Dio
non dimentica chi lavora per la sua gloria, ma prima di ogni cosa vuole esserci
lui, Signore anche del lavoro per il suo regno.
Nel
marzo scorso avevo tentato di annullare la mia prenotazione alla Convocazione di
Rimini, perché stanca e molto impegnata con la famiglia, lo studio legale di
mio marito, la comunità, il pastorale; e andavo ripetendo che le opere di carità
prevalgono su altri impegni. Ma c'era bisogno di presenza anche a Rimini: la mia
comunità, insieme a quella delle "Beatitudini", doveva prestare
servizio in cappella. Non potevo tirarmi indietro, ed affidai al Signore i miei
impegni e la mia salute confidando nella sua Provvidenza.
Appena
arrivati andammo subito a prendere servizio. Dalla sala, in lontananza, arrivava
l'eco dei canti, la voce degli oratori, il canto in lingue; avevo capito che la
preghiera era al culmine e ne provavo un certo rimpianto. Ma subito avevo dovuto
occuparmi del servizio, "smistando" le persone che venivano a pregare
in cappella, indicando loro il percorso di entrata e di uscita (perché è
indispensabile), sorvegliando ogni gesto per assicurare il silenzio e la
preghiera, e pregando io stessa, offrendo al Signore il mio sacrificio per la
buona riuscita della Convocazione. Facevo tutto con diligenza e scrupolo, ma
ecco che Gesù mi ha attirata a sé: dall'altare, circondato da fiori bianchi,
quell'ostensorio di colpo mi ha folgorata, rivelandomi che là c'era proprio il
corpo di Cristo, Gesù in persona, presente e vivo in corpo e sangue. Ho
avvertito molto forte la sua presenza, reale, meravigliosa, regale e insieme
umile e intima. Aveva preso lui l'iniziativa di rivelarsi, non ero io che lo
avevo cercato come in tanti ritiri; questa esperienza non era frutto della mia
devozione, del mio ascolto, del mio impegno. Ero Marta, stavolta, che nel
servire a tavola aveva incontrato lo sguardo di Gesù e sentendone il fascino si
era inginocchiata ai suoi piedi, come Maria, contemplando, ma, direi di più,
bevendo la sua presenza, facendola penetrare nel cuore: "Gustate e vedete
come è buono il Signore".
Continuavo il mio servizio,
ma Gesù era sempre là, vivo, e ancora mi attirava a sé: come due innamorati
sentono in modo speciale - se sono tra la folla - l'unicità del loro
comunicarsi. Solo le mie lacrime tradivano questo tacito dialogo: il suo
rivelarsi, il mio lodarlo. E subito era scomparso il rammarico per non essere
presente in sala: '7utta quella confusione laggiù è per te - gli dico - per te
che sei qua nella tua maestà, nella tua bellezza, nel tuo splendore, mio Gesù!".
E poi fu il momento di portare il Santissimo in sala per l'adorazione. Vennero i
vescovi, i sacerdoti, il gruppo Alla, ed infine noi della cappella; tutti in
processione per accompagnare in trionfo il Padrone di casa, il Re dei re. E
ancora un regalo per me: con mio marito ed un'altra sorella di comunità
trovammo posto sotto l'altare, ai piedi dei grande crocifisso. L' adorazione
incominciò a sgorgare dal mio cuore, gioiosa, intensa, e contemplai il volto
del crocifisso inclinato verso di noi, il volto del Nazareno "mite e
umile di cuore".
Attimi di preghiera
profonda e intima anche tra la folla. Vedevo i sacerdoti, numerosissimi, giovani
ed anziani, anch'essi a lodare il Buon
Pastore. Vedevo la folla del popolo di Dio adorante, e allora incominciai a
lodare colui che, innalzato, attrae a sé tutti coloro che guardano a lui;
uomini appesantiti dagli anni e dalle esperienze tonano bambini pieni di
entusiasmo, pronti a rinnovarsi e a lasciarsi trasformare dallo Spirito! Io
stessa con mio marito, ridiventati bambini nel cuore, eravamo felici solo per
aver occupato quel posto... e scoprire, poi, con gioia infantile la fotografia
che ci avevano scattato, a nostra insaputa, ricordo di quel momento intenso, là
sotto la croce.
Maddalena
Tratta dalla rivista "Rinnovamento nello Spirito Santo "giugno 1997"