economico generale; conflitti di
lavoro
Nelle imprese
economiche si uniscono delle persone, cioè uomini liberi ed autonomi, creati ad
immagine di Dio. Perciò, prendendo in considerazione le funzioni di ciascuno -
sia proprietari, sia imprenditori, sia dirigenti, sia operai - e salva la
necessaria unità di direzione dell'impresa, va promossa, in forme da
determinarsi in modo adeguato, la attiva partecipazione di tutti alla gestione
dell'impresa. Poiché, tuttavia, in molti casi non è più a livello dell'impresa,
ma a livello superiore in istituzioni di ordine più elevato, che si prendono le
decisioni economiche e sociali da cui dipende l'avvenire dei lavoratori e dei
loro figli, bisogna che essi siano parte attiva anche in tali decisioni,
direttamente o per mezzo di rappresentanti liberamente eletti.
Tra i diritti
fondamentali della persona umana bisogna annoverare il diritto dei lavoratori
di fondare liberamente proprie associazioni, che possano veramente
rappresentarli e contribuire ad organizzare rettamente la vita economica,
nonché il diritto di partecipare liberamente alle attività di tali associazioni
senza incorrere nel rischio di rappresaglie. Grazie a tale partecipazione
organizzata, congiunta con una formazione economica e sociale crescente, andrà
sempre più aumentando in tutti la coscienza della propria funzione e
responsabilità: essi saranno così portati a sentirsi parte attiva, secondo le
capacità e le attitudini di ciascuno, in tutta l'opera dello sviluppo economico
e sociale e della realizzazione del bene comune universale.
In caso di
conflitti economico-sociali, si deve fare ogni sforzo per giungere a una
soluzione pacifica. Benché sempre si debba ricorrere innanzitutto a un dialogo
sincero tra le parti, lo sciopero può tuttavia rimanere anche nelle circostanze
odierne un mezzo necessario, benché estremo, per la difesa dei propri diritti e
la soddisfazione delle giuste aspirazioni dei lavoratori. Bisogna però cercare
quanto prima le vie atte a riprendere il dialogo per le trattative e la
conciliazione.
69. I beni
della terra e loro destinazione a tutti gli uomini
Dio ha destinato
la terra e tutto quello che essa contiene all'uso di tutti gli uomini e di
tutti i popoli, e pertanto i beni creati debbono essere partecipati equamente a
tutti, secondo la regola della giustizia, inseparabile dalla carità, Pertanto,
quali che siano le forme della proprietà, adattate alle legittime istituzioni
dei popoli secondo circostanze diverse e mutevoli, si deve sempre tener conto
di questa destinazione universale dei beni. L'uomo, usando di questi beni, deve
considerare le cose esteriori che legittimamente possiede non solo come
proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a
lui ma anche agli altri. Del resto, a tutti gli uomini spetta il diritto di
avere una parte di beni sufficienti a sé e alla propria famiglia. Questo
ritenevano giusto i Padri e dottori della Chiesa, i quali insegnavano che gli
uomini hanno l'obbligo di aiutare i poveri, e non soltanto con il loro
superfluo. Colui che si trova in estrema necessità, ha diritto di procurarsi il
necessario dalle ricchezze altrui. Considerando il fatto del numero assai
elevato di coloro che nel mondo intero sono oppressi dalla fame, il sacro
Concilio richiama urgentemente tutti, sia singoli che autorità pubbliche,
affinché - memori della sentenza dei Padri: « Dà da mangiare a colui che è
moribondo per fame, perché se non gli avrai dato da mangiare, lo avrai ucciso »
realmente mettano a disposizione ed impieghino utilmente i propri beni,
ciascuno secondo le proprie risorse, specialmente fornendo ai singoli e ai
popoli i mezzi con cui essi possano provvedere a se stessi e svilupparsi.
Nelle società
economicamente meno sviluppate, frequentemente la destinazione comune dei beni
è in parte attuata mediante un insieme di consuetudini e di tradizioni
comunitarie, che assicurano a ciascun membro i beni più necessari. Bisogna
certo evitare che alcune consuetudini vengano considerate come assolutamente
immutabili, se esse non rispondono più alle nuove esigenze del tempo presente;
d'altra parte però, non si deve agire imprudentemente contro quelle oneste
consuetudini che non cessano di essere assai utili, purché vengano opportunamente
adattate alle odierne circostanze. Similmente, nelle nazioni economicamente
molto sviluppate, una rete di istituzioni sociali per la previdenza e la
sicurezza sociale può in parte contribuire a tradurre in atto la destinazione
comune dei beni. Inoltre, è importante sviluppare ulteriormente i servizi
familiari e sociali, specialmente quelli che provvedono agli aspetti culturali
ed educativi. Ma nell'organizzare tutte queste istituzioni bisogna vegliare
affinché i cittadini non siano indotti ad assumere di fronte alla società un
atteggiamento di passività o di irresponsabilità nei compiti assunti o di
rifiuto di servizio.
70.
Investimenti e moneta
Gli investimenti,
da parte loro, devono contribuire ad assicurare possibilità di lavoro e reddito
sufficiente tanto alla popolazione attiva di oggi, quanto a quella futura.
Tutti i responsabili di tali investimenti e della organizzazione della vita
economica globale--sia singoli che gruppi o pubbliche autorità --devono aver
presenti questi fini e mostrarsi consapevoli del loro grave obbligo: da una
parte di vigilare affinché si provveda ai beni necessari richiesti per una vita
decorosa sia dei singoli che di tutta la comunità; d'altra parte di prevedere
le situazioni future e di assicurare il giusto equilibrio tra i bisogni attuali
di consumo, sia individuale che collettivo, e le esigenze di investimenti per
la generazione successiva. Si abbiano ugualmente sempre presenti le urgenti
necessità delle nazioni o regioni economicamente meno sviluppate.
In campo
monetario ci si guardi dal danneggiare il bene della propria nazione e delle
altre. Si provveda inoltre affinché coloro che sono economicamente deboli non
siano ingiustamente danneggiati dai mutamenti di valore della moneta.
71. Accesso alla
proprietà e dominio privato dei beni; problemi dei latifondi Poiché la
proprietà e le altre forme di potere privato sui beni esteriori contribuiscono
alla espressione della persona e danno occasione all'uomo di esercitare il suo
responsabile apporto nella società e nella economia, è di grande interesse
favorire l'accesso degli individui o dei gruppi ad un certo potere sui beni
esterni.
La proprietà
privata o un qualche potere sui beni esterni assicurano a ciascuno una zona
indispensabile di autonomia personale e familiare e bisogna considerarli come
un prolungamento della libertà umana. Infine, stimolando l'esercizio della
responsabilità, essi costituiscono una delle condizioni delle libertà civili.
Le forme di tale
potere o di tale proprietà sono oggi varie e vanno modificandosi sempre di più
di giorno in giorno. Nonostante i fondi sociali, i diritti e i servizi
garantiti dalla società, le forme di tale potere o di tale proprietà restano
tuttavia una fonte non trascurabile di sicurezza. Tutto ciò non va riferito
soltanto alla proprietà dei beni materiali, ma altresì dei beni immateriali,
come sono ad esempio le capacità professionali.
La legittimità
della proprietà privata non è in contrasto con quella delle varie forme di
proprietà pubblica. Però i1 trasferimento dei beni in pubblica proprietà non
può essere fatto che dalla autorità competente, secondo le esigenze ed entro i
limiti del bene comune e con un equo indennizzo. Spetta inoltre alla pubblica
autorità impedire che si abusi della proprietà privata agendo contro il bene comune.
Ogni proprietà
privata ha per sua natura anche un carattere sociale, che si fonda sulla comune
destinazione dei beni. Se si trascura questo carattere sociale, la proprietà
può diventare in molti modi occasione di cupidigia e di gravi disordini, così
da offrire facile pretesto a quelli che contestano il diritto stesso di
proprietà.
In molti paesi
economicamente meno sviluppati esistono proprietà agricole estese od anche
immense, scarsamente o anche per nulla coltivate per motivi di speculazione;
mentre la maggioranza della popolazione è sprovvista di terreni da lavorare o
fruisce soltanto di poderi troppo limitati, e d'altra parte, l'accrescimento
della produzione agricola presenta un carattere di evidente urgenza. Non è raro
che coloro che sono assunti come lavoratori dipendenti dai proprietari di tali
vasti possedimenti, ovvero coloro che ne coltivano una parte a titolo di
locazione, ricevono un salario o altre forme di remunerazione indegne di un
uomo, non dispongono di una abitazione decorosa o sono sfruttati da
intermediari. Mancando così ogni sicurezza, vivono in tale stato di dipendenza
personale, che viene loro interdetta quasi ogni possibilità di iniziativa e di
responsabilità e viene loro impedita ogni promozione culturale ed ogni
partecipazione attiva nella vita sociale e politica. Si impongono pertanto,
secondo le varie situazioni, delle riforme intese ad accrescere i redditi, a
migliorare le condizioni di lavoro, ad aumentare la sicurezza dell'impiego e a
favorire l'iniziativa personale; ed anche riforme che diano modo di distribuire
le proprietà non sufficientemente coltivate a beneficio di coloro che siano
capaci di farle fruttificare. In questo caso, devono essere loro assicurate le
risorse e gli strumenti indispensabili, in particolare i mezzi di educazione e
le possibilità di una giusta organizzazione cooperativa. Ogni volta che il bene
comune esige l'espropriazione della proprietà, l'indennizzo va calcolato
secondo equità, tenendo conto di tutte le circostanze.
72.
L'attività economico-sociale e il regno di Cristo
I cristiani che
partecipano attivamente allo sviluppo economico-sociale contemporaneo e alla
lotta per la giustizia e la carità siano convinti di poter contribuire molto
alla prosperità del genere umano e alla pace del mondo. In tali attività, sia
che agiscano come singoli, sia come associati, brillino per il loro esempio. A
tal fine è di grande importanza che, acquisite la competenza e l'esperienza
assolutamente indispensabili, mentre svolgono le attività terrestri conservino una
giusta gerarchia di valori, rimanendo fedeli a Cristo e al suo Vangelo,
cosicché tutta la loro vita, individuale e sociale, sia compenetrata dello
spirito delle beatitudini, specialmente dello spirito di povertà. Chi segue
fedelmente Cristo cerca anzitutto il regno di Dio e vi trova un più valido e
puro amore per aiutare i suoi fratelli e per realizzare, con l'ispirazione
della carità, le opere della giustizia.
CAPITOLO IV
LA VITA DELLA COMUNITÀ POLITICA
73. La vita
pubblica contemporanea
Ai nostri giorni
si notano profonde trasformazioni anche nelle strutture e nelle istituzioni dei
popoli; tali trasformazioni sono conseguenza della evoluzione culturale,
economica e sociale dei popoli. Esse esercitano una grande influenza,
soprattutto nel campo che riguarda i diritti e i doveri di tutti nell'esercizio
della libertà civile e nel conseguimento del bene comune, come pure in ciò che
si riferisce alla regolazione dei rapporti dei cittadini tra di loro e con i
pubblici poteri.
Da una coscienza
più viva della dignità umana sorge, in diverse regioni del mondo, lo sforzo di
instaurare un ordine politico-giuridico nel quale siano meglio tutelati nella
vita pubblica i diritti della persona: ad esempio, il diritto di liberamente
riunirsi, associarsi, esprimere le proprie opinioni e professare la religione
in privato e in pubblico. La tutela, infatti dei diritti della persona è
condizione necessaria perché i cittadini, individualmente o in gruppo, possano
partecipare attivamente alla vita e al governo della cosa pubblica.
Assieme al
progresso culturale, economico e sociale, si rafforza in molti il desiderio di
assumere maggiori responsabilità nell'organizzare la vita della comunità
politica.
Nella coscienza
di molti aumenta la preoccupazione di salvaguardare i diritti delle minoranze
di una nazione, senza che queste dimentichino il loro dovere verso la comunità
politica. Cresce inoltre il rispetto verso le persone che hanno altre opinioni
o professano religioni diverse. Contemporaneamente si instaura una più larga
collaborazione, tesa a garantire a tutti i cittadini, e non solo a pochi
privilegiati, l'effettivo godimento dei diritti personali.
Vengono
condannate tutte quelle forme di regime politico, vigenti in alcune regioni,
che impediscono la libertà civile o religiosa, moltiplicano le vittime delle
passioni e dei crimini politici e distorcono l'esercizio dell'autorità dal bene
comune per farlo servire all'interesse di una fazione o degli stessi
governanti.
Per instaurare
una vita politica veramente umana non c'è niente di meglio che coltivare il
senso interiore della giustizia, dell'amore e del servizio al bene comune e
rafforzare le convinzioni fondamentali sulla vera natura della comunità
politica e sul fine, sul buon esercizio e sui limiti di competenza
dell'autorità pubblica.
74. Natura
e fine della comunità politica
Gli uomini, le
famiglie e i diversi gruppi che formano la comunità civile sono consapevoli di
non essere in grado, da soli, di costruire una vita capace di rispondere
pienamente alle esigenze della natura umana e avvertono la necessità di una
comunità più ampia, nella quale tutti rechino quotidianamente il contributo
delle proprie capacità, allo scopo di raggiungere sempre meglio il bene comune.
Per questo essi
costituiscono, secondo vari tipi istituzionali, una comunità politica.
La comunità
politica esiste dunque in funzione di quel bene comune, nel quale essa trova
significato e piena giustificazione e che costituisce la base originaria del
suo diritto all'esistenza.
Il bene comune si
concreta nell'insieme di quelle condizioni di vita sociale che consentono e
facilitano agli esseri umani, alle famiglie e alle associazioni il
conseguimento più pieno della loro perfezione.
Ma nella comunità
politica si riuniscono insieme uomini numerosi e differenti, che legittimamente
possono indirizzarsi verso decisioni diverse. Affinché la comunità politica non
venga rovinata dal divergere di ciascuno verso la propria opinione, è
necessaria un'autorità capace di dirigere le energie di tutti i cittadini verso
il bene comune, non in forma meccanica o dispotica, ma prima di tutto come
forza morale che si appoggia sulla libertà e sul senso di responsabilità.
È dunque evidente
che la comunità politica e l'autorità pubblica hanno il loro fondamento nella natura
umana e perciò appartengono all'ordine fissato da Dio, anche se la
determinazione dei regimi politici e la designazione dei governanti sono
lasciate alla libera decisione dei cittadini.
Ne segue
parimenti che l'esercizio dell'autorità politica, sia da parte della comunità
come tale, sia da parte degli organismi che rappresentano lo Stato, deve sempre
svolgersi nell'ambito dell'ordine morale, per il conseguimento del bene comune
(ma concepito in forma dinamica), secondo le norme di un ordine giuridico già
definito o da definire. Allora i cittadini sono obbligati in coscienza ad
obbedire. Da ciò risulta chiaramente la responsabilità, la dignità e 1
importanza del ruolo di coloro che governano.
Dove i cittadini
sono oppressi da un'autorità pubblica che va al di là delle sue competenze,
essi non rifiutino ciò che è oggettivamente richiesto dal bene comune; sia però
lecito difendere i diritti propri e dei concittadini contro gli abusi
dell'autorità, nel rispetto dei limiti dettati dalla legge naturale e dal
Vangelo.
Le modalità
concrete con le quali la comunità politica organizza le proprie strutture e
l'equilibrio dei pubblici poteri possono variare, secondo l'indole dei diversi
popoli e il cammino della storia; ma sempre devono mirare alla formazione di un
uomo educato, pacifico e benevolo verso tutti, per il vantaggio di tutta la
famiglia umana.
75.
Collaborazione di tutti alla vita pubblica
È pienamente
conforme alla natura umana che si trovino strutture giuridico-politiche che
sempre meglio offrano a tutti i cittadini, senza alcuna discriminazione, la
possibilità effettiva di partecipare liberamente e attivamente sia alla
elaborazione dei fondamenti giuridici della comunità politica, sia al governo
degli affari pubblici, sia alla determinazione del campo d'azione e dei limiti
dei differenti organismi, sia alla elezione dei governanti.
Si ricordino
perciò tutti i cittadini del diritto, che è anche dovere, di usare del proprio
libero voto per la promozione del bene comune.
La Chiesa stima
degna di lode e di considerazione l'opera di coloro che, per servire gli
uomini, si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle
relative responsabilità.
Affinché la
collaborazione di cittadini responsabili possa ottenere felici risultati nella
vita politica quotidiana, si richiede un ordinamento giuridico positivo, che
organizzi una opportuna ripartizione delle funzioni e degli organi del potere,
insieme ad una protezione efficace dei diritti, indipendente da chiunque.
I diritti delle
persone, delle famiglie e dei gruppi e il loro esercizio devono essere
riconosciuti, rispettati e promossi non meno dei doveri ai quali ogni cittadino
è tenuto. Tra questi ultimi non sarà inutile ricordare il dovere di apportare
allo Stato i servizi, materiali e personali, richiesti dal bene comune.
Si guardino i
governanti dall'ostacolare i gruppi familiari, sociali o culturali, i corpi o
istituti intermedi, né li privino delle loro legittime ed efficaci attività,
che al contrario devono volentieri e ordinatamente favorire.
Quanto ai
cittadini, individualmente o in gruppo, evitino di attribuire un potere
eccessivo all'autorità pubblica, né chiedano inopportunamente ad essa troppi
servizi e troppi vantaggi, col rischio di diminuire così la responsabilità
delle persone, delle famiglie e dei gruppi sociali.
Ai tempi nostri,
la complessità dei problemi obbliga i pubblici poteri ad intervenire più
frequentemente in materia sociale, economica e culturale, per determinare le
condizioni più favorevoli che permettano ai cittadini e ai gruppi di perseguire
più efficacemente, nella libertà, il bene completo dell'uomo. Il rapporto tra
la socializzazione l'autonomia e lo sviluppo della persona può essere concepito
in modo differente nelle diverse regioni del mondo e in base alla evoluzione
dei popoli. Ma dove l'esercizio dei diritti viene temporaneamente limitato in
vista del bene comune, si ripristini al più presto possibile la libertà quando
le circostanze sono cambiate. È in ogni caso inumano che l'autorità politica
assuma forme totalitarie, oppure forme dittatoriali che ledano i diritti della
persona o dei gruppi sociali.
I cittadini
coltivino con magnanimità e lealtà l'amore verso la patria, ma senza grettezza
di spirito, cioè in modo tale da prendere anche contemporaneamente in considerazione
il bene di tutta la famiglia umana, di tutte le razze, popoli e nazioni, che
sono unite da innumerevoli legami.
Tutti i cristiani
devono prendere coscienza della propria speciale vocazione nella comunità
politica; essi devono essere d'esempio, sviluppando in se stessi il senso della
responsabilità e la dedizione al bene comune, così da mostrare con i fatti come
possano armonizzarsi l'autorità e la libertà, l'iniziativa personale e la
solidarietà di tutto il corpo sociale, la opportuna unità e la proficua
diversità. In ciò che concerne l'organizzazione delle cose terrene, devono
ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali e
rispettare i cittadini che, anche in gruppo, difendono in maniera onesta il
loro punto di vista.
I partiti devono
promuovere ciò che, a loro parere, è richiesto dal bene comune; mai però è
lecito anteporre il proprio interesse a tale bene.
Bisogna curare
assiduamente la educazione civica e politica, oggi particolarmente necessaria,
sia per l'insieme del popolo, sia soprattutto per i giovani, affinché tutti i
cittadini possano svolgere il loro ruolo nella vita della comunità politica.
Coloro che sono o possono diventare idonei per l'esercizio dell'arte politica,
così difficile, ma insieme così nobile. Vi si preparino e si preoccupino di
esercitarla senza badare al proprio interesse e a vantaggi materiali. Agiscono
con integrità e saggezza contro l'ingiustizia e l'oppressione, l'assolutismo e
l'intolleranza d'un solo uomo e d'un solo partito politico; si prodighino con
sincerità ed equità al servizio di tutti, anzi con l'amore e la fortezza
richiesti dalla vita politica.
76. La
comunità politica e la Chiesa
È di grande
importanza, soprattutto in una società pluralista, che si abbia una giusta
visione dei rapporti tra la comunità politica e la Chiesa e che si faccia una
chiara distinzione tra le azioni che i fedeli, individualmente o in gruppo,
compiono in proprio nome, come cittadini, guidati dalla loro coscienza
cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con
i loro pastori.
La Chiesa che, in
ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde
con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico, è insieme il
segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana.
La comunità
politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio
campo. Ma tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della
vocazione personale e sociale degli stessi uomini. Esse svolgeranno questo loro
servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace, quanto più
coltiveranno una sana collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle
circostanze di luogo e di tempo. L'uomo infatti non è limitato al solo
orizzonte temporale, ma, vivendo nella storia umana, conserva integralmente la
sua vocazione eterna.
Quanto alla
Chiesa, fondata nell'amore del Pcedentore, essa contribuisce ad estendere il
raggio d'azione della giustizia e dell'amore all'interno di ciascuna nazione e
tra le nazioni. Predicando la verità evangelica e illuminando tutti i settori
dell'attività umana con la sua dottrina e con la testimonianza resa dai
cristiani, rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità
dei cittadini.
Gli apostoli e i
loro successori con i propri collaboratori, essendo inviati ad annunziare agli
uomini il Cristo Salvatore del mondo, nell'esercizio del loro apostolato si
appoggiano sulla potenza di Dio, che molto spesso manifesta la forza del
Vangelo nella debolezza dei testimoni. Bisogna che tutti quelli che si dedicano
al ministero della parola di Dio, utilizzino le vie e i mezzi propri del
Vangelo, i quali differiscono in molti punti dai mezzi propri della città
terrestre.
Certo, le cose
terrene e quelle che, nella condizione umana, superano questo mondo, sono
strettamente unite, e la Chiesa stessa si serve di strumenti temporali nella
misura in cui la propria missione lo richiede. Tuttavia essa non pone la sua
speranza nei privilegi offertigli dall'autorità civile. Anzi, essa rinunzierà
all'esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il
loro uso può far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove
circostanze esigessero altre disposizioni.
Ma sempre e
dovunque, e con vera libertà, è suo diritto predicare la fede e insegnare la
propria dottrina sociale, esercitare senza ostacoli la propria missione tra gli
uomini e dare il proprio giudizio morale, anche su cose che riguardano l'ordine
politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e
dalla salvezza delle anime. E farà questo utilizzando tutti e soli quei mezzi
che sono conformi al Vangelo e in armonia col bene di tutti, secondo la diversità
dei tempi e delle situazioni.
Nella fedeltà del
Vangelo e nello svolgimento della sua missione nel mondo, la Chiesa, che ha
come compito di promuovere ed elevare tutto quello che di vero, buono e bello
si trova nella comunità umana rafforza la pace tra gli uomini a gloria di Dio.
CAPITOLO V
LA PROMOZIONE DELLA PACE E LA COMUNITÀ DELLE
NAZIONI
77.
Introduzione
In questi nostri
anni, nei quali permangono ancora gravissime tra gli uomini le afflizioni e le
angustie derivanti da guerre ora imperversanti, ora incombenti, l'intera
società umana è giunta ad un momento sommamente decisivo nel processo della sua
maturazione. Mentre a poco a poco l'umanità va unificandosi e in ogni luogo
diventa ormai più consapevole della propria unità, non potrà tuttavia portare a
compimento l'opera che l'attende, di costruire cioè un mondo più umano per
tutti gli uomini e su tutta la terra, se gli uomini non si volgeranno tutti con
animo rinnovato alla vera pace. Per questo motivo il messaggio evangelico, in
armonia con le aspirazioni e gli ideali più elevati del genere umano, risplende
in questi nostri tempi di rinnovato fulgore quando proclama beati i promotori
della pace, «perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9).
Illustrando
pertanto la vera e nobilissima concezione della pace, il Concilio, condannata
l'inumanità della guerra, intende rivolgere un ardente appello ai cristiani,
affinché con l'aiuto di Cristo, autore della pace, collaborino con tutti per
stabilire tra gli uomini una pace fondata sulla giustizia e sull'amore e per
apprestare i mezzi necessari per il suo raggiungimento.
78. La
natura della pace
La pace non è la
semplice assenza della guerra, né può ridursi unicamente a rendere stabile
l'equilibrio delle forze avverse; essa non è effetto di una dispotica
dominazione, ma viene con tutta esattezza definita a opera della giustizia »
(Is 32,7). È il frutto dell'ordine impresso nella società umana dal suo divino
Fondatore e che deve essere attuato dagli uomini che aspirano ardentemente ad
una giustizia sempre più perfetta. Infatti il bene comune del genere umano è
regolato, sì, nella sua sostanza, dalla legge eterna, ma nelle sue esigenze
concrete è soggetto a continue variazioni lungo il corso del tempo; per questo
la pace non è mai qualcosa di raggiunto una volta per tutte, ma è un edificio
da costruirsi continuamente. Poiché inoltre la volontà umana è labile e ferita
per di più dal peccato, l'acquisto della pace esige da ognuno il costante
dominio delle passioni e la vigilanza della legittima autorità.
Tuttavia questo
non basta. Tale pace non si può ottenere sulla terra se non è tutelato il bene
delle persone e se gli uomini non possono scambiarsi con fiducia e liberamente
le ricchezze del loro animo e del loro ingegno. La ferma volontà di rispettare
gli altri uomini e gli altri popoli e la loro dignità, e l'assidua pratica
della fratellanza umana sono assolutamente necessarie per la costruzione della
pace. In tal modo la pace è frutto anche dell'amore, il quale va oltre quanto
può apportare la semplice giustizia.
La pace terrena,
che nasce dall'amore del prossimo, è essa stessa immagine ed effetto della pace
di Cristo che promana dal Padre. Il Figlio incarnato infatti, principe della
pace, per mezzo della sua croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio; ristabilendo
l'unità di tutti in un solo popolo e in un solo corpo, ha ucciso nella sua
carne l'odio e, nella gloria della sua risurrezione, ha diffuso lo Spirito di
amore nel cuore degli uomini.
Pertanto tutti i
cristiani sono chiamati con insistenza a praticare la verità nell'amore (Ef
4,15) e ad unirsi a tutti gli uomini sinceramente amanti della pace per
implorarla dal cielo e per attuarla.
Mossi dal
medesimo spirito, noi non possiamo non lodare coloro che, rinunciando alla
violenza nella rivendicazione dei loro diritti, ricorrono a quei mezzi di
difesa che sono, del resto, alla portata anche dei più deboli, purché ciò si
possa fare senza pregiudizio dei diritti e dei doveri degli altri o della
comunità.
Gli uomini, in
quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino
alla venuta di Cristo; ma in quanto riescono, uniti nell'amore, a vincere i1
peccato essi vincono anche la violenza, fino alla realizzazione di quella
parola divina « Con le loro spade costruiranno aratri e falci con le loro
lance; nessun popolo prenderà più le armi contro un altro popolo, né si
eserciteranno più per la guerra» (Is 2,4).
Sezione 1:
Necessità di evitare la guerra
79. Il
dovere di mitigare l'inumanità della guerra
Sebbene le
recenti guerre abbiano portato al nostro mondo gravissimi danni sia materiali
che morali, ancora ogni giorno in qualche punto della terra la guerra continua
a produrre le sue devastazioni. Anzi dal momento che in essa si fa uso di armi
scientifiche di ogni genere, la sua atrocità minaccia di condurre i combattenti
ad una barbarie di gran lunga superiore a quella dei tempi passati. La
complessità inoltre delle odierne situazioni e la intricata rete delle
relazioni internazionali fanno sì che vengano portate in lungo, con nuovi metodi
insidiosi e sovversivi, guerre più o meno larvate. In molti casi il ricorso ai
sistemi del terrorismo è considerato anch'esso una nuova forma di guerra.
Davanti a questo
stato di degradazione dell'umanità, il Concilio intende innanzi tutto richiamare
alla mente il valore immutabile del diritto naturale delle genti e dei suoi
principi universali. La stessa coscienza del genere umano proclama quei
principi con sempre maggiore fermezza e vigore. Le azioni pertanto che
deliberatamente si oppongono a quei principi e gli ordini che comandano tali
azioni sono crimini, né l'ubbidienza cieca può scusare coloro che li eseguono.
Tra queste azioni vanno innanzi tutto annoverati i metodi sistematici di
sterminio di un intero popolo, di una nazione o di una minoranza etnica;
orrendo delitto che va condannato con estremo rigore. Deve invece essere
sostenuto il coraggio di coloro che non temono di opporsi apertamente a quelli
che ordinano tali misfatti.
Esistono, in
materia di guerra, varie convenzioni internazionali, che un gran numero di
nazioni ha sottoscritto per rendere meno inumane le azioni militari e le loro
conseguenze. Tali sono le convenzioni relative alla sorte dei militari feriti o
prigionieri e molti impegni del genere. Tutte queste convenzioni dovranno
essere osservate; anzi le pubbliche autorità e gli esperti in materia dovranno
fare ogni sforzo, per quanto è loro possibile, affinché siano perfezionate, in
modo da renderle capaci di porre un freno più adatto ed efficace alle atrocità
della guerra. Sembra inoltre conforme ad equità che le leggi provvedano
umanamente al caso di coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l'uso delle
armi, mentre tuttavia accettano qualche altra forma di servizio della comunità
umana.
La guerra non è
purtroppo estirpata dalla umana condizione. E fintantoché esisterà il pericolo
della guerra e non ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di
forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico
accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima
difesa. I capi di Stato e coloro che condividono la responsabilità della cosa
pubblica hanno dunque il dovere di tutelare la salvezza dei popoli che sono
stati loro affidati, trattando con grave senso di responsabilità cose di così
grande importanza. Ma una cosa è servirsi delle armi per difendere i giusti
diritti dei popoli, ed altra cosa voler imporre il proprio dominio su altre
nazioni. La potenza delle armi non rende legittimo ogni suo uso militare o
politico. Né per il fatto che una guerra è ormai disgraziatamente scoppiata,
diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto.
Coloro poi che al
servizio della patria esercitano la loro professione nelle file dell'esercito,
si considerino anch'essi come servitori della sicurezza e della libertà dei
loro popoli; se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono anch'essi
veramente alla stabilità della pace.
80. La
guerra totale
Il progresso
delle armi scientifiche ha enormemente accresciuto l'orrore e l'atrocità della
guerra. Le azioni militari, infatti, se condotte con questi mezzi, possono
produrre distruzioni immani e indiscriminate, che superano pertanto di gran
lunga i limiti di una legittima difesa. Anzi, se mezzi di tal genere, quali
ormai si trovano negli arsenali delle grandi potenze, venissero pienamente
utilizzati, si avrebbe la reciproca e pressoché totale distruzione delle parti
contendenti, senza considerare le molte devastazioni che ne deriverebbero nel resto
del mondo e gli effetti letali che sono la conseguenza dell'uso di queste armi.
Tutte queste cose
ci obbligano a considerare l'argomento della guerra con mentalità completamente
nuova. Sappiano gli uomini di questa età che dovranno rendere severo conto dei
loro atti di guerra, perché il corso dei tempi futuri dipenderà in gran parte
dalle loro decisioni di oggi.
Avendo ben
considerato tutte queste cose, questo sacro Concilio, facendo proprie le
condanne della guerra totale già pronunciate dai recenti sommi Pontefici
dichiara:
Ogni atto di
guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di
vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa
umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione.
Il rischio
caratteristico della guerra moderna consiste nel fatto che essa offre quasi
l'occasione a coloro che posseggono le più moderne armi scientifiche di
compiere tali delitti e, per una certa inesorabile concatenazione, può
sospingere le volontà degli uomini alle più atroci decisioni. Affinché dunque
non debba mai più accadere questo in futuro, i vescovi di tutto il mondo, ora
riuniti, scongiurano tutti, in modo particolare i governanti e i supremi
comandanti militari a voler continuamente considerare, davanti a Dio e davanti
alla umanità intera, l'enorme peso della loro responsabilità.
81. La
corsa agli armamenti
Le armi
scientifiche, è vero, non vengono accumulate con l'unica intenzione di poterle
usare in tempo di guerra. Poiché infatti si ritiene che la solidità della
difesa di ciascuna parte dipenda dalla possibilità fulminea di rappresaglie,
questo ammassamento di armi, che va aumentando di anno in anno, serve, in
maniera certo paradossale, a dissuadere eventuali avversari dal compiere atti
di guerra. E questo è ritenuto da molti il mezzo più efficace per assicurare
oggi una certa pace tra le nazioni.
Qualunque cosa si
debba pensare di questo metodo dissuasivo, si convincano gli uomini che la
corsa agli armamenti, alla quale si rivolgono molte nazioni, non è una via
sicura per conservare saldamente la pace, né il cosiddetto equilibrio che ne
risulta può essere considerato pace vera e stabile. Le cause di guerra, anziché
venire eliminate da tale corsa, minacciano piuttosto di aggravarsi
gradatamente. E mentre si spendono enormi ricchezze per la preparazione di armi
sempre nuove, diventa poi impossibile arrecare sufficiente rimedio alle miserie
così grandi del mondo presente. Anziché guarire veramente, nel profondo, i
dissensi tra i popoli, si finisce per contagiare anche altre parti del mondo.
Nuove strade converrà cercare partendo dalla riforma degli spiriti, perché
possa essere rimosso questo scandalo e al mondo, liberato dall'ansietà che
l'opprime, possa essere restituita una pace vera.
È necessario pertanto
ancora una volta dichiarare: la corsa agli armamenti è una delle piaghe più
gravi dell'umanità e danneggia in modo intollerabile i poveri; e c'è molto da
temere che, se tale corsa continuerà, produrrà un giorno tutte le stragi, delle
quali va già preparando i mezzi.
Ammoniti dalle
calamità che il genere umano ha rese possibili, cerchiamo di approfittare della
tregua di cui ora godiamo e che è stata a noi concessa dall'alto, per prendere
maggiormente coscienza della nostra responsabilità e trovare delle vie per
comporre in maniera più degna dell'uomo le nostre controversie. La Provvidenza
divina esige da noi con insistenza che liberiamo noi stessi dall'antica
schiavitù della guerra.
Se poi
rifiuteremo di compiere tale sforzo non sappiamo dove ci condurrà la strada
perversa per la quale ci siamo incamminati.
82. La
condanna assoluta della guerra e l'azione internazionale per evitarla
È chiaro pertanto
che dobbiamo con ogni impegno sforzarci per preparare quel tempo nel quale,
mediante l'accordo delle nazioni, si potrà interdire del tutto qualsiasi
ricorso alla guerra. Questo naturalmente esige che venga istituita un'autorità
pubblica universale, da tutti riconosciuta, la quale sia dotata di efficace
potere per garantire a tutti i popoli sicurezza, osservanza della giustizia e
rispetto dei diritti. Ma prima che questa auspicabile autorità possa essere
costituita, è necessario che le attuali supreme istanze internazionali si
dedichino con tutto l'impegno alla ricerca dei mezzi più idonei a procurare la
sicurezza comune. La pace deve sgorgare spontanea dalla mutua fiducia delle
nazioni, piuttosto che essere imposta ai popoli dal terrore delle armi.
Pertanto tutti debbono impegnarsi con alacrità per far cessare finalmente la
corsa agli armamenti. Perché la riduzione degli armamenti incominci realmente,
non deve certo essere fatta in modo unilaterale, ma con uguale ritmo da una
parte e dall'altra, in base ad accordi comuni e con l'adozione di efficaci
garanzie.
Non sono
frattanto da sottovalutare gli sforzi già fatti e che si vanno tuttora facendo
per allontanare il pericolo della guerra. Va piuttosto incoraggiata la buona
volontà di tanti che pur gravati dalle ingenti preoccupazioni del loro
altissimo ufficio, mossi dalla gravissima responsabilità da cui si sentono
vincolati, si danno da fare in ogni modo per eliminare la guerra, di cui hanno
orrore pur non potendo prescindere dalla complessa realtà delle situazioni.
Bisogna rivolgere incessanti preghiere a Dio affinché dia loro la forza di
intraprendere con perseveranza e condurre a termine con coraggio quest'opera
del più grande amore per gli uomini, per mezzo della quale si costruisce
virilmente l'edificio della pace. Tale opera esige oggi certamente che essi
dilatino la loro mente e il loro cuore al di là dei confini della propria
nazione, deponendo ogni egoismo nazionale ed ogni ambizione di supremazia su
altre nazioni, e nutrendo invece un profondo rispetto verso tutta l'umanità,
avviata ormai così faticosamente verso una maggiore unità.
Per ciò che
riguarda i problemi della pace e del disarmo, bisogna tener conto degli studi
approfonditi, già coraggiosamente e instancabilmente condotti e dei consessi
internazionali che trattarono questi argomenti e considerarli come i primi
passi verso la soluzione di problemi così gravi; con maggiore insistenza ed
energia dovranno quindi essere promossi in avvenire, al fine di ottenere
risultati concreti. Stiano tuttavia bene attenti gli uomini a non affidarsi
esclusivamente agli sforzi di alcuni, senza preoccuparsi minimamente dei loro
propri sentimenti. I capi di Stato, infatti, i quali sono mallevadori del bene
comune delle proprie nazioni e fautori insieme del bene della umanità intera,
dipendono in massima parte dalle opinioni e dai sentimenti delle moltitudini. È
inutile infatti che essi si adoperino con tenacia a costruire la pace, finché
sentimenti di ostilità, di disprezzo e di diffidenza, odi razziali e ostinate
ideologie dividono gli uomini, ponendoli gli uni contro gli altri. Di qui la
estrema, urgente necessità di una rinnovata educazione degli animi e di un
nuovo orientamento nell'opinione pubblica. Coloro che si dedicano a un'opera di
educazione, specie della gioventù, e coloro che contribuiscono alla formazione
della pubblica opinione, considerino loro dovere gravissimo inculcare negli
animi di tutti sentimenti nuovi, ispiratori di pace. E ciascuno di noi deve
adoperarsi per mutare il suo cuore, aprendo gli occhi sul mondo intero e su
tutte quelle cose che gli uomini possono compiere insieme per condurre l'umanità
verso un migliore destino.
Né ci inganni una
falsa speranza. Se non verranno in futuro conclusi stabili e onesti trattati di
pace universale, rinunciando ad ogni odio e inimicizia, L'umanità che, pur
avendo compiuto mirabili conquiste nel campo scientifico, si trova già in grave
pericolo, sarà forse condotta funestamente a quell'ora, in cui non potrà
sperimentare altra pace che la pace terribile della morte.
La Chiesa di
Cristo nel momento in cui, posta in mezzo alle angosce del tempo presente,
pronuncia tali parole, non cessa tuttavia di nutrire la più ferma speranza.
Agli uomini della nostra età essa intende presentare con insistenza, sia che
l'accolgano favorevolmente, o la respingano come importuna, il messaggio degli
apostoli: a Ecco ora il tempo favorevole » per trasformare i cuori, «ecco ora i
giorni della salvezza».
Sezione 2: La
costruzione della comunità internazionale
83. Le
cause di discordia e i loro rimedi
L'edificazione
della pace esige prima di tutto che, a cominciare dalle ingiustizie, si
eliminino le cause di discordia che fomentano le guerre. Molte occasioni
provengono dalle eccessive disparità economiche e dal ritardo con cui vi si
porta il necessario rimedio. Altre nascono dallo spirito di dominio, dal
disprezzo delle persone e, per accennare ai motivi più reconditi, dall'invidia,
dalla diffidenza, dall'orgoglio e da altre passioni egoistiche. Poiché gli
uomini non possono tollerare tanti disordini avviene che il mondo, anche quando
non conosce le atrocità della guerra, resta tuttavia continuamente in balia di
lotte e di violenze. I medesimi mali si riscontrano inoltre nei rapporti tra le
nazioni. Quindi per vincere e per prevenire questi mali, per reprimere lo
scatenamento della violenza, è assolutamente necessario che le istituzioni
internazionali sviluppino e consolidino la loro cooperazione e la loro
coordinazione e che, senza stancarsi, si stimoli la creazione di organismi
idonei a promuovere la pace.
84. La
comunità delle nazioni e le istituzioni internazionali
Dati i crescenti
e stretti legami di mutua dipendenza esistenti oggi tra tutti gli abitanti e i
popoli della terra, la ricerca adeguata e il raggiungimento efficace del bene
comune richiedono che la comunità delle nazioni si dia un ordine che risponda
ai suoi compiti attuali, tenendo particolarmente conto di quelle numerose
regioni che ancor oggi si trovano in uno stato di intollerabile miseria.
Per conseguire
questi fini, le istituzioni internazionali devono, ciascuna per la loro parte,
provvedere ai diversi bisogni degli uomini, tanto nel campo della vita sociale
(cui appartengono l'alimentazione, la salute, la educazione, il lavoro), quanto
in alcune circostanze particolari che sorgono qua e là: per esempio, la
necessità di aiutare la crescita generale delle nazioni in via di sviluppo, o
ancora il sollievo alle necessità dei profughi in ogni parte del mondo, o degli
emigrati e delle loro famiglie.
Le istituzioni
internazionali, tanto universali che regionali già esistenti, si sono rese
certamente benemerite del genere umano. Esse rappresentano i primi sforzi per
gettare le fondamenta internazionali di tutta la comunità umana al fine di
risolvere le più gravi questioni del nostro tempo: promuovere il progresso in
ogni luogo della terra e prevenire la guerra sotto qualsiasi forma. In tutti
questi campi, la Chiesa si rallegra dello spirito di vera fratellanza che
fiorisce tra cristiani e non cristiani, e dello sforzo d'intensificare i
tentativi intesi a sollevare l'immane miseria.
85. La
cooperazione internazionale sul piano economico
La solidarietà
attuale del genere umano impone anche che si stabilisca una maggiore
cooperazione internazionale in campo economico. Se infatti quasi tutti i popoli
hanno acquisito l'indipendenza politica, si è tuttavia ancora lontani dal
potere affermare che essi siano liberati da eccessive ineguaglianze e da ogni
forma di dipendenza abusiva, e che sfuggano al pericolo di gravi difficoltà
interne.
Lo sviluppo d'un
paese dipende dalle sue risorse in uomini e in denaro. Bisogna preparare i
cittadini di ogni nazione, attraverso l'educazione e la formazione
professionale, ad assumere i diversi incarichi della vita economica e sociale.
A tal fine si richiede l'opera di esperti stranieri, i quali nel prestare la
loro azione, si comportino non come padroni, ma come assistenti e cooperatori.
Senza profonde modifiche nei metodi attuali del commercio mondiale, le nazioni
in via di sviluppo non potranno ricevere i sussidi materiali di cui hanno
bisogno. Inoltre, altre risorse devono essere loro date dalle nazioni
progredite, sotto forma di dono, di prestiti e d'investimenti finanziari: ciò
si faccia con generosità e senza cupidigia, da una parte, e si ricevano,
dall'altra, con tutta onestà.
Per instaurare un
vero ordine economico mondiale, bisognerà rinunciare ai benefici esagerati,
alle ambizioni nazionali, alla bramosia di dominazione politica, ai calcoli di
natura militaristica e alle manovre tendenti a propagare e imporre ideologie.
Vari sono i sistemi economici e sociali proposti; è desiderabile che gli
esperti possano trovare in essi un fondamento comune per un sano commercio
mondiale. Ciò sarà più facile se ciascuno, rinunciando ai propri pregiudizi, si
dispone di buon grado a condurre un sincero dialogo.
86. Alcune
norme opportune
In vista di
questa cooperazione, sembra utile proporre le norme seguenti:
a) Le nazioni in
via di sviluppo tendano soprattutto ad assegnare, espressamente e senza
equivoci, come fine del progresso la piena espansione umana dei cittadini. Si
ricordino che questo progresso trova innanzi tutto la sua origine e il suo
dinamismo nel lavoro e nella ingegnosità delle popolazioni stesse, visto che
esso deve sl far leva sugli aiuti esterni, ma, prima di tutto, sulla
valorizzazione delle proprie risorse nonché sulla propria cultura e tradizione.
In questa materia, quelli che esercitano sugli altri maggiore influenza devono
dare l'esempio.
b) È dovere
gravissimo delle nazioni evolute di aiutare i popoli in via di sviluppo ad
adempiere i compiti sopraddetti. Perciò esse procedano a quelle revisioni
interne, spirituali e materiali, richieste da questa cooperazione universale.
Così bisogna che negli scambi con le nazioni più deboli e meno fortunate
abbiano riguardo al bene di quelle che hanno bisogno per la loro stessa
sussistenza dei proventi ricavati dalla vendita dei propri prodotti.
c) Spetta alla
comunità internazionale coordinare e stimolare lo sviluppo, curando tuttavia di
distribuire con la massima efficacia ed equità le risorse a ciò destinate.
Salvo il principio di sussidiarietà, ad essa spetta anche di ordinare i
rapporti economici mondiali secondo le norme della giustizia.
Si fondino
istituti capaci di promuovere e di regolare il commercio internazionale,
specialmente con le nazioni meno sviluppate, e destinati pure a compensare gli
inconvenienti che derivano dall'eccessiva disuguaglianza di potere fra le
nazioni. Accanto all'aiuto tecnico, culturale e finanziario, un simile
ordinamento dovrebbe mettere a disposizione delle nazioni in via di sviluppo le
risorse necessarie ad ottenere una crescita soddisfacente della loro economia.
d) In molti casi
è urgente procedere a una revisione delle strutture economiche e sociali. Ma
bisogna guardarsi dalle soluzioni tecniche premature, specialmente da quelle
che, mentre offrono all'uomo certi vantaggi materiali, si oppongono al suo
carattere spirituale e alla sua crescita. Poiché « non di solo pane vive
l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio » (Mt 4,4). Ogni parte
della famiglia umana reca in sé e nelle sue migliori tradizioni qualcosa di
quel tesoro spirituale che Dio ha affidato all'umanità, anche se molti ignorano
da quale fonte provenga.
87. La
cooperazione internazionale e l'accrescimento demografico
La cooperazione
internazionale è indispensabile soprattutto quando si tratta dei popoli che,
fra le molte altre difficoltà, subiscono oggi in modo tutto speciale quelle
derivanti da un rapido incremento demografico. È urgente e necessario ricercare
come, con la cooperazione intera ed assidua di tutti, specie delle nazioni più
favorite, si possa procurare e mettere a disposizione dell'intera comunità
umana quei beni che sono necessari alla sussistenza e alla conveniente
istruzione di ciascuno. Alcuni popoli potrebbero migliorare seriamente le loro
condizioni di vita se, debitamente istruiti, passassero dai vecchi metodi di
agricoltura ai nuovi procedimenti tecnici di produzione, applicandoli con la
prudenza necessaria alla situazione propria e se instaurassero inoltre un
migliore ordine sociale e attuassero una più giusta distribuzione della
proprietà terriera.
Nei limiti della
loro competenza, i governi hanno diritti e doveri per ciò che concerne il
problema demografico della nazione; come, ad esempio, per quanto riguarda la
legislazione sociale e familiare, le migrazioni dalla campagna alle città, o
quando si tratta dell'informazione relativa alla situazione e ai bisogni del
paese. Oggi gli animi sono molto agitati da questi problemi. Si deve quindi
sperare che cattolici competenti in tutte queste materie, in particolare nelle
università, proseguano assiduamente gli studi già iniziati e li sviluppino
maggiormente.
Poiché molti
affermano che l'accrescimento demografico nel mondo, o almeno in alcune
nazioni, debba essere frenato in maniera radicale con ogni mezzo e con non
importa quale intervento dell'autorità pubblica, il Concilio esorta tutti ad
astenersi da soluzioni contrarie alla legge morale, siano esse promosse o
imposte pubblicamente o in privato. Infatti, in virtù del diritto inalienabile
dell'uomo al matrimonio e alla generazione della prole, la decisione circa il
numero dei figli da mettere al mondo dipende dal retto giudizio dei genitori e
non può in nessun modo essere lasciata alla discrezione dell'autorità pubblica.
Ma siccome questo giudizio dei genitori suppone una coscienza ben formata, è di
grande importanza dare a tutti il modo di accedere a un livello di
responsabilità conforme alla morale e veramente umano, nel rispetto della legge
divina e tenendo conto delle circostanze. Tutto ciò esige un po' dappertutto un
miglioramento dei mezzi pedagogici e delle condizioni sociali, soprattutto una
formazione religiosa o almeno una solida formazione morale. Le popolazioni poi
siano opportunamente informate sui progressi della scienza nella ricerca di
quei metodi che potranno aiutare i coniugi in materia di regolamentazione delle
nascite, una volta che sia ben accertato il valore di questi metodi e stabilito
il loro accordo con la morale.
88. Il
compito dei cristiani nell'aiuto agli altri paesi
I cristiani cooperino
volentieri e con tutto il cuore all'edificazione dell'ordine internazionale,
nel rispetto delle legittime libertà e in amichevole fraternità con tutti.
Tanto più che la miseria della maggior parte del mondo è così grande che il
Cristo stesso, nella persona dei poveri reclama come a voce alta la carità dei
suoi discepoli. Si eviti questo scandalo: mentre alcune nazioni, i cui abitanti
per la maggior parte si dicono cristiani, godono d'una grande abbondanza di
beni, altre nazioni sono prive del necessario e sono afflitte dalla fame, dalla
malattia e da ogni sorta di miserie. Lo spirito di povertà e d'amore è infatti
la gloria e il segno della Chiesa di Cristo.
Sono, pertanto,
da lodare e da incoraggiare quei cristiani, specialmente i giovani, che spontaneamente
si offrono a soccorrere gli altri uomini e le altre nazioni. Anzi spetta a
tutto il popolo di Dio, dietro la parola e l'esempio dei suoi vescovi,
sollevare, nella misura delle proprie forze, la miseria di questi tempi; e ciò,
secondo l'antico uso della Chiesa, attingendo non solo dal superfluo, ma anche
dal necessario.
Le collette e la
distribuzione dei soccorsi materiali, senza essere organizzate in una maniera
troppo rigida e uniforme, devono farsi secondo un piano diocesano, nazionale e
mondiale; ovunque la cosa sembri opportuna, si farà in azione congiunta tra
cattolici e altri fratelli cristiani. Infatti lo spirito di carità non si
oppone per nulla all'esercizio provvido e ordinato dell'azione sociale e
caritativa; anzi l'esige. È perciò necessario che quelli che vogliono
impegnarsi al servizio delle nazioni in via di sviluppo ricevano una formazione
adeguata in istituti specializzati.
89.
Efficace presenza della Chiesa nella comunità internazionale
La Chiesa, in
virtù della sua missione divina, predica il Vangelo e largisce i tesori della
grazia a tutte le genti. Contribuisce così a rafforzare la pace in ogni parte
del mondo, ponendo la conoscenza della legge divina e naturale a solido
fondamento della solidarietà fraterna tra gli uomini e tra le nazioni. Perciò
la Chiesa dev'essere assolutamente presente nella stessa comunità delle
nazioni, per incoraggiare e stimolare gli uomini alla cooperazione vicendevole.
E ciò, sia attraverso le sue istituzioni pubbliche, sia con la piena e leale
collaborazione di tutti i cristiani animata dall'unico desiderio di servire a
tutti.
Per raggiungere
questo fine in modo più efficace, i fedeli stessi, coscienti della loro
responsabilità umana e cristiana, dovranno sforzarsi di risvegliare la volontà
di pronta collaborazione con la comunità internazionale, a cominciare dal
proprio ambiente di vita. Si abbia una cura particolare di formare in ciò i
giovani, sia nell'educazione religiosa che in quella civile.
90. La
partecipazione dei cristiani alle istituzioni internazionali
Indubbiamente una
forma eccellente d'impegno per i cristiani in campo internazionale è l'opera
che si presta, individualmente o associati, all'interno degli istituti già
esistenti o da costituirsi, con il fine di promuovere la collaborazione tra le
nazioni. Inoltre, le varie associazioni cattoliche internazionali possono
servire in tanti modi all'edificazione della comunità dei popoli nella pace e
nella fratellanza. Perciò bisognerà rafforzarle, aumentando il numero di
cooperatori ben formati, con i necessari sussidi e mediante un adeguato
coordinamento delle forze. Ai nostri giorni, infatti, efficacia d'azione e
necessità di dialogo esigono iniziative collettive. Per di più simili
associazioni giovano non poco a istillare quel senso universale, che tanto
conviene ai cattolici, e a formare la coscienza di una responsabilità e di una
solidarietà veramente universali.
Infine è
auspicabile che i cattolici si studino di cooperare, in maniera fattiva ed
efficace, sia con i fratelli separati, i quali pure fanno professione di carità
evangelica, sia con tutti gli uomini desiderosi della pace vera. Adempiranno
così debitamente al loro dovere in seno alla comunità internazionale. Il
Concilio, poi, dinanzi alle immense sventure che ancora affliggono la maggior
parte del genere umano, ritiene assai opportuna la creazione d'un organismo
della Chiesa universale, al fine di fomentare dovunque la giustizia e l'amore
di Cristo verso i poveri. Tale organismo avrà per scopo di stimolare la
comunità cattolica a promuovere lo sviluppo delle regioni bisognose e la
giustizia sociale tra le nazioni.
CONCLUSIONE
91. Compiti
dei singoli fedeli e delle Chiese particolari
Quanto viene
proposto da questo santo Sinodo fa parte del tesoro dottrinale della Chiesa e
intende aiutare tutti gli uomini del nostro tempo--sia quelli che credono in
Dio, sia quelli che esplicitamente non lo riconoscono -- affinché, percependo
più chiaramente la pienezza della loro vocazione, rendano il mondo più conforme
all'eminente dignità dell'uomo, aspirino a una fratellanza universale poggiata
su fondamenti più profondi, e possano rispondere, sotto l'impulso dell'amore,
con uno sforzo generoso e congiunto agli appelli più pressanti della nostra
epoca.
Certo dinanzi
alla immensa varietà delle situazioni e delle forme di civiltà, questa
presentazione non ha volutamente, in numerosi punti, che un carattere del tutto
generale; anzi, quantunque venga presentata una dottrina già comune nella
Chiesa, siccome non raramente si tratta di realtà soggette a continua
evoluzione, l'insegnamento presentato qui dovrà essere continuato ed ampliato.
Tuttavia
confidiamo che le molte cose che abbiamo esposto, basandoci sulla parola di Dio
e sullo spirito del Vangelo, possano portare un valido aiuto a tutti, soprattutto
dopo che i cristiani, sotto la guida dei pastori, ne avranno portato a
compimento l'adattamento ai singoli popoli e alle varie mentalità.
92. Il
dialogo fra tutti gli uomini
La Chiesa, in
forza della missione che ha di illuminare tutto il mondo con il messaggio
evangelico e di radunare in un solo Spirito tutti gli uomini di qualunque
nazione, razza e civiltà, diventa segno di quella fraternità che permette e
rafforza un sincero dialogo.
Ciò esige che
innanzitutto nella stessa Chiesa promuoviamo la mutua stima, il rispetto e la
concordia, riconoscendo ogni legittima diversità, per stabilire un dialogo
sempre più fecondo fra tutti coloro che formano l'unico popolo di Dio, che si
tratti dei pastori o degli altri fedeli cristiani. Sono più forti infatti le
cose che uniscono i fedeli che quelle che li dividono; ci sia unità nelle cose
necessarie, libertà nelle cose dubbie e in tutto carità.
Il nostro
pensiero si rivolge contemporaneamente ai fratelli e alle loro comunità, che
non vivono ancora in piena comunione con noi, ma ai quali siamo uniti nella
confessione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e dal vincolo della
carità, memori che l'unità dei cristiani è oggi attesa e desiderata anche da
molti che non credono in Cristo.
Quanto più, in effetti,
questa unità crescerà nella verità e nell'amore, sotto la potente azione dello
Spirito Santo, tanto più essa diverrà per il mondo intero un presagio di unità
e di pace. Perciò, unendo le nostre energie ed utilizzando forme e metodi
sempre più adeguati al conseguimento efficace di così alto fine, nel momento
presente, cerchiamo di cooperare fraternamente, in una conformità al Vangelo
ogni giorno maggiore, al servizio della famiglia umana che è chiamata a
diventare in Cristo Gesù la famiglia dei figli di Dio.
Rivolgiamo anche
il nostro pensiero a tutti coloro che credono in Dio e che conservano nelle
loro tradizioni preziosi elementi religiosi ed umani, augurandoci che un
dialogo fiducioso possa condurre tutti noi ad accettare con fedeltà gli impulsi
dello Spirito e a portarli a compimento con alacrità.
Per quanto ci
riguarda, il desiderio di stabilire un dialogo che sia ispirato dal solo amore
della verità e condotto con la opportuna prudenza, non esclude nessuno: né
coloro che hanno il culto di alti valori umani, benché non ne riconoscano
ancora l'autore, né coloro che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano in
diverse maniere.
Essendo Dio Padre
principio e fine di tutti, siamo tutti chiamati ad essere fratelli. E perciò,
chiamati a una sola e identica vocazione umana e divina, senza violenza e senza
inganno, possiamo e dobbiamo lavorare insieme alla costruzione del mondo nella
vera pace.
93. Un
mondo da costruire e da condurre al suo fine
I cristiani,
ricordando le parole del Signore: «in questo conosceranno tutti che siete i
miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri» (Gv 13,35), niente possono
desiderare più ardentemente che servire con maggiore generosità ed efficacia
gli uomini del mondo contemporaneo. Perciò, aderendo fedelmente al Vangelo e
beneficiando della sua forza, uniti con tutti coloro che amano e praticano la
giustizia, hanno assunto un compito immenso da adempiere su questa terra: di
esso dovranno rendere conto a colui che tutti giudicherà nell'ultimo giorno.
Non tutti infatti
quelli che dicono: « Signore, Signore », entreranno nel regno dei cieli, ma
quelli che fanno la volontà del Padre e coraggiosamente agiscono. Perché la
volontà del Padre è che in tutti gli uomini noi riconosciamo ed efficacemente
amiamo Cristo fratello, con la parola e con l'azione, rendendo così
testimonianza alla verità, e comunichiamo agli altri il mistero dell'amore del
Padre celeste.
Così facendo,
risveglieremo in tutti gli uomini della terra una viva speranza, dono dello
Spirito Santo, affinché alla fine essi vengano ammessi nella pace e felicità
somma, nella patria che risplende della gloria del Signore. « A colui che,
mediante la potenza che opera in noi, può compiere infinitamente di più di
tutto ciò che noi possiamo domandare o pensare, a lui sia la gloria nella
Chiesa e in Cristo Gesù, per tutte le generazioni nei secoli dei secoli. Amen»
(Ef 3,20-21).