“Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli” (Atti: 2,42)

 

Innanzi tutto vediamo brevemente su cosa si basava l’insegnamento degli Apostoli, certamente non insegnavano materie di alta teologia, ma un approfondimento della parola di Dio, e di tutto quello che il Signore aveva loro insegnato essendo stati discepoli di “Gesù”, “Annunziavano le imperscrutabili ricchezze di Cristo, (ccc). Come sta scritto nella 1lettera di San Giovanni:

Ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta ( 1Gv 1,1-4 ).

 Ecco la buona novella il ” Vangelo”.

 Per noi cristiani questo annuncio  costituisce, la rivelazione di Dio; La Parola di Dio che rivela il piano salvifico del destino dell’uomo; annuncia la Buona Novella della salvezza, proclama la speranza dell’incontro col Signore la sua fedeltà. Attraverso la sua Parola Dio parla a la Chiesa riunita che deve rimanere in religioso ascolto, per crescere e riproporre autenticamente l’insegnamento degli Apostoli, alla comunità ecclesiale.

Al centro della catechesi: Cristo

Il Nuovo Catechismo, insegna che: "Al centro della catechesi noi troviamo essenzialmente una persona: quella di Gesù di Nazaret, unigenito del Padre. . . , il quale ha sofferto ed è morto per noi e ora, risorto, vive per sempre con noi. . . Catechizzare. . . è, dunque, svelare nella persona di Cristo l'intero disegno di Dio. . . E' cercare di comprendere il significato dei gesti e delle parole di Cristo, dei segni da lui operati" [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 5]. Lo scopo della catechesi: "Mettere. . . in comunione. . . con Gesù Cristo: egli solo può condurre all'amore del Padre nello Spirito e può farci partecipare alla vita della Santa Trinità" [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 5]. (C.C.C.426)

 

La Chiesa ha sempre venerato le Sacre Scritture.

Nella Chiesa primitiva le sacre Scritture venivano conservate nel Tabernacolo, come facevano con l’Eucaristia. La Chiesa nella Sacra Liturgia si nutre di un doppio cibo e nella stessa mensa: il Corpo e il Sangue di Gesù e la Parola. Nella vita di ogni cristiano ci deve essere quotidianamente la lettura e meditazione della Sacra Scrittura, perché come dice San Girolamo:   

“ L’ignoranza delle scritture è ignoranza di Cristo” .

 

 Sant’Ambrogio insegna:

 “Quando preghiamo parliamo con Dio quando leggiamo gli oracoli divini ascoltiamo Lui”.

 

Perciò è nostro dovere non soltanto leggere la Bibbia ma dobbiamo attendere alle parole di esortazione di San Giacomo ai primi cristiani:

“Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non soltanto ascoltatori” (Giacomo 1,22).

 

Dopo la Pentecoste le prime comunità cristiane radunati nel nome di Gesù erano cosi convinte della Risurrezione di Gesù lo sentono vivo e vicino che ripetono convinte:

 “Gesù è vivo! Gesù è Risorto! Gesù è il Signore!

 

 È in cambio lo Spirito Santo guida e opera nella comunità e introduce i discepoli alla verità tutta intera (Gv 16,13) e ispira le narrazioni e i testi che nascono nella comunità.

La prima comunità non si accontenta di trasmettere letteralmente le parole di Gesù come dottrina da tramandare, presenta non solo l’insegnamento del Gesù storico ma anche il rapporto che gli attuali credenti hanno con Gesù risorto.

Annunciano non solo chi era stato Gesù, ma anche chi è ora Gesù per loro; riportano non solo le parole dette allora da Lui; ma anche la loro attualizzazzione oggi, alla luce dello Spirito Santo promesso da Gesù. Per quaranta giorni, in vari apparizioni, Gesù aveva intrattenuto i discepoli sul come trasformare il mondo in Regno di Dio; dicendo:

“Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (Atti: 1,8).

 

 Qual’era il segreto della comunione e dell’unità di queste prime comunità?

 

In quanto alla comunione:

“ Erano un cuore solo è un’anima sola” (cf Atti: 5,32)

 

In quanto All’unità:

“Tutti stavano insieme, insieme frequentavano il Tempio, insieme spezzavano il pane” (At 2; 42,45).

 

I Frutti:

“ Godevano della simpatia di tutto il popolo a tal punto di richiamare l’attenzione dei pagani; guarda come si amano… come si vogliono bene!”. (cf At 2,47).

 

Qual’ è  il segreto di questa prima comunità che ha ottenuto la simpatia di tutto il popolo?

praticavano una intensa preghiera comunitaria e personale;

si dedicavano costantemente alla lettura, allo studio, all’approfondimento della Parola di Dio. Attraverso questo esercizio costante:

“ Il Signore ogni giorno, aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati”. 

 

Aperti allo Spirito Santo, sapevano accogliersi in fraternità, si stimavano a vicenda, erano sottomessi gli uni e gli altri, in umiltà avevano “ un senso di timore per i prodigi e segni che avvenivano per opera degli Apostoli ( anziani della comunità) (At 2,43).

 

Qual è il modo di raggiungere questa comunione e unità, assicurando i frutti?

 

San Giovanni c’è ne presenta i principi e il segreto :

“Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità”. (1 Gv 3,18),

tanto è facile parlare d’amore quanto è difficile praticarlo. L’atto vero di carità, tutti lo sappiamo, è costoso e qualche volta scomodo, mentre le parole d’amore sono facili.

Dovremmo non dimenticare che “ Si parla con la lingua , ma si ama con il cuore”. Altro è affermare, altro è vivere quanto si afferma. Non basta amare, bisogna dimostrarlo concretamente.

Dio non ci chiederà come abbiamo creduto, ma come abbiamo amato.

Sant’Agostino dice:  ama è fai ciò che vuoi!

 

Molte volte, forse, amiamo, ma da egoisti cercando vantaggi personali ricompense e soddisfazioni gratificanti.

Cerchiamo di essere perdonati più che perdonare, amati più che amare, di essere consolati più che consolare, di ricevere più che donare. Vorremmo amare senza pagare di persona, senza rimetterci del nostro, con la paura di passare per stolti dimenticando che amare è l’avventura più bella, l’esperienza meravigliosa fonte di santità.

In questo cammino di santità bisogna essere capolavori dello Spirito Santo che ci plasma e ci modella ad immagine di Cristo ma abbiamo bisogno di accogliere nella nostra vita la potenza salvifica del Nome di Gesù che ci salva e ci mette in cammino.

 

Questo è il miracolo la potenza, che ci ridona la vita. Quinti fratelli vi esorto non sciupiamo la Parola. Durante la preghiera comunitaria, il Signore ci parla attraverso la sua Parola che   deve calare nel nostro cuore con l’aiuto dello Spirito Santo è farne tesoro per la nostra crescita spirituale. . Egli ci parla e noi dobbiamo sapere ascoltare, affinché tutto quello che Egli ci insegna non venga perduto , come in quel giorno dopo la moltiplicazione dei pani  Gesù  fa raccogliere i pezzi avanzati, perché, nulla venga perduto di ciò che viene da Dio.

 

 Cosa significa ascoltare Dio?

                                                                                                                          Significa guardare Dio. Sguardo e ascolto vanno insieme, lI primo mezzo per comunicare è il silenzio. Sbaglia chi crede che il silenzio sia un diaframma tra persone che porta all’isolamento. I momenti più belli dei rapporti anche umani sono i momenti in cui ci si guarda negli occhi senza dir niente. Il silenzio può esprimere una fusione di cuori, un’intimità che nessuna parola Un’anima inebriata dalla presenza di Dio non trova più parole.

Per ascoltare bisogna stare in silenzio, senza pregiudizi, con semplicità, per accogliere la parte migliore come Maria la sorella di Marta e di Lazzaro. Per Maria "sedutasi ai piedi di Gesù" non esiste più niente: c’è lui solo. Lo guarda con occhi estasiati e pieni d’amore. "Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà tolta". 

 

Come ci parla Dio?                                                                                                                           

Il bisogno di comunicare con il Tu divino, di cui nella fede avvertiamo la presenza, si esprime dunque attraverso la parola, rispettando però le norme del dialogo. Molti pensano che pregare significhi semplicemente parlare con Dio. E non si accorgono di cadere così nel monologo. C’è dialogo tra due persone quando parlano entrambi. Se poi tra i due uno emerge sull’altro per dignità, spetta a lui la prima battuta del dialogo. Qui l’interlocutore è il Signore: dovrò lasciare che anzitutto parli lui. Pregare è soprattutto ascoltare. La mia non potrà essere che una risposta.

Ora il mezzo privilegiato con cui Dio mi parla è la Parola ispirata, la Bibbia. Dio parla certamente anche attraverso le creature, gli avvenimenti, le voci intime del mio cuore, ma senza la luce della Parola ispirata non saprei decifrarne il linguaggio, perché la parola viene trasmessa dallo Spirito Santo.

Nella storia della salvezza è la Parola profetica che illumina gli avvenimenti indicando il senso che assumono nel piano di Dio.

 

Sarà dunque la Bibbia il grande mezzo per mettermi in ascolto:

Anche se noi non percepiamo parole udibili provenienti da Dio, tuttavia, alcune parole di Dio hanno segnato la nostra vita. Questo vuol dire che Cristo ci ha parlato. Non lo abbiamo udito, ma Cristo è Parola.

Egli ci ha parlato nei momenti di solitudine, nei momenti di deserto, nella sofferenza ci ha dato guarigione e consolazione in tantissimi momenti di solitudine Dio ci ha parlato in maniera particolare.

Quindi Dio parla, è l’uomo è fatto per ascoltare e per risponderGli, perché è fatto a sua immagine e somiglianza.

 

Come ascoltare Dio?

 

La Bibbia ci dice: “Dio si ascolta con il cuore l’uomo guarda l’apparenza il Signore guarda il cuore” (1 Samuele 16,7).

La Parola di Dio,  allora,va ascoltata non con le orecchie ma con il cuore: “ Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscano e producano frutto con perseveranza” (Lc 8,15).

 

Ascoltare con il cuore significa lasciare operare la Parola. C’è un momento nella nostra vita di ognuno di noi, in cui la Parola opera un taglio, rompe i nostri piani, scombussola le nostre idee, ci fa sentire poveri, bisognosi di tutto e di tutti. In quel momento la Parola è come l’aratro che rimuove la terra per la semina, Dice il Signore:

LA mia Parola non è forse come  il fuoco e come un martello che spacca la roccia?”.

 

La Parola come un martello sbriciola il nostro cuore di pietra e lo trasforma in un cuore nuovo. La Parola vuole operare in noi la nascita di un essere nuovo dopo aver distrutto il vecchio. La Parola non ci è data per aumentare le nostre conoscenze, per informarci, né per moltiplicare le nostre attività, ma per trasformarci. Se ascoltiamo con il cuore diamo vita a tutto il nostro essere e lo manifestiamo secondo le parole di San Luca:

 “Nono c’è nulla di nascosto che non debba essere manifestato nulla di segreto che debba essere conosciuto e venire in piena luce” (Lc 8,17).

 

 Chi è ascoltatore della Parola di Dio porta i frutti a suo tempo.

 

Quali sono i frutti?

 

La Parola, attraverso San Giovanni  ci dice: “Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto  perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5),

e attraverso San Paolo

“ Non contristate lo Spirito (Ef 4,30) né rendete vani i suoi frutti: “ amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, fedeltà, mitezza, dominio di sé (Gal 5,22). 

 

Non dimentichiamo che un albero anche se è alto e robusto che non dia frutti a suo tempo, è un albero sterile, inutile.

Il Signore, in questi 25 anni di cammino spirituale del Rinnovamento nello Spirito per mezzo dello Spirito Santo con i suoi molti gruppi è un albero meraviglioso che ha dato già i suoi frutti: (famiglie nuove guarite e rinsaldate dall’amore di Dio, conversioni, servizi in campo sociale, liturgico , caritativo e altro ancora), che è in continuo sviluppo qualitativo e dottrinale.due sono le ramificazioni principali che questo albero:

 

1.    La ramificazione personale.

2.    La ramificazione comunitaria.

 

 La ramificazione personale non può che aspirare al frutto più bello: la Santità.

 

Aspiriamo seriamente a questa meta?

 

Questa meta personale deve essere perseguita con tutte le forze senza soste, tenacemente!

Gesù ci ha chiamati perché diventassimo santi: con la sua grazia tutti possiamo diventarlo, perché tutto è possibile con il suo aiuto (Mt 19,26), accompagnato dalla nostra corrispondenza.

Ricordiamoci che l’ostacolo maggiore e vero nemico della Santità siamo noi stessi.

“Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù” (Col 3,1).

Se  Gesù  abita nel nostro cuore,  avremo l’amico fedele che non tradisce mai, il vero amico oggi, domani e sempre. La fede è la capacità di avvertire questa presenza amorosa e benefica di Gesù in noi.

 

La ramificazione comunitaria.

 

Il vero frutto comunitario è la Chiesa, siamo chiamati ad essere chiesa,

amare la chiesa ; come Madre che ci ha generato nella fede depositaria della Parola di Dio.

 

 vivere nella Chiesa ; nuovo popolo di Dio adunato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Per concludere vorrei fare un ultimo invito, che dovrà essere la nostra futura tabella di marcia perché possiamo come ci è stato detto nella 1 lettera di San Giovanni 3,18:

“Amare non a parole e con la lingue, ma con i fatti e nella verità” .

 

E come ha detto Madre Teresa di Calcutta,  e concludo:

 

L’ascolto viene nel silenzio:

il frutto del silenzio è la preghiera,

il frutto della preghiera è la fede,

il frutto della fede è l’amore,

il frutto dell’amore è il servizio,

il frutto del servizio è la pace.

 

Questo è il segreto del nostro cammino, del nostro servizio, questo è il frutto della nostra vita, di comunione e di unità. A noi realizzarla con coraggio.

 

 ALLELUIA

23/06/2002