ESORTAZIONE
APOSTOLICA
POST-SINODALE
VITA CONSECRATA
DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
ALL'EPISCOPATO E AL CLERO
AGLI ORDINI E CONGREGAZIONI RELIGIOSE
ALLE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA
AGLI ISTITUTI SECOLARI
E A TUTTI I FEDELI
CIRCA LA VITA CONSACRATA E LA SUA MISSIONE
NELLA CHIESA E NEL MONDO
INTRODUZIONE
1. La vita consacrata, profondamente
radicata negli esempi e negli insegnamenti di Cristo Signore, è un dono di Dio
Padre alla sua Chiesa per mezzo dello Spirito. Con la professione dei consigli
evangelici i tratti caratteristici di Gesù — vergine, povero ed
obbediente — acquistano una tipica e permanente «visibilità» in mezzo al
mondo, e lo sguardo dei fedeli è richiamato verso quel mistero del Regno di
Dio che già opera nella storia, ma attende la sua piena attuazione nei cieli.
Lungo i secoli non sono mai mancati uomini e
donne che, docili alla chiamata del Padre e alla mozione dello Spirito, hanno
scelto questa via di speciale sequela di Cristo, per dedicarsi a Lui con cuore
«indiviso» (cfr 1 Cor 7, 34). Anch'essi hanno lasciato ogni cosa, come
gli Apostoli, per stare con Lui e mettersi, come Lui, al servizio di Dio e dei
fratelli. In questo modo essi hanno contribuito a manifestare il mistero e la
missione della Chiesa con i molteplici carismi di vita spirituale ed apostolica
che loro distribuiva lo Spirito Santo, e di conseguenza hanno pure concorso a
rinnovare la società.
Rendimento di grazie per la vita
consacrata
2. Il ruolo della vita consacrata nella
Chiesa è tanto rilevante che decisi di convocare un Sinodo per approfondirne il
significato e le prospettive, in vista dell'ormai imminente nuovo millennio.
Nell'Assemblea sinodale ho voluto che fossero presenti, accanto ai Padri, anche
numerosi consacrati e consacrate, affinché non mancasse il loro apporto alla
comune riflessione.Siamo tutti consapevoli della ricchezza che, per la comunità
ecclesiale, costituisce il dono della vita consacrata nella varietà dei suoi
carismi e delle sue istituzioni. Insieme rendiamo grazie a Dio per gli
Ordini e gli Istituti religiosi dediti alla contemplazione, alle opere di
apostolato, per le Società di vita apostolica, per gli Istituti secolari e per
altri gruppi di consacrati, come pure per tutti coloro che, nel segreto del
loro cuore, si dedicano a Dio con speciale consacrazione.Al Sinodo si è toccata
con mano l'universale diffusione della vita consacrata, presente nelle Chiese
di ogni parte della terra. Essa stimola ed accompagna lo sviluppo della
evangelizzazione nelle diverse regioni del mondo, dove non solo si ricevono con
gratitudine Istituti provenienti da fuori, ma se ne costituiscono di nuovi, con
grande varietà di forme e di espressioni.Così, se in alcune regioni della terra
gli Istituti di vita consacrata sembrano attraversare un momento di difficoltà,
in altre essi prosperano con sorprendente vigore, mostrando che la scelta di
totale donazione a Dio in Cristo non è per nulla incompatibile con la cultura e
la storia di ogni popolo. Né essa fiorisce soltanto dentro la Chiesa cattolica;
in realtà la si trova particolarmente viva nel monachesimo delle Chiese
ortodosse, quale tratto essenziale della loro fisionomia e sta iniziando o
riemergendo nelle Chiese e Comunità ecclesiali nate dalla Riforma, come segno
di una grazia comune dei discepoli di Cristo. Da tale constatazione deriva un
impulso all'ecumenismo che alimenta il desiderio di una comunione sempre più
piena fra i cristiani, «perché il mondo creda» (Gv 17, 21).
La vita consacrata, dono alla Chiesa
3. L'universale presenza della vita
consacrata e il carattere evangelico della sua testimonianza mostrano con tutta
evidenza — se ce ne fosse bisogno — che essa non è una realtà isolata e
marginale , ma tocca tutta la Chiesa. I Vescovi nel Sinodo lo hanno più
volte confermato: «de re nostra agitur», «è cosa che ci riguarda».1 In
realtà, la vita consacrata si pone nel cuore stesso della Chiesa come
elemento decisivo per la sua missione, giacché «esprime l'intima natura della
vocazione cristiana»2 e la tensione di tutta la Chiesa-Sposa verso l'unione con
l'unico Sposo.3 Al Sinodo è stato più volte affermato che la vita consacrata
non ha svolto soltanto nel passato un ruolo di aiuto e di sostegno per la
Chiesa, ma è dono prezioso e necessario anche per il presente e per il futuro
del Popolo di Dio, perché appartiene intimamente alla sua vita, alla sua
santità, alla sua missione.4
Le attuali difficoltà, che non pochi
Istituti incontrano in alcune regioni del mondo, non devono indurre a sollevare
dubbi sul fatto che la professione dei consigli evangelici sia parte
integrante della vita della Chiesa, alla quale reca un prezioso impulso
verso una sempre maggiore coerenza evangelica.5 Si potrà avere storicamente una
ulteriore varietà di forme, ma non muterà la sostanza di una scelta che
s'esprime nel radicalismo del dono di sé per amore del Signore Gesù e, in Lui,
di ogni componente della famiglia umana. Su questa certezza, che ha
animato innumerevoli persone nel corso dei secoli, il popolo cristiano
continua a contare, ben sapendo di poter trarre dall'apporto di queste
anime generose un validissimo sostegno nel suo cammino verso la patria del
cielo.
Raccogliendo i frutti del Sinodo
4. Aderendo al desiderio manifestato
dall'Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi raccolta per
riflettere sul tema «La vita consacrata e la sua missione nella Chiesa e nel
mondo», intendo proporre in questa Esortazione apostolica i frutti
dell'itinerario sinodale6 e mostrare a tutti i fedeli — Vescovi, presbiteri,
diaconi, persone consacrate e laici —, come pure a quanti vorranno porsi in
ascolto, le meraviglie che il Signore anche oggi vuole compiere attraverso la
vita consacrata.Questo Sinodo, venendo dopo quelli dedicati ai laici e ai
presbiteri, completa la trattazione delle peculiarità che caratterizzano gli
stati di vita voluti dal Signore Gesù per la sua Chiesa. Se infatti nel
Concilio Vaticano II è stata sottolineata la grande realtà della comunione
ecclesiale, nella quale convergono tutti i doni in vista della costruzione del
Corpo di Cristo e della missione della Chiesa nel mondo, in questi ultimi anni
si è avvertita la necessità di esplicitare meglio l'identità dei vari stati
di vita, la loro vocazione e la loro missione specifica nella Chiesa.
La comunione nella Chiesa non è infatti
uniformità, ma dono dello Spirito che passa anche attraverso la varietà dei
carismi e degli stati di vita. Questi saranno tanto più utili alla Chiesa e
alla sua missione, quanto maggiore sarà il rispetto della loro identità. In
effetti, ogni dono dello Spirito è concesso perché fruttifichi per il Signore7
nella crescita della fraternità e della missione.
L'opera dello Spirito nelle varie forme di vita consacrata
5. Come non ricordare con gratitudine verso
lo Spirito l'abbondanza delle forme storiche di vita consacrata, da Lui
suscitate e tuttora presenti nel tessuto ecclesiale? Esse si presentano come
una pianta dai molti rami,8 che affonda le sue radici nel Vangelo e produce
frutti copiosi in ogni stagione della Chiesa. Quale straordinaria ricchezza! Io
stesso, alla fine del Sinodo, ho sentito il bisogno di sottolineare questo
elemento costante nella storia della Chiesa: la schiera di fondatori e di
fondatrici, di santi e di sante, che hanno scelto Cristo nella radicalità
evangelica e nel servizio fraterno, specialmente dei poveri e abbandonati.9
Proprio in tale servizio emerge con particolare evidenza come la vita
consacrata manifesti l'unitarietà del comandamento dell'amore,
nell'inscindibile connessione tra amore di Dio e amore del prossimo.
Il Sinodo ha fatto memoria di quest'opera incessante
dello Spirito Santo, che nel corso dei secoli dispiega le ricchezze della
pratica dei consigli evangelici attraverso i molteplici carismi, e anche per
questa via rende perennemente presente nella Chiesa e nel mondo, nel tempo e
nello spazio, il mistero di Cristo.
Vita monastica in Oriente e in
Occidente
6. I Padri sinodali delle Chiese cattoliche
orientali e i rappresentanti delle altre Chiese dell'Oriente hanno messo in
risalto, nei loro interventi, i valori evangelici della vita monastica, 10
apparsa già agli inizi del cristianesimo e tuttora fiorente nei loro territori,
specialmente presso le Chiese ortodosse.
Fin dai primi secoli della Chiesa vi sono
stati uomini e donne che si sono sentiti chiamati ad imitare la condizione di
servo del Verbo incarnato, e si sono posti alla sua sequela vivendo in modo
specifico e radicale, nella professione monastica, le esigenze derivanti dalla
partecipazione battesimale al mistero pasquale della sua morte e risurrezione.
In questo modo, facendosi portatori della Croce (staurophóroi), si sono
impegnati a diventare portatori dello Spirito (pneumatophóroi), uomini e
donne autenticamente spirituali, capaci di fecondare segretamente la storia con
la lode e l'intercessione continua, con i consigli ascetici e le opere della
carità.
Nell'intento di trasfigurare il mondo e la
vita in attesa della definitiva visione del volto di Dio, il monachesimo
orientale privilegia la conversione, la rinuncia a se stessi e la compunzione
del cuore, la ricerca dell'esichia, cioè della pace interiore, e la
preghiera incessante, il digiuno e le veglie, il combattimento spirituale e il
silenzio, la gioia pasquale per la presenza del Signore e per l'attesa della
sua venuta definitiva, l'offerta di sé e dei propri averi, vissuta nella santa
comunione del cenobio o nella solitudine eremitica.11
Anche l'Occidente ha praticato fin dai primi
secoli della Chiesa la vita monastica e ne ha conosciuto una grande varietà di
espressioni nell'ambito sia cenobitico che eremitico. Nella sua forma attuale,
ispirata specialmente a san Benedetto, il monachesimo occidentale è erede di
tanti uomini e donne che, lasciata la vita secondo il mondo, cercarono Dio e a
lui si dedicarono, «nulla anteponendo all'amore di Cristo».12 Anche i monaci di
oggi si sforzano di conciliare armonicamente la vita interiore e il lavoro
nell'impegno evangelico della conversione dei costumi, dell'obbedienza, della
stabilità, e nell'assidua dedizione alla meditazione della Parola (lectio
divina), alla celebrazione della liturgia, alla preghiera. I monasteri sono
stati e sono tuttora, nel cuore della Chiesa e del mondo, un eloquente segno di
comunione, un'accogliente dimora per coloro che cercano Dio e le cose dello
spirito, scuole di fede e veri laboratori di studio, di dialogo e di cultura
per l'edificazione della vita ecclesiale e della stessa città terrena, in
attesa di quella celeste.
L'Ordine delle vergini, gli eremiti,
le vedove
7. È motivo di gioia e di speranza vedere
che torna oggi a fiorire l'antico Ordine delle vergini, testimoniato
nelle comunità cristiane fin dai tempi apostolici.13 Consacrate dal Vescovo
diocesano, esse acquisiscono un particolare vincolo con la Chiesa, al cui
servizio si dedicano, pur restando nel mondo. Da sole o associate, esse
costituiscono una speciale immagine escatologica della Sposa celeste e della
vita futura, quando finalmente la Chiesa vivrà in pienezza l'amore per
Cristo Sposo.
Gli eremiti e le eremite,
appartenenti ad Ordini antichi o ad Istituti nuovi, o anche dipendenti
direttamente dal Vescovo, con l'interiore ed esteriore separazione dal mondo
testimoniano la provvisorietà del tempo presente, col digiuno e la penitenza
attestano che non di solo pane vive l'uomo, ma della Parola di Dio (cfr Mt
4, 4). Una tale vita «nel deserto» è un invito per i propri simili e per la
stessa comunità ecclesiale a non perdere mai di vista la suprema vocazione,
che è di stare sempre con il Signore.
Torna ad essere oggi praticata anche la
consacrazione delle vedove,14 nota fin dai tempi apostolici (cfr 1
Tim 5, 5. 9-10; 1 Cor 7, 8), nonché quella dei vedovi. Queste
persone, mediante il voto di castità perpetua quale segno del Regno di Dio,
consacrano la loro condizione per dedicarsi alla preghiera e al servizio della
Chiesa.
Istituti dediti totalmente alla
contemplazione
8. Gli Istituti completamente ordinati alla
contemplazione, composti da donne o da uomini, sono per la Chiesa un motivo di
gloria e una sorgente di grazie celesti. Con la loro vita e la loro missione le
persone che ne fanno parte imitano Cristo in orazione sul monte, testimoniano
la signoria di Dio sulla storia, anticipano la gloria futura.
Nella solitudine e nel silenzio, mediante
l'ascolto della Parola di Dio, l'esercizio del culto divino, l'ascesi personale,
la preghiera, la mortificazione e la comunione dell'amore fraterno, orientano
tutta la loro vita ed attività alla contemplazione di Dio. Offrono così alla
comunità ecclesiale una singolare testimonianza dell'amore della Chiesa per il
suo Signore e contribuiscono, con una misteriosa fecondità apostolica, alla
crescita del Popolo di Dio.15
È legittimo, pertanto, auspicare che le
varie forme di vita contemplativa conoscano una crescente diffusione nelle
giovani Chiese come espressione di pieno radicamento del Vangelo,
soprattutto in quelle regioni del mondo dove sono più diffuse altre religioni.
Ciò consentirà di testimoniare il vigore delle tradizioni di ascesi e di
mistica cristiane e favorirà lo stesso dialogo interreligioso.16
La vita religiosa apostolica
9. In Occidente sono fiorite lungo i secoli
molteplici altre espressioni di vita religiosa, nelle quali innumerevoli
persone, rinunciando al mondo, si sono consacrate a Dio attraverso la
professione pubblica dei consigli evangelici secondo uno specifico carisma e in
una stabile forma di vita comune,17 per un multiforme servizio apostolico al
popolo di Dio: così le diverse famiglie di Canonici regolari, gli Ordini
mendicanti, i Chierici regolari ed in genere le Congregazioni religiose
maschili e femminili dedite all'attività apostolica e missionaria ed alle
molteplici opere che la carità cristiana ha suscitato.
È una testimonianza splendida e varia, nella
quale si rispecchia la molteplicità dei doni elargiti da Dio a fondatori e
fondatrici che, aperti all'azione dello Spirito Santo, hanno saputo
interpretare i segni dei tempi e rispondere in modo illuminato alle esigenze
via via emergenti. Sulle loro orme tante altre persone hanno cercato, con la
parola e con l'azione, di incarnare il Vangelo nella propria esistenza, per
riproporre nel loro tempo la viva presenza di Gesù, il Consacrato per
eccellenza e l'Apostolo del Padre. In Cristo Signore religiosi e religiose
devono continuare a specchiarsi in ogni epoca, alimentando nella preghiera una
profonda comunione di sentimenti con Lui (cfr Fil 2, 5-11), affinché
tutta la loro vita sia pervasa dallo spirito apostolico e tutta l'azione
apostolica sia compenetrata di contemplazione.18
Gli Istituti secolari
10. Lo Spirito Santo, artefice mirabile
della varietà dei carismi, ha suscitato nel nostro tempo nuove espressioni
di vita consacrata, quasi a voler corrispondere, secondo un provvidenziale
disegno, alle nuove necessità che la Chiesa oggi incontra nell'adempimento
della sua missione nel mondo.
Il pensiero va innanzitutto agli Istituti
secolari, i cui membri intendono vivere la consacrazione a Dio nel mondo
attraverso la professione dei consigli evangelici nel contesto delle strutture
temporali, per essere così lievito di sapienza e testimoni di grazia all'interno
della vita culturale, economica e politica. Attraverso la sintesi, che è loro
specifica, di secolarità e consacrazione, essi intendono immettere nella
società le energie nuove del Regno di Cristo, cercando di trasfigurare il
mondo dal di dentro con la forza delle Beatitudini. In questo modo, mentre la
totale appartenenza a Dio li rende pienamente consacrati al suo servizio, la
loro attività nelle normali condizioni laicali contribuisce, sotto l'azione
dello Spirito, all'animazione evangelica delle realtà secolari. Gli Istituti
secolari contribuiscono così ad assicurare alla Chiesa, secondo la specifica
indole di ciascuno, una presenza incisiva nella società.19
Una preziosa funzione svolgono anche gli Istituti
secolari clericali, in cui sacerdoti appartenenti al presbiterio diocesano,
anche quando viene ad alcuni di loro riconosciuta l'incardinazione al proprio
Istituto, si consacrano a Cristo mediante la pratica dei consigli evangelici
secondo uno specifico carisma. Essi trovano nelle ricchezze spirituali
dell'Istituto a cui appartengono un grande aiuto per vivere intensamente la
spiritualità propria del sacerdozio e, in tal modo, essere fermento di
comunione e di generosità apostolica tra i confratelli.
Le Società di vita apostolica
11. Speciale menzione meritano, poi, le Società
di vita apostolica o di vita comune, maschili e femminili, le quali
perseguono, con uno stile loro proprio, uno specifico fine apostolico o
missionario. In molte di esse, con vincoli sacri riconosciuti ufficialmente
dalla Chiesa, sono espressamente assunti i consigli evangelici. Anche in tal
caso, tuttavia, la peculiarità della loro consacrazione le distingue dagli
Istituti religiosi e dagli Istituti secolari. È da salvaguardare e promuovere
la specificità di questa forma di vita, che nel corso degli ultimi secoli ha
prodotto tanti frutti di santità e di apostolato, specialmente nel campo della
carità e nella diffusione missionaria del Vangelo.20
Nuove espressioni di vita consacrata
12. La perenne giovinezza della Chiesa
continua a manifestarsi anche oggi: negli ultimi decenni, dopo il Concilio
Ecumenico Vaticano II, sono apparse nuove o rinnovate forme di vita
consacrata. In molti casi si tratta di Istituti simili a quelli già
esistenti, ma nati da nuovi impulsi spirituali ed apostolici. La loro vitalità
deve essere vagliata dall'autorità della Chiesa, alla quale compete l'opportuno
esame sia per saggiare l'autenticità della finalità ispiratrice sia per evitare
l'eccessiva moltiplicazione di istituzioni tra loro analoghe, col conseguente
rischio di una nociva frammentazione in gruppi troppo piccoli. In altri casi si
tratta di esperienze originali, che sono alla ricerca di una propria identità
nella Chiesa e attendono di essere ufficialmente riconosciute dalla Sede
Apostolica, alla quale sola compete l'ultimo giudizio.21
Queste nuove forme di vita consacrata, che
s'aggiungono alle antiche, testimoniano della costante attrattiva che la
donazione totale al Signore, l'ideale della comunità apostolica, i carismi di
fondazione continuano ad esercitare anche sulla presente generazione e sono
pure segno della complementarietà dei doni dello Spirito Santo.
Lo Spirito, tuttavia, nella novità non si
contraddice. Ne è prova il fatto che le nuove forme di vita consacrata non
hanno soppiantato le precedenti. In così multiforme varietà s'è potuta
conservare l'unità di fondo grazie alla medesima chiamata a seguire, nella
ricerca della perfetta carità, Gesù vergine, povero e obbediente. Tale
chiamata, come si trova in tutte le forme già esistenti, così è richiesta in
quelle che si propongono come nuove.
Finalità dell'Esortazione apostolica
13. Raccogliendo i frutti dei lavori
sinodali, con questa Esortazione apostolica intendo rivolgermi a tutta la
Chiesa, per offrire non solo alle persone consacrate, ma anche ai Pastori e ai
fedeli, i risultati di un confronto stimolante, sui cui sviluppi non ha
mancato di vegliare lo Spirito Santo con i suoi doni di verità e d'amore.
In questi anni di rinnovamento la vita consacrata
ha attraversato, come del resto altre forme di vita nella Chiesa, un periodo
delicato e faticoso. È stato un periodo ricco di speranze, di tentativi e
proposte innovatrici miranti a rinvigorire la professione dei consigli
evangelici. Ma è stato anche un tempo non privo di tensioni e di travagli, in
cui esperienze pur generose non sono state sempre coronate da risultati
positivi.
Le difficoltà non devono tuttavia indurre
allo scoraggiamento. Occorre piuttosto impegnarsi con nuovo slancio, perché la
Chiesa ha bisogno dell'apporto spirituale e apostolico di una vita consacrata
rinnovata e rinvigorita. Con la presente Esortazione postsinodale desidero
rivolgermi alle comunità religiose e alle persone consacrate con lo stesso
spirito che animava la lettera inviata ai cristiani di Antiochia dal Concilio
di Gerusalemme, e nutro la speranza che abbia pure a ripetersi oggi la medesima
esperienza registrata allora: «Quando l'ebbero letta, si rallegrarono per l'
incoraggiamento che infondeva» (At 15, 31). Non solo: ma nutro pure la
speranza di accrescere la gioia di tutto il popolo di Dio, che, conoscendo
meglio la vita consacrata, potrà con più consapevolezza rendere grazie
all'Onnipotente per questo grande dono.
In atteggiamento di cordiale apertura verso
i Padri sinodali, ho fatto tesoro dei preziosi contributi emersi durante gli
intensi lavori assembleari, ai quali ho voluto essere costantemente presente.
Durante tale periodo, ho pure curato di offrire a tutto il Popolo di Dio alcune
catechesi sistematiche sulla vita consacrata nella Chiesa. Ho riproposto in
esse gli insegnamenti presenti nei testi del Concilio Vaticano II, che è stato
luminoso punto di riferimento degli sviluppi dottrinali successivi e della
stessa riflessione operata dal Sinodo durante le intense settimane dei suoi
lavori.22
Mentre confido che i figli della Chiesa, e
in particolare le persone consacrate, vorranno accogliere con adesione cordiale
anche questa Esortazione, auspico che la riflessione continui per
l'approfondimento del grande dono della vita consacrata nella triplice
dimensione della consacrazione, della comunione e della missione, e che
consacrati e consacrate, in piena sintonia con la Chiesa e il suo Magistero,
trovino così ulteriori stimoli per affrontare spiritualmente e apostolicamente
le sfide emergenti.
CAPITOLO
I
CONFESSIO
TRINITATIS
ALLE
SORGENTI CRISTOLOGICO-TRINITARIE
DELLA VITA CONSACRATA
L'icona di Cristo trasfigurato
14. Il fondamento evangelico della vita
consacrata va cercato nel rapporto speciale che Gesù, nella sua esistenza
terrena, stabilì con alcuni dei suoi discepoli, invitandoli non solo ad
accogliere il Regno di Dio nella propria vita, ma a porre la propria esistenza
a servizio di questa causa, lasciando tutto e imitando da vicino la sua forma
di vita.
Una tale esistenza «cristiforme», proposta a
tanti battezzati lungo la storia, è possibile solo sulla base di una speciale
vocazione e in forza di un peculiare dono dello Spirito. In essa, infatti, la
consacrazione battesimale è portata ad una risposta radicale nella sequela di
Cristo mediante l'assunzione dei consigli evangelici, primo ed essenziale tra
essi il vincolo sacro della castità per il Regno dei Cieli.23 Questa speciale
«sequela di Cristo», alla cui origine sta sempre l'iniziativa del Padre, ha,
dunque, una connotazione essenzialmente cristologica e pneumatologica,
esprimendo così in modo particolarmente vivo il carattere trinitario
della vita cristiana, della quale anticipa in qualche modo la realizzazione escatologica
a cui tutta la Chiesa tende.24
Molte sono, nel Vangelo, le parole e i gesti
di Cristo che illuminano il senso di questa speciale vocazione. Per coglierne,
tuttavia, in una visione d'insieme i tratti essenziali, di singolare aiuto si
rivela fissare lo sguardo sul volto raggiante di Cristo nel mistero della
Trasfigurazione. A questa «icona» si riferisce tutta un'antica tradizione
spirituale, quando collega la vita contemplativa all'orazione di Gesù «sul
monte».25 Ad essa possono inoltre ricondursi, in qualche modo, le stesse dimensioni
«attive» della vita consacrata, giacché la Trasfigurazione non è solo
rivelazione della gloria di Cristo, ma anche preparazione ad affrontarne la
croce. Essa implica un «ascendere al monte» e un «discendere dal monte»: i
discepoli che hanno goduto dell'intimità del Maestro, avvolti per un momento
dallo splendore della vita trinitaria e della comunione dei santi, quasi rapiti
nell'orizzonte dell'eterno, sono subito riportati alla realtà quotidiana, dove
non vedono che «Gesù solo» nell'umiltà della natura umana, e sono invitati a
tornare a valle, per vivere con lui la fatica del disegno di Dio e imboccare
con coraggio la via della croce.
«E fu trasfigurato davanti a
loro»
15. «Sei giorni dopo, Gesù prese con sé
Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto
monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le
sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia,
che conversavano con lui.Pietro prese allora la parole e disse a Gesù: ‘
Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te,
una per Mosè una per Elia '.Egli stava ancora parlando quando una nube luminosa
li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva:‘ Questi è il Figlio
mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo '.All'udire ciò, i
discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore.Ma Gesù
si avvicinò e, toccatili, disse: ‘Alzatevi e non temete '. Sollevando gli occhi
non videro più nessuno, se non Gesù solo.E mentre discendevano dal monte, Gesù
ordinò loro:‘ Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio
dell'uomo non sia risorto dai morti '» (Mt 17, 1-9).L'episodio della
Trasfigurazione segna un momento decisivo nel ministero di Gesù. È
evento di rivelazione che consolida la fede nel cuore dei discepoli, li prepara
al dramma della Croce ed anticipa la gloria della risurrezione. Questo mistero
è continuamente rivissuto dalla Chiesa, popolo in cammino verso l'incontro
escatologico col suo Signore. Come i tre apostoli prescelti, la Chiesa
contempla il volto trasfigurato di Cristo, per confermarsi nella fede e non
rischiare lo smarrimento davanti al suo volto sfigurato sulla Croce. Nell'uno e
nell'altro caso, essa è la Sposa davanti allo Sposo, partecipe del suo mistero,
avvolta dalla sua luce.
Da questa luce sono raggiunti tutti i suoi
figli, tutti ugualmente chiamati a seguire Cristo riponendo in Lui il
senso ultimo della propria vita, fino a poter dire con l'Apostolo: «Per me il vivere
è Cristo!» (Fil 1, 21). Ma un'esperienza singolare della luce che
promana dal Verbo incarnato fanno certamente i chiamati alla vita
consacrata. La professione dei consigli evangelici, infatti, li pone quale
segno e profezia per la comunità dei fratelli e per il mondo. Non possono
perciò non trovare in essi particolare risonanza le parole estatiche di Pietro:
«Signore, è bello per noi stare qui!» (Mt 17, 4). Queste parole dicono
la tensione cristocentrica di tutta la vita cristiana. Esse, tuttavia, esprimono
con particolare eloquenza il carattere totalizzante che costituisce il
dinamismo profondo della vocazione alla vita consacrata: “Come è bello restare
con Te, dedicarci a Te, concentrare in modo esclusivo la nostra esistenza su di
Te!”. In effetti, chi ha ricevuto la grazia di questa speciale comunione di
amore con Cristo, si sente come rapito dal suo fulgore: Egli è il «più bello
tra i figli dell'uomo» (Sal 45 [44], 3), l'Incomparabile.
«Questi è il Figlio mio prediletto:
ascoltatelo!»
16. Ai tre discepoli estasiati giunge
l'appello del Padre a mettersi in ascolto di Cristo, a porre in Lui ogni
fiducia, a farne il centro della vita. Nella parola che viene dall'alto
acquista nuova profondità l'invito col quale Gesù stesso, all'inizio della vita
pubblica, li aveva chiamati alla sua sequela, strappandoli alla loro vita
ordinaria e accogliendoli nella sua intimità. È proprio da questa speciale
grazia di intimità che scaturisce, nella vita consacrata, la possibilità e
l'esigenza del dono totale di sé nella professione dei consigli evangelici.
Questi, prima e più che una rinuncia, sono una specifica accoglienza del
mistero di Cristo, vissuta all'interno della Chiesa.
Nell'unità della vita cristiana, infatti, le
varie vocazioni sono come raggi dell'unica luce di Cristo «riflessa sul volto
della Chiesa».26 I laici, in forza dell'indole secolare della loro
vocazione, rispecchiano il mistero del Verbo Incarnato soprattutto in quanto
esso è l'Alfa e l'Omega del mondo, fondamento e misura del valore di tutte le
cose create. I ministri sacri, da parte loro, sono immagini vive di
Cristo capo e pastore, che guida il suo popolo nel tempo del «già e non
ancora», in attesa della sua venuta nella gloria. Alla vita consacrata è
affidato il compito di additare il Figlio di Dio fatto uomo come il
traguardo escatologico a cui tutto tende, lo splendore di fronte al quale
ogni altra luce impallidisce, l'infinita bellezza che, sola, può appagare
totalmente il cuore dell'uomo. Nella vita consacrata, dunque, non si tratta
solo di seguire Cristo con tutto il cuore, amandolo «più del padre e della
madre, più del figlio o della figlia» (cfr Mt 10, 37), come è chiesto ad
ogni discepolo, ma di vivere ed esprimere ciò con l'adesione «conformativa»
a Cristo dell'intera esistenza , in una tensione totalizzante che anticipa,
nella misura possibile nel tempo e secondo i vari carismi, la perfezione
escatologica.
Attraverso la professione dei consigli,
infatti, il consacrato non solo fa di Cristo il senso della propria vita, ma si
preoccupa di riprodurre in sé, per quanto possibile, «la forma di vita, che il
Figlio di Dio prese quando venne nel mondo».27 Abbracciando la verginità ,
egli fa suo l'amore verginale di Cristo e lo confessa al mondo quale Figlio
unigenito, uno con il Padre (cfr Gv 10, 30; 14, 11); imitando la sua povertà,
lo confessa Figlio che tutto riceve dal Padre e nell'amore tutto gli
restituisce (cfr Gv 17, 7.10); aderendo, col sacrificio della propria
libertà, al mistero della sua obbedienza filiale, lo confessa
infinitamente amato ed amante, come Colui che si compiace solo della volontà
del Padre (cfr Gv 4, 34), al quale è perfettamente unito e dal quale in
tutto dipende.
Con tale immedesimazione «conformativa» al
mistero di Cristo, la vita consacrata realizza a titolo speciale quella confessio
Trinitatis che caratterizza l'intera vita cristiana, riconoscendo con
ammirazione la sublime bellezza di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo e
testimoniandone con gioia l'amorevole condiscendenza verso ogni essere umano.
I. A LODE DELLA TRINITÀ
A Patre ad Patrem: l'iniziativa di Dio
17. La contemplazione della gloria del
Signore Gesù nell'icona della Trasfigurazione rivela alle persone consacrate
innanzitutto il Padre, creatore e datore di ogni bene, che attrae a sé (cfr Gv
6, 44) una sua creatura con uno speciale amore e in vista di una speciale
missione. «Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!» (Mt 17, 5).
Assecondando quest'appello accompagnato da un'interiore attrazione, la persona
chiamata si affida all'amore di Dio che la vuole al suo esclusivo servizio, e
si consacra totalmente a Lui e al suo disegno di salvezza (cfr 1 Cor 7,
32-34).
Qui sta il senso della vocazione alla vita
consacrata: un'iniziativa tutta del Padre (cfr Gv 15, 16), che richiede
da coloro che ha scelti la risposta di una dedizione totale ed esclusiva.28
L'esperienza di questo amore gratuito di Dio è a tal punto intima e forte che
la persona avverte di dover rispondere con la dedizione incondizionata della
sua vita, consacrando tutto, presente e futuro, nelle sue mani. Proprio per
questo, seguendo san Tommaso, si può comprendere l'identità della persona
consacrata a partire dalla totalità della sua offerta, paragonabile ad un
autentico olocausto.29
Per Filium: sulle orme di Cristo
18. Il Figlio, via che conduce al Padre (cfr
Gv 14, 6), chiama tutti coloro che il Padre gli ha dato (cfr Gv 17,
9) ad una sequela che ne orienta l'esistenza. Ma ad alcuni — le persone di vita
consacrata, appunto — Egli chiede un coinvolgimento totale, che comporta
l'abbandono di ogni cosa (cfr Mt 19, 27), per vivere in intimità con
Lui30 e seguirlo dovunque Egli vada (cfr Ap 14, 4).
Nello sguardo di Gesù (cfr Mc 10,
21), «immagine del Dio invisibile» (Col 1, 15), irradiazione della
gloria del Padre (cfr Eb 1, 3), si coglie la profondità di un amore
eterno ed infinito che tocca le radici dell'essere.31 La persona, che se ne
lascia afferrare, non può non abbandonare tutto e seguirlo (cfr Mc 1,
16-20; 2, 14; 10, 21.28). Come Paolo, essa considera tutto il resto «una
perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù», a confronto
del quale non esita a ritenere ogni cosa «come spazzatura, al fine di
guadagnare Cristo» (Fil 3, 8). La sua aspirazione è di immedesimarsi con
Lui, assumendone i sentimenti e la forma di vita. Questo lasciare tutto e
seguire il Signore (cfr Lc 18, 28) costituisce un programma valido per
tutte le persone chiamate e per tutti i tempi.
I consigli evangelici, con i quali Cristo
invita alcuni a condividere la sua esperienza di vergine, povero e obbediente, richiedono
e manifestano, in chi li accoglie, il desiderio esplicito di totale
conformazione a Lui. Vivendo «in obbedienza, senza nulla di proprio e in
castità»,32 i consacrati confessano che Gesù è il Modello in cui ogni virtù
raggiunge la perfezione. La sua forma di vita casta, povera e obbediente,
appare infatti il modo più radicale di vivere il Vangelo su questa terra, un
modo — si può dire — divino, perché abbracciato da Lui, Uomo-Dio, quale
espressione della sua relazione di Figlio Unigenito col Padre e con lo Spirito
Santo. È questo il motivo per cui nella tradizione cristiana si è sempre
parlato della obiettiva eccellenza della vita consacrata.Non si può
inoltre negare che la pratica dei consigli costituisca un modo particolarmente
intimo e fecondo di prendere parte anche alla missione di Cristo,
sull'esempio di Maria di Nazaret, prima discepola, la quale accettò di mettersi
al servizio del disegno divino con il dono totale di se stessa. Ogni missione
inizia con lo stesso atteggiamento espresso da Maria nell'annunciazione:
«Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,
38).
In Spiritu: consacrati dallo Spirito
Santo
19. «Una nube luminosa li avvolse con la sua
ombra» (Mt 17, 5). Una significativa interpretazione spirituale della
Trasfigurazione vede in questa nube l'immagine dello Spirito Santo.ome l'intera
esistenza cristiana, anche la chiamata alla vita consacrata è in intima
relazione con l'opera dello Spirito Santo. È Lui che, lungo i millenni, attrae
sempre nuove persone a percepire il fascino di una scelta tanto impegnativa.
Sotto la sua azione esse rivivono, in qualche modo, l'esperienza del profeta
Geremia: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre» (20, 7). È lo
Spirito che suscita il desiderio di una risposta piena; è Lui che guida la
crescita di tale desiderio, portando a maturazione la risposta positiva e
sostenendone poi la fedele esecuzione; è Lui che forma e plasma l'animo dei
chiamati, configurandoli a Cristo casto, povero e obbediente e spingendoli a
far propria la sua missione. Lasciandosi guidare dallo Spirito in un incessante
cammino di purificazione, essi diventano, giorno dopo giorno, persone
cristiformi, prolungamento nella storia di una speciale presenza del
Signore risorto.Con penetrante intuizione, i Padri della Chiesa hanno
qualificato questo cammino spirituale come filocalia, ossia amore per
la bellezza divina, che è irradiazione della divina bontà. La persona che
dalla potenza dello Spirito Santo è condotta progressivamente alla piena
configurazione a Cristo, riflette in sé un raggio della luce inaccessibile e
nel suo peregrinare terreno cammina fino alla Fonte inesauribile della luce. In
tal modo la vita consacrata diventa un'espressione particolarmente profonda
della Chiesa Sposa, la quale, condotta dallo Spirito a riprodurre in sé i
lineamenti dello Sposo, Gli compare davanti «tutta gloriosa, senza macchia né
ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5, 27).Lo stesso
Spirito poi, lungi dal sottrarre alla storia degli uomini le persone che il
Padre ha chiamato, le pone a servizio dei fratelli secondo le modalità proprie
del loro stato di vita, e le orienta a svolgere particolari compiti, in
rapporto alle necessità della Chiesa e del mondo, attraverso i carismi propri
dei vari Istituti. Da qui il sorgere di molteplici forme di vita consacrata,
attraverso le quali la Chiesa è «anche abbellita con la varietà dei doni dei
suoi figli, [...] come una sposa adornata per il suo sposo (cfr Ap 21,
2)»e viene arricchita di ogni mezzo per svolgere la sua missione nel mondo.
I consigli evangelici, dono della
Trinità
20. I consigli evangelici sono dunque prima
di tutto un dono della Trinità Santissima. La vita consacrata è annuncio
di ciò che il Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito compie con il suo
amore, la sua bontà, la sua bellezza. Infatti «lo stato religioso [...]
manifesta l'elevatezza del Regno di Dio sopra tutte le cose terrestri e le sue
esigenze supreme; dimostra pure a tutti gli uomini la preminente grandezza
della virtù di Cristo regnante e la infinita potenza dello Spirito Santo,
mirabilmente operante nella Chiesa».rimo compito della vita consacrata è di rendere
visibili le meraviglie che Dio opera nella fragile umanità delle persone
chiamate. Più che con le parole, esse testimoniano tali meraviglie con il
linguaggio eloquente di un'esistenza trasfigurata, capace di sorprendere il
mondo. Allo stupore degli uomini esse rispondono con l'annuncio dei prodigi di
grazia che il Signore compie in coloro che Egli ama. Nella misura in cui la
persona consacrata si lascia condurre dallo Spirito fino ai vertici della
perfezione, può esclamare: «Vedo la bellezza della tua grazia, ne contemplo in
fulgore, ne rifletto la luce; sono preso dal suo ineffabile splendore; sono
condotto fuori di me mentre penso a me stesso; vedo com'ero e cosa sono
divenuto. O prodigio! Sto attento, sono pieno di rispetto per me stesso, di
riverenza e di timore, come davanti a Te stesso; non so cosa fare, poiché mi ha
preso la timidezza; non so dove sedermi, a che cosa avvicinarmi, dove riposare
queste membra che ti appartengono; per quale impresa, per quale opera
impiegarle, queste sorprendenti meraviglie divine».Così la vita consacrata
diviene una delle tracce concrete che la Trinità lascia nella storia, perché
gli uomini possano avvertire il fascino e la nostalgia della bellezza divina.
Nei consigli il riflesso della vita
trinitaria
21. Il riferimento dei consigli evangelici
alla Trinità Santa e santificante rivela il loro senso più profondo. Essi
infatti sono espressione dell'amore che il Figlio porta al Padre nell'unità
dello Spirito Santo. Praticandoli, la persona consacrata vive con particolare
intensità il carattere trinitario e cristologico che contrassegna tutta la vita
cristiana. La castità dei celibi e delle vergini, in quanto
manifestazione della dedizione a Dio con cuore indiviso (cfr 1 Cor
7, 32-34), costituisce un riflesso dell'amore infinito che lega le tre
Persone divine nella profondità misteriosa della vita trinitaria; amore
testimoniato dal Verbo incarnato fino al dono della sua vita; amore «riversato
nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5, 5), che stimola
ad una risposta di amore totale per Dio e per i fratelli.La povertà confessa
che Dio è l'unica vera ricchezza dell'uomo. Vissuta sull'esempio di Cristo che
«da ricco che era, si è fatto povero» (2 Cor 8, 9), diventa espressione
del dono totale di sé che le tre Persone divine reciprocamente si fanno.
È dono che trabocca nella creazione e si manifesta pienamente nell'Incarnazione
del Verbo e nella sua morte redentrice.L' obbedienza, praticata ad
imitazione di Cristo, il cui cibo era fare la volontà del Padre (cfr Gv
4, 34), manifesta la bellezza liberante di una dipendenza filiale e non
servile, ricca di senso di responsabilità e animata dalla reciproca
fiducia, che è riflesso nella storia dell' amorosa corrispondenza delle
tre Persone divine.La vita consacrata, pertanto, è chiamata ad approfondire
continuamente il dono dei consigli evangelici con un amore sempre più sincero e
forte in dimensione trinitaria : amore al Cristo, che chiama alla
sua intimità; allo Spirito Santo, che dispone l'animo ad accogliere le
sue ispirazioni; al Padre , prima origine e scopo supremo della vita
consacrata.Essa diventa così confessione e segno della Trinità, il cui mistero
viene additato alla Chiesa come modello e sorgente di ogni forma di vita
cristiana.La stessa vita fraterna, in virtù della quale le persone
consacrate si sforzano di vivere in Cristo con «un cuore solo e un'anima sola»
(At 4, 32), si propone come eloquente confessione trinitaria. Essa
confessa il Padre, che vuole fare di tutti gli uomini una sola famiglia;
confessa il Figlio incarnato, che raccoglie i redenti nell'unità,
indicando la via con il suo esempio, la sua preghiera, le sue parole e
soprattutto con la sua morte, sorgente di riconciliazione per gli uomini divisi
e dispersi; confessa lo Spirito Santo quale principio di unità nella
Chiesa, dove Egli non cessa di suscitare famiglie spirituali e comunità
fraterne.
Consacrati come Cristo per il Regno di
Dio
22. La vita consacrata «più fedelmente imita
e continuamente rappresenta nella Chiesa»,per impulso dello Spirito Santo, la
forma di vita che Gesù, supremo consacrato e missionario del Padre per il suo
Regno, ha abbracciato ed ha proposto ai discepoli che lo seguivano (cfr Mt
4, 18-22; Mc 1, 16-20; Lc 5, 10-11; Gv 15, 16). Alla luce
della consacrazione di Gesù, è possibile scoprire nell'iniziativa del Padre,
fonte di ogni santità, la sorgente originaria della vita consacrata. Gesù
stesso, infatti, è colui che «Dio ha consacrato in Spirito Santo e potenza» (At
10, 38), «colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo» (Gv 10,
36). Accogliendo la consacrazione del Padre, il Figlio a sua volta si consacra
a Lui per l'umanità (cfr Gv 17, 19): la sua vita di verginità, di
obbedienza e di povertà esprime la sua filiale e totale adesione al disegno del
Padre (cfr Gv 10, 30; 14, 11). La sua perfetta oblazione conferisce un
significato di consacrazione a tutti gli eventi della sua esistenza
terrena.Egli è l' obbediente per eccellenza, disceso dal cielo non per
fare la sua volontà, ma la volontà di Colui che lo ha mandato (cfr Gv 6,
38; Eb 10, 5.7). Egli rimette il suo modo di essere e di agire nelle
mani del Padre (cfr Lc 2, 49). In obbedienza filiale, adotta la forma
del servo: «Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo [...],
facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce» (Fil 2,
7-8). È in tale atteggiamento di docilità al Padre che, pur approvando e
difendendo la dignità e la santità della vita matrimoniale, Cristo assume la
forma di vita verginale e rivela così il pregio sublime e la misteriosa
fecondità spirituale della verginità. La sua piena adesione al disegno del
Padre si manifesta anche nel distacco dai beni terreni: «Da ricco che era, si è
fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà»
(2 Cor 8, 9). La profondità della sua povertà si rivela nella
perfetta oblazione di tutto ciò che è suo al Padre.Veramente la vita consacrata
costituisce memoria vivente del modo di esistere e di agire di Gesù come
Verbo incarnato di fronte al Padre e di fronte ai fratelli. Essa è vivente
tradizione della vita e del messaggio del Salvatore.
II. TRA PASQUA E COMPIMENTO
Dal Tabor al Calvario
23. L'evento sfolgorante della
Trasfigurazione prepara quello tragico, ma non meno glorioso, del Calvario.
Pietro, Giacomo e Giovanni contemplano il Signore Gesù insieme a Mosè ed Elia,
con i quali — secondo l'evangelista Luca — Gesù parla «della sua dipartita che
avrebbe portato a compimento a Gerusalemme» (9, 31). Gli occhi degli apostoli
dunque sono fissi su Gesù che pensa alla Croce (cfr Lc 9, 43-45). Lì il
suo amore verginale per il Padre e per tutti gli uomini raggiungerà la sua
massima espressione; la sua povertà arriverà allo spogliamento di tutto; la sua
obbedienza fino al dono della vita.I discepoli e le discepole sono invitati a
contemplare Gesù esaltato sulla Croce, dalla quale «il Verbo uscito dal
silenzio»,nel suo silenzio e nella sua solitudine, afferma profeticamente
l'assoluta trascendenza di Dio su tutti i beni creati, vince nella sua carne il
nostro peccato e attira a sé ogni uomo e ogni donna, donando a ciascuno la
nuova vita della risurrezione (cfr Gv 12, 32; 19, 34.37). Nella
contemplazione di Cristo crocifisso trovano ispirazione tutte le vocazioni; da
essa traggono origine, con il dono fondamentale dello Spirito, tutti i doni e
in particolare il dono della vita consacrata.Dopo Maria, Madre di Gesù, questo
dono riceve Giovanni, il discepolo che Gesù amava, il testimone che insieme a
Maria si trovava ai piedi della Croce (cfr Gv 19, 26-27). La sua
decisione di consacrazione totale è frutto dell'amore divino che lo avvolge, lo
sostiene, gli riempie il cuore. Giovanni, accanto a Maria, è tra i primi della
lunga schiera di uomini e donne, che dagli inizi della Chiesa fino alla fine,
toccati dall'amore di Dio, si sentono chiamati a seguire l'Agnello immolato e
vivente, dovunque Egli vada (cfr Ap 14, 1-5).
Dimensione pasquale della vita
consacrata
24. La persona consacrata, nelle varie forme
di vita suscitate dallo Spirito lungo il corso della storia, fa esperienza
della verità di Dio-Amore in modo tanto più immediato e profondo quanto più si
pone sotto la Croce di Cristo. Colui che nella sua morte appare agli occhi
umani sfigurato e senza bellezza tanto da indurre gli astanti a coprirsi il
volto (cfr Is 53, 2-3), proprio sulla Croce manifesta pienamente la bellezza
e la potenza dell'amore di Dio. Sant'Agostino lo canta così: «Bello è Dio,
Verbo presso Dio [...]. È bello in cielo, bello in terra; bello nel seno, bello
nelle braccia dei genitori, bello nei miracoli, bello nei supplizi; bello
nell'invitare alla vita e bello nel non curarsi della morte; bello
nell'abbandonare la vita e bello nel riprenderla; bello nella Croce, bello nel
sepolcro, bello nel cielo. Ascoltate il cantico con intelligenza, e la
debolezza della carne non distolga i vostri occhi dallo splendore della sua
bellezza».a vita consacrata rispecchia questo splendore dell'amore, perché
confessa, con la sua fedeltà al mistero della Croce, di credere e di vivere
dell'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In questo modo essa
contribuisce a tener viva nella Chiesa la coscienza che la Croce è la
sovrabbondanza dell'amore di Dio che trabocca su questo mondo , è il grande
segno della presenza salvifica di Cristo. E ciò specialmente nelle difficoltà e
nelle prove. È quanto viene testimoniato continuamente e con coraggio degno di
profonda ammirazione da un gran numero di persone consacrate, che vivono spesso
in situazioni difficili, persino di persecuzione e di martirio. La loro fedeltà
all'unico Amore si mostra e si tempra nell'umiltà di una vita nascosta,
nell'accettazione delle sofferenze per completare ciò che nella propria carne
«manca ai patimenti di Cristo» (Col 1, 24), nel sacrificio silenzioso,
nell'abbandono alla santa volontà di Dio, nella serena fedeltà anche di fronte
al declino delle forze e della propria autorevolezza. Dalla fedeltà a Dio
scaturisce pure la dedizione al prossimo, che le persone consacrate vivono non
senza sacrificio nella costante intercessione per le necessità dei fratelli,
nel generoso servizio ai poveri e agli ammalati, nella condivisione delle
difficoltà altrui, nella sollecita partecipazione alle preoccupazioni e alle
prove della Chiesa.
Testimoni di Cristo nel mondo
25. Dal mistero pasquale sgorga anche la missionarietà
, che è dimensione qualificante l'intera vita ecclesiale. Essa ha una sua
specifica realizzazione nella vita consacrata. Infatti, anche al di là dei
carismi propri di quegli Istituti che sono dediti alla missione ad gentes
o s'impegnano in attività di tipo propriamente apostolico, si può dire che la
missionarietà è insita nel cuore stesso di ogni forma di vita consacrata.
Nella misura in cui il consacrato vive una vita unicamente dedita al Padre (cfr
Lc 2, 49; Gv 4, 34), afferrata da Cristo (cfr Gv 15, 16; Gal
1, 15-16), animata dallo Spirito (cfr Lc 24, 49; At 1, 8; 2, 4),
egli coopera efficacemente alla missione del Signore Gesù (cfr Gv 20,
21), contribuendo in modo particolarmente profondo al rinnovamento del mondo.Il
primo compito missionario le persone consacrate lo hanno verso se stesse, e lo
adempiono aprendo il proprio cuore all'azione dello Spirito di Cristo. La loro
testimonianza aiuta la Chiesa intera a ricordare che al primo posto sta il
servizio gratuito di Dio, reso possibile dalla grazia di Cristo, comunicata al
credente mediante il dono dello Spirito. Al mondo viene così annunciata la pace
che discende dal Padre, la dedizione che è testimoniata dal Figlio, la gioia
che è frutto dello Spirito Santo.Le persone consacrate saranno missionarie
innanzitutto approfondendo continuamente la coscienza di essere state chiamate
e scelte da Dio, al quale devono perciò rivolgere tutta la loro vita ed offrire
tutto ciò che sono e che hanno, liberandosi dagli impedimenti che potrebbero
ritardare la totalità della risposta d'amore. In questo modo potranno diventare
un vero segno di Cristo nel mondo. Anche il loro stile di vita deve far
trasparire l'ideale che professano, proponendosi come segno vivente di Dio e
come eloquente, anche se spesso silenziosa, predicazione del Vangelo.Sempre, ma
specialmente nella cultura contemporanea, spesso così secolarizzata e tuttavia
sensibile al linguaggio dei segni, la Chiesa deve preoccuparsi di rendere
visibile la sua presenza nella vita quotidiana. Un contributo significativo
in tal senso essa ha diritto di attendersi dalle persone consacrate, chiamate a
rendere in ogni situazione una concreta testimonianza della loro appartenenza a
Cristo.Poiché l'abito è segno di consacrazione, di povertà e di appartenenza ad
una certa famiglia religiosa, insieme con i Padri del Sinodo raccomando
vivamente ai religiosi e alle religiose di indossare il proprio abito,
opportunamente adattato alle circostanze dei tempi e dei luoghi.Dove valide
esigenze apostoliche lo richiedano, essi, in conformità alle norme del proprio
Istituto, potranno anche portare un vestito semplice e decoroso, con un simbolo
idoneo, in modo che sia riconoscibile la loro consacrazione.Gli Istituti, che
dall'origine o per disposizione delle loro costituzioni non prevedono un abito
proprio, abbiano cura che l'abbigliamento dei loro membri risponda, per dignità
e semplicità, alla natura della loro vocazione.
Dimensione escatologica della vita
consacrata
26. Poiché oggi le preoccupazioni
apostoliche appaiono sempre più urgenti e l'impegno nelle cose di questo mondo
rischia di essere sempre più assorbente, è particolarmente opportuno richiamare
l'attenzione sulla natura escatologica della vita consacrata .«Là dove è
il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore» (Mt 6, 21): il tesoro unico del
Regno suscita il desiderio, l'attesa, l'impegno e la testimonianza. Nella
Chiesa primitiva l'attesa della venuta del Signore era vissuta in modo
particolarmente intenso. Questo atteggiamento di speranza la Chiesa non ha,
tuttavia, cessato di coltivare col passare dei secoli: essa ha continuato ad
invitare i fedeli a guardare verso la salvezza pronta ormai per essere
rivelata, «perché passa la scena di questo mondo» (1 Cor 7, 31; cfr 1
Pt 1, 3-6).. questo orizzonte che meglio si comprende il ruolo di segno
escatologico proprio della vita consacrata. In effetti, è costante la
dottrina che la presenta come anticipazione del Regno futuro. Il Concilio
Vaticano II ripropone questo insegnamento quando afferma che la consacrazione
«meglio preannunzia la futura risurrezione e la gloria del Regno celeste».Questo
fa innanzitutto la scelta verginale , sempre intesa dalla tradizione
come un'anticipazione del mondo definitivo , che già fin da ora opera e
trasforma l'uomo nella sua interezza.Le persone che hanno dedicato la loro vita
a Cristo non possono non vivere nel desiderio di incontrarLo per essere
finalmente e per sempre con Lui. Di qui l'ardente attesa, di qui il desiderio
di «immergersi nel Focolare d'amore che brucia in esse e che altri non è che lo
Spirito Santo»,attesa e desiderio sostenuti dai doni che il Signore liberamente
concede a coloro che aspirano alle cose di lassù (cfr Col 3, 1).Fissa
nelle cose del Signore, la persona consacrata ricorda che «non abbiamo quaggiù
una città stabile» (Eb 13, 14), perché «la nostra patria è nei cieli» (Fil
3, 20). Sola cosa necessaria è cercare «il Regno di Dio e la sua giustizia» (Mt
6, 33), invocando incessantemente la venuta del Signore.
Un'attesa operosa: impegno e vigilanza
27. «Vieni Signore Gesù» (Ap 22, 20).
Questa attesa è tutt'altro che inerte: pur rivolgendosi al Regno futuro,
essa si traduce in lavoro e missione, perché il Regno si renda già presente ora
attraverso l'instaurazione dello spirito delle Beatitudini, capace di suscitare
anche nella società umana istanze efficaci di giustizia, di pace, di
solidarietà e di perdono.Questo è dimostrato ampiamente dalla storia della vita
consacrata, che sempre ha prodotto frutti abbondanti anche per il mondo. Con i
loro carismi le persone consacrate diventano un segno dello Spirito in ordine
ad un futuro nuovo, illuminato dalla fede e dalla speranza cristiana. La
tensione escatologica si converte in missione , affinché il Regno si
affermi in modo crescente qui ed ora. Alla supplica: «Vieni, Signore Gesù!», si
unisce l'altra invocazione: «Venga il tuo Regno» (Mt 6, 10).Chi attende
vigile il compimento delle promesse di Cristo è in grado di infondere speranza
anche ai suoi fratelli e sorelle, spesso sfiduciati e pessimisti riguardo al
futuro. La sua è una speranza fondata sulla promessa di Dio contenuta nella
Parola rivelata: la storia degli uomini cammina verso il nuovo cielo e la nuova
terra (cfr Ap 21, 1), in cui il Signore «tergerà ogni lacrima dai loro
occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le
cose di prima sono passate» (Ap 21, 4).La vita consacrata è al servizio
di questa definitiva irradiazione della gloria divina, quando ogni carne vedrà
la salvezza di Dio (cfr Lc 3, 6; Is 40, 5). L'Oriente cristiano
sottolinea questa dimensione quando considera i monaci come angeli di Dio
sulla terra, che annunciano il rinnovamento del mondo in Cristo. In
Occidente il monachesimo è celebrazione di memoria e vigilia: memoria
delle meraviglie operate da Dio, vigilia del compimento ultimo della
speranza. Il messaggio del monachesimo e della vita contemplativa ripete
incessantemente che il primato di Dio è per l'esistenza umana pienezza di
significato e di gioia, perché l'uomo è fatto per Dio ed è inquieto finché in
Lui non trova pace.
La Vergine Maria, modello di
consacrazione e di sequela
28. Maria è colei che, fin dalla sua
concezione immacolata, più perfettamente riflette la divina bellezza. «Tutta
bella» è il titolo con cui la Chiesa la invoca. «Il rapporto con Maria
Santissima, che ogni fedele ha in conseguenza della sua unione con Cristo,
risulta ancora più accentuato nella vita delle persone consacrate. [...] In
tutti (gli Istituti di vita consacrata) vi è la convinzione che la presenza di
Maria abbia un'importanza fondamentale sia per la vita spirituale di ogni
singola anima consacrata, sia per la consistenza, l'unità, il progresso di
tutta la comunità».aria, in effetti, è esempio sublime di perfetta
consacrazione, nella piena appartenenza e totale dedizione a Dio. Scelta
dal Signore, il quale ha voluto compiere in Lei il mistero dell'Incarnazione,
ricorda ai consacrati il primato dell'iniziativa di Dio. Al tempo
stesso, avendo dato il suo assenso alla divina Parola, che si è fatta carne in
Lei, Maria si pone come modello dell'accoglienza della grazia da parte
della creatura umana.Vicina a Cristo, insieme con Giuseppe, nella vita nascosta
di Nazaret, presente accanto al Figlio in momenti cruciali della sua vita
pubblica, la Vergine è maestra di sequela incondizionata e di assiduo servizio.
In Lei, «tempio dello Spirito Santo»,rifulge così tutto lo splendore della
nuova creatura. La vita consacrata guarda a Lei come a modello sublime di
consacrazione al Padre, di unione col Figlio e di docilità allo Spirito, nella
consapevolezza che aderire «al genere di vita verginale e povera»di Cristo
significa far proprio anche il genere di vita di Maria.Nella Vergine la persona
consacrata incontra, inoltre, una Madre a titolo del tutto speciale .
Infatti, se la nuova maternità conferita a Maria sul Calvario è un dono fatto a
tutti i cristiani, essa ha un valore specifico per chi ha consacrato pienamente
la propria vita a Cristo. «Ecco la tua madre!» (Gv 19, 27): le parole di
Gesù al «discepolo che egli amava» (Gv 19, 26) assumono particolare
profondità nella vita della persona consacrata. Essa è chiamata, infatti, con
Giovanni a prendere con sé Maria Santissima (cfr Gv 19, 27), amandola e
imitandola con la radicalità propria della sua vocazione e sperimentandone, di
rimando, una speciale tenerezza materna. La Vergine le comunica quell'amore che
le consente di offrire ogni giorno la vita per Cristo, cooperando con Lui alla
salvezza del mondo. Per questo il rapporto filiale con Maria costituisce la via
privilegiata per la fedeltà alla vocazione ricevuta e un aiuto efficacissimo
per progredire in essa e viverla in pienezza.
III. NELLA CHIESA E PER LA CHIESA
«È bello per noi restare qui»: la vita
consacrata nel mistero della Chiesa
29. Nella scena della Trasfigurazione,
Pietro parla a nome degli altri apostoli: «È bello per noi restare qui» (Mt
17, 4). L'esperienza della gloria di Cristo, che pur gli inebria la mente e il
cuore, non lo isola, ma al contrario lo lega più profondamente al «noi» dei
discepoli.Questa dimensione del «noi» ci porta a considerare il posto che la
vita consacrata occupa nel mistero della Chiesa. La riflessione
teologica sulla natura della vita consacrata ha approfondito in questi anni le
nuove prospettive emerse dalla dottrina del Concilio Vaticano II. Alla sua luce
s'è preso atto che la professione dei consigli evangelici appartiene
indiscutibilmente alla vita e alla santità della Chiesa.Questo significa
che la vita consacrata, presente fin dagli inizi, non potrà mai mancare alla
Chiesa come un suo elemento irrinunciabile e qualificante, in quanto espressivo
della sua stessa natura.Ciò appare con evidenza dal fatto che la professione
dei consigli evangelici è intimamente connessa col mistero di Cristo, avendo il
compito di rendere in qualche modo presente la forma di vita che Egli
prescelse, additandola come valore assoluto ed escatologico. Gesù stesso,
chiamando alcune persone ad abbandonare tutto per seguirlo, ha inaugurato
questo genere di vita che, sotto l'azione dello Spirito, si svilupperà
gradualmente lungo i secoli nelle varie forme della vita consacrata. La
concezione di una Chiesa composta unicamente da ministri sacri e da laici non
corrisponde, pertanto, alle intenzioni del suo divino Fondatore quali ci
risultano dai Vangeli e dagli altri scritti neotestamentari.
La nuova e speciale consacrazione
30. Nella tradizione della Chiesa la
professione religiosa viene considerata come un singolare e fecondo
approfondimento della consacrazione battesimale in quanto, per suo mezzo,
l'intima unione con Cristo, già inaugurata col Battesimo, si sviluppa nel dono
di una conformazione più compiutamente espressa e realizzata, attraverso la
professione dei consigli evangelici.uesta ulteriore consacrazione, tuttavia,
riveste una sua peculiarità rispetto alla prima, della quale non è una
conseguenza necessaria.In realtà, ogni rigenerato in Cristo è chiamato a
vivere, con la forza proveniente dal dono dello Spirito, la castità
corrispondente al proprio stato di vita, l'obbedienza a Dio e alla Chiesa, un
ragionevole distacco dai beni materiali, perché tutti sono chiamati alla
santità, che consiste nella perfezione della carità.Ma il battesimo non
comporta per se stesso la chiamata al celibato o alla verginità, la rinuncia al
possesso dei beni, l'obbedienza ad un superiore, nella forma propria dei
consigli evangelici. Pertanto la professione di questi ultimi suppone un
particolare dono di Dio non concesso a tutti, come Gesù stesso sottolinea per
il caso del celibato volontario (cfr Mt 19, 10-12).A questa chiamata
corrisponde, peraltro, uno specifico dono dello Spirito Santo, affinché
la persona consacrata possa rispondere alla sua vocazione e alla sua missione.
Per questo, come testimoniano le liturgie dell'Oriente e dell'Occidente, nel
rito della professione monastica o religiosa e nella consacrazione delle
vergini, la Chiesa invoca sulle persone prescelte il dono dello Spirito Santo e
associa la loro oblazione al sacrificio di Cristo.a professione dei consigli
evangelici è uno sviluppo anche della grazia del sacramento della
Confermazione, ma va oltre le esigenze normali della consacrazione crismale
in forza di un particolare dono dello Spirito, che apre a nuove possibilità e
frutti di santità e di apostolato, come dimostra la storia della vita
consacrata.Quanto ai sacerdoti che fanno professione dei consigli evangelici,
l'esperienza stessa mostra che il sacramento dell'Ordine trova una peculiare
fecondità in questa consacrazione, dal momento che essa pone e favorisce
l'esigenza di una appartenenza più stretta al Signore. Il sacerdote che fa
professione dei consigli evangelici è particolarmente favorito nel rivivere in
sé la pienezza del mistero di Cristo, grazie anche alla spiritualità peculiare
del proprio Istituto e alla dimensione apostolica del relativo carisma. Nel
presbitero infatti la vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata convergono
in profonda e dinamica unità.Di incommensurabile valore è anche il contributo
recato alla vita della Chiesa dai religiosi sacerdoti integralmente dediti alla
contemplazione. Specialmente nella celebrazione eucaristica essi compiono un
atto della Chiesa e per la Chiesa, al quale uniscono l'offerta di se stessi, in
comunione con Cristo che si offre al Padre per la salvezza del mondo intero.
I rapporti fra i diversi stati di vita
del cristiano
31. Le varie forme di vita in cui, secondo
il disegno del Signore Gesù, si articola la vita ecclesiale presentano
reciproci rapporti sui quali mette conto di soffermarsi.Tutti i fedeli, in
virtù della loro rigenerazione in Cristo, condividono una comune dignità; tutti
sono chiamati alla santità; tutti cooperano all'edificazione dell'unico Corpo
di Cristo, ciascuno secondo la propria vocazione e il dono ricevuto dallo
Spirito (cfr Rm 12, 3-8).L'uguale dignità fra tutte le membra della
Chiesa è opera dello Spirito, è fondata sul Battesimo e sulla Cresima ed è
corroborata dall'Eucaristia. Ma è opera dello Spirito anche la pluriformità. È
Lui che costituisce la Chiesa in una comunione organica nella diversità di
vocazioni, carismi e ministeri.e vocazioni alla vita laicale, al ministero
ordinato e alla vita consacrata si possono considerare paradigmatiche, dal
momento che tutte le vocazioni particolari, sotto l'uno o l'altro aspetto, si
richiamano o si riconducono ad esse, assunte separatamente o congiuntamente,
secondo la ricchezza del dono di Dio. Esse, inoltre, sono al servizio l'una
dell'altra, per la crescita del Corpo di Cristo nella storia e per la sua
missione nel mondo. Tutti nella Chiesa sono consacrati nel Battesimo e nella
Cresima, ma il ministero ordinato e la vita consacrata suppongono ciascuno una
distinta vocazione ed una specifica forma di consacrazione, in vista di una
missione peculiare.Alla missione dei laici, dei quali è proprio «cercare
il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio»,è
fondamento adeguato la consacrazione battesimale e cresimale, comune a tutti i
membri del Popolo di Dio. I ministri ordinati, oltre a questa
consacrazione fondamentale, ricevono quella dell'Ordinazione per continuare nel
tempo il ministero apostolico. Le persone consacrate, che abbracciano i
consigli evangelici, ricevono una nuova e speciale consacrazione che, senza
essere sacramentale, le impegna a fare propria — nel celibato, nella povertà e
nell'obbedienza — la forma di vita praticata personalmente da Gesù, e da Lui
proposta ai discepoli. Pur essendo, queste diverse categorie, manifestazione
dell'unico mistero di Cristo, i laici hanno come caratteristica peculiare,
anche se non esclusiva, la secolarità, i pastori la ministerialità, i
consacrati la speciale conformazione a Cristo vergine, povero, obbediente.
Lo speciale valore della vita
consacrata
32. In questo armonioso insieme di doni, a
ciascuno dei fondamentali stati di vita è affidato il compito di esprimere, nel
suo proprio ordine, l'una o l'altra dimensione dell'unico mistero di Cristo. Se
nel far risuonare l'annuncio evangelico all'interno delle realtà temporali ha una
particolare missione la vita laicale, nell'ambito della comunione
ecclesiale un insostituibile ministero è svolto da coloro che sono
costituiti nell'Ordine sacro , in modo speciale dai Vescovi. Questi hanno
il compito di guidare il Popolo di Dio con l'insegnamento della Parola,
l'amministrazione dei Sacramenti e l'esercizio della sacra potestà a servizio
della comunione ecclesiale, che è comunione organica, gerarchicamente ordinata.uanto
alla significazione della santità della Chiesa, un'oggettiva eccellenza è da
riconoscere alla vita consacrata, che rispecchia lo stesso modo di vivere
di Cristo. Proprio per questo, in essa si ha una manifestazione particolarmente
ricca dei beni evangelici e un'attuazione più compiuta del fine della Chiesa
che è la santificazione dell'umanità. La vita consacrata annuncia e in certo
modo anticipa il tempo futuro, quando, raggiunta la pienezza di quel Regno dei
cieli che già ora è presente in germe e nel mistero,i figli della risurrezione
non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli di Dio (cfr Mt
22, 30).In effetti, l'eccellenza della castità perfetta per il Regno,a buon
diritto considerata la «porta» di tutta la vita consacrata,è oggetto del
costante insegnamento della Chiesa. Essa peraltro tributa grande stima alla
vocazione al matrimonio, che rende i coniugi «testimoni e cooperatori della
fecondità della madre Chiesa, in segno e in partecipazione di quell'amore, col
quale Cristo ha amato la sua Sposa e si è dato per lei».n questo orizzonte
comune a tutta la vita consacrata, si articolano vie distinte tra loro ma
complementari. I religiosi e le religiose integralmente dediti alla
contemplazione sono in modo speciale immagine di Cristo che prega sul
monte.Le persone consacrate di vita attiva lo manifestano mentre
«annuncia il regno di Dio alle folle, o risana i malati e i feriti e converte a
miglior vita i peccatori o benedice i fanciulli e fa del bene a tutti».Un
particolare servizio all'avvento del Regno di Dio rendono le persone consacrate
negli Istituti secolari, che uniscono in una specifica sintesi il valore
della consacrazione e quello della secolarità. Vivendo la loro consacrazione
nel secolo e a partire dal secolo,esse «si sforzano di permeare ogni realtà di
spirito evangelico per consolidare e far crescere il Corpo di
Cristo».Partecipano a tal fine alla funzione evangelizzatrice della Chiesa
mediante la personale testimonianza di vita cristiana, l'impegno perché le
realtà temporali siano ordinate secondo Dio, la collaborazione nel servizio
della comunità ecclesiale, secondo lo stile di vita secolare che è loro
proprio.
Testimoniare il Vangelo delle
Beatitudini
33. Compito peculiare della vita consacrata
è di tener viva nei battezzati la consapevolezza dei valori fondamentali del
Vangelo, testimoniando «in modo splendido e singolare che il mondo non può
essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle Beatitudini».In tal
modo la vita consacrata fa continuamente emergere nella coscienza del Popolo di
Dio l'esigenza di rispondere con la santità della vita all'amore di Dio
riversato nei cuori dallo Spirito Santo (cfr Rm 5, 5), rispecchiando
nella condotta la consacrazione sacramentale avvenuta per opera di Dio nel Battesimo,
nella Cresima o nell'Ordine. Occorre infatti che dalla santità comunicata nei
sacramenti si passi alla santità della vita quotidiana. La vita consacrata, con
il suo stesso esistere nella Chiesa, si pone al servizio della consacrazione
della vita di ogni fedele, laico e chierico.D'altra parte, non si deve
dimenticare che i consacrati ricevono anch'essi dalla testimonianza propria
delle altre vocazioni un aiuto a vivere integralmente l'adesione al mistero di
Cristo e della Chiesa nelle sue molteplici dimensioni. In virtù di tale
reciproco arricchimento, diventa più eloquente ed efficace la missione della
vita consacrata: indicare come meta agli altri fratelli e sorelle, tenendo
fisso lo sguardo sulla pace futura, la beatitudine definitiva che è presso Dio.
Immagine viva della Chiesa-Sposa
34. Particolare rilievo ha, nella vita
consacrata, il significato sponsale, che rimanda all'esigenza della Chiesa di
vivere nella dedizione piena ed esclusiva al suo Sposo, dal quale riceve ogni
bene. In questa dimensione sponsale, propria di tutta la vita consacrata, è
soprattutto la donna che ritrova singolarmente se stessa, quasi scoprendo il
genio speciale del suo rapporto con il Signore.Suggestiva è, al riguardo, la
pagina neotestamentaria che presenta Maria con gli Apostoli nel cenacolo in
attesa orante dello Spirito Santo (cfr At 1, 13-14). Vi si può vedere
un'immagine viva della Chiesa-Sposa, attenta ai cenni dello Sposo e pronta ad
accogliere il suo dono. In Pietro e negli altri Apostoli emerge soprattutto la
dimensione della fecondità, quale si esprime nel ministero ecclesiale, che si
fa strumento dello Spirito per la generazione di nuovi figli mediante la
dispensazione della Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la cura pastorale.
In Maria è particolarmente viva la dimensione dell'accoglienza sponsale, con
cui la Chiesa fa fruttificare in sé la vita divina attraverso il suo totale
amore di vergine.La vita consacrata è sempre stata vista prevalentemente nella
parte di Maria, la Vergine sposa. Da tale amore verginale proviene una
particolare fecondità, che contribuisce al nascere e al crescere della vita
divina nei cuori.La persona consacrata, sulle tracce di Maria, nuova Eva,
esprime la sua spirituale fecondità facendosi accogliente alla Parola, per
collaborare alla costruzione della nuova umanità con la sua incondizionata
dedizione e la sua viva testimonianza. Così la Chiesa manifesta pienamente la
sua maternità sia attraverso la comunicazione dell'azione divina affidata a
Pietro, sia attraverso la responsabile accoglienza del dono divino, tipica di
Maria.Il popolo cristiano, per parte sua, trova nel ministero ordinato i mezzi
della salvezza, nella vita consacrata lo stimolo a una piena risposta d'amore
in tutte le varie forme di diaconia.
IV. GUIDATI DALLO SPIRITO DI SANTITÀ
Esistenza «trasfigurata»: la chiamata
alla santità
35. «All'udire ciò, i discepoli caddero con
la faccia a terra e furono presi da grande timore» (Mt 17, 6).
Nell'episodio della Trasfigurazione i sinottici, pur con diverse sfumature,
mettono in evidenza il senso di timore che prende i discepoli. Il fascino del
volto trasfigurato di Cristo non impedisce che essi si sentano sgomenti di
fronte alla Maestà divina che li sovrasta. Sempre, quando l'uomo avverte la
gloria di Dio, tocca con mano anche la sua piccolezza e ne trae un senso di
spavento. Questo timore è salutare. Ricorda all'uomo la divina perfezione, e al
tempo stesso lo incalza con un appello pressante alla «santità».Tutti i figli
della Chiesa, chiamati dal Padre ad «ascoltare» Cristo, non possono non
avvertire una profonda esigenza di conversione e di santità. Ma, come è
stato sottolineato al Sinodo, questa esigenza chiama in causa in primo luogo la
vita consacrata. In effetti, la vocazione delle persone consacrate a cercare
innanzitutto il Regno di Dio è, prima di ogni altra cosa, una chiamata alla
conversione piena, nella rinuncia a se stessi per vivere totalmente del
Signore, affinché Dio sia tutto in tutti. Chiamati a contemplare e testimoniare
il volto trasfigurato di Cristo, i consacrati sono anche chiamati a
un'esistenza «trasfigurata».Significativo, a questo proposito, è quanto è stato
espresso nella Relazione finale della II Assemblea Straordinaria del
Sinodo: «I santi e le sante sempre sono stati fonte e origine di rinnovamento
nelle più difficili circostanze in tutta la storia della Chiesa. Oggi abbiamo
grandissimo bisogno di santi, che dobbiamo implorare da Dio con assiduità. Gli
Istituti di vita consacrata, mediante la professione dei consigli evangelici,
devono essere consapevoli della loro speciale missione nella Chiesa odierna e
noi dobbiamo incoraggiarli nella loro missione».A queste valutazioni hanno
fatto eco i Padri di questa IX Assemblea sinodale, i quali hanno affermato: «La
vita consacrata è stata, lungo la storia della Chiesa, una presenza viva
dell'azione dello Spirito, come spazio privilegiato di amore assoluto a Dio e
al prossimo, testimone del progetto divino di fare di tutta l'umanità,
all'interno della civiltà dell'amore, la grande famiglia dei figli di Dio».a
Chiesa ha sempre visto nella professione dei consigli evangelici una via
privilegiata verso la santità. Le stesse espressioni con cui la qualifica —
scuola del servizio del Signore, scuola di amore e di santità, via o stato di
perfezione — indicano sia l'efficacia e la ricchezza dei mezzi propri di questa
forma di vita evangelica, sia il particolare impegno di coloro che la
abbracciano.Non a caso sono tanti i consacrati che lungo i secoli hanno
lasciato testimonianze eloquenti di santità e compiuto imprese di
evangelizzazione e di servizio particolarmente generose ed ardue.
Fedeltà al carisma
36. Nella sequela di Cristo e nell'amore per
la sua persona vi sono alcuni punti concernenti la crescita della santità nella
vita consacrata, che meritano di essere messi oggi in speciale
evidenza.Anzitutto è richiesta la fedeltà al carisma fondazionale e al
conseguente patrimonio spirituale di ciascun Istituto. Proprio in tale fedeltà
all'ispirazione dei fondatori e delle fondatrici, dono dello Spirito Santo, si
riscoprono più facilmente e si rivivono più fervidamente gli elementi
essenziali della vita consacrata.Ogni carisma ha infatti, alla sua origine, un
triplice orientamento: verso il Padre, innanzitutto, nel desiderio di
ricercarne filialmente la volontà attraverso un processo di conversione
continua, in cui l'obbedienza è fonte di vera libertà, la castità esprime la
tensione di un cuore insoddisfatto di ogni amore finito, la povertà alimenta
quella fame e sete di giustizia che Dio ha promesso di saziare (cfr Mt 5,
6). In questa prospettiva il carisma di ogni Istituto spingerà la persona
consacrata ad essere tutta di Dio, a parlare con Dio o di Dio, come si dice di
san Domenico,per gustare quanto sia buono il Signore (cfr Sal 34[33], 9)
in tutte le situazioni.I carismi di vita consacrata implicano anche un
orientamento verso il Figlio, col quale inducono a coltivare una
comunione di vita intima e lieta, alla scuola del suo servizio generoso di Dio
e dei fratelli. In tal modo, «lo sguardo progressivamente cristificato impara a
distaccarsi dall'esteriorità, dal turbine dei sensi, da quanto cioè impedisce
all'uomo quella lievità disponibile a lasciarsi afferrare dallo Spirito»,e
consente così di andare in missione con Cristo, lavorando e soffrendo con Lui
nel diffondere il suo Regno.Ogni carisma comporta, infine, un orientamento verso
lo Spirito Santo, in quanto dispone la persona a lasciarsi guidare e
sostenere da Lui, sia nel proprio cammino spirituale che nella vita di
comunione e nell'azione apostolica, per vivere in quell'atteggiamento di
servizio che deve ispirare ogni scelta dell'autentico cristiano.In effetti, è
sempre questa triplice relazione che emerge, pur con i tratti specifici dei
vari modelli di vita, in ogni carisma di fondazione, per il fatto stesso che in
esso domina «un profondo ardore dell'animo di configurarsi a Cristo, per
testimoniare qualche aspetto del suo mistero»,aspetto specifico chiamato a
incarnarsi e svilupparsi nella più genuina tradizione dell'Istituto, secondo le
Regole, le Costituzioni e gli Statuti.
Fedeltà creativa
37. Gli Istituti sono dunque invitati a
riproporre con coraggio l'intraprendenza, l'inventiva e la santità dei
fondatori e delle fondatrici come risposta ai segni dei tempi emergenti nel
mondo di oggi.Questo invito è innanzitutto un appello alla perseveranza nel
cammino di santità attraverso le difficoltà materiali e spirituali che segnano
le vicende quotidiane. Ma è anche appello a ricercare la competenza nel proprio
lavoro e a coltivare una fedeltà dinamica alla propria missione, adattandone le
forme, quando è necessario, alle nuove situazioni e ai diversi bisogni, in
piena docilità all'ispirazione divina e al discernimento ecclesiale. Deve
rimanere, comunque, viva la convinzione che nella ricerca della conformazione
sempre più piena al Signore sta la garanzia di ogni rinnovamento che intenda
rimanere fedele all'ispirazione originaria.n questo spirito torna oggi
impellente per ogni Istituto la necessità di un rinnovato riferimento alla
Regola, perché in essa e nelle Costituzioni è racchiuso un itinerario di
sequela, qualificato da uno specifico carisma autenticato dalla Chiesa.
Un'accresciuta considerazione per la Regola non mancherà di offrire alle
persone consacrate un criterio sicuro per ricercare le forme adeguate di una testimonianza
che sappia rispondere alle esigenze del momento senza allontanarsi
dall'ispirazione iniziale.
Preghiera ed ascesi: il combattimento
spirituale
38. La chiamata alla santità è accolta e può
essere coltivata solo nel silenzio dell'adorazione davanti all'infinita
trascendenza di Dio: «Dobbiamo confessare che abbiamo tutti bisogno di questo
silenzio carico di presenza adorata: la teologia, per poter valorizzare in
pieno la propria anima sapienziale e spirituale; la preghiera, perché non
dimentichi mai che vedere Dio significa scendere dal monte con un volto così
raggiante da essere costretti a coprirlo con un velo (cfr Es 34,
33)[...]; l'impegno, per rinunciare a chiudersi in una lotta senza amore e
perdono [...]. Tutti, credenti e non credenti, hanno bisogno di imparare un
silenzio che permetta all'Altro di parlare, quando e come vorrà, e a noi di
comprendere quella parola».Ciò comporta in concreto una grande fedeltà alla
preghiera liturgica e personale, ai tempi dedicati all'orazione mentale e alla
contemplazione, all'adorazione eucaristica, ai ritiri mensili e agli esercizi
spirituali.Occorre anche riscoprire i mezzi ascetici tipici della
tradizione spirituale della Chiesa e del proprio Istituto. Essi hanno
costituito e tuttora costituiscono un potente aiuto per un autentico cammino di
santità. L'ascesi, aiutando a dominare e correggere le tendenze della natura
umana ferita dal peccato, è veramente indispensabile alla persona consacrata
per restare fedele alla propria vocazione e seguire Gesù sulla via della
Croce.È necessario anche riconoscere e superare alcune tentazioni che talvolta,
per insidia diabolica, si presentano sotto apparenza di bene. Così, ad esempio,
la legittima esigenza di conoscere la società odierna per rispondere alle sue
sfide può indurre a cedere alle mode del momento, con diminuzione del fervore
spirituale o con atteggiamenti di scoraggiamento. La possibilità di una
formazione spirituale più elevata potrebbe spingere le persone consacrate ad un
certo sentimento di superiorità rispetto agli altri fedeli, mentre l'urgenza di
legittima e doverosa qualificazione può trasformarsi in una esasperata ricerca
di efficienza, quasi che il servizio apostolico dipenda prevalentemente dai
mezzi umani, anziché da Dio. Il lodevole desiderio di farsi vicini agli uomini
e alle donne del nostro tempo, credenti e non credenti, poveri e ricchi, può
portare all'adozione di uno stile di vita secolarizzato o ad una promozione dei
valori umani in senso puramente orizzontale. La condivisione delle istanze legittime
della propria nazione o cultura potrebbe indurre ad abbracciare forme di
nazionalismo o ad accogliere elementi di costume che hanno invece bisogno di
essere purificati ed elevati alla luce del Vangelo.Il cammino che conduce alla
santità comporta quindi l'accettazione del combattimento spirituale. È
un dato esigente al quale oggi non sempre si dedica l'attenzione necessaria. La
tradizione ha spesso visto raffigurato il combattimento spirituale nella lotta
di Giacobbe alle prese col mistero di Dio, che egli affronta per accedere alla
sua benedizione e alla sua visione (cfr Gn 32, 23-31). In questa vicenda
dei primordi della storia biblica le persone consacrate possono leggere il
simbolo dell'impegno ascetico che è loro necessario per dilatare il cuore e
aprirlo all'accoglienza del Signore e dei fratelli.
Promuovere la santità
39. Un rinnovato impegno di santità da parte
delle persone consacrate è oggi più che mai necessario anche per favorire e
sostenere la tensione di ogni cristiano verso la perfezione. «È necessario,
pertanto, suscitare in ogni fedele un vero anelito alla santità, un desiderio
forte di conversione e di rinnovamento personale in un clima di sempre più
intensa preghiera e di solidale accoglienza del prossimo, specialmente quello
più bisognoso».e persone consacrate, nella misura in cui approfondiscono la
propria amicizia con Dio, si pongono nella condizione di aiutare fratelli e
sorelle mediante valide iniziative spirituali, quali scuole di orazione,
esercizi e ritiri spirituali, giornate di solitudine, ascolto e direzione
spirituale. In questo modo viene agevolato il progresso nella preghiera di
persone che potranno poi operare un miglior discernimento della volontà di Dio
su di sé e decidersi alle opzioni coraggiose, talvolta eroiche, richieste dalla
fede. In effetti, le persone consacrate «con la stessa intima natura del loro
essere si collocano nel dinamismo della Chiesa, assetata dell'Assoluto di Dio,
chiamata alla santità. Di questa santità esse sono testimoni».II fatto che
tutti siano chiamati a diventare santi non può che stimolare maggiormente
coloro che, per la loro stessa scelta di vita, hanno la missione di ricordarlo
agli altri.
«Alzatevi e non temete»: una rinnovata
fiducia
40. «Gesù si avvicinò e, toccatili, disse:
‘Alzatevi e non temete'» (Mt 17, 7). Come i tre apostoli nell'episodio
della Trasfigurazione, le persone consacrate sanno per esperienza che non
sempre la loro vita è illuminata da quel fervore sensibile che fa esclamare: «È
bello per noi stare qui» (Mt 17, 4). È però sempre una vita «toccata»
dalla mano di Cristo, raggiunta dalla sua voce, sorretta dalla sua
grazia.«Alzatevi e non temete». Questo incoraggiamento del Maestro è
indirizzato, ovviamente, a ogni cristiano. Ma a maggior ragione esso vale per
chi è stato chiamato a «lasciare tutto» e, dunque, a «rischiare tutto» per
Cristo. Ciò vale in modo speciale ogni qualvolta, col Maestro, si scende dal
«monte» per imboccare la strada che dal Tabor porta al Calvario.Dicendo che
Mosè ed Elia parlavano con Cristo del suo mistero pasquale, Luca usa
significativamente il termine «dipartita» ( éxodos): «parlavano della
sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme» (Lc 9,
31). «Esodo»: termine fondamentale della rivelazione, a cui si richiama tutta
la storia della salvezza, e che esprime il senso profondo del mistero pasquale.
Tema particolarmente caro alla spiritualità della vita consacrata e che ben ne
manifesta il significato. In esso è incluso inevitabilmente ciò che appartiene
al mysterium Crucis. Ma questo impegnativo «cammino esodale», visto
dalla prospettiva del Tabor, appare come un cammino posto tra due luci: la luce
anticipatrice della Trasfigurazione e quella definitiva della Risurrezione.La
vocazione alla vita consacrata — nell'orizzonte dell'intera vita cristiana —
nonostante le sue rinunce e le sue prove, ed anzi in forza di esse, è cammino
«di luce», sul quale veglia lo sguardo del Redentore: «Alzatevi e non
temete».
CAPITOLO
II
SIGNUM
FRATERNITATIS
LA
VITA CONSACRATA
SEGNO DI COMUNIONE NELLA CHIESA
I. VALORI PERMANENTI
Ad immagine della Trinità
41. Il Signore Gesù nella sua vita terrena
chiamò quelli che Egli volle, per tenerli accanto a sé e formarli a vivere sul
suo esempio per il Padre e per la missione da Lui ricevuta (cfr Mc 3,
13-15). Egli inaugurava così quella nuova famiglia della quale avrebbero fatto
parte nel corso dei secoli quanti sarebbero stati pronti a «compiere la volontà
di Dio» (cfr Mc 3, 32-35). Dopo l'Ascensione, per effetto del dono dello
Spirito, si costituì intorno agli Apostoli una comunità fraterna raccolta nella
lode di Dio e in una concreta esperienza di comunione (cfr At 2, 42-47;
4, 32-35). La vita di tale comunità e, più ancora, l'esperienza di piena
condivisione con Cristo vissuta dai Dodici, sono state costantemente il
modello a cui la Chiesa si è ispirata, quando ha voluto rivivere il fervore
delle origini e riprendere con rinnovato vigore evangelico il suo cammino nella
storia.n realtà, la Chiesa è essenzialmente mistero di comunione,
«popolo adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».La vita
fraterna intende rispecchiare la profondità e la ricchezza di tale mistero,
configurandosi come spazio umano abitato dalla Trinità, che estende così nella
storia i doni della comunione propri delle tre Persone divine. Molti sono,
nella vita ecclesiale, gli ambiti e le modalità in cui s'esprime la comunione
fraterna. La vita consacrata ha sicuramente il merito di aver efficacemente
contribuito a tener viva nella Chiesa l'esigenza della fraternità come confessione
della Trinità. Con la costante promozione dell'amore fraterno anche nella forma
della vita comune, essa ha rivelato che la partecipazione alla comunione
trinitaria può cambiare i rapporti umani, creando un nuovo tipo di
solidarietà. In questo modo essa addita agli uomini sia la bellezza della
comunione fraterna, sia le vie che ad essa concretamente conducono. Le persone
consacrate, infatti, vivono «per» Dio e «di» Dio, e proprio per questo possono
confessare la potenza dell'azione riconciliatrice della grazia, che abbatte i
dinamismi disgregatori presenti nel cuore dell'uomo e nei rapporti sociali.
Vita fraterna nell'amore
42. La vita fraterna, intesa come vita
condivisa nell'amore, è segno eloquente della comunione ecclesiale. Essa viene
coltivata con particolare cura dagli Istituti religiosi e dalle Società di vita
apostolica, ove acquista speciale significato la vita in comunità.Ma la
dimensione della comunione fraterna non è estranea né agli Istituti Secolari né
alle stesse forme individuali di vita consacrata. Gli eremiti, nella profondità
della loro solitudine, non solo non si sottraggono alla comunione ecclesiale,
ma la servono con il loro specifico carisma contemplativo; le vergini
consacrate nel secolo attuano la loro consacrazione in uno speciale rapporto di
comunione con la Chiesa particolare e universale. Similmente le vedove e i
vedovi consacrati.Tutte queste persone, in attuazione del discepolato
evangelico, si impegnano a vivere il «comandamento nuovo» del Signore, amandosi
gli uni gli altri come Egli ci ha amati (cfr Gv 13, 34). L'amore ha
portato Cristo al dono di sé fino al sacrificio supremo della Croce. Anche tra
i suoi discepoli non c'è unità vera senza questo amore reciproco
incondizionato, che esige disponibilità al servizio senza risparmio di
energie, prontezza ad accogliere l'altro così com'è senza «giudicarlo» (cfr Mt
7, 1-2), capacità di perdonare anche «settanta volte sette» (Mt 18, 22).
Per le persone consacrate, rese «un cuore solo e un'anima sola» (At 4,
32) da questo amore riversato nei cuori dallo Spirito Santo (cfr Rm 5,
5), diventa un'esigenza interiore porre tutto in comune: beni materiali
ed esperienze spirituali, talenti e ispirazioni, così come ideali apostolici e
servizio caritativo: «Nella vita comunitaria l'energia dello Spirito che è in
uno passa contemporaneamente a tutti. Qui non solo si fruisce del proprio dono,
ma lo si moltiplica nel farne parte ad altri e si gode del frutto del dono
altrui come del proprio».ella vita di comunità, poi, deve farsi in qualche modo
tangibile che la comunione fraterna, prima d'essere strumento per una
determinata missione, è spazio teologale in cui si può sperimentare la
mistica presenza del Signore risorto (cfr Mt 18, 20).Questo avviene
grazie all'amore reciproco di quanti compongono la comunità, un amore
alimentato dalla Parola e dall'Eucaristia, purificato nel Sacramento della
Riconciliazione, sostenuto dall'implorazione dell'unità, speciale dono dello
Spirito per coloro che si pongono in obbediente ascolto del Vangelo. E proprio
Lui, lo Spirito, ad introdurre l'anima alla comunione col Padre e con il Figlio
suo Gesù Cristo (cfr 1 Gv 1, 3), comunione nella quale è la sorgente
della vita fraterna. Dallo Spirito le comunità di vita consacrata sono guidate
nell'adempimento della loro missione di servizio alla Chiesa e all'intera
umanità, secondo la propria ispirazione originaria.In questa prospettiva,
particolare importanza rivestono i «Capitoli» (o riunioni analoghe), sia
particolari che generali, nelle quali ogni Istituto è chiamato ad eleggere i
Superiori o le Superiore secondo le norme stabilite dalle proprie Costituzioni,
e a discernere, alla luce dello Spirito, le modalità adeguate per custodire e
rendere attuale, nelle diverse situazioni storiche e culturali, il proprio
carisma ed il proprio patrimonio spirituale.
Il compito dell'autorità
43. Nella vita consacrata la funzione dei
Superiori e delle Superiore, anche locali, ha sempre avuto una grande importanza
sia per la vita spirituale che per la missione. In questi anni di ricerche e di
mutamenti si è talvolta sentita la necessità di una revisione di questo
ufficio. Ma occorre riconoscere che chi esercita l'autorità non può abdicare
al suo compito di primo responsabile della comunità, quale guida dei
fratelli e delle sorelle nel cammino spirituale e apostolico.Non è facile, in
ambienti fortemente segnati dall'individualismo, far riconoscere ed accogliere
la funzione che l'autorità svolge a vantaggio di tutti. Si deve, però,
riaffermare l'importanza di questo compito, che si rivela necessario proprio
per consolidare la comunione fraterna e non vanificare l'obbedienza professata.
Se l'autorità deve essere prima di tutto fraterna e spirituale e se, di conseguenza,
chi ne è rivestito deve saper coinvolgere mediante il dialogo i confratelli e
le consorelle nel processo decisionale, conviene tuttavia ricordare che tocca
all'autorità l'ultima parola, e ad essa compete poi di far rispettare le
decisioni prese.
Il ruolo delle persone anziane
44. La cura degli anziani e degli ammalati
ha una parte rilevante nella vita fraterna, specie in un momento come questo,
in cui in alcune regioni del mondo aumenta il numero delle persone consacrate
che sono ormai avanti negli anni. L'attenzione premurosa che esse meritano non
risponde solo a un preciso dovere di carità e di riconoscenza, ma è anche
espressione della consapevolezza che la loro testimonianza giova molto alla
Chiesa e agli Istituti e che la loro missione resta valida e meritoria, anche
quando per motivi di età o di infermità hanno dovuto abbandonare la loro
attività specifica. Essi hanno certamente molto da dare in saggezza ed
esperienza alla comunità, se questa sa stare loro vicino con attenzione e
capacità di ascolto.In realtà la missione apostolica, prima che nell'azione,
consiste nella testimonianza della propria dedizione piena alla volontà
salvifica del Signore, una dedizione che si alimenta alle fonti dell'orazione e
della penitenza. Molti sono, pertanto, i modi in cui gli anziani sono chiamati
a vivere la loro vocazione: la preghiera assidua, la paziente accettazione
della propria condizione, la disponibilità per il servizio di direttore
spirituale, di confessore, di guida nella preghiera.
Ad immagine della comunità apostolica
45. La vita fraterna svolge un ruolo
fondamentale nel cammino spirituale delle persone consacrate, sia per il loro
costante rinnovamento che per il pieno compimento della loro missione nel
mondo: lo si deduce dalle motivazioni teologiche che ne stanno alla base, e se
ne ha ampia conferma dalla stessa esperienza. Esorto pertanto i consacrati e le
consacrate a coltivarla con impegno, seguendo l'esempio dei primi cristiani di
Gerusalemme, che erano assidui nell'ascolto dell'insegnamento degli Apostoli,
nella preghiera comune, nella partecipazione all'Eucaristia, nella condivisione
dei beni di natura e di grazia (cfr At 2, 42-47). Esorto soprattutto i
religiosi, le religiose e i membri delle Società di vita apostolica a vivere
senza riserve l'amore vicendevole, esprimendolo nelle modalità consone alla
natura di ciascun Istituto, perché ogni comunità si manifesti come segno
luminoso della nuova Gerusalemme, «dimora di Dio con gli uomini» (Ap 21,
3).La Chiesa tutta, infatti, conta molto sulla testimonianza di comunità ricche
«di gioia e di Spirito Santo» (At 13, 52). Essa desidera additare al
mondo l'esempio di comunità nelle quali l'attenzione reciproca aiuta a superare
la solitudine, la comunicazione spinge tutti a sentirsi corresponsabili, il
perdono rimargina le ferite, rafforzando in ciascuno il proposito della
comunione. In comunità di questo tipo, la natura del carisma dirige le energie,
sostiene la fedeltà ed orienta il lavoro apostolico di tutti verso l'unica
missione. Per presentare all'umanità di oggi il suo vero volto, la Chiesa ha
urgente bisogno di simili comunità fraterne, le quali con la loro stessa
esistenza costituiscono un contributo alla nuova evangelizzazione, poiché
mostrano in modo concreto i frutti del «comandamento nuovo».
Sentire cum Ecclesia
46. Un grande compito è affidato alla vita
consacrata anche alla luce della dottrina sulla Chiesa-comunione, con tanto
vigore proposta dal Concilio Vaticano II. Alle persone consacrate si chiede di
essere davvero esperte di comunione e di praticarne la spiritualità,come
«testimoni e artefici di quel “progetto di comunione” che sta al vertice della
storia dell'uomo secondo Dio».Il senso della comunione ecclesiale,
sviluppandosi in spiritualità di comunione, promuove un modo di pensare,
parlare ed agire che fa crescere in profondità e in estensione la Chiesa. La
vita di comunione, infatti, «diventa un segno per il mondo e una forza
attrattiva che conduce a credere in Cristo [...]. In tal modo la comunione si
apre alla missione, si fa essa stessa missione», anzi «la comunione
genera comunione e si configura essenzialmente come comunione
missionaria».ei fondatori e nelle fondatrici appare sempre vivo il senso
della Chiesa, che si manifesta nella loro partecipazione piena alla vita
ecclesiale in tutte le sue dimensioni e nella pronta obbedienza ai Pastori,
specialmente al Romano Pontefice. In questo orizzonte di amore verso la Santa
Chiesa, «colonna e sostegno della verità» (1 Tm 3, 15), ben si
comprendono la devozione di Francesco d'Assisi per «il Signor
Papa»,l'intraprendenza filiale di Caterina da Siena verso colui che ella chiama
«dolce Cristo in terra»,l'obbedienza apostolica e il sentire cum Ecclesiadi
Ignazio di Loyola, la gioiosa professione di fede di Teresa di Gesù: «Sono
figlia della Chiesa».Si comprende anche l'anelito di Teresa di Lisieux: «Nel
cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l'amore».Simili testimonianze sono
rappresentative della piena comunione ecclesiale che santi e sante, fondatori e
fondatrici, hanno condiviso in epoche e circostanze fra loro diverse e spesso
molto difficili. Sono esempi ai quali le persone consacrate devono fare
costante riferimento, per resistere alle spinte centrifughe e disgregatrici,
oggi particolarmente attive. Un aspetto qualificante di questa comunione
ecclesiale è l'adesione di mente e di cuore al magistero dei Vescovi, che va
vissuta con lealtà e testimoniata con chiarezza davanti al Popolo di Dio da
parte di tutte le persone consacrate, particolarmente da quelle impegnate nella
ricerca teologica e nell'insegnamento, nelle pubblicazioni, nella catechesi,
nell'uso dei mezzi di comunicazione sociale.Poiché le persone consacrate
occupano un posto speciale nella Chiesa, il loro atteggiamento a questo
proposito ha grande rilievo per l'intero Popolo di Dio. Dalla loro
testimonianza di amore filiale trae forza ed incisività la loro azione
apostolica che, nel quadro della missione profetica di tutti i battezzati, si
qualifica in genere per compiti di speciale collaborazione con l'ordine
gerarchico.In questo modo, con la ricchezza dei loro carismi essi danno uno
specifico contributo, perché la Chiesa realizzi sempre più profondamente la sua
natura di sacramento «dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il
genere umano».
La fraternità nella Chiesa universale
47. Le persone consacrate sono chiamate ad
essere fermento di comunione missionaria nella Chiesa universale per il fatto
stesso che i molteplici carismi dei rispettivi Istituti sono donati dallo
Spirito Santo in vista del bene dell'intero Corpo mistico, alla cui
edificazione essi devono servire (cfr 1 Cor 12, 4-11).
Significativamente «la via migliore» (1 Cor 12, 31), la realtà «di tutte
più grande» (1 Cor 13, 13), secondo la parola dell'Apostolo, è la
carità, che armonizza tutte le diversità e a tutti infonde la forza del mutuo
sostegno nello slancio apostolico. Proprio a questo tende il peculiare
vincolo di comunione, che le varie forme di vita consacrata e le Società di
vita apostolica hanno con il Successore di Pietro nel suo ministero di unità
e di universalità missionaria. La storia della spiritualità illustra
ampiamente questo vincolo, mostrandone la provvidenziale funzione a garanzia
sia dell'identità propria della vita consacrata che dell'espansione missionaria
del Vangelo. La vigorosa diffusione dell'annuncio evangelico, come pure il
saldo radicamento della Chiesa in tante regioni del mondo e la primavera
cristiana che oggi si registra nelle giovani Chiese, sarebbero impensabili —
come i Padri sinodali hanno osservato — senza il contributo di tanti Istituti
di vita consacrata e Società di vita apostolica. Essi hanno mantenuto salda
lungo i secoli la comunione con i Successori di Pietro, i quali hanno trovato
in loro prontezza generosa nel dedicarsi alla missione con una disponibilità che,
all'occorrenza, ha saputo spingersi fino all'eroismo.Emerge così il
carattere di universalità e di comunione, che è proprio degli Istituti di
vita consacrata e delle Società di vita apostolica. Per la connotazione
sovradiocesana radicata nel loro speciale rapporto col ministero petrino, essi
sono anche al servizio della collaborazione fra le diverse Chiese
particolari,tra le quali possono efficacemente promuovere lo «scambio di doni»,
contribuendo ad una inculturazione del Vangelo che purifichi, valorizzi ed
assuma le ricchezze delle culture di tutti i popoli. Anche oggi la fioritura
nelle giovani Chiese di vocazioni alla vita consacrata manifesta la capacità
che questa possiede di esprimere nell'unità cattolica le istanze dei vari
popoli e culture.
La vita consacrata e la Chiesa
particolare
48. Un ruolo significativo spetta alle
persone consacrate anche all'interno delle Chiese particolari. E questo
un aspetto che, partendo dalla dottrina conciliare sulla Chiesa come comunione
e mistero e sulle Chiese particolari come porzione del Popolo di Dio nelle
quali «è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica
e apostolica»,è stato approfondito e codificato in vari documenti successivi.
Alla luce di questi testi appare in tutta evidenza il fondamentale rilievo che
la collaborazione delle persone consacrate con i Vescovi riveste per
l'armonioso sviluppo della pastorale diocesana. Molto possono contribuire i
carismi della vita consacrata all'edificazione della carità nella Chiesa
particolare.Le varie forme in cui vengono vissuti i consigli evangelici,
infatti, sono espressione e frutto di doni spirituali ricevuti da fondatori e
fondatrici e, come tali, costituiscono una «esperienza dello Spirito,
trasmessa ai propri discepoli per essere da questi vissuta, custodita,
approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il Corpo di Cristo in
perenne crescita».L'indole propria di ciascun Istituto comporta uno stile
particolare di santificazione e di apostolato, che tende a consolidarsi in una determinata
tradizione, caratterizzata da elementi oggettivi.Per questo la Chiesa ha cura
che gli Istituti crescano e si sviluppino secondo lo spirito dei fondatori e
delle fondatrici e le loro sane tradizioni.i conseguenza, è riconosciuta ai
singoli Istituti una giusta autonomia , grazie alla quale essi possono
valersi di una propria disciplina e conservare integro il loro patrimonio
spirituale ed apostolico. E compito degli Ordinari dei luoghi conservare e
tutelare tale autonomia.Pertanto ai Vescovi è chiesto di accogliere e stimare i
carismi della vita consacrata, dando loro spazio nei progetti della pastorale
diocesana. Una particolare premura devono avere per gli Istituti di diritto
diocesano, che sono affidati alla cura speciale del Vescovo del luogo. Una
diocesi che restasse senza vita consacrata, oltre a perdere tanti doni
spirituali, appropriati luoghi di ricerca di Dio, specifiche attività
apostoliche e metodologie pastorali, rischierebbe di trovarsi grandemente
indebolita in quello spirito missionario che è proprio della maggioranza degli
Istituti.E pertanto doveroso corrispondere al dono della vita consacrata, che
lo Spirito suscita nella Chiesa particolare, accogliendolo generosamente con
rendimento di grazie.
Una feconda e ordinata comunione ecclesiale
49. Il Vescovo è padre e pastore dell'intera
Chiesa particolare. A lui compete di riconoscere e rispettare i singoli
carismi, di promuoverli e coordinarli. Nella sua carità pastorale accoglierà
pertanto il carisma della vita consacrata come grazia che non riguarda soltanto
un Istituto, ma rifluisce a vantaggio di tutta la Chiesa. Cercherà così di
sostenere ed aiutare le persone consacrate, affinché, in comunione con la
Chiesa, si aprano a prospettive spirituali e pastorali corrispondenti alle
esigenze del nostro tempo, in fedeltà all'ispirazione fondazionale. Da parte
loro, le persone di vita consacrata non mancheranno di offrire generosamente la
loro collaborazione alla Chiesa particolare secondo le proprie forze e nel
rispetto del proprio carisma, operando in piena comunione col Vescovo
nell'ambito della evangelizzazione, della catechesi, della vita delle
parrocchie.Giova ricordare che, nel coordinare il servizio alla Chiesa
universale con quello alla Chiesa particolare, gli Istituti non possono invocare
la legittima autonomia e la stessa esenzione, di cui molti di loro godono,per
giustificare scelte che di fatto contrastano con le esigenze di organica
comunione poste da una sana vita ecclesiale. Occorre invece che le iniziative
pastorali delle persone consacrate siano decise ed attuate sulla base di un
dialogo cordiale e aperto tra Vescovi e Superiori dei vari Istituti. La
speciale attenzione da parte dei Vescovi alla vocazione e missione degli
Istituti e il rispetto, da parte di questi, del ministero dei Vescovi, con la
pronta accoglienza delle loro concrete indicazioni pastorali per la vita
diocesana, rappresentano due forme intimamente connesse di quell'unica carità
ecclesiale che impegna tutti al servizio della comunione organica — carismatica
e insieme gerarchicamente strutturata — dell'intero Popolo di Dio.
Un costante dialogo animato dalla
carità
50. Per promuovere la reciproca conoscenza,
presupposto necessario di una fattiva cooperazione soprattutto in ambito
pastorale, è quanto mai opportuno un costante dialogo di Superiori e
Superiore degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica
con i Vescovi. Grazie a questi abituali contatti, Superiori e Superiore potranno
informare i Vescovi circa le iniziative apostoliche che intendono avviare nelle
loro diocesi, per giungere con essi ai necessari accordi operativi. Allo stesso
modo, conviene che persone delegate dalle Conferenze dei Superiori e delle
Superiore maggiori siano invitate ad assistere alle assemblee delle Conferenze
dei Vescovi e che, viceversa, delegati delle Conferenze episcopali vengano
invitati alle Conferenze dei Superiori e delle Superiore maggiori, secondo
modalità da determinare. In questa prospettiva sarà di grande giovamento che,
ove ancora non ci fossero, siano costituite e rese operanti, a livello
nazionale, commissioni miste di Vescovi e Superiori e Superiore maggioriche
esaminino insieme i problemi di comune interesse. Alla miglior conoscenza
reciproca contribuirà pure l'inserimento della teologia e della spiritualità
della vita consacrata nel piano di studi teologici dei presbiteri diocesani,
come pure la previsione, nella formazione delle persone consacrate, di una
adeguata trattazione della teologia della Chiesa particolare e della
spiritualità del clero diocesano. infine consolante ricordare che, al Sinodo,
non solo sono stati numerosi gli interventi circa la dottrina della comunione,
ma grande è stata anche la soddisfazione per l'esperienza di dialogo vissuta,
in un clima di reciproca fiducia ed apertura, tra i Vescovi e i religiosi e le
religiose presenti. Ciò ha suscitato il desiderio che «tale esperienza
spirituale di comunione e collaborazione si estenda a tutta la Chiesa» anche dopo
il Sinodo.E auspicio che faccio mio per la crescita in tutti della mentalità e
della spiritualità di comunione.
La fraternità in un mondo diviso e
ingiusto
51. La Chiesa affida alle comunità di vita
consacrata il particolare compito di far crescere la spiritualità della
comunione prima di tutto al proprio interno e poi nella stessa comunità
ecclesiale ed oltre i suoi confini, aprendo o riaprendo costantemente il
dialogo della carità, soprattutto dove il mondo di oggi è lacerato dall'odio
etnico o da follie omicide. Collocate nelle diverse società del nostro pianeta
— società percorse spesso da passioni e da interessi contrastanti, desiderose
di unità ma incerte sulle vie da prendere — le comunità di vita consacrata,
nelle quali si incontrano come fratelli e sorelle persone di differenti età,
lingue e culture, si pongono come segno di un dialogo sempre possibile e
di una comunione capace di armonizzare le diversità.Le comunità di vita
consacrata sono mandate ad annunziare, con la testimonianza della loro vita, il
valore della fraternità cristiana e la forza trasformante della Buona
Novella,che fa riconoscere tutti come figli di Dio e spinge all'amore oblativo
verso tutti, specialmente verso gli ultimi. Queste comunità sono luoghi di
speranza e di scoperta delle Beatitudini, luoghi nei quali l'amore, attingendo
alla preghiera, sorgente della comunione, è chiamato a diventare logica di vita
e fonte di gioia. Soprattutto gli Istituti internazionali, in quest'epoca
caratterizzata dalla mondializzazione dei problemi e insieme dal ritorno degli
idoli del nazionalismo, hanno il compito di tener vivo e di testimoniare il
senso della comunione tra i popoli, le razze, le culture. In un clima di
fraternità, l'apertura alla dimensione mondiale dei problemi non soffocherà le
ricchezze particolari, né l'affermazione di una particolarità creerà contrasto
con le altre né con l'unità. Gli Istituti internazionali possono fare questo
con efficacia, dovendo essi stessi affrontare creativamente la sfida
dell'inculturazione e conservare nello stesso tempo la loro identità.
Comunione fra i diversi Istituti
52. Il fraterno rapporto spirituale e la
mutua collaborazione fra i diversi Istituti di vita consacrata e Società di
vita apostolica sono sostenuti e alimentati dal senso ecclesiale di comunione.
Persone che sono fra loro unite dal comune impegno della sequela di Cristo ed
animate dal medesimo Spirito non possono non manifestare visibilmente, come
tralci dell'unica Vite, la pienezza del Vangelo dell'amore. Memori
dell'amicizia spirituale, che spesso ha legato sulla terra i diversi fondatori
e fondatrici, esse, restando fedeli all'indole del proprio Istituto, sono
chiamate ad esprimere un'esemplare fraternità, che sia di stimolo alle altre
componenti ecclesiali nel quotidiano impegno di testimonianza al Vangelo.Sono
sempre attuali le parole di san Bernardo, a proposito dei diversi Ordini
religiosi: «Io li ammiro tutti. Appartengo ad uno di essi con l'osservanza, ma
a tutti nella carità. Abbiamo bisogno tutti gli uni degli altri: il bene spirituale
che io non ho e non possiedo, lo ricevo dagli altri [...]. In questo esilio, la
Chiesa è ancora in cammino e, se posso dire così, plurale: è una pluralità
unica e una unità plurale. E tutte le nostre diversità, che manifestano la
ricchezza dei doni di Dio, sussisteranno nell'unica casa del Padre, che
comporta tante dimore. Adesso c'è divisione di grazie: allora ci sarà
distinzione di glorie. L'unità, sia qui che là, consiste in una medesima
carità».
Organismi di coordinamento
53. Un notevole contributo alla comunione
può essere dato dalle Conferenze dei Superiori e delle Superiore maggiori e
dalle Conferenze degli Istituti secolari. Incoraggiati e regolamentati dal
Concilio Vaticano IIe da documenti successivi,questi organismi hanno per scopo
principale la promozione della vita consacrata inserita nella compagine della
missione ecclesiale.Per loro tramite, gli Istituti esprimono la comunione tra
loro e cercano i mezzi per rafforzarla, nel rispetto e nella valorizzazione
delle specificità dei vari carismi, nei quali si rispecchiano il mistero della
Chiesa e la multiforme sapienza di Dio.Incoraggio gli Istituti di vita
consacrata a collaborare tra di loro, specie in quei Paesi dove, per
particolari difficoltà, può essere forte la tentazione di ripiegarsi su di sé,
a danno della stessa vita consacrata e della Chiesa. Occorre invece che si
aiutino a vicenda nel cercare di capire il disegno di Dio nell'attuale
travaglio della storia, per meglio rispondervi con iniziative apostoliche
adeguate.In questo orizzonte di comunione aperto alle sfide del nostro tempo, i
Superiori e le Superiore, «operando in sintonia con l'episcopato», cerchino di
«usufruire dell'opera dei migliori collaboratori di ciascun Istituto e offrire
servizi che non solo aiutino a superare eventuali limiti, ma creino uno stile
valido di formazione alla vita consacrata».sorto le Conferenze dei Superiori e
delle Superiore maggiori e le Conferenze degli Istituti Secolari a curare anche
frequenti e regolari contatti con la Congregazione per gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica, come manifestazione della loro
comunione con la Santa Sede. Un rapporto attivo e fiducioso dovrà pure essere
intrattenuto con le Conferenze episcopali dei singoli Paesi. Nello spirito del
documento Mutuae relationes, sarà conveniente che tale rapporto assuma
una forma stabile, così da rendere possibile il costante e tempestivo
coordinamento delle iniziative via via emergenti. Se tutto questo sarà attuato
con perseveranza e spirito di fedele adesione alle direttive del Magistero, gli
organismi di collegamento e di comunione si riveleranno particolarmente utili
per trovare soluzioni che evitino incomprensioni e tensioni sul piano sia
teorico che pratico;in questo modo saranno di sostegno non solo alla crescita
della comunione tra gli Istituti di vita consacrata e i Vescovi, ma anche allo
svolgimento della stessa missione delle Chiese particolari.
Comunione e collaborazione con i laici
54. Uno dei frutti della dottrina della
Chiesa come comunione, in questi anni, è stata la presa di coscienza che le sue
varie componenti possono e devono unire le loro forze, in atteggiamento di
collaborazione e di scambio di doni, per partecipare più efficacemente alla
missione ecclesiale. Ciò contribuisce a dare un'immagine più articolata e
completa della Chiesa stessa, oltre che a rendere più efficace la risposta alle
grandi sfide del nostro tempo, grazie all'apporto corale dei diversi doni.I
rapporti con i laici, nel caso di Istituti monastici e contemplativi, si configurano
come una relazione prevalentemente spirituale, mentre per gli Istituti
impegnati sul versante dell'apostolato si traducono anche in forme di
collaborazione pastorale. I membri poi degli Istituti secolari, laici o
chierici, entrano in rapporto con gli altri fedeli nelle forme ordinarie della
vita quotidiana. Oggi non pochi Istituti, spesso in forza delle nuove
situazioni, sono pervenuti alla convinzione che il loro carisma può essere
condiviso con i laici. Questi vengono perciò invitati a partecipare in modo
più intenso alla spiritualità e alla missione dell'Istituto medesimo. Si può
dire che, sulla scia di esperienze storiche come quella dei diversi Ordini
secolari o Terz'Ordini, è iniziato un nuovo capitolo, ricco di speranze, nella
storia delle relazioni tra le persone consacrate e il laicato.
Per un rinnovato dinamismo spirituale
ed apostolico
55. Questi nuovi percorsi di comunione e di
collaborazione meritano di essere incoraggiati per diversi motivi. Potrà
infatti derivarne, innanzitutto, un'irradiazione di operosa spiritualità al di
là delle frontiere dell'Istituto, che conterà così su nuove energie, anche per
assicurare alla Chiesa la continuità di certe sue forme tipiche di servizio.
Un'altra conseguenza positiva potrà poi essere l'agevolazione di una più
intensa sinergia tra persone consacrate e laici in ordine alla missione: mossi
dagli esempi di santità delle persone consacrate, i laici saranno introdotti
all'esperienza diretta dello spirito dei consigli evangelici, e saranno così
incoraggiati a vivere e a testimoniare lo spirito delle Beatitudini, in vista
della trasformazione del mondo secondo il cuore di Dio.a partecipazione dei
laici non raramente porta inattesi e fecondi approfondimenti di alcuni aspetti
del carisma, ridestandone un'interpretazione più spirituale e spingendo a
trarne indicazioni per nuovi dinamismi apostolici. In qualunque attività o
ministero siano impegnate, le persone consacrate ricorderanno, pertanto, di
dover essere innanzitutto guide esperte di vita spirituale, e coltiveranno in
questa prospettiva «il talento più prezioso: lo spirito».A loro volta i laici
offrano alle famiglie religiose il prezioso contributo della loro secolarità e
del loro specifico servizio.
Laici volontari e associati
56. Una espressione significativa di
partecipazione laicale alle ricchezze della vita consacrata è l'adesione di
fedeli laici ai vari Istituti nella nuova forma dei cosiddetti membri associati
o, secondo le esigenze presenti in alcuni contesti culturali, di persone che
condividono, per un certo periodo di tempo, la vita comunitaria e la
particolare dedizione contemplativa o apostolica dell'Istituto, sempre che
ovviamente l'identità della sua vita interna non ne patisca danno. giusto
circondare di grande stima il volontariato che attinge alle ricchezze della
vita consacrata; occorre però curarne la formazione, affinché i volontari,
oltre alla competenza, abbiano sempre profonde motivazioni soprannaturali nei
loro propositi e vivo senso comunitario ed ecclesiale nei loro progetti.E da tener
presente poi che iniziative nelle quali siano coinvolti laici anche a livello
decisionale, per essere considerate opera di un determinato Istituto, devono
perseguirne i fini ed essere attuate sotto la sua responsabilità. Perciò, se
dei laici ne assumono la direzione, essi risponderanno di tale conduzione ai
Superiori e Superiore competenti. E opportuno che tutto questo sia vagliato e
regolato da apposite direttive dei singoli Istituti, approvate dall'Autorità
Superiore, in cui siano previste le rispettive competenze dell'Istituto stesso,
delle comunità, dei membri associati o dei volontari.Le persone consacrate,
inviate dai loro Superiori e Superiore e restando alle loro dipendenze, possono
essere presenti con specifiche forme di collaborazione in iniziative laicali,
particolarmente in organizzazioni ed istituzioni che si interessano
dell'emarginazione e hanno lo scopo di alleviare la sofferenza umana. Tale
collaborazione, se è animata e sostenuta da una chiara e forte identità
cristiana ed è rispettosa dell'indole propria della vita consacrata, può far
brillare la forza illuminante del Vangelo nelle situazioni più oscure
dell'esistenza umana.In questi anni, non poche persone consacrate sono entrate
in qualcuno dei movimenti ecclesiali sviluppatisi nel nostro tempo. Da
tali esperienze gli interessati traggono in genere beneficio, specialmente sul
piano del rinnovamento spirituale. Tuttavia non si può negare che, in alcuni
casi, ciò generi disagi e disorientamento a livello personale e comunitario,
specialmente quando queste esperienze entrano in conflitto con le esigenze
della vita comune e della spiritualità dell'Istituto. Occorrerà pertanto curare
che l'adesione ai movimenti ecclesiali avvenga nel rispetto del carisma e della
disciplina del proprio Istituto,col consenso dei Superiori e delle Superiore e
nella piena disponibilità ad accoglierne le decisioni.
La dignità e il ruolo della donna
consacrata
57. La Chiesa rivela pienamente la sua
multiforme ricchezza spirituale quando, superate le discriminazioni, accoglie
come una vera benedizione i doni da Dio riversati sia negli uomini che nelle
donne, tutti valorizzando nella loro pari dignità. Le donne consacrate sono
chiamate in modo tutto speciale ad essere, attraverso la loro dedizione vissuta
in pienezza e con gioia, un segno della tenerezza di Dio verso il genere
umano ed una testimonianza particolare del mistero della Chiesa che è
vergine, sposa e madre.Tale loro missione non ha mancato di manifestarsi al
Sinodo, al quale hanno partecipato numerose, potendo far sentire la loro voce,
che è stata ascoltata ed apprezzata da tutti. Grazie anche ai loro contributi
sono emerse utili indicazioni per la vita della Chiesa e per la sua missione
evangelizzatrice. Certo, non si può non riconoscere la fondatezza di molte
rivendicazioni concernenti la posizione della donna in diversi ambiti sociali
ed ecclesiali. Ugualmente è doveroso rilevare che la nuova coscienza femminile
aiuta anche gli uomini a rivedere i loro schemi mentali, il loro modo di
autocomprendersi, di collocarsi nella storia e di interpretarla, di organizzare
la vita sociale, politica, economica, religiosa, ecclesiale.La Chiesa, che ha
ricevuto da Cristo un messaggio di liberazione, ha la missione di diffonderlo
profeticamente, promuovendo mentalità e condotta conformi alle intenzioni del
Signore. In questo contesto la donna consacrata, a partire dalla sua esperienza
di Chiesa e di donna nella Chiesa, può contribuire ad eliminare certe visioni
unilaterali, che non manifestano il pieno riconoscimento della sua dignità, del
suo apporto specifico alla vita e all'azione pastorale e missionaria della
Chiesa. Per questo è legittimo che la donna consacrata aspiri a veder
riconosciuta più chiaramente la sua identità, la sua capacità, la sua missione,
la sua responsabilità sia nella coscienza ecclesiale che nella vita
quotidiana.Anche il futuro della nuova evangelizzazione, come del resto di
tutte le altre forme di azione missionaria, è impensabile senza un rinnovato
contributo delle donne, specialmente delle donne consacrate.
Nuove prospettive di presenza e di
azione
58. E, pertanto, urgente compiere alcuni
passi concreti, a partire dall'apertura alle donne di spazi di
partecipazione in vari settori e a tutti i livelli, anche nei processi di elaborazione
delle decisioni, soprattutto in ciò che le riguarda.E necessario anche che la
formazione delle donne consacrate, non meno di quella degli uomini, sia
adeguata alle nuove urgenze e preveda tempo sufficiente e valide opportunità
istituzionali per un'educazione sistematica, estesa a tutti i campi, da quello
teologico-pastorale a quello professionale. La formazione pastorale e
catechetica, sempre importante, assume particolare rilievo in vista della nuova
evangelizzazione, che richiede anche dalle donne nuove forme di
partecipazione.Si può ritenere che l'approfondimento formativo, mentre aiuterà
la donna consacrata a comprendere meglio i propri doni, non mancherà di
stimolare la necessaria reciprocità all'interno della Chiesa. Anche nel campo
della riflessione teologica, culturale e spirituale ci si attende molto dal
genio della donna in ciò che riguarda non solo la specificità della vita
consacrata femminile, ma anche l'intelligenza della fede in tutte le sue
espressioni. A questo proposito, quanto deve la storia della spiritualità a
sante come Teresa di Gesù e Caterina da Siena, le prime due donne insignite del
titolo di Dottore della Chiesa, e a tante altre mistiche per quanto concerne
l'esplorazione del mistero di Dio e l'analisi della sua azione nel credente! La
Chiesa conta molto sulle donne consacrate per un contributo originale nella
promozione della dottrina, dei costumi, della stessa vita familiare e sociale,
specialmente in ciò che attiene alla dignità della donna e al rispetto della
vita umana.Infatti, «le donne hanno uno spazio di pensiero e di azione
singolare e forse determinante: tocca a loro di farsi promotrici di un “nuovo
femminismo” che, senza cadere nella tentazione di rincorrere modelli
“maschilisti', sappia riconoscere ed esprimere il vero genio femminile in tutte
le manifestazioni della convivenza civile, operando per il superamento di ogni
forma di discriminazione, di violenza e di sfruttamento».'è motivo di sperare
che da un più profondo riconoscimento della missione della donna, la vita
consacrata femminile tragga una sempre maggiore consapevolezza del proprio
ruolo e un'accresciuta dedizione alla causa del Regno di Dio. Ciò potrà
tradursi in molteplici opere, quali l'impegno per l'evangelizzazione,
l'attività educativa, la partecipazione nella formazione dei futuri sacerdoti e
delle persone consacrate, l'animazione della comunità cristiana,
l'accompagnamento spirituale, la promozione dei fondamentali beni della vita e
della pace. Alle donne consacrate e alla loro straordinaria capacità di
dedizione esprimo ancora una volta l'ammirata riconoscenza della Chiesa intera,
che le sostiene perché vivano in pienezza e con gioia la loro vocazione e si
sentano interpellate dall'alto compito di aiutare a formare la donna di oggi.
II. CONTINUITÀ NELL'OPERA DELLO SPIRITO
SANTO:FEDELTÀ NELLA NOVITÀ
Le monache di clausura
59. Particolare attenzione meritano la vita
monastica femminile e la clausura delle monache, per l'altissima stima che la
comunità cristiana nutre verso questo genere di vita, segno dell'unione
esclusiva della Chiesa-Sposa con il suo Signore, sommamente amato. In
effetti, la vita delle monache di clausura, impegnate in modo precipuo nella
preghiera, nell'ascesi e nel fervido progresso della vita spirituale, «non è
altro che un tendere alla Gerusalemme celeste, un'anticipazione della Chiesa
escatologica, fissa nel possesso e nella contemplazione di Dio».Alla luce di
questa vocazione e missione ecclesiale, la clausura risponde all'esigenza,
avvertita come prioritaria, di stare con il Signore. Scegliendo uno
spazio circoscritto come luogo di vita, le claustrali partecipano
all'annientamento di Cristo, mediante una povertà radicale che si esprime nella
rinuncia non solo alle cose, ma anche allo «spazio», ai contatti, a tanti beni
del creato. Questo modo particolare di donare il «corpo» le immette più
sensibilmente nel mistero eucaristico. Esse si offrono con Gesù per la salvezza
del mondo. La loro offerta, oltre all'aspetto di sacrificio e di espiazione,
acquista anche quello di rendimento di grazie al Padre, nella partecipazione
all'azione di grazie del Figlio diletto.Radicata in questa tensione spirituale,
la clausura non è solo un mezzo ascetico di immenso valore, ma un modo di
vivere la Pasqua di Cristo.Da esperienza di «morte» essa diventa
sovrabbondanza di «vita», ponendosi come gioioso annuncio e anticipazione
profetica della possibilità offerta ad ogni persona e all'umanità intera di
vivere unicamente per Dio, in Cristo Gesù (cfr Rm 6, 11). La clausura
evoca dunque quella cella del cuore in cui ciascuno è chiamato a vivere
l'unione con il Signore. Accolta come dono e scelta come libera risposta di
amore, essa è il luogo della comunione spirituale con Dio e con i fratelli e le
sorelle, dove la limitazione degli spazi e dei contatti opera a vantaggio
dell'interiorizzazione dei valori evangelici (cfr Gv 13, 34; Mt
5, 3.8).Le comunità claustrali, poste come città sul monte e lucerne sul
lucerniere (cfr Mt 5, 14-15), pur nella semplicità della loro vita, raffigurano
visibilmente la meta verso cui cammina l'intera comunità ecclesiale che,
«ardente nell'azione e dedita alla contemplazione»,avanza sulle strade del
tempo con lo sguardo fisso alla futura ricapitolazione di tutto in Cristo,
quando la Chiesa «col suo Sposo comparirà rivestita di gloria (cfr Col
3, 1-4)»,e Cristo «consegnerà il Regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla
ogni principato e ogni potestà e potenza [...] perché Dio sia tutto in tutti» (1
Cor 15, 24.28).A queste carissime Sorelle va, pertanto, la mia riconoscenza
con l'incoraggiamento a rimanere fedeli alla vita claustrale secondo il proprio
carisma. Grazie al loro esempio, questo genere di vita continua a registrare
numerose vocazioni, attratte dalla radicalità di un'esistenza «sponsale»,
dedicata totalmente a Dio nella contemplazione. Come espressione di puro amore
che vale più di ogni opera, la vita contemplativa sviluppa una straordinaria
efficacia apostolica e missionaria. Padri sinodali hanno espresso grande
apprezzamento per il valore della clausura, prendendo al tempo stesso in esame
le richieste qua e là avanzate quanto alla sua concreta disciplina. Le
indicazioni del Sinodo sull'argomento e, in particolare, il voto di una
maggiore responsabilizzazione delle Superiore Maggiori in materia di deroghe
alla clausura per giusta e grave causasaranno fatte oggetto di organica
considerazione, in linea con il cammino di rinnovamento già attuato, a partire
dal Concilio Vaticano II.In questo modo la clausura nelle sue varie forme e
gradi — dalla clausura papale e costituzionale, alla clausura monastica —
corrisponderà meglio alla varietà degli Istituti contemplativi e delle
tradizioni dei monasteri.Come lo stesso Sinodo ha sottolineato, sono inoltre da
favorire le Associazioni e Federazioni fra monasteri, già raccomandate da Pio
XII e dal Concilio Ecumenico Vaticano II,specialmente dove non esistono altre
forme efficaci di coordinamento e di aiuto, per custodire e promuovere i valori
della vita contemplativa. Tali organismi, salva sempre la legittima autonomia
dei monasteri, possono infatti offrire un valido sussidio per risolvere
adeguatamente problemi comuni, quali il conveniente rinnovamento, la formazione
sia iniziale che permanente, il vicendevole sostegno economico ed anche la
riorganizzazione degli stessi monasteri.
I religiosi fratelli
60. Secondo la dottrina tradizionale della
Chiesa, la vita consacrata per natura sua non è né laicale né clericale,e
per questo la «consacrazione laicale», tanto maschile quanto femminile,
costituisce uno stato in sé completo di professione dei consigli
evangelici.Essa perciò ha, sia per la persona che per la Chiesa, un valore
proprio, indipendentemente dal ministero sacro.In linea con l'insegnamento del
Concilio Vaticano II,il Sinodo ha espresso grande stima per questo tipo di vita
consacrata nella quale i religiosi fratelli svolgono, dentro e fuori della
comunità, diversi e preziosi servizi, partecipando così alla missione di
proclamare il Vangelo e di testimoniarlo con la carità nella vita di ogni
giorno. In effetti, alcuni di tali servizi si possono considerare ministeri
ecclesiali, affidati dalla legittima autorità. Ciò esige una formazione
appropriata e integrale: umana, spirituale, teologica, pastorale e
professionale. Secondo la vigente terminologia, gli Istituti che, per determinazione
del fondatore o in forza di una legittima tradizione, hanno carattere e
finalità che non comportino l'esercizio dell'Ordine sacro, sono chiamati
«Istituti laicali».Tuttavia nel Sinodo è stato messo in luce che questa
terminologia non esprime adeguatamente l'indole peculiare della vocazione dei
membri di tali Istituti religiosi. Infatti essi, pur svolgendo molti servizi
che sono comuni anche ai fedeli laici, lo fanno con la loro identità di
consacrati ed esprimono così lo spirito di dono totale a Cristo e alla Chiesa,
secondo il loro carisma specifico. Per questa ragione i Padri sinodali, al fine
di evitare ogni ambiguità e confusione con l'indole secolare dei fedeli
laici,hanno voluto proporre il titolo di Istituti religiosi di Fratelli .La
proposta è significativa, soprattutto se si considera che il titolo di fratello
richiama anche una ricca spiritualità. «Questi religiosi sono chiamati ad
essere fratelli di Cristo, profondamente uniti a Lui “primogenito fra molti
fratelli” (Rm 8, 29); fratelli fra di loro, nell'amore reciproco e nella
cooperazione allo stesso servizio di bene nella Chiesa; fratelli di ogni uomo
nella testimonianza della carità di Cristo verso tutti, specialmente i più
piccoli, i più bisognosi; fratelli per una più grande fratellanza nella
Chiesa».Vivendo in modo speciale questo aspetto della vita cristiana e insieme
consacrata, i «religiosi fratelli» ricordano efficacemente agli stessi
religiosi sacerdoti la fondamentale dimensione della fraternità in Cristo, da
vivere fra di loro e con ogni uomo e donna, e a tutti proclamano la parola del
Signore: «E voi siete tutti fratelli» (Mt 23, 8).In questi Istituti
religiosi di Fratelli niente impedisce, quando il Capitolo generale abbia così
disposto, che alcuni membri assumano gli Ordini sacri per il servizio
sacerdotale della comunità religiosa.Tuttavia il Concilio Vaticano II non offre
alcun esplicito incoraggiamento in tal senso, proprio perché desidera che gli
Istituti di Fratelli permangano fedeli alla loro vocazione e missione. Ciò vale
anche in tema di accesso alla carica di Superiore, considerando che essa
riflette in modo speciale la natura dell'Istituto stesso.Diversa è la vocazione
dei fratelli in quegli Istituti che sono detti «clericali» perché, secondo il
progetto del fondatore oppure in forza di una legittima tradizione, prevedono
l'esercizio dell'Ordine sacro, sono governati da chierici e come tali sono
riconosciuti dall'autorità della Chiesa.In questi Istituti il ministero sacro è
costitutivo del carisma stesso e ne determina l'indole, il fine, lo spirito. La
presenza di fratelli costituisce una partecipazione differenziata alla missione
dell'Istituto, con servizi svolti sia all'interno delle comunità che nelle
opere apostoliche, in collaborazione con coloro che esercitano il ministero
sacerdotale.
Istituti misti
61. Alcuni Istituti religiosi, che nel
progetto originario del fondatore si configuravano come fraternità, nelle quali
tutti i membri — sacerdoti e non sacerdoti — erano considerati uguali tra di
loro, col passare del tempo hanno acquistato una diversa fisionomia. Occorre
che questi Istituti, chiamati «misti», valutino, sulla base
dell'approfondimento del proprio carisma fondazionale, se sia opportuno e
possibile tornare all'ispirazione originaria. I Padri sinodali hanno espresso
il voto che in tali Istituti sia riconosciuta a tutti i religiosi parità di
diritti e di obblighi, eccettuati quelli che scaturiscono dall'Ordine sacro.Per
esaminare e risolvere i problemi connessi con questa materia è stata istituita
un'apposita commissione, le cui conclusioni conviene attendere, per fare poi le
opportune scelte secondo quanto sarà autorevolmente disposto.
Nuove forme di vita evangelica
62. Lo Spirito, che in tempi diversi ha
suscitato numerose forme di vita consacrata, non cessa di assistere la Chiesa,
sia alimentando negli Istituti già esistenti l'impegno del rinnovamento nella
fedeltà al carisma originario, sia distribuendo nuovi carismi a uomini e donne
del nostro tempo, perché diano vita a istituzioni rispondenti alle sfide di
oggi. Segno di questo intervento divino sono le cosiddette nuove Fondazioni,
con caratteri in qualche modo originali rispetto a quelle
tradizionali.L'originalità delle nuove comunità consiste spesso nel fatto che
si tratta di gruppi composti da uomini e donne, da chierici e laici, da
coniugati e celibi, che seguono un particolare stile di vita, talvolta ispirato
all'una o all'altra forma tradizionale o adattato alle esigenze della società
di oggi. Anche il loro impegno di vita evangelica si esprime in forme diverse,
mentre si manifesta, come orientamento generale, un'intensa aspirazione alla
vita comunitaria, alla povertà e alla preghiera. Al governo partecipano
chierici e laici, in base alle loro competenze, e il fine apostolico si apre
alle istanze della nuova evangelizzazione.Se, da una parte, c'è da rallegrarsi
di fronte all'azione dello Spirito, dall'altra è necessario procedere al discernimento
dei carismi. Principio fondamentale, perché si possa parlare di vita
consacrata, è che i tratti specifici delle nuove comunità e forme di vita
risultino fondati sopra gli elementi essenziali, teologici e canonici, che sono
propri della vita consacrata.Questo discernimento si rende necessario a livello
sia locale che universale, allo scopo di prestare una comune obbedienza
all'unico Spirito. Nelle diocesi, il Vescovo esamini la testimonianza di vita e
l'ortodossia di fondatori e fondatrici di tali comunità, la loro spiritualità,
la sensibilità ecclesiale nell'adempimento della loro missione, i metodi di
formazione e i modi di incorporazione alla comunità; valuti con saggezza
eventuali debolezze, attendendo con pazienza il riscontro dei frutti (cfr Mt
7, 16), per poter riconoscere l'autenticità del carisma.In special modo a lui è
chiesto di stabilire, alla luce di chiari criteri, l'idoneità di quanti in
queste comunità domandano di accedere agli Ordini sacri.n forza dello stesso
principio di discernimento, non possono essere comprese nella specifica
categoria della vita consacrata quelle pur lodevoli forme di impegno che alcuni
coniugi cristiani assumono in associazioni o movimenti ecclesiali, quando,
nell'intento di portare alla perfezione della carità il loro amore, già «come
consacrato» nel sacramento del matrimonio,confermano con un voto il dovere
della castità propria della vita coniugale e, senza trascurare i loro doveri
verso i figli, professano la povertà e l'obbedienza.La precisazione doverosa
circa la natura di tale esperienza non intende sottovalutare questo particolare
cammino di santificazione, a cui non è certo estranea l'azione dello Spirito
Santo, infinitamente ricco nei suoi doni e nelle sue ispirazioni.Di fronte a
tanta ricchezza di doni e di impulsi innovativi, sembra opportuno creare una
Commissione per le questioni riguardanti le nuove forme di vita consacrata,
allo scopo di stabilire criteri di autenticità, che siano di aiuto nel
discernimento e nelle decisioni.Tra gli altri compiti, tale Commissione dovrà
valutare, alla luce dell'esperienza di questi ultimi decenni, quali nuove forme
di consacrazione l'autorità ecclesiastica possa, con prudenza pastorale e a
comune vantaggio, riconoscere ufficialmente e proporre ai fedeli desiderosi di
una vita cristiana più perfetta.Queste nuove associazioni di vita evangelica non
sono alternative alle precedenti istituzioni, le quali continuano ad
occupare il posto insigne che la tradizione ha loro assegnato. Le nuove forme
sono anch'esse un dono dello Spirito, perché la Chiesa segua il suo Signore in
perenne slancio di generosità, attenta agli appelli di Dio che si rivelano
mediante i segni dei tempi. Così essa si presenta al mondo variegata nelle
forme di santità e di servizi, quale «segno e strumento dell'intima unione con
Dio e dell'unità di tutto il genere umano».Gli antichi Istituti, tra cui molti
passati attraverso il vaglio di prove durissime, sostenute con fortezza lungo i
secoli, possono arricchirsi entrando in dialogo e scambiando i doni con le
fondazioni che vengono alla luce in questo nostro tempo.In tal modo il vigore
delle varie istituzioni di vita consacrata, dalle più antiche alle più recenti,
come pure la vivacità delle nuove comunità, alimenteranno la fedeltà allo
Spirito Santo, che è principio di comunione e di perenne novità di vita.
III. GUARDANDO VERSO IL FUTURO
Difficoltà e prospettive
63. I mutamenti in corso nella società e la
diminuzione del numero delle vocazioni stanno pesando sulla vita consacrata in
alcune regioni del mondo. Le opere apostoliche di molti Istituti e la loro
stessa presenza in certe Chiese locali sono poste a repentaglio. Come è già
accaduto altre volte nella storia, vi sono persino Istituti che corrono il
rischio di scomparire. La Chiesa universale è sommamente grata per il grande
contributo da essi offerto alla sua edificazione con la testimonianza ed il servizio.L'affanno
di oggi non annulla i loro meriti e i frutti maturati grazie alle loro
fatiche.Per altri Istituti si pone piuttosto il problema della riorganizzazione
delle opere. Tale compito, non facile e non raramente doloroso, esige studio e
discernimento, alla luce di alcuni criteri. Occorre, ad esempio, salvaguardare
il senso del proprio carisma, promuovere la vita fraterna, essere attenti alle
necessità della Chiesa sia universale che particolare, occuparsi di ciò che il
mondo trascura, rispondere generosamente e con audacia, anche se con interventi
forzatamente esigui, alle nuove povertà, soprattutto nei luoghi più
abbandonati.e varie difficoltà, derivanti dalla contrazione di personale e di
iniziative, non devono in alcun modo far perdere la fiducia nella forza
evangelica della vita consacrata, che sarà sempre attuale ed operante nella
Chiesa. Se i singoli Istituti non hanno la prerogativa della perennità, la vita
consacrata continuerà ad alimentare tra i fedeli la risposta di amore verso Dio
e verso i fratelli. Per questo è necessario distinguere la vicenda storica
di un determinato Istituto o di una forma di vita consacrata dalla missione
ecclesiale della vita consacrata come tale. La prima può mutare col mutare
delle situazioni, la seconda è destinata a non venir meno.Ciò è vero sia per la
vita consacrata di tipo contemplativo, che per quella dedita alle opere di
apostolato. Nel suo complesso, sotto l'azione sempre nuova dello Spirito, essa
è destinata a continuare quale testimonianza luminosa dell'unità indissolubile
dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo, come memoria vivente della
fecondità, anche umana e sociale, dell'amore di Dio. Le nuove situazioni di
scarsità vanno perciò affrontate con la serenità di chi sa che a ciascuno è
richiesto non tanto il successo, quanto l'impegno della fedeltà. Ciò che
si deve assolutamente evitare è la vera sconfitta della vita consacrata, che
non sta nel declino numerico, ma nel venir meno dell'adesione spirituale al
Signore e alla propria vocazione e missione. Perseverando fedelmente in essa,
si confessa invece, con grande efficacia anche di fronte al mondo, la propria
ferma fiducia nel Signore della storia, nelle cui mani sono i tempi e i destini
delle persone, delle istituzioni, dei popoli, e dunque anche le attuazioni
storiche dei suoi doni. Le dolorose situazioni di crisi sollecitano le persone
consacrate a proclamare con fortezza la fede nella morte e risurrezione di
Cristo, per divenire segno visibile del passaggio dalla morte alla vita.
Nuovo slancio della pastorale
vocazionale
64. La missione della vita consacrata e la
vitalità degli Istituti dipendono, certo, dall'impegno di fedeltà con cui i
consacrati rispondono alla loro vocazione, ma hanno un futuro nella misura in
cui altri uomini e donne accolgono generosamente la chiamata del Signore.
Il problema delle vocazioni è una vera sfida, che interpella direttamente gli
Istituti, ma coinvolge tutta la Chiesa. Si spendono nel campo della pastorale
vocazionale grandi energie spirituali e materiali, ma i risultati non sempre
corrispondono alle attese e agli sforzi. Capita così che, mentre le vocazioni
alla vita consacrata fioriscono nelle giovani Chiese e in quelle che hanno
subito persecuzione da parte di regimi totalitari, scarseggiano nei paesi
tradizionalmente ricchi di vocazioni anche missionarie.Questa situazione di
difficoltà mette alla prova le persone consacrate che talvolta si chiedono:
abbiamo forse perduto la capacità di attirare nuove vocazioni? E necessario
avere fiducia nel Signore Gesù, che continua a chiamare alla sua sequela, ed
affidarsi allo Spirito Santo, autore e ispiratore dei carismi della vita
consacrata. Mentre dunque ci rallegriamo dell'azione dello Spirito, che
ringiovanisce la Sposa di Cristo facendo fiorire la vita consacrata in molte
nazioni, dobbiamo rivolgere insistente preghiera al Padrone della messe, perché
invii operai alla sua Chiesa, per far fronte alle urgenze della nuova
evangelizzazione (cfr Mt 9, 37-38). Oltre a promuovere la preghiera per
le vocazioni, è urgente impegnarsi, con un annunzio esplicito ed una catechesi
adeguata, per favorire nei chiamati alla vita consacrata quella risposta
libera, pronta e generosa, che rende operante la grazia della
vocazione.L'invito di Gesù: «Venite e vedrete» (Gv 1, 39) rimane ancora
oggi la regola d'oro della pastorale vocazionale. Essa mira a
presentare, sull'esempio dei fondatori e delle fondatrici, il fascino della
persona del Signore Gesù e la bellezza del totale dono di sé alla causa del
Vangelo. Compito primario di tutti i consacrati e le consacrate è dunque quello
di proporre coraggiosamente, con la parola e con l'esempio, l'ideale della
sequela di Cristo, sostenendo poi la risposta agli impulsi dello Spirito nel
cuore dei chiamati. All'entusiasmo del primo incontro con Cristo dovrà
ovviamente seguire lo sforzo paziente della quotidiana corrispondenza, che fa
della vocazione una storia di amicizia con il Signore. A questo scopo la
pastorale vocazionale si avvalga di appropriati sussidi, come la direzione
spirituale, per alimentare quella risposta di amore personale al Signore
che è condizione essenziale per diventare discepoli e apostoli del suo Regno.
Intanto, se la fioritura vocazionale che si manifesta in varie parti del mondo
giustifica ottimismo e speranza, la scarsità in altre regioni non deve indurre
né allo scoraggiamento, né alla tentazione di facili e improvvidi reclutamenti.
Occorre che il compito di promuovere le vocazioni sia svolto in modo da
apparire sempre più un impegno corale di tutta la Chiesa.Esso esige,
pertanto, l'attiva collaborazione di pastori, religiosi, famiglie ed educatori,
quale si conviene a un servizio che è parte integrante della pastorale
d'insieme di ogni Chiesa particolare. Ci sia dunque in ogni diocesi questo servizio
comune che coordini e moltiplichi le forze, senza tuttavia pregiudicare, ed
anzi favorendo, l'attività vocazionale di ciascun Istituto.ale operosa
collaborazione di tutto il Popolo di Dio, sostenuta dalla Provvidenza, non
potrà che sollecitare l'abbondanza dei doni divini. La solidarietà cristiana
venga largamente incontro alle necessità della formazione vocazionale nei Paesi
economicamente più poveri. La promozione delle vocazioni in queste nazioni sia
fatta dai vari Istituti in piena armonia con le Chiese del luogo, sulla base di
un attivo e prolungato inserimento nella loro pastorale.Il modo più autentico
per assecondare l'azione dello Spirito sarà quello di investire generosamente
le migliori energie nell'attività vocazionale, specialmente con una adeguata
dedizione alla pastorale giovanile.
L'impegno della formazione iniziale
65. Particolare attenzione l'Assemblea
sinodale ha riservato alla formazione di chi intende consacrarsi al
Signore,riconoscendone la decisiva importanza. Obiettivo centrale del
cammino formativo è la preparazione della persona alla totale consacrazione di
sé a Dio nella sequela di Cristo, a servizio della missione. Dire «sì» alla
chiamata del Signore assumendo in prima persona il dinamismo della crescita
vocazionale è responsabilità inalienabile di ogni chiamato, il quale deve
aprire lo spazio della propria vita all'azione dello Spirito Santo; è
percorrere con generosità il cammino formativo, accogliendo con fede le
mediazioni che il Signore e la Chiesa offrono.a formazione dovrà, pertanto,
raggiungere in profondità la persona stessa, così che ogni suo atteggiamento o
gesto, nei momenti importanti e nelle circostanze ordinarie della vita, abbia a
rivelarne la piena e gioiosa appartenenza a Dio.Dal momento che il fine della
vita consacrata consiste nella configurazione al Signore Gesù e alla sua totale
oblazione, è soprattutto a questo che deve mirare la formazione. Si tratta
di un itinerario di progressiva assimilazione dei sentimenti di Cristo verso il
Padre. Se questo è lo scopo della vita consacrata, il metodo che ad essa
prepara dovrà assumere ed esprimere la caratteristica della totalità .
Dovrà essere formazione di tutta la persona,in ogni aspetto della sua
individualità, nei comportamenti come nelle intenzioni. E chiaro che, proprio
per il suo tendere alla trasformazione di tutta la persona, l'impegno
formativo non cessa mai. Occorre, infatti, che alle persone consacrate
siano offerte sino alla fine opportunità di crescita nell'adesione al carisma e
alla missione del proprio Istituto.La formazione, per essere totale,
comprenderà tutti i campi della vita cristiana e della vita consacrata. Va
prevista, pertanto, una preparazione umana, culturale, spirituale e pastorale,
ponendo ogni attenzione perché sia favorita l'integrazione armonica dei vari
aspetti. Alla formazione iniziale, intesa come processo evolutivo che passa per
ogni grado della maturazione personale — da quello psicologico e spirituale a
quello teologico e pastorale — si deve riservare uno spazio di tempo
sufficientemente ampio. Nel caso delle vocazioni al presbiterato, esso viene a
coincidere e ad armonizzarsi con uno specifico programma di studi, come parte
di un più ampio percorso formativo.
L'opera di formatori e formatrici
66. Dio Padre, nel dono continuo di Cristo e
dello Spirito, è il formatore per eccellenza di chi si consacra a Lui. Ma in
quest'opera Egli si serve della mediazione umana, ponendo a fianco di colui che
Egli chiama alcuni fratelli e sorelle maggiori. La formazione è dunque
partecipazione all'azione del Padre che, mediante lo Spirito, plasma nel cuore
dei giovani e delle giovani i sentimenti del Figlio. I formatori e le
formatrici devono perciò essere persone esperte nel cammino della ricerca di
Dio, per essere in grado di accompagnare anche altri in questo itinerario.
Attente all'azione della grazia, esse sapranno indicare gli ostacoli anche meno
evidenti, ma soprattutto mostreranno la bellezza della sequela del Signore ed
il valore del carisma in cui essa si compie. Ai lumi della sapienza spirituale
uniranno quelli offerti dagli strumenti umani, che possano essere d'aiuto sia
nel discernimento vocazionale, sia nella formazione dell'uomo nuovo, perché
divenga autenticamente libero. Strumento precipuo di formazione è il colloquio
personale, da tenersi con regolarità e con una certa frequenza, come
consuetudine di insostituibile e collaudata efficacia.Di fronte a compiti tanto
delicati appare veramente importante la formazione di formatori idonei, che
assicurino nel loro servizio una grande sintonia con il cammino di tutta la Chiesa.
Sarà opportuno creare adeguate strutture per la formazione dei formatori,
possibilmente in luoghi dove sia consentito il contatto con la cultura in cui
sarà poi esercitato il proprio servizio pastorale. In quest'opera formativa,
gli Istituti già meglio radicati diano un aiuto agli Istituti di più recente
fondazione, grazie al contributo di alcuni dei loro membri migliori.
Una formazione comunitaria ed
apostolica
67. Poiché la formazione deve essere anche comunitaria,
il suo luogo privilegiato, per gli Istituti di vita religiosa e le Società di
vita apostolica, è la comunità. In essa avviene l'iniziazione alla fatica e
alla gioia del vivere insieme. Nella fraternità ciascuno impara a vivere con
colui che Dio gli ha posto accanto, accettandone le caratteristiche positive ed
insieme le diversità e i limiti. In particolare, egli impara a condividere i
doni ricevuti per l'edificazione di tutti, poiché «a ciascuno è data una
manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune» (1 Cor
12, 7).Al tempo stesso, la vita comunitaria deve, sin dalla prima formazione,
mostrare l'intrinseca dimensione missionaria della consacrazione. Per questo,
durante il periodo della formazione iniziale, negli Istituti di vita consacrata
sarà utile procedere ad esperienze concrete e prudentemente accompagnate dal
formatore o dalla formatrice, per esercitare, in dialogo con la cultura
circostante, le attitudini apostoliche, le capacità di adattamento, lo spirito
di iniziativa.Se, da un lato, è importante che la persona consacrata si formi
progressivamente una coscienza evangelicamente critica verso i valori e i
disvalori della propria cultura e di quella che incontrerà nel futuro campo di
lavoro, dall'altro deve esercitarsi nella difficile arte dell'unità di vita,
della mutua compenetrazione della carità verso Dio e verso i fratelli e le
sorelle, sperimentando che la preghiera è l'anima dell'apostolato, ma anche che
l'apostolato vivifica e stimola la preghiera.
Necessità di una ratio completa ed
aggiornata
68. Un periodo esplicitamente formativo,
che si estenda fino alla professione perpetua, viene raccomandato anche agli
Istituti femminili, nonché a quelli maschili relativamente ai religiosi
fratelli. Questo vale sostanzialmente pure per le comunità claustrali, che
avranno cura di elaborare un programma adeguato, in vista di un'autentica
formazione alla vita contemplativa e alla sua missione peculiare nella Chiesa.I
Padri sinodali hanno caldamente sollecitato tutti gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica ad elaborare quanto prima una ratio
institutionis, cioè un progetto formativo ispirato al carisma
istituzionale, nel quale sia presentato in forma chiara e dinamica il cammino
da seguire per assimilare appieno la spiritualità del proprio Istituto. La ratio
risponde oggi a una vera urgenza: da un lato essa indica il modo di trasmettere
lo spirito dell'Istituto, perché sia vissuto nella sua genuinità dalle nuove
generazioni, nella diversità delle culture e delle situazioni geografiche;
dall'altro, illustra alle persone consacrate i mezzi per vivere il medesimo
spirito nelle varie fasi dell'esistenza progredendo verso la piena maturità
della fede in Cristo Gesù.Se dunque è vero che il rinnovamento della vita
consacrata dipende principalmente dalla formazione, è altrettanto vero che
questa è, a sua volta, legata alla capacità di proporre un metodo ricco di
sapienza spirituale e pedagogica che conduca progressivamente chi aspira a
consacrarsi ad assumere i sentimenti di Cristo Signore. La formazione è un
processo vitale attraverso il quale la persona si converte al Verbo di Dio fin
nelle profondità del suo essere e, nello stesso tempo, impara l'arte di cercare
i segni di Dio nelle realtà del mondo. In un'epoca di crescente emarginazione
dei valori religiosi dalla cultura, questo cammino formativo è doppiamente
importante: grazie ad esso la persona consacrata non solo può continuare a
«vedere» Dio, con gli occhi della fede, in un mondo che ne ignora la presenza,
ma riesce anche a renderne in qualche modo «sensibile» la presenza mediante la
testimonianza del proprio carisma.
La formazione permanente
69. La formazione permanente, sia per gli
Istituti di vita apostolica come per quelli di vita contemplativa, è
un'esigenza intrinseca alla consacrazione religiosa. Il processo formativo,
come s'è detto, non si riduce alla sua fase iniziale, giacché, per i limiti
umani, la persona consacrata non potrà mai ritenere di aver completato la
gestazione di quell'uomo nuovo che sperimenta dentro di sé, in ogni circostanza
della vita, gli stessi sentimenti di Cristo. La formazione iniziale
deve, pertanto, saldarsi con quella permanente, creando nel soggetto la
disponibilità a lasciarsi formare in ogni giorno della vita.arà molto
importante, di conseguenza, che ogni Istituto preveda, come parte della ratio
institutionis , la definizione, per quanto possibile precisa e sistematica,
di un progetto di formazione permanente, il cui scopo primario sia quello di
accompagnare ogni persona consacrata con un programma esteso all'intera
esistenza. Nessuno può esimersi dall'applicarsi alla propria crescita umana e
religiosa; così come nessuno può presumere di sé e gestire la propria vita con
autosufficienza. Nessuna fase della vita può considerarsi tanto sicura e
fervorosa da escludere l'opportunità di specifiche attenzioni per garantire la
perseveranza nella fedeltà, così come non esiste età che possa vedere esaurita
la maturazione della persona.
In un dinamismo di fedeltà
70. C'è una giovinezza dello spirito che
permane nel tempo: essa si collega col fatto che l'individuo cerca e trova ad
ogni ciclo vitale un compito diverso da svolgere, un modo specifico d'essere,
di servire e d'amare.ella vita consacrata i primi anni del pieno inserimento
nell'attività apostolica rappresentano una fase di per se stessa critica,
segnata dal passaggio da una vita guidata ad una situazione di piena
responsabilità operativa. Sarà importante che le giovani persone consacrate
siano sorrette e accompagnate da un fratello o da una sorella, che le aiuti a
vivere in pieno la giovinezza del loro amore e del loro entusiasmo per Cristo.
La fase successiva può presentare il rischio dell'abitudine e la
conseguente tentazione della delusione per la scarsità dei risultati. E
necessario allora aiutare le persone consacrate di mezza età a rivedere, alla
luce del Vangelo e dell'ispirazione carismatica, la propria opzione originaria,
non confondendo la totalità della dedizione con la totalità del risultato. Ciò
consentirà di dare nuovo slancio e nuove motivazioni alla propria scelta. E la
stagione della ricerca dell'essenziale.La fase dell'età matura, insieme
alla crescita personale, può comportare il pericolo d'un certo
individualismo, accompagnato sia dal timore di non essere adeguati ai tempi
che da fenomeni di irrigidimento, di chiusura, di rilassamento. La formazione
permanente ha qui lo scopo d'aiutare non solo a recuperare un tono più alto di
vita spirituale e apostolica, ma a scoprire pure la peculiarità di tale fase
esistenziale. In essa, infatti, purificati alcuni aspetti della personalità,
l'offerta di sé sale a Dio con maggior purezza e generosità, e ricade su
fratelli e sorelle più pacata e discreta ed insieme più trasparente e ricca di
grazia. E il dono e l'esperienza della paternità e maternità spirituale.L'età
avanzata pone problemi nuovi, che vanno preventivamente affrontati con un
oculato programma di sostegno spirituale. Il ritiro progressivo dall'azione, in
taluni casi la malattia e la forzata inattività, costituiscono un'esperienza
che può divenire altamente formativa. Momento spesso doloroso, esso offre
tuttavia alla persona consacrata anziana l'opportunità di lasciarsi plasmare
dall'esperienza pasquale,configurandosi a Cristo crocifisso che compie in tutto
la volontà del Padre e s'abbandona nelle sue mani fino a rendergli lo spirito.
Tale configurazione è un modo nuovo di vivere la consacrazione, che non è
legata all'efficienza di un compito di governo o di un lavoro apostolico.Quando
poi giunge il momento di unirsi all'ora suprema della passione del Signore,
la persona consacrata sa che il Padre sta portando ormai a compimento in essa
quel misterioso processo di formazione iniziato da tempo. La morte sarà allora
attesa e preparata come l'atto supremo d'amore e di consegna di sé.E necessario
aggiungere che, indipendentemente dalle varie fasi della vita, ogni età può
conoscere situazioni critiche per l'intervento di fattori esterni — cambio di
posto o di ufficio, difficoltà nel lavoro o insuccesso apostolico,
incomprensione o emarginazione, ecc. — o di fattori più strettamente personali
— malattia fisica o psichica, aridità spirituale, lutti, problemi di rapporti
interpersonali, forti tentazioni, crisi di fede o di identità, sensazione di
insignificanza, e simili. Quando la fedeltà si fa più difficile, bisogna
offrire alla persona il sostegno di una maggior fiducia e di un più intenso
amore, sia a livello personale che comunitario. E necessaria allora,
innanzitutto, la vicinanza affettuosa del Superiore; grande conforto verrà pure
dall'aiuto qualificato di un fratello o di una sorella, la cui presenza
premurosa e disponibile potrà condurre a riscoprire il senso dell'alleanza che
Dio per primo ha stabilito e non intende smentire. La persona provata giungerà
così ad accogliere purificazione e spogliamento come atti essenziali della
sequela di Cristo crocifisso. La prova stessa apparirà come strumento
provvidenziale di formazione nelle mani del Padre, come lotta non solo psicologica,
condotta dall'io in rapporto a se stesso e alle sue debolezze, ma religiosa,
segnata ogni giorno dalla presenza di Dio e dalla potenza della Croce!
Dimensioni della formazione permanente
71. Se soggetto della formazione è la
persona in ogni fase della vita, termine della formazione è la totalità dell'essere
umano, chiamato a cercare e amare Dio «con tutto il cuore, con tutta l'anima e
con tutte le forze» (Dt 6, 5) e il prossimo come se stesso (cfr Lv
19, 18; Mt 22, 37-39). L'amore a Dio e ai fratelli è dinamismo potente
che può costantemente ispirare il cammino di crescita e di fedeltà.La vita
nello Spirito ha un suo ovvio primato. In essa la persona consacrata
ritrova la propria identità ed una serenità profonda, cresce nell'attenzione
alle provocazioni quotidiane della Parola di Dio e si lascia guidare
dall'ispirazione originaria del proprio Istituto. Sotto l'azione dello Spirito
vengono difesi con tenacia i tempi di orazione, di silenzio, di solitudine e si
implora dall'Alto con insistenza il dono della sapienza nella fatica di ogni
giorno (cfr Sap 9, 10).La dimensione umana e fraterna richiede la
conoscenza di sé e dei propri limiti, per trarne opportuno stimolo e sostegno
nel cammino verso la piena liberazione. Particolarmente importanti, nel
contesto odierno, sono la libertà interiore della persona consacrata, la sua
integrazione affettiva, la capacità di comunicare con tutti, specialmente nella
propria comunità, la serenità dello spirito e la sensibilità verso chi soffre,
l'amore per la verità, la coerenza lineare tra il dire e il fare.La dimensione
apostolica apre la mente e il cuore della persona consacrata, e la dispone
ad un continuo sforzo operativo, quale segno dell'amore del Cristo che la
spinge (cfr 2 Cor 5, 14). In pratica, ciò significherà l'aggiornamento
di metodi e scopi delle attività apostoliche nella fedeltà allo spirito e alla
finalità del fondatore o della fondatrice e alle tradizioni successivamente
maturate, con costante attenzione alle mutate condizioni storiche e culturali,
generali e locali, dell'ambiente ove si opera.La dimensione culturale e
professionale, sulla base di una salda formazione teologica che renda
capaci di discernimento, implica un aggiornamento continuo e una particolare
attenzione ai diversi campi ai quali ciascun carisma indirizza. E dunque
necessario mantenersi aperti mentalmente e il più possibile duttili, perché il
servizio sia concepito e reso secondo le esigenze del proprio tempo avvalendosi
degli strumenti forniti dal progresso culturale.Nella dimensione del carisma
, infine, si trovano raccolte tutte le altre istanze, come in una sintesi
che esige un continuo approfondimento della propria speciale consacrazione
nelle sue varie componenti, non solo in quella apostolica, ma anche in quella
ascetica e mistica. Ciò comporta per ciascun membro uno studio assiduo dello
spirito dell'Istituto d'appartenenza, della sua storia e della sua missione,
per migliorarne l'assimilazione personale e comunitaria.
CAPITOLO
III
SERVITIUM
CARITATIS
LA
VITA CONSACRATA
EPIFANIA DELL'AMORE DI DIO NEL MONDO
Consacrati per la missione
72. Ad immagine di Gesù, Figlio diletto «che
il Padre ha consacrato e mandato nel mondo» (Gv 10, 36), anche coloro
che Dio chiama alla sua sequela sono consacrati ed inviati nel mondo per
imitarne l'esempio e continuarne la missione. Fondamentalmente, questo vale per
ogni discepolo. In modo speciale, tuttavia, vale per quanti, nella forma
caratteristica della vita consacrata, sono chiamati a seguire Cristo «più da
vicino», e a fare di Lui il «tutto» della loro esistenza. Nella loro chiamata è
quindi compreso il compito di dedicarsi totalmente alla missione ; anzi,
la stessa vita consacrata, sotto l'azione dello Spirito Santo che è all'origine
di ogni vocazione e di ogni carisma, diventa missione, come lo è stata tutta la
vita di Gesù. La professione dei consigli evangelici, che rende la persona
totalmente libera per la causa del Vangelo, rivela anche da questo punto di
vista la sua rilevanza. Si deve dunque affermare che la missione è
essenziale per ogni Istituto, non solo in quelli di vita apostolica attiva,
ma anche in quelli di vita contemplativa.
La missione, infatti, prima di
caratterizzarsi per le opere esteriori, si esplica nel rendere presente al
mondo Cristo stesso mediante la testimonianza personale. E questa la sfida,
questo il compito primario della vita consacrata! Più ci si lascia conformare a
Cristo, più lo si rende presente e operante nel mondo per la salvezza degli
uomini.Si può allora dire che la persona consacrata è «in missione» in virtù
della sua stessa consacrazione, testimoniata secondo il progetto del proprio
Istituto. Quando il carisma fondazionale prevede attività pastorali, è ovvio
che testimonianza di vita ed opere di apostolato e di promozione umana sono
ugualmente necessarie: entrambe raffigurano Cristo, che è insieme il consacrato
alla gloria del Padre e l'inviato al mondo per la salvezza dei fratelli e delle
sorelle.a vita religiosa, inoltre, partecipa alla missione di Cristo con un
altro elemento peculiare e proprio: la vita fraterna in comunità per la
missione. La vita religiosa sarà perciò tanto più apostolica quanto più
intima ne sarà la dedizione al Signore Gesù, più fraterna la forma comunitaria
di esistenza, più ardente il coinvolgimento nella missione specifica
dell'Istituto.
A servizio di Dio e dell'uomo
73. La vita consacrata ha il compito
profetico di ricordare e servire il disegno di Dio sugli uomini, come è
annunciato dalla Scrittura e come emerge anche dall'attenta lettura dei segni
dell'azione provvidente di Dio nella storia. E progetto di un'umanità salvata e
riconciliata (cfr Col 2, 20-22). Per compiere opportunamente questo
servizio, le persone consacrate devono avere una profonda esperienza di Dio e
prendere coscienza delle sfide del proprio tempo, cogliendone il senso
teologico profondo mediante il discernimento operato con l'aiuto dello Spirito.
In realtà, negli avvenimenti storici si cela spesso l'appello di Dio a operare
secondo i suoi piani con un inserimento attivo e fecondo nelle vicende del
nostro tempo.l discernimento dei segni dei tempi, come afferma il Concilio,
deve essere condotto alla luce del Vangelo, perché si «possa rispondere ai
perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul
loro reciproco rapporto».E necessario, pertanto, aprire l'animo agli interiori
suggerimenti dello Spirito che invita a cogliere in profondità i disegni della
Provvidenza. Egli chiama la vita consacrata ad elaborare nuove risposte per i
nuovi problemi del mondo di oggi. Sono sollecitazioni divine, che solo anime
abituate a cercare in tutto la volontà di Dio sanno raccogliere fedelmente e
poi tradurre coraggiosamente in scelte coerenti sia col carisma originario che
con le esigenze della situazione storica concreta.Di fronte ai numerosi
problemi ed urgenze che sembrano talvolta compromettere e persino travolgere la
vita consacrata, i chiamati non possono non avvertire l'impegno di portare nel
cuore e nella preghiera le molte necessità del mondo intero, operando al tempo
stesso alacremente nei campi attinenti al carisma di fondazione. La loro
dedizione dovrà essere, ovviamente, guidata dal discernimento soprannaturale,
che sa distinguere ciò che viene dallo Spirito da ciò che gli è contrario (cfr Gal
5, 16-17.22; 1 Gv 4, 6). Esso, mediante la fedeltà alla Regola e alle
Costituzioni, conserva la piena comunione con la Chiesa.n questo modo la vita
consacrata non si limiterà a leggere i segni dei tempi, ma contribuirà anche ad
elaborare ed attuare nuovi progetti di evangelizzazione per le odierne
situazioni. Tutto questo nella certezza di fede che lo Spirito sa dare anche
alle domande più difficili le risposte appropriate. Sarà bene, a tal proposito,
riscoprire quanto hanno sempre insegnato i grandi protagonisti dell'azione
apostolica: occorre confidare in Dio come se tutto dipendesse da Lui e, al tempo
stesso, impegnarsi generosamente come se tutto dipendesse da noi.
Collaborazione ecclesiale e
spiritualità apostolica
74. Tutto dev'esser fatto in comunione e
in dialogo con le altre componenti ecclesiali. Le sfide della missione sono
tali da non poter essere efficacemente affrontate senza la collaborazione, sia
nel discernimento che nell'azione, di tutti i membri della Chiesa.
Difficilmente i singoli posseggono la risposta risolutiva: questa può invece
scaturire dal confronto e dal dialogo. In particolare, la comunione operativa
tra i vari carismi non mancherà di assicurare, oltre che un arricchimento
reciproco, una più incisiva efficacia nella missione. L'esperienza di questi
anni conferma ampiamente che «il dialogo è il nuovo nome della carità»,specie
di quella ecclesiale; esso aiuta a vedere i problemi nelle loro reali
dimensioni e consente di affrontarli con migliori speranze di successo. La vita
consacrata, per il fatto stesso di coltivare il valore della vita fraterna, si
propone come esperienza privilegiata di dialogo. Essa pertanto può contribuire
a creare un clima di accettazione reciproca, nel quale i vari soggetti
ecclesiali, sentendosi valorizzati per quello che sono, convergono in modo più
convinto nella comunione ecclesiale, tesa alla grande missione universale.Gli
Istituti impegnati nell'una o nell'altra forma di servizio apostolico devono
infine coltivare una solida spiritualità dell'azione, vedendo Dio in
tutte le cose e tutte le cose in Dio. Infatti «bisogna sapere che come la vita
ben ordinata tende a passare dalla vita attiva a quella contemplativa, così per
lo più l'animo ritorna utilmente dalla vita contemplativa a quella attiva, per
conservare in modo più perfetto la vita attiva per quello che la vita
contemplativa ha acceso nella mente. La vita attiva deve, quindi, trasferirci
nella contemplativa e qualche volta, da ciò che vediamo interiormente, la
contemplazione deve richiamarci meglio all'azione».Gesù stesso ci ha dato
l'esempio perfetto di come si possa unire la comunione col Padre con una vita
intensamente attiva. Senza la costante tensione a questa unità, il pericolo del
collasso interiore, del disorientamento, dello scoraggiamento è continuamente
in agguato. La stretta unione tra contemplazione e azione permetterà, oggi come
ieri, di affrontare le missioni più difficili.
I. L'AMORE SINO ALLA FINE
Amare col cuore di Cristo
75. «Dopo aver amato i suoi che erano nel
mondo, li amò sino alla fine. Mentre cenavano [...] si alzò da tavola [...] e
cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di
cui si era cinto» (Gv 13, 1-2.4-5).Nella lavanda dei piedi Gesù rivela
la profondità dell'amore di Dio per l'uomo: in Lui Dio stesso si mette a
servizio degli uomini! Egli rivela, al tempo stesso, il senso della vita
cristiana e, a maggior ragione, della vita consacrata, che è vita d'amore
oblativo, di concreto e generoso servizio. Ponendosi alla sequela del
Figlio dell'uomo, che «non è venuto per essere servito, ma per servire» (Mt
20, 28), la vita consacrata, almeno nei periodi migliori della sua lunga
storia, s'è caratterizzata per questo «lavare i piedi», ossia per il servizio
specialmente ai più poveri e ai più bisognosi. Se, da una parte, essa contempla
il mistero sublime del Verbo nel seno del Padre (cfr Gv 1, 1),
dall'altra segue lo stesso Verbo che si fa carne (cfr Gv 1, 14), si
abbassa, si umilia per servire gli uomini. Le persone che seguono Cristo nella
via dei consigli evangelici anche oggi intendono andare dove è andato Cristo e
fare ciò che Egli ha fatto.Continuamente Egli chiama a sé nuovi discepoli,
uomini e donne, per comunicare loro, mediante l'effusione dello Spirito (cfr Rm
5, 5), l'agape divina, il suo modo d'amare, e per sospingerli così a
servire gli altri nell'umile dono di sé, alieno da calcoli interessati. A
Pietro, che estasiato dalla luce della Trasfigurazione esclama: «Signore, è
bello per noi restare qui» (Mt 17, 4), è rivolto l'invito a tornare
sulle strade del mondo, per continuare a servire il Regno di Dio: «Scendi,
Pietro; desideravi riposare sul monte: scendi; predica la Parola di Dio,
insisti in ogni occasione opportuna e importuna, rimprovera, esorta, incoraggia
usando tutta la tua pazienza e la tua capacità di insegnare. Lavora, affaticati
molto, accetta anche sofferenze e supplizi, affinché, mediante il candore e la
bellezza delle buone opere, tu possegga nella carità ciò che è simboleggiato
nel candore delle vesti del Signore».Lo sguardo fisso sul volto del Signore non
attenua nell'apostolo l'impegno per l'uomo; al contrario lo potenzia, dotandolo
di una nuova capacità di incidere sulla storia, per liberarla da quanto la
deturpa.La ricerca della divina bellezza spinge le persone consacrate a
prendersi cura dell'immagine divina deformata nei volti di fratelli e sorelle,
volti sfigurati dalla fame, volti delusi da promesse politiche, volti umiliati
di chi vede disprezzata la propria cultura, volti spaventati dalla violenza
quotidiana e indiscriminata, volti angustiati di minorenni, volti di donne
offese e umiliate, volti stanchi di migranti senza degna accoglienza, volti di
anziani senza le minime condizioni per una vita degna.La vita consacrata mostra
così, con l'eloquenza delle opere, che la divina carità è fondamento e stimolo
dell'amore gratuito ed operoso. Ne era ben convinto S. Vincenzo de Paoli quando
indicava alle Figlie della Carità questo programma di vita: «Lo spirito della
Compagnia consiste nel darsi a Dio per amare Nostro Signore e servirlo nella
persona dei poveri materialmente e spiritualmente, nelle loro case e altrove, per
istruire le povere giovanette, i bambini, in generale tutti coloro che la
divina Provvidenza vi manda».ra i diversi possibili ambiti della carità,
certamente quello che a titolo speciale manifesta al mondo l'amore «sino alla
fine» è, oggi, l'annuncio appassionato di Gesù Cristo a coloro che ancora non
Lo conoscono, a coloro che L'hanno dimenticato e, in modo preferenziale, ai
poveri.
Contributo specifico della vita
consacrata all'evangelizzazione
76. Il contributo specifico di consacrati e
consacrate alla evangelizzazione sta innanzitutto nella testimonianza di una
vita totalmente donata a Dio e ai fratelli, a imitazione del Salvatore che, per
amore dell'uomo, si è fatto servo. Nell'opera della salvezza, infatti, tutto
viene dalla partecipazione all'agape divina. Le persone consacrate
rendono visibile, nella loro consacrazione e totale dedizione, la presenza
amorevole e salvifica di Cristo, il consacrato del Padre, inviato in
missione.Esse, lasciandosi conquistare da Lui (cfr Fil 3, 12), si
dispongono a divenire, in certo modo, un prolungamento della sua umanità.La
vita consacrata dice eloquentemente che quanto più si vive di Cristo, tanto
meglio Lo si può servire negli altri, spingendosi fino agli avamposti della
missione, e assumendo i più grandi rischi.
La prima evangelizzazione: annunciare
Cristo alle genti
77. Chi ama Dio, Padre di tutti, non può non
amare i suoi simili, nei quali riconosce altrettanti fratelli e sorelle.
Proprio per questo egli non può restare indifferente di fronte alla
costatazione che molti di loro non conoscono la piena manifestazione dell'amore
di Dio in Cristo. Nasce di qui, in obbedienza al mandato di Cristo, lo slancio
missionario ad gentes, che ogni cristiano consapevole condivide con la Chiesa,
per sua natura missionaria. E slancio avvertito soprattutto dai membri degli
Istituti sia di vita contemplativa che di vita attiva.Le persone consacrate,
infatti, hanno il compito di rendere presente anche tra i non cristianiil
Cristo casto, povero, obbediente, orante e missionario.Restando dinamicamente
fedeli al loro carisma, esse, in virtù della più intima consacrazione a Dio,non
possono non sentirsi coinvolte in una speciale collaborazione con l'attività
missionaria della Chiesa. Il desiderio tante volte espresso da Teresa di
Lisieux, «amarti e farti amare», l'anelito ardente di san Francesco Saverio che
molti, «studiando le scienze, meditassero sul conto che Dio nostro Signore
chiederà di loro stessi e del talento loro concesso, si smuoverebbero,
ricorrendo a quei mezzi e a quegli Esercizi spirituali che fanno conoscere e
sentire dentro le proprie anime la volontà divina e così, uniformandosi ad essa
più che non alle proprie inclinazioni, direbbero: ‘Signore, sono qui, che vuoi
che io faccia? Mandami dove vuoi'»,ed altre simili testimonianze di
innumerevoli anime sante, manifestano l'insopprimibile tensione missionaria,
che distingue e qualifica la vita consacrata.
Presenti in ogni angolo della terra
78. «L'amore del Cristo ci spinge» (2 Cor
5, 14): i membri di ogni Istituto dovrebbero poterlo ripetere con l'Apostolo,
perché compito della vita consacrata è di lavorare in ogni parte della terra
per consolidare e dilatare il Regno di Cristo, portando l'annuncio del Vangelo
dappertutto, anche nelle regioni più lontane.Di fatto, la storia missionaria
testimonia il grande contributo da essi dato all'evangelizzazione dei popoli:
dalle antiche Famiglie monastiche fino alle più recenti Fondazioni impegnate in
maniera esclusiva nella missione ad gentes, dagli Istituti di vita
attiva a quelli dediti alla contemplazione,innumerevoli persone hanno speso le
loro energie in questa «attività primaria della Chiesa, essenziale e mai
conclusa»,perché rivolta alla moltitudine crescente di coloro che non conoscono
Cristo.Anche oggi questo dovere continua a chiamare in causa con urgenza gli
Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica: l'annuncio del
Vangelo di Cristo attende da loro il massimo contributo possibile. Anche gli
Istituti che sorgono o operano nelle giovani Chiese sono invitati ad aprirsi
alla missione fra i non cristiani, all'interno e fuori della loro patria.
Nonostante le comprensibili difficoltà che alcuni di essi possono attraversare,
è bene ricordare a tutti che come «la fede si rafforza donandola»,così la
missione rafforza la vita consacrata, le dà nuovo entusiasmo e nuove
motivazioni, sollecita la sua fedeltà. Da parte sua, l'attività missionaria
offre larghi spazi per accogliere le svariate forme di vita consacrata.La
missione ad gentes presenta speciali e straordinarie opportunità alle
donne consacrate, ai religiosi fratelli e ai membri di Istituti secolari per un
inserimento in un'azione apostolica particolarmente incisiva. Questi ultimi,
poi, con la loro presenza nei vari ambiti tipici della vocazione laicale,
possono svolgere un'opera preziosa di evangelizzazione degli ambienti, delle
strutture e delle stesse leggi che regolano la convivenza. Inoltre, essi
possono testimoniare i valori evangelici a fianco di persone che non hanno ancora
conoscenza di Gesù, dando così uno specifico contributo alla missione.E da
sottolineare che, nei paesi dove sono radicate religioni non cristiane, la
presenza della vita consacrata, tanto con attività educative, caritative e
culturali, quanto con il segno della vita contemplativa, assume enorme
importanza. Per questo è particolarmente da incoraggiare la fondazione nelle
nuove Chiese di comunità dedite alla contemplazione, dato che «la vita
contemplativa interessa la presenza della Chiesa nella forma più piena».E, poi,
necessario promuovere con mezzi adeguati un'equa distribuzione della vita
consacrata nelle varie forme per suscitare un nuovo impulso evangelizzatore,
sia con l'invio di missionari e missionarie, sia con il doveroso aiuto degli
Istituti di vita consacrata alle diocesi più povere.
Annuncio di Cristo e inculturazione
79. L'annuncio di Cristo «ha la priorità
permanente nella missione della Chiesa»e mira alla conversione, cioè
all'adesione piena e sincera a Cristo ed al suo Vangelo.Nel quadro dell'attività
missionaria rientrano anche il processo di inculturazione e il dialogo
interreligioso. La sfida dell'inculturazione va accolta dalle persone
consacrate come appello a una feconda collaborazione con la grazia
nell'approccio con le diverse culture. Ciò suppone seria preparazione
personale, mature doti di discernimento, fedele adesione agli indispensabili
criteri di ortodossia dottrinale, di autenticità e di comunione ecclesiale.Col
sostegno del carisma dei fondatori e delle fondatrici, molte persone consacrate
hanno saputo avvicinarsi alle diverse culture nell'atteggiamento di Gesù che
«spogliò se stesso assumendo la condizione di servo» (Fil 2, 7) e, con
un paziente ed audace sforzo di dialogo, hanno stabilito contatti proficui con
le genti più varie, a tutte annunciando la via della salvezza. Anche oggi
quante di loro sanno cercare e trovare, nella storia delle singole persone e di
interi popoli, tracce della presenza di Dio, che guida tutta l'umanità verso il
discernimento dei segni della sua volontà redentrice. Tale ricerca si rivela
vantaggiosa per le stesse persone consacrate: i valori scoperti nelle diverse
civiltà possono spingerli, infatti, ad accrescere il proprio impegno di
contemplazione e di preghiera, a praticare più intensamente la condivisione
comunitaria e l'ospitalità, a coltivare con maggiore diligenza l'attenzione
alla persona ed il rispetto per la natura.Per un'autentica inculturazione sono
necessari atteggiamenti simili a quelli del Signore, quando si è incarnato ed è
venuto, con amore e umiltà, in mezzo a noi. In questo senso la vita consacrata
rende le persone particolarmente adatte ad affrontare il complesso travaglio
dell'inculturazione, perché le abitua al distacco dalle cose e persino da tanti
aspetti della propria cultura. Applicandosi con questi atteggiamenti allo
studio e alla comprensione delle culture, i consacrati possono meglio
discernere in esse gli autentici valori e il modo in cui accoglierli e
perfezionarli con l'aiuto del proprio carisma.Non si deve comunque dimenticare
che, in molte antiche culture, l'espressione religiosa è così profondamente
integrata, che la religione rappresenta spesso la dimensione trascendente della
cultura stessa. In questo caso una vera inculturazione comporta necessariamente
un serio e aperto dialogo interreligioso, «che non è in contrapposizione con la
missione ad gentes e che non dispensa dall'evangelizzazione».
L'inculturazione della vita consacrata
80. Da parte sua la vita consacrata, di per
sé portatrice di valori evangelici, là dove è vissuta con autenticità può
offrire un contributo originale alle sfide dell'inculturazione. Essendo infatti
un segno del primato di Dio e del Regno, essa diventa una provocazione che, nel
dialogo, può scuotere la coscienza degli uomini. Se la vita consacrata mantiene
la forza profetica che le è propria, diventa all'interno di una cultura
fermento evangelico capace di purificarla e farla evolvere. E quanto dimostra
la storia di numerosi santi e sante, che in epoche diverse hanno saputo
immergersi nel loro tempo senza farsene sommergere, ma additando alla loro
generazione nuovi cammini. Lo stile di vita evangelico è una fonte importante
per la proposta di un nuovo modello culturale. Quanti fondatori e fondatrici,
cogliendo alcune esigenze del loro tempo, pur con tutti i limiti da essi stessi
riconosciuti, hanno dato loro una risposta che è diventata proposta culturale
innovativa!Le comunità degli Istituti religiosi e delle Società di vita
apostolica possono, infatti, offrire concrete e significative proposte
culturali, quando testimoniano il modo evangelico di vivere l'accoglienza
reciproca nella diversità e di esercitare l'autorità, la condivisione dei beni
sia materiali che spirituali, l'internazionalità, la collaborazione
inter-congregazionale, l'ascolto degli uomini e delle donne del nostro tempo.
Il modo di pensare e di agire di chi segue Cristo più da vicino, infatti, dà
origine ad una vera e propria cultura di riferimento, serve a mettere in
luce ciò che è disumano, testimonia che Dio solo dà ai valori forza e
compimento. Un'autentica inculturazione aiuterà, a sua volta, le persone
consacrate a vivere il radicalismo evangelico secondo il carisma del proprio
Istituto e il genio del popolo col quale entrano in contatto. Da questo fecondo
rapporto scaturiranno stili di vita e metodi pastorali che potranno rivelarsi
un'autentica ricchezza per tutto l'Istituto, se risulteranno coerenti con il
carisma di fondazione e con l'azione unificante dello Spirito Santo. In questo
processo, fatto di discernimento e di audacia, di dialogo e di provocazione
evangelica, una garanzia di retto cammino è offerta dalla Santa Sede, alla
quale spetta incoraggiare l'evangelizzazione delle culture nonché autenticarne
gli sviluppi e di sancirne gli esiti in ordine all'inculturazione:compito,
questo, «difficile e delicato poiché pone in questione la fedeltà della Chiesa
al Vangelo e alla tradizione apostolica nell'evoluzione costante delle
culture».
La nuova evangelizzazione
81. Per affrontare adeguatamente le grandi
sfide che alla nuova evangelizzazione pone la storia attuale, è necessaria
innanzitutto una vita consacrata che si lasci continuamente interpellare dalla
Parola rivelata e dai segni dei tempi.Il ricordo delle grandi evangelizzatrici
e dei grandi evangelizzatori, che furono prima grandi evangelizzati, rivela che
per affrontare il mondo di oggi occorrono persone amorosamente dedite al
Signore e al suo Vangelo. «Le persone consacrate, per la loro vocazione
specifica, sono chiamate a far emergere l'unità tra autoevangelizzazione e
testimonianza, tra rinnovamento interiore e ardore apostolico, tra essere e
agire, evidenziando che il dinamismo promana sempre dal primo elemento del
binomio».a nuova evangelizzazione, come quella di sempre, sarà efficace se
saprà proclamare dai tetti quanto ha prima vissuto nell'intimità con il
Signore. Per essa sono richieste solide personalità, animate dal fervore dei
santi. La nuova evangelizzazione esige da consacrati e consacrate piena
consapevolezza del senso teologico delle sfide del nostro tempo. Queste
sfide vanno esaminate con attento e corale discernimento, in vista del
rinnovamento della missione. Il coraggio dell'annuncio del Signore Gesù deve
accompagnarsi con la fiducia nell'azione della Provvidenza, che opera nel mondo
e che «dispone tutto, anche le umane avversità, per il maggior bene della
Chiesa».lementi importanti per un proficuo inserimento degli Istituti nel
processo della nuova evangelizzazione sono la fedeltà al carisma di fondazione,
la comunione con quanti nella Chiesa sono impegnati nella stessa impresa,
specialmente con i Pastori, e la cooperazione con tutti gli uomini di buona
volontà. Ciò esige un serio discernimento degli appelli che lo Spirito rivolge
ad ogni Istituto, sia in quelle regioni ove non si prevedono immediatamente
grandi progressi, sia nelle altre regioni ove si preannuncia una consolante
rinascita. In ogni luogo e situazione, le persone consacrate siano
annunciatrici ardenti del Signore Gesù, pronte a rispondere con sapienza
evangelica alle domande poste oggi dall'inquietudine del cuore umano e dalle
sue urgenti necessità.
La predilezione per i poveri e la
promozione della giustizia
82. Agli inizi del suo ministero, nella
sinagoga di Nazaret, Gesù proclama che lo Spirito lo ha consacrato per portare
ai poveri un lieto messaggio, per annunciare ai prigionieri la liberazione,
restituire ai ciechi la vista, rimettere in libertà gli oppressi e predicare un
anno di grazia del Signore (cfr Lc 4, 16-19). La Chiesa, assumendo come
propria la missione del Signore, annuncia il Vangelo ad ogni uomo e ad ogni
donna, facendosi carico della loro salvezza integrale. Ma con un'attenzione
speciale, una vera «opzione preferenziale», essa si volge verso quanti si
trovano in situazione di maggiore debolezza, e pertanto di più grave bisogno.
«Poveri», nelle molteplici dimensioni della povertà, sono gli oppressi, gli
emarginati, gli anziani, gli ammalati, i piccoli, quanti vengono considerati e
trattati come «ultimi» nella società.L'opzione per i poveri è insita nella
dinamica stessa dell'amore vissuto secondo Cristo. Ad essa sono dunque tenuti
tutti i discepoli di Cristo; coloro tuttavia che vogliono seguire il Signore
più da vicino, imitando i suoi atteggiamenti, non possono non sentirsene
coinvolti in modo tutto particolare. La sincerità della loro risposta all'amore
di Cristo li conduce a vivere da poveri e ad abbracciare la causa dei poveri.
Ciò comporta per ogni Istituto, secondo lo specifico carisma, l'adozione di
uno stile di vita , sia personale che comunitario, umile ed austero.
Forti di questa testimonianza vissuta, le persone consacrate potranno, nei modi
consoni alla loro scelta di vita e rimanendo libere nei confronti delle
ideologie politiche, denunciare le ingiustizie che vengono compiute verso tanti
figli e figlie di Dio, ed impegnarsi per la promozione della giustizia
nell'ambiente sociale in cui operano.In questo modo, anche nelle attuali
situazioni, si rinnoverà, attraverso la testimonianza di innumerevoli persone
consacrate, la dedizione che fu propria di fondatori e fondatrici che spesero
la loro vita per servire il Signore presente nei poveri. Infatti Cristo «si
trova sulla terra nella persona dei suoi poveri [...]. Come Dio, ricco, come
uomo, povero. E infatti lo stesso uomo già ricco ascese al cielo, siede alla
destra del Padre eppure quaggiù tuttora povero soffre la fame, la sete, è
nudo».l Vangelo si rende operante attraverso la carità, che è gloria della
Chiesa e segno della sua fedeltà al Signore. Lo dimostra tutta la storia della
vita consacrata, che si può considerare una esegesi vivente della parola di
Gesù: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei
fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25, 40). Molti Istituti,
specie in età moderna, sono nati proprio per venire incontro all'una o
all'altra necessità dei poveri. Ma anche quando tale finalità non è stata
determinante, l'attenzione e la premura per i bisognosi, espressa attraverso la
preghiera, l'accoglienza, l'ospitalità, si sono sempre accompagnate con
naturalezza alle varie forme di vita consacrata, anche di quella contemplativa.
E come potrebbe essere diversamente, dal momento che il Cristo raggiunto nella
contemplazione è lo stesso che vive e soffre nei poveri? La storia della vita
consacrata è ricca, in questo senso, di esempi meravigliosi e talvolta geniali.
San Paolino di Nola, dopo aver distribuito i suoi beni ai poveri per
consacrarsi pienamente a Dio, innalzò le celle del suo monastero sopra un
ospizio destinato appunto agli indigenti. Egli gioiva al pensiero di questo singolare
«scambio di doni»: i poveri, da lui assistiti, rinsaldavano con la loro
preghiera le «fondamenta» stesse della sua casa, tutta dedita alla lode di
Dio.S. Vincenzo de' Paoli, da parte sua, amava dire che, quando si è costretti
a lasciare la preghiera per assistere un povero in necessità, in realtà non la
si interrompe, perché «si lascia Dio per Dio».ervire i poveri è atto di
evangelizzazione e, nello stesso tempo, sigillo di evangelicità e stimolo di
conversione permanente per la vita consacrata, poiché — come dice san Gregorio
Magno — «quando la carità si abbassa amorosamente a provvedere anche agli
infimi bisogni del prossimo, allora divampa verso le più alte vette. E quando
benignamente si piega alle estreme necessità, allora vigorosamente riprende il
volo verso le altezze».
La cura degli ammalati
83. Seguendo una gloriosa tradizione, un
gran numero di persone consacrate, soprattutto donne, esercitano il loro
apostolato negli ambienti sanitari, secondo il carisma del proprio Istituto. Molte,
lungo i secoli, sono state le persone consacrate che hanno sacrificato la
loro vita nel servizio alle vittime di malattie contagiose, mostrando che
la dedizione fino all'eroismo appartiene all'indole profetica della vita
consacrata.La Chiesa guarda con ammirazione e gratitudine le tante persone
consacrate che, assistendo i malati e i sofferenti, contribuiscono in maniera
significativa alla sua missione. Esse continuano il ministero di misericordia
di Cristo, che «passò beneficando e sanando tutti» (At 10, 38). Sulle
orme di Lui, divino Samaritano, medico delle anime e dei corpi,e sull'esempio
dei rispettivi fondatori e fondatrici, le persone consacrate, che a ciò sono
orientate dal carisma del loro Istituto, perseverino nella loro testimonianza
d'amore verso i malati, dedicandosi a loro con profonda comprensione e
partecipazione. Privilegino nelle loro scelte gli ammalati più poveri e
abbandonati, come gli anziani, i disabili, gli emarginati, i malati terminali,
le vittime della droga e delle nuove malattie contagiose. Favoriscano nei
malati l'offerta del proprio soffrire in comunione con Cristo crocifisso e
glorificato per la salvezza di tutti,anzi alimentino in loro la coscienza di
essere, con la preghiera e la testimonianza della parola e della condotta, soggetti
attivi di pastorale attraverso il peculiare carisma della croce.a Chiesa,
inoltre, ricorda ai consacrati e alle consacrate che fa parte della loro
missione evangelizzare gli ambienti sanitari in cui lavorano, cercando
di illuminare, attraverso la comunicazione dei valori evangelici, il modo di
vivere, soffrire e morire degli uomini del nostro tempo. E loro impegno
dedicarsi all'umanizzazione della medicina e all'approfondimento della
bioetica, a servizio del Vangelo della vita. Promuovano perciò innanzitutto il
rispetto della persona e della vita umana dal concepimento al termine naturale,
in piena conformità con l'insegnamento morale della Chiesa,istituendo per
questo anche centri di formazionee collaborando fraternamente con gli organismi
ecclesiali della pastorale sanitaria.
II. UNA TESTIMONIANZA PROFETICA DI FRONTE
ALLE GRANDI SFIDE
Il profetismo della vita consacrata
84. Il carattere profetico della vita
consacrata è stato messo in forte risalto dai Padri sinodali. Esso si configura
come una speciale forma di partecipazione alla funzione profetica di Cristo ,
comunicata dallo Spirito a tutto il Popolo di Dio. E un profetismo inerente
alla vita consacrata come tale, per il radicalismo della sequela di Cristo e
della conseguente dedizione alla missione che la caratterizza. La funzione di
segno, che il Concilio Vaticano II riconosce alla vita consacrata,si esprime
nella testimonianza profetica del primato che Dio ed i valori del Vangelo hanno
nella vita cristiana. In forza di tale primato nulla può essere anteposto
all'amore personale per Cristo e per i poveri in cui Egli vive.a tradizione
patristica ha visto un modello della vita religiosa monastica in Elia, profeta
audace e amico di Dio.Viveva alla sua presenza e contemplava nel silenzio il suo
passaggio, intercedeva per il popolo e proclamava con coraggio la sua volontà,
difendeva i diritti di Dio e si ergeva a difesa dei poveri contro i potenti del
mondo (cfr 1 Re 18-19). Nella storia della Chiesa, accanto ad altri
cristiani, non sono mancati uomini e donne consacrati a Dio che, per un
particolare dono dello Spirito, hanno esercitato un autentico ministero
profetico, parlando nel nome di Dio a tutti ed anche ai Pastori della Chiesa. La
vera profezia nasce da Dio, dall'amicizia con Lui, dall'ascolto attento
della sua Parola nelle diverse circostanze della storia. Il profeta sente
ardere nel cuore la passione per la santità di Dio e, dopo averne accolto nel
dialogo della preghiera la parola, la proclama con la vita, con le labbra e con
i gesti, facendosi portavoce di Dio contro il male ed il peccato. La
testimonianza profetica richiede la costante e appassionata ricerca della
volontà di Dio, la generosa e imprescindibile comunione ecclesiale, l'esercizio
del discernimento spirituale, l'amore per la verità. Essa si esprime anche con
la denuncia di quanto è contrario al volere divino e con l'esplorazione di vie
nuove per attuare il Vangelo nella storia, in vista del Regno di Dio.
Sua rilevanza per il mondo
contemporaneo
85. Nel nostro mondo, dove sembrano spesso
smarrite le tracce di Dio, si rende urgente una forte testimonianza profetica
da parte delle persone consacrate. Essa verterà innanzitutto sull'affermazione
del primato di Dio e dei beni futuri , quale traspare dalla sequela e
dall'imitazione di Cristo casto, povero e obbediente, totalmente votato alla
gloria del Padre e all'amore dei fratelli e delle sorelle. La stessa vita
fraterna è profezia in atto nel contesto di una società che, talvolta
senza rendersene conto, ha un profondo anelito ad una fraternità senza
frontiere. Alle persone consacrate è chiesto di offrire la loro testimonianza
con la franchezza del profeta, che non teme di rischiare anche la
vita.Un'intima forza persuasiva deriva alla profezia dalla coerenza fra
l'annuncio e la vita. Le persone consacrate saranno fedeli alla loro
missione nella Chiesa e nel mondo, se saranno capaci di rivedere continuamente
se stesse alla luce della Parola di Dio.In tal modo potranno arricchire gli
altri fedeli dei beni carismatici ricevuti, lasciandosi a loro volta
interpellare dalle provocazioni profetiche provenienti dalle altre componenti
ecclesiali. In questo scambio di doni, garantito dalla piena sintonia col
Magistero e la disciplina della Chiesa, risplenderà l'azione dello Spirito
che «la unifica nella comunione e nel servizio, la istruisce e dirige mediante
i diversi doni gerarchici e carismatici».
Una fedeltà fino al martirio
86. In questo secolo, come in altre epoche
della storia, uomini e donne consacrati hanno reso testimonianza a Cristo
Signore con il dono della propria vita. Sono migliaia coloro che,
costretti alle catacombe dalla persecuzione di regimi totalitari o di gruppi
violenti, osteggiati nell'attività missionaria, nell'azione a favore dei
poveri, nell'assistenza agli ammalati ed agli emarginati, hanno vissuto e
vivono la loro consacrazione nella sofferenza prolungata ed eroica, e spesso
con l'effusione del proprio sangue, pienamente configurati al Signore
crocifisso. Di alcuni di essi la Chiesa ha già riconosciuto ufficialmente la
santità onorandoli come martiri di Cristo. Essi ci illuminano con il loro
esempio, intercedono per la nostra fedeltà, ci attendono nella gloria.E vivo il
desiderio che la memoria di tanti testimoni della fede rimanga nella coscienza
della Chiesa come incitamento alla celebrazione e all'imitazione. Gli Istituti
di vita consacrata e le Società di vita apostolica contribuiscano a quest'opera
raccogliendo i nomi e le testimonianze di tutte le persone consacrate,
che possono essere iscritte nel Martirologio del ventesimo secolo.
Le grandi sfide della vita consacrata
87. Il compito profetico della vita
consacrata viene provocato da tre sfide principali rivolte alla stessa
Chiesa: sono sfide di sempre, che vengono poste in forme nuove, e forse più
radicali, dalla società contemporanea, almeno in alcune parti del mondo. Esse
toccano direttamente i consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza,
stimolando la Chiesa e, in particolare, le persone consacrate a metterne in
luce e a testimoniarne il profondo significato antropologico. La scelta
di questi consigli, infatti, lungi dal costituire un impoverimento di valori
autenticamente umani, si propone piuttosto come una loro trasfigurazione. I
consigli evangelici non vanno considerati come una negazione dei valori
inerenti alla sessualità, al legittimo desiderio di disporre di beni materiali
e di decidere autonomamente di sé. Queste inclinazioni, in quanto fondate nella
natura, sono in se stesse buone. La creatura umana, tuttavia, debilitata com'è
dal peccato originale, è esposta al rischio di tradurle in atto in modo
trasgressivo. La professione di castità, povertà e obbedienza diventa monito a
non sottovalutare le ferite prodotte dal peccato originale e, pur affermando il
valore dei beni creati, li relativizza additando Dio come il bene
assoluto. Così coloro che seguono i consigli evangelici, mentre cercano la
santità per se stessi, propongono, per così dire, una «terapia spirituale» per
l'umanità, poiché rifiutano l'idolatria del creato e rendono in qualche modo
visibile il Dio vivente. La vita consacrata, specie nei tempi difficili, è una
benedizione per la vita umana e per la stessa vita ecclesiale.
La sfida della castità consacrata
88. La prima provocazione è quella di
una cultura edonistica che svincola la sessualità da ogni norma morale
oggettiva, riducendola spesso a gioco e a consumo, e indulgendo con la
complicità dei mezzi di comunicazione sociale a una sorta di idolatria
dell'istinto. Le conseguenze di ciò sono sotto gli occhi di tutti:
prevaricazioni di ogni genere, a cui s'accompagnano innumerevoli sofferenze
psichiche e morali per gli individui e le famiglie. La risposta della
vita consacrata sta innanzitutto nella pratica gioiosa della castità
perfetta, quale testimonianza della potenza dell'amore di Dio nella
fragilità della condizione umana. La persona consacrata attesta che quanto è
creduto impossibile dai più diventa, con la grazia del Signore Gesù, possibile
e autenticamente liberante. Sì, in Cristo è possibile amare Dio con tutto il
cuore, ponendolo al di sopra di ogni altro amore, ed amare così, con la libertà
di Dio, ogni creatura! E questa una testimonianza oggi più che mai necessaria,
proprio perché così poco compresa dal nostro mondo. Essa è offerta ad ogni
persona — ai giovani, ai fidanzati, ai coniugi, alle famiglie cristiane — per
mostrare che la forza dell'amore di Dio può operare grandi cose proprio
dentro le vicende dell'amore umano. E una testimonianza che va incontro anche a
un crescente bisogno di limpidezza interiore nei rapporti umani.E necessario
che la vita consacrata presenti al mondo di oggi esempi di una castità vissuta
da uomini e donne che dimostrano equilibrio, dominio di sé, intraprendenza,
maturità psicologica ed affettiva.Grazie a questa testimonianza, viene offerto
all'amore umano un sicuro punto di riferimento, che la persona consacrata
attinge dalla contemplazione dell'amore trinitario, rivelatoci in Cristo.
Proprio perché immersa in questo mistero, essa si sente capace di un amore
radicale e universale, che le dà la forza della padronanza di sé e della
disciplina necessarie per non cadere nella schiavitù dei sensi e degli istinti.
La castità consacrata appare così come esperienza di gioia e di libertà.
Illuminata dalla fede nel Signore risorto e dall'attesa dei cieli nuovi e della
terra nuova (cfr Ap 21, 1), essa offre preziosi stimoli anche per
l'educazione alla castità doverosa in altri stati di vita.
La sfida della povertà
89. Altra provocazione è, oggi,
quella di un materialismo avido di possesso, disattento verso le
esigenze e le sofferenze dei più deboli e privo di ogni considerazione per lo
stesso equilibrio delle risorse naturali. La risposta della vita
consacrata sta nella professione della povertà evangelica, vissuta in
forme diverse e spesso accompagnata da un attivo impegno nella promozione della
solidarietà e della carità.Quanti Istituti si dedicano all'educazione,
all'istruzione e alla formazione professionale, mettendo in grado giovani e non
più giovani di diventare protagonisti del loro futuro! Quante persone
consacrate si spendono senza risparmio di energie per gli ultimi della terra!
Quante di esse si adoperano a formare futuri educatori e responsabili della
vita sociale, in modo che si impegnino ad eliminare le strutture oppressive e a
promuovere progetti di solidarietà a vantaggio dei poveri! Esse lottano per
sconfiggere la fame e le sue cause, animano le attività del volontariato e le
organizzazioni umanitarie, sensibilizzano organismi pubblici e privati per
favorire un'equa distribuzione degli aiuti internazionali. Le nazioni devono
veramente molto a questi intraprendenti operatori e operatrici di carità, che
con la loro instancabile generosità hanno dato e danno un sensibile contributo
per l'umanizzazione del mondo.
La povertà evangelica a servizio dei
poveri
90. In realtà, prima ancora di essere un
servizio per i poveri, la povertà evangelica è un valore in se stessa,
in quanto richiama la prima delle Beatitudini nell'imitazione di Cristo
povero.Il suo primo senso, infatti, è testimoniare Dio come vera ricchezza del
cuore umano. Ma proprio per questo essa contesta con forza l'idolatria di
mammona, proponendosi come appello profetico nei confronti di una società che,
in tante parti del mondo benestante, rischia di perdere il senso della misura e
il significato stesso delle cose. Per questo, oggi più che in altre epoche, il
suo richiamo trova attenzione anche tra coloro che, consci della limitatezza
delle risorse del pianeta, invocano il rispetto e la salvaguardia del creato
mediante la riduzione dei consumi, la sobrietà, l'imposizione di un doveroso
freno ai propri desideri.Alle persone consacrate è chiesta dunque una rinnovata
e vigorosa testimonianza evangelica di abnegazione e di sobrietà, in uno stile di
vita fraterna ispirata a criteri di semplicità e di ospitalità, anche come
esempio per quanti rimangono indifferenti di fronte alle necessità del
prossimo. Tale testimonianza si accompagnerà naturalmente all'amore
preferenziale per i poveri e si manifesterà in modo speciale nella
condivisione delle condizioni di vita dei più diseredati. Non sono poche le
comunità che vivono e operano tra i poveri e gli emarginati, ne abbracciano la
condizione e ne condividono le sofferenze, i problemi e i pericoli.Grandi pagine
di storia di solidarietà evangelica e di dedizione eroica sono state scritte da
persone consacrate, in questi anni di profondi cambiamenti e di grandi
ingiustizie, di speranze e di delusioni, di importanti conquiste e di amare
sconfitte. E pagine non meno significative sono state e sono tuttora scritte da
altre innumerevoli persone consacrate, le quali vivono in pienezza la loro vita
«nascosta con Cristo in Dio» (Col 3, 3) per la salvezza del mondo,
all'insegna della gratuità, dell'investimento della propria vita in cause poco
riconosciute e meno ancora applaudite. Attraverso queste forme diverse e
complementari, la vita consacrata partecipa all'estrema povertà abbracciata dal
Signore e vive il suo specifico ruolo nel mistero salvifico della sua incarnazione
e della sua morte redentrice.
La sfida della libertà nell'obbedienza
91. La terza provocazione proviene da
quelle concezioni della libertà che sottraggono questa fondamentale
prerogativa umana al suo costitutivo rapporto con la verità e con la norma
morale.In realtà, la cultura della libertà è un autentico valore, intimamente
connesso col rispetto della persona umana. Ma chi non vede a quali abnormi
conseguenze di ingiustizia e persino di violenza porta, nella vita dei singoli
e dei popoli, l'uso distorto della libertà?Una risposta efficace a tale
situazione è l' obbedienza che caratterizza la vita consacrata. Essa
ripropone in modo particolarmente vivo l'obbedienza di Cristo al Padre e,
proprio partendo dal suo mistero, testimonia che non c'è contraddizione tra
obbedienza e libertà. In effetti, l'atteggiamento del Figlio svela il
mistero della libertà umana come cammino d'obbedienza alla volontà del Padre e
il mistero dell'obbedienza come cammino di progressiva conquista della vera
libertà. E proprio questo mistero che la persona consacrata vuole esprimere con
questo preciso voto. Con esso intende attestare la consapevolezza di un
rapporto di figliolanza, in forza del quale desidera assumere la volontà
paterna come cibo quotidiano (cfr Gv 4, 34), come sua roccia, sua
letizia, suo scudo e baluardo (cfr Sal 18[17], 3). Dimostra così di
crescere nella piena verità di se stessa rimanendo collegata con la fonte della
sua esistenza ed offrendo perciò il messaggio consolantissimo: «Grande pace per
chi ama la tua legge nel suo cammino non trova inciampo» ( Sal 119[118],
165).
Compiere insieme la volontà del Padre
92. Questa testimonianza delle persone
consacrate assume nella vita religiosa particolare significato anche per la
dimensione comunitaria che la caratterizza. La vita fraterna è il luogo
privilegiato per discernere e accogliere il volere di Dio e camminare insieme
in unione di mente e di cuore. L'obbedienza, vivificata dalla carità, unifica i
membri di un Istituto nella medesima testimonianza e nella medesima missione,
pur nella diversità dei doni e nel rispetto delle singole individualità. Nella
fraternità, animata dallo Spirito, ciascuno intrattiene con l'altro un prezioso
dialogo per scoprire la volontà del Padre, e tutti riconoscono in chi presiede l'espressione
della paternità di Dio e l'esercizio dell'autorità ricevuta da Dio, a servizio
del discernimento e della comunione.a vita di comunità poi è, in modo
particolare, il segno, di fronte alla Chiesa e alla società, del legame che
viene dalla medesima chiamata e dalla volontà comune di obbedire ad essa, al di
là di ogni diversità di razza e d'origine, di lingua e di cultura. Contro lo
spirito di discordia e di divisione, autorità e obbedienza risplendono come un
segno di quell'unica paternità che viene da Dio, della fraternità nata dallo
Spirito, della libertà interiore di chi si fida di Dio nonostante i limiti
umani di quanti Lo rappresentano. Attraverso questa obbedienza, assunta da
alcuni come regola di vita, viene sperimentata ed annunciata a vantaggio di
tutti la beatitudine promessa da Gesù a «coloro che ascoltano la Parola di Dio
e la osservano» (Lc 11, 28). Inoltre, chi obbedisce ha la garanzia di
essere davvero in missione, alla sequela del Signore e non alla rincorsa dei
propri desideri o delle proprie aspettative. E così è possibile sapersi
condotti dallo Spirito del Signore e sostenuti, anche in mezzo a grandi
difficoltà, dalla sua mano sicura (cfr At 20, 22s).
Un deciso impegno di vita spirituale
93. Una delle preoccupazioni più volte manifestate
nel Sinodo è stata quella di una vita consacrata che si alimenti alle
sorgenti di una spiritualità solida e profonda. Si tratta, in effetti, di
un'esigenza prioritaria, inscritta nell'essenza stessa della vita consacrata,
dal momento che, come ogni altro battezzato, ed anzi con motivi anche più
stringenti, chi professa i consigli evangelici è tenuto a tendere con tutte le
sue forze verso la perfezione della carità.E un impegno fortemente richiamato
dagli innumerevoli esempi di santi fondatori e fondatrici e di tante persone
consacrate, che hanno testimoniato la fedeltà a Cristo fino al martirio.Tendere
alla santità: ecco in sintesi il programma di ogni vita consacrata, anche nella
prospettiva del suo rinnovamento alle soglie del terzo millennio. Il punto di
avvio del programma sta nel lasciare tutto per Cristo (cfr Mt 4, 18-22;
19, 21.27; Lc 5, 11) preferendo Lui ad ogni cosa, per poter partecipare
pienamente al Suo mistero pasquale.Lo aveva ben capito san Paolo che esclamava:
«Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di
Cristo Gesù [...]. E questo perché io possa conoscere Lui, la potenza della Sua
risurrezione» (Fil 3, 8.10). E la via segnata fin dall'inizio dagli
Apostoli, come ricorda la tradizione cristiana in Oriente e in Occidente:
«Coloro che attualmente seguono Gesù abbandonando tutto per Lui, rievocano gli
Apostoli che, rispondendo al suo invito, rinunciano a tutto il resto. Perciò
tradizionalmente si è soliti parlare della vita religiosa come di apostolica
vivendi forma» .La stessa tradizione ha anche messo in evidenza, nella vita
consacrata, la dimensione della peculiare alleanza con Dio, anzi dell'alleanza
sponsale con Cristo, di cui san Paolo fu maestro col suo esempio (cfr 1 Cor
7, 7) e col suo insegnamento, proposto sotto la guida dello Spirito (cfr 1
Cor 7, 40).Possiamo dire che la vita spirituale, intesa come vita in
Cristo, vita secondo lo Spirito, si configura come un itinerario di crescente
fedeltà, in cui la persona consacrata è guidata dallo Spirito e da Lui
configurata a Cristo, in piena comunione di amore e di servizio nella
Chiesa.Tutti questi elementi, calati nelle varie forme di vita consacrata,
generano una peculiare spiritualità, cioè un progetto concreto di
rapporto con Dio e con l'ambiente, caratterizzato da particolari accenti
spirituali e scelte operative, che evidenziano e ripresentano ora l'uno ora
l'altro aspetto dell'unico mistero di Cristo. Quando la Chiesa riconosce una
forma di vita consacrata o un Istituto, garantisce che nel suo carisma
spirituale e apostolico si trovano tutti i requisiti oggettivi per raggiungere
la perfezione evangelica personale e comunitaria.La vita spirituale dev'essere
dunque al primo posto nel programma delle Famiglie di vita consacrata, in modo
che ogni Istituto e ogni comunità si presentino come scuole di vera
spiritualità evangelica. Da questa opzione prioritaria, sviluppata nell'impegno
personale e comunitario, dipendono la fecondità apostolica, la generosità
nell'amore per i poveri, la stessa attrattiva vocazionale sulle nuove
generazioni. E proprio la qualità spirituale della vita consacrata che
può scuotere le persone del nostro tempo, anch'esse assetate di valori
assoluti, trasformandosi così in affascinante testimonianza.
In ascolto della Parola di Dio
94. La Parola di Dio è la prima sorgente di
ogni spiritualità cristiana. Essa alimenta un rapporto personale con il Dio
vivente e con la sua volontà salvifica e santificante. E per questo che la lectio
divina, fin dalla nascita degli Istituti di vita consacrata, in particolar
modo nel monachesimo, ha ricevuto la più alta considerazione. Grazie ad essa,
la Parola di Dio viene trasferita nella vita, sulla quale proietta la luce
della sapienza che è dono dello Spirito. Benché tutta la Sacra Scrittura sia «utile
per insegnare» (2 Tm 3, 16) e «sorgente pura e perenne della vita
spirituale»,meritano particolare venerazione gli scritti del Nuovo Testamento,
soprattutto i Vangeli, che sono «il cuore di tutte le Scritture».Gioverà
pertanto alle persone consacrate fare oggetto di assidua meditazione i testi
evangelici e gli altri scritti neotestamentari che illustrano le parole e gli
esempi di Cristo e della Vergine Maria e la apostolica vivendi forma. Ad
essi si sono costantemente riferiti fondatori e fondatrici nell'accoglienza
della vocazione e nel discernimento del carisma e della missione del proprio
Istituto.Di grande valore è la meditazione comunitaria della Bibbia.
Realizzata secondo le possibilità e le circostanze della vita di comunità, essa
porta alla gioiosa condivisione delle ricchezze attinte alla Parola di Dio,
grazie alle quali fratelli e sorelle crescono insieme e si aiutano a progredire
nella vita spirituale. Conviene anzi che tale prassi venga proposta anche agli
altri membri del Popolo di Dio, sacerdoti e laici, promovendo nei modi consoni
al proprio carisma scuole di preghiera, di spiritualità e di lettura orante
della Scrittura, nella quale Dio «parla agli uomini come ad amici (cfr Es
33, 11; Gv 15, 14-15) e si intrattiene con essi (cfr Bar 3, 38)
per invitarli e ammetterli alla comunione con sé».alla meditazione della Parola
di Dio, e in particolare dei misteri di Cristo, nascono, come insegna la
tradizione spirituale, l'intensità della contemplazione e l'ardore dell'azione
apostolica. Sia nella vita religiosa contemplativa che in quella apostolica
sono sempre stati uomini e donne di preghiera a realizzare, quali autentici
interpreti ed esecutori della volontà di Dio, opere grandi. Dalla
frequentazione della Parola di Dio essi hanno tratto la luce necessaria per
quel discernimento individuale e comunitario che li ha aiutati a cercare nei
segni dei tempi le vie del Signore. Essi hanno così acquisito una sorta di
istinto soprannaturale , che ha loro permesso di non conformarsi alla
mentalità del secolo, ma di rinnovare la propria mente, «per poter discernere
la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto» (Rm 12,
2).
In comunione con Cristo
95. Mezzo fondamentale per alimentare
efficacemente la comunione col Signore è senza dubbio la santa liturgia,
in modo speciale la Celebrazione eucaristica e la Liturgia delle
Ore.Innanzitutto l'Eucaristia, nella quale «è racchiuso tutto il bene
spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e Pane vivo che,
mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà
vita»all'umanità. Cuore della vita ecclesiale, essa lo è anche della vita
consacrata. La persona chiamata, nella professione dei consigli evangelici, a
scegliere Cristo come unico senso della sua esistenza, come potrebbe non
desiderare di instaurare con Lui una comunione sempre più profonda mediante la
partecipazione quotidiana al Sacramento che lo rende presente, al sacrificio
che ne attualizza il dono d'amore del Golgota, al convito che alimenta e
sostiene il popolo di Dio pellegrinante? L'Eucaristia sta per sua natura al
centro della vita consacrata, personale e comunitaria. Essa è viatico
quotidiano e fonte della spiritualità del singolo e dell'Istituto. In essa ogni
consacrato è chiamato a vivere il mistero pasquale di Cristo, unendosi con Lui
nell'offerta della propria vita al Padre mediante lo Spirito. L'adorazione
assidua e prolungata di Cristo presente nell'Eucaristia consente in qualche
modo di rivivere l'esperienza di Pietro nella Trasfigurazione: «E bello per noi
stare qui». E nella celebrazione del mistero del Corpo e del Sangue del Signore
si consolida ed incrementa l'unità e la carità di coloro che hanno consacrato a
Dio l'esistenza.Accanto all'Eucaristia, e in intimo rapporto con essa, la Liturgia
delle Ore, celebrata comunitariamente o personalmente secondo l'indole di
ciascun Istituto, in comunione con la preghiera della Chiesa, esprime la
vocazione alla lode e all'intercessione, che è propria delle persone
consacrate.Alla medesima Eucaristia dice profonda relazione l'impegno di
conversione continua e di necessaria purificazione, che le persone consacrate
sviluppano nel sacramento della Riconciliazione. Mediante l'incontro
frequente con la misericordia di Dio esse purificano e rinnovano il loro cuore
e, attraverso l'umile riconoscimento dei peccati, rendono trasparente il
proprio rapporto con Lui; la gioiosa esperienza del perdono sacramentale, nel
cammino condiviso con i fratelli e le sorelle, rende il cuore docile e stimola
l'impegno ad una crescente fedeltà.E di grande sostegno per progredire nel
cammino evangelico, specialmente nel periodo di formazione e in certi momenti
della vita, il ricorso fiducioso e umile alla direzione spirituale,
grazie alla quale la persona è aiutata a rispondere alle mozioni dello Spirito
con generosità e ad orientarsi decisamente verso la santità.Esorto, infine,
tutte le persone consacrate, secondo le proprie tradizioni, a rinnovare
quotidianamente l'unione spirituale con la Vergine Maria, ripercorrendo con lei
i misteri del Figlio, particolarmente con la recita del Santo Rosario.
III. ALCUNI AREOPAGHI DELLA MISSIONE
Presenza nel mondo dell'educazione
96. La Chiesa ha sempre percepito che l'educazione
è un elemento essenziale della sua missione. Suo Maestro interiore è lo
Spirito Santo, il quale penetra le profondità più inaccessibili del cuore di
ogni uomo e conosce il segreto dinamismo della storia. Tutta la Chiesa è
animata dallo Spirito e con Lui svolge la sua opera educatrice. All'interno della
Chiesa, tuttavia, un compito specifico spetta in questo campo alle persone
consacrate, le quali sono chiamate a immettere nell'orizzonte educativo la
testimonianza radicale dei beni del Regno, proposti ad ogni uomo nell'attesa
dell'incontro definitivo col Signore della storia. Per la loro speciale
consacrazione, per la peculiare esperienza dei doni dello Spirito, per
l'assiduo ascolto della Parola e l'esercizio del discernimento, per il ricco
patrimonio di tradizioni educative accumulato nel tempo dal proprio Istituto,
per la approfondita conoscenza della verità spirituale (cfr Ef 1, 17),
le persone consacrate sono in grado di sviluppare un'azione educativa
particolarmente efficace, offrendo uno specifico contributo alle iniziative
degli altri educatori ed educatrici.Munite di questo carisma, esse possono dar
vita ad ambienti educativi permeati dallo spirito evangelico di libertà e di
carità, nei quali i giovani sono aiutati a crescere in umanità sotto la guida
dello Spirito.In questo modo la comunità educativa diventa esperienza di
comunione e luogo di grazia, dove il progetto pedagogico contribuisce ad unire
in sintesi armonica il divino e l'umano, il Vangelo e la cultura, la fede e la
vita.La storia della Chiesa, dall'antichità ai nostri giorni, è ricca di
ammirevoli esempi di persone consacrate che hanno vissuto e vivono la tensione
alla santità mediante l'impegno pedagogico, proponendo allo stesso tempo la
santità quale meta educativa. Di fatto, molte di esse hanno realizzato la
perfezione della carità educando. Questo è uno dei doni più preziosi che le
persone consacrate possono offrire anche oggi alla gioventù, facendola oggetto
di un servizio pedagogico ricco di amore, secondo il sapiente avvertimento di
san Giovanni Bosco: «I giovani non siano solo amati, ma conoscano anche
d'essere amati».
Necessità di rinnovato impegno nel
campo educativo
97. Consacrati e consacrate manifestino, con
delicato rispetto unito a coraggio missionario, che la fede in Gesù Cristo
illumina tutto il campo dell'educazione, non pregiudicando, ma piuttosto
confermando ed elevando gli stessi valori umani. In tal modo essi si fanno
testimoni e strumenti della potenza dell'Incarnazione e della forza dello
Spirito. Questo loro compito è una delle espressioni più significative di quella
maternità che la Chiesa, ad immagine di Maria, esercita verso tutti i suoi
figli. per questo che il Sinodo ha esortato insistentemente le persone
consacrate a riprendere con nuovo impegno, là dove è possibile, la missione
dell'educazione con scuole di ogni tipo e grado, Università e Istituti
superiori.Facendo mia l'indicazione sinodale, invito caldamente i membri degli
Istituti dediti all'educazione ad essere fedeli al loro carisma originario ed
alle loro tradizioni, consci che l'amore preferenziale per i poveri trova una
sua particolare applicazione nella scelta dei mezzi atti a liberare gli uomini
da quella grave forma di miseria che è la mancanza di formazione culturale e
religiosa.Data l'importanza che le Università e le Facoltà cattoliche ed ecclesiastiche
assumono nel campo dell'educazione e dell'evangelizzazione, gli Istituti che ne
hanno la conduzione siano consci della loro responsabilità, facendo sì che in
esse, mentre si dialoga attivamente con l'attuale contesto culturale, sia
conservata la peculiare indole cattolica, in piena fedeltà al Magistero della
Chiesa. Inoltre, secondo le circostanze, i membri di questi Istituti e Società
siano pronti ad entrare nelle strutture educative statali. A questo tipo di
intervento sono particolarmente chiamati, per loro specifica vocazione, i
membri degli Istituti secolari.
Evangelizzare la cultura
98. Gli Istituti di vita consacrata hanno
sempre avuto un grande influsso nella formazione e nella trasmissione della
cultura. Ciò è accaduto nel medioevo, quando i monasteri divennero luoghi di
accesso alle ricchezze culturali del passato e di elaborazione di una nuova
cultura umanistica e cristiana. Ciò si è avverato ogni qualvolta la luce del
Vangelo ha raggiunto nuovi popoli. Molte persone consacrate hanno promosso la
cultura, e spesso hanno investigato e difeso le culture autoctone. Il bisogno
di contribuire alla promozione della cultura, al dialogo fra cultura e fede, è
avvertito oggi nella Chiesa in modo tutto particolare. consacrati non possono
non sentirsi interpellati da questa urgenza. Anch'essi sono chiamati a
individuare, nell'annuncio della Parola di Dio, metodi più appropriati alle
esigenze dei diversi gruppi umani e dei molteplici ambiti professionali, perché
la luce di Cristo penetri ogni settore umano ed il fermento della salvezza
trasformi dall'interno il vivere sociale, favorendo l'affermarsi di una cultura
permeata di valori evangelici.Anche attraverso tale impegno, alla soglia del
terzo millennio cristiano, la vita consacrata potrà rinnovare la sua
corrispondenza ai desideri di Dio, il quale viene incontro a tutte le persone
che, consapevolmente o inconsapevolmente, vanno come a tentoni cercando la
Verità e la Vita (cfr At 17, 27).Ma al di là del servizio rivolto agli
altri, anche all'interno della vita consacrata c'è bisogno di rinnovato
amore per l'impegno culturale, di dedizione allo studio come mezzo per la
formazione integrale e come percorso ascetico, straordinariamente attuale, di
fronte alla diversità delle culture. Diminuire l'impegno per lo studio può
avere pesanti conseguenze anche sull'apostolato, generando un senso di
emarginazione e di inferiorità o favorendo superficialità e avventatezza nelle
iniziative.Nella diversità dei carismi e delle reali possibilità dei singoli
Istituti, l'impegno dello studio non si può ridurre alla formazione iniziale o
al conseguimento di titoli accademici e di competenze professionali. Esso è
piuttosto espressione del mai appagato desiderio di conoscere più a fondo Dio,
abisso di luce e fonte di ogni umana verità. Per questo, tale impegno non isola
la persona consacrata in un astratto intellettualismo, né la rinchiude nelle
spire di un soffocante narcisismo; è invece sprone al dialogo e alla
condivisione, è formazione alla capacità di giudizio, è stimolo alla
contemplazione e alla preghiera, nella continua ricerca di Dio e della sua
azione nella complessa realtà del mondo contemporaneo.La persona consacrata,
lasciandosi trasformare dallo Spirito, diventa capace di ampliare gli orizzonti
degli angusti desideri umani e, nello stesso tempo, di cogliere le dimensioni
profonde di ogni individuo e della sua storia, al di là degli aspetti più
vistosi ma spesso marginali. Innumerevoli sono oggi i campi di sfida che
emergono dalle varie culture: ambiti nuovi o tradizionalmente frequentati dalla
vita consacrata, con i quali urge mantenere fecondi rapporti, in atteggiamento
di vigile senso critico ma anche di fiduciosa attenzione verso chi affronta le
difficoltà tipiche del lavoro intellettuale, specie quando, in presenza degli
inediti problemi del nostro tempo, occorre tentare analisi e sintesi nuove.Una
seria e valida evangelizzazione dei nuovi ambiti, ove si elabora e si trasmette
la cultura, non può essere operata senza un'attiva collaborazione con i laici
ivi impegnati.
Presenza nel mondo della comunicazione
sociale
99. Come nel passato le persone consacrate
hanno saputo porsi con ogni mezzo al servizio dell'evangelizzazione,
affrontando genialmente le difficoltà, così oggi sono interpellate in modo
nuovo dall'esigenza di testimoniare il Vangelo attraverso i mezzi della
comunicazione sociale. Tali mezzi hanno assunto una capacità di irradiazione
cosmica mediante potentissime tecnologie, in grado di raggiungere ogni angolo
della terra. Le persone consacrate, soprattutto quando per carisma
istituzionale operano in questo campo, sono tenute ad acquisire una seria
conoscenza del linguaggio proprio di tali mezzi, per parlare in modo efficace
di Cristo all'uomo d'oggi, interpretandone «le gioie e le speranze, le
tristezze e le angosce»,e contribuire così all'edificazione di una società in
cui tutti si sentano fratelli e sorelle in cammino verso Dio.Occorre tuttavia
essere vigili nei confronti dell'uso distorto di questi mezzi, a motivo dello
straordinario potere di persuasione di cui dispongono. E bene non nascondersi i
problemi che possono derivarne alla stessa vita consacrata; occorre piuttosto
affrontarli con illuminato discernimento.La risposta della Chiesa è soprattutto
educativa: mira a promuovere un atteggiamento di corretta comprensione delle
dinamiche soggiacenti ed una attenta valutazione etica dei programmi, come pure
l'adozione di sane abitudini nella loro fruizione.In questo compito educativo,
volto a formare sapienti recettori ed esperti comunicatori, le persone consacrate
sono chiamate ad offrire la loro particolare testimonianza sulla relatività di
tutte le realtà visibili, aiutando i fratelli a valorizzarle secondo il disegno
di Dio, ma anche a liberarsi dalla cattura ossessiva della scena di questo
mondo che passa (cfr 1 Cor 7, 31).Ogni sforzo in questo importante e
nuovo campo apostolico va incoraggiato, affinché il Vangelo di Cristo risuoni
anche attraverso questi mezzi moderni. I vari Istituti siano pronti a
collaborare, con l'apporto di forze, mezzi e persone, per realizzare progetti
comuni nei vari settori della comunicazione sociale. Le persone consacrate,
inoltre, specie i membri degli Istituti secolari, prestino volentieri il loro
servizio, secondo le opportunità pastorali, anche per la formazione religiosa
dei responsabili e degli operatori della comunicazione sociale pubblica o
privata, affinché da una parte siano scongiurati i danni provocati dall'uso
viziato dei mezzi e dall'altra venga promossa una superiore qualità delle
trasmissioni, con messaggi rispettosi della legge morale e ricchi di valori
umani e cristiani.
IV. IMPEGNATI NEL DIALOGO CON TUTTI
Al servizio dell'unità dei cristiani
100. La preghiera di Cristo al Padre prima
della Passione, perché i suoi discepoli rimangano nell'unità (cfr Gv 17,
21-23), continua nella preghiera e nell'azione della Chiesa. Come potrebbero
non sentirsene coinvolti i chiamati alla vita consacrata? La ferita della
disunione tuttora esistente fra i credenti in Cristo e l'urgenza di pregare e
lavorare per promuovere l'unità di tutti i cristiani sono state particolarmente
avvertite al Sinodo. La sensibilità ecumenica di consacrati e consacrate è
ravvivata anche dalla consapevolezza che in altre Chiese e Comunità ecclesiali
si conserva ed è fiorente il monachesimo, come nel caso delle Chiese orientali,
o si rinnova la professione dei consigli evangelici, come nella Comunione
anglicana e nelle Comunità della Riforma.Il Sinodo ha messo in luce il profondo
legame della vita consacrata con la causa dell'ecumenismo e l'urgenza di una
testimonianza più intensa in questo campo. Se infatti l'anima dell'ecumenismo è
la preghiera e la conversione,non v'è dubbio che gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica hanno un particolare dovere di
coltivare questo impegno. E urgente, pertanto, che nella vita delle persone
consacrate si aprano spazi maggiori alla orazione ecumenica ed alla
testimonianza autenticamente evangelica, affinché con la forza dello Spirito
Santo si possano abbattere i muri delle divisioni e dei pregiudizi tra i
cristiani.
Forme di dialogo ecumenico
101. La condivisione della lectio divina nella
ricerca della verità, la partecipazione alla preghiera comune, nella quale il
Signore garantisce la sua presenza (cfr Mt 18, 20), il dialogo
dell'amicizia e della carità che fa sentire come è bello che i fratelli vivano
insieme (cfr Sal 133[132]), la cordiale ospitalità praticata verso i
fratelli e le sorelle delle diverse confessioni cristiane, la mutua conoscenza
e lo scambio dei doni, la collaborazione in iniziative comuni di servizio e di
testimonianza, sono altrettante forme del dialogo ecumenico, espressioni
gradite al Padre comune e segni della volontà di camminare insieme verso
l'unità perfetta sulla via della verità e dell'amore.Anche la conoscenza della
storia, della dottrina, della liturgia, dell'attività caritativa e apostolica
degli altri cristiani non mancherà di giovare ad un'azione ecumenica sempre più
incisiva.oglio incoraggiare quegli Istituti che, per nativo carattere o per
successiva chiamata, si dedicano alla promozione dell'unità dei cristiani e per
essa coltivano iniziative di studio e di azione concreta. In realtà, nessun
Istituto di vita consacrata deve sentirsi dispensato dal lavorare per questa
causa. Rivolgo inoltre il mio pensiero alle Chiese orientali cattoliche
auspicando che, anche attraverso il monachesimo maschile e femminile, la cui
fioritura è grazia che va costantemente implorata, esse possano giovare
all'unità con le Chiese ortodosse, grazie al dialogo della carità e alla condivisione
della comune spiritualità, patrimonio della Chiesa indivisa del primo
millennio.Affido in modo particolare l'ecumenismo spirituale della preghiera,
della conversione del cuore e della carità ai monasteri di vita contemplativa.
A questo scopo incoraggio la loro presenza là dove vivono comunità cristiane di
varie confessioni, affinché la loro totale dedizione all'«unico necessario»
(cfr Lc 10, 42), al culto di Dio e all'intercessione per la salvezza del
mondo, unitamente alla loro testimonianza di vita evangelica, secondo i propri
carismi, sia per tutti uno stimolo a vivere, ad immagine della Trinità, in
quella unità che Gesù ha voluto e chiesto al Padre per tutti i suoi discepoli.
Il dialogo interreligioso
102. Dal momento che «il dialogo
interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa»,gli
Istituti di vita consacrata non possono esimersi dall'impegnarsi anche in
questo campo, ciascuno secondo il proprio carisma e seguendo le indicazioni
dell'autorità ecclesiastica. La prima forma di evangelizzazione nei confronti
di fratelli e sorelle di altra religione sarà la stessa testimonianza di una
vita povera, umile e casta, permeata di amore fraterno per tutti. Nel medesimo
tempo, la libertà di spirito che è propria della vita consacrata favorirà quel
«dialogo di vita»in cui si attua un modello fondamentale di missione e di
annuncio del Vangelo di Cristo. Per favorire la mutua conoscenza, il
vicendevole rispetto e la carità, gli Istituti religiosi potranno inoltre
coltivare opportune forme di dialogo, improntate a cordiale amicizia e
reciproca sincerità, con gli ambienti monastici di altre religioni.Un altro
ambito di collaborazione con uomini e donne di diversa tradizione religiosa è
costituito dalla comune sollecitudine per la vita umana, che va dalla
compassione per la sofferenza fisica e spirituale, all'impegno per la
giustizia, la pace e la salvaguardia del creato. In questi settori saranno
soprattutto gli Istituti di vita attiva a cercare l'intesa con i membri di
altre religioni, in quel «dialogo delle opere»che prepara la via ad una
condivisione più profonda.Un campo particolare di incontro operoso con persone
di altre tradizioni religiose è pure quello della ricerca e della promozione
della dignità della donna. Nell'ottica dell'uguaglianza e della giusta
reciprocità tra uomo e donna, un servizio prezioso può essere reso soprattutto
dalle donne consacrate.uesti e altri impegni delle persone consacrate a
servizio del dialogo interreligioso esigono una adeguata preparazione nella
formazione iniziale e nella formazione permanente, come pure nello studio e
nella ricerca,dal momento che in questo non facile settore occorre profonda
conoscenza del cristianesimo e delle altre religioni, accompagnata da fede
solida e da maturità spirituale ed umana.
Una risposta di spiritualità alla
ricerca del sacro e alla nostalgia di Dio
103. Quanti abbracciano la vita consacrata,
uomini e donne, si pongono, per la natura stessa della loro scelta, come
interlocutori privilegiati di quella ricerca di Dio che da sempre agita il
cuore dell'uomo e lo conduce a molteplici forme di ascesi e di spiritualità.
Tale ricerca oggi, in molte regioni, emerge con insistenza come risposta a
culture tendenti, se non sempre a negare, certo ad emarginare la dimensione
religiosa dell'esistenza.Le persone consacrate, vivendo con coerenza e in
pienezza gli impegni liberamente assunti, possono offrire una risposta agli
aneliti dei loro contemporanei, affrancandoli da soluzioni per lo più illusorie
e spesso negatrici dell'incarnazione salvifica del Cristo (cfr 1 Gv 4,
2-3), quali, ad esempio, vengono proposte dalle sette. Praticando un'ascesi
personale e comunitaria, che purifica e trasfigura l'intera esistenza, esse
testimoniano, contro la tentazione dell'egocentrismo e della sensualità, i
caratteri dell'autentica ricerca di Dio ed ammoniscono a non confonderla con la
sottile ricerca di se stessi o con la fuga nella gnosi. Ogni persona consacrata
è impegnata a coltivare l'uomo interiore, che non si estrania dalla storia né
si ripiega su di sé. Vivendo in ascolto obbediente della Parola, di cui la
Chiesa è custode e interprete, essa addita nel Cristo sommamente amato e nel
Mistero trinitario l'oggetto dell'anelito profondo del cuore umano e l'approdo
di ogni itinerario religioso sinceramente aperto alla trascendenza.Per questo
le persone consacrate hanno il dovere di offrire generosamente accoglienza e
accompagnamento spirituale a quanti, mossi dalla sete di Dio e desiderosi di
vivere le esigenze della fede, si rivolgono a loro.
CONCLUSIONE
La sovrabbondanza della gratuità
104. Non sono pochi coloro che oggi si
interrogano perplessi: Perché la vita consacrata? Perché abbracciare questo
genere di vita, dal momento che vi sono tante urgenze, nell'ambito della carità
e della stessa evangelizzazione, a cui si può rispondere anche senza assumersi
gli impegni peculiari della vita consacrata? Non è forse, la vita consacrata,
una sorta di «spreco» di energie umane utilizzabili secondo un criterio di
efficienza per un bene più grande a vantaggio dell'umanità e della
Chiesa?Queste domande sono più frequenti nel nostro tempo, perché stimolate da
una cultura utilitaristica e tecnocratica, che tende a valutare l'importanza
delle cose e delle stesse persone in rapporto alla loro immediata
«funzionalità». Ma interrogativi simili sono esistiti sempre, come dimostra
eloquentemente l'episodio evangelico dell'unzione di Betania: «Maria, presa una
libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di
Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo
dell'unguento» ( Gv 12, 3). A Giuda che, prendendo a pretesto il bisogno
dei poveri, si lamentava per tanto spreco, Gesù rispose: «Lasciala fare!» (Gv
12, 7).E questa la risposta sempre valida alla domanda che tanti, anche in
buona fede, si pongono circa l'attualità della vita consacrata: Non si potrebbe
investire la propria esistenza in modo più efficiente e razionale per il
miglioramento della società? Ecco la risposta di Gesù: «Lasciala fare!».A chi è
concesso il dono inestimabile di seguire più da vicino il Signore Gesù appare
ovvio che Egli possa e debba essere amato con cuore indiviso, che a Lui si
possa dedicare tutta la vita e non solo alcuni gesti o alcuni momenti o alcune
attività. L'unguento prezioso versato come puro atto di amore, e perciò al di
là di ogni considerazione «utilitaristica», è segno di una sovrabbondanza di
gratuità, quale si esprime in una vita spesa per amare e per servire il
Signore, per dedicarsi alla sua persona e al suo Corpo mistico. Ma è da questa
vita «versata» senza risparmio che si diffonde un profumo che riempie tutta la
casa. La casa di Dio, la Chiesa, è, oggi non meno di ieri, adornata e
impreziosita dalla presenza della vita consacrata.Quello che agli occhi degli
uomini può apparire come uno spreco, per la persona avvinta nel segreto del
cuore dalla bellezza e dalla bontà del Signore è un'ovvia risposta d'amore, è
esultante gratitudine per essere stata ammessa in modo tutto speciale alla
conoscenza del Figlio ed alla condivisione della sua divina missione nel
mondo.«Se un figlio di Dio conoscesse e gustasse l'amore divino, Dio increato,
Dio incarnato, Dio passionato, che è il sommo bene, gli si darebbe tutto, si
sottrarrebbe non solo alle altre creature, ma perfino a se stesso e con tutto
se stesso amerebbe questo Dio d'amore fino a trasformarsi tutto nel Dio-uomo,
che è il sommo Amato».
La vita consacrata al servizio del
Regno di Dio
105. «Che sarebbe del mondo se non vi
fossero i religiosi»?Al di là delle superficiali valutazioni di funzionalità,
la vita consacrata è importante proprio nel suo essere sovrabbondanza di
gratuità e d'amore, e ciò tanto più in un mondo che rischia di essere
soffocato nel vortice dell'effimero. «Senza questo segno concreto, la carità
che anima l'intera Chiesa rischierebbe di raffreddarsi, il paradosso salvifico
del Vangelo di smussarsi, il «sale» della fede di diluirsi in un mondo in fase
di secolarizzazione».La vita della Chiesa e la stessa società hanno bisogno di
persone capaci di dedicarsi totalmente a Dio e agli altri per amore di Dio.La
Chiesa non può assolutamente rinunciare alla vita consacrata, perché essa esprime
in modo eloquente la sua intima essenza «sponsale». In essa trova nuovo
slancio e forza l'annuncio del Vangelo a tutto il mondo. C'è bisogno infatti di
chi presenti il volto paterno di Dio e il volto materno della Chiesa, di chi
metta in gioco la propria vita, perché altri abbiano vita e speranza. Alla
Chiesa sono necessarie persone consacrate le quali, prima ancora di impegnarsi
a servizio dell'una o dell'altra nobile causa, si lascino trasformare dalla
grazia di Dio e si conformino pienamente al Vangelo.La Chiesa intera trova
nelle sue mani questo grande dono e in atteggiamento di gratitudine si dedica a
promuoverlo con la stima, la preghiera, l'invito esplicito ad accoglierlo. E
importante che Vescovi, presbiteri e diaconi, convinti dell'eccellenza
evangelica di questo genere di vita, lavorino per scoprire e sostenere i germi
di vocazione con la predicazione, il discernimento e un saggio accompagnamento
spirituale. A tutti i fedeli si chiede una costante preghiera per le persone
consacrate, perché il loro fervore e la loro capacità d'amare aumentino
continuamente, contribuendo a diffondere nell'odierna società il buon profumo
di Cristo (cfr 2 Cor 2, 15). L'intera comunità cristiana — pastori,
laici e persone consacrate — è responsabile della vita consacrata,
dell'accoglienza e del sostegno offerto alle nuove vocazioni.
Alla gioventù
106. A voi, giovani, dico: Se avvertite la
chiamata del Signore, non respingetela! Inseritevi, piuttosto, coraggiosamente
nelle grandi correnti di santità, che insigni sante e santi hanno avviato al
seguito di Cristo. Coltivate gli aneliti tipici della vostra età, ma aderite
prontamente al progetto di Dio su di voi, se Egli vi invita a cercare la
santità nella vita consacrata. Ammirate tutte le opere di Dio nel mondo, ma
sappiate fissare lo sguardo sulle realtà destinate a non tramontare mai.Il
terzo millennio attende il contributo della fede e dell'inventiva di schiere di
giovani consacrati, perché il mondo sia reso più sereno e capace di accogliere
Dio e, in Lui, tutti i suoi figli e figlie.
Alle famiglie
107. Mi rivolgo a voi, famiglie cristiane.
Voi, genitori, rendete grazie al Signore se ha chiamato alla vita consacrata
qualcuno dei vostri figli. Deve essere considerato — come è sempre stato — un
grande onore che il Signore guardi ad una famiglia e scelga qualcuno dei suoi
componenti per invitarlo ad intraprendere la via dei consigli evangelici!
Coltivate il desiderio di dare al Signore qualcuno dei vostri figli per la
crescita dell'amore di Dio nel mondo. Quale frutto dell'amore coniugale
potrebbe esservi più bello di questo?E necessario ricordare che se i genitori
non vivono i valori evangelici, difficilmente il giovane e la giovane potranno
percepire la chiamata, comprendere la necessità dei sacrifici da affrontare,
apprezzare la bellezza della meta da raggiungere. E nella famiglia, infatti,
che i giovani fanno le prime esperienze dei valori evangelici, dell'amore che
si dona a Dio e agli altri. Occorre pure che essi vengano educati all'uso
responsabile della propria libertà, per essere disposti a vivere, secondo la
loro vocazione, delle più alte realtà spirituali.Prego perché voi, famiglie
cristiane, unite al Signore con la preghiera e la vita sacramentale, siate
vivai accoglienti di vocazioni.
Agli uomini e alle donne di buona
volontà
108. A tutti gli uomini e le donne che
vorranno ascoltare la mia voce, desidero far giungere l'invito a cercare le vie
che conducono al Dio vivo e vero anche nei percorsi tracciati dalla vita
consacrata. Le persone consacrate testimoniano che «chiunque segue Cristo,
l'uomo perfetto, si fa anch'egli più uomo».Quante di esse si sono chinate, e
continuano a chinarsi, come buoni samaritani sulle innumerevoli ferite dei
fratelli e delle sorelle che incontrano sulla loro strada!Guardate a queste
persone afferrate da Cristo, che indicano nel dominio di sé, sostenuto dalla
grazia e dall'amore di Dio, il rimedio contro l'avidità di avere, di godere, di
dominare. Non dimenticate i carismi che hanno plasmato meravigliosi
«ricercatori di Dio» e benefattori dell'umanità, che hanno aperto vie sicure a
coloro che cercano Dio con cuore sincero. Considerate il gran numero di santi
cresciuti in questo genere di vita, considerate il bene fatto al mondo, ieri e
oggi, da chi si è dedicato a Dio! Questo nostro mondo non ha forse bisogno di
gioiosi testimoni e profeti della potenza benefica dell'amore di Dio? Non ha
bisogno anche di uomini e donne che, con la loro vita e la loro azione,
sappiano gettare semi di pace e di fraternità?
Alle persone consacrate
109. Ma è soprattutto a voi, donne e uomini
consacrati, che al termine di questa Esortazione rivolgo il mio appello fiducioso:
vivete pienamente la vostra dedizione a Dio, per non lasciar mancare a questo
mondo un raggio della divina bellezza che illumini il cammino dell'esistenza
umana. I cristiani, immersi nelle occupazioni e nelle preoccupazioni di questo
mondo, ma chiamati anch'essi alla santità, hanno bisogno di trovare in voi
cuori purificati che nella fede «vedono» Dio, persone docili all'azione dello
Spirito Santo che camminano spedite nella fedeltà al carisma della chiamata e
della missione.Voi sapete bene di aver intrapreso un cammino di conversione
continua, di dedizione esclusiva all'amore di Dio e dei fratelli, per
testimoniare sempre più splendidamente la grazia che trasfigura l'esistenza
cristiana. Il mondo e la Chiesa cercano autentici testimoni di Cristo. E la
vita consacrata è un dono che Dio offre perché sia posto davanti agli occhi di
tutti l'«unico necessario» (cfr Lc 10, 42). Dare testimonianza a Cristo
con la vita, con le opere e con le parole è peculiare missione della vita
consacrata nella Chiesa e nel mondo.Voi sapete a Chi avete creduto (cfr 2 Tm
1, 12): dategli tutto! I giovani non si lasciano ingannare: venendo a voi, essi
vogliono vedere ciò che non vedono altrove. Avete un compito immenso nei
confronti del domani: specialmente i giovani consacrati, testimoniando la loro
consacrazione, possono indurre i loro coetanei al rinnovamento della loro vita.
L'amore appassionato per Gesù Cristo è una potente attrazione per gli altri
giovani, che Egli nella sua bontà chiama a seguirlo da vicino e per sempre. I
nostri contemporanei vogliono vedere nelle persone consacrate la gioia che
proviene dall'essere con il Signore.Persone consacrate, anziane e giovani,
vivete la fedeltà al vostro impegno verso Dio, in mutua edificazione e con
mutuo sostegno. Nonostante le difficoltà che talvolta avete potuto incontrare e
l'indebolimento della stima per la vita consacrata in una certa opinione
pubblica, voi avete il compito di invitare nuovamente gli uomini e le donne del
nostro tempo a guardare in alto, a non farsi travolgere dalle cose di ogni
giorno, ma a lasciarsi affascinare da Dio e dal Vangelo del suo Figlio. Non
dimenticate che voi, in modo particolarissimo, potete e dovete dire non solo
che siete di Cristo, ma che «siete divenuti Cristo»!
Guardare al futuro
110. Voi non avete solo una gloriosa storia
da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire!
Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora
cose grandi.Fate della vostra vita un'attesa fervida di Cristo, andando incontro
a Lui come le vergini sagge che vanno incontro allo Sposo. Siate sempre pronti,
fedeli a Cristo, alla Chiesa, al vostro Istituto e all'uomo del nostro
tempo.Sarete così da Cristo rinnovati di giorno in giorno, per costruire con il
suo Spirito comunità fraterne, per lavare con Lui i piedi ai poveri e dare il
vostro insostituibile contributo alla trasfigurazione del mondo.Questo nostro
mondo affidato alle mani dell'uomo, mentre sta entrando nel nuovo millennio,
possa essere sempre più umano e giusto, segno e anticipazione del mondo futuro,
nel quale Egli, il Signore umile e glorificato, povero ed esaltato, sarà la
gioia piena e duratura per noi e per i nostri fratelli e sorelle, con il Padre
e lo Spirito Santo.
Preghiera alla Trinità
111. Trinità Santissima, beata e
beatificante, rendi beati i tuoi figli e le tue figlie che hai chiamato a
confessare la grandezza del tuo amore, della tua bontà misericordiosa e della
tua bellezza.Padre Santo, santifica i figli e le figlie che si sono
consacrati a Te, per la gloria del tuo nome. Accompagnali con la tua potenza,
perché possano testimoniare che Tu sei l'Origine di tutto, l'unica sorgente
dell'amore e della libertà. Ti ringraziamo per il dono della vita consacrata,
che nella fede cerca Te e nella sua missione universale invita tutti a
camminare verso Te.Salvatore Gesù, Verbo Incarnato, come hai consegnato
la tua forma di vita a quelli che hai chiamato, continua ad attirare a Te
persone che, per l'umanità del nostro tempo, siano depositarie di misericordia,
preannuncio del tuo ritorno, segno vivente dei beni della risurrezione futura.
Nessuna tribolazione li separi da Te e dal tuo amore! Spirito Santo,
Amore riversato nei cuori, che dai grazia ed ispirazione alle menti, Fonte
perenne di vita, che porti a compimento la missione di Cristo con i numerosi
carismi, noi Ti preghiamo per tutte le persone consacrate. Riempi il loro cuore
con l'intima certezza d'essere state prescelte per amare, lodare e servire. Fa'
gustare loro la tua amicizia, riempile della tua gioia e del tuo conforto,
aiutale a superare i momenti di difficoltà e a rialzarsi con fiducia dopo le
cadute, rendile specchio della bellezza divina. Da' loro il coraggio di
affrontare le sfide del nostro tempo e la grazia di portare agli uomini la
benignità e l'umanità del Salvatore nostro Gesù Cristo (cfr Tit 3, 4).
Invocazione alla Vergine Maria
112. Maria, figura della Chiesa, Sposa senza
ruga e senza macchia, che imitandoti «conserva verginalmente integra la fede,
salda la speranza, sincera la carità»,sostieni le persone consacrate nel loro
tendere all'eterna e unica Beatitudine.A Te, Vergine della Visitazione, le
affidiamo, perché sappiano correre incontro alle necessità umane, per portare
aiuto, ma soprattutto per portare Gesù. Insegna loro a proclamare le meraviglie
che il Signore compie nel mondo, perché i popoli tutti magnifichino il suo
nome. Sostienile nella loro opera a favore dei poveri, degli affamati, dei
senza speranza, degli ultimi e di tutti coloro che cercano il Figlio tuo con
cuore sincero.A te, Madre, che vuoi il rinnovamento spirituale e apostolico dei
tuoi figli e figlie nella risposta d'amore e di dedizione totale a Cristo,
rivolgiamo fiduciosi la nostra preghiera. Tu che hai fatto la volontà del
Padre, pronta nell'obbedienza, coraggiosa nella povertà, accogliente nella
verginità feconda, ottieni dal tuo divin Figlio che quanti hanno ricevuto il
dono di seguirlo nella vita consacrata lo sappiano testimoniare con una
esistenza trasfigurata, camminando gioiosamente, con tutti gli altri fratelli e
sorelle, verso la patria celeste e la luce che non conosce tramonto.Te lo
chiediamo, perché in tutti e in tutto sia glorificato, benedetto e amato il
Sommo Signore di tutte le cose che è Padre, Figlio e Spirito Santo.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 25
marzo, solennità dell'Annunciazione del Signore, dell'anno 1996, decimottavo di
Pontificato.