ESORTAZIONE
APOSTOLICA
POST-SINODALE
ECCLESIA IN
AFRICA
DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI
AI PRESBITERI E AI DIACONI
AI RELIGIOSI E ALLE RELIGIOSE
E A TUTTI I FEDELI LAICI
CIRCA LA CHIESA IN AFRICA
E LA SUA MISSIONE EVANGELIZZATRICE
VERSO L'ANNO 2000
INTRODUZIONE
1.La Chiesa che è in Africa ha celebrato con
gioia e speranza, durante quattro settimane, la sua fede in Cristo risorto, nel
corso di una Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi. Vivo ne resta ancora il
ricordo nella memoria dell'intera comunità ecclesiale.
Fedeli alla tradizione dei primi secoli del
cristianesimo in Africa, i Pastori di questo continente, in comunione con il
Successore dell'apostolo Pietro ed i membri del Collegio episcopale venuti da
altre regioni del mondo, hanno tenuto un Sinodo che s'è posto come evento di
speranza e di risurrezione, nel momento stesso in cui le vicende umane
sembravano piuttosto spingere l'Africa allo scoraggiamento e alla disperazione.
I Padri sinodali, assistiti da qualificati
rappresentanti del clero, dei religiosi e del laicato, hanno sottoposto ad un
esame approfondito e realistico le luci e le ombre, le sfide e le prospettive
dell'evangelizzazione in Africa, all'approssimarsi del terzo millennio della
fede cristiana.
I membri dell'Assemblea sinodale mi hanno
domandato di portare a conoscenza di tutta la Chiesa i frutti delle loro
riflessioni e delle loro preghiere, delle loro discussioni e dei loro scambi.1
Con letizia e con riconoscenza verso il Signore ho accolto tale richiesta, ed
oggi, nel momento stesso in cui, in comunione con i Pastori e i fedeli della
Chiesa cattolica in Africa, apro la fase celebrativa dell'Assemblea speciale
per l'Africa, rendo noto il testo di questa Esortazione apostolica
postsinodale, frutto di un lavoro collegiale intenso e prolungato.
Ma prima di addentrarmi nell'esposizione di
quanto è maturato nel corso del Sinodo, ritengo opportuno ripercorrere, seppur
velocemente, le varie fasi di un evento di così decisiva importanza per la
Chiesa in Africa.
Il Concilio
2. Il Concilio Ecumenico Vaticano II può
certamente considerarsi, dal punto di vista della storia della salvezza, come
la pietra angolare di questo secolo, prossimo ormai a sfociare nel terzo
millennio. Nel contesto di quel grande avvenimento, la Chiesa di Dio che è in
Africa poté vivere, per parte sua, autentici momenti di grazia. In effetti,
l'idea di un incontro, sotto una forma o l'altra, di Vescovi dell'Africa per
discutere circa l'evangelizzazione del continente, risale al periodo del
Concilio. Quello storico evento fu veramente il crogiuolo della collegialità e
un'espressione peculiare della comunione affettiva ed effettiva dell'episcopato
mondiale. I Vescovi, in tale occasione, cercarono di individuare gli strumenti
adatti per meglio condividere e rendere efficace la loro sollecitudine nei
confronti di tutte le Chiese (cfr 2 Cor 11, 28) ed iniziarono a
proporre, a tale scopo, le opportune strutture a livello nazionale, regionale e
continentale.
Il Simposio delle Conferenze
episcopali d'Africa e Madagascar
3. È in tale clima che i Vescovi dell'Africa
e del Madagascar, presenti al Concilio, decisero d'istituire un proprio
Segretariato Generale col compito di coordinare i loro interventi, così da
presentare in aula, per quanto possibile, un punto di vista comune. Questa
iniziale cooperazione tra i Vescovi dell'Africa si istituzionalizzò poi con la
creazione a Kampala del Simposio delle Conferenze Episcopali d'Africa e
Madagascar (S.C.E.A.M.). Ciò avvenne in occasione della visita del Papa
Paolo VI in Uganda nel luglio-agosto del 1969, prima visita in Africa di un
Pontefice dei tempi moderni.
La convocazione dell'Assemblea
speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi
4. Le Assemblee generali del Sinodo dei
Vescovi, che si susseguirono periodicamente dal 1967 in poi, offrirono alla
Chiesa che è in Africa preziose opportunità di far sentire la propria voce
nell'ambito universale della Chiesa. Così, nella seconda Assemblea generale
ordinaria (1971), i Padri sinodali dell'Africa colsero con gioia l'occasione
che loro si presentava per invocare una maggiore giustizia nel mondo. La terza
Assemblea generale ordinaria sull'evangelizzazione nel mondo contemporaneo
(1974) permise di prendere in esame particolarmente i problemi
dell'evangelizzazione in Africa. Fu in tale circostanza che i Vescovi del
continente, presenti al Sinodo, pubblicarono un importante messaggio dal titolo
« Promozione dell'evangelizzazione nella corresponsabilità ».2 Poco dopo,
durante l'Anno Santo del 1975, lo S.C.E.A.M. convocò la propria Assemblea
plenaria a Roma, per approfondire il tema dell'evangelizzazione.
5. In seguito, dal 1977 al 1983, vari
Vescovi, sacerdoti, persone consacrate, teologi e laici espressero il desiderio
di un Concilio oppure di un Sinodo africano, avente lo scopo di fare
il punto sull'evangelizzazione in Africa in ordine alle grandi scelte da
compiere per il futuro del continente. Accolsi con favore ed incoraggiai l'idea
di una « concertazione nell'una o nell'altra forma » dell'intero episcopato
africano, « per esaminare i problemi religiosi comuni a tutto il continente ».3
Di conseguenza lo S.C.E.A.M. si preoccupò di cercare vie e mezzi per condurre a
buon fine il progetto di un simile incontro continentale. Fu organizzata una
consultazione delle Conferenze episcopali e di ciascun Vescovo dell'Africa e
del Madagascar, in seguito alla quale potei convocare un'Assemblea speciale per
l'Africa del Sinodo dei Vescovi. Il 6 Gennaio 1989, nel contesto della
solennità dell'Epifania — ricorrenza liturgica nel corso della quale la Chiesa
prende rinnovata coscienza dell'universalità della sua missione e del
conseguente compito di portare la luce di Cristo a tutti i popoli —, annunciai
di aver preso questa « iniziativa di grande importanza per la diffusione del
Vangelo ». E precisai di averlo fatto accogliendo l'istanza molte volte e da
diverso tempo espressa dai Vescovi dell'Africa, da sacerdoti, teologi ed
esponenti del laicato, « perché sia promossa un'organica solidarietà
pastorale nell'intero territorio africano ed isole attigue ».4
Un evento di grazia
6. L'Assemblea speciale per l'Africa del
Sinodo dei Vescovi è stata un momento storico di grazia: il Signore ha visitato
il suo popolo che è in Africa. In effetti, questo continente vive oggi ciò
che può definirsi un segno dei tempi, un momento propizio, un giorno
di salvezza per l'Africa. Sembra giunta un'« ora dell'Africa », un'ora
favorevole che invita con insistenza i messaggeri di Cristo a prendere il largo
e a gettare le reti per la pesca (cfr Lc 5, 4). Come agli inizi del cristianesimo
l'alto funzionario di Candace, regina d'Etiopia, felice di avere ricevuto la
fede mediante il Battesimo, proseguì il suo cammino divenendo testimone di
Cristo (cfr At 8, 27-39), così oggi la Chiesa in Africa, piena di gioia
e di riconoscenza per la fede ricevuta, deve proseguire la sua missione
evangelizzatrice, per attrarre i popoli del continente al Signore, insegnando
loro ad osservare quanto Egli ha comandato (cfr Mt 28, 20).
A partire dalla solenne liturgia eucaristica
inaugurale che, il 10 Aprile 1994, ho celebrato nella Basilica Vaticana insieme
con trentacinque Cardinali, un Patriarca, trentanove Arcivescovi,
centoquarantasei Vescovi e novanta sacerdoti, la Chiesa, Famiglia di Dio,5
popolo dei credenti, si è raccolta attorno alla tomba di Pietro. Era presente
l'Africa con la varietà dei suoi riti, insieme all'intero popolo di Dio: essa
danzava la sua gioia, esprimendo la sua fede nella vita al suono dei tam-tam e
di altri strumenti musicali africani. In tale occasione, l'Africa ha sentito di
essere, secondo l'espressione di Paolo VI, « nuova patria di Cristo »,6 terra
amata dall'eterno Padre.7 Ecco perché io stesso ho salutato quel momento di
grazia con le parole del Salmista: « Questo è il giorno fatto dal Signore,
rallegriamoci ed esultiamo in esso » (Sal 118 [117], 24).
Destinatari dell'Esortazione
7. Con questa Esortazione apostolica post-
sinodale, in comunione con l'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei
Vescovi, desidero rivolgermi in primo luogo ai Pastori ed ai fedeli cattolici,
e poi ai fratelli delle altre Confessioni cristiane, a quanti professano le
grandi religioni monoteiste, in particolare i seguaci della religione
tradizionale africana, ed a tutti gli uomini di buona volontà che, in un modo o
nell'altro, hanno a cuore lo sviluppo spirituale e materiale dell'Africa o
tengono nelle loro mani le sorti di questo grande continente.
Innanzitutto il mio pensiero si rivolge
naturalmente agli Africani stessi e a tutti coloro che abitano il continente;
penso, in particolare, ai figli e alle figlie della Chiesa cattolica: Vescovi,
sacerdoti, diaconi, seminaristi, membri degli Istituti di vita consacrata e
delle Società di vita apostolica, catechisti e tutti coloro che fanno del
servizio ai loro fratelli l'ideale della loro esistenza. Desidero confermarli
nella fede (cfr Lc 22, 32) ed esortarli a perseverare nella speranza che
dona il Cristo risorto, vincendo ogni tentazione di scoraggiamento.
Piano dell'Esortazione
8. L'Assemblea speciale per l'Africa del
Sinodo dei Vescovi ha esaminato in profondità il tema che le era stato
proposto: « La Chiesa in Africa e la sua missione evangelizzatrice verso l'anno
2000: "Mi sarete testimoni" (At 1, 8) ». Questa Esortazione si
sforzerà perciò di seguire da vicino questo stesso itinerario. Prenderà l'avvio
dal momento storico, vero kairos, in cui s'è tenuto il Sinodo,
esaminandone gli obiettivi, la preparazione, lo svolgimento. Si soffermerà
sull'attuale situazione della Chiesa in Africa, ricordando le varie fasi
dell'impegno missionario. Affronterà, poi, i vari aspetti della missione
evangelizzatrice con cui la Chiesa deve misurarsi nel momento presente:
l'evangelizzazione, l'inculturazione, il dialogo, la giustizia e la pace, i
mezzi di comunicazione sociale. L'accenno alle urgenze e alle sfide, che
interpellano la Chiesa in Africa nell'immediata vigilia dell'anno 2000, consentirà
di tratteggiare i compiti del testimone di Cristo in Africa, in ordine ad un
più efficace apporto all'edificazione del Regno di Dio. Sarà così possibile
delineare, alla fine, gli impegni della Chiesa in Africa come Chiesa
missionaria: una Chiesa di missione che diventa essa stessa missionaria: « Mi
sarete testimoni [...] fino agli estremi confini della terra » (At 1,
8).
CAPITOLO
I
UNO
STORICO MOMENTO ECCLESIALE
9. « Questa Assemblea speciale per l'Africa
del Sinodo dei Vescovi è un avvenimento provvidenziale, per il quale
dobbiamo rendere grazie al Padre onnipotente e misericordioso mediante il
Figlio nello Spirito, e glorificarlo ».8 È con queste parole che i Padri, nel
corso della prima Congregazione generale, hanno solennemente aperto la
discussione relativa al tema del Sinodo. In una precedente occasione, io stesso
avevo già espresso una simile convinzione riconoscendo che « l'Assemblea
speciale è un avvenimento ecclesiale di fondamentale importanza per l'Africa,
un kairos, un momento di grazia, in cui Dio manifesta la sua salvezza.
Tutta la Chiesa è invitata a vivere pienamente questo tempo di grazia, ad
accogliere e a diffondere la Buona Novella. Lo sforzo di preparazione al Sinodo
recherà beneficio non solo alla celebrazione sinodale stessa, ma si volgerà sin
da ora a favore delle Chiese locali pellegrine in Africa, la cui fede e
la cui testimonianza si rafforzano, rendendole sempre più mature ».9
Professione di fede
10. Questo momento di grazia si concretò
innanzitutto in una solenne professione di fede. Raccolti intorno alla Tomba di
Pietro per l'inaugurazione dell'Assemblea speciale, i Padri del Sinodo
proclamarono la loro fede, la fede di Pietro che, rispondendo alla domanda di
Cristo: « Forse anche voi volete andarvene? », rispose: « Signore, da chi
andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu
sei il Santo di Dio » (Gv 6, 67-69). I Vescovi dell'Africa, nei quali la
Chiesa cattolica trovava in quei giorni una sua particolare espressione presso
la Tomba dell'Apostolo, ribadirono di credere fermamente che l'onnipotenza e la
misericordia dell'unico Dio si sono manifestate soprattutto nell'Incarnazione
redentrice del Figlio di Dio, Figlio che è consostanziale al Padre nell'unità
dello Spirito Santo e che, in questa unità trinitaria, riceve in pienezza
gloria e onore. Questa — affermarono i Padri — è la nostra fede, questa è la
fede della Chiesa, questa è la fede di tutte le Chiese locali che, disseminate
sul continente africano, sono in cammino verso la casa di Dio.
Questa fede in Gesù Cristo fu manifestata in
modo costante, con forza e unanimità, negli interventi dei Padri del Sinodo
lungo l'intero svolgimento dell'Assemblea speciale. Forti di questa fede i
Vescovi dell'Africa affidarono il loro continente a Cristo Signore, convinti
che lui solo, col suo Vangelo e con la sua Chiesa, può salvare l'Africa dalle
attuali difficoltà e guarirla dai suoi numerosi mali.10
11. Al tempo stesso, in occasione
dell'apertura solenne dell'Assemblea speciale, i Vescovi dell'Africa
proclamarono pubblicamente la loro fede nell'« unica Chiesa di Cristo, che nel
simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica ».11 Questi attributi
indicano tratti essenziali della Chiesa e della sua missione. Essa « non se li
conferisce da se stessa; è Cristo che, per mezzo dello Spirito Santo, concede
alla sua Chiesa di essere una, santa, cattolica e apostolica, ed è ancora lui
che la chiama a realizzare ciascuna di queste caratteristiche ».12
Tutti coloro che hanno avuto il privilegio
di assistere alla celebrazione dell'Assemblea speciale per l'Africa si sono
rallegrati nel vedere che i cattolici africani vanno assumendo sempre più
responsabilità nelle loro Chiese locali e si sforzano di meglio comprendere
quel che significa essere cattolici ed insieme africani. La celebrazione
dell'Assemblea speciale ha manifestato al mondo intero che le Chiese locali
dell'Africa hanno un posto legittimo nella comunione della Chiesa, che esse
hanno il diritto di conservare e sviluppare « proprie tradizioni, rimanendo
integro il primato della Cattedra di Pietro, la quale presiede alla comunione
universale della carità, tutela le varietà legittime, e insieme veglia affinché
ciò che è particolare, non solo non nuoccia all'unità, ma piuttosto la serva
».13
Sinodo di risurrezione, Sinodo di
speranza
12. Per un singolare disegno della
Provvidenza, la solenne inaugurazione dell'Assemblea speciale per l'Africa del
Sinodo dei Vescovi ebbe luogo la seconda domenica di Pasqua, a conclusione cioè
dell'ottava di Pasqua. I Padri sinodali, riuniti quel giorno nella Basilica
Vaticana, erano ben consapevoli del fatto che la gioia della loro Chiesa
scaturiva dal medesimo evento che aveva colmato di letizia i cuori degli
Apostoli nel giorno di Pasqua: la risurrezione del Signore Gesù (cfr Lc 24,
40-41). Essi erano profondamente coscienti della presenza in mezzo a loro del
Signore risorto, che diceva loro come agli Apostoli: « Pace a voi! » (Gv
20, 21.26). Essi erano consapevoli della sua promessa di restare con la sua
Chiesa per sempre (cfr Mt 28, 20) e, quindi, anche durante l'intero
svolgimento dell'Assemblea sinodale. Il clima pasquale in cui l'Assemblea
speciale iniziò il suo lavoro, con i suoi componenti uniti nel celebrare la
loro fede in Cristo risorto, richiamava spontaneamente al mio spirito le parole
rivolte da Gesù all'apostolo Tommaso: « Beati quelli che pur non avendo visto
crederanno! » (Gv 20, 29).
13. È stato, in effetti, il Sinodo della
risurrezione e della speranza, come hanno dichiarato con gioia ed entusiasmo i
Padri sinodali nelle prime frasi del loro Messaggio indirizzato al
popolo di Dio. Sono parole che volentieri faccio mie: « Come Maria Maddalena la
mattina della Risurrezione, come i discepoli di Emmaus dal cuore ardente e
dall'intelligenza illuminata, l'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei
Vescovi proclama: Cristo nostra speranza è risuscitato. Ci ha raggiunti, ha
camminato con noi. Ha commentato per noi le Scritture ed ecco quello che ci
ha detto: "Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora
vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi" (Ap
1, 17-18) [...]. E come san Giovanni a Patmos, in tempi particolarmente
difficili, ha ricevuto profezie di speranza per il popolo di Dio, anche noi
annunciamo la speranza. In questo stesso momento in cui tanti odi fratricidi,
provocati da interessi politici, lacerano i nostri popoli, nel momento in cui
il peso del debito internazionale o della svalutazione li schiaccia, noi,
Vescovi dell'Africa, assieme a tutti i partecipanti a questo santo Sinodo,
uniti al Santo Padre e a tutti i nostri Fratelli nell'episcopato che ci hanno
eletti, vogliamo pronunciare una parola di speranza e di conforto nei tuoi
confronti, Famiglia di Dio che sei in Africa: nei tuoi confronti, Famiglia di
Dio sparsa nel mondo: Cristo nostra speranza è vivo, noi vivremo! ».14
14. Esorto tutto il popolo di Dio in Africa
ad accogliere con animo aperto il messaggio di speranza che gli è stato
indirizzato dall'Assembla sinodale. Durante le loro discussioni, i Padri del
Sinodo, pienamente consapevoli di esser portatori delle attese non soltanto dei
cattolici africani, ma anche di tutti gli uomini e di tutte le donne di quel
continente, hanno affrontato con chiarezza i molteplici mali che opprimono
l'Africa di oggi. Essi hanno esplorato tutta la complessità e l'estensione di
ciò che la Chiesa è chiamata a compiere per favorire l'auspicato cambiamento,
ma l'hanno fatto con un atteggiamento libero da pessimismo o da disperazione.
Nonostante il panorama prevalentemente negativo che oggi presentano numerose
regioni dell'Africa e malgrado le tristi esperienze che non pochi paesi
attraversano, la Chiesa ha il dovere di affermare con forza che è possibile
superare queste difficoltà. Essa deve rinvigorire in tutti gli Africani la
speranza in una vera liberazione. La sua fiducia è fondata, in ultima istanza,
sulla consapevolezza della promessa divina, la quale ci assicura che la nostra
storia non è chiusa in se stessa, ma è aperta al Regno di Dio. Ecco perché né
la disperazione né il pessimismo possono essere giustificati quando si pensa al
futuro sia dell'Africa che di ogni altra parte del mondo.
Collegialità affettiva ed effettiva
15. Prima di inoltrarmi nella trattazione
dei vari argomenti, vorrei rilevare come il Sinodo dei Vescovi costituisca uno
strumento quanto mai propizio per favorire la comunione ecclesiale. Quando,
verso la fine del Concilio Vaticano II, il Papa Paolo VI di v.m. istituì il
Sinodo, indicò chiaramente che una delle sue finalità essenziali sarebbe stata
quella di esprimere e promuovere, sotto la guida del Successore di Pietro, la
comunione reciproca dei Vescovi sparsi nel mondo.15 Il principio soggiacente
all'istituzione del Sinodo dei Vescovi è semplice: più è salda la comunione dei
Vescovi tra loro, più risulta arricchita la comunione della Chiesa stessa nel
suo insieme. La Chiesa in Africa è testimone della verità di queste parole,
perché ha fatto l'esperienza dell'entusiasmo e dei concreti risultati che hanno
accompagnato i preparativi dell'Assemblea del Sinodo dei Vescovi a lei
dedicata.
16. In occasione del mio primo incontro con
il Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, radunato in
vista dell'Assemblea speciale per l'Africa, indicai la ragione per la quale era
parso opportuno convocare questa Assemblea: la promozione di « una solidarietà
pastorale organica in tutto il territorio africano e nelle isole adiacenti ».16
Con questa espressione intendevo abbracciare gli scopi e gli obiettivi
principali verso i quali detta Assemblea avrebbe dovuto orientarsi. Per meglio
chiarire le mie aspettative, aggiunsi che le riflessioni in preparazione
dell'Assemblea avrebbero dovuto riguardare « tutti gli aspetti importanti della
vita della Chiesa in Africa, comprendendo, in particolare, l'evangelizzazione,
l'inculturazione, il dialogo, la cura pastorale in campo sociale e i mezzi di
comunicazione sociale ».17
17. Durante le mie visite pastorali in
Africa, mi sono riferito di frequente all'Assemblea speciale per l'Africa ed ai
principali obiettivi per i quali essa era stata convocata. Quando ho
partecipato, per la prima volta sul suolo africano, ad una riunione del
Consiglio del Sinodo, non ho mancato di sottolineare la mia convinzione che
un'Assemblea sinodale non può ridursi ad una consultazione su argomenti
pratici. La sua vera ragion d'essere sta nel fatto che la Chiesa non può
crescere se non rafforzando la comunione tra i suoi membri, a cominciare dai
suoi Pastori.18
Ogni Assemblea sinodale manifesta e sviluppa
la solidarietà tra i capi delle Chiese particolari nel compimento della loro
missione oltre i confini delle rispettive diocesi. Come ha insegnato il
Concilio Vaticano II, « i Vescovi, sia come legittimi successori degli Apostoli
sia come membri del collegio episcopale, sappiano essere sempre tra loro uniti
e dimostrarsi solleciti di tutte le Chiese; pensando che per divina
disposizione e comando del dovere apostolico ognuno di essi, insieme con gli
altri Vescovi, è garante della Chiesa ».19
18. Il tema che ho assegnato all'Assemblea
speciale — « La Chiesa in Africa e la sua missione evangelizzatrice verso
l'anno 2000: "Mi sarete testimoni" (At 1, 8) » — manifesta il
mio desiderio che questa Chiesa viva il tempo fino al Grande Giubileo come un «
nuovo Avvento », tempo di attesa e di preparazione. Considero infatti la
preparazione all'anno 2000 come una delle chiavi di interpretazione del mio
Pontificato.20
Le Assemblee sinodali che si sono succedute
nell'arco di quasi trent'anni — le Assemblee Generali e quelle Speciali
continentali, regionali o nazionali — si situano tutte in questa prospettiva di
preparazione del Grande Giubileo. Il fatto che l'evangelizzazione sia il tema
di tutte queste Assemblee sinodali sta ad indicare quanto viva sia oggi nella
Chiesa la coscienza della missione salvifica ricevuta da Cristo. Tale presa di
coscienza si manifesta con una particolare evidenza nelle Esortazioni
apostoliche post-sinodali dedicate all'evangelizzazione, alla catechesi, alla
famiglia, alla penitenza ed alla riconciliazione nella vita della Chiesa e
dell'intera umanità, alla vocazione e alla missione dei laici, alla formazione
dei presbiteri.
In piena comunione con la Chiesa
universale
19. Sin dall'inizio della preparazione
dell'Assemblea speciale è stato mio vivo desiderio, pienamente condiviso dal
Consiglio della Segreteria Generale, di far sì che questo Sinodo fosse
autenticamente africano, senza equivoci. Era al tempo stesso di fondamentale
importanza che l'Assemblea speciale fosse celebrata in piena comunione con
la Chiesa universale. In effetti, l'Assemblea ha sempre tenuto conto della
Chiesa universale. Reciprocamente, quando venne il momento di pubblicare i Lineamenta,
non mancai di invitare i miei Fratelli nell'episcopato e tutto il popolo di
Dio sparso per il mondo a ricordare nella preghiera l'Assemblea speciale per
l'Africa ed a sentirsi coinvolti nelle attività promosse in vista di tale
evento.
Questa Assemblea, come ho spesso avuto modo
di ribadire, riveste notevole importanza per la Chiesa universale, non
solamente a motivo dell'interesse che la sua convocazione ha suscitato
dappertutto, ma anche per la natura stessa della comunione ecclesiale che
trascende ogni frontiera di tempo e di spazio. Di fatto, l'Assemblea speciale
ha ispirato molte preghiere e buone opere, con le quali i singoli fedeli e le
comunità della Chiesa negli altri continenti hanno accompagnato lo svolgimento
del Sinodo. E come dubitare che, nel mistero della comunione ecclesiale, ad
esso siano venute in sostegno anche le preghiere dei santi nel Cielo?
Quando ho disposto che la prima fase dei
lavori dell'Assemblea speciale si tenesse a Roma, l'ho deciso per sottolineare
ancor più eloquentemente la comunione che lega la Chiesa che è in Africa con la
Chiesa universale, sì da evidenziare l'impegno di tutti i fedeli in
favore dell'Africa.
20. La solenne concelebrazione eucaristica
di apertura del Sinodo, che ho presieduto nella Basilica di san Pietro, ha
posto in rilievo l'universalità della Chiesa in modo meraviglioso e commovente.
Questa universalità, « che non è uniformità ma comunione di differenze
compatibili con il Vangelo »,21 è stata vissuta da tutti i Vescovi. Tutti
avevano consapevolezza di essere stati consacrati in quanto membri del corpo
episcopale che succede al Collegio degli Apostoli, non solo per una diocesi, ma
per la salvezza del mondo intero.22
Rendo grazie a Dio Onnipotente per
l'occasione che ci ha donato di sperimentare, grazie all'Assemblea speciale,
ciò che comporta un'autentica cattolicità. « In virtù di questa cattolicità, le
singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa ».23
Un messaggio pertinente e credibile
21. Secondo i Padri sinodali, la questione
principale che la Chiesa in Africa deve affrontare consiste nel descrivere con
tutta la chiarezza possibile ciò che essa è e ciò che deve realizzare in
pienezza, perché il suo messaggio sia pertinente e credibile.24 Tutte le
discussioni in Assemblea hanno fatto riferimento a tale esigenza veramente
essenziale e fondamentale, che è un'autentica sfida per la Chiesa in Africa.
È senz'altro vero « che lo Spirito Santo è
l'agente principale dell'evangelizzazione: è Lui che spinge ad annunciare il
Vangelo e che nell'intimo delle coscienze fa accogliere e comprendere la parola
della salvezza ».25 Ma, riaffermata questa verità, l'Assemblea speciale ha
voluto giustamente aggiungere che l'evangelizzazione è anche una missione che
il Signore Gesù ha affidato alla sua Chiesa sotto la guida e la potenza dello
Spirito. È necessaria la nostra cooperazione mediante la preghiera fervente,
una grande riflessione, adeguati progetti e la mobilitazione delle risorse.26
Il dibattito sinodale sul tema della pertinenza
e della credibilità del messaggio della Chiesa in Africa non poteva
non implicare una riflessione sulla credibilità stessa degli annunciatori di
tale messaggio. I Padri hanno affrontato la questione in modo diretto, con
profonda sincerità, aliena da ogni indulgenza. Di questo s'era già occupato il
Papa Paolo VI che, con parole memorabili, aveva ricordato: « Si ripete spesso,
oggi, che il nostro secolo ha sete di autenticità. Soprattutto a proposito dei
giovani, si afferma che hanno orrore del fittizio, del falso, e ricercano sopra
ogni cosa la verità e la trasparenza. Questi segni dei tempi dovrebbero
trovarci all'erta. Tacitamente o con alte grida, ma sempre con forza, ci
domandano: Credete veramente a quello che annunziate? Vivete quello che
credete? Predicate veramente quello che vivete? La testimonianza della vita è
divenuta più che mai una condizione essenziale per l'efficacia profonda della
predicazione. Per questo motivo, eccoci responsabili, fino ad un certo punto,
della riuscita del Vangelo che proclamiamo ».27
Ecco perché, in riferimento alla missione
evangelizzatrice della Chiesa nel campo della giustizia e della pace, io stesso
ho detto: « Oggi più che mai la Chiesa è cosciente che il suo messaggio sociale
troverà credibilità nella testimonianza delle opere, prima che nella sua
coerenza e logica interna ».28
22. Come non richiamare qui che l'ottava
Assemblea Plenaria dello S.C.E.A.M., tenutasi a Lagos, in Nigeria, nel 1987,
aveva già preso in considerazione con notevole chiarezza la questione della
credibilità e della pertinenza del messaggio della Chiesa in Africa? Quella
stessa Assemblea aveva dichiarato che la credibilità della Chiesa in Africa
dipendeva da Vescovi e sacerdoti capaci di dare, sulle orme di Cristo, la
testimonianza di una vita esemplare; da religiosi realmente fedeli, autentici
testimoni con il loro modo di vivere i consigli evangelici; da un laicato
dinamico, con genitori profondamente credenti, educatori coscienti delle loro
responsabilità, dirigenti politici animati da profondo senso morale.29
Famiglia di Dio in cammino sinodale
23. Rivolgendomi il 23 giugno 1989 ai Membri
del Consiglio della Segreteria Generale, insistei molto sulla partecipazione
dell'intero popolo di Dio, a tutti i livelli, specialmente in Africa, alla
preparazione dell'Assemblea speciale. « Se è ben preparata, dissi, la sessione
del Sinodo permetterà di coinvolgere tutti i settori della comunità cristiana:
singoli, piccole comunità, parrocchie, diocesi ed istituzioni locali, nazionali
ed internazionali ».30
Tra l'inizio del mio Pontificato e
l'inaugurazione dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, ho
potuto effettuare dieci Visite pastorali in Africa e in Madagascar,
raggiungendo trentasei nazioni. In occasione dei Viaggi apostolici successivi
alla convocazione dell'Assemblea speciale, il tema del Sinodo e quello della
necessità per tutti i fedeli di prepararsi all'Assemblea sinodale sono sempre
stati presenti in maniera preminente nei miei incontri con il popolo di Dio in
Africa. Ho anche approfittato delle visite ad limina dei Vescovi di quel
continente per sollecitare la collaborazione di tutti alla preparazione
dell'Assemblea speciale per l'Africa. In tre occasioni diverse, poi, ho tenuto,
insieme al Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo, sessioni di lavoro sul
suolo africano: a Yamoussoukro, in Costa d'Avorio (1990), a Luanda, in
Angola (1992) e a Kampala, in Uganda (1993), sempre in vista di chiamare gli
Africani a prendere parte attiva e corale alla preparazione dell'Assemblea
sinodale.
24. La presentazione, il 25 luglio 1990, dei
Lineamenta a Lomé, in Togo, in occasione della nona Assemblea generale
dello S.C.E.A.M., è stata senz'altro una tappa nuova e importante dell'iter
preparatorio all'Assemblea speciale. Si può ben dire che la pubblicazione dei Lineamenta
ha avviato decisamente i preparativi del Sinodo in tutte le Chiese
particolari dell'Africa. L'Assemblea dello S.C.E.A.M. a Lomé ha adottato una Preghiera
per l'Assemblea speciale ed ha chiesto che fosse recitata, sia in pubblico
che in privato, in tutte le parrocchie africane fino alla celebrazione del
Sinodo. Questa iniziativa dello S.C.E.A.M. è stata veramente felice e non è
passata inosservata nella Chiesa universale.
Per favorire, poi, la diffusione dei Lineamenta,
parecchie Conferenze episcopali e diocesi hanno tradotto il documento nella
loro lingua, come, per esempio, in swahili, arabo, malgascio ed altri idiomi. «
Pubblicazioni, conferenze e simposi sui temi del Sinodo sono stati organizzati
da diverse Conferenze episcopali, Istituti di teologia e seminari, Associazioni
di Istituti di vita consacrata, diocesi, alcuni importanti giornali e
periodici, singoli Vescovi e teologi ».31
25. Rendo vivamente grazie a Dio Onnipotente
per la cura attenta con cui sono stati redatti i Lineamenta e l'Instrumentum
laboris 32 del Sinodo. È stato un impegno affrontato e svolto da africani,
Vescovi ed esperti, a cominciare dalla Commissione antepreparatoria del Sinodo,
nel gennaio e nel marzo 1989. La Commissione fu poi rilevata dal Consiglio
della Segreteria Generale dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei
Vescovi, da me istituito il 20 giugno 1989.
Sono profondamente riconoscente, inoltre, al
gruppo di lavoro che ha così ben curato le liturgie eucaristiche per l'apertura
e la chiusura del Sinodo. Il gruppo, che contava tra i suoi membri teologi,
liturgisti ed esperti in canti e strumenti africani d'espressione liturgica, ha
voluto far sì, secondo il mio desiderio, che esse fossero segnate da un chiaro
carattere africano.
26. Ora devo aggiungere che la risposta
degli Africani al mio appello a partecipare alla preparazione del Sinodo è
stata veramente ammirevole. L'accoglienza riservata ai Lineamenta, sia
all'interno che al di fuori delle comunità ecclesiali africane, ha superato
largamente ogni previsione. Molte Chiese locali si sono servite dei Lineamenta
per mobilitare i fedeli e, fin d'ora, possiamo senz'altro dire che i frutti
del Sinodo cominciano a manifestarsi in un nuovo impegno e in una rinnovata
presa di coscienza dei cristiani d'Africa.33
Lungo le diverse fasi della preparazione
dell'Assemblea speciale, numerosi membri della Chiesa in Africa — clero,
religiosi, religiose, laici — si sono inseriti in maniera esemplare
nell'itinerario sinodale, « camminando insieme », mettendo ciascuno i propri
talenti al servizio della Chiesa e pregando insieme con fervore per il successo
del Sinodo. Più d'una volta gli stessi Padri del Sinodo hanno segnalato, nel
corso dell'Assemblea sinodale, che il loro lavoro veniva facilitato grazie
proprio alla « preparazione accurata e minuziosa di questo Sinodo, svoltasi con
il coinvolgimento attivo di tutta la Chiesa in Africa ad ogni livello ».34
Dio vuole salvare l'Africa
27. L'Apostolo dei Gentili ci dice che Dio «
vuole che tutti gli uomini siano salvati ed arrivino alla conoscenza della
verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini,
l'uomo Gesù Cristo, che ha dato se stesso in riscatto per tutti » (1 Tm 2,
4-6). Poiché Dio chiama tutti gli uomini ad un unico e medesimo destino, che è
divino, « dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di
venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale ».35 L'amore
redentore di Dio abbraccia l'intera umanità, ogni razza, tribù e nazione:
abbraccia quindi anche le popolazioni del continente africano. La Provvidenza
divina volle che l'Africa fosse presente durante la Passione di Cristo nella
persona di Simone di Cirene, costretto dai soldati romani ad aiutare il Signore
nel portare la Croce (cfr Mc 15, 21).
28. La liturgia della sesta domenica di
Pasqua del 1994, durante la solenne Celebrazione eucaristica per la conclusione
della Sessione di lavoro dell'Assemblea speciale, mi offrì l'occasione di
sviluppare una riflessione sul disegno salvifico di Dio nei confronti
dell'Africa. Una delle letture bibliche, tratta dagli Atti degli Apostoli,
rievocava un avvenimento che può essere considerato come il primo passo
nella missione della Chiesa verso i pagani: il racconto della visita fatta
da Pietro, sotto l'impulso dello Spirito Santo, alla casa di un pagano, il
centurione Cornelio. Fino a quel momento il Vangelo era stato proclamato
soprattutto tra gli ebrei. Dopo aver esitato non poco, Pietro, illuminato dallo
Spirito, decise di recarsi nella casa di un pagano. Arrivato colà, fu
gioiosamente sorpreso per il fatto che il centurione attendeva Cristo e il
Battesimo. Il libro degli Atti degli Apostoli riferisce: « I fedeli circoncisi,
che erano venuti con Pietro, si meravigliavano che anche sopra i pagani si
effondesse il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare lingue e
glorificare Dio » (10, 45-46).
In casa di Cornelio, in un certo senso, si
riprodusse il miracolo della Pentecoste. Pietro disse allora: « In verità sto
rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica
la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto [...]. Forse che
si può proibire che siano battezzati con l'acqua questi che hanno ricevuto lo
Spirito Santo al pari di noi? » (At 10, 34-35.47).
Cominciò così la missione della Chiesa ad
gentes, della quale Paolo di Tarso diventerà il principale araldo. I primi
missionari arrivati nel cuore dell?Africa hanno certamente conosciuto una
meraviglia simile a quella sperimentata dai cristiani dei tempi apostolici davanti
all'effusione dello Spirito Santo.
29. Il disegno di Dio per la salvezza
dell'Africa sta all'origine della diffusione della Chiesa nel continente
africano. Essendo tuttavia la Chiesa, secondo la volontà di Cristo, per sua
natura missionaria, ne segue che la Chiesa in Africa è chiamata ad assumere
essa stessa un ruolo attivo al servizio del progetto salvifico di Dio. Per
questo ho spesso detto che « la Chiesa in Africa è la Chiesa missionaria e di
missione ».36
L'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo
dei Vescovi ha avuto il compito di esaminare gli strumenti mediante i quali gli
Africani potranno meglio realizzare il mandato che il Signore risorto ha donato
ai suoi discepoli: « Andate, dunque, ed ammaestrate tutte le nazioni » (Mt
28, 19).
CAPITOLO
II
LA
CHIESA IN AFRICA
I. Breve storia dell'Evangelizzazione nel
Continente
30. Il giorno dell'apertura dell'Assemblea
speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, prima assise del genere nella storia,
i Padri sinodali hanno ricordato alcune delle meraviglie operate da Dio nel
corso dell'evangelizzazione dell'Africa. È una storia che risale all'epoca
della nascita stessa della Chiesa. La diffusione del Vangelo in Africa è
avvenuta in fasi diverse. I primi secoli del cristianesimo videro
l'evangelizzazione dell'Egitto e dell'Africa del Nord. Una seconda fase,
riguardante le regioni di quel continente situate al sud del Sahara, ha avuto
luogo nei secoli XV e XVI. Una terza fase, caratterizzata da uno sforzo
missionario straordinario, è iniziata nel XIX secolo.
Prima fase
31. In un messaggio ai Vescovi e a tutti i
popoli dell'Africa in ordine alla promozione del benessere materiale e
spirituale del continente, il mio venerato predecessore Paolo VI richiamò con
parole memorabili il glorioso splendore del passato cristiano dell'Africa. «
Pensiamo alle Chiese cristiane d'Africa, l'origine delle quali risale ai tempi
apostolici ed è legata, secondo la tradizione, al nome e all'insegnamento
dell'evangelista Marco. Pensiamo alla schiera innumerevole di santi, martiri,
confessori, vergini, che ad esse appartengono. In realtà, dal secolo II al
secolo IV la vita cristiana nelle regioni settentrionali dell'Africa fu
intensissima e all'avanguardia tanto nello studio teologico quanto nella
espressione letteraria. Balzano alla memoria i nomi dei grandi dottori e
scrittori, come Origene, sant'Atanasio, san Cirillo, luminari della Scuola
alessandrina, e, sull'altro lembo della sponda mediterranea africana,
Tertulliano, san Cipriano, e soprattutto sant'Agostino, una delle luci più
fulgenti della cristianità. Ricorderemo i grandi santi del deserto, Paolo,
Antonio, Pacomio, primi fondatori del monachesimo, diffusosi poi, sul loro
esempio, in Oriente e in Occidente. E, tra i tanti altri, non vogliamo omettere
il nome di san Frumenzio, chiamato Abba Salama, il quale, consacrato vescovo da
sant'Atanasio, fu l'apostolo dell'Etiopia ».37 Durante questi primi secoli
della Chiesa in Africa, anche alcune donne hanno reso la loro testimonianza a
Cristo. Tra esse è doverosa una menzione particolare delle sante Felicita e
Perpetua, di santa Monica e di santa Tecla.
« Questi luminosi esempi, come pure le
figure dei santi Papi africani Vittore I, Melchiade e Gelasio I, appartengono
al patrimonio comune della Chiesa, e gli scritti degli autori cristiani
d'Africa ancor oggi sono fondamentali per approfondire, alla luce della Parola
di Dio, la storia della salvezza. Nel ricordo delle antiche glorie dell'Africa
cristiana, noi desideriamo esprimere il nostro profondo rispetto per le Chiese
con le quali non siamo in piena comunione: la Chiesa greca del Patriarcato di
Alessandria, la Chiesa copta dell'Egitto e la Chiesa etiopica, che hanno in
comune con la Chiesa cattolica l'origine e l'eredità dottrinale e spirituale
dei grandi Padri e Santi, non soltanto della loro terra, ma di tutta la Chiesa
antica. Esse hanno molto operato e sofferto per mantenere vivo il nome
cristiano in Africa attraverso le vicende dei tempi ».38 Tali Chiese recano
ancora oggi la testimonianza della vitalità cristiana che esse attingono dalle
loro radici apostoliche, particolarmente in Egitto e in Etiopia e, fino al XVII
secolo, in Nubia. Sul resto del continente cominciava allora un'altra tappa
dell'evangelizzazione.
Seconda fase
32. Nei secoli XV e XVI, l'esplorazione
della costa africana da parte dei portoghesi fu ben presto accompagnata
dall'evangelizzazione delle regioni dell'Africa situate a sud del Sahara. Tale
sforzo riguardava, tra altre zone, le regioni dell'attuale Benin, di São Tomé,
dell'Angola, del Mozambico e del Madagascar.
Il 7 giugno 1992, domenica di Pentecoste, in
occasione della commemorazione dei 500 anni dell'evangelizzazione dell'Angola,
a Luanda, ebbi a dire tra l'altro: « Gli Atti degli Apostoli indicano con il
loro nome gli abitanti di diversi luoghi che presero direttamente parte alla
nascita della Chiesa ad opera del soffio dello Spirito Santo. Ecco ciò che
tutti dicevano: "Li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere
di Dio" (At 2, 11). Cinquecento anni fa, a questo coro di lingue si
sono aggiunti i popoli dell'Angola. In quel momento, nella vostra Patria
africana, si è rinnovata la Pentecoste di Gerusalemme. I vostri antenati
udirono il messaggio della Buona Novella, che è la lingua dello Spirito. I loro
cuori accolsero per la prima volta questa parola ed essi chinarono il capo
nell'acqua del fonte battesimale, in cui l'uomo, ad opera dello Spirito Santo,
muore insieme a Cristo crocifisso e rinasce a nuova vita nella sua risurrezione
[...]. Fu certamente lo stesso Spirito a spingere quegli uomini di fede, i
primi missionari, che nel 1491 approdarono alla foce del fiume Zaire, a Pinda,
dando inizio ad una vera e propria epopea missionaria. Fu ancora lo Spirito
Santo, operante a modo suo nel cuore degli uomini, che spinse il grande re del
Congo Nzinga-a-Nkuwu a sollecitare la venuta di missionari per annunciare il
Vangelo. Fu lo Spirito Santo che sostenne la vita di quei quattro primi
cristiani angolani che, di ritorno dall'Europa, testimoniarono il valore della
fede cristiana. Dopo i primi missionari, molti altri vennero dal Portogallo e
da altri paesi europei per continuare, ampliare e consolidare l'opera
iniziata».39
Un certo numero di sedi episcopali fu eretto
durante tale periodo, e una delle primizie di questo impegno missionario fu la
consacrazione a Roma, nel 1518, da parte di Leone X, di Don Enrico, figlio di
Don Alfonso I, re del Congo, come vescovo titolare di Utica. Don Enrico diventò
così il primo vescovo autoctono dell'Africa nera.
Fu in quel periodo, esattamente nell'anno
1622, che il mio predecessore Gregorio XV eresse stabilmente la Congregazione De
Propaganda Fide con lo scopo di meglio organizzare e sviluppare le
missioni.
A causa di difficoltà di vario genere, la
seconda fase dell'evangelizzazione dell'Africa si concluse nel XVIII secolo con
l'estinzione di pressoché tutte le missioni nelle regioni situate a sud del
Sahara.
Terza fase
33. La terza fase di evangelizzazione
sistematica dell'Africa cominciò nel XIX secolo, periodo caratterizzato da uno
sforzo straordinario, promosso dai grandi apostoli e animatori della missione
africana. Fu un periodo di rapida crescita, come mostrano chiaramente le
statistiche presentate all'Assemblea sinodale dalla Congregazione per l'Evangelizzazione
dei Popoli.40 L'Africa ha risposto molto generosamente alla chiamata di Cristo.
In questi ultimi decenni numerosi paesi africani hanno celebrato il primo
centenario dell'inizio della loro evangelizzazione. Veramente la crescita della
Chiesa in Africa, da cent'anni a questa parte, costituisce una meraviglia della
grazia di Dio.
La gloria e lo splendore del periodo
contemporaneo dell'evangelizzazione in Africa sono illustrati in modo mirabile
dai santi che l'Africa moderna ha donato alla Chiesa. Papa Paolo VI ebbe modo
di esprimere con eloquenza questa realtà quando canonizzò i martiri dell'Uganda
nella Basilica di San Pietro, in occasione della Giornata Missionaria Mondiale
del 1964: « Questi martiri africani aggiungono all'albo dei vittoriosi, qual è
il Martirologio, una pagina tragica e magnifica, veramente degna di aggiungersi
a quelle meravigliose dell'Africa antica [...]. L'Africa, bagnata dal sangue di
questi Martiri, primi dell'èra nuova (oh, Dio voglia che siano gli ultimi,
tanto il loro olocausto è grande e prezioso!), risorge libera e redenta ».41
34. La lista dei santi che l'Africa dona
alla Chiesa, lista che è il suo più grande titolo di onore, continua ad
allungarsi. Come potremmo non menzionare, tra i più recenti, Clementina Anwarite,
vergine e martire dello Zaire, che ho beatificato in terra africana nel 1985,
Vittoria Rasoamanarivo, del Madagascar e Giuseppina Bakhita, del Sudan,
beatificate anch'esse durante il mio Pontificato? E come non ricordare il beato
Isidoro Bakanja, martire dello Zaire, che ho avuto il privilegio di elevare
all'onore degli altari durante l'Assemblea speciale per l'Africa?
« Altre cause stanno maturando. La Chiesa
in Africa deve provvedere a redigere il suo proprio Martirologio, aggiungendo
alle magnifiche figure dei primi secoli [...] i martiri e i santi degli ultimi
tempi ».42
Di fronte alla formidabile crescita della
Chiesa in Africa durante gli ultimi cent'anni, di fronte ai frutti di santità
che sono stati ottenuti, non vi è che un'unica spiegazione possibile: tutto ciò
è dono di Dio, poiché nessuno sforzo umano avrebbe potuto compiere una simile
opera in un periodo relativamente così breve. Tuttavia, non c'è posto per un
trionfalismo umano. Facendo memoria dello splendore glorioso della Chiesa in
Africa, i Padri sinodali hanno voluto soltanto celebrare le meraviglie compiute
da Dio per la liberazione e la salvezza dell'Africa.
« Ecco l'opera del Signore,
una meraviglia ai nostri occhi » (Sal 118 [117], 23).
« Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome » (Lc 1, 49).
Omaggio ai missionari
35. La splendida crescita e le realizzazioni
della Chiesa in Africa sono dovute in gran parte all'eroica e disinteressata
dedizione di generazioni di missionari. Ciò è da tutti riconosciuto. La terra
benedetta dell'Africa è, in effetti, disseminata di tombe di valorosi araldi
del Vangelo.
Quando i Vescovi dell'Africa si sono
incontrati a Roma per l'Assemblea speciale, erano ben consapevoli del debito di
riconoscenza che il loro continente ha verso i suoi antenati nella fede.
Nel discorso rivolto alla prima Assemblea
dello S.C.E.A.M. a Kampala, il 31 luglio 1969, Papa Paolo VI fece riferimento a
questo debito di riconoscenza: « Voi Africani siete oramai i missionari di voi
stessi. La Chiesa di Cristo è davvero piantata in questa terra benedetta (cfr
Decr. Ad gentes, 6). Un dovere dobbiamo noi compiere: noi dobbiamo
ricordare coloro che hanno in Africa, prima di voi ed ancora oggi con voi,
predicato il Vangelo, come ci ammonisce la Sacra Scrittura: "Ricordatevi
dei vostri predecessori, che vi hanno annunciato la parola di Dio, e
considerando la fine della loro vita, imitate la loro fede" (Eb 13,
7). È una storia che non dobbiamo dimenticare. Essa conferisce alla Chiesa
locale la nota della sua autenticità e della sua nobiltà, la nota
"apostolica"; essa è un dramma di carità, di eroismo, di sacrificio,
che fa grande e santa, fin dall'origine, la Chiesa africana ».43
36. L'Assemblea speciale ha degnamente
assolto questo debito di riconoscenza in occasione della sua prima
Congregazione generale, quando ha dichiarato: « È il caso qui di rendere un
vibrante omaggio ai missionari, uomini e donne di tutti gli Istituti
religiosi e secolari, e a tutti i paesi che, nel corso dei 2000 anni circa di
evangelizzazione del continente africano [...] si sono dedicati intensamente a
trasmettere la fiamma della fede cristiana [...]. Ecco perché noi, felici eredi
di questa meravigliosa avventura, vogliamo rendere grazie a Dio in questa
solenne circostanza ».44
Nel Messaggio al popolo di Dio i
Padri sinodali hanno rinnovato con vigore l'omaggio ai missionari, ma non hanno
dimenticato di rendere omaggio ai figli ed alle figlie dell'Africa,
specialmente ai catechisti ed agli interpreti, che hanno collaborato con
loro.45
37. È grazie alla grande epopea missionaria,
di cui il continente africano è stato teatro particolarmente durante gli ultimi
due secoli, che abbiamo potuto incontrarci a Roma per celebrare l'Assemblea
speciale per l'Africa. Il seme a suo tempo sparso ha recato frutti abbondanti.
I miei Fratelli nell'episcopato, figli dei popoli dell'Africa, ne sono
eloquenti testimoni. Insieme con i loro presbiteri, essi portano ormai sulle
spalle gran parte del lavoro dell'evangelizzazione. L'attestano anche i
numerosi figli e figlie dell'Africa che aderiscono alle antiche Congregazioni
missionarie o che entrano nei nuovi Istituti nati in terra africana,
raccogliendo nelle loro mani la fiaccola della consacrazione totale al servizio
di Dio e del Vangelo.
Radicamento e crescita della Chiesa
38. Il fatto che nell'arco di quasi due
secoli il numero dei cattolici in Africa sia rapidamente cresciuto costituisce
di per sé un risultato notevole sotto ogni punto di vista. Confermano, in
particolare, il consolidamento della Chiesa nel continente elementi quali il
sensibile e rapido aumento del numero delle circoscrizioni ecclesiastiche, la
crescita del clero autoctono, dei seminaristi e dei candidati negli Istituti di
vita consacrata, la progressiva estensione della rete dei catechisti, il cui
contributo alla diffusione del Vangelo fra le popolazioni africane è a tutti
ben noto. Di fondamentale rilievo è, infine, l'alta percentuale di Vescovi
nativi, che compongono ormai la Gerarchia nel continente.
I Padri sinodali hanno preso atto di numerosi
passi assai significativi compiuti dalla Chiesa in Africa nei campi
dell'inculturazione e del dialogo ecumenico.46 Le notevoli e meritorie
realizzazioni nel campo dell'educazione sono universalmente riconosciute.
Anche se i cattolici costituiscono solo il
quattordici per cento della popolazione africana, le istituzioni cattoliche nel
campo della sanità rappresentano il diciassette per cento dell'insieme delle
strutture sanitarie di tutto il continente.
Le iniziative intraprese con coraggio dalle
giovani Chiese dell'Africa per portare il Vangelo « fino agli estremi confini
della terra » (At 1, 8) sono sicuramente degne di nota. Gli Istituti
missionari sorti in Africa si sono numericamente accresciuti ed hanno iniziato
a fornire missionari non solo per i paesi del continente, ma anche per altre
regioni della terra. Sacerdoti diocesani d'Africa, il cui numero sta lentamente
crescendo, cominciano a rendersi disponibili, per periodi limitati, come
presbiteri fidei donum, in altre diocesi, povere di personale, nella
loro nazione o altrove. Le province africane degli Istituti religiosi di
diritto pontificio, sia maschili che femminili, hanno anch'esse visto aumentare
i loro membri. In tal modo la Chiesa si pone al servizio dei popoli africani;
essa accetta inoltre di essere coinvolta nello « scambio di doni » con altre
Chiese particolari nell'ambito dell'intero popolo di Dio. Tutto questo
manifesta, in modo tangibile, la maturità raggiunta dalla Chiesa in Africa: è
questo che ha reso possibile la celebrazione dell'Assemblea speciale del Sinodo
dei Vescovi.
Che cosa è diventata l'Africa?
39. Poco meno di trent'anni fa, non pochi
paesi africani si rendevano indipendenti rispetto alle potenze coloniali.
Questo ha suscitato grandi attese per quanto riguarda lo sviluppo politico,
economico, sociale e culturale dei popoli africani. Benché « in alcuni paesi la
situazione interna, purtroppo, non si sia ancora consolidata, e la violenza
abbia avuto o abbia ancora talvolta il sopravvento, ciò non può dar luogo ad
una condanna generale che coinvolga tutto un popolo o tutta una nazione o,
peggio ancora, tutto un continente ».47
40. Ma qual è la situazione reale d'insieme
del continente africano oggi, specialmente dal punto di vista della missione
evangelizzatrice della Chiesa? I Padri sinodali, in proposito, si sono posti
innanzitutto una domanda: « In un continente saturo di cattive notizie, in che
modo il messaggio cristiano costituisce una "buona novella" per il
nostro popolo? In mezzo ad una disperazione che invade ogni cosa, dove sono la
speranza e l'ottimismo che il Vangelo reca con sé? L'evangelizzazione promuove
molti di quei valori essenziali che tanto mancano al nostro continente:
speranza, pace, gioia, armonia, amore e unità ».48
Dopo aver sottolineato, giustamente, che
l'Africa è un immenso continente con situazioni molto diverse e che occorre per
questo evitare di generalizzare sia nel valutare problemi che nel suggerire
soluzioni, l'Assemblea sinodale ha dovuto con dolore rilevare: « Una situazione
comune è, senza dubbio, il fatto che l'Africa sia piena di problemi: in quasi
tutte le nostre nazioni c'è una miseria spaventosa, cattiva amministrazione
delle scarse risorse disponibili, instabilità politica e disorientamento
sociale. Il risultato è sotto i nostri occhi: squallore, guerre, disperazione.
In un mondo controllato dalle nazioni ricche e potenti, l'Africa è praticamente
divenuta un'appendice senza importanza, spesso dimenticata e trascurata da
tutti ».49
41. Per molti Padri sinodali l'Africa di
oggi può essere paragonata a quell'uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico;
egli cadde nelle mani dei briganti che lo spogliarono, lo percossero e se ne
andarono lasciandolo mezzo morto (cfr Lc 10, 30-37). L'Africa è un
continente in cui innumerevoli esseri umani — uomini e donne, bambini e giovani
— sono distesi, in qualche modo, sul bordo della strada, malati, feriti,
impotenti, emarginati e abbandonati. Essi hanno un bisogno estremo di buoni
Samaritani che vengano loro in aiuto.
Da parte mia, auspico che la Chiesa continui
pazientemente ed instancabilmente la sua opera di buon Samaritano. In effetti
per un lungo periodo regimi, oggi scomparsi, hanno posto a dura prova gli
Africani ed hanno indebolito la loro capacità di reazione: l'uomo ferito deve
ritrovare tutte le risorse della propria umanità. I figli e le figlie
dell'Africa hanno bisogno di presenza comprensiva e di sollecitudine pastorale.
Occorre aiutarli a raccogliere le proprie energie, per porle al servizio del
bene comune.
Valori positivi della cultura africana
42. L'Africa, malgrado le sue grandi
ricchezze naturali, permane in una situazione economica di povertà. Essa
possiede, tuttavia, una molteplice varietà di valori culturali e di
inestimabili qualità umane, che può offrire alle Chiese e all'intera umanità. I
Padri sinodali hanno posto in evidenza alcuni di tali valori culturali, che
certamente costituiscono una preparazione provvidenziale alla trasmissione del
Vangelo; sono valori che possono favorire un'evoluzione positiva della
drammatica situazione del continente, ed avviare quella ripresa globale da cui
dipende l'auspicato sviluppo delle singole nazioni.
Gli Africani hanno un profondo senso
religioso, il senso del sacro, il senso dell'esistenza di Dio creatore e di un
mondo spirituale. La realtà del peccato nelle sue forme individuali e sociali è
assai presente alla coscienza di quei popoli, e sentito è pure il bisogno di
riti di purificazione e di espiazione.
43. Nella cultura e nella tradizione
africane, il ruolo della famiglia è universalmente considerato come
fondamentale. Aperto a questo senso della famiglia, dell'amore e del rispetto
della vita, l'Africano ama i figli, che sono accolti gioiosamente come un dono
di Dio. « I figli e le figlie dell'Africa amano la vita. È proprio
l'amore per la vita a comandare loro di attribuire così grande importanza alla
venerazione degli avi. Credono istintivamente che quei morti continuino a
vivere e rimangono in comunione con loro. Non è questa, in qualche modo, una
preparazione alla fede nella comunione dei santi? I popoli dell'Africa
rispettano la vita che viene concepita e nasce. Gioiscono di questa vita.
Rifiutano l'idea che possa essere annientata, anche quando a ciò vorrebbero
indurli le cosiddette "civiltà progressiste". E le pratiche ostili
alla vita vengono loro imposte per mezzo di sistemi economici al servizio
dell'egoismo dei ricchi ».50 Gli Africani manifestano rispetto per la vita fino
al suo termine naturale e riservano in seno alla famiglia un posto agli anziani
e ai parenti.
Le culture africane hanno un senso acuto
della solidarietà e della vita comunitaria. Non si concepisce in Africa una
festa che non venga condivisa con l'intero villaggio. Di fatto, la vita
comunitaria nelle società africane è espressione della famiglia allargata. Con
ardente desiderio prego e chiedo di pregare perché l'Africa conservi sempre
tale preziosa eredità culturale e perché mai soccomba alla tentazione
dell'individualismo, così estraneo alle sue migliori tradizioni.
Alcune opzioni dei popoli africani
44. Anche se non vanno affatto minimizzati
gli aspetti tragici della situazione africana più sopra evocati, vale la pena
di ricordare qui talune realizzazioni positive dei popoli del continente che
meritano di essere lodate e incoraggiate. I Padri sinodali nel loro Messaggio
al popolo di Dio hanno, ad esempio, ricordato con gioia l'avvio del
processo democratico in tanti paesi africani, ed hanno auspicato che esso si
consolidi e siano prontamente rimossi gli ostacoli e le resistenze allo Stato
di diritto, grazie alla collaborazione di tutti i protagonisti ed al loro senso
del bene comune.51
I « venti di cambiamento » soffiano con
vigore in molti luoghi del continente, e il popolo chiede con sempre maggiore
insistenza il riconoscimento e la promozione dei diritti e delle libertà
dell'uomo. Al riguardo, rilevo con soddisfazione che la Chiesa in Africa,
fedele alla sua vocazione, si colloca con decisione al fianco degli oppressi,
dei popoli senza voce ed emarginati. L'incoraggio fermamente a continuare nel
rendere tale testimonianza. L'opzione preferenziale per i poveri è « una
forma speciale di primato nell'esercizio della carità cristiana, testimoniata
da tutta la tradizione della Chiesa [...]. La preoccupazione stimolante verso i
poveri — i quali, secondo la significativa formula, sono i « poveri del Signore
» — deve tradursi, a tutti i livelli, in atti concreti e giungere con decisione
a una serie di necessarie riforme ».52
45. Nonostante la povertà e i pochi mezzi a
disposizione, la Chiesa in Africa riveste un ruolo di primo piano in ciò che
concerne lo sviluppo umano integrale; le sue notevoli realizzazioni in questo
campo sono spesso riconosciute dai governi e dagli esperti internazionali.
L'Assemblea speciale per l'Africa ha
espresso profonda riconoscenza verso « tutti i cristiani e tutti gli uomini di
buona volontà che lavorano nel campo dell'assistenza e della promozione umana
con la nostra Caritas o con le nostre organizzazioni per lo sviluppo
».53 L'assistenza che essi, come buoni Samaritani, danno alle vittime africane
delle guerre e delle catastrofi, ai rifugiati ed ai profughi, merita
ammirazione, riconoscenza e sostegno da parte di tutti.
Ritengo doveroso manifestare un vivo
ringraziamento alla Chiesa in Africa per il ruolo che essa ha svolto, nel corso
degli anni, a favore della pace e della riconciliazione in non poche situazioni
di conflitto, di sconvolgimento politico o di guerra civile.
II. Problemi attuali della Chiesa in
Africa
46. I Vescovi d'Africa si trovano di fronte
a due quesiti di fondo: come deve la Chiesa portare avanti la sua missione
evangelizzatrice all'approssimarsi dell'anno 2000? Come i cristiani africani
potranno divenire testimoni sempre più fedeli del Signore Gesù? Per offrire a
tali quesiti adeguate risposte i Vescovi, prima e durante l'Assemblea speciale,
hanno passato in rassegna le principali sfide alle quali la comunità ecclesiale
africana deve oggi far fronte.
Evangelizzazione in profondità
47. Il primo, fondamentale dato rilevato dai
Padri sinodali è la sete di Dio dei popoli africani. Per non mandare delusa una
simile attesa, i membri della Chiesa devono anzitutto approfondire la loro
fede.54 In effetti, proprio perché evangelizzatrice, la Chiesa deve cominciare
« con l'evangelizzare se stessa ».55 Occorre che essa raccolga la sfida contenuta
in « questo tema della Chiesa che si evangelizza mediante una conversione e un
rinnovamento costanti, per evangelizzare il mondo con credibilità ».56
Il Sinodo ha preso atto dell'urgenza di
proclamare in Africa la Buona Novella a milioni di persone non ancora
evangelizzate. La Chiesa sicuramente rispetta e stima le religioni non
cristiane professate da numerosissime persone sul continente africano, perché
esse costituiscono l'espressione vivente dell'anima di larghi settori della
popolazione, tuttavia « né il rispetto e la stima verso queste religioni, né la
complessità dei problemi sollevati costituiscono per la Chiesa un invito a
tacere l'annuncio di Cristo di fronte ai non cristiani. Al contrario, essa
pensa che queste moltitudini hanno il diritto di conoscere la ricchezza del
mistero di Cristo (cfr Ef 3, 8), nella quale noi crediamo che tutta
l'umanità può trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca
a tentoni su Dio, sull'uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla
verità ».57
48. I Padri sinodali affermano con ragione
che « un interesse profondo per un'inculturazione vera ed equilibrata del
Vangelo si rivela necessario per evitare la confusione e l'alienazione nella
nostra società, sottoposta ad una rapida evoluzione ».58 Visitando il Malawi,
io stesso ebbi modo di dire: « Io vi lancio una sfida oggi, una sfida
che consiste nel rigettare un modo di vivere che non corrisponde al meglio
delle vostre tradizioni locali e della fede cristiana. Molte persone in Africa
guardano al di là dell'Africa, verso la cosiddetta "libertà del modo di
vivere moderno". Oggi io vi raccomando caldamente di guardare in voi
stessi. Guardate alle ricchezze delle vostre tradizioni, guardate alla fede che
abbiamo celebrato in questa assemblea. Là voi troverete la vera libertà, là
troverete il Cristo che vi condurrà alla verità ».59
Superamento delle divisioni
49. Un'altra sfida evidenziata dai Padri
sinodali riguarda le diverse forme di divisione che occorre comporre grazie ad
una sincera pratica del dialogo.60 È stato a ragione rilevato che, all'interno
delle frontiere ereditate dalle potenze coloniali, la coesistenza di gruppi
etnici, di tradizioni, di lingue ed anche di religioni diverse incontra spesso
ostacoli dovuti a gravi ostilità reciproche. « Le opposizioni tribali mettono
a volte in pericolo se non la pace, almeno il perseguimento del bene comune
della società nel suo insieme, e creano anche difficoltà alla vita delle Chiese
e all'accoglienza dei Pastori di altre etnie ».61 Ecco perché la Chiesa in
Africa si sente interpellata dal preciso compito di ridurre tali fratture.
Anche da questo punto di vista l'Assemblea speciale ha sottolineato
l'importanza del dialogo ecumenico con le altre Chiese e Comunità ecclesiali,
come pure del dialogo con la religione tradizionale africana e con l'Islam. I
Padri si sono domandati, inoltre, con quali mezzi si possa raggiungere tale
meta.
Matrimonio e vocazioni
50. Una sfida importante, sottolineata quasi
unanimemente dalle Conferenze episcopali d'Africa nelle risposte ai Lineamenta,
concerne il Matrimonio cristiano e la vita familiare.62 La posta in gioco è
altissima: infatti « il futuro del mondo e della Chiesa passa attraverso la
famiglia ».63
Un altro fondamentale compito che
l'Assemblea speciale ha posto in evidenza è costituito dalla cura delle
vocazioni al sacerdozio ed alla vita consacrata: occorre discernerle con
saggezza, farle accompagnare da formatori capaci, controllare la qualità della
formazione di fatto offerta. Dalla sollecitudine posta nella soluzione di
questo problema dipende l'avverarsi della speranza di una fioritura di
vocazioni missionarie africane, quale è richiesta dall'annunzio del Vangelo in
ogni parte del continente ed anche oltre i suoi confini.
Difficoltà socio-politiche
51. « In Africa, la necessità di applicare
il Vangelo alla vita concreta è fortemente sentita. Come si potrebbe annunciare
Cristo in quell'immenso continente, dimenticando che esso coincide con una
delle aree più povere del mondo? Come non tener conto della storia intrisa di
sofferenze di una terra dove molte nazioni sono tuttora alle prese con la fame,
la guerra, le tensioni razziali e tribali, l'instabilità politica e la
violazione dei diritti umani? Tutto ciò costituisce una sfida
all'evangelizzazione ».64
Tutti i documenti preparatori, come anche le
discussioni durante lo svolgimento dell'Assemblea, hanno messo ampiamente in
evidenza il fatto che questioni come la povertà crescente in Africa,
l'urbanizzazione, il debito internazionale, il commercio delle armi, il
problema dei rifugiati e dei profughi, i problemi demografici e le minacce che
pesano sulla famiglia, l'emancipazione delle donne, la propagazione dell'AIDS,
la sopravvivenza in alcuni luoghi della pratica della schiavitù,
l'etnocentrismo e le opposizioni tribali, fanno parte delle sfide fondamentali
esaminate dal Sinodo.
Invadenza dei mass-media
52. Infine, l'Assemblea speciale si è
preoccupata dei mezzi di comunicazione sociale, questione di enorme importanza
poiché si tratta, al tempo stesso, di strumenti di evangelizzazione e di mezzi
di diffusione di una nuova cultura che ha bisogno di essere evangelizzata.65 I
Padri sinodali sono stati, così, messi di fronte al triste fatto che « i paesi
in via di sviluppo, più che trasformarsi in nazioni autonome, preoccupate del
proprio cammino verso la giusta partecipazione ai beni ed ai servizi destinati
a tutti, diventano pezzi di un meccanismo, parti di un ingranaggio gigantesco.
Ciò si verifica spesso anche nel campo dei mezzi di comunicazione sociale, i
quali, essendo per lo più gestiti da centri nella parte Nord del mondo, non
tengono sempre nella dovuta considerazione le priorità e i problemi propri di
questi paesi né rispettano la loro fisionomia culturale, ma anzi, non di rado,
essi impongono una visione distorta della vita e dell'uomo, e così non
rispondono alle esigenze del vero sviluppo ».66
III. Formazione degli operatori
dell'Evangelizzazione
53. Con quali risorse la Chiesa in Africa
riuscirà a rilevare le sfide appena menzionate? « La più importante, dopo la
grazia di Cristo, è evidentemente quella del popolo. Il popolo di Dio — inteso
nel senso teologico della Lumen gentium, questo popolo che comprende i
membri del Corpo di Cristo nella sua totalità — ha ricevuto il mandato, che è
allo stesso tempo un onore e un dovere, di proclamare il messaggio evangelico
[...]. La comunità intera ha bisogno di essere preparata, motivata e rafforzata
per l'evangelizzazione, ognuno secondo il proprio ruolo specifico all'interno
della Chiesa ».67 Per questo il Sinodo ha messo fortemente l'accento sulla
formazione degli operatori dell'evangelizzazione in Africa. Ho già ricordato la
necessità di una formazione appropriata dei candidati al sacerdozio e di quelli
che sono chiamati alla vita consacrata. L'Assemblea ha ugualmente prestato
dovuta attenzione alla formazione dei fedeli laici, ben riconoscendone il ruolo
insostituibile nell'evangelizzazione dell'Africa. In particolare, si è messo
l'accento, giustamente, sulla formazione dei catechisti laici.
54. Un'ultima domanda s'impone: la Chiesa in
Africa ha formato sufficientemente i laici ad assumere con competenza le loro
responsabilità civili ed a considerare i problemi d'ordine socio-politico alla
luce del Vangelo e della fede in Dio? È questo sicuramente un compito che
interpella i cristiani; esercitare sul tessuto sociale un influsso volto a
trasformare non soltanto le mentalità, ma le stesse strutture della società in
modo che vi si rispecchino meglio i disegni di Dio sulla famiglia umana.
Proprio per questo ho auspicato per i laici una formazione completa che li
aiuti a condurre una vita pienamente coerente. La fede, la speranza e la carità
non possono non orientare il comportamento dell'autentico discepolo di Cristo in
ogni sua attività, situazione e responsabilità. Giacché « evangelizzare per la
Chiesa è portare la Buona Novella in tutti gli strati dell'umanità e, con il
suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa »,68 i
cristiani devono essere formati a vivere le implicazioni sociali del Vangelo in
modo che la loro testimonianza divenga una sfida profetica nei confronti di
tutto ciò che nuoce al vero bene degli uomini e delle donne dell'Africa, come
di ogni altro continente.
CAPITOLO
III
EVANGELIZZAZIONE
E INCULTURAZIONE
Missione della Chiesa
55. « Andate in tutto il mondo e predicate
il Vangelo ad ogni creatura » (Mc 16, 15). Tale è il mandato che, prima
di salire al Padre, Cristo risorto lasciò agli Apostoli: « Allora essi
partirono e predicarono dappertutto » (Mc 16, 20).
« Il mandato di evangelizzare tutti gli
uomini costituisce la missione essenziale della Chiesa [...]. Evangelizzare è la
grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda.
Essa esiste per evangelizzare ».69 Nata dall'azione evangelizzatrice di
Gesù e dei Dodici, essa è a sua volta inviata, « depositaria della Buona
Novella che si deve annunziare [...]. La Chiesa comincia con l'evangelizzare se
stessa ». In seguito, « la Chiesa, a sua volta, invia gli evangelizzatori.
Mette nella loro bocca la parola che salva ».70 Come l'Apostolo dei Gentili, la
Chiesa può dire: « Predicare il Vangelo è per me un dovere: guai a me se non
predicassi il Vangelo! » (1 Cor 9, 16).
La Chiesa annuncia la Buona Novella non solamente
attraverso la proclamazione della parola che ha ricevuto dal Signore, ma
anche mediante la testimonianza della vita, grazie alla quale i
discepoli di Cristo rendono ragione della fede, della speranza e dell'amore che
sono in essi (cfr 1 Pt 3, 15).
Questa testimonianza che il cristiano rende
a Cristo e al Vangelo può condurre fino al sacrificio supremo: il martirio (cfr
Mc 8, 35). La Chiesa e il cristiano, infatti, annunciano Colui che è «
segno di contraddizione » (Lc 2, 34). Proclamano « un Cristo crocifisso,
scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani » (1 Cor 1, 23). Come ho
avuto modo di dire più sopra, oltre agli illustri martiri dei primi secoli,
l'Africa può gloriarsi dei suoi martiri e santi dell'epoca moderna.
L'evangelizzazione ha per scopo di «
trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa ».71 Nell'unico
Figlio e attraverso di Lui, saranno rinnovati i rapporti degli uomini con Dio,
con gli altri uomini, con la creazione tutta intera. Per questo l'annuncio del
Vangelo può contribuire all'interiore trasformazione di tutte le persone di
buona volontà che hanno il cuore aperto all'azione dello Spirito Santo.
56. Testimoniare il Vangelo con le parole e
con gli atti: ecco la consegna che l'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo
dei Vescovi ha ricevuto e che trasmette ora alla Chiesa del continente. « Mi
sarete testimoni » (At 1, 8): questa è la posta in gioco, questi
dovranno essere in Africa i frutti del Sinodo in ogni ambito della vita umana.
Nata dalla predicazione di coraggiosi
Vescovi e sacerdoti missionari, efficacemente aiutati dai catechisti — « degna
di lode è anche quella schiera tanto benemerita dell'opera missionaria tra le
genti »72 —, la Chiesa in Africa, terra divenuta « nuova Patria di Cristo »,73
è ormai responsabile della missione nel continente e nel mondo: « Africani, voi
siete ormai missionari di voi stessi », diceva a Kampala il mio predecessore
Paolo VI.74 Poiché la grande maggioranza degli abitanti del continente africano
non ha ancora ricevuto l'annuncio della Buona Novella della salvezza, il Sinodo
raccomanda che siano incoraggiate le vocazioni missionarie e domanda che sia
favorita e attivamente sostenuta l'offerta di preghiere, di sacrifici e di
aiuti concreti in favore del lavoro missionario della Chiesa.75
Annuncio
57. « Il Sinodo ricorda che evangelizzare è
annunciare attraverso la parola e la vita la Buona Novella di Gesù Cristo,
crocifisso, morto e risuscitato, via, verità e vita ».76 All'Africa, pressata
d'ogni parte da germi d'odio e di violenza, da conflitti e da guerre, gli
evangelizzatori devono proclamare la speranza della vita radicata nel
mistero pasquale. È proprio quando, umanamente parlando, la sua vita
sembrava destinata alla sconfitta, che Gesù instituì l'Eucaristia, « pegno
dell'eterna gloria »,77 per perpetuare nel tempo e nello spazio la sua vittoria
sulla morte. Ecco perché l'Assemblea speciale per l'Africa, in questo periodo
in cui il continente africano per certi aspetti versa in condizioni critiche,
ha voluto presentarsi come « Sinodo della risurrezione, Sinodo della
speranza [...]. Cristo, nostra Speranza, è vivo, noi vivremo! ».78
L'Africa non è votata alla morte, ma alla vita!
È dunque necessario « che la nuova
evangelizzazione sia centrata sull'incontro con la persona vivente di Cristo
».79 « Il primo annuncio deve mirare a far fare questa esperienza sconvolgente
ed entusiasmante di Gesù Cristo che chiama e trascina al suo seguito in
un'avventura di fede ».80 Compito, questo, singolarmente facilitato dal fatto
che « l'Africano crede in Dio creatore a partire dalla sua vita e dalla sua
religione tradizionale. È dunque aperto anche alla piena e definitiva
rivelazione di Dio in Gesù Cristo, Dio con noi, Verbo fatto carne. Gesù, la
Buona Novella, è Dio che salva l'Africano [...] dall'oppressione e dalla
schiavitù ».81
L'evangelizzazione deve raggiungere « l'uomo
e la società a tutti i livelli della loro esistenza. Essa si manifesta in
attività diverse, in particolare in quelle specificamente prese in
considerazione dal Sinodo: annuncio, inculturazione, dialogo, giustizia e pace,
mezzi di comunicazione sociale ».82
Perché questa missione riesca pienamente,
occorre fare in modo che « nell'evangelizzazione il ricorso allo Spirito Santo
sia insistente, così che si realizzi una continua Pentecoste, nella quale
Maria, come già nella prima, avrà il suo posto ».83 In effetti, la forza dello
Spirito Santo guida la Chiesa alla verità tutta intera (cfr Gv 16, 13) e
le dona di andare incontro al mondo per testimoniare Cristo con fiduciosa
sicurezza.
58. La parola che esce dalla bocca di Dio è
viva ed efficace, e non ritorna mai a Lui senza effetto (cfr Is 55, 11; Eb
4, 12-13). Bisogna dunque proclamarla senza sosta, insistere « in ogni
occasione opportuna e non opportuna [...] con ogni magnanimità e dottrina » (2
Tm 4, 2). Affidata in primo luogo alla Chiesa, la parola di Dio scritta «
non va soggetta a privata spiegazione » (2 Pt 1, 20); spetta alla Chiesa
di offrirne l'autentica interpretazione.84
Per far sì che la parola di Dio sia
conosciuta, amata, meditata e serbata nel cuore dei fedeli (cfr Lc 2,
19.51) è necessario intensificare gli sforzi per facilitare l'accesso alla
Sacra Scrittura, specialmente mediante traduzioni integrali o parziali della
Bibbia, fatte per quanto possibile in collaborazione con le altre Chiese e
Comunità ecclesiali e accompagnate da guide di lettura per la preghiera, lo
studio in famiglia o in comunità. Occorre inoltre promuovere la formazione
biblica per i membri del clero, per i religiosi, per i catechisti e per gli stessi
laici in generale; predisporre adeguate celebrazioni della Parola; favorire
l'apostolato biblico con l'aiuto del Centro Biblico per l'Africa e il
Madagascar e di altre strutture simili, da incoraggiare ad ogni livello. In
breve, si dovrà cercare di porre la Sacra Scrittura nelle mani di tutti i
fedeli sin dall'infanzia.85
Urgenza e necessità
dell'inculturazione
59. I Padri sinodali hanno a più riprese
sottolineato l'importanza particolare che riveste per l'evangelizzazione l'inculturazione,
quel processo cioè mediante il quale la « catechesi "s'incarna"
nelle differenti culture ».86 L'inculturazione comprende una duplice
dimensione: da una parte, « l'intima trasformazione degli autentici valori
culturali mediante l'integrazione nel cristianesimo » e, dall'altra, « il
radicamento del cristianesimo nelle varie culture ».87 Il Sinodo considera
l'inculturazione come una priorità e un'urgenza nella vita delle Chiese
particolari per un reale radicamento del Vangelo in Africa,88 « un'esigenza
dell'evangelizzazione »,89 « un cammino verso una piena evangelizzazione »,90
una delle maggiori sfide per la Chiesa nel continente all'approssimarsi del
terzo millennio.91
Fondamenti teologici
60. « Ma quando venne la pienezza del tempo
» (Gal 4, 4), il Verbo, seconda Persona della Santissima Trinità, Figlio
unico di Dio, « si è incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno della
Vergine Maria e si è fatto uomo ».92 È il sublime mistero dell'Incarnazione del
Verbo, un mistero che ha avuto luogo nella storia: in circostanze di
tempo e di luogo ben definite, in mezzo ad un popolo con una sua propria
cultura, che Dio aveva eletto ed accompagnato lungo l'intera storia della
salvezza allo scopo di mostrare, mediante quanto operava in esso, ciò che intendeva
fare per tutto il genere umano.
Dimostrazione evidente dell'amore di Dio per
gli uomini (cfr Rm 5, 8), Gesù Cristo, con la sua vita, con la Buona
Novella annunciata ai poveri, con la passione, la morte e la gloriosa
risurrezione, ha operato la remissione dei nostri peccati e la nostra
riconciliazione con Dio, suo Padre e, grazie a Lui, nostro Padre. La Parola che
la Chiesa annuncia è precisamente il Verbo di Dio fatto uomo, soggetto e
oggetto Egli stesso di tale Parola. La Buona Novella è Gesù Cristo.
Come « il Verbo si fece carne e venne
ad abitare in mezzo a noi » (Gv 1, 14), così la Buona Novella, la parola
di Gesù Cristo annunciata alle nazioni, deve calarsi dentro l'ambiente
di vita dei suoi ascoltatori. L'inculturazione è precisamente questo inserimento
del messaggio evangelico nelle culture.93 In effetti, l'Incarnazione del Figlio
di Dio, proprio perché integrale e concreta,94 è stata anche incarnazione in
una specifica cultura.
61. Data la stretta e organica relazione che
esiste tra Gesù Cristo e la parola che annuncia la Chiesa, l'inculturazione del
messaggio rivelato non potrà non seguire la « logica » propria del mistero
della Redenzione. L'Incarnazione del Verbo, in effetti, non costituisce un
momento isolato, ma tende verso « l'Ora » di Gesù e il mistero pasquale: « Se
il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore,
produce molto frutto » (Gv 12, 24). « Io, dice Gesù, quando sarò elevato
da terra, attirerò tutti a me » (Gv 12, 32). Questo annientamento di sé,
questa kenosi necessaria all'esaltazione, itinerario di Gesù e di
ciascuno dei suoi discepoli (cfr Fil 2, 6-9), è illuminante per
l'incontro delle culture con Cristo e il suo Vangelo. « Ogni cultura ha
bisogno di essere trasformata dai valori del Vangelo alla luce del mistero
pasquale ».95
È guardando al mistero dell'Incarnazione e
della Redenzione che si deve operare il discernimento dei valori e degli
anti-valori delle culture. Come il Verbo di Dio è divenuto in tutto simile a
noi, ad eccezione del peccato, così l'inculturazione della Buona Novella assume
tutti gli autentici valori umani purificandoli dal peccato e restituendoli al
loro pieno significato.
L'inculturazione ha profondi legami anche
con il mistero della Pentecoste. Grazie all'effusione e all'azione dello
Spirito, che unifica doni e talenti, tutti i popoli della terra, entrando nella
Chiesa, vivono una nuova Pentecoste, professano nella loro lingua l'unica fede
in Gesù Cristo e proclamano le meraviglie che il Signore ha operato per loro.
Lo Spirito, che sul piano naturale è sorgente originaria della saggezza dei
popoli, conduce con un'illuminazione soprannaturale la Chiesa alla conoscenza
della Verità tutta intera. A sua volta la Chiesa, assumendo i valori delle
diverse culture, diviene la « sponsa ornata monilibus suis », la « sposa
che si adorna dei suoi gioielli » (cfr Is 61, 10).
Criteri e ambiti dell'inculturazione
62. È un compito difficile e delicato,
poiché pone in questione la fedeltà della Chiesa al Vangelo e alla Tradizione
apostolica nell'evoluzione costante delle culture. Giustamente, quindi, i Padri
sinodali hanno osservato: « Circa i rapidi cambiamenti culturali, sociali,
economici e politici, le nostre Chiese locali dovranno lavorare ad un processo
d'inculturazione sempre rinnovato, rispettando i due criteri seguenti: la
compatibilità con il messaggio cristiano e la comunione con la Chiesa
universale [...]. In ogni caso si avrà cura di evitare ogni sincretismo ».96
« Come cammino verso una piena
evangelizzazione, l'inculturazione mira a porre l'uomo in condizione di
accogliere Gesù Cristo nell'integralità del proprio essere personale,
culturale, economico e politico, in vista della piena adesione a Dio Padre, e
di una vita santa mediante l'azione dello Spirito Santo ».97
Nel rendere grazie a Dio per i frutti che
gli sforzi dell'inculturazione hanno già portato alla vita delle Chiese del
continente, particolarmente alle antiche Chiese orientali d'Africa, il Sinodo
ha raccomandato « ai Vescovi e alle Conferenze episcopali di tenere conto che
l'inculturazione ingloba tutti gli ambiti della vita della Chiesa e
dell'evangelizzazione: teologia, liturgia, vita e struttura della Chiesa. Tutto
ciò sottolinea il bisogno di una ricerca nell'ambito delle culture africane in
tutta la loro complessità ». Proprio per questo il Sinodo ha invitato i Pastori
« a sfruttare al massimo le molteplici possibilità che la disciplina attuale
della Chiesa già accorda al riguardo ».98
Chiesa come Famiglia di Dio
63. Non solo il Sinodo ha parlato
dell'inculturazione, ma l'ha anche concretamente applicata, assumendo come
idea-guida per l'evangelizzazione dell'Africa quella di Chiesa come Famiglia
di Dio.99 In essa i Padri sinodali hanno riconosciuto una espressione della
natura della Chiesa particolarmente adatta per l'Africa. L'immagine pone, in
effetti, l'accento sulla premura per l'altro, sulla solidarietà, sul calore
delle relazioni, sull'accoglienza, il dialogo e la fiducia.100 La nuova
evangelizzazione tenderà dunque ad edificare la Chiesa come famiglia, escludendo
ogni etnocentrismo e ogni particolarismo eccessivo, cercando invece di
promuovere la riconciliazione e una vera comunione tra le diverse etnie,
favorendo la solidarietà e la condivisione per quanto concerne il personale e
le risorse tra le Chiese particolari, senza indebite considerazioni di ordine
etnico.101 « È vivamente auspicabile che i teologi elaborino la teologia della
Chiesa-Famiglia in tutta la ricchezza insita in tale concetto, sviluppandone la
complementarietà mediante altre immagini della Chiesa ».102
Ciò suppone una riflessione approfondita sul
patrimonio biblico e tradizionale che il Concilio Vaticano II ha raccolto nella
Costituzione dogmatica Lumen gentium. Il mirabile testo espone la
dottrina sulla Chiesa ricorrendo ad immagini, tratte dalla Sacra Scrittura,
quali Corpo mistico, popolo di Dio, tempio dello Spirito, gregge ed ovile, casa
in cui Dio dimora con gli uomini. Secondo il Concilio, la Chiesa è sposa di
Cristo ed è madre nostra, città santa e primizia del Regno venturo. Di queste suggestive
immagini occorrerà tener conto nello sviluppare, secondo il suggerimento del
Sinodo, una ecclesiologia centrata sul concetto di Chiesa-famiglia di Dio.103
Si potrà allora apprezzare in tutta la sua ricchezza e densità l'affermazione
da cui prende le mosse la Costituzione conciliare: « La Chiesa è in Cristo come
il sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità
di tutto il genere umano ».104
Campi di applicazione
64. Nella pratica, senza alcun pregiudizio
per le tradizioni proprie di ciascuna Chiesa, latina o orientale, « dovrà
essere perseguita l'inculturazione della liturgia, avendo cura che nulla
cambi quanto agli elementi essenziali, affinché il popolo fedele possa meglio
comprendere e vivere le celebrazioni liturgiche ».105
Il Sinodo ha inoltre riaffermato che, anche
quando la dottrina è difficilmente assimilabile nonostante un lungo periodo di
evangelizzazione, o, ancora, quando la sua pratica pone seri problemi
pastorali, soprattutto nella vita sacramentale, occorre restare fedeli
all'insegnamento della Chiesa e, al tempo stesso, rispettare le persone nella
giustizia e con vera carità pastorale. Ciò presupposto, il Sinodo ha espresso
l'auspicio che le Conferenze episcopali, in collaborazione con le Università e
gli Istituti cattolici, creino delle commissioni di studio, specialmente per
quanto riguarda il Matrimonio, la venerazione degli antenati e il mondo degli
spiriti, al fine di esaminare a fondo tutti gli aspetti culturali dei problemi
posti dal punto di vista teologico, sacramentale, rituale e canonico.106
Dialogo
65. « L'atteggiamento di dialogo è il modo
d'essere del cristiano all'interno della sua comunità, come nei confronti degli
altri credenti e degli uomini e donne di buona volontà ».107 Il dialogo
anzitutto va praticato all'interno della Chiesa-Famiglia, a tutti i
livelli: tra Vescovi, Conferenze episcopali o Assemblee della Gerarchia e Sede
Apostolica, fra le Conferenze o Assemblee episcopali delle varie nazioni dello stesso
continente e quelle degli altri continenti e, in ciascuna Chiesa particolare,
tra il Vescovo, il presbiterio, le persone consacrate, gli operatori pastorali
ed i fedeli laici; come pure tra i differenti riti all'interno della stessa
Chiesa. Sarà cura dello S.C.E.A.M. dotarsi « di strutture e di mezzi che
garantiscano l'esercizio di questo dialogo »,108 in particolare per favorire
una solidarietà pastorale organica.
« Uniti a Cristo nella loro testimonianza in
Africa, i cattolici sono invitati a sviluppare un dialogo ecumenico con
tutti i fratelli battezzati delle altre Confessioni cristiane, affinché si
realizzi l'unità per la quale Cristo ha pregato ed in tal modo il loro servizio
alle popolazioni del continente renda il Vangelo più credibile agli occhi di
quanti e di quante cercano Dio ».109 Tale dialogo potrà concretizzarsi in
iniziative come la traduzione ecumenica della Bibbia, l'approfondimento
teologico dell'uno o dell'altro aspetto della fede cristiana, o ancora offrendo
insieme una testimonianza evangelica a favore della giustizia, della pace e del
rispetto della dignità umana. Ci si preoccuperà per questo di creare
commissioni nazionali e diocesane per l'ecumenismo.110 Insieme, i cristiani
sono responsabili della testimonianza da rendere al Vangelo nel continente. I
progressi dell'ecumenismo hanno anche come scopo quello di dare maggiore
efficacia a questa testimonianza.
66. « L'impegno del dialogo deve abbracciare
pure i musulmani di buona volontà. I cristiani non possono dimenticare che
molti musulmani intendono imitare la fede di Abramo e vivere le esigenze del
Decalogo ».111 A questo riguardo, il Messaggio del Sinodo sottolinea che
il Dio vivo, Creatore del cielo e della terra e Signore della storia, è il
Padre della grande famiglia umana che noi formiamo. Come tale, Egli vuole che
gli rendiamo testimonianza nel rispetto dei valori e delle tradizioni religiose
proprie di ognuno, lavorando insieme per la promozione umana e lo sviluppo a
tutti i livelli. Lungi dal desiderare di essere colui in nome del quale si
uccidono altri uomini, Egli impegna i credenti a mettersi insieme al servizio
della vita nella giustizia e nella pace.112 Si farà dunque particolare
attenzione a che il dialogo islamico-cristiano rispetti da una parte e
dall'altra l'esercizio della libertà religiosa, con tutto ciò che questo
comporta, comprese anche le manifestazioni esteriori e pubbliche della fede.113
Cristiani e musulmani sono chiamati ad impegnarsi nel promuovere un dialogo
immune dai rischi derivanti da un irenismo di cattiva lega o da un
fondamentalismo militante, e nel levare la loro voce contro politiche e
pratiche sleali, così come contro ogni mancanza di reciprocità in fatto di
libertà religiosa.114
67. Quanto alla religione tradizionale
africana, un dialogo sereno e prudente potrà, da una parte, garantire da
influssi negativi che condizionano il modo di vivere di molti cattolici e,
dall'altra, assicurare l'assimilazione di valori positivi quali la credenza in
un Essere Supremo, Eterno, Creatore, Provvidente e giusto Giudice che ben
s'armonizzano col contenuto della fede. Essi possono anzi essere visti come una
preparazione al Vangelo, poiché contengono preziosi semina Verbi in
grado di condurre, come già è avvenuto nel passato, un grande numero di persone
ad « aprirsi alla pienezza della Rivelazione in Gesù Cristo attraverso la
proclamazione del Vangelo ».115
Occorre, pertanto, trattare con molto
rispetto e stima quanti aderiscono alla religione tradizionale, evitando ogni
linguaggio inadeguato ed irrispettoso. A tal fine, nelle case di formazione
sacerdotali e religiose verranno date opportune istruzioni sulla religione
tradizionale.116
Sviluppo umano integrale
68. Lo sviluppo umano integrale — sviluppo
di ogni uomo e di tutto l'uomo, specialmente di chi è più povero ed emarginato
nella comunità — si pone nel cuore stesso dell'evangelizzazione. « Tra
evangelizzazione e promozione umana — sviluppo e liberazione — ci sono infatti
dei legami profondi. Legami d'ordine antropologico, perché l'uomo da
evangelizzare non è un essere astratto, ma condizionato dalle questioni sociali
ed economiche. Legami di ordine teologico, poiché non si può dissociare il
piano della creazione da quello della redenzione che arriva fino alle
situazioni molto concrete dell'ingiustizia da combattere e della giustizia da
restaurare. Legami dell'ordine eminentemente evangelico, quale è quello della
carità: come infatti proclamare il comandamento nuovo senza promuovere nella
giustizia e nella pace la vera, autentica crescita dell'uomo? ».117
Così, quando inaugurò il ministero pubblico
nella sinagoga di Nazaret, il Signore Gesù scelse, per illustrare la sua
missione, il testo messianico del libro di Isaia: « Lo Spirito del Signore è
sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato per
annunziare ai poveri un lieto messaggio; per proclamare ai prigionieri la
liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e
predicare un anno di grazia del Signore » (Lc 4, 18-19; cfr Is 61,
1-2).
Il Signore si considera, dunque, come
inviato per alleviare la miseria degli uomini e combattere ogni forma di
emarginazione. È venuto a liberare l'uomo; è venuto a prendere le nostre
infermità e a caricarsi delle nostre malattie: « Di fatto tutto il ministero di
Gesù è legato all'attenzione di quanti, attorno a lui, erano toccati dalla
sofferenza: persone nel dolore, paralitici, lebbrosi, ciechi, sordi, muti (cfr Mt
8, 17) ».118 « È impossibile accettare che nell'evangelizzazione si possa o
si debba trascurare l'importanza dei problemi, oggi così dibattuti, che
riguardano la giustizia, la liberazione, lo sviluppo e la pace del mondo »: 119
la liberazione che l'evangelizzazione annuncia « non può limitarsi alla
semplice e ristretta dimensione economica, politica, sociale o culturale, ma
deve mirare all'uomo intero, in ogni sua dimensione, compresa la sua apertura
verso l'assoluto, anche l'Assoluto che è Dio ».120
Giustamente afferma il Concilio Vaticano II:
« La Chiesa, perseguendo il suo proprio fine di salvezza, non solo comunica
all'uomo la vita divina, ma anche diffonde la sua luce con ripercussione, in
qualche modo, su tutto il mondo, soprattutto per il fatto che risana ed eleva
la dignità della persona umana, consolida la compagine della umana società, e
immette nel lavoro quotidiano degli uomini un più profondo senso e significato.
Così la Chiesa, con i singoli suoi membri e con tutta intera la sua comunità,
crede di poter contribuire molto a rendere più umana la famiglia degli uomini e
la sua storia ».121 La Chiesa annuncia e comincia ad attuare il Regno di Dio
sulle orme di Gesù, poiché « la natura del Regno è la comunione di tutti gli
esseri umani tra di loro e con Dio ».122 Così « il Regno è fonte di liberazione
piena e di salvezza totale per gli uomini: con questi la Chiesa cammina e vive,
realmente e intimamente solidale con la loro storia ».123
69. La storia degli uomini assume il proprio
autentico senso nell'Incarnazione del Verbo di Dio che è il fondamento della
ripristinata dignità umana. È mediante Cristo, « immagine del Dio
invisibile, generato prima di ogni creatura » (Col 1, 15), che l'uomo è
stato redento; anzi, « con l'Incarnazione, il Figlio di Dio si è unito in certo
modo ad ogni uomo ».124 Come non gridare con san Leone Magno: « Cristiano,
prendi coscienza della tua dignità »? 125
Annunciare Cristo è dunque rivelare
all'uomo la sua dignità inalienabile, che Dio ha riscattato mediante
l'incarnazione del suo unico Figlio. Il Concilio Vaticano II così prosegue: «
Poiché la Chiesa ha ricevuto l'incarico di manifestare il mistero di Dio, il
quale è il fine ultimo personale dell'uomo, essa al tempo stesso svela all'uomo
il senso della sua propria esistenza, vale a dire la verità profonda sull'uomo
».126
Dotato di tale incomparabile dignità, l'uomo
non può vivere in condizioni di vita sociale, economica, culturale e politica
infra-umane. Ecco il fondamento teologico della lotta per la difesa della
dignità personale, per la giustizia e la pace sociale, per la promozione umana,
la liberazione e lo sviluppo integrale dell'uomo e di ogni uomo. Ecco anche
perché, tenendo conto di questa dignità, lo sviluppo dei popoli — all'interno
di ciascuna nazione e nelle relazioni internazionali — deve realizzarsi in
maniera solidale, come osservava in modo quanto mai appropriato il mio
predecessore Paolo VI.127 È precisamente in questa prospettiva che egli poteva
affermare: « Lo sviluppo è il nuovo nome della pace ».128 Si può, dunque, a
giusto titolo dire che « lo sviluppo integrale suppone il rispetto della
dignità umana, la quale non può realizzarsi che nella giustizia e nella pace
».129
Farsi voce di chi non ha voce
70. Forti della fede e della speranza nella
potenza salvifica di Gesù, i Padri del Sinodo hanno concluso i lavori
rinnovando l'impegno ad accettare la sfida di essere strumenti della salvezza
in ogni differente ambito della vita dei popoli africani. « La Chiesa — hanno
dichiarato — deve continuare ad esercitare il suo ruolo profetico ed essere la
voce di coloro che non hanno voce »,130 affinché ovunque la dignità umana sia
riconosciuta ad ogni persona, e l'uomo sia sempre al centro di ogni programma
dei governi. Il Sinodo « interpella la coscienza dei capi di Stato e dei
responsabili della cosa pubblica, perché garantiscano sempre più la liberazione
e lo sviluppo delle loro popolazioni ».131 Solo a questo prezzo si costruisce
la pace tra le nazioni.
L'evangelizzazione deve promuovere quelle
iniziative che contribuiscono a sviluppare e a nobilitare l'uomo nella
sua esistenza spirituale e materiale. Si tratta dello sviluppo di ogni uomo e
di tutto l'uomo, preso non soltanto in modo isolato, ma anche e specialmente
nel quadro di uno sviluppo solidale ed armonioso di tutti i membri di una
nazione e di tutti i popoli della terra.132
Infine, l'evangelizzazione deve denunciare e
combattere quanto avvilisce e distrugge l'uomo. « All'esercizio del ministero
dell'evangelizzazione in campo sociale, che è un aspetto della funzione
profetica della Chiesa, appartiene pure la denuncia dei mali e delle
ingiustizie. Ma conviene chiarire che l'annuncio è sempre più importante della
denuncia, e questa non può prescindere da quello, che le offre la vera solidità
e la forza della motivazione più alta ».133
Mezzi di comunicazione sociale
71. « Da sempre Dio si caratterizza per la
sua volontà di comunicare. Egli lo compie in modi differenti. A tutte le
creature animate o inanimate egli dona l'essere. Con l'uomo particolarmente
egli intreccia delle relazioni privilegiate. "Dio, che aveva già parlato
nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti,
ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio" (Eb
1, 1-2) ».134 Il Verbo di Dio è, per sua natura, parola, dialogo e
comunicazione. Egli è venuto a restaurare, da una parte, la comunicazione e la
relazione fra Dio e gli uomini, e, dall'altra, quella degli uomini tra di loro.
I mass-media hanno attirato l'attenzione del
Sinodo sotto due aspetti importanti e complementari: come universo culturale
nuovo ed emergente e come un insieme di mezzi al servizio della comunicazione.
Essi costituiscono dall'inizio una cultura nuova che ha il suo linguaggio
proprio e soprattutto i suoi valori e controvalori specifici. A questo titolo
hanno bisogno, come tutte le culture, di essere evangelizzati.135
In effetti, ai nostri giorni i mass-media
costituiscono non solamente un mondo, ma una cultura e una civiltà. Ed è anche
a questo mondo che la Chiesa è inviata a portare la Buona Novella della
salvezza. Gli araldi del Vangelo devono dunque entrarvi per lasciarsi
permeare da tale nuova civiltà e cultura, al fine però di sapersene
opportunamente servire. « Il primo areopago del tempo moderno è il mondo
della comunicazione, che sta unificando l'umanità rendendola — come si suol
dire — "un villaggio globale". I mezzi di comunicazione sociale hanno
raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento
informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti
individuali, familiari e sociali ».136
La formazione all'uso dei mass-media è
dunque una necessità, non soltanto per chi annuncia il Vangelo, il quale
deve, tra l'altro, possedere lo stile della comunicazione, ma anche per
il lettore, il recettore ed il telespettatore che, formati
alla comprensione del tipo di comunicazione, devono saperne cogliere gli
apporti con discernimento e spirito critico.
In Africa, dove la trasmissione orale è
una delle caratteristiche della cultura, tale formazione riveste una capitale
importanza. Questo stesso tipo di comunicazione deve ricordare ai Pastori,
specialmente ai Vescovi ed ai sacerdoti, che la Chiesa è inviata per parlare,
per predicare il Vangelo mediante la parola ed i gesti. Essa non può
dunque tacere, col rischio di venir meno alla sua missione; a meno che, in
certe circostanze, il silenzio non sia esso stesso un modo di parlare e di
testimoniare. Noi dobbiamo dunque sempre annunciare in ogni occasione opportuna
e non opportuna (cfr 2 Tm 4, 2), allo scopo di edificare nella carità e
nella verità.
CAPITOLO
IV
NELLA
PROSPETTIVA DEL TERZO MILLENNIO CRISTIANO
I. Le sfide attuali
72. L'Assemblea speciale per l'Africa del
Sinodo dei Vescovi è stata convocata per dare modo alla Chiesa di Dio, diffusa
sul continente, di riflettere sulla sua missione evangelizzatrice in vista del
terzo millennio, e di predisporre, come ebbi a ricordare, « un'organica
solidarietà pastorale nell'intero territorio africano e nelle isole attigue
».137 Tale missione comporta, come già s'è rilevato, urgenze e sfide dovute
ai profondi e rapidi mutamenti delle società africane ed agli effetti
derivanti dall'affermarsi di una civiltà planetaria.
La necessità del Battesimo
73. La prima urgenza è naturalmente
l'evangelizzazione stessa. Da un lato, la Chiesa deve assimilare e vivere
sempre meglio il messaggio di cui il Signore l'ha costituita depositaria.
Dall'altro, essa deve testimoniare ed annunciare questo messaggio a quanti
ancora non conoscono Gesù Cristo. È infatti per loro che il Signore ha detto
agli Apostoli: « Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni » (Mt 28,
19).
Come nella Pentecoste, la predicazione del kérigma
ha come scopo naturale di condurre chi ascolta alla metànoia e al Battesimo:
« L'annuncio della parola di Dio mira alla conversione cristiana, cioè all'adesione
piena e sincera a Cristo e al suo Vangelo mediante la fede ».138 La conversione
a Cristo, peraltro, « è connessa col Battesimo: lo è non solo per la prassi
della Chiesa, ma per volere di Cristo, che ha inviato la sua Chiesa a far
discepole tutte le genti e a battezzarle (cfr Mt 28, 19); lo è anche per
l'intrinseca esigenza di ricevere la pienezza della vita in Lui: "In
verità, in verità ti dico — Gesù insegna a Nicodemo — se uno non nasce
da acqua e da Spirito, non può entrare nel Regno di Dio" (Gv 3,
5). Il Battesimo, infatti, ci rigenera alla vita dei figli di Dio, ci unisce a
Gesù Cristo, ci unge nello Spirito Santo: esso non è un semplice suggello della
conversione, quasi un segno esteriore che la dimostri e la attesti,
bensì è sacramento che significa e opera questa nuova nascita dallo
Spirito, instaura vincoli reali e inscindibili con la Trinità, rende membri del
Corpo di Cristo, che è la Chiesa ».139 Pertanto, un itinerario di conversione
che non giungesse al Battesimo si fermerebbe a metà strada.
In verità, gli uomini di buona volontà che,
senza alcuna loro colpa, non sono raggiunti dall'annuncio evangelico, ma vivono
in armonia con la loro coscienza secondo la legge di Dio, saranno salvati da
Cristo e in Cristo. Per ogni essere umano, infatti, c'è sempre in atto la
chiamata di Dio, che attende di essere riconosciuta ed accolta (cfr 1 Tm 2,
4). È proprio per facilitare questo riconoscimento e questa accoglienza che ai
discepoli di Cristo è richiesto di non darsi pace finché a tutti non sia portato
il lieto annuncio della salvezza.
Urgenza dell'evangelizzazione
74. Il Nome di Gesù Cristo, infatti, è il
solo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati (cfr At 4, 12).
Poiché vi sono in Africa milioni di persone non ancora evangelizzate, la Chiesa
si trova di fronte al compito, necessario ed urgente, di proclamare la Buona
Novella a tutti, e di condurre coloro che ascoltano al Battesimo e alla vita
cristiana. « L'urgenza dell'attività missionaria emerge dalla radicale
novità di vita, portata da Cristo e vissuta dai suoi discepoli. Questa
nuova vita è dono di Dio, e all'uomo è richiesto di accoglierlo e di
svilupparlo, se vuole realizzarsi secondo la sua vocazione integrale in
conformità a Cristo ».140 Questa vita nuova nell'originalità radicale del
Vangelo comporta anche delle rotture rispetto ai costumi ed alla cultura di
qualunque popolo della terra, poiché il Vangelo non è mai un prodotto interno
di un determinato paese, ma viene sempre « da fuori », viene dall'Alto. Per i
battezzati la grande sfida sarà sempre costituita dalla coerenza di
un'esistenza cristiana conforme agli impegni del Battesimo, che significa morte
al peccato e risurrezione quotidiana ad una vita nuova (cfr Rm 6, 4-5).
Senza tale coerenza, i discepoli di Cristo difficilmente potranno essere «
sale della terra » e « luce del mondo » (Mt 5, 13.14). Se la
Chiesa in Africa s'impegna con vigore e senza esitazioni su questa via, la
Croce potrà essere piantata in ogni parte del continente per la salvezza dei
popoli che non hanno paura di aprire le porte al Redentore.
Importanza della formazione
75. In tutti i settori della vita ecclesiale
la formazione è di capitale importanza. Nessuno, infatti, può realmente
conoscere le verità di fede che non ha mai avuto modo di apprendere, né è in
grado di porre atti ai quali non è mai stato iniziato. Ecco perché « la
comunità intera ha bisogno di essere preparata, motivata e rafforzata per
l'evangelizzazione, ognuno secondo il proprio ruolo specifico all'interno della
Chiesa ».141 Questo concerne pure i Vescovi, i presbiteri, i membri degli
Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, quelli degli
Istituti secolari e tutti i fedeli laici.
La formazione missionaria non può non
occupare un posto privilegiato. Essa è « opera della Chiesa locale con l'aiuto
dei missionari e dei loro Istituti, nonché del personale delle giovani Chiese.
Questo lavoro deve essere inteso non come marginale, ma come centrale nella
vita cristiana ».142 Il programma di formazione includerà, in modo particolare,
la formazione dei laici a svolgere appieno il loro ruolo di animazione
cristiana dell'ordine temporale (politico, culturale, economico, sociale), che
è impegno caratteristico della vocazione secolare del laicato. Non si mancherà,
a questo proposito, di incoraggiare laici competenti e motivati ad impegnarsi
nell'azione politica,143 nella quale, mediante un degno esercizio delle cariche
pubbliche, potranno « provvedere al bene comune e al tempo stesso aprire la via
al Vangelo ».144
Approfondire la fede
76. La Chiesa in Africa, per essere
evangelizzatrice, deve « cominciare con l'evangelizzare se stessa [...]. Essa
ha bisogno di ascoltare di continuo ciò che deve credere, le ragioni della sua
speranza, il comandamento nuovo dell'amore. Popolo di Dio immerso nel mondo, e
spesso tentato dagli idoli, essa ha sempre bisogno di sentir proclamare le
grandi opere di Dio ».145
Oggi in Africa, « la formazione alla fede
[...] è rimasta troppo spesso allo stadio elementare, e le sètte traggono facilmente
vantaggio da questa ignoranza ».146 È perciò urgente un serio approfondimento
della fede, perché la rapida evoluzione della società ha fatto sorgere nuove
sfide, legate in particolare ai fenomeni di sradicamento familiare, di
urbanizzazione, di disoccupazione, come pure alle molteplici seduzioni
materialiste, ad una certa secolarizzazione e a quella sorta di trauma
intellettuale che provoca la valanga di idee insufficientemente vagliate,
diffuse dai media.147
La forza della testimonianza
77. La formazione deve mirare a dare ai
cristiani non soltanto un'abilità tecnica per trasmettere meglio i contenuti
della fede, ma anche una convinzione personale profonda per testimoniarli
efficacemente nella vita. Tutti coloro che sono chiamati a proclamare il Vangelo
cercheranno dunque di agire con totale docilità allo Spirito, il quale « oggi
come agli inizi della Chiesa, opera in ogni evangelizzatore che si lasci
possedere e condurre da Lui ».148 « Le tecniche dell'evangelizzazione sono
buone, ma neppure le più perfette tra di esse potrebbero sostituire l'azione
discreta dello Spirito. Anche la preparazione più raffinata
dell'evangelizzatore, non opera nulla senza di Lui. Senza di Lui la dialettica
più convincente è impotente sullo spirito degli uomini. Senza di Lui, i più
elaborati schemi a base sociologica o psicologica si rivelano vuoti e privi di
valore ».149
Una vera testimonianza da parte dei credenti
è oggi essenziale in Africa per proclamare in maniera autentica la fede. In
particolare, è necessario che essi offrano la testimonianza di un sincero amore
reciproco. « La vita eterna è che "conoscano te, l'unico vero Dio, e colui
che hai mandato, Gesù Cristo" (Gv 17, 3). Scopo ultimo della
missione è di far partecipare alla comunione che esiste tra il Padre e il
Figlio: i discepoli devono vivere l'unità tra loro, rimanendo nel Padre e nel
Figlio, perché il mondo conosca e creda (cfr Gv 17, 21-23). È, questo,
un significativo testo missionario, il quale fa capire che si è missionari
anzitutto per ciò che si è, come Chiesa che vive profondamente l'unità
nell'amore, prima di esserlo per ciò che si dice o si fa ».150
Inculturare la fede
78. A motivo della profonda convinzione che «
la sintesi tra cultura e fede non è solo un'esigenza della cultura, ma anche
della fede », perché « una fede che non diventa cultura è una fede non
pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta »,151
l'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi ha ritenuto
l'inculturazione una priorità ed un'urgenza nella vita delle Chiese particolari
in Africa: solo così il Vangelo può porre salde radici nelle comunità cristiane
del continente. Sulla scia del Concilio Vaticano II,152 i Padri sinodali hanno
interpretato l'inculturazione come un processo comprendente tutta l'estensione
della vita cristiana — teologia, liturgia, consuetudini, strutture della Chiesa
—, senza ovviamente intaccare il diritto divino e la grande disciplina della
Chiesa, avvalorata nel corso dei secoli da straordinari frutti di virtù e di
eroismo.153
La sfida dell'inculturazione in Africa
consiste nel far sì che i discepoli di Cristo possano assimilare sempre meglio
il messaggio evangelico, pur restando fedeli a tutti i valori africani
autentici. Inculturare la fede in tutti i settori della vita cristiana ed umana
si pone quindi come compito arduo, per il cui assolvimento è necessaria
l'assistenza dello Spirito del Signore che conduce la Chiesa alla verità tutta
intera (cfr Gv 16, 13).
Una comunità riconciliata
79. La sfida del dialogo è, in fondo, la
sfida della trasformazione delle relazioni tra gli uomini, tra le nazioni e tra
i popoli nella vita religiosa, politica, economica, sociale e culturale. È la
sfida dell'amore di Cristo per tutti gli uomini, amore che il discepolo deve
riprodurre nella sua vita: « Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli,
se avrete amore gli uni per gli altri » (Gv 13, 35).
« L'evangelizzazione continua il dialogo di
Dio con l'umanità, un dialogo che tocca il suo vertice nella persona di Gesù
Cristo ».154 Per mezzo della Croce, Egli ha distrutto in se stesso l'inimicizia
(cfr Ef 2, 16) che divide ed allontana gli uomini gli uni dagli altri.
Ora, nonostante la civiltà contemporanea del
« villaggio globale », in Africa come altrove nel mondo lo spirito di dialogo,
di pace e di riconciliazione è lungi dall'abitare il cuore di tutti gli uomini.
Le guerre, i conflitti, gli atteggiamenti razzisti e xenofobi dominano ancora
troppo il mondo delle relazioni umane.
La Chiesa in Africa avverte l'esigenza di
diventare per tutti, grazie alla testimonianza resa dai suoi figli e dalle sue
figlie, luogo di autentica riconciliazione. Così, perdonati e riconciliati
vicendevolmente, essi potranno recare al mondo il perdono e la riconciliazione
che Cristo, nostra pace (cfr Ef 2, 14), offre all'umanità mediante la
sua Chiesa. Altrimenti il mondo assomiglierà sempre più ad un campo di
battaglia, dove contano solo gli interessi egoistici e dove regna la legge
della forza, che allontana fatalmente l'umanità dall'auspicata civiltà
dell'amore.
II. La famiglia
Evangelizzare la famiglia
80. « Il futuro del mondo e della Chiesa
passa attraverso la famiglia ».155 In effetti, non solamente la famiglia è la
prima cellula della comunità ecclesiale viva, ma lo è anche della società. In
Africa, in particolare, la famiglia rappresenta il pilastro su cui è costruito
l'edificio della società. Ecco perché il Sinodo considera l'evangelizzazione
della famiglia africana come una delle priorità maggiori, se si vuole che essa
assuma, a sua volta, il ruolo di soggetto attivo nella prospettiva
dell'evangelizzazione delle famiglie mediante le famiglie.
Dal punto di vista pastorale, ciò
costituisce una vera sfida, date le difficoltà d'ordine politico, economico,
sociale e culturale alle quali i nuclei familiari in Africa devono far fronte
nel contesto dei grandi mutamenti della società contemporanea. Pur adottando i
valori positivi della modernità, la famiglia africana dovrà pertanto
salvaguardare i propri valori essenziali.
La Santa Famiglia come modello
81. A questo proposito la Santa Famiglia
che, secondo il Vangelo (cfr Mt 2, 14-15), ha vissuto per qualche tempo
in Africa, è « prototipo ed esempio di tutte le famiglie cristiane »,156
modello e sorgente spirituale per ogni famiglia cristiana.157
Per riprendere le parole di Papa Paolo VI,
pellegrino in Terra Santa, « Nazaret è la scuola dove si è iniziati a
comprendere la vita di Gesù: la scuola del Vangelo [...]. Qui, a questa
scuola si comprende la necessità di avere una disciplina spirituale, se si
vuole [...] diventare discepoli di Cristo ».158 Nella sua profonda meditazione
sul mistero di Nazaret, Paolo VI invita a raccogliere una triplice lezione: di silenzio,
di vita familiare, di lavoro. Nella casa di Nazaret ciascuno
vive la propria missione in perfetta armonia con gli altri membri della Santa
Famiglia.
Dignità e ruolo dell'uomo e della
donna
82. La dignità dell'uomo e della donna
deriva dal fatto che, quando Dio creò l'uomo, « a immagine di Dio lo
creò; maschio e femmina li creò » (Gn 1, 27). Sia l'uomo che la donna
sono creati « ad immagine di Dio », dotati cioè d'intelligenza e di volontà e,
conseguentemente, di libertà. Lo dimostra il racconto relativo al peccato dei
progenitori (cfr Gn 3). Il Salmista canta così la dignità incomparabile
dell'uomo: « Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo
hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto
sotto i suoi piedi » (Sal 8, 6-7).
Creati l'uno e l'altro ad immagine di Dio,
l'uomo e la donna, pur differenti, sono essenzialmente uguali dal punto
di vista dell'umanità. « Ambedue sin dall'inizio sono persone, a differenza
degli altri esseri viventi del mondo che li circonda. La donna è un altro
"io" nella loro comune umanità »,159 e ciascuno costituisce un aiuto
per l'altro (cfr Gn 2, 18-25).
« Creando l'uomo "maschio e
femmina", Dio dona la dignità personale in eguale modo all'uomo e alla
donna, arricchendoli dei diritti inalienabili e delle responsabilità che sono
proprie della persona umana ».160 Il Sinodo ha deplorato quei costumi africani
e quelle pratiche « che privano le donne dei loro diritti e del rispetto che è
loro dovuto » 161 e ha chiesto che la Chiesa nel continente si sforzi di
promuovere la salvaguardia di tali diritti.
Dignità e ruolo del Matrimonio
83. Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, è
Amore (cfr 1 Gv 4, 8). « La comunione tra Dio e gli uomini trova il suo
definitivo compimento in Gesù Cristo, lo sposo che ama e si dona come Salvatore
dell'umanità, unendola a sé come suo proprio corpo. Egli rivela la verità
originaria del Matrimonio, la verità del "principio" e, liberando
l'uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla interamente.
Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva nel dono d'amore che il
Verbo di Dio fa all'umanità assumendo la natura umana e nel sacrificio che Gesù
Cristo fa di se stesso sulla croce per la sua Sposa, la Chiesa. In questo
sacrificio si svela interamente quel disegno che Dio ha impresso nell'umanità
dell'uomo e della donna fin dalla loro creazione (cfr Ef 5, 32-33); il
Matrimonio dei battezzati diviene così il simbolo reale della nuova ed
eterna Alleanza, sancita nel sangue di Cristo ».162
L'amore reciproco fra gli sposi battezzati
manifesta l'amore di Cristo e della Chiesa. Segno dell'amore di Cristo, il
Matrimonio è un sacramento della Nuova Alleanza: « Gli sposi sono per la
Chiesa il richiamo permanente di ciò che è accaduto sulla Croce; sono
l'uno per l'altro, e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il
sacramento li rende partecipi. Di questo evento di salvezza il Matrimonio, come
ogni sacramento, è memoriale, attualizzazione e profezia ».163
Esso dunque è uno stato di vita, una via di
santità cristiana, una vocazione che deve condurre alla risurrezione gloriosa
ed al Regno, dove « non si prende né moglie né marito » (Mt 22, 30). Per
questo, il Matrimonio esige un amore indissolubile; grazie a questa sua
stabilità può contribuire efficacemente a realizzare appieno la vocazione
battesimale degli sposi.
Salvare la famiglia africana
84. Molti sono stati gli interventi
nell'aula del Sinodo che hanno evidenziato le minacce attualmente incombenti
sulla famiglia africana. Le preoccupazioni dei Padri sinodali erano tanto più
giustificate in quanto il documento preparatorio di una Conferenza delle
Nazioni Unite, tenutasi nel settembre del 1994 al Cairo, in terra africana,
sembrava con tutta evidenza voler adottare risoluzioni in contrasto con non
pochi valori familiari africani. Facendo proprie le preoccupazioni da me precedentemente
manifestate alla Conferenza ed ai Capi di Stato del mondo intero,164 essi hanno
lanciato un pressante appello perché sia salvaguardata la famiglia: « Non
lasciate — essi hanno gridato — che la famiglia africana venga umiliata proprio
sulla sua terra! Non permettete che l'Anno Internazionale della Famiglia
divenga l'anno della distruzione della famiglia! ».165
La famiglia aperta alla società
85. Il matrimonio, per sua natura, trascende
la coppia, avendo la speciale missione di perpetuare l'umanità. Allo stesso
modo, per natura, la famiglia va oltre i limiti del focolare domestico: essa è
orientata verso la società. « La famiglia possiede vincoli vitali ed organici
con la società, perché ne costituisce il fondamento e l'alimento continuo
mediante il suo compito di servizio alla vita: dalla famiglia infatti nascono i
cittadini e nella famiglia essi trovano la prima scuola di quelle virtù
sociali, che sono l'anima della vita e lo sviluppo della società stessa. Così
in forza della sua natura e vocazione, lungi dal rinchiudersi in se stessa, la
famiglia si apre alle altre famiglie e alla società, assumendo il suo compito
sociale ».166
In tale linea, l'Assemblea speciale per
l'Africa afferma che fine dell'evangelizzazione è edificare la Chiesa, come
Famiglia di Dio, anticipazione, anche se imperfetta, del Regno sulla terra. Le
famiglie cristiane dell'Africa diventeranno in questo modo vere « chiese
domestiche », contribuendo al progresso della società verso una vita più
fraterna. È così che si opererà la trasformazione delle società africane
mediante il Vangelo!
CAPITOLO
V
«
MI SARETE TESTIMONI » IN AFRICA
Testimonianza e santità
86. Le sfide segnalate mostrano quanto
opportuna sia stata l'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi:
il compito della Chiesa nel continente è immenso; per affrontarlo è necessaria
la collaborazione di tutti. La testimonianza ne costituisce l'elemento
centrale. Cristo interpella i suoi discepoli in Africa ed affida loro il
mandato che diede agli Apostoli il giorno dell'Ascensione: « Mi sarete
testimoni » (At 1, 8) in Africa.
87. L'annuncio della Buona Novella con la
parola e le opere apre il cuore delle persone al desiderio della santità, della
configurazione a Cristo. San Paolo, nella prima Lettera ai Corinti, si rivolge
« a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi
insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro
Gesù Cristo » (1, 2). La predicazione del Vangelo ha pure come scopo la
costruzione della Chiesa di Dio, nella prospettiva dell'avvento del Regno, che
Cristo consegnerà al Padre alla fine dei tempi (cfr 1 Cor 15, 24).
« L'entrata nel Regno di Dio domanda una
trasformazione di mentalità (metanoia) e di comportamento e una vita di
testimonianza in parole e opere, nutrita in seno alla Chiesa dalla
partecipazione ai sacramenti, particolarmente all'Eucarestia, sacramento della
salvezza ».167
Costituisce una via alla santità anche
l'inculturazione, mediante la quale la fede penetra nella vita delle persone e
delle loro comunità originarie. Come nell'Incarnazione Cristo ha assunto la
natura umana con esclusione solo del peccato, analogamente mediante
l?inculturazione il messaggio cristiano assimila i valori della società alla
quale è annunciato, scartando quanto è segnato dal peccato. Nella misura in cui
la comunità ecclesiale sa integrare i valori positivi di una determinata
cultura, diventa strumento della sua apertura alle dimensioni della santità
cristiana. Una inculturazione condotta con saggezza purifica ed eleva le
culture dei vari popoli.
Un ruolo importante, da questo punto di
vista, è chiamata a svolgere la liturgia. In quanto modo efficace di
proclamare e di vivere i misteri della salvezza, essa può validamente
contribuire ad elevare ed arricchire specifiche manifestazioni della cultura di
un certo popolo. Sarà pertanto compito dell'autorità competente curare
l'inculturazione, secondo modelli artisticamente pregevoli, di quegli elementi
liturgici che, alla luce delle norme vigenti, possono essere modificati.168
I. Operatori dell'Evangelizzazione
88. L'evangelizzazione ha bisogno di
operatori. Infatti, « come potranno invocarlo [il Signore] senza aver prima
creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come
potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno,
senza essere prima inviati? » (Rm 10, 14-15). L'annuncio del Vangelo può
realizzarsi pienamente solo con il contributo di tutti i credenti, ad ogni
livello della Chiesa sia universale che locale.
Spetta in particolare a quest'ultima, la
Chiesa locale posta sotto la responsabilità del Vescovo, di coordinare
l'impegno dell'evangelizzazione, raccogliendo i fedeli, confermandoli nella
fede mediante l'opera dei presbiteri e dei catechisti, sostenendoli
nell'adempimento delle rispettive missioni. A questo scopo, la diocesi
provvederà ad istituire le necessarie strutture di incontro, di dialogo, di
programmazione. Valendosi di esse, il Vescovo potrà orientare opportunamente il
lavoro di sacerdoti, religiosi e laici, accogliendo doni e carismi di ciascuno
per metterli al servizio di una pastorale aggiornata ed incisiva. Di grande
utilità saranno in tal senso i vari Consigli previsti dalle vigenti norme del
Diritto Canonico.
Comunità ecclesiali vive
89. I Padri sinodali hanno subito
riconosciuto che la Chiesa come Famiglia potrà dare la sua piena misura di
Chiesa solo ramificandosi in comunità sufficientemente piccole per permettere
strette relazioni umane. Le caratteristiche di tali comunità sono state così
sintetizzate dall'Assemblea: esse dovranno essere luoghi in cui provvedere
innanzitutto alla propria evangelizzazione per poi portare la Buona Novella
agli altri; dovranno perciò essere luoghi di preghiera e di ascolto della
Parola di Dio; di responsabilizzazione dei membri stessi; di apprendistato di
vita ecclesiale; di riflessione sui vari problemi umani, alla luce del Vangelo.
Soprattutto, in esse ci si impegnerà a vivere l'amore universale di Cristo, che
trascende le barriere delle solidarietà naturali dei clan, delle tribù o di
altri gruppi d'interesse.169
Laicato
90. I laici saranno aiutati a prendere
sempre più coscienza del ruolo che devono occupare nella Chiesa, onorando così
la missione che è loro peculiare in quanto battezzati e cresimati,
conformemente all'insegnamento dell'Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles
laici 170 e dell'Enciclica Redemptoris missio.171 Essi devono
conseguentemente essere formati a questo mediante appositi centri o scuole di
formazione biblica e pastorale. In una prospettiva simile, i cristiani che
occupano posti di responsabilità saranno accuratamente preparati al loro
compito politico, economico e sociale con una solida formazione nella dottrina
sociale della Chiesa, al fine di essere fedeli testimoni del Vangelo nel loro
ambito d'azione.172
Catechisti
91. « Il ruolo dei catechisti è stato e
rimane determinante nella fondazione e nell'espansione della Chiesa in Africa.
Il Sinodo raccomanda che i catechisti non solo beneficino di una perfetta
preparazione iniziale [...], ma continuino anche a ricevere una formazione
dottrinale nonché un sostegno morale e spirituale ».173 Tanto i Vescovi che i
sacerdoti abbiano perciò a cuore i loro catechisti, procurando che siano loro
assicurate degne condizioni di vita e di lavoro, così che essi possano compiere
bene la loro missione. Il loro compito sia riconosciuto e onorato all'interno
della comunità cristiana.
La famiglia
92. Il Sinodo ha lanciato un esplicito
appello affinché ciascuna famiglia cristiana divenga « un luogo privilegiato di
testimonianza evangelica »,174 una vera « chiesa domestica »,175 una comunità
che crede ed evangelizza,176 una comunità in dialogo con Dio 177 e
generosamente aperta al servizio dell'uomo.178 « È in seno alla famiglia che i
genitori devono essere per i loro figli, con la parola e con l'esempio, i primi
annunciatori della fede ».179 « È qui che si esercita in maniera privilegiata
il sacerdozio battesimale del padre di famiglia, della madre, dei figli,
di tutti i membri della famiglia, "con la partecipazione ai sacramenti,
con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa,
con l'abnegazione e l'operosa carità". Il focolare è così la prima scuola
di vita cristiana e "una scuola di umanità più ricca" ».180
I genitori si prenderanno cura
dell'educazione cristiana dei figli. Con l'aiuto concreto di famiglie cristiane
salde, serene ed impegnate, le diocesi programmeranno l'apostolato familiare
nel quadro della pastorale d'insieme. In quanto « chiesa domestica », costruita
sulle solide basi culturali e sui ricchi valori della tradizione familiare
africana, la famiglia cristiana è chiamata ad essere una valida cellula di
testimonianza cristiana nella società segnata da mutamenti rapidi e profondi.
Il Sinodo ha sentito quest'appello con particolare urgenza nel contesto
dell'Anno della Famiglia, che la Chiesa stava allora celebrando insieme a tutta
la comunità internazionale.
Giovani
93. La Chiesa in Africa sa bene che la gioventù
non è solo il presente, ma soprattutto l'avvenire dell'umanità. Bisogna dunque
aiutare i giovani a superare gli ostacoli che frenano il loro sviluppo:
l'analfabetismo, l'oziosità, la fame, la droga.181 Per far fronte a queste
sfide, si dovranno chiamare i giovani ad essere evangelizzatori del loro
ambiente. Nessuno può esserlo meglio di loro. È necessario che la pastorale
della gioventù sia esplicitamente presente nella pastorale complessiva
delle diocesi e delle parrocchie, in modo da fornire ai giovani l'occasione di
scoprire molto presto il valore del dono di sé, essenziale cammino di sviluppo
della persona.182 A questo proposito, la celebrazione della Giornata Mondiale
dei Giovani si presenta come un mezzo privilegiato di pastorale della gioventù,
che ne favorisce la formazione mediante la preghiera, lo studio e la
riflessione.
Uomini e donne consacrati
94. « In una Chiesa Famiglia di Dio, la vita
consacrata riveste un ruolo particolare, non solo per indicare a tutti
l'appello alla santità, ma anche per testimoniare la vita fraterna nella
comunità. Di conseguenza i consacrati sono invitati a rispondere alla loro
vocazione in spirito di comunione e di collaborazione con i rispettivi Vescovi,
con il clero e i laici ».183
Nelle presenti condizioni della missione in
Africa, è urgente promuovere le vocazioni religiose alla vita contemplativa ed
attiva, operando innanzitutto scelte oculate e provvedendo poi ad impartire una
solida formazione umana, spirituale e dottrinale, apostolica e missionaria, biblica
e teologica. Questa formazione va rinnovata nel corso degli anni, con costanza
e regolarità. Per la fondazione di nuovi Istituti religiosi, si deve procedere
con grande prudenza ed illuminato discernimento, facendo riferimento ai criteri
indicati dal Concilio Vaticano II ed alle norme canoniche vigenti.184 Gli
Istituti, una volta fondati, vanno aiutati ad acquisire la personalità
giuridica ed a raggiungere l'autonomia nella gestione tanto delle proprie opere
che dei rispettivi cespiti finanziari.
L'Assemblea sinodale, dopo aver ammonito «
gli Istituti religiosi che non hanno case in Africa » a non sentirsi
autorizzati a « cercarvi nuove vocazioni senza un preventivo dialogo con
l'Ordinario del luogo »,185 ha poi esortato i responsabili delle Chiese locali,
come anche degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita
apostolica, a promuovere tra loro il dialogo per creare, nello spirito della
Chiesa Famiglia, gruppi misti di concertazione quale testimonianza di
fraternità e segno di unità a servizio della comune missione.186 In questa
prospettiva, ho anche accolto l'invito dei Padri sinodali a rivedere, se
necessario, qualche punto del documento Mutuae relationes 187 per una
migliore definizione del ruolo della vita religiosa nella Chiesa locale.188
Futuri sacerdoti
95. « Oggi più che mai — hanno affermato i
Padri sinodali — ci si preoccuperà di formare i futuri sacerdoti ai veri
valori culturali dei rispettivi paesi, al senso dell'onestà, della
responsabilità e della fedeltà alla parola data. Saranno formati in modo da
rivestire le qualità di rappresentanti di Cristo, di veri servitori e animatori
di comunità cristiane [...] così da essere sacerdoti spiritualmente solidi e
disponibili, votati alla causa del Vangelo, capaci di gestire con trasparenza i
beni della Chiesa e di condurre una vita semplice in conformità al loro
ambiente ».189 Pur rispettando le tradizioni proprie delle Chiese orientali, i
seminaristi siano formati in modo « che acquisiscano una vera maturità
affettiva ed abbiano idee chiare e un'intima convinzione sull'indissociabilità
del celibato e della castità del sacerdote »; 190 essi inoltre « ricevano una
adeguata formazione sul senso e il posto della consacrazione a Cristo nel
sacerdozio ».191
Diaconi
96. Laddove le condizioni pastorali si
prestino alla stima e alla comprensione di questo antico ministero della
Chiesa, le Conferenze e le Assemblee episcopali studieranno i modi più adatti
per promuovere ed incoraggiare il diaconato permanente « come ministero
ordinato e anche come mezzo di evangelizzazione ».192 E dove i diaconi esistono
già, ci si adopererà per fornire loro un aggiornamento organico e completo.
Sacerdoti
97. Profondamente grata a tutti i sacerdoti,
diocesani e membri di Istituti, per l'opera apostolica da essi svolta e
cosciente delle esigenze poste dall'evangelizzazione dei popoli d'Africa e
Madagascar, l'Assemblea sinodale li ha esortati a vivere la « fedeltà alla loro
vocazione, nel dono totale di sé alla missione e in piena comunione con il
proprio Vescovo ».193 Sarà compito dei Vescovi prendersi cura della formazione
permanente dei sacerdoti, soprattutto nei primi anni di ministero,194
aiutandoli in particolare ad approfondire il senso del sacro celibato ed a
perseverare nella fedele adesione ad esso, « sapendo apprezzare questo dono
meraviglioso che il Padre ha loro concesso e che il Signore ha così
esplicitamente esaltato, ed avendo anche presenti i grandi misteri che in esso
sono significati e realizzati ».195 In tale iter formativo va pure riservata
attenzione ai sani valori dell'ambiente di vita dei sacerdoti. È opportuno
ricordare, inoltre, che il Concilio Vaticano II ha incoraggiato fra i
presbiteri « una certa vita comune », ossia una qualche comunità di vita nelle
diverse forme suggerite dai concreti bisogni personali e pastorali. Ciò
contribuirà a fomentare la vita spirituale ed intellettuale, l'azione
apostolica e pastorale, la carità e la sollecitudine reciproca, specie nei
riguardi dei sacerdoti anziani, malati o in difficoltà.196
Vescovi
98. I Vescovi stessi porranno ogni cura nel
pascere la Chiesa che Dio si è acquistata con il sangue del proprio Figlio, in
adempimento dell'incarico loro affidato dallo Spirito Santo (cfr At 20, 28).
Impegnati, secondo la raccomandazione conciliare, a « svolgere il loro dovere
apostolico come testimoni di Cristo davanti a tutti gli uomini »,197 essi
eserciteranno personalmente, in collaborazione fiduciosa col presbiterio e con
gli altri operatori pastorali, l'insostituibile servizio dell'unità nella
carità, attendendo con sollecitudine ai compiti di insegnamento, di
santificazione e di governo pastorale. Non mancheranno, inoltre, di provvedere
all'approfondimento della loro cultura teologica ed al corroboramento della
loro vita spirituale, prendendo parte, per quanto possibile, alle sessioni di
aggiornamento e di formazione organizzate dalle Conferenze episcopali o dalla
Sede apostolica.198 Mai dimenticheranno, in particolare, l'ammonimento di san Gregorio
Magno, secondo cui il Pastore è luce dei suoi fedeli soprattutto mediante una
condotta morale esemplare e impregnata di santità.199
II. Strutture di evangelizzazione
99. È motivo di gioia e consolazione
costatare che « i fedeli laici sono sempre più associati alla missione della
Chiesa in Africa e Madagascar », grazie specialmente « al dinamismo dei
movimenti di azione cattolica, delle associazioni di apostolato e dei nuovi
movimenti di spiritualità. I Padri del Sinodo hanno caldamente auspicato che «
questo slancio continui e si sviluppi a tutti i livelli del laicato, sia che si
tratti degli adulti, che dei giovani, come pure dei bambini ».200
Parrocchie
100. La parrocchia è per sua natura
l'abituale luogo di vita e di culto dei fedeli. Essi possono esprimervi ed
attuarvi le iniziative che la fede e la carità cristiana suggeriscono alla
comunità dei credenti. La parrocchia è il luogo dove si manifesta la comunione
dei diversi gruppi e movimenti, che vi trovano sostegno spirituale e
appoggio materiale. Sacerdoti e laici porranno ogni impegno perché la vita
della parrocchia sia armoniosa, nel contesto di una Chiesa come Famiglia, dove
tutti sono « assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione
fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere » (At 2, 42).
Movimenti e associazioni
101. L'unione fraterna per una testimonianza
vivente del Vangelo sarà anche la finalità dei movimenti apostolici e delle
associazioni a carattere religioso. I fedeli laici vi trovano, in effetti,
un'occasione privilegiata per essere lievito nella pasta (cfr Mt 13,
33), specialmente per quanto riguarda la gestione delle cose temporali secondo
Dio e la lotta per la promozione della dignità umana, della giustizia e della
pace.
Scuole
102. « Le scuole cattoliche sono
contemporaneamente luoghi di evangelizzazione, di educazione integrale,
d'inculturazione e di apprendimento di un dialogo vitale tra giovani di
religioni e ambienti sociali differenti ».201 La Chiesa in Africa e in
Madagascar offrirà pertanto il proprio contributo alla promozione della «
scuola per tutti » 202 nel quadro della scuola cattolica, senza trascurare «
l'educazione cristiana degli alunni delle scuole non cattoliche. Agli
universitari sarà fornito un programma di formazione religiosa corrispondente
al loro livello di studio ».203 Tutto ciò, ovviamente, suppone la preparazione
umana, culturale e religiosa degli educatori stessi.
Università e Istituti superiori
103. « Le Università e gli Istituti
superiori cattolici in Africa svolgono un ruolo importante nella proclamazione
della Parola salvifica di Dio. Sono un segno della crescita della Chiesa in
quanto integrano nelle loro ricerche le verità e le esperienze della fede, ed
aiutano ad interiorizzarle. Questi centri di studio sono così a servizio della
Chiesa, fornendole personale ben preparato; studiando importanti questioni
teologiche e sociali; sviluppando la teologia africana; promuovendo il lavoro
d'inculturazione specialmente nella celebrazione liturgica; pubblicando libri e
diffondendo il pensiero cattolico; intraprendendo le ricerche loro affidate dai
Vescovi e contribuendo ad uno studio scientifico delle culture ».204
In questi tempi di capovolgimenti sociali
generalizzati sul continente, la fede cristiana può illuminare efficacemente la
società africana. « I centri culturali cattolici offrono alla Chiesa
singolari possibilità di presenza e di azione nel campo dei mutamenti
culturali. In effetti, essi costituiscono dei forum pubblici che
permettono la larga diffusione, mediante il dialogo creativo, delle convinzioni
cristiane sull'uomo, sulla donna, sulla famiglia, sul lavoro, sull'economia,
sulla società, sulla politica, sulla vita internazionale, sull'ambiente ».205
Essi so no così luoghi d'ascolto, di rispetto e di tolleranza.
Mezzi materiali
104. Proprio in questa prospettiva, i Padri
sinodali hanno messo in rilievo come sia necessario che ogni comunità cristiana
sia posta in grado di provvedere da sola, per quanto è possibile, alle proprie
necessità.206 L'evangelizzazione richiede, oltre a personale qualificato, mezzi
materiali e finanziari cospicui, e le diocesi sono non di rado ben lungi dal
disporne in misura sufficiente. È dunque urgente che le Chiese particolari
d'Africa si propongano l'obiettivo di giungere quanto prima a provvedere esse
stesse ai loro bisogni, assicurando così la loro autosufficienza. Di
conseguenza, invito pressantemente le Conferenze episcopali, le diocesi e tutte
le comunità cristiane delle Chiese del continente, in ciò che è di loro
competenza, ad impegnarsi perché questa autosufficienza divenga sempre più
reale. Al tempo stesso, faccio appello alle Chiese sorelle del mondo, affinché
sostengano più generosamente le Pontificie Opere Missionarie così che, mediante
i loro organismi di aiuto, esse possano offrire alle diocesi bisognose aiuti
economici destinati a progetti d'investimento, capaci di produrre risorse che
conducano al loro progressivo autofinanziamento.207 Non si deve, peraltro,
dimenticare che una Chiesa può pervenire all'autosufficienza materiale e finanziaria
solo se il popolo ad essa affidato non subisce condizioni di miseria estrema.
CAPITOLO
VI
EDIFICARE
IL REGNO DI DIO
Regno di giustizia e di pace
105. Il mandato che Gesù ha conferito ai
discepoli al momento di salire al cielo è indirizzato alla Chiesa di Dio per
tutti i tempi e tutti i luoghi. La Chiesa Famiglia di Dio in Africa deve
testimoniare Cristo anche mediante la promozione della giustizia e della pace
sul continente e nel mondo intero. « Beati gli operatori di pace, perché
saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli » (Mt 5, 9-10), dice il Signore. La
testimonianza della Chiesa deve essere accompagnata dall'impegno convinto di
ciascun membro del popolo di Dio per la giustizia e la solidarietà. Ciò è
particolarmente importante per i laici che occupano funzioni pubbliche, poiché
questa testimonianza esige un atteggiamento spirituale permanente e uno stile
di vita in armonia con la fede cristiana.
La dimensione ecclesiale della
testimonianza
106. I Padri sinodali, sottolineando la
dimensione ecclesiale di tale testimonianza, hanno solennemente dichiarato: «
La Chiesa deve continuare a svolgere il suo ruolo profetico ed essere voce di
chi non ha voce ».208
Ma per realizzare ciò in maniera efficace,
la Chiesa, in quanto comunità di fede, dev'essere una testimone forte della
giustizia e della pace nelle sue strutture e nelle relazioni tra i suoi membri.
Il Messaggio del Sinodo coraggiosamente dichiara: « Le Chiese d'Africa hanno
anche riconosciuto che nel loro seno la giustizia non è sempre rispettata nei
confronti di quanti sono al loro servizio. La Chiesa deve essere testimone di
giustizia e, perciò, riconosce che chiunque osi parlare agli uomini di giustizia
deve sforzarsi egli stesso di essere giusto ai loro occhi. Bisogna perciò
prendere in esame con cura le procedure, i beni e lo stile di vita della Chiesa
».209
Il suo apostolato, per quanto riguarda la
promozione della giustizia e, in particolare, la difesa dei diritti umani
fondamentali, non può essere lasciato all'improvvisazione. Cosciente del fatto
che in numerosi paesi d'Africa vengono perpetrate flagranti violazioni della
dignità e dei diritti dell'uomo, domando alle Conferenze episcopali d'istituire,
laddove non esistano ancora, delle Commissioni « Giustizia e Pace » ai vari
livelli. Queste dovranno sensibilizzare le comunità cristiane alle loro
responsabilità evangeliche in merito alla difesa dei diritti umani.210
107. Se l'annuncio della giustizia e della
pace è parte integrante del compito di evangelizzazione, ne deriva che la
promozione di questi valori dovrà anche far parte del programma pastorale di
ciascuna comunità cristiana. Ecco perché insisto sulla necessità di formare
tutti gli operatori pastorali in modo adeguato in vista di tale apostolato: «
La formazione del clero, dei religiosi e dei laici impartita nei campi propri
del loro apostolato porrà l'accento sulla dottrina sociale della Chiesa.
Ciascuno, secondo il proprio stato di vita, prenderà coscienza dei suoi diritti
e dei suoi doveri, imparerà il senso e il servizio del bene comune, come pure i
criteri di una onesta gestione dei beni pubblici e di una corretta presenza
nella vita politica, così da poter intervenire in maniera credibile dinanzi
alle ingiustizie sociali ».211
Come corpo organizzato all'interno della
comunità e della nazione, la Chiesa ha il diritto e il dovere di partecipare
pienamente all'edificazione di una società giusta e pacifica con tutti i mezzi
a sua disposizione. Bisogna qui ricordare il suo apostolato nei campi
dell'educazione, delle cure sanitarie, della sensibilizzazione sociale e di
altri programmi di assistenza. Nella misura in cui con queste sue attività
contribuisce a ridurre l'ignoranza, a migliorare la salute pubblica e favorire
una maggiore partecipazione di tutti ai problemi della società in spirito di
libertà e di corresponsabilità, la Chiesa crea le condizioni per il progresso
della giustizia e della pace.
Il sale della terra
108. Ai nostri giorni, nel contesto di una
società pluralista, è soprattutto grazie all'impegno dei cattolici nella vita
pubblica che la Chiesa può esercitare un'influenza efficace. Dai cattolici,
siano essi professionisti o insegnanti, uomini d'affari o funzionari, agenti di
sicurezza o politici, ci si aspetta che testimonino bontà, verità, giustizia e
amore di Dio nelle loro attività di ogni giorno. « Il compito del fedele laico
[...] è quello di essere il sale e la luce nella vita quotidiana, specialmente
laddove è il solo a poter intervenire ».212
Collaborare con gli altri credenti
109. L'obbligo di impegnarsi per lo sviluppo
dei popoli non è un dovere soltanto individuale, né tanto meno
individualistico, come se fosse possibile conseguirlo con gli sforzi isolati di
ciascuno. Esso è un imperativo per ogni uomo ed ogni donna, come per le società
e le nazioni; in particolare, esso è un imperativo per la Chiesa cattolica e
per le altre Chiese e Comunità ecclesiali, con le quali i cattolici sono
disposti a collaborare in questo campo.213 In tal senso, come i cattolici
invitano i fratelli cristiani a partecipare alle loro iniziative, così,
accogliendo gli inviti che sono loro rivolti, si dichiarano pronti a
collaborare a quelle da questi avviate. Per favorire lo sviluppo integrale dell'uomo
i cattolici possono fare molto anche con i credenti delle altre religioni, come
del resto già stanno facendo in diversi luoghi.214
Una buona gestione degli affari
pubblici
110. I Padri del Sinodo sono stati unanimi
nel riconoscere che la più grande sfida per realizzare la giustizia e la pace
in Africa consiste nel gestire bene gli affari pubblici nei due campi, tra loro
connessi, della politica e dell'economia. Certi problemi hanno origine fuori
dal continente e, per questo motivo, non sono interamente sotto il controllo
dei governanti e dei dirigenti nazionali. Ma l'Assemblea sinodale ha
riconosciuto che molte problematiche del continente sono la conseguenza di un
modo di governare sovente inquinato dalla corruzione. È necessario un forte
risveglio delle coscienze, unito ad una ferma determinazione della volontà, per
porre in essere quelle soluzioni che non è ormai più possibile rimandare.
Costruire la nazione
111. Sul versante politico, l'arduo processo
della costruzione di unità nazionali incontra nel continente africano
particolari ostacoli, essendo la maggior parte degli Stati entità politiche
relativamente recenti. Conciliare profonde differenze, superare antiche
animosità di natura etnica e integrarsi in un ordine mondiale esige grande
abilità nell'arte di governare. Per questo motivo, l'Assemblea sinodale ha
elevato al Signore una fervente preghiera perché sorgano in Africa politici —
uomini e donne — santi; perché si abbiano santi capi di Stato, che amino il
proprio popolo fino in fondo e che desiderino servire piuttosto che
servirsi.215
La via del diritto
112. Le fondamenta di un buon governo devono
essere stabilite sulla solida base delle leggi, che proteggono i diritti e
definiscono i doveri dei cittadini.216 Debbo constatare con grande tristezza
che non poche nazioni africane soffrono ancora sotto regimi autoritari e
oppressivi, che negano ai sudditi la libertà personale e i diritti umani
fondamentali, in particolar modo la libertà di associazione e di espressione
politica, e il diritto di scegliere i propri governanti mediante libere ed eque
elezioni. Tali ingiustizie politiche provocano tensioni che sovente degenerano
in conflitti armati e in guerre interne, recando con sé gravi conseguenze,
quali carestie, epidemie, distruzioni, per non parlare degli stermini, dello
scandalo e della tragedia dei rifugiati. Per questo motivo, il Sinodo ha
sostenuto con ragione che un'autentica democrazia, nel rispetto del pluralismo,
è « una delle vie principali sulle quali la Chiesa cammina con il popolo. [...]
Il laico cristiano, impegnato nelle lotte democratiche secondo lo spirito del
Vangelo, è il segno di una Chiesa che vuol essere presente alla costruzione di
uno Stato di diritto, in tutta l'Africa ».217
Gestire il patrimonio comune
113. Il Sinodo, inoltre, fa appello ai
governi africani affinché adottino politiche appropriate al fine di promuovere
la crescita economica e gli investimenti, in vista della creazione di nuovi
posti di lavoro.218 Ciò comporta l'impegno di perseguire politiche economiche
sane, stabilendo corrette priorità per lo sfruttamento e la distribuzione delle
risorse nazionali talora esigue, in modo da provvedere ai bisogni fondamentali
delle persone e da assicurare un'onesta ed equa divisione dei benefici e degli
oneri. I governi hanno, in particolare, l'inderogabile dovere di proteggere il
patrimonio comune contro tutte le forme di spreco e di appropriazione indebita
da parte di cittadini privi di senso civico o di stranieri senza scrupoli. Ai
governi spetta pure di intraprendere adeguate iniziative per migliorare le
condizioni del commercio internazionale.
I problemi economici dell'Africa sono resi
più gravi dalla disonestà di taluni governanti corrotti, che, in connivenza con
interessi privati locali o stranieri, stornano a loro profitto le risorse
nazionali, trasferendo denaro pubblico su conti privati in banche estere. Si
tratta di veri e propri furti, qualunque ne sia la copertura legale. Auspico
vivamente che gli organismi internazionali e persone integre di paesi africani
o di altri paesi del mondo sappiano apprestare i mezzi giuridici adeguati per
far rientrare i capitali indebitamente sottratti. Anche nella concessione di
prestiti è importante assicurarsi circa la responsabilità e la trasparenza dei
destinatari.219
La dimensione internazionale
114. In quanto Assemblea di Vescovi della
Chiesa universale presieduta dal Successore di Pietro, il Sinodo è stato una
occasione provvidenziale per valutare in maniera positiva il posto e il ruolo
dell'Africa nel contesto della Chiesa universale e della comunità mondiale.
Essendo il mondo in cui viviamo sempre più interdipendente, i destini e i
problemi delle varie regioni sono tra loro connessi. La Chiesa, in quanto
Famiglia di Dio sulla terra, deve essere il segno vivente e lo strumento efficace
della solidarietà universale, in vista dell'edificazione di una comunità di
giustizia e di pace di dimensioni planetarie. Un mondo migliore sorgerà
soltanto se verrà costruito sulle fondamenta solide di sani principi etici e
spirituali.
Nell'attuale situazione mondiale, le nazioni
africane sono tra le più svantaggiate. È necessario che i paesi ricchi prendano
chiara coscienza del loro dovere di sostenere gli sforzi dei paesi che lottano
per uscire dalla povertà e dalla miseria. Del resto, è nello stesso interesse
delle nazioni ricche scegliere la via della solidarietà, perché solo così è
possibile assicurare all'umanità una pace ed una armonia durevoli. La Chiesa,
poi, che vive nei paesi sviluppati non può ignorare la responsabilità
aggiuntiva che le deriva dall'impegno cristiano per la giustizia e la carità:
poiché tutti, uomini e donne, portano in sé l'immagine di Dio e sono chiamati a
far parte della stessa famiglia redenta dal sangue di Cristo, deve essere
garantito a ciascuno un giusto accesso alle risorse della terra che Dio ha
posto a disposizione di tutti.220
Non è difficile intravvedere le numerose
implicazioni pratiche che una simile impostazione comporta. Occorre
innanzitutto adoperarsi per migliori relazioni socio-politiche tra le nazioni,
assicurando condizioni di maggiore giustizia e dignità per quelle tra di esse
che, con la raggiunta indipendenza, sono entrate da minor tempo nel consesso
internazionale. È necessario poi prestare ascolto con interiore partecipazione
al grido angosciato delle nazioni povere, che chiedono aiuto in ambiti di
particolare importanza: la denutrizione, il deterioramento generalizzato della
qualità della vita, l'insufficienza dei mezzi per la formazione dei giovani, la
carenza dei servizi sanitari e sociali elementari, con la conseguente
persistenza di malattie endemiche, la diffusione del terribile flagello
dell'AIDS, il gravoso e talora insopportabile peso del debito internazionale,
l'orrore delle guerre fratricide alimentate da un traffico d'armi senza
scrupoli, lo spettacolo vergognoso e miserando dei profughi e dei rifugiati.
Ecco alcuni campi in cui sono necessari interventi immediati, che restano
opportuni anche se appaiono insufficienti nel quadro globale dei problemi.
I. Elementi di preoccupazione
Ridare la speranza ai giovani
115. La situazione economica di povertà ha
un impatto particolarmente negativo sui giovani. Essi entrano nella vita degli
adulti con scarso entusiasmo a causa di un presente segnato da non poche
frustrazioni, e guardano con ancor minore speranza all'avvenire, che appare ai
loro occhi triste ed oscuro. Per questo tendono a fuggire dalle zone rurali
trascurate e si raggruppano nelle città, che, in fondo, non hanno da offrire
loro molto di meglio. Non pochi di loro vanno all'estero come in esilio, e lì
vivono un'esistenza precaria di rifugiati economici. Sento il dovere, insieme
ai Padri del Sinodo, di perorare la loro causa: è necessario ed urgente trovare
una soluzione alla loro impazienza di partecipare alla vita della nazione e
della Chiesa.221
Al tempo stesso, però, è ai giovani che
voglio pure rivolgere un appello: Cari giovani, il Sinodo vi chiede di farvi
carico dello sviluppo delle vostre nazioni, di amare la cultura del vostro
popolo e di lavorare alla sua rivitalizzazione con fedeltà alla vostra eredità
culturale, con l'affinamento dello spirito scientifico e tecnico e,
soprattutto, con la testimonianza della fede cristiana.222
Il flagello dell'AIDS
116. Su questo sfondo di povertà generale e
di servizi sanitari inadeguati, il Sinodo ha preso in considerazione il tragico
flagello dell'AIDS, che semina dolore e morte in numerose zone dell'Africa.
Esso ha costatato il ruolo svolto nella diffusione di tale malattia da
comportamenti sessuali irresponsabili e ha formulato questa ferma raccomandazione:
« L'affetto, la gioia, la felicità e la pace procurati dal Matrimonio cristiano
e dalla fedeltà, così come la sicurezza data dalla castità, devono essere
continuamente presentati ai fedeli, soprattutto ai giovani ».223
La lotta contro l'AIDS deve essere
ingaggiata da tutti. Facendo eco alla voce dei Padri sinodali, anch'io domando
agli operatori pastorali di portare ai fratelli e alle sorelle colpiti
dall'AIDS tutto il conforto possibile sia materiale che morale e spirituale.
Agli uomini di scienza e ai responsabili politici di tutto il mondo chiedo con
viva insistenza che, mossi dall'amore e dal rispetto dovuti ad ogni persona
umana, non facciano economia quanto ai mezzi capaci di mettere fine a questo
flagello.
« Forgiate le spade in vomeri » (cfr
Is 2, 4): mai più guerre!
117. La tragedia delle guerre che dilaniano
l'Africa è stata descritta dai Padri sinodali con parole incisive: « L'Africa è
da parecchi decenni il teatro di guerre fratricide, che decimano le popolazioni
e distruggono le loro ricchezze naturali e culturali ».224 Il dolorosissimo
fenomeno, oltre a cause esterne all'Africa, ha pure cause interne, quali « il
tribalismo, il nepotismo, il razzismo, l'intolleranza religiosa, la sete di
potere, spinta all'estremo nei regimi totalitari che deridono impunemente i
diritti e la dignità dell'uomo. Le popolazioni beffate e ridotte al silenzio
subiscono, quali vittime innocenti e rassegnate, tutte queste situazioni
d'ingiustizia ».225
Non posso non unire la mia voce a quella dei
membri dell'Assemblea sinodale per deplorare le situazioni di indicibile
sofferenza, provocate dai tanti conflitti in atto o potenziali, e per chiedere
a quanti ne hanno la possibilità di impegnarsi a fondo per porre fine a simili
tragedie.
Esorto, inoltre, insieme con i Padri
sinodali, a fattivo impegno per promuovere nel continente condizioni di
maggiore giustizia sociale e di più equo esercizio del potere, per preparare
così il terreno alla pace. « Se vuoi la pace, lavora per la giustizia ».226 È
preferibile — ed anche più facile — prevenire le guerre piuttosto che tentare
di arrestarle dopo che sono scoppiate. tempo che i popoli spezzino le loro
spade per farne vomeri e le loro lance per farne falci (cfr Is 2, 4).
118. La Chiesa in Africa — in particolare
attraverso taluni suoi responsabili — è stata in prima linea nella ricerca di
soluzioni negoziate per i conflitti armati scoppiati in numerose zone del
continente. Questa missione di pacificazione dovrà continuare, incoraggiata da
quanto il Signore promette nelle Beatitudini: « Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio » (Mt 5, 9).
Coloro che alimentano le guerre in Africa
mediante il traffico di armi sono complici di odiosi crimini contro l'umanità.
Faccio mie, al riguardo, le raccomandazioni del Sinodo che, dopo aver
dichiarato: « Il commercio di armi che semina la morte è uno scandalo », ha
fatto appello a tutti i Paesi che vendono armi all'Africa per implorarli di «
smettere questo commercio » ed ha chiesto ai governi africani di « rinunciare
alle eccessive spese militari per dedicare più risorse all'educazione, alla
sanità e al benessere dei loro popoli ».227
L'Africa deve continuare a cercare mezzi
pacifici ed efficaci affinché i regimi militari passino il potere ai civili.
Tuttavia, è altrettanto vero che i militari sono chiamati a svolgere un loro
peculiare ruolo nel paese. Per questo il Sinodo, mentre elogia « i fratelli
soldati, per il servizio che rendono in nome delle nostre nazioni »,228 li
avverte subito con forza che « dovranno rispondere direttamente a Dio di
qualsiasi atto di violenza compiuto contro la vita degli innocenti ».229
Rifugiati e profughi
119. Uno dei frutti più amari delle guerre e
delle difficoltà economiche è il triste fenomeno dei rifugiati e dei profughi,
fenomeno che, come ricorda il Sinodo, ha raggiunto dimensioni tragiche. La
soluzione ideale sta nel ristabilimento di una pace giusta, nella
riconciliazione e nello sviluppo economico. È, pertanto, urgente che le
organizzazioni nazionali, regionali e internazionali risolvano in modo equo e
durevole i problemi dei rifugiati e dei profughi.230 Nel frattempo, però,
giacché il continente continua a soffrire della migrazione in massa di
rifugiati, lancio un pressante appello affinché ad essi sia recato aiuto
materiale e sia offerto sostegno pastorale là dove si trovano, in Africa o in
altri continenti.
Il peso del debito internazionale
120. La questione del debito delle nazioni
povere verso quelle ricche è oggetto di grande preoccupazione per la Chiesa,
come risulta da numerosi documenti ufficiali e da non pochi interventi della
Santa Sede in varie occasioni.231
Riprendendo ora le parole dei Padri
sinodali, sento innanzitutto il dovere di esortare « i capi di Stato e i loro
governi in Africa a non schiacciare il popolo con debiti interni ed esterni
».232 Rivolgo poi un pressante appello « al Fondo Monetario Internazionale,
alla Banca Mondiale, come pure a tutti i creditori, perché alleggeriscano i
debiti che soffocano le nazioni africane ».233 Chiedo infine con insistenza «
alle Conferenze episcopali dei Paesi industrializzati di farsi avvocati di tale
causa presso i loro governi ed altri organismi interessati ».234 La situazione
di numerosi Paesi africani è così drammatica da non consentire atteggiamenti di
indifferenza e di disimpegno.
Dignità della donna africana
121. Uno dei segni tipici della nostra epoca
è la crescente presa di coscienza della dignità della donna e del suo specifico
ruolo nella Chiesa e nella società in generale. « Dio creò l'uomo a sua
immagine, ad immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò » (Gn 1,
27).
Io stesso ho ripetutamente affermato la
fondamentale uguaglianza e l'arricchente complementarietà esistente tra l'uomo
e la donna.235 Il Sinodo ha applicato questi principi alla condizione delle
donne in Africa. I loro diritti e doveri quanto all'edificazione della famiglia
e alla piena partecipazione allo sviluppo della Chiesa e della società sono
stati fortemente sottolineati. Per quanto riguarda specificamente la Chiesa, è
opportuno che le donne, adeguatamente formate, vengano rese partecipi, ai
livelli appropriati, dell'attività apostolica della Chiesa.
La Chiesa deplora e condanna, nella misura
in cui sono ancora presenti in diverse società africane, tutti « i costumi e le
pratiche che privano le donne dei loro diritti e del rispetto che è loro dovuto
».236 È quanto mai auspicabile che le Conferenze episcopali diano vita a
commissioni speciali per approfondire lo studio dei problemi della donna in
collaborazione con gli uffici governativi interessati, là dove è possibile.237
II. Comunicare la Buona novella
Seguire Cristo, Comunicatore per
eccellenza
122. Il Sinodo ha avuto molto da dire circa
il tema della comunicazione sociale nel campo dell'evangelizzazione
dell'Africa, tenendo ben presenti le attuali circostanze. Il punto di partenza
teologico è Cristo, il Comunicatore per eccellenza, che a coloro che credono in
lui partecipa la verità, la vita e l'amore condiviso con il Padre celeste e lo
Spirito Santo. Per questo « la Chiesa prende coscienza del dovere di promuovere
la comunicazione sociale ad intra e ad extra. Essa intende favorire la
comunicazione al suo interno migliorando la diffusione dell'informazione tra i
suoi membri ».238 Ciò l'avvantaggerà nel comunicare al mondo la Buona Novella
dell'amore di Dio rivelato in Gesù Cristo.
Forme tradizionali di comunicazione
123. Le forme tradizionali di comunicazione
sociale non devono in nessun caso essere sottovalutate. In numerosi ambienti
africani esse risultano ancora molto utili ed efficaci. Inoltre, esse sono «
meno costose e più accessibili ».239 Comprendono i canti e la musica, i mimi e
il teatro, i proverbi e i racconti. In quanto veicoli della saggezza e dello
spirito popolare, essi costituiscono una sorgente preziosa di contenuti e di
ispirazione per i mezzi moderni.
Evangelizzazione del mondo dei mezzi
di comunicazione
124. I moderni mass-media non costituiscono
soltanto strumenti di comunicazione; sono anche un mondo da evangelizzare.
Circa i messaggi da essi trasmessi, bisogna assicurarsi che vi si propongano il
bene, il vero e il bello. Facendo eco alla preoccupazione dei Padri del Sinodo,
manifesto la mia inquietudine per quanto riguarda il contenuto morale di
moltissimi programmi che i mezzi di comunicazione diffondono nel continente
africano; in particolare, metto in guardia contro la pornografia e la violenza,
con cui si intende invadere le nazioni povere. D'altra parte, giustamente il
Sinodo ha deplorato « la rappresentazione molto negativa che i mass-media fanno
dell'Africano e domanda che essa finisca immediatamente ».240
Ogni cristiano deve preoccuparsi che i mezzi
di comunicazione siano veicolo di evangelizzazione. Ma il cristiano che opera
come professionista in questo settore ha un suo ruolo speciale da svolgere. È
suo dovere, infatti, fare in modo che i principi cristiani influenzino la
pratica della professione, ivi compreso anche il settore tecnico e
amministrativo. Per permettergli di svolgere tale ruolo in modo adeguato,
occorre fornirgli una sana formazione umana, religiosa e spirituale.
Uso dei mezzi della comunicazione
sociale
125. La Chiesa di oggi può disporre di una
varietà di mezzi di comunicazione sociale, tanto tradizionali quanto moderni. È
suo dovere farne il miglior uso per diffondere il messaggio della salvezza. Per
quanto concerne la Chiesa in Africa, l'accesso a questi mezzi è reso difficile
da numerosi ostacoli, non ultimo il loro costo elevato. In molte località,
inoltre, esistono norme governative che impongono, al riguardo, un controllo
indebito. È necessario fare ogni sforzo per rimuovere tali ostacoli: i mezzi di
comunicazione, privati o pubblici che siano, devono essere al servizio delle
persone, senza eccezione. Invito pertanto le Chiese particolari d'Africa a fare
tutto ciò che è in loro potere per conseguire tale obiettivo.241
Collaborazione e coordinamento dei
mass-media
126. I mezzi di comunicazione, soprattutto
nelle loro forme più moderne, esercitano un influsso che supera ogni frontiera;
in tale ambito si rende perciò necessario un coordinamento stretto, che
consenta una più efficace collaborazione a tutti i livelli: diocesano,
nazionale, continentale e universale. In Africa, la Chiesa ha molto bisogno
della solidarietà delle Chiese sorelle dei Paesi più ricchi, e più avanzati dal
punto di vista tecnologico. Sempre in Africa, alcuni programmi di
collaborazione continentale già operanti, come il « Comitato episcopale
pan-africano di comunicazioni sociali », dovrebbero essere incoraggiati e
rivitalizzati. E come ha suggerito il Sinodo, bisognerà stabilire una più
stretta collaborazione in altri settori, quali la formazione professionale, le
strutture produttive della radio e della televisione, e le emittenti a portata
continentale.242
CAPITOLO
VII
« MI
SARETE TESTIMONI FINO AGLI ESTREMI CONFINI DELLA TERRA »
127. Durante l'Assemblea speciale i Padri
sinodali hanno esaminato a fondo la situazione africana nel suo insieme, al
fine di incoraggiare una sempre più concreta e credibile testimonianza a Cristo
in seno a ciascuna Chiesa locale, a ciascuna nazione, a ciascuna regione, e
nell'intero continente africano. In tutte le riflessioni e le raccomandazioni
fatte dall'Assemblea speciale traspare il desiderio preponderante di testimoniare
Cristo. Vi ho ritrovato lo spirito di quanto avevo detto ad un gruppo di
Vescovi in Africa: « Rispettando, preservando e favorendo i valori propri e le
ricchezze dell'eredità culturale del vostro popolo, sarete in condizione di
guidarlo verso una migliore comprensione del mistero di Cristo che dev'essere
vissuto nelle esperienze nobili, concrete e quotidiane della vita africana. Non
si tratta di falsificare la Parola di Dio o di svuotare la Croce della sua
potenza (cfr 1 Cor 1, 17), ma piuttosto di portare Cristo al cuore stesso
della vita africana e di elevare la vita africana tutta intera fino a Cristo.
Così, non soltanto il cristianesimo si rivela adatto all'Africa, ma Cristo
stesso, nelle membra del suo corpo, è africano ».243
Aperti alla missione
128. La Chiesa in Africa non è chiamata a
testimoniare Cristo solamente sul continente; anche ad essa è infatti rivolta
la parola del Signore risorto: « Mi sarete testimoni [...] fino agli estremi
confini della terra » (At 1, 8). Proprio per questo, nel corso delle
discussioni sul tema del Sinodo, i Padri hanno accuratamente evitato ogni
tendenza all'isolamento della Chiesa in Africa. In ogni momento l'Assemblea
speciale s'è mantenuta nella prospettiva del mandato missionario che la Chiesa
ha ricevuto da Cristo di testimoniarlo nel mondo intero.244 I Padri sinodali
hanno riconosciuto la chiamata che Dio rivolge all'Africa perché svolga a pieno
titolo, su scala mondiale, il suo ruolo nel piano di salvezza del genere umano
(cfr 1 Tm 2, 4).
129. È proprio in funzione di questo impegno
per la cattolicità della Chiesa che già i Lineamenta dell'Assemblea
speciale per l'Africa dichiaravano: « Nessuna Chiesa particolare, neanche la
più povera, potrà essere dispensata dall'obbligo di condividere le sue risorse
spirituali, temporali e umane con altre Chiese particolari e con la Chiesa
universale (cfr At 2, 44-45) ».245 Da parte sua, l'Assemblea speciale ha
fortemente sottolineato la responsabilità dell'Africa per la missione « fino
agli estremi confini del mondo » con i seguenti termini: « La frase profetica
di Paolo VI — "Voi, Africani, siete chiamati ad essere missionari di voi
stessi" — va intesa così: "siete missionari per il mondo intero"
[...]. È stato lanciato un appello alle Chiese particolari d'Africa per la missione
al di fuori dei limiti delle loro proprie diocesi ».246
130. Approvando con gioia e riconoscenza
questa dichiarazione dell'Assemblea speciale, desidero ripetere a tutti i miei
fratelli Vescovi d'Africa ciò che dicevo qualche anno fa: « L'obbligo per la
Chiesa in Africa di essere missionaria nel proprio seno e di evangelizzare il
continente implica la collaborazione tra Chiese particolari nel contesto di
ogni paese africano e in quello delle diverse nazioni del continente o anche di
altri continenti. È in questo modo che l'Africa si integra pienamente
nell'attività missionaria ».247 In un appello precedente, indirizzato a tutte
le Chiese particolari, di recente e di antica fondazione, già dicevo che « il
mondo va sempre più unificandosi, lo spirito evangelico deve portare al
superamento di barriere culturali e nazionalistiche, evitando ogni chiusura
».248
La coraggiosa determinazione manifestata
dall'Assemblea speciale di impegnare le giovani Chiese d'Africa nella missione
« fino agli estremi confini della terra » riflette il desiderio di seguire, il
più generosamente possibile, una delle importanti direttive del Concilio
Vaticano II: « Perché questo zelo missionario fiorisca nei membri della loro
patria, è assai conveniente che le giovani Chiese partecipino quanto prima di
fatto alla missione universale della Chiesa, inviando anch'esse dei missionari
a predicare dappertutto il Vangelo, anche quando soffrono per scarsezza di
clero. La comunione con la Chiesa universale raggiungerà in un certo modo la
sua perfezione solo quando anch'esse prenderanno parte attiva allo sforzo
missionario diretto verso le altre nazioni ».249
Solidarietà pastorale organica
131. All'inizio della presente Esortazione
ho fatto notare che, annunciando la convocazione dell'Assemblea speciale per
l'Africa del Sinodo dei Vescovi, miravo in prospettiva alla promozione di « una
solidarietà pastorale organica nell'intero territorio africano ed isole attigue
».250 Ho il piacere di costatare che l'Assemblea ha coraggiosamente perseguito
tale obiettivo. Le discussioni al Sinodo hanno rivelato la premura e la
generosità dei Vescovi per questa solidarietà pastorale e per la condivisione
delle loro risorse con altri, anche quando avevano essi stessi bisogno di
missionari.
132. Proprio ai miei fratelli Vescovi, che «
sono con me direttamente responsabili dell'evangelizzazione del mondo, sia come
membri del Collegio episcopale, sia come Pastori delle Chiese particolari »,251
voglio rivolgere a questo riguardo una speciale parola. Nella quotidiana dedizione
al gregge loro affidato, essi non devono mai perdere di vista le necessità
della Chiesa nel suo insieme. In quanto Vescovi cattolici, essi non
possono non avvertire la sollecitudine per tutte le Chiese, che bruciava nel
cuore dell'Apostolo (cfr 2 Cor 11, 28). Non possono non avvertirla
soprattutto quando riflettono e decidono insieme, come membri delle
rispettive Conferenze episcopali, le quali, mediante gli organismi di
collegamento a livello regionale e continentale, sono in grado di meglio percepire
e valutare le urgenze pastorali emergenti in altre parti del mondo.
Un'espressione eminente di solidarietà apostolica i Vescovi la realizzano, poi,
nel Sinodo: esso « tra gli affari di importanza generale deve seguire con
particolare sollecitudine l'attività missionaria, che è il dovere più alto e
più sacro della Chiesa ».252
133. L'Assemblea speciale ha fatto inoltre
giustamente notare che, per preparare una solidarietà pastorale d'insieme in
Africa, è necessario promuovere il rinnovamento della formazione dei sacerdoti.
Non si mediteranno mai abbastanza le parole del Concilio Vaticano II là dove
afferma che « il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto
nell'ordinazione non li prepara ad una missione limitata e ristretta, bensì ad
una vastissima e universale missione di salvezza, "fino agli estremi
confini della terra" (At 1, 8) ».253
Per questo motivo io stesso ho esortato i
sacerdoti a « rendersi concretamente disponibili allo Spirito Santo e al
Vescovo, per essere mandati a predicare il Vangelo oltre i confini del loro
paese. Ciò richiederà in essi non solo maturità nella vocazione, ma pure una
capacità non comune di distacco dalla propria patria, etnia e famiglia, e una
particolare idoneità a inserirsi nelle altre culture con intelligenza e rispetto
».254
Sono profondamente grato a Dio
nell'apprendere che in numero crescente sacerdoti africani hanno risposto
all'appello ad essere testimoni « fino agli estremi confini della terra ».
Spero ardentemente che questa tendenza venga stimolata e consolidata in tutte
le Chiese particolari d'Africa.
134. È pure motivo di grande conforto sapere
che gli Istituti missionari, presenti in Africa da lungo tempo, « accolgono
oggi in misura crescente candidati provenienti dalle giovani Chiese che hanno
fondato »,255 permettendo così a queste stesse Chiese di partecipare
all'attività missionaria della Chiesa universale. Esprimo parimenti grato
compiacimento ai nuovi Istituti missionari che sono sorti nel continente e che
oggi inviano i loro membri ad gentes. È uno sviluppo provvidenziale e
meraviglioso che manifesta la maturità e il dinamismo della Chiesa che è in
Africa.
135. Vorrei far mia in modo particolare
l'esplicita raccomandazione dei Padri sinodali perché si stabiliscano le
quattro Pontificie Opere Missionarie in ciascuna Chiesa particolare e in
ciascun Paese, come mezzo per realizzare una solidarietà pastorale organica in
favore della missione « fino agli estremi confini della terra ». Opere del Papa
e del Collegio episcopale, esse occupano « giustamente il primo posto, perché
sono mezzi sia per infondere nei cattolici, fin dall'infanzia, uno spirito
veramente universale e missionario, sia per favorire un'adeguata raccolta di
sussidi a vantaggio di tutte le missioni e secondo le necessità di ciascuna
».256 Un frutto significativo della loro attività « è quello di suscitare
vocazioni ad gentes e a vita, sia nelle Chiese antiche come in quelle
più giovani. Raccomando vivamente di orientare sempre più a questo fine il loro
servizio di animazione ».257
Santità e missione
136. Il Sinodo ha riaffermato che tutti i
figli e le figlie d'Africa sono chiamati alla santità e ad essere testimoni di
Cristo in ogni parte del mondo. « Le lezioni della storia confermano che,
mediante l'azione dello Spirito Santo, l'evangelizzazione si compie prima di
tutto attraverso la testimonianza di carità, la testimonianza di santità ».258
Per questo, desidero ripetere a tutti i cristiani d'Africa le parole che ho
scritto qualche anno fa: « Ogni missionario è autenticamente tale solo se si impegna
nella via della santità [...]. Ogni fedele è chiamato alla santità e alla
missione [...]. La rinnovata spinta verso la missione ad gentes esige
missionari santi. Non basta rinnovare i metodi pastorali, né organizzare e
coordinare meglio le forze ecclesiali, né esplorare con maggiore acutezza le
basi bibliche e teologiche della fede: occorre suscitare un nuovo "ardore
di santità" fra i missionari e in tutta la comunità cristiana ».259
Anche adesso, come allora, mi rivolgo ai
cristiani delle giovani Chiese per metterli di fronte alle loro responsabilità:
« Siete voi, oggi, la speranza di questa nostra Chiesa, che ha duemila anni:
essendo giovani nella fede, dovete essere come i primi cristiani, ed irradiare
entusiasmo e coraggio, in generosa dedizione a Dio e al prossimo; in una
parola, dovete mettervi sulla via della santità. Solo così potete essere segno
di Dio nel mondo e rivivere nei vostri paesi l'epopea missionaria della Chiesa
primitiva. E sarete anche fermento di spirito missionario per le Chiese più
antiche ».260
137. La Chiesa che è in Africa condivide con
la Chiesa universale « la sublime vocazione di realizzare, in se stessa prima
di tutto, l'unità del genere umano al di là delle differenze etniche,
culturali, nazionali, sociali e di altro genere, al fine di mostrare proprio la
caducità di queste differenze, abolite dalla croce di Cristo ».261 Rispondendo
alla vocazione di essere nel mondo il popolo redento e riconciliato, la Chiesa
contribuisce a promuovere una coesistenza fraterna tra i popoli, trascendendo
le distinzioni di razza e di nazionalità.
Attesa la specifica vocazione affidata alla
Chiesa dal suo divino Fondatore, chiedo con insistenza alla comunità cattolica
che è in Africa di offrire davanti all'intera umanità un'autentica testimonianza
dell'universalismo cristiano che sgorga dalla paternità di Dio. « Tutti gli
uomini creati in Dio hanno la stessa origine; qualunque possa essere la
loro dispersione geografica o l'accentuazione delle loro differenze nel corso
della storia, essi sono destinati a formare una sola famiglia secondo il
disegno di Dio stabilito "al principio" ».262 La Chiesa in Africa è
chiamata ad andare incontro per amore ad ogni essere umano credendo con forza
che « con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo
».263
In particolare, l'Africa deve offrire il
proprio contributo al movimento ecumenico, del quale, nella Lettera enciclica Ut
unum sint, ho di recente nuovamente sottolineato l'urgenza in vista del
terzo millennio.264 Essa può sicuramente giocare un ruolo importante anche nel
dialogo tra le religioni, soprattutto coltivando relazioni intense con i
musulmani e favorendo un attento rispetto verso i valori della religione
tradizionale africana.
Praticare la solidarietà
138. Testimoniando Cristo « fino agli
estremi confini della terra », la Chiesa in Africa sarà sostenuta di sicuro
dalla convinzione del « valore positivo e morale » che riveste la «
crescente consapevolezza dell'interdipendenza tra gli uomini e le
nazioni. Il fatto che uomini e donne, in varie parti del mondo, sentano come
proprie le ingiustizie e le violazioni dei diritti umani commesse in paesi
lontani, che forse non visiteranno mai, è un segno ulteriore di una realtà
interiorizzata dalla coscienza, ed elevata così ad una connotazione morale
».265
Auspico che i cristiani in Africa diventino
sempre più coscienti di questa interdipendenza tra gli individui e le nazioni,
e siano pronti a corrispondervi, praticando la virtù della solidarietà. Il
frutto della solidarietà è la pace, bene così prezioso per i popoli e le
nazioni di ogni parte del mondo. In effetti, proprio attraverso mezzi capaci di
promuovere e di rafforzare la solidarietà, la Chiesa può fornire un contributo
specifico e determinante ad una vera cultura della pace.
139. Entrando in rapporto senza
discriminazioni con i popoli del mondo nel dialogo con le varie culture, la
Chiesa avvicina gli uni agli altri ed aiuta ciascuno di essi ad assumere, nella
fede, gli autentici valori degli altri.
Pronta a cooperare con ogni uomo di buona
volontà e con la comunità internazionale, la Chiesa in Africa non cerca
vantaggi per se stessa. La solidarietà che essa esprime « tende a superare se
stessa, a rivestire le dimensioni specificamente cristiane della
gratuità totale, del perdono e della riconciliazione ».266 La Chiesa cerca di
contribuire alla conversione dell'umanità, portandola ad aprirsi al piano
salvifico di Dio mediante la testimonianza evangelica, accompagnata
dall?attività caritativa a servizio dei poveri e degli ultimi. E quando compie
questo, non perde mai di vista il primato del trascendente e di quelle realtà
spirituali che costituiscono le primizie dell'eterna salvezza dell'uomo.
Durante i dibattiti riguardanti la
solidarietà della Chiesa nei confronti dei popoli e delle nazioni, i Padri
sinodali sono stati, in ogni momento, consapevoli che « si deve accuratamente
distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del Regno di Cristo » e che,
tuttavia, « nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società,
tale progresso è di grande importanza per il Regno di Dio ».267 Proprio per
questo la Chiesa in Africa è convinta — e il lavoro dell'Assemblea speciale lo
ha chiaramente mostrato — che l'attesa del ritorno finale di Cristo « non potrà
esser mai una scusa per disinteressarsi degli uomini nella loro concreta
situazione personale e nella loro vita sociale, nazionale e internazionale
»,268 poiché le condizioni terrene influenzano il pellegrinaggio dell'uomo
verso l'eternità.
CONCLUSIONE
Verso il nuovo millennio cristiano
140. Riuniti attorno alla Vergine Maria come
per una nuova Pentecoste, i membri dell'Assemblea speciale hanno esaminato a
fondo la missione evangelizzatrice della Chiesa in Africa alla soglia del
terzo millennio. Concludendo questa Esortazione apostolica post-sinodale,
nella quale presento i frutti di tale Assemblea alla Chiesa che è in Africa,
nel Madagascar e nelle isole attigue e all'intera Chiesa cattolica, rendo
grazie a Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, che ci ha accordato il privilegio
di vivere quest'autentico « momento di grazia » che è stato il Sinodo. Sono
vivamente grato al popolo di Dio in Africa per quanto ha fatto per l'Assemblea
speciale. Questo Sinodo è stato preparato con zelo ed entusiasmo, come attestano
le risposte al questionario, allegato al documento preliminare (Lineamenta),
e le riflessioni raccolte nel documento di lavoro (Instrumentum laboris).
Le comunità cristiane d'Africa hanno pregato con fervore per la riuscita dei
lavori dell'Assemblea speciale, che è stata largamente benedetta dal Signore.
141. Poiché il Sinodo è stato convocato per
permettere alla Chiesa in Africa di assumere, in maniera per quanto possibile
efficace, la sua missione evangelizzatrice in vista del terzo millennio
cristiano, invito con questa Esortazione il popolo di Dio in Africa — Vescovi,
sacerdoti, persone consacrate e laici — a volgersi risolutamente verso il
Grande Giubileo, che sarà celebrato fra qualche anno. Per tutti i popoli
dell'Africa la miglior preparazione al nuovo millennio non può consistere che
nel fermo impegno di porre in atto con grande fedeltà le decisioni e gli
orientamenti che, con l'autorità apostolica di Successore di Pietro, presento
in questa Esortazione. Sono decisioni e orientamenti che si iscrivono nella
genuina linea degli insegnamenti e delle direttive della Chiesa e, in
particolare, del Concilio Vaticano II, che è stato la principale fonte
d'ispirazione dell'Assemblea speciale per l'Africa.
142. Il mio invito al popolo di Dio che è in
Africa a prepararsi per il Grande Giubileo dell'Anno 2000 vuol essere anche un
vibrante appello alla gioia cristiana. « La grande gioia annunciata
dall'angelo, nella notte di Natale, è davvero per tutto il popolo (cfr Lc 2,
10) [...]. Per prima, la Vergine Maria, ne aveva ricevuto l'annuncio
dall'angelo Gabriele e il suo Magnificat era già l'inno di esultanza di
tutti gli umili. I misteri gaudiosi ci mettono così, ogni volta che recitiamo
il Rosario, dinanzi all'avvenimento ineffabile che è centro e culmine della storia:
la venuta sulla terra dell'Emmanuele, Dio con noi ».269
È il duemillesimo anniversario di tale
avvenimento, ricco di gioia, che ci prepariamo a celebrare con il prossimo
Grande Giubileo. L'Africa, che « è, in un certo senso, la "seconda
patria" di Gesù di Nazaret, (il quale), piccolo bambino, proprio in Africa
ha trovato rifugio contro la crudeltà di Erode »,270 è chiamata dunque alla
gioia. Nello stesso tempo, « tutto dovrà mirare all'obiettivo prioritario del
Giubileo che è il rinvigorimento della fede e della testimonianza dei
cristiani ».271
143. A causa delle numerose difficoltà,
crisi e conflitti che portano tanta miseria e sofferenza sul continente, vi
sono Africani talvolta tentati di pensare che il Signore li abbia abbandonati,
che Egli li abbia dimenticati (cfr Is 49, 14)! « E Dio risponde con le
parole del grande Profeta: "Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio del suo seno? Anche se ci fosse una donna
che si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, ti ho disegnato
sulle palme delle mie mani" (Is 49, 15-16). Sì, sulle palme delle
mani di Cristo, trafitte dai chiodi della crocifissione! Il nome di ciascuno di
voi (Africani) è scritto su queste mani. Quindi, con grande fiducia, diciamo:
"Il Signore è la mia forza e il mio scudo, ho posto in Lui la mia fiducia;
mi ha dato aiuto ed esulta il mio cuore" (Sal 28 [27], 7) ».272
Preghiera a Maria, Madre della Chiesa
144. Riconoscente per la grazia di questo
Sinodo, mi rivolgo a Maria, Stella dell'evangelizzazione, e, mentre il terzo
millennio s'avvicina, affido a Lei l'Africa e la sua missione evangelizzatrice.
A Lei mi rivolgo con i pensieri e i sentimenti espressi nella preghiera che i
miei fratelli Vescovi hanno composto a conclusione della sessione di lavoro del
Sinodo a Roma:
O Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa,
grazie a Te, nel giorno dell'Annunciazione,
all'alba dei tempi nuovi,
tutto il genere umano con le sue culture
s'è rallegrato di scoprirsi capace del Vangelo.
Alla vigilia di una nuova Pentecoste
per la Chiesa in Africa,
Madagascar ed isole attigue,
il popolo di Dio con i suoi Pastori
a Te si rivolge e insieme con Te implora:
l'effusione dello Spirito Santo
faccia delle culture africane
luoghi di comunione nella diversità,
trasformando
gli abitanti di questo grande continente
in figli generosi della Chiesa,
che è Famiglia del Padre,
Fraternità del Figlio,
Immagine della Trinità,
germe e inizio in terra
di quel Regno eterno
che avrà la sua pienezza
nella Città il cui costruttore è Dio:
Città di giustizia, di amore e di pace.
Dato a Yaoundé, in Camerun, il 14
settembre, Festa dell'Esaltazione della Santa Croce, dell'anno 1995,
decimosettimo di Pontificato.