IL REIKI

Andrea Menegotto

Il reiki è una tecnica di origine giapponese per ridurre lo stress, rilassarsi e incrementare il proprio grado di benessere fisico e morale. Benché il reiki non si presenti come un sostituto o un’alternativa rispetto alla medicina tradizionale, è spesso inquadrato fra le cosiddette «pratiche terapeutiche alternative» o «medicine alternative». Il nome reiki designa anche il movimento di coloro che praticano questa tecnica e condividono un certo numero di principi che la sostengono. Esso si basa sull’idea che un’energia (ki) universale (rei) scorre all’interno di tutti gli esseri viventi. Il flusso di questa energia può essere migliorato – o corretto, in caso di deviazioni – tramite semplici gesti di una persona iniziata al reiki, che appoggia le mani su un’altra persona (o su se stessa), oppure leva semplicemente le mani in direzione dell’altro, senza toccarlo.

Il reiki fu portato in Occidente dalla signora Hawayo Takata (1900-1980), una hawaiana di origini giapponesi, che lo aveva scoperto durante un viaggio in Giappone tra il 1935 e il 1937. Tornata nelle Hawaii nel 1937, la Takata invitò il suo maestro giapponese di reiki a raggiungerla, e insieme aprirono il primo centro occidentale nel 1938. Oggi si calcola che oltre un milione di persone nel mondo si sottopongano regolarmente a sedute di reiki. Ma, insieme con il successo, si è manifestata anche qualche polemica. Le diverse scuole, centri, associazioni di reiki non sempre vanno d’accordo fra loro e alcuni gruppi sono accusati da altri di chiedere cifre esorbitanti o comunque eccessive.

Chi in Occidente ha raccontato la storia del reiki alcune volte ha preso una certa libertà  narrando i fatti, forse per adattare meglio questa tecnica ai gusti occidentali. Ad esempio, secondo alcuni testi di sostenitori del reiki, il fondatore,  Mikao Usui (1865-1926), sarebbe stato un pastore in una Chiesa protestante, e non manca chi afferma che sarebbe stato addirittura un sacerdote cattolico. In realtà Usui non è mai stato cristiano, in quanto si è formato ed ha sempre vissuto all’interno della tradizione del buddhismo giapponese.

Questa tecnica prevede una iniziazione in tre livelli: il primo consente l’apertura dei propri canali energetici, il secondo permette di guarire a distanza, il terzo di aprire i canali altrui. C’è anche chi afferma  – ma il punto è controverso – che esistono tre altri livelli più segreti. Di Usui si sa relativamente poco, ma è certo che egli insistesse, come fanno oggi i suoi successori, sulla natura divina dell’energia universale, inoltre alcuni concetti del reiki richiamano piuttosto da vicino le dottrine di alcune nuove religioni giapponesi, che spesso si fondono con idee di derivazione esoterica o New Age.

Questi elementi rendono particolarmente appropriata la definizione – formulata dallo studioso italiano Massimo Introvigne – del reiki come una «quasi religione»:  seppure infatti sono assenti un concetto di salvezza ed una teologia della storia, è innegabile che il reiki faccia riferimento ad un'idea chiaramente panteistica (il panteismo è la concezione filosofica-religiosa che non distingue il Creatore dalle creature, ma piuttosto li identifica) di un’energia universale che presenta caratteristiche divine, ma che non è assolutamente riconducibile al Dio cristiano. Il che, evidentemente, rende incompatibile qualsiasi accostamento cattolico al reiki, perché, senza dubbio, un cattolico non può credere in una «quasi religione» diversa dal suo Credo, senza deviare dalla Verità della sua Fede.

 

Per approfondire: Massimo Introvigne, Il reiki: tecnica o religione?

 

 

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