Castità
e omosessualità
2357
L'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano
un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo
sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti
culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi
sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi
depravazioni, [Cf Gen 19,1-29; Rm 1,24-27; 2357 1Cor 6,10; 1Tm 1,10 ] la
Tradizione ha sempre dichiarato che "gli atti di omosessualità sono
intrinsecamente disordinati" [Congregazione per la Dottrina della Fede,
Dich. Persona humana, 8]. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto
sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità
affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.
2358
Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali
innate. Costoro non scelgono la loro condizione omosessuale; essa costituisce
per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con
rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di
ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di
Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del
Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro
condizione.
2359
Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della
padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno,
talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia
sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla
perfezione cristiana.
III.
L'amore degli sposi
2360
La sessualità è ordinata all'amore coniugale dell'uomo e della donna. Nel
matrimonio l'intimità corporale degli sposi diventa un segno e un pegno della
comunione spirituale. Tra i battezzati, i legami del matrimonio sono santificati
dal sacramento.
2361
"La sessualità, mediante la quale l'uomo e la donna si donano l'uno
all'altra con gli atti propri ed esclusivi degli sposi, non è affatto qualcosa
di puramente biologico, ma riguarda l'intimo nucleo della persona umana come
tale. Essa si realizza in modo veramente umano solo se è parte integrante
dell'amore con cui l'uomo e la donna si impegnano totalmente l'uno verso l'altra
fino alla morte": [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 11]
Tobia
si alzò dal letto e disse a Sara: "Sorella, alzati! Preghiamo e domandiamo
al Signore che ci dia grazia e salvezza". Essa si alzò e si misero a
pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo:
"Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per tutte le
generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i cieli e tutte le creature per tutti
i secoli! Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di
aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: non
è cosa buona che l'uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui. Ora non
per lussuria io prendo questa mia parente, ma con rettitudine d'intenzione.
Degnati di avere misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla
vecchiaia". E dissero insieme: "Amen, amen!". Poi dormirono per
tutta la notte ( Tb 8,4-9 ).
2362
"Gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità, sono
onorevoli e degni, e, compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua
donazione che essi significano, ed arricchiscono vicendevolmente in gioiosa
gratitudine gli sposi stessi" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 49].
La sessualità è sorgente di gioia e di piacere:
Il
Creatore stesso. . . ha stabilito che nella reciproca donazione fisica totale
gli sposi provino un piacere e una soddisfazione sia del corpo sia dello
spirito. Quindi, gli sposi non commettono nessun male cercando tale piacere e
godendone. Accettano ciò che il Creatore ha voluto per loro. Tuttavia gli sposi
devono saper restare nei limiti di una giusta moderazione [Pio XII, discorso del
29 ottobre 1951].
2363
Mediante l'unione degli sposi si realizza il duplice fine del matrimonio: il
bene degli stessi sposi e la trasmissione della vita. Non si possono disgiungere
questi due significati o valori del matrimonio, senza alterare la vita
spirituale della coppia e compromettere i beni del matrimonio e l'avvenire della
famiglia.
L'amore
coniugale dell'uomo e della donna è così posto sotto la duplice esigenza della
fedeltà e della fecondità.
La
fedeltà coniugale
2364
La coppia coniugale forma una "intima comunità di vita e di amore. . .
fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie". "E' stabilita
dal patto coniugale, vale a dire dall'irrevocabile consenso personale" [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 48]. Gli sposi si donano definitivamente e
totalmente l'uno all'altro. Non sono più due, ma ormai formano una carne sola.
L'alleanza stipulata liberamente dai coniugi impone loro l'obbligo di
conservarne l'unità e l'indissolubilità [Cf Codice di Diritto Canonico, 1056].
"L'uomo non separi ciò che Dio ha congiunto" ( Mc 10,9 ) [Cf Mt
19,1-12; 2364 1Cor 7,10-11 ].
2365
La fedeltà esprime la costanza nel mantenere la parola data. Dio è fedele. Il
sacramento del Matrimonio fa entrare l'uomo e la donna nella fedeltà di Cristo
alla sua Chiesa. Mediante la castità coniugale, essi rendono testimonianza a
questo mistero di fronte al mondo.
San
Giovanni Crisostomo suggerisce ai giovani sposi di fare questo discorso alla
loro sposa: "Ti ho presa tra le mie braccia, ti amo, ti preferisco alla mia
stessa vita. Infatti l'esistenza presente è un soffio, e il mio desiderio più
vivo è di trascorrerla con te in modo tale da avere la certezza che non saremo
separati in quella futura. .. Metto l'amore per te al di sopra di tutto e nulla
sarebbe per me più penoso che il non essere sempre in sintonia con te"
[San Giovanni Crisostomo, Homiliae in ad Ephesios, 20, 8: PG 62, 146-147].
La
fecondità del matrimonio
2366
La fecondità è un dono, un fine del matrimonio; infatti l'amore coniugale
tende per sua natura ad essere fecondo. Il figlio non viene ad aggiungersi
dall'esterno al reciproco amore degli sposi; sboccia al cuore stesso del loro
mutuo dono, di cui è frutto e compimento. Perciò la Chiesa, che "sta
dalla parte della vita", [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris
consortio, 30] "insegna che qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere
aperto alla trasmissione della vita" [Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae,
11]. "Tale dottrina, più volte esposta dal magistero della Chiesa, è
fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può
rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell'atto coniugale: il
significato unitivo e il significato procreativo" [Paolo VI, Lett. enc.
Humanae vitae, 11].
2367
Chiamati a donare la vita, gli sposi partecipano della potenza creatrice e della
paternità di Dio [Cf Ef 3,14; Mt 23,9 ]. "Nel compito di trasmettere la
vita umana e di educarla, che deve essere considerato come la loro propria
missione, i coniugi sanno di essere cooperatori dell'amore di Dio Creatore e
come suoi interpreti. E perciò adempiranno il loro dovere con umana e cristiana
responsabilità" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 50].
2368
Un aspetto particolare di tale responsabilità riguarda la regolazione delle
nascite. Per validi motivi gli sposi possono voler distanziare le nascite dei
loro figli. Devono però verificare che il loro desiderio non sia frutto di
egoismo, ma sia conforme alla giusta generosità di una paternità responsabile.
Inoltre regoleranno il loro comportamento secondo i criteri oggettivi della
moralità:
Quando
si tratta di comporre l'amore coniugale con la trasmissione responsabile della
vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera
intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri
oggettivi, che hanno il loro fondamento nella natura stessa della persona umana
e dei suoi atti, criteri che rispettano, in un contesto di vero amore, l'integro
senso della mutua donazione e della procreazione umana; e tutto ciò non sarà
possibile se non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità
coniugale [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51].
2369
"Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo,
l'atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore e il suo
ordinamento all'altissima vocazione dell'uomo alla paternità" [Paolo VI,
Lett. enc. Humanae vitae, 12].
2370
La continenza periodica, i metodi di regolazione delle nascite basati
sull'auto-osservazione e il ricorso ai periodi infecondi [Cf ibid., 16] sono
conformi ai criteri oggettivi della moralità. Tali metodi rispettano il corpo
degli sposi, incoraggiano tra loro la tenerezza e favoriscono l'educazione ad
una libertà autentica. Al contrario, è intrinsecamente cattiva "ogni
azione che, o in previsione dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello
sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo,
di impedire la procreazione" [Cf ibid., 16].
Al
linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la
contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contradditorio, quello cioè
del non donarsi all'altro in totalità: ne deriva non soltanto il positivo
rifiuto all'apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell'interiore verità
dell'amore coniugale, chiamato a donarsi in totalità personale. [Tale
differenza antropologica e morale tra la contraccezione e il ricorso ai ritmi
periodici] coinvolge in ultima analisi due concezioni della persona e della
sessualità umana tra loro irriducibili [Giovanni Paolo II, Esort. ap.
Familiaris consortio, 32].
2371
"Sia chiaro a tutti che la vita dell'uomo e il compito di trasmetterla non
sono limitati solo a questo tempo e non si possono commisurare e capire in
questo mondo soltanto, ma riguardano sempre il destino eterno degli uomini
" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51].
2372
Lo Stato è responsabile del benessere dei cittadini. E' legittimo che, a questo
titolo, prenda iniziative al fine di orientare la demografia della popolazione.
Può farlo con un'informazione obiettiva e rispettosa, mai però con imposizioni
autoritarie e cogenti. Non può legittimamente sostituirsi all'iniziativa degli
sposi, primi responsabili della procreazione e dell'educazione dei propri figli
[Cf Paolo VI, Lett. enc. Humanae
vitae, 23; Id. , Lett. enc. Populorum progressio, 37]. Non
è autorizzato a favorire mezzi di regolazione demografica contrari alla morale.
Il
dono del figlio
2373
La Sacra Scrittura e la pratica tradizionale della Chiesa vedono nelle famiglie
numerose un segno della benedizione divina e della generosità dei genitori [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 50].
2374
Grande è la sofferenza delle coppie che si scoprono sterili. "Che mi
darai? - chiede Abramo a Dio - Io me ne vado senza figli. . . " ( Gen 15,2
). "Dammi dei figli, se no io muoio!" grida Rachele al marito Giacobbe
( Gen 30,1 ).
2375
Le ricerche finalizzate a ridurre la sterilità umana sono da incoraggiare, a
condizione che si pongano "al servizio della persona umana, dei suoi
diritti inalienabili e del suo bene vero e integrale, secondo il progetto e la
volontà di Dio" [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum
vitae, intr. 2].
2376
Le tecniche che provocano una dissociazione dei genitori, per l'intervento di
una persona estranea alla coppia (dono di sperma o di ovocita, prestito
dell'utero) sono gravemente disoneste. Tali tecniche (inseminazione e
fecondazione artificiali eterologhe) ledono il diritto del figlio a nascere da
un padre e da una madre conosciuti da lui e tra loro legati dal matrimonio.
Tradiscono "il diritto esclusivo [ degli sposi] a diventare padre e madre
soltanto l'uno attraverso l'altro" [Congregazione per la Dottrina della
Fede, Istr. Donum vitae, intr. 2].
2377
Praticate in seno alla coppia, tali tecniche (inseminazione e fecondazione
artificiali omologhe) sono, forse, meno pregiudizievoli, ma rimangono moralmente
inaccettabili. Dissociano l'atto sessuale dall'atto procreatore. L'atto che
fonda l'esistenza del figli non è più un atto con il quale due persone si
donano l'una all'altra, bensì un atto che "affida la vita e l'identità
dell'embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della
tecnica sull'origine e sul destino della persona umana. Una siffatta relazione
di dominio è in sé contraria alla dignità e alla uguaglianza che dev'essere
comune a genitori e figli" [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr.
Donum vitae, intr. 2]. "La procreazione è privata dal punto di vista
morale della sua perfezione propria quando non è voluta come il frutto
dell'atto coniugale, e cioè del gesto specifico della unione degli sposi. . . ;
soltanto il rispetto del legame che esiste tra i significati dell'atto
coniugale, e il rispetto dell'unità dell'essere umano consente una procreazione
conforme alla dignità della persona" [Congregazione per la Dottrina della
Fede, Istr. Donum vitae, intr. 2].
2378
Il figlio non è qualcosa di dovuto, ma un dono. Il "dono più grande del
matrimonio" è una persona umana. Il figlio non può essere considerato
come oggetto di proprietà: a ciò condurrebbe il riconoscimento di un preteso
"diritto al figlio". In questo campo, soltanto il figlio ha veri
diritti: quello "di essere il frutto dell'atto specifico dell'amore
coniugale dei suoi genitori e anche il diritto a essere rispettato come persona
dal momento del suo concepimento" [Congregazione per la Dottrina della
Fede, Istr. Donum vitae, II, 8].
2379
Il Vangelo mostra che la sterilità fisica non è un male assoluto. Gli sposi
che, dopo aver esaurito i legittimi ricorsi alla medicina, soffrono di sterilità,
si uniranno alla croce del Signore, sorgente di ogni fecondità spirituale. Essi
possono mostrare la loro generosità adottando bambini abbandonati oppure
compiendo servizi significativi a favore del prossimo.
IV.
Le offese alla dignità del matrimonio
2380
L' adulterio. Questa parola designa l'infedeltà coniugale. Quando due partner,
di cui almeno uno è sposato, intrecciano tra loro una relazione sessuale, anche
episodica, commettono un adulterio. Cristo condanna l'adulterio anche se
consumato con il seplice desiderio [Cf Mt 5,27-28 ]. Il sesto comandamento e il
il Nuovo Testamento proibiscono l'adulterio in modo assoluto [Cf Mt 5,32; Mt
19,6; Mc 10,11; 1Cor 6,9-10 ]. I profeti ne denunciano la gravità.
Nell'adulterio essi vedono simboleggiato il peccato di idolatria [Cf Os 2,7; Ger
5,7; Ger 13,27 ].
2381
L'adulterio è un'ingiustizia. Chi lo commette vien meno agli impegni assunti.
Ferisce quel segno dell'Alleanza che è il vincolo matrimoniale, lede il diritto
dell'altro coniuge e attenta all'istituto del matrimonio, violando il contratto
che lo fonda. Compromette il bene della generazione umana e dei figli, i quali
hanno bisogno dell'unione stabile dei genitori.
Il
divorzio
2382
Il Signore Gesù ha insistito sull'intenzione originaria del Creatore, che
voleva un matrimonio indissolubile [Cf Mt 5,31-32; Mt 19,3-9; Mc 10,9; 2382 Lc
16,18; 1Cor 7,10-11 ]. Abolisce le tolleranze che erano state a poco a poco
introdotte nella Legge antica [Cf Mt 19,7-9 ].
Tra
i battezzati cattolici "il matrimonio rato e consumato non può essere
sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte"
[Codice di Diritto Canonico, 1141].
2383
La separazione degli sposi con la permanenza del vincolo matrimoniale può
essere legittima in certi casi contemplati dal Diritto canonico [Cf Codice di
Diritto Canonico, 1151-1155].
Se
il divorzio civile rimane l'unico modo possibile di assicurare certi diritti
legittimi, quali la cura dei figli o la tutela del patrimonio, può essere
tollerato, senza che costituisca una colpa morale.
2384
Il divorzio è una grave offesa alla legge naturale. Esso pretende di sciogliere
il patto liberamente stipulato dagli sposi, di vivere l'uno con l'altro fino
alla morte. Il divorzio offende l'Alleanza della salvezza, di cui il matrimonio
sacramentale è segno. Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se
riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge
risposato si trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e
permanente:
Se
il marito, dopo essersi separato dalla propria moglie, si unisce ad un'altra
donna, è lui stesso adultero, perché fa commettere un adulterio a tale donna;
e la donna che abita con lui è adultera, perché ha attirato a sé il marito di
un'altra [San Basilio di Cesarea, Moralia, regola 73: PG 31, 849D-853B].
2385
Il carattere immorale del divorzio deriva anche dal disordine che esso introduce
nella cellula familiare e nella società. Tale disordine genera gravi danni: per
il coniuge, che si trova abbandonato; per i figli, traumatizzati dalla
separazione dei genitori, e sovente contesi tra questi; per il suo effetto
contagioso, che lo rende una vera piaga sociale.
2386
Può avvenire che uno dei coniugi sia vittima innocente del divorzio pronunciato
dalla legge civile; questi allora non contravviene alla norma morale. C'è
infatti una differenza notevole tra il coniuge che si è sinceramente sforzato
di rimanere fedele al sacramento del Matrimonio e si vede ingiustamente
abbandonato, e colui che, per sua grave colpa, distrugge un matrimonio
canonicamente valido [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio,
84].
Altre
offese alla dignità del matrimonio
2387
Si comprende il dramma di chi, desideroso di convertirsi al Vangelo, si vede
obbligato a ripudiare una o più donne con cui ha condiviso anni di vita
coniugale. Tuttavia la poligamia è in contrasto con la legge morale.
Contraddice radicalmente la comunione coniugale; essa "infatti, nega in
modo diretto il disegno di Dio quale ci viene rivelato alle origini, perché è
contraria alla pari dignità personale dell'uomo e della donna, che nel
matrimonio si donano con un amore totale e perciò stesso unico ed
esclusivo" [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris
consortio, 19; cf Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 47]. Il cristiano che prima era poligamo, per
giustizia, ha il grave dovere di rispettare gli obblighi contratti nei confronti
di quelle donne che erano sue mogli e dei suoi figli.
2388
L' incesto consiste in relazioni intime tra parenti o affini, a un grado che
impedisce tra loro il matrimonio [Cf Lv 18,7-20 ]. San Paolo stigmatizza questa
colpa particolarmente grave: "Si sente da per tutto parlare d'immoralità
tra voi. . . al punto che uno convive con la moglie di suo padre!. . . Nel nome
del Signore nostro Gesù. . . questo individuo sia dato in balia di Satana per
la rovina della sua carne. . . "( 1Cor 5,1; 1Cor 5,4-5 ). L'incesto
corrompe le relazioni familiari e segna un regresso verso l'animalità.
2389
Si possono collegare all'incesto gli abusi sessuali commessi da adulti su
fanciulli o adolescenti affidati alla loro custodia. In tal caso la colpa è, al
tempo stesso, uno scandaloso attentato all'integrità fisica e morale dei
giovanetti, i quali ne resteranno segnati per tutta la loro vita, ed è altresì
una violazione della responsabilità educativa.
2390
Si ha una libera unione quando l'uomo e la donna rifiutano di dare una forma
giuridica e pubblica a un legame che implica l'intimità sessuale.
L'espressione
è fallace: che senso può avere una unione in cui le persone non si impegnano
l'una nei confronti dell'altra, e manifestano in tal modo una mancanza di
fiducia nell'altro, in se stesso o nell'avvenire?
L'espressione
abbraccia situazioni diverse: concubinato, rifiuto del matrimonio come tale,
incapacità a legarsi con impegni a lungo termine [Cf Giovanni Paolo II, Esort.
ap. Familiaris consortio, 81]. Tutte queste situazioni costituiscono un'offesa
alla dignità del matrimonio; distruggono l'idea stessa della famiglia;
indeboliscono il senso della fedeltà. Sono contrarie alla legge morale: l'atto
sessuale deve aver posto esclusivamente nel matrimonio; al di fuori di esso
costituisce sempre un peccato grave ed esclude dalla Comunione sacramentale.
2391
Parecchi attualmente reclamano una specie di " diritto alla prova "
quando c'è intenzione di sposarsi. Qualunque sia la fermezza del proposito di
coloro che si impegnano in rapporti sessuali prematuri, tali rapporti "non
consentono di assicurare, nella sua sincerità e fedeltà, la relazione
interpersonale di un uomo e di una donna, e specialmente di proteggerla dalle
fantasie e dai capricci" [Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich.
Persona humana, 7]. L'unione carnale è moralmente legittima solo quando tra
l'uomo e la donna si sia instaurata una comunità di vita definitiva. L'amore
umano non ammette la "prova". Esige un dono totale e definitivo delle
persone tra loro [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 80].
In
sintesi
2392
"L'amore è la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano"
[Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 80].
2393
Creando l'essere umano uomo e donna, Dio dona all'uno e all'altra, in modo
uguale, la dignità personale. Spetta a ciascuno, uomo e donna, riconoscere e
accettare la propria identità sessuale.
2394
Cristo è il modello della castità. Ogni battezzato è chiamato a condurre una
vita casta, ciascuno secondo lo stato di vita che gli è proprio.
2395
La castità significa l'integrazione della sessualità nella persona. Richiede
che si acquisisca la padronanza della persona.
2396
Tra i peccati gravemente contrari alla castità, vanno citate la masturbazione,
la fornicazione, la pornografia e le pratiche omosessuali.
2397
L'alleanza liberamente contratta dagli sposi implica un amore fedele. Essa
impone loro l'obbligo di conservare l'indissolubilità del loro matrimonio.
2398
La fecondità è un bene, un dono, un fine del matrimonio. Donando la vita, gli
sposi partecipano della paternità di Dio.
2399
La regolazione delle nascite rappresenta uno degli aspetti della paternità e
della maternità responsabili. La legittimità delle intenzioni degli sposi non
giustifica il ricorso a mezzi moralmente inaccettabili (per es. la
sterilizzazione diretta o la contraccezione).
2400
L'adulterio e il divorzio, la poligamia e la libera unione costituiscono gravi
offese alla dignità del matrimonio.
Articolo
7
IL
SETTIMO COMANDAMENTO
Non
rubare ( Es 20,15; Dt 5,19 ).
Non
rubare ( Mt 19,18 ).
2401
Il settimo comandamento proibisce di prendere o di tenere ingiustamente i beni
del prossimo e di arrecare danno al prossimo nei suoi beni in qualsiasi modo.
Esso prescrive la giustizia e la carità nella gestione dei beni materiali e del
frutto del lavoro umano. Esige, in vista del bene comune, il rispetto della
destinazione universale dei beni e del diritto di proprietà privata. La vita
cristiana si sforza di ordinare a Dio e alla carità fraterna i beni di questo
mondo.
I.
La destinazione universale e
la
proprietà privata dei beni
2402
All'inizio, Dio ha affidato la terra e le sue risorse alla gestione comune
dell'umanità, affinché se ne prendesse cura, la dominasse con il suo lavoro e
ne godesse i frutti [Cf Gen 1,26-29 ]. I beni della creazione sono destinati a
tutto il genere umano. Tuttavia la terra è suddivisa tra gli uomini, perché
sia garantita la sicurezza della loro vita, esposta alla precarietà e
minacciata dalla violenza. L'appropriazione dei beni è legittima al fine di
garantire la libertà e la dignità delle persone, di aiutare ciascuno a
soddisfare i propri bisogni fondamentali e i bisogni di coloro di cui ha la
responsabilità. Tale appropriazione deve consentire che si manifesti una
naturale solidarietà tra gli uomini.
2403
Il diritto alla proprietà privata, acquisita con il lavoro, o ricevuta da altri
in eredità, oppure in dono, non elimina l'originaria donazione della terra
all'insieme dell'umanità. La destinazione universale dei beni rimane primaria,
anche se la promozione del bene comune esige il rispetto della proprietà
privata, del diritto ad essa e del suo esercizio.
2404
"L'uomo, usando dei beni creati, deve considerare le cose esteriori che
legittimamente possiede, non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso
che possano giovare non unicamente a lui, ma anche agli altri" [Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 69]. La proprietà di un bene fa di colui che lo
possiede un amministratore della Provvidenza, per farlo fruttificare e spartirne
i frutti con gli altri, e, in primo luogo, con i propri congiunti.
2405
I beni di produzione - materiali o immateriali - come terreni o stabilimenti,
competenze o arti, esigono le cure di chi li possiede, perché la loro fecondità
vada a vantaggio del maggior numero di persone. Coloro che possiedono beni d'uso
e di consumo devono usarne con moderazione, riservando la parte migliore
all'ospite, al malato, al povero.
2406
L' autorità politica ha il diritto e il dovere di regolare il legittimo
esercizio del diritto di proprietà in funzione del bene comune [Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 71; Lett. enc. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei
socialis, 42; Id. , Lett. enc. Centesimus annus, 40; 48].
II.
Il rispetto delle persone e dei loro beni
2407
In materia economica, il rispetto della dignità umana esige la pratica della
virtù della temperanza, per moderare l'attaccamento ai beni di questo mondo;
della virtù della giustizia, per rispettare i diritti del prossimo e dargli ciò
che gli è dovuto; e della solidarietà, seguendo la regola aurea e secondo la
liberalità del Signore, il quale "da ricco che era, si è fatto
povero" per noi, perché noi diventassimo "ricchi per mezzo della sua
povertà" ( 2Cor 8,9 ).