ESORTAZIONE
APOSTOLICA
FAMILIARIS
CONSORTIO
DI SUA SANTITA'
GIOVANNI PAOLO II
ALL'EPISCOPATO
AL CLERO ED AI FEDELI
DI TUTTA LA CHIESA CATTOLICA
CIRCA I COMPITI
DELLA FAMIGLIA CRISTIANA
NEL MONDO DI OGGI
INTRODUZIONE
La Chiesa al servizio della famiglia
1. La famiglia nei tempi odierni è stata,
come e forse più di altre istituzioni, investita dalle ampie, profonde e rapide
trasformazioni della società e della cultura. Molte famiglie vivono questa
situazione nella fedeltà a quei valori che costituiscono il fondamento
dell'istituto familiare. Altre sono divenute incerte e smarrite di fronte ai
loro compiti o, addirittura, dubbiose e quasi ignare del significato ultimo e
della verità della vita coniugale e familiare. Altre, infine, sono impedite da
svariate situazioni di ingiustizia nella realizzazione dei loro fondamentali
diritti.
Consapevole che il matrimonio e la famiglia
costituiscono uno dei beni più preziosi dell'umanità, la Chiesa vuole far
giungere la sua voce ed offrire il suo aiuto a chi, già conoscendo il valore
del matrimonio e della famiglia, cerca di viverlo fedelmente a chi, incerto ed
ansioso, è alla ricerca della verità ed a chi è ingiustamente impedito di
vivere liberamente il proprio progetto familiare. Sostenendo i primi,
illuminando i secondi ed aiutando gli altri, la Chiesa offre il suo servizio ad
ogni uomo pensoso dei destini del matrimonio e della famiglia («Gaudium et
Spes», 52).
In modo particolare essa si rivolge ai
giovani, che stanno per iniziare il loro cammino verso il matrimonio e la
famiglia, al fine di aprire loro nuovi orizzonti, aiutandoli a scoprire la
bellezza e la grandezza della vocazione all'amore e al servizio della vita.
Il Sinodo del 1980 in continuità con i
Sinodi precedenti
2. Un segno di questo profondo
interessamento della Chiesa per la famiglia è stato l'ultimo Sinodo dei
Vescovi, celebratosi a Roma dal 26 settembre al 25 ottobre 1980. Esso è stato
la naturale continuazione dei due precedenti (cfr. Giovanni Paolo PP. II,
Omelia per l'apertura del VI Sinodo dei Vescovi, 2 (26 Settembre 1980): la
famiglia cristiana, infatti, è la prima comunità chiamata ad annunciare il
Vangelo alla persona umana in crescita e a portarla, attraverso una progressiva
educazione e catechesi, alla piena maturità umana e cristiana.
Non solo, ma il precedente Sinodo si collega
idealmente in qualche modo anche a quello sul sacerdozio ministeriale e sulla
giustizia nel mondo contemporaneo. Infatti, in quanto comunità educativa, la
famiglia deve aiutare l'uomo a discernere la propria vocazione e ad assumersi
il necessario impegno per una più grande giustizia, formandolo fin dall'inizio
a relazioni interpersonali, ricche di giustizia e di amore.
I Padri Sinodali, concludendo la loro
assemblea, mi hanno presentato un ampio elenco di proposte, in cui avevano
raccolto i frutti delle riflessioni sviluppate nel corso delle loro intense
giornate di lavoro, e mi hanno chiesto con voto unanime di farmi interprete
davanti all'umanità della viva sollecitudine della Chiesa per la famiglia, e di
dare le indicazioni opportune per un rinnovato impegno pastorale in questo
fondamentale settore della vita umana ed ecclesiale.
Nell'adempiere tale compito con la presente
esortazione, come una peculiare attuazione del ministero apostolico affidatomi,
desidero esprimere la mia gratitudine a tutti i componenti del Sinodo per il
prezioso contributo di dottrina e di esperienza, che hanno offerto soprattutto
mediante le «Propositiones», il cui testo affido al Pontificio Consiglio per la
Famiglia, disponendo che ne approfondisca lo studio al fine di valorizzare ogni
aspetto delle ricchezze in esso contenute.
Il prezioso bene del matrimonio e
della famiglia
3. La Chiesa, illuminata dalla fede, che le
fa conoscere tutta la verità sul prezioso bene del matrimonio e della famiglia e
sui loro significati più profondi, ancora una volta sente l'urgenza di
annunciare il Vangelo, cioè la «buona novella» a tutti indistintamente, in
particolare a tutti coloro che sono chiamati al matrimonio e vi si preparano, a
tutti gli sposi e genitori del mondo.
Essa è profondamente convinta che solo con
l'accoglienza del Vangelo trova piena realizzazione ogni speranza, che l'uomo
legittimamente pone nel matrimonio e nella famiglia.
Voluti da Dio con la stessa creazione (cfr.
Gen 1-2), il matrimonio e la famiglia sono interiormente ordinati a compiersi
in Cristo (cfr. Ef 5) ed hanno bisogno della sua grazia per essere guariti
dalle ferite del peccato (cfr. «Gaudium et Spes», 47; «Insegnamenti di Giovanni
Paolo II», III, 2 [1980] 388s) e riportati al loro «principio» (cfr. Mt 19,4),
cioè alla conoscenza piena e alla realizzazione integrale del disegno di Dio.
In un momento storico nel quale la famiglia
è oggetto di numerose forze che cercano di distruggerla o comunque di
deformarla, la Chiesa, consapevole che il bene della società e di se stessa è
profondamente legato al bene della famiglia (cfr. «Gaudium et Spes», 47), sente
in modo più vivo e stringente la sua missione di proclamare a tutti il disegno
di Dio sul matrimonio e sulla famiglia, assicurandone la piena vitalità e
promozione umana e cristiana, e contribuendo così al rinnovamento della società
e dello stesso Popolo di Dio.
PARTE
PRIMA
LUCI
E OMBRE DELLA FAMIGLIA, OGGI
Necessità di conoscere la situazione
4. Poiché il disegno di Dio sul matrimonio e
sulla famiglia riguarda l'uomo e la donna nella concretezza della loro
esistenza quotidiana in determinate situazioni sociali e culturali, la Chiesa,
per compiere il suo servizio, deve applicarsi a conoscere le situazioni entro
le quali il matrimonio e la famiglia oggi si realizzano (cfr. «Insegnamenti di
Giovanni Paolo II», III, 1 [1980] 472-476).
Questa conoscenza è, dunque, una
imprescindibile esigenza dell'opera evangelizzatrice. E', infatti, alle
famiglie del nostro tempo che la Chiesa deve portare l'immutabile e sempre
nuovo Vangelo di Gesù Cristo, così come sono le famiglie implicate nelle
presenti condizioni del mondo che sono chiamate ad accogliere e a vivere il
progetto di Dio che le riguarda. Non solo, ma le richieste e gli appelli dello
Spirito risuonano anche negli stessi avvenimenti della storia, e pertanto la
Chiesa può essere guidata ad una intelligenza più profonda dell'inesauribile
mistero del matrimonio e della famiglia anche dalle situazioni, domande, ansie
e speranze dei giovani, degli sposi e dei genitori di oggi (cfr. «Gaudium et Spes», 4).
A ciò si deve aggiungere poi una ulteriore
riflessione di particolare importanza nel tempo presente. Non raramente
all'uomo e alla donna di oggi, in sincera e profonda ricerca di una risposta ai
quotidiani e gravi problemi della loro vita matrimoniale e familiare, vengono
offerte visioni e proposte anche seducenti, ma che compromettono in diversa
misura la verità e la dignità della persona umana. E' un'offerta sostenuta
spesso dalla potente e capillare organizzazione dei mezzi di comunicazione
sociale, che mettono sottilmente in pericolo la libertà e la capacità di
giudicare con obiettività.
Molti sono già consapevoli di questo
pericolo in cui versa la persona umana ed operano per la verità. La Chiesa, col
suo discernimento evangelico, si unisce ad essi, offrendo il proprio servizio
alla verità, alla libertà e alla dignità di ogni uomo e di ogni donna.
Il discernimento evangelico
5. Il discernimento operato dalla Chiesa
diventa l'offerta di un orientamento perché sia salvata e realizzata l'intera
verità e la piena dignità del matrimonio e della famiglia.
Esso è compiuto dal senso della fede (cfr.
«Lumen Gentium», 12), che è un dono che lo Spirito partecipa a tutti i fedeli
(cfr. Gv 2,20), ed è, pertanto, opera di tutta la Chiesa, secondo le diversità
dei vari doni e carismi che, insieme e secondo la responsabilità propria di
ciascuno, cooperano per una più profonda intelligenza ed attuazione della
Parola di Dio. La Chiesa, dunque, non compie il proprio discernimento
evangelico solo per mezzo dei Pastori, i quali insegnano in nome e col potere
di Cristo, ma anche per mezzo dei laici: Cristo «li costituisce suoi testimoni
e li provvede del senso della fede e della grazia della parola (cfr. At
2,17-18; Ap 19,10) perché la forza del Vangelo risplenda nella vita quotidiana,
familiare e sociale» («Lumen Gentium», 35). I laici, anzi, in ragione della
loro particolare vocazione, hanno il compito specifico di interpretare alla
luce di Cristo la storia di questo mondo, in quanto sono chiamati ad illuminare
ed ordinare le realtà temporali secondo il disegno di Dio Creatore e Redentore.
Il «soprannaturale senso della fede» (cfr.
«Lumen Gentium», 12; Sacra Congregazione della Fede, «Mysterium Ecclesiae», 2:
AAS 65 [1973] 398-400) non consiste però solamente o necessariamente nel
consenso dei fedeli. La Chiesa, seguendo Cristo, cerca la verità, che non
sempre coincide con l'opinione della maggioranza. Ascolta la coscienza e non il
potere ed in questo difende i poveri e i disprezzati. La Chiesa può apprezzare
anche la ricerca sociologica e statistica, quando si rivela utile per cogliere
il contesto storico nel quale l'azione pastorale deve svolgersi e per conoscere
meglio la verità; tale ricerca sola, però, non è da ritenersi senz'altro
espressione del senso della fede.
Perché è compito del ministero apostolico di
assicurare la permanenza della Chiesa nella verità di Cristo e di introdurvela
più profondamente, i Pastori devono promuovere il senso della fede in tutti i
fedeli, vagliare e giudicare autorevolmente la genuinità delle sue espressioni,
educare i credenti a un discernimento evangelico sempre più maturo (cfr. «Lumen Gentium», 12 «Dei
Verbum», 10).
Per l'elaborazione di un autentico
discernimento evangelico nelle varie situazioni e culture in cui l'uomo e la
donna vivono il loro matrimonio e la loro vita familiare, gli sposi e i
genitori cristiani possono e devono offrire un loro proprio e insostituibile
contributo. A questo li abilita il loro carisma o dono proprio, il dono del
sacramento del matrimonio (cfr. «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», III, 2
[1980] 735s).
La situazione della famiglia nel mondo
di oggi
6. La situazione, in cui versa la famiglia,
presenta aspetti positivi ed aspetti negativi: segno, gli uni, della salvezza
di Cristo operante nel mondo; segno, gli altri, del rifiuto che l'uomo oppone
all'amore di Dio.
Da una parte, infatti, vi è una coscienza
più viva della libertà personale, e una maggiore attenzione alla qualità delle
relazioni interpersonali nel matrimonio, alla promozione della dignità della
donna, alla procreazione responsabile, alla educazione dei figli; vi è inoltre
la coscienza della necessità che si sviluppino relazioni tra le famiglie per un
reciproco aiuto spirituale e materiale, la riscoperta della missione ecclesiale
propria della famiglia e della sua responsabilità per la costruzione di una
società più giusta. Dall'altra parte, tuttavia non mancano segni di
preoccupante degradazione di alcuni valori fondamentali: una errata concezione
teorica e pratica dell'indipendenza dei coniugi fra di loro; le gravi ambiguità
circa il rapporto di autorità fra genitori e figli; le difficoltà concrete, che
la famiglia spesso sperimenta nella trasmissione dei valori; il numero
crescente dei divorzi; la piaga dell'aborto; il ricorso sempre più frequente
alla sterilizzazione; l'instaurarsi di una vera e propria mentalità
contraccettiva.
Alla radice di questi fenomeni negativi sta
spesso una corruzione dell'idea e dell'esperienza della libertà, concepita non
come la capacità di realizzare la verità del progetto di Dio sul matrimonio e
la famiglia, ma come autonoma forza di affermazione, non di rado contro gli
altri, per il proprio egoistico benessere.
Merita la nostra attenzione anche il fatto
che, nei Paesi del così detto Terzo Mondo, vengono spesso a mancare alle
famiglie sia i fondamentali mezzi per la sopravvivenza, quali sono il cibo, il
lavoro, l'abitazione, le medicine, sia le più elementari libertà. Nei Paesi più
ricchi, invece, l'eccessivo benessere e la mentalità consumistica,
paradossalmente unita ad una certa angoscia e incertezza per il futuro, tolgono
agli sposi la generosità e il coraggio di suscitare nuove vite umane: così la
vita è spesso percepita non come una benedizione, ma come un pericolo da cui
difendersi.
La situazione storica in cui vive la
famiglia si presenta, dunque, come un insieme di luci e di ombre.
Questo rivela che la storia non è
semplicemente un progresso necessario verso il meglio, bensì un evento di
libertà, ed anzi un combattimento fra libertà che si oppongono fra loro, cioè,
secondo la nota espressione di san Agostino, un conflitto, fra due amori:
l'amore di Dio spinto fino al disprezzo di sé, e l'amore di sé spinto fino al
disprezzo di Dio (cfr. S. Agostino «De civitate Dei», XIV, 28: CSEL 40, II,
25s).
Ne consegue che solo l'educazione all'amore
radicato nella fede può portare ad acquistare la capacità di interpretare «i
segni dei tempi», che sono l'espressione storica di questo duplice amore.
L'influsso della situazione sulla
coscienza dei fedeli
7. Vivendo in un mondo siffatto, sotto le
pressioni derivanti soprattutto dai mass-media, non sempre i fedeli hanno
saputo e sanno mantenersi immuni dall'oscurarsi dei valori fondamentali e porsi
come coscienza critica di questa cultura familiare e come soggetti attivi della
costruzione di un autentico umanesimo familiare.
Fra i segni più preoccupanti di questo
fenomeno, i Padri Sinodali hanno sottolineato, in particolare, il diffondersi
del divorzio e del ricorso ad una nuova unione da parte degli stessi fedeli,
l'accettazione del matrimonio puramente civile, in contraddizione con la
vocazione dei battezzati a «sposarsi nel Signore»; la celebrazione del
matrimonio sacramento senza una fede viva, ma per altri motivi; il rifiuto
delle norme morali che guidano e promuovono l'esercizio umano e cristiano della
sessualità nel matrimonio.
La nostra epoca ha bisogno di sapienza
8. Si pone così a tutta la Chiesa il compito
di una riflessione e di un impegno assai profondi, perché la nuova cultura
emergente sia intimamente evangelizzata, siano riconosciuti i veri valori,
siano difesi i diritti dell'uomo e della donna e sia promossa la giustizia
nelle strutture stesse della società. In tal modo il «nuovo umanesimo» non
distoglierà gli uomini dal loro rapporto con Dio, ma ve li condurrà più
pienamente.
Nella costruzione di tale umanesimo, la
scienza e le sue applicazioni tecniche offrono nuove ed immense possibilità.
Tuttavia, la scienza, in conseguenza di scelte politiche che ne decidono la
direzione di ricerca e le applicazioni, viene spesso usata contro il suo
significato originario, la promozione della persona umana.
Si rende, pertanto, necessario ricuperare da
parte di tutti la coscienza del primato dei valori morali, che sono i valori della
persona umana come tale. La ricomprensione del senso ultimo della vita e dei
suoi valori fondamentali è il grande compito che si impone oggi per il
rinnovamento della società. Solo la consapevolezza del primato di questi valori
consente un uso delle immense possibilità, messe nelle mani dell'uomo dalla
scienza, che sia veramente finalizzato alla promozione della persona umana
nella sua intera verità, nella sua libertà e dignità. La scienza è chiamata ad
allearsi con la sapienza.
Si possono pertanto applicare anche ai
problemi della famiglia le parole del Concilio Vaticano II: «L'epoca nostra,
più ancora che i secoli passati, ha bisogno di questa sapienza, perché
diventino più umane tutte le sue nuove scoperte. E' in pericolo, di fatto, il
futuro del mondo, a meno che non vengano suscitati uomini più saggi» («Gaudium
et Spes», 15).
L'educazione della coscienza morale, che
rende ogni uomo capace di giudicare e di discernere i modi adeguati per
realizzarsi secondo la sua verità originaria, diviene così una esigenza
prioritaria ed irrinunciabile.
E' l'alleanza con la Sapienza divina che
deve essere più profondamente ricostituita nella cultura odierna. Di tale
Sapienza ogni uomo è reso partecipe dallo stesso gesto creatore di Dio. Ed è
solo nella fedeltà a questa alleanza che le famiglie di oggi saranno in grado
di influire positivamente nella costruzione di un mondo più giusto e fraterno.
Gradualità e conversione
9. Alla ingiustizia originata dal peccato -
profondamente penetrato anche nelle strutture del mondo di oggi - e che spesso
ostacola la famiglia nella piena realizzazione di se stessa e dei suoi diritti
fondamentali, dobbiamo tutti opporci con una conversione della mente e del
cuore, seguendo Cristo Crocifisso nel rinnegamento del proprio egoismo: una simile
conversione non potrà non avere influenza benefica e rinnovatrice anche sulle
strutture della società.
E' richiesta una conversione continua,
permanente, che, pur esigendo l'interiore distacco da ogni male e l'adesione al
bene nella sua pienezza, si attua però concretamente in passi che conducono
sempre oltre. Si sviluppa così un processo dinamico, che avanza gradualmente
con la progressiva integrazione dei doni di Dio e delle esigenze del suo amore
definitivo ed assoluto nell'intera vita personale e sociale dell'uomo. E'
perciò necessario un cammino pedagogico di crescita affinché i singoli fedeli,
le famiglie ed i popoli, anzi la stessa civiltà, da ciò che hanno già accolto
del Mistero di Cristo siano pazientemente condotti oltre, giungendo ad una conoscenza
più ricca e ad una integrazione più piena di questo Mistero nella loro vita.
Inculturazione
10. E' conforme alla costante tradizione
della Chiesa accogliere dalle culture dei popoli tutto ciò che è in grado di meglio
esprimere le inesauribili ricchezze di Cristo (cfr. Ef 3,8; «Gaudium et Spes»,
15 e 22). Solo col concorso di tutte le culture, tali ricchezze potranno
manifestarsi sempre più chiaramente e la Chiesa potrà camminare verso una
conoscenza ogni giorno più completa e profonda della verità, che già le è stata
donata interamente dal suo Signore.
Tenendo fisso il duplice principio della
compatibilità col Vangelo delle varie culture da assumere e della comunione con
la Chiesa universale, si dovrà proseguire nello studio, particolarmente da
parte delle Conferenze Episcopali e dei Dicasteri competenti della Curia
Romana, e nell'impegno pastorale perché questa «inculturazione» della fede
cristiana avvenga sempre più ampiamente, anche nell'ambito del matrimonio e
della famiglia.
E' mediante l'«inculturazione» che si
cammina verso la ricostituzione piena dell'alleanza con la Sapienza di Dio, che
è Cristo stesso. La Chiesa intera sarà arricchita anche da quelle culture che,
pur essendo prive di tecnologia, sono cariche di saggezza umana e vivificate da
profondi valori morali.
Perché sia chiara la meta di questo cammino,
e di conseguenza, sicuramente indicata la strada, il Sinodo ha, in primo luogo,
giustamente considerato a fondo il progetto originario di Dio circa il
matrimonio e la famiglia: ha voluto «ritornare al principio», in ossequio
all'insegnamento di Cristo (cfr. Mt 19,4ss).
PARTE
SECONDA
IL
DISEGNO DI DIO SUL MATRIMONIO E SULLA FAMIGLIA
L'uomo immagine di Dio Amore
11. Dio ha creato l'uomo a sua immagine e
somiglianza (cfr. Gen 1,26s): chiamandolo all'esistenza per amore, l'ha
chiamato nello stesso tempo all'amore.
Dio è amore (1Gv 4,8) e vive in se stesso un
mistero di comunione personale d'amore. Creandola a sua immagine e
continuamente conservandola nell'essere, Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e
della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell'amore e
della comunione (cfr. «Gaudium et Spes», 12). L'amore è,
pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano.
In quanto spirito incarnato, cioè anima che
si esprime nel corpo e corpo informato da uno spirito immortale, l'uomo è
chiamato all'amore in questa sua totalità unificata. L'amore abbraccia anche il
corpo umano e il corpo è reso partecipe dell'amore spirituale.
La Rivelazione cristiana conosce due modi
specifici di realizzare la vocazione della persona umana, nella sua interezza,
all'amore: il Matrimonio e la Verginità. Sia l'uno che l'altra nella forma loro
propria, sono una concretizzazione della verità più profonda dell'uomo, del suo
«essere ad immagine di Dio».
Di conseguenza la sessualità, mediante la
quale l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra con gli atti propri ed
esclusivi degli sposi, non è affatto qualcosa di puramente biologico, ma
riguarda l'intimo nucleo della persona umana come tale. Essa si realizza in
modo veramente umano, solo se è parte integrale dell'amore con cui l'uomo e la
donna si impegnano totalmente l'uno verso l'altra fino alla morte. La donazione
fisica totale sarebbe menzogna se non fosse segno e frutto della donazione
personale totale, nella quale tutta la persona, anche nella sua dimensione
temporale, è presente: se la persona si riservasse qualcosa o la possibilità di
decidere altrimenti per il futuro, già per questo essa non si donerebbe
totalmente.
Questa totalità, richiesta dall'amore
coniugale, corrisponde anche alle esigenze di una fecondità responsabile, la
quale, volta come è a generare un essere umano, supera per sua natura l'ordine
puramente biologico, ed investe un insieme di valori personali, per la cui
armoniosa crescita è necessario il perdurante e concorde contributo di entrambi
i genitori.
Il «luogo» unico, che rende possibile questa
donazione secondo l'intera sua verità, è il matrimonio, ossia il patto di amore
coniugale o scelta cosciente e libera, con la quale l'uomo e la donna accolgono
l'intima comunità di vita e d'amore, voluta da Dio stesso (cfr. «Gaudium et
Spes», 48), che solo in questa luce manifesta il suo vero significato.
L'istituzione matrimoniale non è una indebita ingerenza della società o
dell'autorità, ne l'imposizione estrinseca di una forma, ma esigenza interiore
del patto d'amore coniugale che pubblicamente si afferma come unico ed
esclusivo perché sia vissuta così la piena fedeltà al disegno di Dio Creatore.
Questa fedeltà, lungi dal mortificare la libertà della persona, la pone al
sicuro da ogni soggettivismo e relativismo, la fa partecipe della Sapienza
creatrice.
Il matrimonio e la comunione tra Dio e
gli uomini
12. La comunione d'amore tra Dio e gli
uomini, contenuto fondamentale della Rivelazione e dell'esperienza di fede di
Israele, trova una significativa espressione nell'alleanza sponsale, che si
instaura tra l'uomo e la donna.
E' per questo che la parola centrale della
Rivelazione, «(Dio ama il suo popolo», viene pronunciata anche attraverso le
parole vive e concrete con cui l'uomo e la donna si dicono il loro amore
coniugale. Il loro vincolo di amore diventa l'immagine e il simbolo
dell'Alleanza che unisce Dio e il suo popolo (cfr. ad es. Os 2,21; Ger
3,6-13; Is 54). E lo stesso peccato, che
può ferire il patto coniugale diventa immagine dell'infedeltà del popolo al suo
Dio: l'idolatria e prostituzione (cfr. Ez 16,25), l'infedeltà è adulterio, la
disobbedienza alla legge e abbandono dell'amore sponsale del Signore. Ma
l'infedeltà di Israele non distrugge la fedeltà eterna del Signore e, pertanto,
l'amore sempre fedele di Dio si pone come esemplare delle relazioni di amore
fedele che devono esistere tra gli sposi (cfr. Os 3).
Gesù Cristo, sposo della Chiesa, e il
Sacramento del matrimonio
13. La comunione tra Dio e gli uomini trova
il suo compimento definitivo in Gesù Cristo, lo Sposo che ama e si dona come
Salvatore dell'umanità, unendola a Sé come suo corpo.
Egli rivela la verità originaria del
matrimonio, la verità del «principio» (cfr. Gen 2,24; Mt 19,5) e, liberando
l'uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla interamente.
Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza
definitiva nel dono d'amore che il Verbo di Dio fa all'umanità assumendo la
natura umana, e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla Croce per
la sua Sposa, la Chiesa. In questo sacrificio si svela interamente quel disegno
che Dio ha impresso nell'umanità dell'uomo e della donna, fin dalla loro creazione
(cfr. Ef 5,32s); il matrimonio dei battezzati diviene così il simbolo reale
della nuova ed eterna Alleanza, sancita nel sangue di Cristo. Lo Spirito, che
il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l'uomo e la donna capaci di
amarsi, come Cristo ci ha amati. L'amore coniugale raggiunge quella pienezza a
cui è interiormente ordinato, la carità coniugale, che è il modo proprio e
specifico con cui gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità
stessa di Cristo che si dona sulla Croce.
In una pagina meritatamente famosa,
Tertulliano ha ben espresso la grandezza di questa vita coniugale in Cristo e
la sua bellezza: «Come sarò capace di esporre la felicità di quel matrimonio
che la Chiesa unisce, l'offerta eucaristica conferma, la benedizione suggella,
gli angeli annunciano e il Padre ratifica?... Quale giogo quello di due fedeli
uniti in un'unica speranza, in un'unica osservanza, in un'unica servitù! Sono
tutt'e due fratelli e tutt'e due servono insieme; non vi è nessuna divisione
quanto allo spirito e quanto alla carne. Anzi sono veramente due in una sola
carne e dove la carne è unica, unico è lo spirito» (Tertulliano «Ad uxorem»,
II; VIII, 6-8: CCL I, 393).
Accogliendo e meditando fedelmente la Parola
di Dio, la Chiesa ha solennemente insegnato ed insegna che il matrimonio dei
battezzati è uno dei sette sacramenti della Nuova Alleanza (cfr. Conc. Ecum.
Trident., Sessio XXIV, can. 1: I. D. Mansi, «Sacrorum Conciliorum Nova et
Amplissima Collectio», 33, 149s).
Infatti, mediante il battesimo, l'uomo e la
donna sono definitivamente inseriti nella Nuova ed Eterna Alleanza,
nell'Alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa. Ed è in ragione di questo
indistruttibile inserimento che l'intima comunità di vita e di amore coniugale
fondata dal Creatore (cfr. «Gaudium et Spes», 48), viene elevata ed assunta
nella carità sponsale del Cristo, sostenuta ed arricchita dalla sua forza
redentrice.
In virtù della sacramentalità del loro
matrimonio, gli sposi sono vincolati l'uno all'altra nella maniera più
profondamente indissolubile. La loro reciproca appartenenza è la
rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto
stesso di Cristo con la Chiesa.
Gli sposi sono pertanto il richiamo
permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l'uno per
l'altra e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende
partecipi. Di questo evento di salvezza il matrimonio, come ogni sacramento è
memoriale, attualizzazione e profezia: «in quanto memoriale, il sacramento dà loro
la grazia e il dovere di fare memoria delle grandi opere di Dio e di darne
testimonianza presso i loro figli; in quanto attualizzazione, dà loro la grazia
e il dovere di mettere in opera nel presente, l'uno verso l'altra e verso i
figli, le esigenze di un amore che perdona e che redime; in quanto profezia, dà
loro la grazia e il dovere di vivere e di testimoniare la speranza del futuro
incontro con Cristo» (Giovanni Paolo PP. II, Discorso ai Delegati del «Centre
de Liaison des Equipes de Recherche», 3 [3 Novembre 1979]: «Insegnamenti di
Giovanni Paolo II», II, 2 [1979] 1032).
Come ciascuno dei sette sacramenti, anche il
matrimonio è un simbolo reale dell'evento della salvezza, ma a modo proprio.
«Gli sposi vi partecipano in quanto sposi, in due, come coppia, a tal punto che
l'effetto primo ed immediato del matrimonio (res et sacramentum) non è la
grazia soprannaturale stessa, ma il legame coniugale cristiano, una comunione a
due tipicamente cristiana perché rappresenta il mistero dell'Incarnazione del
Cristo e il suo mistero di Alleanza. E il contenuto della partecipazione alla
vita del Cristo è anch'esso specifico: l'amore coniugale comporta una totalità
in cui entrano tutte le componenti della persona - richiamo del corpo e
dell'istinto, forza del sentimento e dell'affettività, aspirazione dello
spirito e della volontà -; esso mira ad una unità profondamente personale,
quella che, al di là dell'unione in una sola carne, conduce a non fare che un
cuor solo e un'anima sola: esso esige l'indissolubilità e la fedeltà della
donazione reciproca definitiva e si apre sulla fecondità (cfr. Paolo PP. VI
«Humanae Vitae», 9). In una parola, si tratta di caratteristiche normali di
ogni amore coniugale naturale, ma con un significato nuovo che non solo le
purifica e le consolida, ma le eleva al punto di farne l'espressione di valori
propriamente cristiani» (Giovanni Paolo PP. II, Discorso ai Delegati del
«Centre de Liaison des Equipes de Recherche», 4 [3 Novembre 1979]:
«Insegnamenti di Giovanni Paolo II», II, 2 [1979] 1032).
I figli, preziosissimo dono del
matrimonio
14. Secondo il disegno di Dio, il matrimonio
è il fondamento della più ampia comunità della famiglia, poiché l'istituto
stesso del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione ed educazione
della prole, in cui trovano il loro coronamento (cfr. «Gaudium et Spes», 50).
Nella sua realtà più profonda, l'amore è
essenzialmente dono e l'amore coniugale, mentre conduce gli sposi alla
reciproca «conoscenza» che li fa «una carne sola» (cfr. Gen 2,24), non si
esaurisce all'interno della coppia, poiché li rende capaci della massima
donazione possibile, per la quale diventano cooperatori con Dio per il dono
della vita ad una nuova persona umana. Così i coniugi, mentre si donano tra
loro, donano al di là di se stessi la realtà del figlio, riflesso vivente del
loro amore, segno permanente della unità coniugale e sintesi viva ed
indissociabile del loro essere padre e madre.
Divenendo genitori, gli sposi ricevono da
Dio il dono di una nuova responsabilità. Il loro amore parentale è chiamato a
divenire per i figli il segno visibile dello stesso amore di Dio, «dal quale
ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome» (Ef 3,15).
Non si deve, tuttavia, dimenticare che anche
quando la procreazione non è possibile, non per questo la vita coniugale perde
il suo valore. La sterilità fisica infatti può essere occasione per gli sposi
di altri servizi importanti alla vita della persona umana, quali ad esempio
l'adozione, le varie forme di opere educative, l'aiuto ad altre famiglie, ai
bambini poveri o handicappati.
La famiglia, comunione di persone
15. Nel matrimonio e nella famiglia si
costituisce un complesso di relazioni interpersonali - nuzialità,
paternità-maternità, filiazione, fraternità -, mediante le quali ogni persona
umana è introdotta nella «famiglia umana» e nella «famiglia di Dio», che è la
Chiesa.
Il matrimonio e la famiglia cristiani
edificano la Chiesa: nella famiglia, infatti, la persona umana non solo viene
generata e progressivamente introdotta, mediante l'educazione, nella comunità
umana, ma mediante la rigenerazione del battesimo e l'educazione alla fede,
essa viene introdotta anche nella famiglia di Dio, che è la Chiesa.
La famiglia umana, disgregata dal peccato, è
ricostituita nella sua unità dalla forza redentrice della morte e risurrezione
di Cristo (cfr. «Gaudium et Spes», 78). Il
matrimonio cristiano, partecipe dell'efficacia salvifica di questo avvenimento,
costituisce il luogo naturale nel quale si compie l'inserimento della persona
umana nella grande famiglia della Chiesa.
Il mandato di crescere e moltiplicarsi,
rivolto in principio all'uomo e alla donna, raggiunge in questo modo la sua
intera verità e la sua piena realizzazione.
La Chiesa trova così nella famiglia, nata
dal sacramento, la sua culla e il luogo nel quale essa può attuare il proprio
inserimento nelle generazioni umane, e queste, reciprocamente, nella Chiesa.
Matrimonio e verginità
16. La verginità e il celibato per il Regno
di Dio non solo non contraddicono alla dignità del matrimonio, ma la
presuppongono e la confermano. Il matrimonio e la verginità sono i due modi di
esprimere e di vivere l'unico Mistero dell'Alleanza di Dio con il suo popolo.
Quando non si ha stima del matrimonio, non può esistere neppure la verginità
consacrata; quando la sessualità umana non è ritenuta un grande valore donato
dal Creatore, perde significato il rinunciarvi per il Regno dei Cieli.
Dice infatti assai giustamente san Giovanni
Crisostomo: «Chi condanna il matrimonio priva anche la verginità della gloria:
chi invece lo loda, rende la verginità più ammirabile, e splendente. Ciò che
appare un bene soltanto a paragone di un male, non è poi un grande bene; ma ciò
che è ancora migliore di beni universalmente riconosciuti tali, è certamente un
bene al massimo grado» (San Giovanni Crisostomo, «La Verginità», X: PG 48,540).
Nella verginità l'uomo è in attesa, anche
corporalmente, delle nozze escatologiche di Cristo con la Chiesa, donandosi
integralmente alla Chiesa nella speranza che Cristo si doni a questa nella
piena verità della vita eterna. La persona vergine anticipa così nella sua
carne il mondo nuovo della risurrezione futura (cfr. Mt 22,30).
In forza di questa testimonianza, la
verginità tiene viva nella Chiesa la coscienza del mistero del matrimonio e lo
difende da ogni riduzione e da ogni impoverimento.
Rendendo libero in modo speciale il cuore
dell'uomo (cfr. 1Cor 7,32-35), «così da accenderlo maggiormente di carità verso
Dio e verso tutti gli uomini» («Perfectae Caritatis», 12), la verginità
testimonia che il Regno di Dio e la sua giustizia sono quella perla preziosa
che va preferita ad ogni altro valore sia pure grande, e va anzi cercato come
l'unico valore definitivo. E' per questo che la Chiesa, durante tutta la sua
storia, ha sempre difeso la superiorità di questo carisma nei confronti di
quello del matrimonio, in ragione del legame del tutto singolare che esso ha
con il Regno di Dio (cfr. Pio XII, «Sacra Virginitas», II: AAS 46 [1954]
174ss).
Pur avendo rinunciato alla fecondità fisica,
la persona vergine diviene spiritualmente feconda, padre e madre di molti,
cooperando alla realizzazione della famiglia secondo il disegno di Dio.
Gli sposi cristiani hanno perciò il diritto
di aspettarsi dalle persone vergini il buon esempio e la testimonianza della
fedeltà alla loro vocazione fino alla morte. Come per gli sposi la fedeltà
diventa talvolta difficile ed esige sacrificio, mortificazione e rinnegamento
di sé, così può avvenire anche per le persone vergini. La fedeltà di queste,
anche nella prova eventuale, deve edificare la fedeltà di quelli (cfr. Giovanni
Paolo PP. II, «Novo Incipiente», 9 [8 Aprile 1979]: AAS 71 [1979], 410s).
Queste riflessioni sulla verginità possono
illuminare ed aiutare coloro che, per motivi indipendenti dalla loro volontà,
non hanno potuto sposarsi ed hanno poi accettato la loro situazione in spirito
di servizio.
PARTE
TERZA
I
COMPITI DELLA FAMIGLIA CRISTIANA
Famiglia diventa ciò che sei!
17. Nel disegno di Dio Creatore e Redentore
la famiglia scopre non solo la sua «identità», ciò che essa «è», ma anche la
sua «missione)», ciò che essa può e deve «fare». I compiti, che la famiglia è
chiamata da Dio a svolgere nella storia, scaturiscono dal suo stesso essere e
ne rappresentano lo sviluppo dinamico ed esistenziale. Ogni famiglia scopre e
trova in se stessa l'appello insopprimibile, che definisce ad un tempo la sua
dignità e la sua responsabilità: famiglia, «diventa» ciò che «sei»!
Risalire al «principio» del gesto creativo
di Dio è allora una necessità per la famiglia, se vuole conoscersi e
realizzarsi secondo l'interiore verità non solo del suo essere ma anche del suo
agire storico. E poiché, secondo il disegno divino, è costituita quale «intima
comunità di vita e di amore («Gaudium et Spes», 48), la famiglia ha la missione
di diventare sempre più quello che è, ossia comunità di vita e di amore, in una
tensione che, come per ogni realtà creata e redenta troverà il suo componimento
nel Regno di Dio. In una prospettiva poi che giunge alle radici stesse della
realtà, si deve dire che l'essenza e i compiti della famiglia sono ultimamente
definiti dall'amore. Per questo la famiglia riceve la missione di custodire,
rivelare e comunicare l'amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione
dell'amore di Dio per l'umanità e dell'amore di Cristo Signore per la Chiesa
sua sposa.
Ogni compito particolare della famiglia è
l'espressione e l'attuazione concreta di tale missione fondamentale. E'
necessario pertanto penetrare più a fondo nella singolare ricchezza della
missione della famiglia e scandagliarne i molteplici ed unitari contenuti.
In tal senso, partendo dall'amore e in
costante riferimento ad esso, il recente Sinodo ha messo in luce quattro
compiti generali della famiglia:
1) la formazione di una comunità di persone;
2) il servizio alla vita;
3) la partecipazione allo sviluppo della
società;
4) la partecipazione alla vita e alla
missione della Chiesa.
I. La formazione di una comunità di
persone
L'amore, principio e forza della
comunione
18. La famiglia fondata e vivificata
dall'amore, è una comunità di persone: dell'uomo e della donna sposi, dei
genitori e dei figli, dei parenti. Suo primo compito è di vivere fedelmente la
realtà della comunione nell'impegno costante di sviluppare un'autentica
comunità di persone.
Il principio interiore, la forza permanente
e la meta ultima di tale compito è l'amore: come, senza l'amore, la famiglia
non è una comunità di persone, così senza l'amore, la famiglia non può vivere,
crescere e perfezionarsi come comunità di persone. Quanto ho scritto
nell'enciclica «Redemptor Hominis» trova la sua originaria e privilegiata
applicazione proprio nella famiglia come tale: «L'uomo non può vivere senza
amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva
di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non si incontra con l'amore, se
non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente» (num.
10).
L'amore tra l'uomo e la donna nel matrimonio
e, in forma derivata ed allargata, l'amore tra i membri della stessa famiglia -
tra genitori e figli tra fratelli e sorelle, tra parenti e familiari - è
animato e sospinto da un interiore e incessante dinamismo, che conduce la
famiglia ad una comunione sempre più profonda ed intensa, fondamento e anima
della comunità coniugale e familiare.
L'indivisibile unità della comunione
coniugale
19. La prima comunione è quella che si
instaura e si sviluppa tra i coniugi: in forza del patto d'amore coniugale,
l'uomo e la donna «non sono più due, ma una carne sola» (Mt 19,6; cfr. Gen 2,24)
e sono chiamati a crescere continuamente nella loro comunione attraverso la
fedeltà quotidiana alla promessa matrimoniale del reciproco dono totale.
Questa comunione coniugale affonda le sue
radici nella naturale complementarietà che esiste tra l'uomo e la donna, e si
alimenta mediante la volontà personale degli sposi di condividere l'intero
progetto di vita, ciò che hanno e ciò che sono: perciò tale comunione è il
frutto e il segno di una esigenza profondamente umana. Ma in Cristo Signore,
Dio assume questa esigenza umana, la conferma, la purifica e la eleva,
conducendola a perfezione col sacramento del matrimonio: lo Spirito Santo
effuso nella celebrazione sacramentale offre agli sposi cristiani il dono di
una comunione nuova d'amore che è immagine viva e reale di quella
singolarissima unità, che fa della Chiesa l'indivisibile Corpo mistico del
Signore Gesù.
Il dono dello Spirito è comandamento di vita
per gli sposi cristiani, ed insieme stimolante impulso affinché ogni giorno
progrediscano verso una sempre più ricca unione tra loro a tutti i livelli -
dei corpi dei caratteri, dei cuori, delle intelligenze, e delle volontà, delle
anime (cfr. Giovanni Paolo PP. II, Discorso agli Sposi, 4 [Kinshasa, 3 maggio
1980]: AAS 72 [1980], 426s), - rivelando così alla Chiesa e al mondo la nuova
comunione d'amore, donata dalla grazia di Cristo.
Una simile comunione viene radicalmente
contraddetta dalla poligamia: questa, infatti, nega in modo diretto il disegno
di Dio quale ci viene rivelato alle origini, perché è contraria alla pari
dignità personale dell'uomo e della donna, che nel matrimonio si donano con un
amore totale e perciò stesso unico ed esclusivo. Come scrive il Concilio
Vaticano II: «L'unità del matrimonio confermata dal Signore appare in maniera
lampante anche dalla uguale dignità personale sia dell'uomo che della donna,
che deve essere riconosciuta nel mutuo e pieno amore» («Gaudium et Spes», 49;
cfr. Giovanni Paolo PP. II, Discorso agli Sposi, 4 [Kinshasa, 3 maggio 1980];
l. c.).
Una comunione indissolubile
20. La comunione coniugale si caratterizza
non solo per la sua unità, ma anche per la sua indissolubilità: «Questa intima
unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli,
esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l'indissolubile unità»
(«Gaudium et Spes», 48).
E' dovere fondamentale della Chiesa
riaffermare con forza - come hanno fatto i Padri del Sinodo - la dottrina
dell'indissolubilità del matrimonio: a quanti, ai nostri giorni, ritengono
difficile o addirittura impossibile legarsi ad una persona per tutta la vita e
a quanti sono travolti da una cultura che rifiuta l'indissolubilità
matrimoniale e che deride apertamente l'impegno degli sposi alla fedeltà, è
necessario ribadire il lieto annuncio della definitività di quell'amore
coniugale, che ha in Gesù Cristo il suo fondamento e la sua forza (cfr. Ef
5,25).
Radicata nella personale e totale donazione
dei coniugi e richiesta dal bene dei figli, l'indissolubilità del matrimonio
trova la sua verità ultima nel disegno che Dio ha manifestato nella sua
Rivelazione. Egli vuole e dona l'indissolubilità matrimoniale come frutto,
segno ed esigenza dell'amore assolutamente fedele che Dio ha per l'uomo e che
il Signore Gesù vive verso la sua Chiesa.
Cristo rinnova il primitivo disegno che il
Creatore ha iscritto nel cuore dell'uomo e della donna, e nella celebrazione
del sacramento del matrimonio offre un «cuore nuovo»: così i coniugi non solo
possono superare la «durezza del cuore» (Mt 19,8), ma anche e soprattutto
possono condividere l'amore pieno e definitivo di Cristo, nuova ed eterna
Alleanza fatta carne. Come il Signore Gesù è il «testimone fedele» (Ap 3,14), è
il «sì» delle promesse di Dio (cfr. 2Cor 1,20) e quindi la realizzazione
suprema dell'incondizionata fedeltà con cui Dio ama il suo popolo, così i
coniugi cristiani sono chiamati a partecipare realmente all'indissolubilità
irrevocabile, che lega Cristo alla Chiesa sua sposa, da Lui amata sino alla
fine (cfr. Gc 13,1).
Il dono del sacramento è nello stesso tempo
vocazione e comandamento per gli sposi cristiani, perché rimangano tra loro
fedeli per sempre, al di là di ogni prova e difficoltà, in generosa obbedienza
alla santa volontà del Signore: «Quello che Dio ha congiunto, l'uomo non lo
separi» (Mt 19,6).
Testimoniare l'inestimabile valore
dell'indissolubilità e della fedeltà matrimoniale è uno dei doveri più preziosi
e più urgenti delle coppie cristiane del nostro tempo. Per questo, insieme con
tutti i confratelli che hanno preso parte al Sinodo dei Vescovi, lodo e
incoraggio tutte quelle numerose coppie che, pur incontrando non lievi
difficoltà, conservano e sviluppano il bene dell'indissolubilità: assolvono
così, in modo umile e coraggioso, il compito loro affidato di essere nel mondo
un «segno» - un piccolo e prezioso segno, talvolta sottoposto anche a
tentazione, ma sempre rinnovato - dell'instancabile fedeltà con cui Dio e Gesù
Cristo amano tutti gli uomini ed ogni uomo. Ma è doveroso anche riconoscere il
valore della testimonianza di quei coniugi che, pur essendo stati abbandonati
dal partner, con la forza della fede e della speranza cristiana non sono
passati ad una nuova unione: anche questi coniugi danno un'autentica
testimonianza di fedeltà, di cui il mondo oggi ha grande bisogno. Per tale
motivo devono essere incoraggiati e aiutati dai pastori e dai fedeli della
Chiesa.
La più ampia comunione della famiglia
21. La comunione coniugale costituisce il
fondamento sul quale si viene edificando la più ampia comunione della famiglia,
dei genitori e dei figli, dei fratelli e delle sorelle tra loro, dei parenti e
di altri familiari.
Tale comunione si radica nei legami naturali
della carne e del sangue, e si sviluppa trovando il suo perfezionamento
propriamente umano nell'instaurarsi e nel maturare dei legami ancora più
profondi e ricchi dello spirito: l'amore, che anima i rapporti interpersonali
dei diversi membri della famiglia, costituisce la forza interiore che plasma e
vivifica la comunione e la comunità familiare.
La famiglia cristiana è poi chiamata a fare
l'esperienza di una nuova e originale comunione, che conferma e perfeziona
quella naturale e umana. In realtà, la grazia di Gesù Cristo, «il Primogenito
tra molti fratelli» (Rm 8,29), è per sua natura e interiore dinamismo una
«grazia di fraternità», come la chiama san Tommaso d'Aquino («Summa
Theologiae», II· II··, 14, 2, ad 4). Lo Spirito Santo, effuso nella
celebrazione dei sacramenti, è la radice viva e l'alimento inesauribile della
soprannaturale comunione che raccoglie e vincola i credenti con Cristo e tra
loro nell'unità della Chiesa di Dio. Una rivelazione e attuazione specifica
della comunione ecclesiale è costituita dalla famiglia cristiana, che anche per
questo può e deve dirsi «Chiesa domestica» («Lumen Gentium», 11; cfr.
«Apostolicam Actuositatem», 11).
Tutti i membri della famiglia, ognuno
secondo il proprio dono, hanno la grazia e la responsabilità di costruire,
giorno per giorno, la comunione delle persone, facendo della famiglia una
«scuola di umanità più completa e più ricca»: («Gaudium et Spes», 52) è quanto
avviene con la cura e l'amore verso i piccoli, gli ammalati e gli anziani; col
servizio reciproco di tutti i giorni; con la condivisione dei beni, delle gioie
e delle sofferenze.
Un momento fondamentale per costruire una
simile comunione è costituito dallo scambio educativo tra genitori e figli
(cfr. Ef 6,1-4; Col 3,20s), nel quale ciascuno dà e riceve. Mediante l'amore,
il rispetto, l'obbedienza verso i genitori, i figli portano il loro specifico e
insostituibile contributo all'edificazione di una famiglia autenticamente umana
e cristiana («Gaudium et Spes», 48). In questo saranno facilitati, se i
genitori eserciteranno la loro irrinunciabile autorità come un vero e proprio
«ministero», ossia come un servizio ordinato al bene umano e cristiano dei
figli, e in particolare ordinato a far loro acquistare una libertà veramente
responsabile, e se i genitori manterranno viva la coscienza del «dono», che
continuamente ricevono dai figli.
La comunione familiare può essere conservata
e perfezionata solo con un grande spirito di sacrificio. Esige, infatti, una
pronta e generosa disponibilità di tutti e di ciascuno alla comprensione, alla
tolleranza, al perdono, alla riconciliazione. Nessuna famiglia ignora come
l'egoismo, il disaccordo, le tensioni, i conflitti aggrediscano violentemente e
a volte colpiscano mortalmente la propria comunione: di qui le molteplici e
varie forme di divisione nella vita familiare. Ma, nello stesso tempo, ogni
famiglia è sempre chiamata dal Dio della pace a fare l'esperienza gioiosa e
rinnovatrice della «riconciliazione» cioè della comunione ricostruita,
dell'unità ritrovata. In particolare la partecipazione al sacramento della
riconciliazione e al banchetto dell'unico Corpo di Cristo offre alla famiglia
cristiana la grazia e la responsabilità di superare ogni divisione e di
camminare verso la piena verità della comunione voluta da Dio, rispondendo così
al vivissimo desiderio del Signore: che «tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21).
Diritti e compiti della donna
22. In quanto è, e deve sempre diventare,
comunione e comunità di persone, la famiglia trova nell'amore la sorgente e la
spinta incessante per accogliere, rispettare e promuovere ciascuno dei suo
membri nell'altissima dignità di persone, e cioè di immagini viventi di Dio. Come
hanno giustamente affermato i Padri Sinodali, il criterio morale
dell'autenticità delle relazioni coniugali e familiari consiste nella
promozione della dignità e vocazione delle singole persone, le quali si
ritrovano nella loro pienezza mediante il dono sincero di se stesse (cfr. «Gaudium et Spes», 24).
In questa prospettiva, il Sinodo ha voluto
riservare una privilegiata attenzione alla donna, ai suoi diritti e compiti
nella famiglia e nella società. Nella stessa prospettiva vanno considerati anche
l'uomo come sposo e padre, il bambino e gli anziani.
Della donna è da rilevare, anzitutto,
l'eguale dignità e responsabilità rispetto all'uomo: tale uguaglianza trova una
singolare forma di realizzazione nella reciproca donazione di sé all'altro e di
ambedue ai figli, propria del matrimonio e della famiglia. Quanto la stessa
ragione umana intuisce e riconosce, viene rivelato in pienezza dalla Parola di
Dio: la storia della salvezza, infatti, è una continua e luminosa testimonianza
della dignità della donna.
Creando l'uomo «maschio e femmina (Gen
1,27), Dio dona la dignità personale in eguale modo all'uomo e alla donna,
arricchendoli dei diritti inalienabili e delle responsabilità che sono proprie
della persona umana. Dio poi manifesta nella forma più alta possibile la
dignità della donna assumendo Egli stesso la carne umana da Maria Vergine che
la Chiesa onora come Maria Madre di Dio, chiamandola nuova Eva e proponendola
come modello della donna redenta. Il delicato rispetto di Gesù verso le donne
che ha chiamato alla sua sequela ed alla sua amicizia, la sua apparizione il
mattino di Pasqua ad una donna prima che agli altri discepoli, la missione
affidata alle donne di portare la buona novella della Resurrezione agli
apostoli, sono tutti segni che confermano la stima speciale del Signore Gesù
verso la donna. Dirà l'apostolo Paolo: «Tutti voi siete figli di Dio per la
fede in Cristo Gesù... Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né
libero; non c'è più uomo ne donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù)»
(Gal 3,26.28).
Donna e società
23. Senza entrare ora a trattare nei suoi
vari aspetti l'ampio e complesso tema dei rapporti donna-società, ma limitando
il discorso ad alcuni rilievi essenziali, non si può non osservare come nel
campo più specificamente familiare un'ampia e diffusa tradizione sociale e
culturale abbia voluto riservare alla donna solo il compito di sposa e madre,
senza aprirla adeguatamente ai compiti pubblici, in genere riservati all'uomo.
Non c'è dubbio che l'uguale dignità e responsabilità
dell'uomo e della donna giustifichino pienamente l'accesso della donna ai
compiti pubblici. D'altra parte la vera promozione della donna esige pure che
sia chiaramente riconosciuto il valore del suo compito materno e familiare nei
confronti di tutti gli altri compiti pubblici e di tutte le altre professioni.
Del resto, tali compiti e professioni devono tra loro integrarsi se si vuole
che l'evoluzione sociale e culturale sia veramente e pienamente umana.
Ciò risulterà più facile se, come il Sinodo
ha auspicato, una rinnovata «teologia del lavoro» porrà in luce e approfondirà
il significato del lavoro nella vita cristiana e determinerà il fondamentale
legame che esiste tra il lavoro e la famiglia, e, di conseguenza, il
significato originale ed insostituibile del lavoro della casa e dell'educazione
dei figli («Laborem Exercens», 19). Pertanto la Chiesa può e deve aiutare la
società attuale, chiedendo instancabilmente che sia da tutti riconosciuto e
onorato nel suo valore insostituibile il lavoro della donna in casa. Ciò è di
particolare importanza nell'opera educativa: viene eliminata, infatti, la
radice stessa della possibile discriminazione tra i diversi lavori e
professioni, una volta che risulti chiaramente come tutti, in ogni campo, si
impegnino con identico diritto e con identica responsabilità. Apparirà così più
splendida l'immagine di Dio nell'uomo e nella donna.
Se dev'essere riconosciuto anche alle donne,
come agli uomini, il diritto di accedere ai diversi compiti pubblici, la
società deve però strutturarsi in maniera tale che le spose e le madri non
siano difatto costrette a lavorare fuori casa e che le loro famiglie possano
dignitosamente vivere e prosperare, anche se esse si dedicano totalmente alla
propria famiglia.
Si deve inoltre superare la mentalità
secondo la quale l'onore della donna deriva più dal lavoro esterno che
dall'attività familiare. Ma ciò esige che gli uomini stimino ed amino veramente
la donna con ogni rispetto della sua dignità personale, e che la società crei e
sviluppi le condizioni adatte per il lavoro domestico.
La Chiesa, col dovuto rispetto per la
diversa vocazione dell'uomo e della donna, deve promuovere nella misura del
possibile nella sua stessa vita la loro uguaglianza di diritti e di dignità: e
questo per il bene di tutti, della famiglia, della società e della Chiesa.
E' evidente però che tutto questo significa
per la donna non la rinuncia alla sua femminilità né l'imitazione del carattere
maschile, ma la pienezza della vera umanità femminile quale deve esprimersi nel
suo agire, sia in famiglia sia al di fuori di essa, senza peraltro dimenticare
in questo campo la varietà dei costumi e delle culture.
Offese alla dignità della donna
24. Purtroppo il messaggio cristiano sulla
dignità della donna viene contraddetto da quella persistente mentalità che
considera l'essere umano non come persona, ma come cosa, come oggetto di
compravendita, al servizio dell'interesse egoistico e del solo piacere: e prima
vittima di tale mentalità è la donna.
Questa mentalità produce frutti assai amari,
come il disprezzo dell'uomo e della donna, la schiavitù, l'oppressione dei
deboli, la pornografia, la prostituzione - tanto più quando viene organizzata -
e tutte quelle varie discriminazioni che si incontrano nell'ambito
dell'educazione, della professione, della retribuzione del lavoro, ecc.
Inoltre, ancora oggi, in gran parte della
nostra società, permangono molte forme di avvilente discriminazione che
colpiscono ed offendono gravemente alcune categorie particolari di donne, come
ad esempio, le spose che non hanno figli, le vedove, le separate, le
divorziate, le madri-nubili.
Queste ed altre discriminazioni sono state
deplorate dai Padri Sinodali con tutta la forza possibile: chiedo pertanto che
da parte di tutti si svolga un'azione pastorale specifica più vigorosa ed
incisiva, affinché esse siano definitivamente vinte, così da giungere alla
stima piena dell'immagine di Dio che risplende in tutti gli essere umani,
nessuno escluso.
L'uomo sposo e padre
25. Entro la comunione-comunità coniugale e
familiare, l'uomo è chiamato a vivere il suo dono e compito di sposo e di
padre.
Egli vede nella sposa il compiersi del
disegno di Dio: «Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che
gli sia simile» (Gen 2,18), e fa sua l'esclamazione di Adamo, il primo sposo:
«Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa» (Ibid. 2,23).
L'autentico amore coniugale suppone ed esige
che l'uomo porti profondo rispetto per l'eguale dignità della donna: «Non sei
il suo padrone - scrive san Ambrogio - bensì il suo marito; non ti è stata data
schiava, ma in moglie... Ricambia a lei le sue attenzioni verso di te e sii ad
essa grato del suo amore» («Exameron», V,7,19: CSEL 32,I,154). Con la sposa
l'uomo deve vivere «una forma tutta speciale di amicizia personale» (Paolo PP.
VI, «Humanae Vitae», 9). Il cristiano poi è chiamato a sviluppare un
atteggiamento di amore nuovo, manifestando verso la propria sposa la carità
delicata e forte che Cristo ha per la Chiesa (cfr. Ef 5,25).
L'amore alla sposa diventata madre e l'amore
ai figli sono per l'uomo la strada naturale per la comprensione e la
realizzazione della sua paternità. Soprattutto là dove le condizioni sociali e
culturali spingono facilmente il padre ad un certo disimpegno rispetto alla
famiglia o comunque ad una sua minor presenza nell'opera educativa, è
necessario adoperarsi perché si recuperi socialmente la convinzione che il
posto e il compito del padre nella e per la famiglia sono di un'importanza
unica e insostituibile (cfr. Giovanni Paolo PP. II, Omelia ai fedeli di Terni,
3-5 [19 Marzo 1981]: ASS 73 [1981], 268-271). Come l'esperienza insegna,
l'assenza del padre provoca squilibri psicologici e morali e difficoltà
notevoli nelle relazioni familiari, come pure, in circostanze opposte, la presenza
oppressiva del padre, specialmente là dove e ancora in atto il fenomeno del
«machismo», ossia della superiorità abusiva delle prerogative maschili che
umiliano la donna e inibiscono lo sviluppo di sane relazioni familiari.
Rivelando e rivivendo in terra la stessa
paternità di Dio (cfr. Ef 3,15), l'uomo è chiamato a garantire lo sviluppo
unitario di tutti i membri della famiglia: assolverà a tale compito mediante
una generosa responsabilità per la vita concepita sotto il cuore della madre,
un impegno educativo più sollecito e condiviso con la propria sposa (cfr.
«Gaudium et Spes», 52), un lavoro che non disgreghi mai la famiglia ma la
promuova nella sua compattezza e stabilità, una testimonianza di vita cristiana
adulta, che introduca più evidentemente i figli nell'esperienza viva di Cristo
e della Chiesa.
I diritti del bambino
26. Nella famiglia, comunità di persone,
deve essere riservata una specialissima attenzione al bambino, sviluppando una
profonda stima per la sua dignità personale, come pure un grande rispetto ed un
generoso servizio per i suoi diritti. Ciò vale di ogni bambino, ma acquista una
singolare urgenza quanto più il bambino è piccolo e bisognoso di tutto, malato,
sofferente o handicappato.
Sollecitando e vivendo una premura tenera e
forte per ogni bambino che viene in questo mondo, la Chiesa adempie una sua
fondamentale missione: è chiamata, infatti, a rivelare e a riproporre nella
storia l'esempio e il comandamento di Cristo Signore, che ha voluto porre il
bambino al centro del Regno di Dio: «Lasciate che i bambini vengano a me...
perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio» (Lc 18,16; cfr. Mt 19,14;
Mc 10,14).
Ripeto nuovamente quanto ho detto
all'assemblea generale delle Nazioni Unite il 2 ottobre 1979: «Desidero...
esprimere la gioia che per ognuno di noi costituiscono i bambini, primavera
della vita, anticipo della storia futura di ognuna delle presenti patrie
terrene. Nessun paese del mondo, nessun sistema politico può pensare al proprio
avvenire se non attraverso l'immagine di queste nuove generazioni che dai loro
genitori assumeranno il molteplice patrimonio dei valori, dei doveri e delle
aspirazioni della nazione alla quale appartengono e di tutta la famiglia umana.
La sollecitudine per il bambino ancora prima della sua nascita, dal primo
momento della concezione e, in seguito, negli anni dell'infanzia e della
giovinezza, è la primaria e fondamentale verifica della relazione dell'uomo
all'uomo. E perciò, che cosa di più si potrebbe augurare a ogni nazione e a
tutta l'umanità, a tutti i bambini del mondo se non quel migliore futuro in cui
il rispetto dei diritti dell'uomo diventi piena realtà nelle dimensioni del
duemila che si avvicina?» (2 Ottobre 1979).
L'accoglienza, l'amore, la stima, il
servizio molteplice ed unitario - materiale, affettivo, educativo, spirituale -
per ogni bambino che viene in questo mondo dovranno costituire sempre una nota
distintiva irrinunciabile dei cristiani, in particolare delle famiglie
cristiane: così i bambini, mentre potranno crescere «in sapienza, età e grazia
davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52), porteranno il loro prezioso contributo
all'edificazione della comunità familiare e alla stessa santificazione dei
genitori (cfr. «Gaudium et Spes», 48).
Gli anziani in famiglia
27. Ci sono culture che manifestano una
singolare venerazione ed un grande amore per l'anziano: lungi dall'essere
estromesso dalla famiglia o dall'essere sopportato come un peso inutile,
l'anziano ridervi parte attiva e responsabile - pur dovendo rispettare
l'autonomia della nuova famiglia - e soprattutto svolge la preziosa missione di
testimone del passato e di ispiratore di saggezza per i giovani e per
l'avvenire.
Altre culture, invece, specialmente in seguito
ad un disordinato sviluppo industriale ed urbanistico, hanno condotto e
continuano a condurre gli anziani a forme inaccettabili di emarginazione, che
sono fonte ad un tempo di acute sofferenze per loro stessi e di impoverimento
spirituale per tante famiglie.
E' necessario che l'azione pastorale della
Chiesa stimoli tutti a scoprire e a valorizzare i compiti degli anziani nella
comunità civile ed ecclesiale, e in particolare nella famiglia. In realtà, «la
vita degli anziani ci aiuta a far luce sulla scala dei valori umani; fa vedere
la continuità delle generazioni e meravigliosamente dimostra l'interdipendenza
del Popolo di Dio. Gli anziani inoltre hanno il carisma di oltrepassare le
barriere fra le generazioni, prima che queste insorgano. Quanti bambini hanno
trovato comprensione e amore negli occhi, nelle parole e nelle carezze degli
anziani! E quante persone anziane hanno volentieri sottoscritto le ispirate
parole bibliche che «corona dei vecchi sono i figli dei figli» (Pr 17,6)
(Giovanni Paolo PP. II Discorso ai partecipanti all'«International Forum on
Active Aging» 5 [5 Settembre 1980]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», III, 2
[1980] 539).
II. Il servizio della vita
1) La trasmissione della vita
Cooperatori dell'amore di Dio Creatore
28. Con la creazione dell'uomo e della donna
a sua immagine e somiglianza, Dio corona e porta a perfezione l'opera delle sue
mani: Egli li chiama ad una speciale partecipazione del suo amore ed insieme
del suo potere di Creatore e di Padre, mediante la loro libera e responsabile
cooperazione a trasmettere il dono della vita umana: «Dio li benedisse e disse
loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra;
soggiogatela"» (Gen 1,28).
Così il compito fondamentale della famiglia
è il servizio alla vita, il realizzare lungo la storia la benedizione
originaria del Creatore, trasmettendo nella generazione l'immagine divina da
uomo a uomo (cfr. ibid. 5,1ss).
La fecondità è il frutto e il segno
dell'amore coniugale, la testimonianza viva della piena donazione reciproca degli
sposi «II vero culto dell'amore coniugale e tutta la struttura familiare che ne
nasce senza trascurare gli altri fini del matrimonio, a questo tendono, che i
coniugi, con fortezza d'animo siano disposti a cooperare con l'amore del
Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente dilata e
arricchisce la sua famiglia» («Gaudium et Spes», 50).
La fecondità dell'amore coniugale non si
restringe però alla sola procreazione dei figli, sia pure intesa nella sua
dimensione specificamente umana: si allarga e si arricchisce di tutti quei
frutti di vita morale, spirituale e soprannaturale che il padre e la madre sono
chiamati a donare ai figli e, mediante i figli, alla Chiesa e al mondo.
La dottrina e la norma sempre antiche
e sempre nuove della Chiesa
29. Proprio perché l'amore dei coniugi è una
singolare partecipazione al mistero della vita e dell'amore di Dio stesso, la
Chiesa sa di aver ricevuto la missione speciale di custodire e di proteggere
l'altissima dignità del matrimonio e la gravissima responsabilità della
trasmissione della vita umana.
Così, in continuità con la tradizione viva
della comunità ecclesiale lungo la storia, il recente Concilio Vaticano II e il
magistero del mio predecessore Paolo VI, espresso soprattutto nell'enciclica
«Humanae Vitae», hanno trasmesso ai nostri tempi un annuncio veramente
profetico, che riafferma e ripropone con chiarezza la dottrina e la norma
sempre antiche e sempre nuove della Chiesa sul matrimonio e sulla trasmissione
della vita umana.
Per questo, nella loro ultima assemblea, i
Padri Sinodali hanno testualmente dichiarato: «Questo Sacro Sinodo, riunito
nell'unità della fede col successore di Pietro, fermamente mantiene ciò che nel
Concilio Vaticano II (cfr. «Gaudium et Spes», 50) e, in seguito, nell'enciclica
«Humanae Vitae» viene proposto, e in particolare che l'amore coniugale deve
essere pienamente umano, esclusivo e aperto alla nuova vita (Propositio 22. La
conclusione del n. 11 dell'enciclica «Humanae Vitae» così afferma: «Richiamando
gli uomini all'osservanza delle norme della legge naturale interpreta dalla sua
costante dottrina, la Chiesa insegna che qualsiasi atto matrimoniale deve
rimanere aperto alla trasmissione della vita» AAS 60 [1968] 488).
La Chiesa sta dalla parte della vita
30. La dottrina della Chiesa si colloca oggi
in una situazione sociale e culturale, che la rende ad un tempo più difficile
da comprendere e più urgente ed insostituibile per promuovere il vero bene
dell'uomo e della donna.
Infatti, il progresso scientifico-tecnico,
che l'uomo contemporaneo accresce di continuo nel suo dominio sulla natura, non
sviluppa solo la speranza di creare una nuova e migliore umanità, ma anche
un'angoscia sempre più profonda circa il futuro. Alcuni si domandano se sia
bene vivere o se non sia meglio neppure essere nati; dubitano, se sia lecito
chiamare altri alla vita, i quali forse malediranno la propria esistenza in un
mondo crudele, i cui terrori non sono neppure prevedibili. Altri pensano di
essere gli unici destinatari dei vantaggi della tecnica ed escludono gli altri,
ai quali vengono imposti mezzi contraccettivi o metodi ancor peggiori. Altri
ancora, imprigionati come sono dalla mentalità consumistica e con l'unica
preoccupazione di un continuo aumento di beni materiali, finiscono per non comprendere
più e quindi per rifiutare la ricchezza spirituale di una nuova vita umana. La
ragione ultima di queste mentalità è l'assenza, nel cuore degli uomini di Dio,
il cui amore soltanto è più forte di tutte le possibile paure del mondo e le
può vincere.
E' nata così una mentalità contro la vita
(anti-life mentality), come emerge in molte questioni attuali: si pensi, ad
esempio, a un certo panico derivato dagli studi degli ecologi e dei futurologi
sulla demografia, che a volte esagerano il pericolo dell'incremento demografico
per la qualità della vita.
Ma la Chiesa fermamente crede che la vita
umana, anche se debole e sofferente, è sempre uno splendido dono del Dio della
bontà. Contro il pessimismo e l'egoismo, che oscurano il mondo, la Chiesa sta
dalla parte della vita: e in ciascuna vita umana sa scoprire lo splendore di
quel «Sì», di quell'«Amen», che è Cristo stesso (cfr. 2Cor 1,19; Ap 3,14). Al
«no» che invade ed affligge il mondo, contrappone questo vivente «Sì»,
difendendo in tal modo l'uomo e il mondo da quanti insidiano e mortificano la
vita.
La Chiesa è chiamata a manifestare
nuovamente a tutti, con un più chiaro e fermo convincimento, la sua volontà di
promuovere con ogni mezzo e di difendere contro ogni insidia la vita umana, in
qualsiasi condizione e stadio di sviluppo si trovi.
Per questo la Chiesa condanna come grave
offesa della dignità umana e della giustizia tutte quelle attività dei governi
o di altre autorità pubbliche, che tentano di limitare in qualsiasi modo la
libertà dei coniugi nel decidere dei figli. Di conseguenza qualsiasi violenza
esercitata da tali autorità in favore della contraccezione e persino della
sterilizzazione e dell'aborto procurato e del tutto da condannare e da
respingere con forza. Allo stesso modo è da esecrare come gravemente ingiusto
il fatto che nelle relazioni internazionali l'aiuto economico concesso per la
promozione dei popoli venga condizionato a programmi di contraccezione,
sterilizzazione e aborto procurato (cfr. Messaggio del VI Sinodo dei Vescovi
alle Famiglie cristiane nel mondo contemporaneo, 5 [24 Ottobre 1980]).
Perché il progetto divino sia sempre
più pienamente attuato
31. La Chiesa è certamente consapevole anche
dei molteplici e complessi problemi, che oggi in molti Paesi coinvolgono i
coniugi nel loro compito di trasmettere responsabilmente la vita. Riconosce
pure il grave problema dell'incremento demografico, come si configura in varie
parti del mondo, con le implicazioni morali che esso comporta.
Essa ritiene, tuttavia, che una approfondita
considerazione di tutti gli aspetti di tali problemi offra una nuova e più
forte conferma dell'importanza della dottrina autentica circa la regolazione
della natalità, riproposta nel Concilio Vaticano II e nell'enciclica «Humanae
Vitae».
Per questo, insieme con i Padri del Sinodo,
sento il dovere di rivolgere un pressante invito ai teologi, affinché, unendo
le loro forze per collaborare col Magistero gerarchico, si impegnino a porre
sempre meglio in luce i fondamenti biblici, le motivazioni etiche e le ragioni
personalistiche di questa dottrina. Sarà così possibile, nel contesto di
un'esposizione organica, rendere la dottrina della Chiesa su questo importante
capitolo veramente accessibile a tutti gli uomini di buona volontà, favorendone
la comprensione ogni giorno più luminosa e profonda in tal modo il progetto
divino potrà essere sempre più pienamente attuato per la salvezza dell'uomo e
per la gloria del Creatore.
A questo riguardo, il concorde impegno dei
teologi, ispirato da convinta adesione al Magistero, che è l'unica guida
autentica del Popolo di Dio, presenta particolare urgenza anche in ragione
dell'intimo legame che esiste tra la dottrina cattolica su questo punto e la
visione dell'uomo che la Chiesa propone: dubbi o errori nel campo matrimoniale
o familiare comportano un grave oscurarsi della verità integrale sull'uomo in
una situazione culturale già così spesso confusa e contraddittoria. Il
contributo di illuminazione e di approfondimento, che i teologi sono chiamati
ad offrire in adempimento del loro compito specifico, ha un valore
incomparabile e rappresenta un servizio singolare, altamente meritorio, alla
famiglia e all'umanità.
Nella visione integrale dell'uomo e
della sua vocazione
32. Nel contesto di una cultura che
gravemente deforma o addirittura smarrisce il vero significato della sessualità
umana, perché la sradica dal suo essenziale riferimento alla persona, la Chiesa
sente più urgente e insostituibile la sua missione di presentare la sessualità
come valore e compito di tutta la persona creata, maschio e femmina, ad
immagine di Dio.
In questa prospettiva il Concilio Vaticano
II ha chiaramente affermato che «quando si tratta di comporre l'amore coniugale
con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del
comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei
motivi, ma va determinato da criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento
nella natura stessa della persona umana e dei suoi atti e sono destinati a
mantenere in un contesto di vero amore l'integro senso della mutua donazione e
della procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se non venga coltivata
con sincero animo la virtù della castità coniugale» («Gaudium et Spes», 51).
E' proprio movendo dalla «visione integrale
dell'uomo e della sua vocazione, non solo naturale e terrena, ma anche
soprannaturale ed eterna» (Paolo PP. VI, «Humanae Vitae», 7), che Paolo VI ha
affermato che la dottrina della Chiesa «è fondata sulla connessione
inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa,
tra i due significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il
significato procreativo» (Ibid. 12). Ed ha concluso ribadendo che è da
escludere come intrinsecamente disonesta «ogni azione che, o in previsione
dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue
conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di rendere
impossibile la procreazione» (Ibid. 14).
Quando i coniugi, mediante il ricorso alla contraccezione,
scindono questi due significati che Dio Creatore ha inscritti nell'essere
dell'uomo e della donna e nel dinamismo della loro comunione sessuale, si
comportano come «arbitri» del disegno divino e «manipolano» e avviliscono la
sessualità umana, e con essa la persona propria e del coniuge, alterandone il
valore di donazione «totale». Così, al linguaggio nativo che esprime la
reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio
oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all'altro in
totalità: ne deriva, non soltanto il positivo rifiuto all'apertura alla vita,
ma anche una falsificazione dell'interiore verità del personale.
Quando invece i coniugi, mediante il ricorso
a periodi di infecondità, rispettano la connessione inscindibile dei
significati unitivo e procreativo della sessualità umana, si comportano come
«ministri» del disegno di Dio ed «usufruiscono» della sessualità secondo
l'originario dinamismo della donazione «totale», senza manipolazioni ed alterazioni
(Ibid 13).
Alla luce della stessa esperienza di tante
coppie di sposi e dei dati delle diverse scienze umane, la riflessione
teologica può cogliere ed è chiamata ad approfondire la differenza
antropologica e al tempo stesso morale, che esiste tra la contraccezione e il
ricorso ai ritmi temporali: si tratta di una differenza assai più vasta e
profonda di quanto abitualmente non si pensi e che coinvolge in ultima analisi
due concezioni della persona e della sessualità umana tra loro irriducibili. La
scelta dei ritmi naturali comporta l'accettazione del tempo della persona, cioè
della donna, e con ciò l'accettazione anche del dialogo, del rispetto
reciproco, della comune responsabilità, del dominio di sé. Accogliere poi il
tempo e il dialogo significa riconoscere il carattere insieme spirituale e
corporeo della comunione coniugale, come pure vivere l'amore personale nella
sua esigenza di fedeltà. In questo contesto la coppia fa l'esperienza che la
comunione coniugale viene arricchita di quei valori di tenerezza e di
affettività, i quali costituiscono l'anima profonda della sessualità umana,
anche nella sua dimensione fisica. In tal modo la sessualità viene rispettata e
promossa nella sua dimensione veramente e pienamente umana, non mai invece
«usata» come un «oggetto» che, dissolvendo l'unità personale di anima e corpo,
colpisce la stessa creazione di Dio nell'intreccio più intimo tra natura e
persona.
La Chiesa Maestra e Madre per i
coniugi in difficoltà
33. Anche nel campo della morale coniugale
la Chiesa è ed agisce come Maestra e Madre.
Come Maestra, essa non si stanca di
proclamare la norma morale che deve guidare la trasmissione responsabile della
vita. Di tale norma la Chiesa non è affatto né l'autrice né l'arbitra. In
obbedienza alla verità, che è Cristo, la cui immagine si riflette nella natura
e nella dignità della persona umana, la Chiesa interpreta la norma morale e la
propone a tutti gli uomini di buona volontà, senza nasconderne le esigenze di
radicalità e di perfezione.
Come Madre, la Chiesa si fa vicina alle
molte coppie di sposi che si trovano in difficoltà su questo importante punto
della vita morale: conosce bene la loro situazione, spesso molto ardua e a
volte veramente tormentata da difficoltà di ogni genere, non solo individuali
ma anche sociali; sa che tanti coniugi incontrano difficoltà non solo per la
realizzazione concreta, ma anche per la stessa comprensione dei valori insiti
nella norma morale.
Ma è la stessa ed unica Chiesa ad essere
insieme Maestra e Madre. Per questo la Chiesa non cessa mai di invitare e di
incoraggiare, perché le eventuali difficoltà coniugali siano risolte senza mai
falsificare e compromettere la verità: è infatti convinta che non può esserci
vera contraddizione tra la legge divina del trasmettere la vita e quella di
favorire l'autentico amore coniugale (cfr. «Gaudium et Spes«, 51). Per questo, la pedagogia concreta della Chiesa deve
sempre essere connessa e non mai separata dalla sua dottrina. Ripeto, pertanto,
con la medesima persuasione del mio predecessore: «Non sminuire in nulla la
salutare dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime» (Paolo
PP. VI «Humanae Vitae», 29).
D'altra parte l'autentica pedagogia
ecclesiale rivela il suo realismo e la sua sapienza solo sviluppando un impegno
tenace e coraggioso nel creare e sostenere tutte quelle condizioni umane -
psicologiche, morali e spirituali - che sono indispensabili per comprendere e
vivere il valore e la norma morale.
Non c'è dubbio che tra queste condizioni si
debbano annoverare la costanza e la pazienza, l'umiltà e la fortezza d'animo,
la filiale fiducia in Dio e nella sua grazia, il ricorso frequente alla
preghiera e ai sacramenti dell'Eucaristia e della riconciliazione (cfr. ibid.
25). Così corroborati, i coniugi cristiani potranno mantenere viva la coscienza
del singolare influsso che la grazia del sacramento del matrimonio esercita su
tutte le realtà della vita coniugale, e quindi anche sulla loro sessualità: il
dono dello Spirito, accolto e corrisposto dai coniugi, li aiuta a vivere la
sessualità umana secondo il piano di Dio e come segno dell'amore unitivo e
fecondo di Cristo per la sua Chiesa.
Ma tra le condizioni necessarie rientra
anche la conoscenza della corporeità e dei suoi ritmi di fertilità. In tal
senso bisogna far di tutto perché una simile conoscenza sia resa accessibile a
tutti i coniugi, e prima ancora alle persone giovani, mediante un'informazione
ed una educazione chiare, tempestive e serie, ad opera di coppie, di medici e
di esperti. La conoscenza poi deve sfociare nell'educazione all'autocontrollo:
di qui l'assoluta necessità della virtù della castità e della permanente
educazione ad essa. Secondo la visione cristiana, la castità non significa
affatto né rifiuto né disistima della sessualità umana: significa piuttosto energia
spirituale, che sa difendere l'amore dai pericoli dell'egoismo e
dell'aggressività e sa promuoverlo verso la sua piena realizzazione.
Paolo VI, con profondo intuito di sapienza e
di amore, altro non ha fatto che dare voce all'esperienza di tante coppie di
sposi quando ha scritto nella sua enciclica: «il dominio dell'istinto mediante
la ragione e la libera volontà, impone indubbiamente una ascesi, affinché le
manifestazioni affettive della vita coniugale siano secondo il retto ordine e
in particolare per l'osservanza della continenza periodica. Ma questa
disciplina, propria della purezza degli sposi, ben lungi dal nuocere all'amore
coniugale, gli conferisce invece un più alto valore umano. Esige un continuo
sforzo, ma grazie al suo benefico influsso i coniugi sviluppano integralmente
la loro personalità arricchendosi di valori spirituali: essa apporta alla vita
familiare frutti di serenità e di pace e agevola la soluzione di altri
problemi; favorisce l'attenzione verso l'altro coniuge, aiuta gli sposi a
bandire l'egoismo, nemico del vero amore, ed approfondisce il loro senso di
responsabilità nel compimento dei loro doveri. I genitori acquistano con essa
la capacità di un influsso più profondo ed efficace per l'educazione dei figli»
(«Humanae Vitae», 21).
L'itinerario morale degli sposi
34. E' sempre di grande importanza possedere
una retta concezione dell'ordine morale, dei suoi valori e delle sue norme:
l'importanza cresce, quando più numerose e gravi si fanno le difficoltà a
rispettarli.
Proprio perché rivela e propone il disegno
di Dio Creatore, l'ordine morale non può essere qualcosa di mortificante per
l'uomo e di impersonale; al contrario, rispondendo alle esigenze più profonde
dell'uomo creato da Dio, si pone al servizio della sua piena umanità, con
l'amore delicato e vincolante con cui Dio stesso ispira, sostiene e guida ogni
creatura verso la sua felicità.
Ma l'uomo, chiamato a vivere
responsabilmente il disegno sapiente e amoroso di Dio, è un essere storico, che
si costruisce giorno per giorno, con le sue numerose libere scelte: per questo
egli conosce ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita.
Anche i coniugi, nell'ambito della loro vita
morale, sono chiamati ad un incessante cammino, sostenuti dal desiderio sincero
e operoso di conoscere sempre meglio i valori che la legge divina custodisce e
promuove, e dalla volontà retta e generosa di incarnarli nelle loro scelte
concrete. Essi, tuttavia, non possono guardare alla legge solo come ad un puro
ideale da raggiungere in futuro, ma debbono considerarla come un comando di
Cristo Signore a superare con impegno le difficoltà. «Perciò la cosiddetta
"legge della gradualità", o cammino graduale, non può identificarsi
con la "gradualità della legge", come se ci fossero vari gradi e
varie forme di precetto nella legge divina per uomini e situazioni diverse.
Tutti i coniugi, secondo il disegno divino, sono chiamati alla santità nel
matrimonio e questa alta vocazione si realizza in quanto la persona umana è in
grado di rispondere al comando divino con animo sereno, confidando nella grazia
divina e nella propria volontà» (Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la
conclusione del VI Sinodo dei Vescovi, 8 [25 Ottobre 1980]: ASS 72 [1980]
1083). In questa stessa linea, rientra nella pedagogia della Chiesa che i
coniugi anzitutto riconoscano chiaramente la dottrina della «Humanae Vitae»
come normativa per l'esercizio della loro sessualità, e sinceramente si
impegnino a porre le condizioni necessarie per osservare questa norma.
Questa pedagogia, come ha rilevato il
Sinodo, comprende tutta la vita coniugale. Per questo il compito di trasmettere
la vita deve essere integrato nella missione globale dell'intera vita
cristiana, la quale senza la croce non può giungere alla risurrezione. In
simile contesto si comprende come non si possa togliere il sacrificio dalla
vita familiare, anzi si debba accettare di cuore, perché l'amore coniugale si
approfondisca e diventi fonte di intima gioia.
Questo comune cammino esige riflessione,
informazione, idonea educazione dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici, che
sono impegnati nella pastorale familiare: tutti costoro potranno aiutare i
coniugi nel loro itinerario umano e spirituale, che comporta la coscienza del
peccato, il sincero impegno di osservare la legge morale, il ministero della
riconciliazione. E' pure da tenere presente come nell'intimità coniugale siano
implicate le volontà di due persone, chiamate però ad una armonia di mentalità
e di comportamento: ciò esige non poca pazienza, simpatia e tempo. Di singolare
importanza in questo campo è l'unità dei giudizi morali e pastorali dei
sacerdoti: tale unità dev'essere accuratamente ricercata ed assicurata, perché
i fedeli non abbiano a soffrire ansietà di coscienza (cfr. Paolo PP. VI
«Humanae Vitae», 28).
Il cammino dei coniugi sarà dunque
facilitato se, nella stima della dottrina della Chiesa e nella fiducia verso la
grazia di Cristo, aiutati ed accompagnati dai pastori d'anime e dall'intera
comunità ecclesiale, essi sapranno scoprire e sperimentare il valore di
liberazione e di promozione dell'amore autentico, che il Vangelo offre ed il
comandamento del Signore propone.
Suscitare convinzioni e offrire aiuti
concreti
35. Di fronte al problema di un'onesta
regolazione della natalità, la comunità ecclesiale, nel tempo presente, deve
assumersi il compito di suscitare convinzioni e di offrire aiuti concreti per
quanti vogliono vivere la paternità e la maternità in modo veramente
responsabile.
In questo campo, mentre si compiace dei
risultati raggiunti dalle ricerche scientifiche per una conoscenza più precisa
dei ritmi di fertilità femminile e stimola una più decisiva ed ampia estensione
di tali studi, la Chiesa non può non sollecitare con rinnovato vigore la
responsabilità di quanti - medici, esperti, consulenti coniugali, educatori,
coppie - possono aiutare effettivamente i coniugi a vivere il loro amore nel
rispetto della struttura e delle finalità dell'atto coniugale che lo esprime.
Ciò significa un impegno più vasto, decisivo e sistematico per far conoscere,
stimare e applicare i metodi naturali di regolazione della fertilità (cfr.
Giovanni Paolo PP. II, Discorso ai Delegati del «Centre de Liaison des Equipes
de Recherche», 9 [3 Novembre 1979]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», II 2
[1979] 1035; cfr. anche Discorso ai Partecipanti al primo Congresso per la
Famiglia d'Africa e d'Europa (15 Gennaio 1981): «L'Osservatore Romano» (16
Gennaio 1981).
Una preziosa testimonianza può e deve essere
data da quegli sposi che, mediante l'impegno comune della continenza periodica,
sono giunti ad una più matura responsabilità personale di fronte all'amore ed
alla vita. Come scriveva Paolo VI, «ad essi il Signore affida il compito di
rendere visibile agli uomini la santità e la soavità della legge che unisce
l'amore vicendevole degli sposi con la loro cooperazione all'amore di Dio
autore della vita umana» («Humanae Vitae», 25).
2) L'educazione
Il diritto-dovere educativo dei
genitori
36. Il compito dell'educazione affonda le
radici nella primordiale vocazione dei coniugi a partecipare all'opera
creatrice di Dio: generando nell'amore e per amore una nuova persona, che in sé
ha la vocazione alla crescita ed allo sviluppo, i genitori si assumono perciò
stesso il compito di aiutarla efficacemente a vivere una vita pienamente umana.
Come ha ricordato il Concilio Vaticano II: «I genitori, poiché hanno trasmesso
la vita ai figli, hanno l'obbligo gravissimo di educare la prole: vanno
pertanto considerati come i primi e principali educatori di essa. Questa loro
funzione educativa è tanto importante che, se manca, può appena essere
supplita. Tocca infatti ai genitori creare in seno alla famiglia
quell'atmosfera vivificata dall'amore e dalla pietà verso Dio e verso gli
uomini, che favorisce l'educazione completa dei figli in senso personale e
sociale. La famiglia è dunque la prima scuola di virtù sociali di cui appunto
han bisogno tutte le società» («Gravissimum Educationis», 3).
Il diritto-dovere educativo dei genitori si
qualifica come essenziale, connesso com'è con la trasmissione della vita umana;
come originale e primario, rispetto al compito educativo di altri, per
l'unicità del rapporto d'amore che sussiste tra genitori e figli; come
insostituibile ed inalienabile, e che pertanto non può essere totalmente
delegato ad altri, né da altri usurpato.
Al di là di queste caratteristiche, non si
può dimenticare che l'elemento più radicale, tale da qualificare il compito
educativo dei genitori, è l'amore paterno e materno, il quale trova nell'opera
educativa il suo compimento nel rendere pieno e perfetto il servizio alla vita:
l'amore dei genitori da sorgente diventa anima e pertanto norma, che ispira e
guida tutta l'azione educativa concreta, arricchendola di quei valori di
dolcezza, costanza, bontà, servizio, disinteresse, spirito di sacrificio, che
sono il più prezioso frutto dell'amore.
Educare ai valori essenziali della
vita umana
37. Pur in mezzo alle difficoltà dell'opera
educativa, oggi spesso aggravate, i genitori devono con fiducia e coraggio formare
i figli ai valori essenziali della vita umana. I figli devono crescere in una
giusta libertà di fronte ai beni materiali, adottando uno stile di vita
semplice ed austero, ben convinti che «l'uomo vale più per quello che è che per
quello che ha» («Gaudium et Spes», 35)
In una società scossa e disgregata da
tensioni e conflitti per il violento scontro tra i diversi individualismi ed
egoismi, i figli devono arricchirsi non soltanto del senso della vera
giustizia, che sola conduce al rispetto della dignità personale di ciascuno, ma
anche e ancora più del senso del vero amore, come sollecitudine sincera e
servizio disinteressato verso gli altri, in particolare i più poveri e
bisognosi. La famiglia è la prima e fondamentale scuola di socialità: in quanto
comunità di amore, essa trova nel dono di sé la legge che la guida e la fa
crescere. Il dono di sé, che ispira l'amore dei coniugi tra di loro, si pone
come modello e norma del dono di sé quale deve attuarsi nei rapporti tra
fratelli e sorelle e tra le diverse generazioni che convivono nella famiglia. E
la comunione e la partecipazione quotidianamente vissuta nella casa, nei
momenti di gioia e di difficoltà, rappresenta la più concreta ed efficace
pedagogia dei figli nel più ampio orizzonte della società.
L'educazione all'amore come dono di sé
costituisce anche la premessa indispensabile per i genitori chiamati ad offrire
ai figli una chiara e delicata educazione sessuale. Di fronte ad una cultura
che «banalizza» in larga parte la sessualità umana, perché la interpreta e la
vive in modo riduttivo e impoverito, collegandola unicamente al corpo e al
piacere egoistico, il servizio educativo dei genitori deve puntare fermamente
su di una cultura sessuale che sia veramente e pienamente personale: la
sessualità, infatti, è una ricchezza di tutta la persona - corpo, sentimento e
anima - e manifesta il suo intimo significato nel portare la persona al dono di
sé nell'amore.
L'educazione sessuale, diritto e dovere
fondamentale dei genitori, deve attuarsi sempre sotto la loro guida sollecita,
sia in casa sia nei centri educativi da essi scelti e controllati. In questo
senso la Chiesa ribadisce la legge della sussidiarietà, che la scuola è tenuta
ad osservare quando coopera all'educazione sessuale, collocandosi nello spirito
stesso che anima i genitori.
In questo contesto è del tutto
irrinunciabile l'educazione alla castità, come virtù che sviluppa l'autentica
maturità della persona e la rende capace di rispettare e promuovere il
«significato sponsale» del corpo. Anzi, i genitori cristiani riserveranno una
particolare attenzione e cura, discernendo i segni della chiamata di Dio, per
l'educazione alla verginità, come forma suprema di quel dono di sé che
costituisce il senso stesso della sessualità umana.
Per gli stretti legami che intercorrono tra
la dimensione sessuale della persona e i suoi valori etici, il compito
educativo deve condurre i figli a conoscere e a stimare le norme morali come
necessaria e preziosa garanzia per una responsabile crescita personale nella
sessualità umana.
Per questo la Chiesa si oppone fermamente a
una certa forma di informazione sessuale, avulsa dai principi morali, così
spesso diffusa, la quale altro non sarebbe che un'introduzione all'esperienza
del piacere e uno stimolo che porta a perdere la serenità - ancora negli anni
dell'innocenza - aprendo la strada al vizio.
La missione educativa e il sacramento
del matrimonio
38. Per i genitori cristiani la missione
educativa, radicata come si è detto nella loro partecipazione all'opera
creatrice di Dio, ha una nuova e specifica sorgente nel sacramento del
matrimonio, che li consacra all'educazione propriamente cristiana dei figli, li
chiama cioè a partecipare alla stessa autorità e allo stesso amore di Dio Padre
e di Cristo Pastore, come pure all'amore materno della Chiesa, e li arricchisce
di sapienza, consiglio, fortezza e di ogni altro dono dello Spirito Santo per
aiutare i figli nella loro crescita umana e cristiana.
Dal sacramento del matrimonio il compito
educativo riceve la dignità e la vocazione di essere un vero e proprio
«ministero» della Chiesa al servizio della edificazione dei suoi membri. Tale è
la grandezza e lo splendore del ministero educativo dei genitori cristiani, che
san Tommaso non esita a paragonare al ministero dei sacerdoti: «Alcuni
propagano e conservano la vita spirituale con un ministero unicamente
spirituale, e questo spetta al sacramento dell'ordine; altri lo fanno quanto
alla vita ad un tempo corporale e spirituale e ciò avviene col sacramento del
matrimonio, nel quale l'uomo e la donna si uniscono per generare la prole ed
educarla al culto di Dio («Summa contra Gentiles», IV, 58).
La coscienza viva e vigile della missione
ricevuta col sacramento del matrimonio aiuterà i genitori cristiani a porsi con
grande serenità e fiducia al servizio educativo dei figli e, nello stesso
tempo, con senso di responsabilità di fronte a Dio che li chiama e li manda ad
edificare la Chiesa nei figli. Così la famiglia dei battezzati, convocata quale
chiesa domestica dalla Parola e dal Sacramento, diventa insieme, come la grande
Chiesa, maestra e madre.
La prima esperienza di Chiesa
39. La missione dell'educazione esige che i
genitori cristiani propongano ai figli tutti quei contenuti che sono necessari
per la graduale maturazione della loro responsabilità da un punto di vista
cristiano ed ecclesiale. Riprenderanno allora le linee educative sopra
ricordate, con la cura di mostrare ai figli a quale profondità di significati
la fede e la carità di Gesù Cristo sanno condurre. Inoltre la consapevolezza che
il Signore affida loro la crescita di un figlio di Dio, di un fratello di
Cristo, di un tempio dello Spirito Santo, di un membro della Chiesa, sorreggerà
i genitori cristiani nel loro compito di rafforzare nell'anima dei figli il
dono della grazia divina.
Il Concilio Vaticano II così precisa il
contenuto dell'educazione cristiana: «Essa non comporta solo la maturità
propria dell'umana persona... ma tende soprattutto a far sì che i battezzati,
iniziati gradualmente alla conoscenza del mistero della salvezza, prendano
sempre maggiore coscienza del dono della fede, che hanno ricevuto: imparino ad
adorare Dio in spirito e verità (cfr. Gv 4,23), specialmente attraverso
l'azione liturgica, si preparino a vivere la propria vita secondo l'uomo nuovo
della giustizia e nella santità della verità (Ef 4,22-24), così raggiungano
l'uomo perfetto, la statura della pienezza di Cristo (cfr. Ef 4,13) e diano il
loro apporto all'aumento del corpo mistico. Essi inoltre, consapevoli della
loro vocazione, devono addestrarsi sia a testimoniare quella speranza che è in
loro (cfr. 1Pt 3,14), sia a promuovere la elevazione in senso cristiano del
mondo» («Gravissimum Educationis», 2).
Anche il Sinodo, riprendendo e sviluppando
le linee conciliari, ha presentato la missione educativa della famiglia
cristiana come un vero ministero, per mezzo del quale viene trasmesso e
irradiato il Vangelo, al punto che la stessa vita di famiglia diventa
itinerario di fede e in qualche modo iniziazione cristiana e scuola della
sequela di Cristo. Nella famiglia cosciente di tale dono, come ha scritto Paolo
VI, «tutti i membri evangelizzano e sono evangelizzati» («Evangelii Nuntiandi»,
71).
In forza del mistero dell'educazione i
genitori mediante la testimonianza della vita, sono i primi araldi del Vangelo
presso i figli. Di più, pregando con i figli, dedicandosi con essi alla lettura
della Parola di Dio ed inserendoli nell'intimo del Corpo - eucaristico ed
ecclesiale - di Cristo mediante l'iniziazione cristiana, diventano pienamente
genitori generatori cioè non solo della vita carnale, ma anche di quella che,
mediante la rinnovazione dello Spirito, scaturisce dalla Croce e risurrezione
di Cristo.
Perché i genitori cristiani possano compiere
degnamente il loro ministero educativo, i Padri Sinodali hanno auspicato che
sia preparato un adeguato testo di catechismo per le famiglie, chiaro, breve e
tale da poter essere facilmente assimilato da tutti. Le conferenze episcopali
sono state caldamente invitate ad impegnarsi per la realizzazione di questo
catechismo.
Rapporti con altre forze educative
40. La famiglia è la prima, ma non l'unica
ed esclusiva comunità educante: la stessa dimensione comunitaria, civile ed
ecclesiale, dell'uomo esige e conduce ad un'opera più ampia ed articolata, che
sia il frutto della collaborazione ordinata delle diverse forze educative.
Queste forze sono tutte necessarie, anche se ciascuna può e deve intervenire
con una sua competenza e con un suo contributo propri (cfr. «Gravissimum
Educationis», 3).
Il compito educativo della famiglia cristiana
ha perciò un posto assai importante nella pastorale organica: ciò implica una
nuova forma di collaborazione tra i genitori e le comunità cristiane, tra i
diversi gruppi educativi e i pastori. In questo senso il rinnovamento della
scuola cattolica deve riservare una speciale attenzione sia ai genitori degli
alunni sia alla formazione di una perfetta comunità educante.
Dev'essere assolutamente assicurato il
diritto dei genitori alla scelta di un'educazione conforme alla loro fede
religiosa.
Lo Stato e la Chiesa hanno l'obbligo di dare
alle famiglie tutti gli aiuti possibili, affinché possano adeguatamente
esercitare i loro compiti educativi. Per questo sia la Chiesa sia lo Stato
devono creare e promuovere quelle istituzioni ed attività, che le famiglie
giustamente richiedono: e l'aiuto dovrà essere proporzionato alle insufficienze
delle famiglie. Pertanto, tutti coloro che nella società sono alla guida delle
scuole non devono mai dimenticare che i genitori sono stati costituiti da Dio
stesso come primi e principali educatori dei figli, e che il loro diritto è del
tutto inalienabile.
Ma complementare al diritto, si pone il
grave dovere dei genitori di impegnarsi a fondo in un rapporto cordiale e
fattivo con gli insegnanti ed i dirigenti delle scuole.
Se nelle scuole si insegnano ideologie
contrarie alla fede cristiana, la famiglia insieme ad altre famiglie,
possibilmente mediante forme associative familiari, deve con tutte le forze e
con sapienza aiutare i giovani a non allontanarsi dalla fede. In questo caso la
famiglia ha bisogno di aiuti speciali da parte dei pastori d'anime, i quali non
dovranno dimenticare che i genitori hanno l'inviolabile diritto di affidare i
loro figli alla comunità ecclesiale.
Un servizio molteplice alla vita
41. Il fecondo amore coniugale si esprime in
un servizio alla vita dalle forme molteplici, delle quali la generazione e
l'educazione sono quelle più immediate, proprie ed insostituibili. In realtà,
ogni atto di vero amore verso l'uomo testimonia e perfeziona la fecondità spirituale
della famiglia perché è obbedienza al dinamismo interiore profondo dell'amore
come donazione di sé agli altri.
A questa prospettiva, per tutti ricca di
valore e di impegno, sapranno ispirarsi in particolare quei coniugi che fanno
l'esperienza della sterilità fisica.
Le famiglie cristiane che nella fede
riconoscono tutti gli uomini come figli del comune Padre dei cieli, verranno
generosamente incontro ai figli delle altre famiglie, sostenendoli ed amandoli
non come estranei, ma come membri dell'unica famiglia dei figli di Dio. I
genitori cristiani potranno così allargare il loro amore al di là dei vincoli
della carne e del sangue, alimentando i legami che si radicano nello spirito e
che si sviluppano nel servizio concreto ai figli di altre famiglie, spesso
bisognosi delle cose più necessarie.
Le famiglie cristiane sapranno vivere una
maggiore disponibilità verso l'adozione e l'affidamento di quei figli che sono
privati dei genitori o da essi abbandonati: mentre questi bambini, ritrovando il
valore affettivo di una famiglia, possono fare esperienza dell'amorevole e
provvida paternità di Dio, testimoniata dai genitori cristiani, e così crescere
con serenità e fiducia nella vita, la famiglia intera sarà arricchita dai
valori spirituali di una più ampia fraternità.
La fecondità delle famiglie deve conoscere
una sua incessante «creatività», frutto meraviglioso dello Spirito di Dio che
spalanca gli occhi del cuore per scoprire le nuove necessità e sofferenze della
nostra società, e che infonde coraggio per assumerle e darvi risposta. In
questo quadro si presenta alle famiglie un vastissimo campo d'azione: infatti,
ancor più preoccupante dell'abbandono dei bambini è oggi il fenomeno
dell'emarginazione sociale e culturale, che duramente colpisce anziani,
ammalati, handicappati, tossicodipendenti, ex carcerati, ecc.
In tal modo si dilata enormemente
l'orizzonte della paternità e della maternità delle famiglie cristiane: il loro
amore spiritualmente fecondo è sfidato da queste e da tante altre urgenze del
nostro tempo. Con le famiglie e per mezzo loro, il Signore Gesù continua ad
avere «compassione» delle folle.
III. La partecipazione allo sviluppo
della società
La famiglia prima e vitale cellula
della società
42. «Poiché il Creatore di tutte le cose ha
costituito il matrimonio quale principio e fondamento dell'umana società», la
famiglia e divenuta la «prima e vitale cellula della società» («Apostolicam
Actuositatem», 11).
La famiglia possiede vincoli vitali e
organici con la società, perché ne costituisce il fondamento e l'alimento
continuo mediante il suo compito di servizio alla vita: dalla famiglia infatti
nascono i cittadini e nella famiglia essi trovano la prima scuola di quelle
virtù sociali, che sono l'anima della vita e dello sviluppo della società
stessa.
Così in forza della sua natura e vocazione,
lungi dal rinchiudersi in se stessa, la famiglia si apre alle altre famiglie e
alla società, assumendo il suo compito sociale.
La vita familiare come esperienza di
comunione e di partecipazione
43. La stessa esperienza di comunione e di
partecipazione, che deve caratterizzare la vita quotidiana della famiglia,
rappresenta il suo primo e fondamentale contributo alla società.
Le relazioni tra i membri della comunità
familiare sono ispirate e guidate dalla legge della «gratuità» che, rispettando
e favorendo in tutti e in ciascuno la dignità personale come unico titolo di
valore, diventa accoglienza cordiale, incontro e dialogo, disponibilità
disinteressata, servizio generoso, solidarietà profonda.
Così la promozione di un'autentica e matura
comunione di persone nella famiglia diventa prima e insostituibile scuola di
socialità, esempio e stimolo per i più ampi rapporti comunitari all'insegna del
rispetto, della giustizia, del dialogo, dell'amore.
In tal modo, come hanno ricordato i Padri
Sinodali, la famiglia costituisce il luogo nativo e lo strumento più efficace
di umanizzazione e di personalizzazione della società: essa collabora in un
modo originale e profondo alla costruzione del mondo, rendendo possibile una
vita propriamente umana, in particolare custodendo e trasmettendo le virtù e i
«valori». Come scrive il Concilio Vaticano II, nella famiglia «le diverse
generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una
saggezza umana più completa e a comporre i diritti delle persone con le altre
esigenze della vita sociale («Gaudium et Spes», 52)
Di conseguenza, di fronte ad una società che
rischia di essere sempre più spersonalizzata e massificata, e quindi disumana e
disumanizzante, con le risultanze negative di tante forme di «evasione» - come
sono, ad esempio, l'alcoolismo, la droga e lo stesso terrorismo -, la famiglia
possiede e sprigiona ancora oggi energie formidabili capaci di strappare l'uomo
dall'anonimato, di mantenerlo cosciente della sua dignità personale, di
arricchirlo di profonda umanità e di inserirlo, attivamente con la sua unicità
e irripetibilità nel tessuto della società.
Compito sociale e politico
44. Il compito sociale della famiglia non
può certo fermarsi all'opera procreativa ed educativa, anche se trova in essa
la sua prima ed insostituibile forma di espressione.
Le famiglie, sia singole che associate,
possono e devono pertanto dedicarsi a molteplici opere di servizio sociale,
specialmente a vantaggio dei poveri, e comunque di tutte quelle persone e
situazioni che l'organizzazione previdenziale ed assistenziale delle pubbliche
autorità non riesce a raggiungere.
Il contributo sociale della famiglia ha una
sua originalità, che domanda di essere meglio conosciuta e più decisamente
favorita, soprattutto man mano che i figli crescono, coinvolgendo di fatto il
più possibile tutti i membri (cfr. «Apostolicam Actuositatem», 11).
In particolare è da rilevare l'importanza
sempre più grande che nella nostra società assume l'ospitalità, in tutte le sue
forme, dall'aprire la porta della propria casa e ancor più del proprio cuore
alle richieste dei fratelli, all'impegno concreto di assicurare ad ogni
famiglia la sua casa, come ambiente naturale che la conserva e la fa crescere.
Soprattutto la famiglia cristiana è chiamata ad ascoltare la raccomandazione
dell'apostolo: «Siate... premurosi nell'ospitalità» (Rm 12,13), e quindi ad
attuare, imitando l'esempio e condividendo la carità di Cristo, l'accoglienza
del fratello bisognoso: «Chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca
ad uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non
perderà la sua ricompensa» (Mt 10,42).
Il compito sociale delle famiglie è chiamato
ad esprimersi anche in forma di intervento politico: le famiglie, cioè, devono
per prime adoperarsi affinché le leggi e le istituzioni dello Stato non solo
non offendano, ma sostengano e difendano positivamente i diritti e i doveri
della famiglia. In tal senso le famiglie devono crescere nella coscienza di
essere «protagoniste» della cosiddetta «politica familiare» ed assumersi la
responsabilità di trasformare la società: diversamente le famiglie saranno le
prime vittime di quei mali, che si sono limitate ad osservare con indifferenza.
L'appello del Concilio Vaticano II a superare l'etica individualistica ha
perciò valore anche per la famiglia come tale (cfr. «Gaudium et Spes», 30).
La società al servizio della famiglia
45. L'intima connessione tra la famiglia e
la società, come esige l'apertura e la partecipazione della famiglia alla
società e al suo sviluppo, così impone che la società non venga mai meno al suo
fondamentale compito di rispettare e di promuovere la famiglia stessa.
Certamente la famiglia e la società hanno
una funzione complementare nella difesa e nella promozione del bene di tutti
gli uomini e di ogni uomo. Ma la società, e più specificamente lo Stato, devono
riconoscere che la famiglia è «una società che gode di un diritto proprio e
primordiale» («Dignitatis Humanae», 5), e quindi nelle loro relazioni con la
famiglia sono gravemente obbligati ad attenersi al principio di sussidiarietà.
In forza di tale principio lo Stato non può
né deve sottrarre alle famiglie quei compiti che esse possono ugualmente
svolgere bene da sole o liberamente associate, ma positivamente favorire e
sollecitare al massimo l'iniziativa responsabile delle famiglie. Convinte che
il bene della famiglia costituisce un valore indispensabile e irrinunciabile
della comunità civile, le autorità pubbliche devono fare il possibile per
assicurare alle famiglie tutti quegli aiuti - economici, sociali, educativi,
politici, culturali - di cui hanno bisogno per far fronte in modo umano a tutte
le loro responsabilità.
La carta dei diritti della famiglia
46. L'ideale di una reciproca azione di
sostegno e di sviluppo tra la famiglia e la società si scontra spesso, e in
termini assai gravi, con la realtà di una loro separazione, anzi di una loro
contrapposizione.
In effetti, come ha continuamente denunciato
il Sinodo, la situazione che tantissime famiglie di diversi Paesi incontrano è
molto problematica, se non addirittura decisamente negativa: istituzioni e
leggi misconoscono ingiustamente i diritti inviolabili della famiglia e della
stessa persona umana, e la società, lungi dal porsi al servizio della famiglia,
la aggredisce con violenza nei suoi valori e nelle sue esigenze fondamentali. E
così la famiglia che, secondo il disegno di Dio, è cellula base della società,
soggetto di diritti e doveri prima dello Stato e di qualunque altra comunità,
si trova ad essere vittima della società, dei ritardi e delle lentezze dei suoi
interventi e ancor più delle sue palesi ingiustizie.
Per questo la Chiesa difende apertamente e
fortemente i diritti della famiglia dalle intollerabili usurpazioni della società
e dello Stato. In particolare, i Padri Sinodali hanno ricordato, tra gli altri,
i seguenti diritti della famiglia:
La Santa Sede, accogliendo l'esplicita
richiesta del Sinodo, avrà cura di approfondire tali suggerimenti, elaborando
una «carta dei diritti della famiglia» da proporre agli ambienti e alle
Autorità interessate.
Grazia e responsabilità della famiglia
cristiana
47. Il compito sociale proprio di ogni
famiglia compete, ad un titolo nuovo ed originale alla famiglia cristiana,
fondata sul sacramento del matrimonio. Assumendo la realtà umana dell'amore
coniugale in tutte le implicazioni, il sacramento abilita e impegna i coniugi e
i genitori cristiani a vivere la loro vocazione di laici, e pertanto a «cercare
il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio» («Lumen
Gentium», 31).
Il compito sociale e politico rientra in
quella missione regale o di servizio, alla quale gli sposi cristiani
partecipano in forza del sacramento del matrimonio, ricevendo ad un tempo un
comandamento al quale non possono sottrarsi ed una grazia che li sostiene e li
stimola.
In tal modo la famiglia cristiana è chiamata
ad offrire a tutti la testimonianza di una dedizione generosa e disinteressata
ai problemi sociali, mediante la «scelta preferenziale» dei poveri e degli
emarginati. Perciò essa, progredendo nella sequela del Signore mediante una
speciale dilezione verso tutti i poveri, deve avere a cuore specialmente gli
affamati, gli indigenti, gli anziani, gli ammalati, i drogati, i senza
famiglia.
Per un nuovo ordine internazionale
48. Di fronte alla dimensione mondiale che
oggi caratterizza i vari problemi sociali, la famiglia vede allargarsi in modo
del tutto nuovo il suo compito verso lo sviluppo della società: si tratta di
cooperare anche ad un nuovo ordine internazionale, perché solo nella
solidarietà mondiale si possono affrontare e risolvere gli enormi e drammatici
problemi della giustizia nel mondo, della libertà dei popoli, della pace
dell'umanità.
La comunione spirituale delle famiglie
cristiane, radicate nella fede e speranza comuni e vivificate dalla carità,
costituisce un'interiore energia che origina, diffonde e sviluppa giustizia,
riconciliazione, fraternità e pace tra gli uomini. In quanto «piccola Chiesa»,
la famiglia cristiana è chiamata, a somiglianza della «grande Chiesa», ad
essere segno di unità per il mondo e ad esercitare in tal modo il suo ruolo
profetico testimoniando il Regno e la pace di Cristo, verso cui il mondo intero
è in cammino.
Le famiglie cristiane potranno far questo
sia mediante la loro opera educativa, offrendo cioè ai figli un modello di vita
fondato sui valori della verità, della libertà, della giustizia e dell'amore,
sia con un attivo e responsabile impegno per la crescita autenticamente umana
della società e delle sue istituzioni, sia col sostenere in vario modo le
associazioni specificamente dedicate ai problemi dell'ordine internazionale.
IV. La partecipazione alla vita e alla
missione della Chiesa
La famiglia nel mistero della Chiesa
49. Tra i compiti fondamentali della
famiglia cristiana si pone il compito ecclesiale: essa, cioè, è posta al
servizio dell'edificazione del Regno di Dio nella storia, mediante la
partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa.
Per meglio comprendere i fondamenti, i
contenuti e le caratteristiche di tale partecipazione, occorre approfondire i
molteplici e profondi vincoli che legano tra loro la Chiesa e la famiglia
cristiana, e costituiscono quest'ultima come «una Chiesa in miniatura»
(Ecclesia domestica) (cfr. «Lumen Gentium», 11; «Apostolicam Actuositatem», 11;
Giovanni Paolo PP II, Omelia per l'apertura del VI Sinodo dei Vescovi, 3 [26 Settembre
1980]: AAS 72 [1980] 1008), facendo sì che questa, a suo modo, sia viva
immagine e storica ripresentazione del mistero stesso della Chiesa.
E' anzitutto la Chiesa Madre che genera,
educa, edifica la famiglia cristiana, mettendo in opera nei suoi riguardi la
missione di salvezza che ha ricevuto dal suo Signore. Con l'annuncio della
Parola di Dio, la Chiesa rivela alla famiglia cristiana la sua vera identità,
ciò che essa è e deve essere secondo il disegno del Signore; con la
celebrazione dei sacramenti, la Chiesa arricchisce e corrobora la famiglia
cristiana con la grazia di Cristo in ordine alla sua santificazione per la
gloria del Padre; con la rinnovata proclamazione del comandamento nuovo della
carità, la Chiesa anima e guida la famiglia cristiana al servizio dell'amore,
affinché imiti e riviva lo stesso amore di donazione e di sacrificio, che il
Signore Gesù nutre per l'umanità intera.
A sua volta la famiglia cristiana è inserita
a tal punto nel mistero della Chiesa da diventare partecipe, a suo modo, della
missione di salvezza propria di questa: i coniugi e i genitori cristiani, in
virtù del sacramento, «hanno nel loro stato di vita e nella loro funzione, il
proprio dono in mezzo al Popolo di Dio» («Lumen Gentium», 11). Perciò non solo
«ricevono» l'amore di Cristo diventando comunità «salvata», ma sono anche
chiamati a «trasmettere» ai fratelli il medesimo amore di Cristo, diventando
così comunità «salvante». In tal modo, mentre è frutto e segno della fecondità
soprannaturale della Chiesa, la famiglia cristiana è resa simbolo,
testimonianza, partecipazione della maternità della Chiesa (cfr. ibid. 41).
Un compito ecclesiale proprio e
originale
50. La famiglia cristiana è chiamata a prendere
parte viva e responsabile alla missione della Chiesa in modo proprio e
originale, ponendo cioè al servizio della Chiesa e della società se stessa nel
suo essere ed agire, in quanto intima comunità di vita e di amore.
Se la famiglia cristiana è comunità, i cui
vincoli sono rinnovati da Cristo mediante la fede e i sacramenti, la sua
partecipazione alla missione della Chiesa deve avvenire secondo una modalità
comunitaria: insieme, dunque, i coniugi in quanto coppia, i genitori e i figli
in quanto famiglia, devono vivere il loro servizio alla Chiesa e al mondo.
Devono essere nella fede «un cuore solo e un'anima sola» (cfr. At 4,32),
mediante il comune spirito apostolico che li anima e la collaborazione che li
impegna nelle opere di servizio alla comunità ecclesiale e civile.
La famiglia cristiana, poi, edifica il Regno
di Dio nella storia mediante quelle stesse realtà quotidiane che riguardano e
contraddistinguono la sua condizione di vita; è allora nell'amore coniugale e
familiare - vissuto nella sua straordinaria ricchezza di valori ed esigenze di
totalità, unicità, fedeltà e fecondità (cfr. Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 9) -
che si esprime e si realizza la partecipazione della famiglia cristiana alla
missione profetica, sacerdotale e regale di Gesù Cristo e della sua Chiesa:
l'amore e la vita costituiscono pertanto il nucleo della missione salvifica
della famiglia cristiana nella Chiesa e per la Chiesa.
Lo ricorda il Concilio Vaticano II quando
scrive: «La famiglia metterà con generosità in comune con le altre famiglie le
proprie ricchezze spirituali. Perciò la famiglia cristiana che nasce dal
matrimonio, come immagine e partecipazione del patto di amore del Cristo e
della Chiesa, renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore del
mondo e la genuina natura della Chiesa, sia con l'amore, la fecondità generosa,
l'unità e la fedeltà degli sposi che con l'amorevole cooperazione di tutti i
suoi membri» («Gaudium et Spes», 48)
Posto così il fondamento della
partecipazione della famiglia cristiana alla missione ecclesiale, è ora da
illustrare il suo contenuto nel triplice e unitario riferimento a Gesù Cristo
Profeta, Sacerdote e Re, presentando perciò la famiglia cristiana come 1)
comunità credente ed evangelizzante, 2) comunità in dialogo con Dio, 3) comunità
al servizio dell'uomo.
1) La famiglia cristiana comunità
credente ed evangelizzante
La fede scoperta e ammirazione del
disegno di Dio sulla famiglia
51. Partecipe della vita e della missione
della Chiesa, la quale sta in religioso ascolto della Parola di Dio e la
proclama con ferma fiducia (cfr. «Dei Verbum», 1), la famiglia cristiana vive
il suo compito profetico accogliendo e annunciando la Parola di Dio: diventa
così, ogni giorno di più, comunità credente ed evangelizzante.
Anche agli sposi e ai genitori cristiani è
chiesta l'obbedienza della fede (cfr. Rm 16,26): sono chiamati ad accogliere la
Parola del Signore, che ad essi rivela la stupenda novità - la Buona Novella -
della loro vita coniugale e familiare, resa da Cristo santa e santificante. Infatti,
soltanto nella fede essi possono scoprire e ammirare in gioiosa gratitudine a
quale dignità Dio abbia voluto elevare il matrimonio e la famiglia,
costituendoli segno e luogo dell'alleanza d'amore tra Dio e gli uomini, tra
Gesù Cristo e la Chiesa sua sposa.
Già la stessa preparazione al matrimonio
cristiano si qualifica come itinerario di fede: si pone, infatti, come
privilegiata occasione perché i fidanzati riscoprano e approfondiscano la fede
ricevuta col Battesimo e nutrita con l'educazione cristiana. In tal modo
riconoscono e liberamente accolgono la vocazione a vivere la sequela di Cristo
e il servizio del Regno di Dio nello stato matrimoniale.
Il momento fondamentale della fede degli
sposi è dato dalla celebrazione del sacramento del matrimonio, che nella sua
profonda natura è la proclamazione, nella Chiesa, della Buona Novella
sull'amore coniugale: esso è Parola di Dio che «rivela» e «compie» il progetto
sapiente e amoroso che Dio ha sugli sposi, introdotti nella misteriosa e reale
partecipazione all'amore stesso di Dio per l'umanità. Se in se stessa la
celebrazione sacramentale del matrimonio è proclamazione della Parola di Dio,
in quanti sono a vario titolo protagonisti e celebranti deve essere una
«professione di fede» fatta entro e con la Chiesa, comunità di credenti.
Questa professione di fede richiede di
essere prolungata nel corso della vita vissuta degli sposi e della famiglia:
Dio, infatti, che ha chiamato gli sposi «al» matrimonio, continua a chiamarli
«nel» matrimonio (cfr. Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 25). Dentro e attraverso i
fatti, i problemi, le difficoltà, gli avvenimenti dell'esistenza di tutti i
giorni, Dio viene ad essi rivelando e proponendo le «esigenze» concrete della
loro partecipazione all'amore di Cristo per la Chiesa in rapporto alla
particolare situazione - familiare, sociale ed ecclesiale - nella quale si
trovano.
La scoperta e l'obbedienza al disegno di Dio
devono farsi «insieme» dalla comunità coniugale e familiare, attraverso la
stessa esperienza umana dell'amore vissuto nello Spirito di Cristo tra gli
sposi, tra i genitori e i figli.
Per questo, come la grande Chiesa, così
anche la piccola Chiesa domestica ha bisogno di essere continuamente e
intensamente evangelizzata: da qui il suo dovere di educazione permanente nella
fede.
Il ministero di evangelizzazione della
famiglia cristiana
52. Nella misura in cui la famiglia
cristiana accoglie il Vangelo e matura nella fede diventa comunità
evangelizzante. Riascoltiamo Paolo VI: «La famiglia, come la Chiesa, deve
essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia.
Dunque nell'intimo di una famiglia cosciente di questa missione tutti i
componenti evangelizzano e sono evangelizzati. I genitori non soltanto
comunicano ai figli il Vangelo, ma possono ricevere da loro lo stesso Vangelo
profondamente vissuto. E una simile famiglia diventa evangelizzatrice di molte
altre famiglie e dell'ambiente nel quale è inserita» («Evangelii Nuntiandi»,
71).
Come ha ripetuto il Sinodo, riprendendo il
mio appello lanciato a Puebla, la futura evangelizzazione dipende in gran parte
dalla Chiesa domestica (cfr. Discorso alla III Assemblea Generale dei Vescovi
dell'America Latina, IV, a [28 Gennaio 1979]: AAS 71 [1979] 204). Questa
missione apostolica della famiglia è radicata nel battesimo e riceve dalla
grazia sacramentale del matrimonio una nuova forza per trasmettere la fede. per
santificare e trasformare l'attuale società secondo il disegno di Dio.
La famiglia cristiana, soprattutto oggi, ha
una speciale vocazione ad essere testimone dell'alleanza pasquale di Cristo,
mediante la costante irradiazione della gioia dell'amore e della sicurezza
della speranza, della quale deve rendere ragione: «La famiglia cristiana
proclama ad alta voce e le virtù presenti del Regno di Dio e la speranza della
vita beata» («Lumen Gentium», 35).
L'assoluta necessità della catechesi
familiare emerge con singolare forza in determinate situazioni, che la Chiesa
purtroppo registra in diversi luoghi: «Laddove una legislazione antireligiosa
pretende persino di impedire l'educazione alla fede, laddove una diffusa
miscredenza o un invadente secolarismo rendono praticamente impossibile una
vera crescita religiosa, questa che si potrebbe chiamare "Chiesa
domestica" resta l'unico ambiente, in cui fanciulli e giovani possono
ricevere una autentica catechesi» (Giovanni Paolo PP. II «Catechesi Tradendae»,
68).
Un servizio ecclesiale
53. Il ministero di evangelizzazione dei
genitori cristiani è originale e insostituibile: assume le connotazioni tipiche
della vita familiare, intessuta come dovrebbe essere d'amore, di semplicità, di
concretezza e di testimonianza quotidiana (cfr. ibid. 36).
La famiglia deve formare i figli alla vita,
in modo che ciascuno adempia in pienezza il suo compito secondo la vocazione ricevuta
da Dio. Infatti, la famiglia che è aperta ai valori trascendenti, che serve i
fratelli nella gioia, che adempie con generosa fedeltà i suoi compiti ed è
consapevole della sua quotidiana partecipazione al mistero della Croce gloriosa
di Cristo, diventa il primo e il miglior seminario della vocazione alla vita di
consacrazione al Regno di Dio.
Il ministero di evangelizzazione e di
catechesi dei genitori deve accompagnare la vita dei figli anche negli anni
della loro adolescenza e giovinezza, quando questi, come spesso avviene,
contestano o addirittura rifiutano la fede cristiana ricevuta nei primi anni
della loro vita. Come nella Chiesa l'opera di evangelizzazione non va mai
disgiunta dalla sofferenza dell'apostolo, così nella famiglia cristiana i genitori
devono affrontare con coraggio e con grande serenità d'animo le difficoltà, che
il loro ministero di evangelizzazione alcune volte incontra negli stessi figli.
Non si dovrà dimenticare che il servizio
svolto dai coniugi e dai genitori cristiani in favore del Vangelo è
essenzialmente un servizio ecclesiale, rientra cioè nel contesto dell'intera
Chiesa quale comunità evangelizzata ed evangelizzante. In quanto radicato e
derivato dall'unica missione della Chiesa ed in quanto ordinato
all'edificazione dell'unico Corpo di Cristo (cfr. 1Cor 12,4ss; Ef 4,12s), il
ministero di evangelizzazione e di catechesi della Chiesa domestica deve
restare in intima comunione e deve responsabilmente armonizzarsi con tutti gli
altri servizi di evangelizzazione e di catechesi, presenti e operanti nella
comunità ecclesiale, sia diocesana sia parrocchiale.
Predicare il Vangelo ad ogni creatura
54. L'universalità senza frontiere è
l'orizzonte proprio dell'evangelizzazione, interiormente animata dallo slancio
missionario: è infatti la risposta alla esplicita ed inequivocabile consegna di
Cristo: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc
16,15).
Anche la fede e la missione evangelizzatrice
della famiglia cristiana posseggono questo respiro missionario cattolico. Il
sacramento del matrimonio, che riprende e ripropone il compito, radicato nel
battesimo e nella cresima, di difendere e diffondere la fede (cfr. «Lumen
Gentium», 11), costituisce i coniugi e i genitori cristiani testimoni di Cristo
«fino agli estremi confini della terra» (At 1,8), veri e propri «missionari»
dell'amore e della vita.
Una certa forma di attività missionaria può
essere svolta già all'interno della famiglia. Ciò avviene quando qualche
componente di essa non ha la fede o non la pratica con coerenza. In tale caso i
congiunti devono offrirgli una testimonianza vissuta della loro fede, che lo
stimoli e lo sostenga nel cammino verso la piena adesione a Cristo Salvatore
(cfr. 1Pt 3,1s).
Animata dallo spirito missionario già al proprio
interno, la Chiesa domestica è chiamata ad essere un segno luminoso della
presenza di Cristo e del suo amore anche per i «lontani», per le famiglie che
non credono ancora e per le stesse famiglie cristiane che non vivono più in
coerenza con la fede ricevuta: è chiamata «col suo esempio e con la sua
testimonianza» a illuminare «quelli che cercano la verità» (cfr. «Lumen
Gentium», 35; «Apostolicam Actuositatem», 11).
Come già agli albori del cristianesimo
Aquila e Priscilla si presentavano come coppia missionaria (cfr. At 18; Rm
16,3s), così oggi la Chiesa testimonia la sua incessante novità e fioritura con
la presenza di coniugi e di famiglie cristiane che, almeno per un certo periodo
di tempo, vanno nelle terre di missione ad annunciare il Vangelo, servendo
l'uomo con l'amore di Gesù Cristo.
Le famiglie cristiane portano un particolare
contributo alla causa missionaria della Chiesa coltivando le vocazioni
missionarie in mezzo ai loro figli e figlie (cfr. «Ad Gentes», 39) e, più
generalmente, con un'opera educativa che fa «disporre i loro figli, fin dalla
giovinezza, a riconoscere l'amore di Dio verso tutti gli uomini» («Apostolicam
Actuositatem», 30).
2) La famiglia cristiana comunità in
dialogo con Dio
Il santuario domestico della Chiesa
55. L'annuncio del Vangelo e la sua
accoglienza nella fede raggiungono la loro pienezza nella celebrazione
sacramentale. La Chiesa, comunità credente ed evangelizzante, e anche popolo
sacerdotale, rivestito cioè della dignità e partecipe della potestà di Cristo
Sacerdote Sommo della Nuova ed Eterna Alleanza. (cfr. «Lumen Gentium», 10).
Anche la famiglia cristiana è inserita nella
Chiesa, popolo sacerdotale: mediante il sacramento del matrimonio, nel quale è
radicata e da cui trae alimento, essa viene continuamente vivificata dal
Signore Gesù, e da Lui chiamata e impegnata al dialogo con Dio mediante la vita
sacramentale, l'offerta della propria esistenza e la preghiera.
E' questo il compito sacerdotale che la
famiglia cristiana può e deve esercitare in intima comunione con tutta la
Chiesa, attraverso le realtà quotidiane della vita coniugale e familiare: in
tal modo la famiglia cristiana è chiamata a santificarsi ed a santificare la
comunità ecclesiale e il mondo.
Il matrimonio sacramento di mutua
santificazione e atto di culto
56. Fonte propria e mezzo originale di
santificazione per i coniugi e per la famiglia cristiana è il sacramento del
matrimonio, che riprende e specifica la grazia santificante del battesimo. In
virtù del mistero della morte e risurrezione di Cristo, entro cui il matrimonio
cristiano nuovamente inserisce, l'amore coniugale viene purificato e
santificato: «il Signore si è degnato di sanare ed elevare questo amore con uno
speciale dono di grazia e di carità» («Gaudium et Spes», 49).
Il dono di Gesù Cristo non si esaurisce
nella celebrazione del sacramento del matrimonio, ma accompagna i coniugi lungo
tutta la loro esistenza. Lo ricorda esplicitamente il Concilio Vaticano II,
quando dice che Gesù Cristo «rimane con loro perché, come Egli stesso ha amato
la Chiesa e si è dato per lei, così anche i coniugi possano amarsi l'un l'altro
fedelmente, per sempre, con mutua dedizione... Per questo motivo i coniugi
cristiani sono corroborati e sono consacrati da uno speciale sacramento per i
doveri e la dignità del loro stato. Ed essi, compiendo in forza di tale
sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dallo Spirito di
Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e
carità, tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua
santificazione, e perciò partecipano alla glorificazione di Dio («Gaudium et
Spes», 48).
La vocazione universale alla santità è
rivolta anche ai coniugi e ai genitori cristiani: viene per essi specificata
dal sacramento celebrato e tradotta concretamente nelle realtà proprie della
esistenza coniugale e familiare («Lumen Gentium», 41). Nascono di qui la grazia
e l'esigenza di una autentica e profonda spiritualità coniugale e familiare,
che si ispiri ai motivi della creazione, dell'alleanza, della Croce, della
risurrezione e del segno, sui quali più volte si è soffermato il Sinodo.
Il matrimonio cristiano, come tutti i
sacramenti che «sono ordinati alla santificazione degli uomini, alla
edificazione del Corpo di Cristo, e, infine a rendere culto a Dio»
(«Sacrosantum Concilium», 59), è in se stesso un atto liturgico di
glorificazione di Dio in Gesù Cristo e nella Chiesa: celebrandolo, i coniugi
cristiani professano la loro gratitudine a Dio per il sublime dono ad essi
elargito di poter rivivere nella loro esistenza coniugale e familiare l'amore
stesso di Dio per gli uomini e del Signore Gesù per la Chiesa sua sposa.
E come dal sacramento derivano ai coniugi il
dono dell'obbligo di vivere quotidianamente la santificazione ricevuta, così
dallo stesso sacramento discendono la grazia e l'impegno morale di trasformare
tutta la loro vita in un continuo «sacrificio spirituale» (cfr. 1Pt 2,5; «Lumen
Gentium», 34). Anche agli sposi e ai genitori cristiani, in particolare per
quelle realtà terrene e temporali che li caratterizzano, si applicano le parole
del Concilio: «Così anche i laici, in quanto adoratori dappertutto santamente
operanti, consacrano a Dio il mondo stesso» («Lumen Gentium», 34).
Matrimonio ed Eucaristia
57. II compito di santificazione della
famiglia cristiana ha la sua prima radice nel battesimo e la sua massima
espressione nell'Eucaristia, alla quale è intimamente legato il matrimonio
cristiano. Il Concilio Vaticano II ha voluto richiamare la speciale relazione
che esiste tra l'Eucaristia e il matrimonio, chiedendo che questo «in via
ordinaria si celebri nella Messa» («Sacrosantum Concilum», 78): riscoprire e
approfondire tale relazione è del tutto necessario, se si vogliono comprendere
e vivere con maggior intensità le grazie e le responsabilità del matrimonio e
della famiglia cristiana.
L'Eucaristia è la fonte stessa del
matrimonio cristiano. Il sacrificio eucaristico, infatti, ripresenta l'alleanza
di amore di Cristo con la Chiesa, in quanto sigillata con il sangue della sua
Croce (cfr. Gv 19,34). E' in questo sacrificio della Nuova ed Eterna Alleanza
che i coniugi cristiani trovano la radice dalla quale scaturisce, è
interiormente plasmata e continuamente vivificata la loro alleanza coniugale.
In quanto ripresentazione del sacrificio d'amore di Cristo per la Chiesa,
l'Eucaristia è sorgente di carità. E nel dono eucaristico della carità la
famiglia cristiana trova il fondamento e l'anima della sua «comunione» e della
sua «missione»: il Pane eucaristico fa dei diversi membri della comunità
familiare un unico corpo, rivelazione e partecipazione della più ampia unità
della Chiesa; la partecipazione poi al Corpo «dato» e al Sangue «versato» di
Cristo diventa inesauribile sorgente del dinamismo missionario ed apostolico
della famiglia cristiana.
Il Sacramento della conversione e
della riconciliazione
58. Parte essenziale e permanente del
compito di santificazione della famiglia cristiana è l'accoglienza dell'appello
evangelico alla conversione rivolto a tutti i cristiani, che non sempre
rimangono fedeli alla «novità» di quel battesimo, che li ha costituiti «santi».
Anche la famiglia cristiana non è sempre coerente con la legge della grazia e
della santità battesimale, proclamata nuovamente dal sacramento del matrimonio.
Il pentimento e il perdono vicendevole in
seno alla famiglia cristiana, che tanta parte hanno nella vita quotidiana,
trovano il momento sacramentale specifico nella penitenza cristiana. A riguardo
dei coniugi così scriveva Paolo VI nell'enciclica «Humanae vitae»: «Se il
peccato facesse ancora presa su di loro, non si scoraggino, ma ricorrano con
umile perseveranza alla misericordia di Dio, che viene elargita con abbondanza
nel sacramento della penitenza» (num. 25).
La celebrazione di questo sacramento
acquista un significato particolare per la vita familiare: mentre nella fede
scoprono come il peccato contraddice non solo all'alleanza con Dio ma anche
all'alleanza dei coniugi e alla comunione della famiglia, gli sposi e tutti i
membri della famiglia sono condotti all'incontro con Dio «ricco di
misericordia» (Ef 2,4), il quale, elargendo il suo amore che è più potente del
peccato (cfr. Giovanni Paolo PP: II «Dives in Misericordia», 13), ricostruisce
e perfeziona l'alleanza coniugale e la comunione familiare.
La preghiera familiare
59. La Chiesa prega per la famiglia
cristiana e la educa a vivere in generosa coerenza con il dono e il compito
sacerdotale, ricevuti da Cristo Sommo Sacerdote. In realtà, il sacerdozio
battesimale dei fedeli, vissuto nel matrimonio-sacramento, costituisce per i
coniugi e per la famiglia il fondamento di una vocazione e di una missione
sacerdotale, per la quale le loro esistenze quotidiane si trasformano in
«sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo» (cfr. 1Pt 2,5): è
quanto avviene, non solo con la celebrazione dell'Eucaristia e degli altri
sacramenti e con l'offerta di se stessi alla gloria di Dio, ma anche con la
vita di preghiera, con il dialogo orante col Padre per Gesù Cristo nello
Spirito Santo.
La preghiera familiare ha sue caratteristiche.
E' una preghiera fatta in comune, marito e moglie insieme, genitori e figli
insieme. La comunione nella preghiera è, ad un tempo, frutto ed esigenza di
quella comunione che viene donata dai sacramenti del battesimo e del
matrimonio. Ai membri della famiglia cristiana si possono applicare in modo
particolare le parole con le quali il Signore Gesù promette la sua presenza:
«In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per
domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché
dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,19s).
Tale preghiera ha come contenuto originale
la stessa vita di famiglia, che in tutte le sue diverse circostanze viene
interpretata come vocazione di Dio e attuata come risposta filiale al suo
appello: gioie e dolori, speranze e tristezze, nascite e compleanni,
anniversari delle nozze dei genitori, partenze, lontananze e ritorni, scelte
importanti e decisive, la morte di persone care, ecc. segnano l'intervento
dell'amore di Dio nella storia della famiglia, così come devono segnare il
momento favorevole per il rendimento di grazie, per l'implorazione, per
l'abbandono fiducioso della famiglia al comune Padre che sta nei cieli. La
dignità, poi, e la responsabilità della famiglia cristiana come Chiesa
domestica possono essere vissute solo con l'aiuto incessante di Dio, che
immancabilmente sarà concesso, se sarà implorato con umiltà e fiducia nella
preghiera.
Educatori di preghiera
60. In forza della loro dignità e missione,
i genitori cristiani hanno il compito specifico di educare i figli alla
preghiera, di introdurli nella progressiva scoperta del mistero di Dio e nel
colloquio con lui: «Soprattutto nella famiglia cristiana, arricchita della
grazia e della missione del matrimonio-sacramento, i figli fin dalla più tenera
età devono imparare a percepire il senso di Dio e a venerarlo e ad amare il
prossimo secondo la fede che hanno ricevuto nel battesimo» («Gravissimum
Educationis», 5; cfr. Giovanni Paolo PP. II «Catechesi Tradendae», 36).
Elemento fondamentale e insostituibile
dell'educazione alla preghiera è l'esempio concreto, la testimonianza viva dei
genitori: solo pregando insieme con i figli, il padre e la madre, mentre
portano a compimento il proprio sacerdozio regale, scendono in profondità nel
cuore dei figli, lasciando tracce che i successivi eventi della vita non
riusciranno a cancellare. Riascoltiamo l'appello che Paolo VI ha rivolto ai
genitori: «Mamme, le insegnate ai vostri bambini le preghiere del cristiano? Li
preparate, in consonanza con i sacerdoti, i vostri figli ai sacramenti della
prima età: confessione, comunione, cresima? Li abituate, se ammalati, a pensare
a Cristo sofferente? A invocare l'aiuto della Madonna e dei santi? Lo dite il
Rosario in famiglia? E voi, papà, sapete pregare con i vostri figliuoli, con
tutta la comunità domestica, almeno qualche volta? L'esempio vostro, nella
rettitudine del pensiero e dell'azione, suffragato da qualche preghiera comune,
vale una lezione di vita, vale un atto di culto di singolare merito; portate
così la pace nelle pareti domestiche: "Pax huic domui!" Ricordate:
così costruite la Chiesa!» (Discorso all'Udienza generale [11 agosto 1976]:
«Insegnamenti di Paolo VI», XIV [1976] 640).
Preghiera liturgica e privata
61. Tra la preghiera della Chiesa e quella
dei singoli fedeli vi è un profondo e vitale rapporto, come ha chiaramente
riaffermato il Concilio Vaticano II (cfr. «Sacrosantum Concilium», 12). Ora una
finalità importante della preghiera della Chiesa domestica è di costituire, per
i figli, la naturale introduzione alla preghiera liturgica propria dell'intera
Chiesa, nel senso sia di preparare ad essa, sia di estenderla nell'ambito della
vita personale, familiare e sociale. Di qui la necessità di una progressiva
partecipazione di tutti i membri della famiglia cristiana all'Eucaristia,
soprattutto domenicale e festiva, e agli altri sacramenti, in particolare
quelli dell'iniziazione cristiana dei figli. Le direttive conciliari hanno
aperto una nuova possibilità alla famiglia cristiana, che è stata annoverata
tra i gruppi ai quali si raccomanda la celebrazione comunitaria dell'Ufficio
divino (cfr. «Institutio Generalis de Liturgia Horarum» 27). Così pure sarà cura
della famiglia cristiana celebrare, anche nella casa e in forma adatta ai suoi
membri, i tempi e le festività dell'anno liturgico.
Per preparare e prolungare nella casa il
culto celebrato nella Chiesa, la famiglia cristiana ricorre alla preghiera privata,
che presenta una grande varietà, di forme: questa varietà mentre testimonia la
straordinaria ricchezza secondo cui lo Spirito anima la preghiera cristiana,
viene incontro alle diverse esigenze e situazioni di vita di chi si rivolge al
Signore. Oltre alla preghiera del mattino e della sera, sono espressamente da
consigliare, seguendo anche le indicazioni dei Padri Sinodali: la lettura e la
meditazione della Parola di Dio, la preparazione ai sacramenti, la devozione e
consacrazione al Cuore di Gesù, le varie forme di culto alla Vergine
Santissima, la benedizione della mensa, l'osservanza della pietà popolare.
Nel rispetto della libertà dei figli di Dio,
la Chiesa ha proposto e continua a proporre ai fedeli alcune pratiche di pietà
con una particolare sollecitudine ed insistenza. Tra queste è da ricordare la
recita del Rosario: «Vogliamo ora, in continuità con i nostri predecessori,
raccomandare vivamente la recita del santo Rosario in famiglia... Non v'è
dubbio che la Corona della beata Vergine Maria sia da ritenere come una delle
più eccellenti ed efficaci preghiere in comune, che la famiglia cristiana è
invitata a recitare. Noi amiamo, infatti, pensare e vivamente auspichiamo che,
quando l'incontro familiare diventa tempo di preghiera. il Rosario ne sia espressione
frequente e gradita» (Paolo PP. VI «Marialis Cultus», 52-54). Così l'autentica
devozione mariana, che si esprime nel vincolo sincero e nella generosa sequela
degli atteggiamenti spirituali della Vergine Santissima, costituisce uno
strumento privilegiato per alimentare la comunione d'amore della famiglia e per
sviluppare la spiritualità coniugale e familiare. Lei, la Madre di Cristo e
della Chiesa, è infatti in maniera speciale anche la Madre delle famiglie
cristiane delle Chiese domestiche.
Preghiera e vita
62. Non si dovrà mai dimenticare che la
preghiera è parte costitutiva essenziale della vita cristiana, colta nella sua
integralità e centralità, anzi appartiene alla nostra stessa «umanità»: è «la
prima espressione della verità interiore dell'uomo, la prima condizione
dell'autentica libertà dello spirito» (Giovanni Paolo PP. II, Discorso al
Santuario della Mentorella [29 Ottobre 1978]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo
II, I [1978] 78 s.).
Per questo la preghiera non rappresenta
affatto un'evasione dall'impegno quotidiano, ma costituisce la spinta più forte
perché la famiglia cristiana assuma ed assolva in pienezza tutte le sue
responsabilità di cellula prima e fondamentale della società umana. In tal
senso, l'effettiva partecipazione alla vita e missione della Chiesa nel mondo è
proporzionale alla fedeltà e all'intensità della preghiera con la quale la
famiglia cristiana si unisce alla Vite feconda, che è Cristo Signore (cfr.
«Apostolicam Actuositatem», 4).
Dall'unione vitale con Cristo, alimentata
dalla liturgia, dall'offerta di sé e dalla preghiera, deriva pure la fecondità
della famiglia cristiana nel suo specifico servizio di promozione umana, che di
per se non può non portare alla trasformazione del mondo (cfr. Giovanni Paolo
PP. II, Discorso ai Vescovi della XII Regione Pastorale degli Stati Uniti
d'America [21 Settembre 1978]: ASS 70 [1978] 767).
3) La famiglia cristiana comunità al
servizio dell'uomo
Il comandamento nuovo dell'amore
63. La Chiesa, popolo
profetico-sacerdotale-regale, ha la missione di portare tutti gli uomini ad
accogliere nella fede la Parola di Dio, e celebrarla e professarla nei
sacramenti e nella preghiera, ed infine a manifestarla nella concretezza della
vita secondo il dono e il comandamento nuovo dell'amore.
La vita cristiana trova la sua legge non in
un codice scritto, ma nell'azione personale dello Spirito Santo che anima e
guida il cristiano, cioè nella «legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù»
(Rm 8,2): «L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello
Spirito Santo che ci è stato dato» (Ibid. 5,5).
Ciò ha valore anche per la coppia e per la
famiglia cristiana: loro guida e norma è lo Spirito di Gesù, diffuso nei cuori
con la celebrazione del sacramento del matrimonio. In continuità col battesimo
nell'acqua e nello Spirito il matrimonio ripropone la legge evangelica
dell'amore e col dono dello Spirito la incide più a fondo nel cuore dei coniugi
cristiani: il loro amore, purificato e salvato, è frutto dello Spirito, che
agisce nel cuore dei credenti, e si pone, nello stesso tempo, come il
comandamento fondamentale della vita morale richiesta alla loro libertà
responsabile.
La famiglia cristiana viene così animata e
guidata con la legge nuova dello Spirito ed in intima comunione con la Chiesa,
popolo regale, è chiamata a vivere il suo «servizio» d'amore a Dio e ai
fratelli. Come Cristo esercita la sua potestà regale ponendosi al servizio
degli uomini (Mc 10,45), così il cristiano trova il senso autentico della sua
partecipazione alla regalità del suo Signore nel condividerne lo spirito e il
comportamento di servizio nei confronti dell'uomo: «Questa potestà Egli
(Cristo) l'ha comunicata ai discepoli, perché anch'essi siano costituiti nella
libertà regale e con l'abnegazione di sé e la vita santa vincano in se stessi
il regno del peccato (cfr. Rm 6,12), anzi, servendo a Cristo anche negli altri,
con umiltà e pazienza conducano i loro fratelli al Re, servire al quale è
regnare. Il Signore infatti desidera dilatare il suo regno anche per mezzo dei
fedeli laici, il regno cioè "della verità e della vita, il regno della
santità e della grazia, il regno della giustizia, dell'amore e della
pace"; e in questo regno anche le stesse creature saranno liberate dalla
schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di
Dio (cfr. Rm 8,21)» («Lumen Gentium», 36).
Scoprire in ogni fratello l'immagine
di Dio
64. Animata e sostenuta dal comandamento
nuovo dell'amore, la famiglia cristiana vive l'accoglienza, il rispetto, il
servizio verso ogni uomo, considerato sempre nella sua dignità di persona e di
figlio di Dio.
Ciò deve avvenire, anzitutto, all'interno e
a favore della coppia e della famiglia, mediante il quotidiano impegno a
promuovere un'autentica comunità di persone, fondata e alimentata dall'interiore
comunione di amore. Ciò deve poi svilupparsi entro la più vasta cerchia della
comunità ecclesiale, entro cui la famiglia cristiana è inserita: grazie alla
carità della famiglia, la Chiesa può e deve assumere una dimensione più
domestica, cioè più familiare, adottando uno stile più umano e fraterno di
rapporti.
La carità va oltre i propri fratelli di
fede, perché «ogni uomo è mio fratello»; in ciascuno, soprattutto se povero,
debole, sofferente e ingiustamente trattato, la carità sa scoprire il volto di
Cristo e un fratello da amare e da servire.
Perché il servizio dell'uomo sia vissuto
dalla famiglia secondo lo stile evangelico, occorrerà attuare con premura
quanto scrive il Concilio Vaticano II: «Affinché tale esercizio di carità possa
essere al di sopra di ogni sospetto e manifestarsi tale, si consideri nel
prossimo l'immagine di Dio secondo cui è stato creato, e Cristo Signore al
quale veramente è donato quanto si dà al bisognoso» («Apostolicam
Actuositatem», 8)
La famiglia cristiana, mentre nella carità
edifica la Chiesa, si pone al servizio dell'uomo e del mondo, attuando
veramente quella «promozione umana», il cui contenuto è stato sintetizzato nel
Messaggio del Sinodo alle famiglie: «Un altro compito della famiglia è quello
di formare gli uomini all'amore e di praticare l'amore in ogni rapporto con gli
altri, cosicché essa non si chiuda in se stessa, bensì rimanga aperta alla
comunità, essendo mossa dal senso della giustizia e dalla sollecitudine verso
gli altri, nonché dal dovere della propria responsabilità verso la società
intera» (Messaggio del VI Sinodo dei Vescovi alle Famiglie cristiane nel mondo
contemporaneo, 12 [24 Ottobre 1980]).
PARTE
QUARTA
LA
PASTORALE FAMILIARE: TEMPI, STRUTTURE, OPERATORI E SITUAZIONI
I. I tempi della pastorale familiare
La Chiesa accompagna la famiglia
cristiana nel suo cammino
65. Come ogni realtà vivente, anche la
famiglia è chiamata a svilupparsi e a crescere. Dopo la preparazione del
fidanzamento e la celebrazione sacramentale del matrimonio, la coppia inizia il
cammino quotidiano verso la progressiva attuazione dei valori e dei doveri del
matrimonio stesso.
Alla luce della fede e in virtù della
speranza, anche la famiglia cristiana partecipa, in comunione con la Chiesa,
all'esperienza del pellegrinaggio terreno verso la piena rivelazione e
realizzazione del Regno di Dio.
Perciò è da sottolineare una volta di più
l'urgenza dell'intervento pastorale della Chiesa a sostegno della famiglia.
Bisogna fare ogni sforzo perché la pastorale della famiglia si affermi e si
sviluppi, dedicandosi a un settore veramente prioritario, con la certezza che
l'evangelizzazione, in futuro, dipende in gran parte dalla Chiesa domestica
(cfr. Giovanni Paolo PP. II, Discorso alla III Assemblea Generale dei Vescovi
dell'America Latina, IV, a [28 Gennaio 1979]: AAS 71 [1979] 204).
La sollecitudine pastorale della Chiesa non
si limiterà soltanto alle famiglie cristiane più vicine, ma, allargando i
propri orizzonti sulla misura del Cuore di Cristo, si mostrerà ancor più viva
per l'insieme delle famiglie in genere, e per quelle, in particolare, che si
trovano in situazioni difficili o irregolari. Per tutte la Chiesa avrà una
parola di verità, di bontà, di comprensione, di speranza, di viva
partecipazione alle loro difficoltà a volte drammatiche; a tutte offrirà il suo
aiuto disinteressato affinché possano avvicinarsi al modello di famiglia, che
il Creatore ha voluto fin dal «principio» e che Cristo ha rinnovato con la sua
grazia redentrice.
L'azione pastorale della Chiesa deve essere
progressiva, anche nel senso che deve seguire la famiglia, accompagnandola
passo a passo nelle diverse tappe della sua formazione e del suo sviluppo.
La preparazione
66. Più che mai necessaria ai nostri giorni è
la preparazione dei giovani al matrimonio e alla vita familiare. In alcuni
Paesi sono ancora le famiglie stesse che, secondo antiche usanze, si riservano
di trasmettere ai giovani i valori riguardanti la vita matrimoniale e
familiare, mediante una progressiva opera di educazione o iniziazione. Ma i
mutamenti sopravvenuti in seno a quasi tutte le società moderne esigono che non
solo la famiglia, ma anche la società e la Chiesa siano impegnate nello sforzo
di preparare adeguatamente i giovani alle responsabilità del loro domani. Molti
fenomeni negativi che oggi si lamentano nella vita familiare derivano dal fatto
che, nelle nuove situazioni, i giovani non solo perdono di vista la giusta
gerarchia dei valori, ma, non possedendo più criteri sicuri di comportamento,
non sanno come affrontare e risolvere le nuove difficoltà. L'esperienza però
insegna che i giovani ben preparati alla vita familiare in genere riescono
meglio degli altri.
Ciò vale ancor più per il matrimonio
cristiano, il cui influsso si estende sulla santità di tanti uomini e donne.
Per questo la Chiesa deve promuovere migliori e più intensi programmi di
preparazione al matrimonio, per eliminare, il più possibile, le difficoltà in
cui si dibattono tante coppie a ancor più per favorire positivamente il sorgere
e il maturare dei matrimoni riusciti.
La preparazione al matrimonio va vista e
attuata come un processo graduale e continuo. Essa, infatti, comporta tre
principali momenti: una preparazione remota, una prossima e una immediata.
La preparazione remota ha inizio fin
dall'infanzia, in quella saggia pedagogia familiare, orientata a condurre i
fanciulli a scoprire se stessi come esseri dotati di una ricca e complessa
psicologia e di una personalità particolare con le proprie forze e debolezze.
E' il periodo in cui va istillata la stima per ogni autentico valore umano, sia
nei rapporti interpersonali, sia in quelli sociali, con quel che ciò significa
per la formazione del carattere, per il dominio ed il retto uso delle proprie
inclinazioni, per il modo di considerare e incontrare le persone dell'altro
sesso, e così via. E' richiesta, inoltre, specialmente per i cristiani, una
solida formazione spirituale e catechetica, che sappia mostrare nel matrimonio
una vera vocazione e missione, senza escludere la possibilità del dono totale
di sé a Dio nella vocazione alla vita sacerdotale o religiosa.
Su questa base in seguito si imposterà, a
largo respiro, la preparazione prossima, la quale - dall'età opportuna e con
un'adeguata catechesi, come in un cammino catecumenale - comporta una più
specifica preparazione ai sacramenti, quasi una loro riscoperta. Questa
rinnovata catechesi di quanti si preparano al matrimonio cristiano è del tutto
necessaria, affinché il sacramento sia celebrato e vissuto con le dovute disposizioni
morali e spirituali. La formazione religiosa dei giovani dovrà essere
integrata, al momento conveniente e secondo le varie esigenze concrete, da una
preparazione alla vita a due che, presentando il matrimonio come un rapporto
interpersonale dell'uomo e della donna da svilupparsi continuamente, stimoli ad
approfondire i problemi della sessualità coniugale e della paternità
responsabile, con le conoscenze medico-biologiche essenziali che vi sono
connesse, ed avvii alla familiarità con retti metodi di educazione dei figli,
favorendo l'acquisizione degli elementi di base per un'ordinata conduzione
della famiglia (lavoro stabile, sufficiente disponibilità finanziaria, saggia
amministrazione, nozioni di economia domestica, ecc.).
lnfine non si dovrà tralasciare la
preparazione all'apostolato familiare, alla fraternità e collaborazione con le
altre famiglie, all'inserimento attivo in gruppi, associazioni, movimenti e
iniziative che hanno per finalità il bene umano e cristiano della famiglia.
La preparazione immediata a celebrare il
sacramento del matrimonio deve aver luogo negli ultimi mesi e settimane che
precedono le nozze quasi a dare un nuovo significato, nuovo contenuto e forma
nuova al cosiddetto esame prematrimoniale richiesto dal diritto canonico. Sempre
necessaria in ogni caso, tale preparazione si impone con maggiore urgenza per
quei fidanzati che ancora presentassero carenze e difficoltà nella dottrina e
nella pratica cristiana.
Tra gli elementi da comunicare in questo
cammino di fede, analogo al catecumenato, ci deve essere anche una conoscenza
approfondita del mistero di Cristo e della Chiesa, dei significati di grazia e
di responsabilità del matrimonio cristiano, nonché la preparazione a prendere
parte attiva e consapevole ai riti della liturgia nuziale.
Alle diverse fasi della preparazione al
matrimonio - che abbiamo descritto solo a grandi linee indicative - devono
sentirsi impegnate la famiglia cristiana e tutta la comunità ecclesiale. E'
auspicabile che le conferenze episcopali, come sono interessate ad opportune
iniziative per aiutare i futuri sposi ad essere più consapevoli della serietà
della loro scelta e i pastori d'anime ad accertarsi delle loro convenienti
disposizioni, così curino che sia emanato un Direttorio per la pastorale della
famiglia. In esso si dovranno stabilire, anzitutto, gli elementi minimi di
contenuto, di durata e di metodo dei «Corsi di preparazione», equilibrando fra
loro i diversi aspetti - dottrinali, pedagogici, legali e medici - che
interessano il matrimonio, e strutturandoli in modo che quanti si preparano al
matrimonio, al di là di un approfondimento intellettuale, si sentano spinti ad
inserirsi vitalmente nella comunità ecclesiale.
Benché il carattere di necessità e di
obbligatorietà della preparazione immediata al matrimonio non sia da
sottovalutare - ciò che succederebbe qualora se ne concedesse facilmente la
dispensa - tuttavia, tale preparazione, deve essere sempre proposta e attuata
in modo che la sua eventuale omissione non sia di impedimento per la celebrazione
delle nozze.
La celebrazione
67. Il matrimonio cristiano richiede di
norma una celebrazione liturgica, che esprima in forma sociale e comunitaria la
natura essenzialmente ecclesiale e sacramentale del patto coniugale fra i
battezzati.
In quanto gesto sacramentale di
santificazione, la celebrazione del matrimonio - inserita nella liturgia,
culmine di tutta l'azione della Chiesa e fonte della sua forza santificatrice
(cfr. «Sacrosantum Concilium» 10) - deve essere per sé valida, degna e fruttuosa.
Si apre qui un vasto campo alla sollecitudine pastorale, affinché siano
pienamente assolte le esigenze derivanti dalla natura del patto coniugale
elevato a sacramento, e sia altresì fedelmente osservata la disciplina della
Chiesa per quanto riguarda il libero consenso, gli impedimenti, la forma
canonica e il rito stesso della celebrazione. Quest'ultimo dev'essere semplice
e dignitoso, secondo le norme delle competenti autorità della Chiesa, alle
quali spetta pure - secondo le concrete circostanze di tempo e di luogo e in
conformità con le norme impartite dalla Sede Apostolica (cfr. «Ordo celebrandi
Matrimonium», 17) - di assumere eventualmente nella celebrazione liturgica
quegli elementi propri di ciascuna cultura, che meglio valgono ad esprimere il
profondo significato umano e religioso del patto coniugale purché nulla
contengano di meno confacente con la fede e la morale cristiana.
In quanto segno, la celebrazione liturgica
deve svolgersi in modo da costituire, anche nella sua realtà esteriore, una
proclamazione della Parola di Dio e una professione di fede della comunità dei
credenti. L'impegno pastorale si esprimerà qui con la cura intelligente e
diligente della «liturgia della Parola» e con l'educazione alla fede dei
partecipanti alla celebrazione e, in primo luogo, dei nubendi.
In quanto gesto sacramentale della Chiesa,
la celebrazione liturgica del matrimonio deve coinvolgere la comunità
cristiana, con la partecipazione piena, attiva e responsabile di tutti i
presenti, secondo il posto e il compito di ciascuno: gli sposi, il sacerdote, i
testimoni, i parenti, gli amici, gli altri fedeli, tutti membri di un'assemblea
che manifesta e vive il mistero di Cristo e della sua Chiesa.
Per la celebrazione del matrimonio cristiano
nell'ambito delle culture o tradizioni ancestrali, si seguano i principi qui
sopra enunziati.
Celebrazione del matrimonio ed
evangelizzazione dei battezzati non credenti
68. Proprio perché nella celebrazione del
sacramento una attenzione tutta speciale va riservata alle disposizioni morali
e spirituali dei nubendi, in particolare alla loro fede, va qui affrontata una
difficoltà non infrequente, nella quale possono trovarsi i pastori della Chiesa
nel contesto della nostra società secolarizzata.
La fede, infatti, di chi domanda alla Chiesa
di sposarsi può esistere in gradi diversi ed è dovere primario dei pastori di
farla riscoprire, di nutrirla e di renderla matura. Ma essi devono anche
comprendere le ragioni che consigliano alla Chiesa di ammettere alla
celebrazione anche chi è imperfettamente disposto.
Il sacramento del matrimonio ha questo di
specifico fra tutti gli altri: di essere il sacramento di una realtà che già
esiste nell'economia della creazione, di essere lo stesso patto coniugale
istituito dal Creatore «al principio». La decisione dunque dell'uomo e della
donna di sposarsi secondo questo progetto divino, la decisione cioè di
impegnare nel loro irrevocabile consenso coniugale tutta la loro vita in un
amore indissolubile ed in una fedeltà incondizionata, implica realmente, anche
se non in modo pienamente consapevole, un atteggiamento di profonda obbedienza
alla volontà di Dio, che non può darsi senza la sua grazia. Essi sono già,
pertanto, inseriti in un vero e proprio cammino di salvezza, che la
celebrazione del sacramento e l'immediata preparazione alla medesima possono
completare e portare a termine, data la rettitudine della loro intenzione.
E' vero, d'altra parte, che in alcuni
territori motivi di carattere più sociale che non autenticamente religioso
spingono i fidanzati a chiedere di sposarsi in chiesa. La cosa non desta
meraviglia. Il matrimonio, infatti, non è un avvenimento che riguarda solo chi
si sposa. Esso è per sua stessa natura un fatto anche sociale, che impegna gli
sposi davanti alla società. E da sempre la sua celebrazione è stata una festa,
che unisce famiglie ed amici. Va da sé, dunque, che motivi sociali entrino,
assieme a quelli personali, nella richiesta di sposarsi in chiesa.
Tuttavia, non si deve dimenticare che questi
fidanzati, in forza del loro battesimo, sono realmente già inseriti
nell'Alleanza sponsale di Cristo, con la Chiesa e che, per la loro retta
intenzione, hanno accolto il progetto di Dio sul matrimonio e, quindi, almeno
implicitamente, acconsentono a ciò che la Chiesa intende fare quando celebra il
matrimonio. E, dunque, il solo fatto che in questa richiesta entrino anche
motivi di carattere sociale non giustifica un eventuale rifiuto da parte dei
pastori. Del resto, come ha insegnato il Concilio Vaticano II, i sacramenti con
le parole e gli elementi rituali nutrono ed irrobustiscono la fede (cfr.
«Sacrosantum Concilium», 59): quella fede verso cui i fidanzati già sono
incamminati in forza della rettitudine della loro intenzione, che la grazia di
Cristo non manca certo di favorire e di sostenere.
Voler stabilire ulteriori criteri di
ammissione alla celebrazione ecclesiale del matrimonio, che dovrebbero
riguardare il grado di fede dei nubendi, comporta oltre tutto gravi rischi.
Quello, anzitutto, di pronunciare giudizi infondati e discriminatori; il
rischio, poi, di sollevare dubbi sulla validità di matrimoni già celebrati, con
grave danno per le comunità cristiane, e di nuove ingiustificate inquietudini
per la coscienza degli sposi; si cadrebbe nel pericolo di contestare o di
mettere in dubbio la sacramentalità di molti matrimoni di fratelli separati
dalla piena comunione con la Chiesa cattolica, contraddicendo così la
tradizione ecclesiale.
Quando, al contrario, nonostante ogni
tentativo fatto, i nubendi mostrano di rifiutare in modo esplicito e formale
ciò che la Chiesa intende compiere quando si celebra il matrimonio dei
battezzati, il pastore d'anime non può ammetterli alla celebrazione. Anche se a
malincuore, egli ha il dovere di prendere atto della situazione e di far
comprendere agli interessati che, stando così le cose, non è la Chiesa ma sono
essi stessi ad impedire quella celebrazione che pure domandano.
Ancora una volta appare in tutta la sua
urgenza la necessità di una evangelizzazione e catechesi pre e
post-matrimoniale, messe in atto da tutta la comunità cristiana, perché ogni
uomo ed ogni donna che si sposano, celebrino il sacramento del matrimonio non
solo validamente ma anche fruttuosamente.
Pastorale post-matrimoniale
69. La cura pastorale della famiglia
regolarmente costituita significa, in concreto, l'impegno di tutte le
componenti della comunità ecclesiale locale nell'aiutare la coppia a scoprire e
a vivere la sua nuova vocazione e missione. Perché la famiglia divenga sempre
più una vera comunità di amore, è necessario che tutti i suoi membri siano
aiutati e formati alle loro responsabilità di fronte ai nuovi problemi che si
presentano, al servizio reciproco, alla compartecipazione attiva alla vita di
famiglia.
Ciò vale soprattutto per le giovani
famiglie, le quali, trovandosi in un contesto di nuovi valori e di nuove
responsabilità, sono più esposte, specialmente nei primi anni di matrimonio, ad
eventuali difficoltà, come quelle create dall'adattamento alla vita in comune o
dalla nascita di figli. I giovani coniugi sappiano accogliere cordialmente e
valorizzare intelligentemente l'aiuto discreto, delicato e generoso di altre
coppie, che già da tempo vanno facendo l'esperienza del matrimonio e della
famiglia. Così in seno alla comunità ecclesiale - grande famiglia formata da famiglie
cristiane - si attuerà un mutuo scambio di presenza e di aiuto fra tutte le
famiglie, ciascuna mettendo a servizio delle altre la propria esperienza umana,
come pure i doni di fede e di grazia. Animato da vero spirito apostolico,
questo aiuto da famiglia a famiglia costituirà uno dei modi più semplici, più
efficaci e alla portata di tutti per trasfondere capillarmente quei valori
cristiani, che sono il punto di partenza e di arrivo di ogni cura pastorale. In
tal modo le giovani famiglie non si limiteranno solo a ricevere, ma a loro
volta, così aiutate, diverranno fonte di arricchimento per le altre famiglie,
già da tempo costituite, con la loro testimonianza di vita e il loro contributo
fattivo.
Nell'azione pastorale verso le giovani famiglie,
poi, la Chiesa dovrà riservare una specifica attenzione per educarle a vivere
responsabilmente l'amore coniugale in rapporto alle sue esigenze di comunione e
di servizio alla vita, come pure a conciliare l'intimità della vita di casa con
la comune e generosa opera per edificare la Chiesa e la società umana. Quando,
con l'avvento dei figli, la coppia diventa in senso pieno e specifico una
famiglia, la Chiesa sarà ancora vicina ai genitori perché accolgano i loro
figli e li amino come dono ricevuto dal Signore della vita, assumendo con gioia
la fatica di servirli nella loro crescita umana e cristiana.
II. Strutture della pastorale familiare
L'azione pastorale è sempre espressione
dinamica della realtà della Chiesa, impegnata nella sua missione di salvezza.
Anche la pastorale familiare - forma particolare e specifica della pastorale -
ha come suo principio operativo e come protagonista responsabile la Chiesa
stessa, attraverso le sue strutture e i suoi operatori.
La comunità ecclesiale e in
particolare la parrocchia
70. Comunità al tempo stesso salvata e
salvante, la Chiesa deve essere qui considerata nella sua duplice dimensione
universale e particolare: questa si esprime e si attua nella comunità
diocesana, pastoralmente divisa in comunità minori fra cui si distingue, per la
sua peculiare importanza, la parrocchia.
La comunione con la Chiesa universale non
mortifica, ma garantisce e promuove la consistenza e l'originalità delle
diverse Chiese particolari; queste ultime restano il soggetto operativo più
immediato e più efficace per l'attuazione della pastorale familiare. In tal
senso ogni Chiesa locale e, in termini più particolari, ogni comunità
parrocchiale deve prendere più viva coscienza della grazia e della
responsabilità che riceve dal Signore in ordine a promuovere la pastorale della
famiglia. Ogni piano di pastorale organica, ad ogni livello, non deve mai
prescindere dal prendere in considerazione la pastorale della famiglia.
Alla luce di tale responsabilità va compresa
anche l'importanza di un'adeguata preparazione da parte di quanti verranno più
specificamente impegnati in questo genere di apostolato. I sacerdoti, i
religiosi e le religiose, fin dal tempo della loro formazione, vengano
orientati e formati in maniera progressiva e adeguata ai rispettivi compiti.
Fra le altre iniziative mi compiaccio di sottolineare la recente creazione in
Roma, presso la Pontificia Università Lateranense, di un Istituto Superiore
consacrato allo studio dei problemi della famiglia. Anche in alcune diocesi
sono stati fondati Istituti di questo genere; i Vescovi s'impegnino affinché il
più gran numero possibile di sacerdoti, prima di assumere responsabilità
parrocchiali, vi frequentino corsi specializzati. Altrove corsi di formazione
vengono periodicamente tenuti presso Istituti Superiori di studi teologici e
pastorali. Tali iniziative vanno incoraggiate, sostenute, moltiplicate ed
aperte, ovviamente, anche ai laici che presteranno la loro opera professionale
(medica, legale, psicologica, sociale, educativa) in aiuto della famiglia.
La famiglia
71. Ma soprattutto dev'essere riconosciuto
il posto singolare che, in questo campo, spetta alla missione dei coniugi e
delle famiglie cristiane, in forza della grazia ricevuta nel sacramento. Tale
missione dev'essere posta a servizio dell'edificazione della Chiesa, della
costruzione del Regno di Dio nella storia. Ciò è richiesto come atto di docile
obbedienza a Cristo Signore. Egli, infatti, in forza del matrimonio dei
battezzati elevato a sacramento, conferisce agli sposi cristiani una peculiare
missione di apostoli, inviandoli come operai nella sua vigna, e, in modo tutto
speciale, in questo campo della famiglia.
In questa attività essi operano in comunione
e collaborazione con gli altri membri della Chiesa, che pure s'impegnano a
favore della famiglia, mettendo a frutto i loro doni e ministeri. Tale
apostolato si svolgerà anzitutto in seno alla propria famiglia, con la
testimonianza della vita vissuta in conformità della legge divina in tutti i
suoi aspetti, con la formazione cristiana dei figli, con l'aiuto dato alla loro
maturazione nella fede, con l'educazione alla castità, con la preparazione alla
vita, con la vigilanza per preservarli dai pericoli ideologici e morali da cui
spesso sono minacciati, col loro graduale e responsabile inserimento nella
comunità ecclesiale e in quella civile, con l'assistenza e il consiglio nella
scelta della vocazione, col mutuo aiuto tra i membri della famiglia per la
comune crescita umana e cristiana, e così via. L'apostolato della famiglia, poi,
si irradierà con opere di carità spirituale e materiale verso le altre
famiglie, specialmente quelle più bisognose di aiuto e di sostegno, verso i
poveri, i malati, gli anziani, gli handicappati, gli orfani, le vedove, i
coniugi abbandonati, le madri nubili e quelle che, in situazioni difficili,
sono tentate di disfarsi del frutto del loro seno, ecc.
Le associazioni di famiglie per le
famiglie
72. Sempre nell'ambito della Chiesa,
soggetto responsabile della pastorale familiare, sono da ricordare i diversi raggruppamenti
di fedeli, nei quali si manifesta e si vive in qualche misura il mistero della
Chiesa di Cristo. Sono perciò da riconoscere e valorizzare - ciascuna in
rapporto alle caratteristiche, finalità, incidenze e metodi propri - le diverse
comunità ecclesiali, i vari gruppi e i numerosi movimenti impegnati in vario
modo, a diverso titolo e a diverso livello, nella pastorale familiare.
Per tale motivo il Sinodo ha espressamente
riconosciuto l'utile apporto di tali associazioni di spiritualità, di formazione
e di apostolato. Sarà loro compito suscitare nei fedeli un vivo senso di
solidarietà, favorire una condotta di vita ispirata al Vangelo e alla fede
della Chiesa, formare le coscienze secondo i valori cristiani e non sui
parametri della pubblica opinione, stimolare alle opere di carità vicendevole e
verso gli altri con uno spirito di apertura, che faccia delle famiglie
cristiane una vera sorgente di luce e un sano fermento per le altre.
Similmente e desiderabile, che, con vivo
senso del bene comune, le famiglie cristiane si impegnino attivamente a ogni
livello anche in altre associazioni non ecclesiali. Alcune di tali associazioni
si propongono la preservazione, trasmissione e tutela dei sani valori etici e
culturali dei rispettivi popoli, lo sviluppo della persona umana, la protezione
medica, giuridica e sociale della maternità e dell'infanzia, la giusta
promozione della donna e la lotta a quanto mortifica la sua dignità,
l'incremento della mutua solidarietà, la conoscenza dei problemi connessi con
la responsabile regolazione della fecondità secondo i metodi naturali conformi
alla dignità umana e alla dottrina della Chiesa. Altre mirano alla costruzione
di un mondo più giusto e più umano, alla promozione di leggi giuste che
favoriscano il retto ordine sociale nel pieno rispetto della dignità e di ogni
legittima libertà dell'individuo e della famiglia, a livello sia nazionale sia
internazionale, alla collaborazione con la scuola e con le altre istituzioni,
che completano l'educazione dei figli, e così via
III. Operatori della pastorale familiare
Oltre che la famiglia - oggetto, ma
anzitutto soggetto essa stessa della pastorale familiare - vanno ricordati
anche gli altri principali operatori in questo particolare settore.
I vescovi ed i presbiteri
73. Il primo responsabile della pastorale
familiare nella diocesi è il vescovo. Come Padre e Pastore egli dev'essere
particolarmente sollecito di questo settore, senza dubbio prioritario, della
pastorale. Ad esso deve consacrare interessamento, sollecitudine, tempo,
personale, risorse; soprattutto, però, appoggio personale alle famiglie ed a
quanti, nelle diverse strutture diocesane, lo aiutano nella pastorale della
famiglia. Avrà particolarmente a cuore il proposito di far sì che la propria
diocesi sia sempre più una vera «famiglia diocesana», modello e sorgente di
speranza per tante famiglie che vi appartengono. La creazione del Pontificio
Consiglio per la Famiglia va vista in questo contesto: essere un segno
dell'importanza che attribuisco alla pastorale della famiglia nel mondo, e al
tempo stesso uno strumento efficace per aiutare a promuoverla ad ogni livello.
I vescovi si valgono in modo particolare dei
presbiteri, il cui compito - come ha espressamente sottolineato il Sinodo -
costituisce parte essenziale del ministero della Chiesa verso il matrimonio e
la famiglia. Lo stesso si dica di quei diaconi, ai quali eventualmente venga
affidata la cura di questo settore pastorale.
La loro responsabilità si estende non solo
ai problemi morali e liturgici, ma anche a quelli di carattere personale e
sociale. Essi devono sostenere la famiglia nelle sue difficoltà e sofferenze,
affiancandosi ai membri di essa, aiutandoli a vedere la loro vita alla luce del
Vangelo. Non è superfluo notare che da tale missione, se esercitata col dovuto
discernimento e con vero spirito apostolico, il ministro della Chiesa attinge
nuovi stimoli ed energie spirituali anche per la propria vocazione e per
l'esercizio stesso del ministero.
Tempestivamente e seriamente preparati a
tale apostolato, il sacerdote o il diacono devono comportarsi costantemente,
nei riguardi delle famiglie, come padre, fratello, pastore e maestro,
aiutandole coi sussidi della grazia e illuminandole con la luce della verità.
Il loro insegnamento e i loro consigli, quindi, dovranno essere sempre in piena
consonanza col Magistero autentico della Chiesa, in modo da aiutare il Popolo
di Dio a formarsi un retto senso della fede da applicare, poi, alla vita
concreta. Tale fedeltà al Magistero consentirà pure ai sacerdoti di curare con
ogni impegno l'unità nei loro giudizi, per evitare ai fedeli ansietà di
coscienza.
Pastori e laici partecipano, nella Chiesa,
alla missione profetica di Cristo: i laici, testimoniando la fede con le parole
e con la vita cristiana; i pastori, discernendo in tale testimonianza ciò che è
espressione di fede genuina da ciò che è meno rispondente alla luce della fede;
la famiglia, in quanto comunità cristiana, con la sua peculiare partecipazione
e testimonianza di fede. Si avvia così un dialogo anche tra i pastori e le
famiglie. I teologi e gli esperti di problemi familiari possono essere di
grande aiuto a tale dialogo, spiegando esattamente il contenuto del Magistero
della Chiesa e quello dell'esperienza della vita di famiglia. In tal modo
l'insegnamento del Magistero viene meglio compreso e si spiana la strada al suo
progressivo sviluppo. Giova tuttavia ricordare che la norma prossima e
obbligatoria nella dottrina della fede - anche circa i problemi della famiglia
- compete al Magistero gerarchico. Rapporti chiari tra i teologi, gli esperti
di problemi familiari e il Magistero giovano non poco alla retta intelligenza
della fede ed a promuovere - entro i confini di essa - il legittimo pluralismo.
Religiosi e Religiose
74. Il contributo che i religiosi e le religiose,
e le anime consacrate in genere, possono dare all'apostolato della famiglia
trova la sua prima, fondamentale e originale espressione proprio nella loro
consacrazione a Dio, che li rende «davanti a tutti i fedeli... richiamo di quel
mirabile connubio operato da Dio e che si manifesterà pienamente nel secolo
futuro, per cui la Chiesa ha Cristo come unico suo sposo» («Perfectae
Caritatis», 12), e testimoni di quella carità universale che, per mezzo della
castità abbracciata per il Regno dei cieli, li rende sempre più disponibili per
dedicarsi generosamente al servizio divino e alle opere di apostolato.
Di qui la possibilità che religiosi e
religiose, membri di Istituti secolari e di altri Istituti di perfezione,
singolarmente o associati, sviluppino un loro servizio alle famiglie, con
particolare sollecitudine verso i bambini, specialmente se abbandonati,
indesiderati, orfani, poveri o handicappati; visitando le famiglie e
prendendosi cura dei malati; coltivando rapporti di rispetto e di carità con
famiglie incomplete, in difficoltà o disgregate; offrendo la propria opera di
insegnamento e di consulenza nella preparazione dei giovani al matrimonio e
nell'aiuto alle coppie per una procreazione veramente responsabile; aprendo le
proprie case all'ospitalità semplice e cordiale, affinché le famiglie possano
trovarvi il senso di Dio, il gusto della preghiera e del raccoglimento,
l'esempio concreto di una vita vissuta in carità e letizia fraterna come membri
della più grande famiglia di Dio.
Vorrei aggiungere l'esortazione più
pressante ai responsabili degli Istituti di vita consacrata, a voler
considerare - sempre nel sostanziale rispetto del carisma proprio ed originario
- l'apostolato rivolto alle famiglie come uno dei compiti prioritari, resi più
urgenti dall'odierno stato di cose.
Laici specializzati
75. Non poco giovamento possono recare alle
famiglie quei laici specializzati (medici, uomini di legge, psicologi,
assistenti sociali, consulenti, ecc.) che sia individualmente sia impegnati in
diverse associazioni e iniziative, prestano la loro opera di illuminazione, di
consiglio, di orientamento, di sostegno. Ad essi possono bene applicarsi le
esortazioni che ebbi occasione di rivolgere alla Confederazione dei Consultori
familiari di ispirazione cristiana: «E' un impegno il vostro, che ben merita la
qualifica di missione, tanto nobili sono le finalità che persegue e tanto
determinati, per il bene della società e della stessa comunità cristiana, sono
i risultati che ne derivano... Tutto quello che riuscirete a fare a sostegno
della famiglia è destinato ad avere un'efficacia che, travalicando il suo
ambito proprio, raggiunge anche altre persone ed incide sulla società. Il
futuro del mondo e della Chiesa passa attraverso la famiglia» (num. 3-4 [29
Novembre 1980]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 2 [1980] 1453).
Recettori e operatori della
comunicazione sociale
76. Una parola a parte è da riservare a
questa categoria tanto importante nella vita moderna. E' risaputo che gli
strumenti della comunicazione sociale «incidono, e spesso profondamente, sia
sotto l'aspetto affettivo e intellettuale, sia sotto l'aspetto morale e
religioso, nell'ambito di quanti li usano», specialmente se giovani (Paolo PP.
VI, Messaggio per la III Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali [7
Aprile 1969]: ASS 61 [1969] 455). Essi, perciò, possono esercitare un benefico
influsso sulla vita e sui costumi della famiglia e sulla educazione dei figli,
ma al tempo stesso nascondono anche «insidie e pericoli non trascurabili»
(Giovanni Paolo PP. II, Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni
Sociali 1980 [1· Maggio 1980]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II» III, 1
[1980] 1042, e potrebbero diventare veicolo - a volte abilmente e
sistematicamente manovrato, come purtroppo accade in diversi Paesi del mondo -
di ideologie disgregatrici e di visioni deformate della vita, della famiglia,
della religione, della moralità, non rispettose della vera dignità e del
destino dell'uomo.
Pericolo tanto più reale, in quanto
«l'odierno modo di vivere - specialmente nelle nazioni più industrializzate -
porta assai spesso le famiglie a scaricarsi delle loro responsabilità
educative, trovando nella facilità di evasione (rappresentata, in casa,
specialmente dalla televisione e da certe pubblicazioni), il modo di tenere
occupati tempo ed attività dei bambini e dei ragazzi» (Giovanni Paolo PP. II,
Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1981, 5 [10
Maggio 1980]: «L'Osservatore Romano», 22 Maggio 1981). Di qui «il dovere... di
proteggere specialmente i bambini e ragazzi dalle "aggressioni" che
subiscono dai mass-media», procurando che l'uso di questi in famiglia sia
accuratamente regolato. Così pure dovrebbe stare altrettanto a cuore alla
famiglia cercare, per i propri figli, anche altri diversivi più sani, più utili
e formativi fisicamente, moralmente e spiritualmente, «per potenziare e
valorizzare il tempo libero dei ragazzi e indirizzarne le energie» (Ibid).
Poiché, poi, gli strumenti della
comunicazione sociale - al pari della scuola e dell'ambiente - incidono spesso
anche in notevole misura sulla formazione dei figli, i genitori, in quanto
recettori, devono farsi parte attiva nell'uso moderato, critico, vigile e
prudente di essi, individuando quale influsso esercitano sui figli, e nella
mediazione orientativa che consenta «di educare la coscienza dei figli ad
esprimere giudizi sereni e oggettivi, che poi la guidano nella scelta e nel
rifiuto dei programmi proposti» (Paolo PP. VI, Messaggio per la III Giornata
Mondiale delle Comunicazioni Sociali: ASS 61 [1969] 456).
Con eguale impegno i genitori cercheranno di
influire sulla scelta e preparazione dei programmi stessi, mantenendosi in
contatto - con opportune iniziative - con i responsabili dei vari momenti della
produzione e della trasmissione, per assicurarsi che non siano abusivamente
trascurati o espressamente conculcati quei valori umani fondamentali che fanno
parte del vero bene comune della società, ma, al contrario, vengano diffusi
programmi atti a presentare, nella loro giusta luce, i problemi della famiglia
e la loro adeguata soluzione. A tal proposito il mio predecessore di venerabile
memoria., Paolo VI, scriveva: «I produttori devono conoscere e rispettare le
esigenze della famiglia, e questo suppone, a volte, in essi un vero coraggio, e
sempre un alto senso di responsabilità. Essi, infatti, sono tenuti ad evitare
tutto ciò che può ledere la famiglia nella sua esistenza, nella sua stabilità,
nel suo equilibrio, nella sua felicità. Ogni offesa ai valori fondamentali
della famiglia - si tratti di erotismo o di violenza, di apologia del divorzio
o di atteggiamenti antisociali dei giovani - è un'offesa al vero bene dell'uomo
(Ibid.).
Ed io stesso, in analoga occasione, facevo
rilevare che le famiglie «devono poter contare in non piccola misura sulla
buona volontà, sulla rettitudine e sul senso di responsabilità dei
professionisti dei media: editori, scrittori, produttori, direttori,
drammaturghi, informatori, commentatori ed attori» (Messaggio per la Giornata
Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1980: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II»,
III, 1 [1980] 1044). Perciò è doveroso che anche da parte della Chiesa si
continui a dedicare ogni cura a queste categorie di operatori, incoraggiando e
sostenendo, nello stesso tempo, quei cattolici che vi si sentono chiamati e ne
hanno le doti, ad impegnarsi in questi delicati settori.
IV. La pastorale familiare nei casi
difficili
Circostanze particolari
77. Un impegno pastorale ancor più generoso,
intelligente e prudente, sull'esempio del Buon Pastore, è richiesto nei
confronti di quelle famiglie che - spesso indipendentemente dalla propria
volontà o premute da altre esigenze di diversa natura - si trovano ad
affrontare situazioni obiettivamente difficili.
A questo proposito è necessario richiamare
specialmente l'attenzione su alcune categorie particolari, che maggiormente
abbisognano non solo di assistenza, ma di un'azione più incisiva sulla pubblica
opinione e soprattutto sulle strutture culturali, economiche e giuridiche, al
fine di eliminare al massimo le cause profonde dei loro disagi.
Tali sono, ad esempio, le famiglie dei
migranti per motivi di lavoro; le famiglie di quanti sono costretti a lunghe
assenze, quali, ad esempio, i militari, i naviganti, gli itineranti d'ogni
tipo; le famiglie dei carcerati, dei profughi e degli esiliati; le famiglie che
nelle grande città vivono praticamente emarginate; quelle che non hanno casa;
quelle incomplete o monoparentali; le famiglie con i figli handicappati o
drogati, le famiglie di alcoolizzati; quelle sradicate dal loro ambiente
culturale e sociale o in rischio di perderlo; quelle discriminate per motivi
politici o per altre ragioni; le famiglie ideologicamente divise; quelle che
non riescono ad avere facilmente un contatto con la parrocchia; quelle che
subiscono violenza o ingiusti trattamenti a motivo della propria fede; quelle
composte da coniugi minorenni; gli anziani, non raramente costretti a vivere in
solitudine e senza adeguati mezzi di sussistenza.
Le famiglie dei migranti, specialmente
trattandosi di operai e di contadini, devono poter trovare dappertutto, nella
Chiesa, la loro patria. E' questo un compito connaturale alla Chiesa, essendo
segno di unità nella diversità. Per quanto è possibile siano assistiti da
sacerdoti del loro stesso rito, cultura e idioma. Spetta pure alla Chiesa fare
appello alla coscienza pubblica e a quanti hanno autorità nella vita sociale,
economica e politica, affinché gli operai trovino lavoro nella propria regione
e patria, siano retribuiti con giusto salario, le famiglie vengano al più
presto riunite, siano prese in considerazione nella loro identità culturale,
trattate al pari delle altre, ed ai loro figli sia data l'opportunità della
formazione professionale e dell'esercizio della professione, come pure del
possesso della terra necessaria per lavorare e vivere.
Un problema difficile è quello delle
famiglie ideologicamente divise. In questi casi si richiede una particolare
cura pastorale. Anzitutto bisogna, con discrezione, mantenere un contatto
personale con tali famiglie. I credenti devono essere fortificati nella fede e
sostenuti nella vita cristiana. Anche se la parte fedele al cattolicesimo non
può cedere, tuttavia bisogna sempre mantenere vivo il dialogo con l'altra
parte. Devono essere moltiplicate le manifestazioni di amore e di rispetto,
nella ferma speranza di mantenere salda l'unità. Molto dipende anche dai
rapporti tra genitori e figli. Le ideologie estranee alla fede possono, del
resto, stimolare i membri credenti della famiglia a crescere nella fede e nella
testimonianza di amore.
Altri momenti difficili, nei quali la
famiglia ha bisogno dell'aiuto della comunità ecclesiale e dei suoi pastori,
possono essere: l'adolescenza irrequieta contestatrice ed a volte tempestosa
dei figli; il loro matrimonio, che li stacca dalla famiglia di origine;
l'incomprensione o la mancanza di amore da parte delle persone più care;
l'abbandono da parte del coniuge o la sua perdita, che apre la dolorosa
esperienza della vedovanza, della morte di un familiare che mutila e trasforma
in profondità il nucleo originario della famiglia.
Similmente non può essere trascurato dalla
Chiesa il momento dell'età anziana, con tutti i suoi contenuti positivi e
negativi: di possibile approfondimento dell'amore coniugale sempre più
purificato e nobilitato dalla lunga e ininterrotta fedeltà; di disponibilità a
porre a servizio degli altri, in forma nuova, la bontà e la saggezza accumulata
e le energie rimaste; di pesante solitudine, più spesso psicologica e affettiva
che non fisica, per l'eventuale abbandono o per una insufficiente attenzione da
parte dei figli e dei parenti; di sofferenza per la malattia, per il
progressivo declino delle forze, per l'umiliazione di dover dipendere da altri,
per l'amarezza di sentirsi forse di peso ai propri cari, per l'avvicinarsi
degli ultimi momenti della vita. Sono queste le occasioni nelle quali - come
hanno insinuato i Padri Sinodali - più facilmente si possono far comprendere e
vivere quegli elevati aspetti della spiritualità matrimoniale e familiare, che
si ispirano al valore della Croce e risurrezione di Cristo, fonte di
santificazione e di profonda letizia nella vita quotidiana, nella prospettiva
delle grandi realtà escatologiche della vita terrena.
In tutte queste diverse situazioni non sia
mai trascurata la preghiera, sorgente di luce e di forza ed alimento della
speranza cristiana.
Matrimoni misti
78. Il numero crescente dei matrimoni fra
cattolici ed altri battezzati richiede pure una peculiare attenzione pastorale
alla luce degli orientamenti e delle norme, contenute nei più recenti documenti
della Santa Sede e in quelli elaborati dalle Conferenze episcopali, per
consentirne l'applicazione concreta alle diverse situazioni.
Le coppie che vivono in matrimonio misto
presentano peculiari esigenze, le quali possono ridursi a tre capi principali.
Vanno, anzitutto, tenuti presenti gli
obblighi della parte cattolica derivanti dalla fede, per quanto concerne il
libero esercizio di essa e il conseguente obbligo di provvedere, secondo le
proprie forze, a battezzare e ad educare i figli nella fede cattolica (cfr.
Paolo PP. VI, Motu Proprio «Matrimonia Mixta», 4-5: ASS 62 [1970], 257ss; cfr.
Giovanni Paolo PP. II, Discorso ai partecipanti alla plenaria del Segretariato
per l'unione dei cristiani [13 Novembre 1981]: «L'Osservatore Romano» [14
Novembre 1981]).
Bisogna tenere presenti le particolari
difficoltà inerenti ai rapporti tra marito e moglie, per quanto riguarda il
rispetto della libertà religiosa: questa può essere violata sia mediante pressioni
indebite per ottenere il cambiamento delle convinzioni religiose della
comparte, sia mediante impedimenti frapposti alla libera manifestazione di esse
nella pratica religiosa.
Per quanto riguarda la forma liturgica e
canonica del matrimonio, gli Ordinari possono largamente far uso delle loro
facoltà per varie necessità.
Nel trattare di queste speciali esigenze
bisogna tener presenti i punti seguenti:
I matrimoni fra cattolici ed altri
battezzati presentano, pur nella loro particolare fisionomia, numerosi elementi
che è bene valorizzare e sviluppare, sia per il loro intrinseco valore, sia per
l'apporto che possono dare al movimento ecumenico. Ciò è particolarmente vero
quando ambedue i coniugi sono fedeli ai loro impegni religiosi. Il comune
battesimo e il dinamismo della grazia forniscono agli sposi, in questi
matrimoni, la base e la motivazione per esprimere la loro unità nella sfera dei
valori morali e spirituali.
A tal fine, anche per mettere in evidenza
l'importanza ecumenica di un tale matrimonio misto, vissuto pienamente nella
fede dei due coniugi cristiani, va ricercata - anche se non sempre ciò si rivela
facile - una cordiale collaborazione tra il ministro cattolico e quello non
cattolico, fin dal tempo della preparazione al matrimonio e delle nozze.
Quanto alla partecipazione del coniuge non
cattolico alla comunione eucaristica, si seguano le norme impartite dal
Segretariato per l'unione dei cristiani (Istruz. «In quibus rerum
circumstantiis» [15 Giugno 1972], 518-525; Nota del 17 Ottobre 1973: ASS 64
[1973] 616-619).
In varie parti del mondo si registra, oggi,
un crescente numero di matrimoni fra cattolici e non battezzati. In molti di
essi il coniuge non battezzato professa un'altra religione e le sue convinzioni
devono essere trattate con rispetto, secondo i principi della Dichiarazione
«Nostra Aetate» del Concilio Ecumenico Vaticano II circa le relazioni con le
religioni non cristiane; ma in non pochi altri, particolarmente nelle società
secolarizzate, la persona non battezzata non professa alcuna religione. Per
questi matrimoni è necessario che le Conferenze episcopali ed i singoli vescovi
prendano misure pastorali adeguate, dirette a garantire la difesa della fede
del coniuge cattolico e la tutela del libero esercizio di essa, soprattutto per
quanto concerne il dovere di fare quanto è in suo potere perché i figli siano
battezzati ed educati cattolicamente. Il coniuge cattolico deve essere,
altresì, sostenuto in ogni modo nell'impegno di offrire all'interno della
famiglia una genuina testimonianza di fede e di vita cattolica.
Azione pastorale di fronte ad alcune
situazioni irregolari
79. Nella sua sollecitudine di tutelare la
famiglia in ogni sua dimensione, non soltanto in quella religiosa, il Sinodo
dei Vescovi non ha tralasciato di prendere in attenta considerazione alcune
situazioni religiosamente e spesso anche civilmente irregolari, che - negli
odierni rapidi mutamenti delle culture - vanno purtroppo diffondendosi anche
fra i cattolici, con non lieve danno dello stesso istituto familiare e della
società, di cui esso costituisce la cellula fondamentale.
a) Il matrimonio per esperimento
80. Una prima situazione irregolare è data
da quello che chiamano «matrimonio per esperimento», che molti oggi vorrebbero
giustificare, attribuendo ad esso un certo valore. Già la stessa ragione umana
insinua la sua inaccettabilità, mostrando quanto sia poco convincente che si
faccia un «esperimento» nei riguardi di persone umane, la cui dignità esige che
siano sempre e solo il termine dell'amore di donazione senza alcun limite né di
tempo né di altra circostanza.
Dal canto suo, la Chiesa non può ammettere
un tale tipo di unione per ulteriori, originali motivi, derivanti dalla fede.
Da una parte, infatti, il dono del corpo nel rapporto sessuale è il simbolo
reale della donazione di tutta la persona: una tale donazione peraltro,
nell'attuale economia non può attuarsi con verità piena senza il concorso
dell'amore di carità, dato da Cristo. Dall'altra parte, poi, il matrimonio fra
due battezzati è il simbolo reale dell'unione di Cristo con la Chiesa, una
unione non temporanea o «ad esperimento», ma eternamente fedele; tra due
battezzati, pertanto, non può esistere che un matrimonio indissolubile.
Tale situazione ordinariamente non può
essere superata, se la persona umana, fin dall'infanzia, con l'aiuto della
grazia di Cristo e senza timori, non è stata educata a dominare la nascente
concupiscenza e ad instaurare con gli altri rapporti di amore genuino. Ciò non
si ottiene senza una vera educazione all'amore autentico e al retto uso della
sessualità, tale che introduca la persona umana secondo ogni sua dimensione, e
perciò anche in quella che riguarda il proprio corpo, nella pienezza del
mistero di Cristo.
Sarà molto utile indagare sulle cause di
questo fenomeno, anche nel suo aspetto psicologico e sociologico, per giungere
a trovare un'adeguata terapia.
b) Unioni libere di fatto
81. Si tratta di unioni senza alcun vincolo
istituzionale pubblicamente riconosciuto, né civile né religioso. Questo
fenomeno - esso pure sempre più frequente - non può non attirare l'attenzione
dei pastori d'anime, anche perché alla sua base possono esserci elementi molto
diversi fra loro, agendo sui quali sarà forse possibile limitarne le
conseguenze.
Alcuni, infatti, vi si considerano quasi
costretti da situazioni difficili - economiche, culturali e religiose - in
quanto, contraendo regolare matrimonio, verrebbero esposti ad un danno, alla
perdita di vantaggi economici, a discriminazioni, ecc. In altri, invece, si
riscontra un atteggiamento di disprezzo, di contestazione o di rigetto della
società, dell'istituto familiare, dell'ordinamento socio-politico, o di sola
ricerca del piacere. Altri, infine, vi sono spinti dall'estrema ignoranza e
povertà, talvolta da condizionamenti dovuti a situazioni di vera ingiustizia, o
anche da una certa immaturità psicologica, che li rende incerti e timorosi di
contrarre un vincolo stabile e definitivo. In alcuni Paesi le consuetudini
tradizionali prevedono il matrimonio vero e proprio solo dopo un periodo di
coabitazione e dopo la nascita del primo figlio.
Ognuno di questi elementi pone alla Chiesa
ardui problemi pastorali, per le gravi conseguenze che ne derivano, sia
religiose e morali (perdita del senso religioso del matrimonio, visto alla luce
dell'Alleanza di Dio con il suo popolo: privazione della grazia del sacramento;
grave scandalo), sia anche sociali (distruzione del concetto di famiglia;
indebolimento del senso di fedeltà anche verso la società; possibili traumi
psicologici nei figli; affermazione dell'egoismo).
Sarà cura dei pastori e della comunità
ecclesiale conoscere tali situazioni e le loro cause concrete, caso per caso;
avvicinare i conviventi con discrezione e rispetto; adoperarsi con una azione
di paziente illuminazione, di caritatevole correzione, di testimonianza
familiare cristiana, che possa spianare loro la strada verso la regolarizzazione
della situazione.
Soprattutto, però, sia fatta opera di
prevenzione, coltivando il senso della fedeltà in tutta l'educazione morale e
religiosa dei giovani, istruendoli circa le condizioni e le strutture che
favoriscono tale fedeltà, senza la quale non si dà vera libertà, aiutandoli a
maturare spiritualmente, facendo loro comprendere la ricca realtà umana e
soprannaturale del matrimonio-sacramento.
Il Popolo di Dio si adoperi anche presso le
pubbliche autorità affinché resistendo a queste tendenze disgregatrici della
stessa società e dannose per la dignità, sicurezza e benessere dei singoli
cittadini, si adoperino perché l'opinione pubblica non sia indotta a
sottovalutare l'importanza istituzionale del matrimonio e della famiglia. E
poiché in molte regioni, per l'estrema povertà derivante da strutture
socioeconomiche ingiuste o inadeguate, i giovani non sono in condizione di
sposarsi come si conviene, la società e le pubbliche autorità favoriscono il
matrimonio legittimo mediante una serie di interventi sociali e politici,
garantendo il salario familiare, emanando disposizioni per un'abitazione adatta
alla vita familiare, creando adeguate possibilità di lavoro e di vita.
c) Cattolici uniti col solo matrimonio
civile
82. E' sempre più diffuso il caso di
cattolici che, per motivi ideologici e pratici, preferiscono contrarre il solo
matrimonio civile, rifiutando o almeno rimandando quello religioso. La loro
situazione non può equipararsi senz'altro a quella dei semplici conviventi
senza alcun vincolo, in quanto vi si riscontra almeno un certo impegno a un
preciso e probabilmente stabile stato di vita, anche se spesso non è estranea a
questo passo la prospettiva di un eventuale divorzio. Ricercando il pubblico
riconoscimento del vincolo da parte dello Stato, tali coppie mostrano di essere
disposte ad assumersene, con i vantaggi, anche gli obblighi. Ciò nonostante,
neppure questa situazione è accettabile da parte della Chiesa.
L'azione pastorale tenderà a far comprendere
la necessità della coerenza tra la scelta di vita e la fede che si professa, e
cercherà di far quanto è possibile per indurre tali persone a regolare la
propria situazione alla luce dei principi cristiani. Pur trattandole con grande
carità, e interessandole alla vita delle rispettive comunità, i pastori della
Chiesa non potranno purtroppo ammetterle ai sacramenti.
d) Separati e divorziati non risposati
83. Motivi diversi, quali incomprensioni
reciproche, incapacità di aprirsi a rapporti interpersonali, ecc. possono
dolorosamente condurre il matrimonio valido a una frattura spesso irreparabile.
Ovviamente la separazione deve essere considerata come estremo rimedio, dopo
che ogni altro ragionevole tentativo si sia dimostrato vano.
La solitudine e altre difficoltà sono spesso
retaggio del coniuge separato, specialmente se innocente. In tal caso la
comunità ecclesiale deve più che mai sostenerlo; prodigargli stima,
solidarietà, comprensione ed aiuto concreto in modo che gli sia possibile
conservare la fedeltà anche nella difficile situazione in cui si trova;
aiutarlo a coltivare l'esigenza del perdono propria dell'amore cristiano e la
disponibilità all'eventuale ripresa della vita coniugale anteriore.
Analogo è il caso del coniuge che ha subito
divorzio, ma che - ben conoscendo l'indissolubilità del vincolo matrimoniale
valido - non si lascia coinvolgere in una nuova unione, impegnandosi invece
unicamente nell'adempimento dei suoi doveri di famiglia e delle responsabilità
della vita cristiana. In tal caso il suo esempio di fedeltà e di coerenza
cristiana assume un particolare valore di testimonianza di fronte al mondo e
alla Chiesa, rendendo ancor più necessaria, da parte di questa, un'azione
continua di amore e di aiuto, senza che vi sia alcun ostacolo per l'ammissione
ai sacramenti.
e) I divorziati risposati
84. L'esperienza quotidiana mostra,
purtroppo, che chi ha fatto ricorso al divorzio ha per lo più in vista il
passaggio ad una nuova unione, ovviamente non col rito religioso cattolico.
Poiché si tratta di una piaga che va, al pari delle altre, intaccando sempre
più largamente anche gli ambienti cattolici, il problema dev'essere affrontato
con premura indilazionabile. I Padri Sinodali l'hanno espressamente studiato.
La Chiesa, infatti, istituita per condurre a salvezza tutti gli uomini e
soprattutto i battezzati, non può abbandonare a se stessi coloro che - già
congiunti col vincolo matrimoniale sacramentale - hanno cercato di passare a
nuove nozze. Perciò si sforzerà, senza stancarsi, di mettere a loro
disposizione i suoi mezzi di salvezza.
Sappiano i pastori che, per amore della
verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C'è infatti differenza
tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono
stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno
distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono infine coloro che hanno
contratto una seconda unione in vista dell'educazione dei figli, e talvolta
sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio,
irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido.
Insieme col Sinodo, esorto caldamente i
pastori e l'intera comunità dei fedeli affinché aiutino i divorziati procurando
con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e
anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita. Siano esortati
ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a
perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle
iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella
fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare
così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li
incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e
nella speranza.
La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua
prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione
eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal
momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono
oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e
attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si
ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in
errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del
matrimonio.
La riconciliazione nel sacramento della
penitenza - che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico - può essere
accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e
della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più
in contraddizione con l'indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in
concreto, che quando l'uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio,
l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della separazione,
«assumono l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti
propri dei coniugi» (Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la chiusura del VI
Sinodo dei Vescovi, 7 [25 Ottobre 1980]: AAS 72 [1980] 1082).
Similmente il rispetto dovuto sia al
sacramento del matrimonio sia agli stessi coniugi e ai loro familiari, sia
ancora alla comunità dei fedeli proibisce ad ogni pastore, per qualsiasi motivo
o pretesto anche pastorale, di porre in atto, a favore dei divorziati che si
risposano, cerimonie di qualsiasi genere. Queste, infatti, darebbero
l'impressione della celebrazione di nuove nozze sacramentali valide e
indurrebbero conseguentemente in errore circa l'indissolubilità del matrimonio validamente
contratto.
Agendo in tal modo, la Chiesa professa la
propria fedeltà a Cristo e alla sua verità; nello stesso tempo si comporta con
animo materno verso questi suoi figli, specialmente verso coloro che, senza
loro colpa, sono stati abbandonati dal loro coniuge legittimo.
Con ferma fiducia essa crede che, anche
quanti si sono allontanati dal comandamento del Signore ed in tale stato
tuttora vivono, potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza,
se avranno perseverato nella preghiera, nella penitenza e nella carità.
I senza-famiglia
85. Ancora una parola desidero aggiungere
per una categoria di persone che, per la concreta condizione in cui si trovano
a vivere - e spesso non per loro deliberata volontà - io considero
particolarmente vicine al Cuore di Cristo e degne dell'affetto della
sollecitudine fattiva della Chiesa e dei pastori.
Esistono al mondo moltissime persone le
quali, disgraziatamente, non possono riferirsi in alcun modo a ciò che si
potrebbe definire in senso proprio una famiglia. Grandi settori dell'umanità
vivono in condizioni di enorme povertà, in cui la promiscuità, la carenza di
abitazioni, l'irregolarità ed instabilità dei rapporti, l'estrema mancanza di
cultura non consentono praticamente di poter parlare di vera famiglia. Ci sono
altre persone che, per motivi diversi, sono rimaste sole al mondo. Eppure per
tutti costoro esiste un «buon annunzio della famiglia».
In favore di quanti vivono in estrema
povertà, già ho parlato dell'urgente necessità di lavorare coraggiosamente per
trovare soluzioni, anche a livello politico, che consentano di aiutarli a
superare questa inumana condizione di prostrazione. E' un compito che incombe,
solidarmente, all'intera società, ma in maniera speciale alle autorità in forza
della loro carica e delle conseguenti responsabilità, nonché alle famiglie, che
devono dimostrare grande comprensione e volontà di aiuto.
A coloro che non hanno una famiglia naturale
bisogna aprire ancor più le porte della grande famiglia che è la Chiesa, la
quale si concretizza a sua volta nella famiglia diocesana e parrocchiale, nelle
comunità ecclesiali di base o nei movimenti apostolici. Nessuno è privo della
famiglia in questo mondo: la Chiesa è casa e famiglia per tutti, specialmente
per quanti sono «affaticati e oppressi» (cfr. Mt 11,28).
CONCLUSIONE
86. A voi sposi, a voi padri e madri di
famiglia;
a voi, giovani e ragazze, che siete il
futuro e la speranza della Chiesa e del mondo, e sarete il nucleo portante e dinamico
della famiglia nel terzo millennio che si avvicina;
a voi, venerabili e cari fratelli
nell'episcopato e nel sacerdozio, diletti figli religiosi e religiose, anime
consacrate al Signore, che agli sposi testimoniate la realtà ultima dell'amore
di Dio;
a voi, uomini tutti di retto sentire, che a
qualsiasi titolo siete pensierosi delle sorti della famiglia, si rivolge con
trepida sollecitudine il mio animo al termine di questa esortazione apostolica.
L'avvenire dell'umanità passa attraverso la
famiglia!
E', dunque, indispensabile ed urgente che
ogni uomo di buona volontà si impegni a salvare ed a promuovere i valori e le
esigenze della famiglia.
Un particolare sforzo a questo riguardo
sento di dover chiedere ai figli della Chiesa. Essi, che nella fede conoscono
pienamente il meraviglioso disegno di Dio, hanno una ragione in più per
prendersi a cuore la realtà della famiglia in questo nostro tempo di prova e di
grazia.
Essi devono amare in modo particolare la
famiglia. E' questa una consegna concreta ed esigente.
Amare la famiglia significa saperne stimare
i valori e le possibilità, promuovendoli sempre. Amare la famiglia significa
individuare i pericoli ed i mali che la minacciano, per poterli superare. Amare
la famiglia significa adoperarsi per crearle un ambiente che favorisca il suo
sviluppo. E, ancora, è forma eminente di amore ridare alla famiglia cristiana
di oggi, spesso tentata dallo sconforto e angosciata per le accresciute
difficoltà, ragioni di fiducia in se stessa, nelle proprie ricchezze di natura
e di grazia, nella missione che Dio le ha affidato. «Bisogna che le famiglie
del nostro tempo riprendano quota! Bisogna che seguano Cristo!» (Giovanni Paolo
PP. II, Lettera «Appropinaquat iam», 1 [15 Agosto 1980]: ASS 72 [1980], 791).
Spetta altresì ai cristiani il compito di
annunciare con gioia e convinzione la «buona novella» sulla famiglia, la quale
ha un assoluto bisogno di ascoltare sempre di nuovo e di comprendere sempre più
a fondo le parole autentiche che le rivelano la sua identità, le sue risorse
interiori, l'importanza della sua missione nella Città degli uomini e in quella
di Dio.
La Chiesa conosce la via sulla quale la
famiglia può giungere al cuore della sua verità profonda. Questa via, che la
Chiesa ha imparato alla scuola di Cristo e a quella della storia, interpretata
nella luce dello Spirito, essa non la impone, ma sente in sé l'insopprimibile
esigenza di proporla a tutti senza timore, anzi con grande fiducia e speranza,
pur sapendo che la «buona novella» conosce il linguaggio della Croce. Ma è
attraverso la Croce che la famiglia può giungere alla pienezza del suo essere e
alla perfezione del suo amore.
Desidero, infine, invitare tutti i cristiani
a collaborare, cordialmente e coraggiosamente, con tutti gli uomini di buona
volontà, che vivono la loro responsabilità al servizio della famiglia. Quanti
si consacrano al suo bene in seno alla Chiesa, nel suo nome e da essa ispirati,
siano essi individui o gruppi, movimenti o associazioni, trovano spesso al loro
fianco persone e istituzioni diverse che operano per il medesimo ideale. Nella
fedeltà ai valori del Vangelo e dell'uomo e nel rispetto di un legittimo
pluralismo di iniziative, questa collaborazione potrà favorire una più rapida
ed integrale promozione della famiglia.
Ed ora, concludendo questo messaggio
pastorale, che intende sollecitare l'attenzione di tutti sui compiti gravosi ma
affascinanti della famiglia cristiana, desidero invocare la protezione della
santa Famiglia di Nazaret.
Per misterioso disegno di Dio, in essa è
vissuto nascosto per lunghi anni il Figlio di Dio: essa è dunque prototipo ed
esempio di tutte le famiglie cristiane. E quella Famiglia, unica al mondo, che
ha trascorso un'esistenza anonima e silenziosa in un piccolo borgo della
Palestina; che è stata provata dalla povertà, dalla persecuzione, dall'esilio;
che ha glorificato Dio in modo incomparabilmente alto e puro, non mancherà di
assistere le famiglie cristiane, anzi tutte le famiglie del mondo, nella
fedeltà ai loro doveri quotidiani, nel sopportare le ansie e le tribolazioni
della vita, nella generosa apertura verso le necessità degli altri,
nell'adempimento gioioso del piano di Dio nei loro riguardi.
Che san Giuseppe, «uomo giusto», lavoratore
instancabile, custode integerrimo dei pegni a lui affidati, le custodisca, le
protegga, le illumini sempre.
Che la Vergine Maria, come è Madre della
Chiesa, così anche sia la Madre della «Chiesa domestica», e, grazie al suo
aiuto materno, ogni famiglia cristiana possa diventare veramente una «piccola
Chiesa», nella quale si rispecchi e riviva il mistero della Chiesa di Cristo.
Sia Lei, l'ancella del Signore, l'esempio di accoglienza umile e generosa della
volontà di Dio; sia Lei, Madre Addolorata ai piedi della Croce, a confortare le
sofferenze e ad asciugare le lacrime di quanti soffrono per le difficoltà delle
loro famiglie.
E Cristo Signore, Re dell'universo, Re delle
famiglie, sia presente, come a Cana, in ogni focolare cristiano a donare luce,
gioia, serenità, fortezza. A Lui, nel giorno solenne dedicato alla sua
Regalità, chiedo che ogni famiglia sappia generosamente portare il suo
originale contributo all'avvento nel mondo del suo Regno, «Regno di verità e di
vita, di santità e di pace» («Prefatio» della Messa della Solennità di Nostro
Signore Gesù Cristo Re dell'universo), verso il quale è in cammino la storia.
A Lui, a Maria, a Giuseppe affido ogni
famiglia. Alle loro mani e al loro cuore presento questa esortazione: siano
Essi a porgerla a voi, venerati fratelli e diletti figli, e ad aprire i vostri
cuori alla luce che il Vangelo irradia su ogni famiglia.
A tutti e a ciascuno, assicurando la mia
costante preghiera, imparto di cuore l'apostolica benedizione, nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Dato a Roma, presso san Pietro, il 22
novembre, Solennità di N. S. Gesù Cristo Re dell'universo, dell'anno 1981,
quarto del Pontificato.