Servizio speciale - Catechesi in Italia

Rinnovamento mancato
di Annachiara Valle e Alberto Bobbio
       

    A 30 anni dal "Documento base", il bilancio sullo stato di salute della catechesi è preoccupante: tanti sussidi e tante energie investite, ma pochi risultati. Bilancio? Fedeli che fuggono e analfabetismo religioso in aumento.

Una catechesi inadeguata, in ritardo sui linguaggi e sui metodi, preoccupata più di conservare l’esistente che di spingersi in avanti cercando nuovi modi per parlare al mondo. Non c’è da stare allegri a guardare i cambiamenti avvenuti negli ultimi trent’anni. Tanti ne sono passati dalla pubblicazione del documento di base Il rinnovamento della catechesi che, sulla spinta del Concilio Vaticano II, prometteva una Chiesa più audace e più in dialogo con l’esterno. Oggi la "mediazione culturale", come si diceva un tempo, sembra frenata e il messaggio evangelico fa fatica a varcare le porte delle sacrestie.

Eppure l’ultimo annuario statistico pubblicato dalla Santa Sede ci informa che in Italia sono all’opera ben 145.654 catechisti e catechiste. In tutto il mondo solo il Brasile, ma con una superficie molto più estesa, ne ha a disposizione un numero più consistente. Non è quindi un problema di persone o di mancanza di mezzi, ma di mentalità e di formazione.

Ne è convinto anche don Roberto Giannatelli, professore di Media education presso la Pontificia Università salesiana e uno dei più attivi collaboratori di monsignor Aldo Del Monte negli anni della stesura del documento di base: «Occorre un processo di alfabetizzazione», spiega il salesiano, «occorre formare i catechisti e i seminaristi a entrare nella cultura contemporanea, a capirla. La priorità è quella di mettersi in relazione con gli uomini e le donne di oggi, di cercarli e vivere accanto a loro nei luoghi quotidiani di vita, nelle difficoltà che incontrano, nella ricerca di senso. Il problema non dovrebbe essere quello di conservare, di difendere, ma di preoccuparsi della fedeltà all’uomo per essere veramente fedeli a Cristo e al suo Vangelo. Trent’anni fa il modello era quello di una Chiesa che mutava in modo radicale spingendo al cambiamento anche il mondo circostante che era, invece, piuttosto fermo. Era una Chiesa adulta che parlava ad adulti e che rimetteva al centro la persona. Oggi, al contrario, mi sembra che il mondo vada per la sua strada e che la catechesi sia "altrove"».

Un "altrove" distante, che perde i contatti con gli adolescenti subito dopo la cresima e che ha pochi strumenti per rivolgersi agli adulti. Il "Progetto catechistico italiano" (cioè l’insieme degli scritti promulgati dalla Cei, in primo luogo Il rinnovamento della catechesi e poi i catechismi destinati alle varie età) ha provato in questi anni ad affinare i mezzi, a cimentarsi con i nuovi linguaggi, a usare Tv, Internet e satelliti. Il punto della situazione è stato fatto a Collevalenza, durante l’ultima assemblea generale dei vescovi italiani. In quei giorni l’Ufficio catechistico nazionale ha presentato l’opera in tre volumi e cd-rom Incontro ai catechismi, un sussidio pensato per dare una visione d’insieme del Progetto e spiegare i passi compiuti in questi trent’anni di catechesi.

«Ma non si tratta di fare nuovi sussidi», dice ancora don Giannatelli, «bisogna che il messaggio arrivi, che le persone si incontrino. Per questo occorre fare la fatica di imparare la lingua degli altri, di vivere nel mondo, di riscoprire il coraggio di osare di fronte alle sfide che ci interpellano. La strategia non è fare libri, ma formare le persone e le comunità».

«La formazione è uno snodo centrale su cui deve interrogarsi tutta la comunità cristiana», incalza Luigi Alici, docente di Filosofia morale all’Università di Macerata. «Siamo in un momento di trasformazione culturale profonda, per affrontare la quale non è sufficiente spingere di più sull’acceleratore. La complessità non si può raggiungere muovendosi di più. Occorre interrogarsi sul metodo, sullo stile, soprattutto su quanto la sensibilità della comunità ecclesiale condivida un certo progetto. Altrimenti si rischia un "federalismo metodologico", una forma di catechesi dove troviamo di tutto».

«Dal mio osservatorio», prosegue Alici, «noto che si è accentuata negli ultimi anni una pericolosa oscillazione tra due estremi: da una parte, sotto l’etichetta di catechesi, passano una serie di attività genericamente formative. In alcuni territori un po’ difficili, per esempio, la parrocchia si limita a una alfabetizzazione di vita sociale che ha poco a che vedere con la catechesi vera e propria. Dal lato opposto ci sono, invece, forme di irrigidimento kerigmatico che partono dall’idea che ogni impegno catechetico sia automaticamente formativo indipendentemente dalla sensibilità pedagogica e interpersonale. C’è un deficit di mediazione culturale nella catechesi».

Ma non è un problema di oggi. Anzi, Alici va molto indietro nel tempo: «Anche sant’Agostino», spiega, «nel prologo alla Dottrina cristiana si chiede se è possibile una doctrina, cioè un insieme di contenuti evangelici e di metodologia catechetica, o se il cristiano in quanto tale non ha bisogno di passare attraverso questa mediazione, ma deve limitarsi all’annuncio, all’impegno catechetico in senso puro. Agostino difende l’idea di una dottrina, di un cristianesimo che si tramanda se l’annuncio è mediato culturalmente, cioè se si porta dietro un insieme di attenzioni alla crescita personale, culturale e sociale delle persone e se, nello stesso tempo, è accompagnato da alcuni modelli di vita che esemplificano questo percorso».

Dottrina, dialogo col mondo, mediazione culturale. Parole che tornano a risuonare per "salvare" una catechesi stanca, debole, quasi sconfitta. Rimettersi al passo coi tempi, in effetti, costa più fatica di qualche cineforum o magari di un nuovo sito Internet.

a.va.
   

Il Documento base per il rinnovamento della catechesi, testo che aveva l’obiettivo di travasare il rinnovamento del Concilio Vaticano II nei catechismi della Chiesa italiana, venne approvato nel 1970, dopo 3 anni di lavori. Alla sua stesura aveva partecipato un nutrito gruppo di teologi ed esperti, sotto la guida dell’Ufficio catechistico nazionale, allora presieduto da monsignor Aldo Del Monte.

Tutti i catechismi del mondo devono avere come «testo di riferimento sicuro e autentico» il Catechismo della Chiesa cattolica (Ccc), approvato nell’ottobre 1992 da Giovanni Paolo II con la costituzione apostolica Fidei depositum. Dal marzo del ’93 il Papa ha anche istituito una Commissione interdicasteriale, presieduta dal cardinale Joseph Ratzinger, con il compito di promuovere la diffusione del Ccc e valutare eventuali proposte di variazioni sul testo.

Segue: Il Libro bianco nascosto