I TESTIMONI DI GEOVA

IL POPOLO DELL'"APOCALISSE RINVIATA"

 

Andrea Menegotto

© febbraio 2001

 

Appunti per il corso di Storia delle Religioni presso l’Università “Casa Famiglia” di Carnago (Va) - a.s. 2000-2001

 

Siamo ormai abituati a vedere i testimoni di Geova, soprattutto nel corso dei fine settimana, girare fra le vie di città e paesi con la tradizionale cravatta e l’immancabile valigetta. Spesso ci mostriamo indispettiti dalla loro insistenza per scambiare qualche parola con noi, ma ben poco conosciamo di loro. Fino ad anni recenti possiamo ritenere che tutta la storia dei testimoni di Geova sia caratterizzata da alcuni eventi ruotanti attorno ad una serie di date previste per la fine di questo mondo, annunciate e in seguito smentite, così che M. James Penton, il maggior storico dei testimoni di Geova, non senza una nota di umorismo, ha intitolato la sua opera principale Apocalypse Delayed, cioè “L’Apocalisse rinviata”. Ora – come diremo –  nel movimento è in corso una notevole svolta dottrinale, con interessanti conseguenze di ordine sociologico.

Per tutta la sua vita il fondatore, Charles Taze Russell (1852-1916), fece riferimento al 1914 come data prevista per la fine visibile di questo mondo. Egli si riallacciava alla data-chiave del 1874, in cui la tradizione cristiano-avventista poneva l’inizio dei quarant’anni di preparazione per la fine del presente ordine di cose, atteso appunto per il 1914. Tale costruzione subì un colpo durissimo in questo stesso anno, quando la fine di questo mondo non si verificò. Il fondatore allora annunciò che la Prima Guerra Mondiale era “l’inizio della fine”, ma in realtà nei molti suoi scritti egli aveva previsto cose maggiori che una guerra.

Il suo successore, Joseph Franklin Rutherford (1869-1942), si trovò di fronte a questo problema, ma dimostrò fin dall’inizio della sua presidenza una grande energia. Offrì ai suoi seguaci due nuove date, il 1918 e il 1920, che poi furono smentite, e ripropose nuovi calcoli annunciando a gran voce, attraverso una grande campagna mondiale, la fine di questo mondo per il 1925. Ma anche in questa data non accadde nulla e la nuova delusione fu ancora più grave della prima. Il movimento riuscì però a salvarsi in quanto Rutherford sostituì alla struttura piuttosto elastica ideata dal fondatore una rigida gerarchia basata su un’obbedienza quasi militare, detta “teocrazia” (governo di Dio e dei suoi rappresentanti). Il secondo presidente, gradatamente, tolse dalla circolazione gli scritti di Russell, modificò tutto il sistema di date, e cercò di risolvere il problema posto dal 1914 affermando che in quell’anno qualcosa si era realmente verificato: Cristo sarebbe venuto sulla terra, ma non visibilmente, piuttosto in maniera invisibile. Quindi Rutherford mise da parte la data della tradizione cristiano-avventista (il 1874), in cui Russel aveva previsto – come abbiamo accennato – l’inizio dei quarant’anni di preparazione per la fine di questo mondo e annunciato il ritorno invisibile di Cristo.

Il terzo presidente, Nathan Homer Knorr (1905-1977), si lasciò indurre ad annunciare un nuova data per la fine del mondo, il 1975, anno in cui – secondo i suoi calcoli – sarebbero scaduti seimila anni dalla creazione di Adamo. Memore delle precedenti delusioni, si mosse con maggior circospezione rispetto ai suoi predecessori, ma non riuscì ad evitare critiche e problemi.

Frederick Franz (1893-1992), che successe a Knorr, nel 1980 dovette affrontare una grossa crisi in quanto un gruppo di dirigenti propose una revisione dottrinale, tornando di nuovo sulla questione del 1914. La tesi tradizionale, affermatasi da Rutherford in poi, riteneva che la fine visibile di questo mondo si sarebbe dovuta verificare quando sarebbe stata ancora in vita almeno una persona che era “viva e cosciente” nel 1914 (l’anno in cui secondo i testimoni di Geova si sarebbe verificata la venuta invisibile di Cristo). In Matteo 24,34 leggiamo: “In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo accada”. La generazione di cui parla Gesù, secondo l’interpretazione che davano i testimoni di Geova, è quella del 1914 e il “tutto questo” non sarebbe altro che la fine del mondo. Questa dottrina si è rivelata rischiosa, in quanto – come è naturale – il numero di persone già nate nel 1914 con il passare degli anni è destinato a calare sempre più. Così, il Corpo Direttivo che guida i testimoni di Geova – oggi presieduti da Milton G. Henschel – se in un primo momento non sembrava intenzionato ad apportare modifiche sostanziali alla stessa, oggi ha di fatto attuato una vera e propria “rivoluzione dottrinale”. Si può notare così l’effettiva realizzazione di quanto nel 1989 scriveva Massimo Introvigne facendo il punto della situazione sulla questione del 1914: “Quanto alle date, i capi dei testimoni di Geova hanno ormai una lunga esperienza che ha insegnato loro come, senza troppi danni, si può sempre ‘rinviare l’Apocalisse’” (Le sètte cristiane: dai testimoni di Geova al Reverendo Moon, p. 61).

Tra il 1994 e il 1996 è così venuta meno la dottrina del 1914. Questo ha portato a dire che il Corpo Direttivo aveva capito male e che la data della fine del mondo non è ancorata al 1914. La verità dell’attesa starebbe nel fatto che l’ansia escatologica ha comunque un valore, e che la fine è “prossima”, ma se “prossima” vuol dire fra dieci, cinquanta o trecento anni Geova non lo ha ancora rivelato. Si deve notare che, mentre in vista del 2000 si era scatenata in alcuni ambienti, soprattutto del protestantesimo americano, un’attesa escatologica, i testimoni di Geova avevano comunicato che la data del 2000 per loro sarebbe stata irrilevante.

La svolta dottrinale sulla questione del 1914 ha avuto importantissime conseguenze sociologiche: se si pensava che la fine del mondo fosse imminente non aveva senso coltivare studi superiori o cercare forme di accomodamento con la società. Se la fine del mondo è sempre imminente, ma si potrebbe dire “vagamente” imminente e non se ne conosce la data, vale la pena di occuparsi del futuro prossimo per se stessi e per i figli. Pertanto è cambiato l’atteggiamento nei confronti dell’educazione superiore e oggi molti testimoni di Geova mandano i figli all’università (se lo fanno meno di altri è perché molti testimoni di Geova sono poveri e appartengono alle classi più basse della società, a differenza – per esempio – dei mormoni). I testimoni di Geova che hanno frequentato l’università, mentre un tempo erano guardati con sospetto, sono oggi – se non dirigenti – almeno ascoltati consiglieri dei dirigenti (questo sviluppo si nota in particolare negli Stati Uniti e in Francia, non ancora in Italia).

La “rivoluzione dottrinale” ha poi un’altra importante conseguenza: se la fine del mondo è “vagamente” imminente per i testimoni di Geova si rivela opportuno tentare un accomodamento con gli Stati. Di qui l’enorme importanza attribuita dalla dirigenza di Brooklyn all’intesa con lo Stato italiano, dato che l’Italia è il paese occidentale con la più alta percentuale di testimoni di Geova e anche quello in cui, per la prima volta in Europa, il governo ha sottoscritto (il 20 marzo 2000, su testo del 18 novembre, approvato a maggioranza dal Consiglio dei Ministri il 21 gennaio) ciò che – nel sistema italiano – è molto più di un semplice riconoscimento e consente – in prospettiva – il sostegno dei contribuenti attraverso l’otto per mille delle loro tasse. In tale ottica è importante anche la transazione con la Bulgaria (1998), dove, certamente solo per questo paese, ma ciò potrebbe costituire un precedente per altri, i testimoni di Geova fanno concessioni notevolissime in tema di trasfusione di sangue. Inoltre, talvolta i testimoni di Geova presenziano ad incontri internazionali: per esempio hanno status di NGO (organizzazione non governativa riconosciuta) presso l’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), cosa impensabile fino a qualche anno fa e, seppure fra alti e bassi, cresce la collaborazione con gli studiosi delle nuove religioni.

C’è infine un secondo aspetto di notevole innovazione, che è comunque sempre conseguenza, seppure indiretta, del nuovo atteggiamento verso la società, causato a sua volta dalla rivoluzione dottrinale di cui si è detto. I testimoni di Geova, parlando del destino dell’uomo, distinguono rigorosamente due categorie: gli “unti”, in numero chiuso di 144.000 e le “altre pecore”. Solo i primi sono destinati a regnare in cielo con Geova, le “altre pecore” vivranno per sempre su una terra paradisiaca. Quindi, non tutti i testimoni sono “unti”, ma solo un piccolo numero. Tutti possono dichiararsi “unti”, purché si sentano tali attraverso una sorta di parola interiore e lo dichiarino, ma poiché dirsi tali senza esserlo realmente è ritenuto un peccato gravissimo, molti scrupoli trattengono la maggioranza dei testimoni di Geova dal farlo. Solo che si è dichiarato può far parte del Corpo Direttivo; un “resto degli unti” resterà inoltre a governare le “altre pecore” durante il Millennio. L’anno 1918 è una data fondamentale per gli “unti”: Gesù, presente dal 1914 in maniera invisibile sulla terra, dopo quattro anni trascorsi purificando l’organizzazione dei testimoni di Geova, entra in gloria nel suo tempio in cielo, e porta con sé, dotandoli di un “corpo spirituale”, quelli che fra i 144.000 erano morti prima di quell’anno. Da allora gli “unti” che muoiono sono subito dotati di un corpo spirituale e vanno a raggiungere i loro compagni in cielo. Il frutto indiretto della “rivoluzione dottrinale” consiste nel ruolo sempre maggiore attribuito alle “altre pecore” rispetto agli “unti”. Rimane fermo il fatto che per accedere al Corpo Direttivo bisogna essere “unti”, ma in pratica gran parte del potere è in mano ai nuovi “assistenti del Corpo Direttivo” (che non sono “unti”). Coloro che si dichiarano “unti” sono sempre meno  – il numero di 144.000 è quasi completato anche sarebbe possibile sempre dire che alcuni che si erano dichiarati “unti” in passato hanno mentito, si sono sbagliati o hanno apostatato – e non è detto che siano i più adatti a rivestire ruoli dirigenziali. Per gestire una comunità di 6.035.564 persone, presente in 235 paesi con 91.487 congregazioni (Rapporto mondiale dei testimoni di Geova per l’anno di servizio 2000, in “La Torre di Guardia. Annunciante il Regno di Geova”, 1° gennaio 2001; se si contano i presenti alla Commemorazione annuale della Cena del Signore il dato sale a 14.872.086 persone) una laurea in legge o in economia si sta rivelando più adatta di un’esperienza interiore che ha indotto a proclamarsi “unto”.

Dopo la rinuncia alla dottrina del 1914, l’apertura del Corpo Direttivo ai non “unti” potrebbe essere in un futuro più o meno prossimo la seconda grande rivoluzione storica dei testimoni di Geova. Si confermerebbe così un processo weberiano di routinizzazione del carisma che, come per i mormoni, porterebbe i testimoni – pur mantenendo dottrine lontanissime dalla maggioranza dei cristiani – a integrarsi maggiormente nella società circostante, passando da “setta” (nel senso weberiano del termine) a “denominazione”. Il problema della trasfusione di sangue esiste (come quello della diffidenza per la medicina ufficiale nella Christian Science), ma non dovrebbe ormai essere sopravvalutato, dal momento che anche nel mondo medico – per ragioni che non hanno nulla a che fare con i testimoni di Geova – si va diffondendo l’idea di proporre terapie alternative.

 

I testimoni di Geova in Italia

Alcuni dati statistici

 

Dal “Rapporto mondiale dei testimoni di Geova per l’anno di servizio 1998” e per l’anno  2000

“La Torre di Guardia. Annunciante il Regno di Geova”, 1° gennaio 1999 e 2001  

 

 

1998

2000

Popolazione

57.495.656

57.679.0955

Massimo proclamatori

232.145

228.778

Proporzione un proclamatore su:

248 abitanti

252 abitanti

Media proclamatori :

224.504

225.748

Percentuale aumento rispetto all’anno precedente:

2%

0%

Numero battezzati:

7.809

5.668

Numero di congregazioni:

3.032

3.024

Totale ore:

52.043.180

48.108.731

Presenti alla Commemorazione della Cena del Signore:

385.387

 

406.676

 

  

   

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