LA RADIOESTESIA

Andrea Menegotto

Si dice radioestesia quella facoltà che consentirebbe ad alcune persone di percepire radiazioni elettromagnetiche a mezzo di una bacchetta o di un pendolino. La bacchetta è utilizzata in particolare per trovare l’acqua (rabdomanzia), mentre il pendolino è utilizzato per diagnosticare una malattia, scegliere i medicinali, ritrovare oggetti o persone scomparse. Si può ricorrere a due metodi: quello «diretto», se il radioestesista si trova sul posto, oppure quello «indiretto», se il radioestesista si avvale di qualche strumento intermediario, come una carta geografica (nel caso in cui si cerchi di ritrovare una persona o un oggetto) o una fotografia (nel caso di una diagnosi). Spesso il pendolino viene utilizzato anche come strumento di predizione o di veggenza; infatti non è raro il caso in cui – per esempio – una donna consulti il radioestesista per conoscere l’uomo della sua vita o qualche cliente si affidi al pendolino per avere informazioni sulle qualità morali di una determinata persona.

Dal punto di vista storico, il ricorso alla radioestesia affonda le sue radici nella divinazione pagana, mentre il termine «radioestesista» deriva etimologicamente dal latino «radius» (= raggio) e dal greco «aisthesis» (= sensazione). Circa la natura di questo raggio o di queste radiazioni elettromagnetiche che il radioestesista sarebbe in grado di captare, ci si perde in mille congetture, senza peraltro giungere a nessuna conclusione scientificamente valida. Dunque, alla radioestesia in quanto tale, dal punto di vista scientifico, si possono muovere tre obiezioni: (1) l’esistenza delle radiazioni che i corpi su cui si indaga con la radioestesia emanerebbero non è dimostrata; (2) se vi fossero realmente queste radiazioni non si comprende perché la ricerca possa essere condotta – secondo il metodo «indiretto» – su una carta o  su una fotografia; (3) pare che i movimenti del pendolo possano essere attribuiti nella gran parte a movimenti inconsci del polso dell’operatore. Yves Rocard, direttore del laboratorio di fisica alla Scuola Normale Superiore di Parigi dal 1945 al 1973, ha teorizzato una spiegazione della rabdomanzia in cui afferma che la vera origine del movimento della bacchetta del rabdomante è causata dall’eterogeneità geologica del terreno (corrispondente ad una faglia in  cui l’acqua si infiltra) che crea un’anomalia magnetica. Il rabdomante, secondo Rocard, scopre solo accidentalmente l’acqua ed è invece sensibile all’anomalia magnetica derivante dalla diversa conformazione del sottosuolo, ma né l’acqua ricercata dal rabdomante né i corpi su cui indaga il pendolinista emettono radiazioni che possono essere captate.

Passando brevemente al versante spirituale della questione, qualche semplice constatazione porta facilmente a scorgere dietro la pratica della radioestesia un atteggiamento superstizioso, secondo il quale Dio, spesso confuso con una vaga «Energia», interverrebbe in maniera deterministica nella vita dell’uomo, facendogli rinunciare a valersi adeguatamente della propria intelligenza e libertà. E’ con questo spirito che il Santo Uffizio (ora Congregazione per la Dottrina della Fede) nel 1942 ha proibito ai religiosi l’uso del pendolo o della bacchetta per indagare su cose perdute o future. E’ passato ormai più di mezzo secolo, ma le caratteristiche superstiziose della radioestesia persistono o, piuttosto, dilagano.

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