|
..da (tutti) - Venerdi
24 Novembre 2000 |
|
|
|
|
|
IL
DOCUMENTO Dalla Congregazione per la Dottrina della fede
un'Istruzione sui modi per invocare da Dio la guarigione «Nella malattia preghiamo così»
Ratzinger: è un gesto profondamente umano, da vivere senza
fanatismi
Salvatore
Mazza
Una
"guida" destinata ai vescovi, perché «meglio possano guidare i
fedeli» nel discernimento di fronte a quelle «particolari
celebrazioni liturgiche o paraliturgiche, ormai diffuse in
tutto il mondo», durante le quali si prega per ottenere la
guarigione di malati. Ed è appunto per favorire «ciò che vi
sia di buono» in tali manifestazioni e, al contrario,
correggere «ciò che sia da evitare», la Congregazione per la
Dottrina della Fede ha stilato una "Istruzione circa le
preghiere per ottenere da Dio la guarigione", diffusa ieri
dalla Sala Stampa vaticana. «In dette celebrazioni - si
spiega nel comunicato che accompagna l'"Istruzione" - le
guarigioni vengono sollecitate mediante appositi riti
(preghiere, imposizione delle mani, unzioni ecc.) con
l'avallo, sia pure indiretto, offerto a volte dalla presenza
di prelati. Tutto ciò determina movimenti di folle molto
numerose che si radunano in tali luoghi nell'attesa, talvolta
esasperata, di avere o vedere il miracolo». Non è raro poi che
in casi «non sporadici», osserva ancora il documento, «vi si
proclama l'esistenza di avvenute guarigioni, destando in
questo modo delle attese dello stesso fenomeno in altre simili
riunioni. In questo contesto si fa appello, alle volte, a un
preteso "carisma di guarigione"». Ma i problemi, dal punto
di vista del dicastero dottrinale della Santa Sede, non
finiscono qui. Infatti «siffatte riunioni di preghiera per
ottenere delle guarigioni pongono inoltre la questione del
loro giusto discernimento sotto il profilo liturgico e
disciplinare, in particolare da parte dell'autorità
ecclesiastica, a cui spetta di vigilare e dare le opportune
norme per il retto svolgimento delle celebrazioni pontificie».
Il documento, che reca la data del 14 settembre ed è stato
approvato dal Papa, porta la firma del prefetto e del
segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede,
cardinale Joseph Ratzinger e monsignor Tarcisio Bertone. Nel
testo (di cui in questa pagina pubblichiamo integralmente
l'introduzione, il punto 5 «Il carisma di guarigione nel
contesto attuale» e le norme disciplinari conclusive),
senza alcun riferimento a persone o movimenti particolari, si
ricorda che Gesù guariva malati, scacciava i diavoli e
resuscitava i morti ed egli stesso fece «una vera e propria
concessione» agli apostoli «di un potere di guarire dalle
infermità». Per questo «la preghiera che implora il riacquisto
della salute è presente in ogni epoca della Chiesa», mentre
«ciò che costituisce un fenomeno per certi versi nuovo è il
moltiplicarsi di riunioni di preghiera, alle volte congiunte a
celebrazioni liturgiche, con lo scopo di ottenere da Dio la
guarigione». Così, se pregare per guarire è lecito -
«premessa l'accettazione della volontà di Dio, il desiderio
del malato di ottenere la guarigione è buono e profondamente
umano, specie quando si traduce in preghiera fiduciosa rivolta
a Dio» - il problema nasce, e dunque si pongono i relativi
divieti, «in riferimento ad apposite riunioni di preghiera
organizzate al fine di ottenere guarigioni prodigiose tra i
malati partecipanti, oppure preghiere di guarigione al termine
della comunicazione eucaristica con il medesimo scopo».
INTRODUZIONE L'anelito di felicità,
profondamente radicato nel cuore umano, è da sempre
accompagnato dal desiderio di ottenere la liberazione dalla
malattia e di capirne il senso quando se ne fa l'esperienza.
Si tratta di un fenomeno umano, che interessando in un modo o
nell'altro ogni persona, trova nella Chiesa una particolare
risonanza. Infatti la malattia viene da essa compresa come
mezzo di unione con Cristo e di purificazione spirituale e, da
parte di coloro che si trovano di fronte alla persona malata,
come occasione di esercizio della carità. Ma non soltanto
questo, perché la malattia, come altre sofferenze umane,
costituisce un momento privilegiato di preghiera: sia di
richiesta di grazia, per accoglierla con senso di fede e di
accettazione della volontà divina, sia pure di supplica per
ottenere la guarigione. La preghiera che implora il
riacquisto della salute è pertanto una esperienza presente in
ogni epoca della Chiesa, e naturalmente nel momento attuale.
Ciò che però costituisce un fenomeno per certi versi nuovo è
il moltiplicarsi di riunioni di preghiera, alle volte
congiunte a celebrazioni liturgiche, con lo scopo di ottenere
da Dio la guarigione. In diversi casi, non del tutto
sporadici, vi si proclama l'esistenza di avvenute guarigioni,
destando in questo modo delle attese dello stesso fenomeno in
altre simili riunioni. In questo contesto si fa appello, alle
volte, a un preteso carisma di guarigione. Siffatte
riunioni di preghiera per ottenere delle guarigioni pongono
inoltre la questione del loro giusto discernimento sotto il
profilo liturgico, in particolare da parte dell'autorità
ecclesiastica, a cui spetta vigilare e dare le opportune norme
per il retto svolgimento delle celebrazioni liturgiche. È
sembrato pertanto opportuno pubblicare una Istruzione, a norma
del can. 34 del Codice di Diritto Canonico, che serva
soprattutto di aiuto agli Ordinari del luogo affinché meglio
possano guidare i fedeli in questa materia, favorendo ciò che
vi sia di buono e correggendo ciò che sia da evitare (...).
IL «CARISMA DI GUARIGIONE» NEL CONTESTO ATTUALE
Lungo i secoli della storia della Chiesa non sono mancati
santi taumaturghi che hanno operato guarigioni miracolose. Il
fenomeno, pertanto, non era limitato al tempo apostolico;
tuttavia, il cosiddetto «carisma di guarigione» sul quale è
opportuno attualmente fornire alcuni chiarimenti dottrinali
non rientra fra quei fenomeni taumaturgici. La questione si
pone piuttosto in riferimento ad apposite riunioni di
preghiera organizzate al fine di ottenere guarigioni
prodigiose tra i malati partecipanti, oppure preghiere di
guarigione al termine della comunione eucaristica con il
medesimo scopo. Quanto alle guarigioni legate ai
luoghi di preghiera (santuari, presso le reliquie di martiri o
di altri santi, ecc.) anch'esse sono abbondantemente
testimoniate lungo la storia della Chiesa. Esse contribuirono
a popolarizzare, nell'antichità e nel medioevo, i
pellegrinaggi ad alcuni santuari che divennero famosi anche
per questa ragione, come quelli di san Martino di Tours, o la
cattedrale di san Giacomo a Compostela, e tanti altri. Anche
attualmente accade lo stesso, come, ad esempio da più di un
secolo, a Lourdes. Tali guarigioni non implicano però un
«carisma di guarigione», perché non riguardano un eventuale
soggetto di tale carisma, ma occorre tenerne conto nel momento
di valutare dottrinalmente le suddette riunioni di preghiera.
Per quanto riguarda le riunioni di preghiera con lo scopo
di ottenere guarigioni, scopo, se non prevalente, almeno
certamente influente nella loro programmazione, è opportuno
distinguere tra quelle che possono far pensare a un «carisma
di guarigione», vero o apparente che sia, e le altre senza
connessione con tale carisma. Perché possano riguardare un
eventuale carisma occorre che vi emerga come determinante per
l'efficacia della preghiera l'intervento di una o di alcune
persone singole o di una categoria qualificata, ad esempio, i
dirigenti del gruppo che promuove la riunione. Se non c'è
connessione col «carisma di guarigione», ovviamente le
celebrazioni previste nei libri liturgici, se si realizzano
nel rispetto delle norme liturgiche, sono lecite, e spesso
opportune, come è il caso della Messa pro infirmis.
Se non rispettano la normativa liturgica, la legittimità viene
a mancare. Nei santuari sono anche frequenti altre
celebrazioni che di per sé non mirano specificamente ad
impetrare da Dio grazie di guarigioni, ma che nelle intenzioni
degli organizzatori e dei partecipanti hanno come parte
importante della loro finalità l'ottenimento di guarigioni; si
fanno per questa ragione celebrazioni liturgiche (ad esempio,
l'esposizione del Santissimo Sacramento con la benedizione) o
non liturgiche, ma di pietà popolare incoraggiata dalla
Chiesa, come la recita solenne del Rosario. Anche queste
celebrazioni sono legittime, purché non se ne sovverta
l'autentico senso. Ad esempio, non si potrebbe mettere in
primo piano il desiderio di ottenere la guarigione dei malati,
facendo perdere all'esposizione della Santissima Eucaristia la
sua propria finalità; essa infatti «porta i fedeli a
riconoscere in essa la mirabile presenza di Cristo e li invita
all'unione di spirito con lui, unione che trova il suo culmine
nella Comunione sacramentale».(1) Il «carisma
di guarigione» non è attribuibile a una determinata classe di
fedeli. Infatti è ben chiaro che san Paolo, allorché si
riferisce ai diversi carismi in 1 Cor 12, non attribuisce il
dono dei «carismi di guarigione» a un particolare gruppo, sia
quello degli apostoli, o dei profeti, o dei maestri, o di
coloro che governano, o qualunque altro; anzi è un'altra la
logica che ne guida la distribuzione: «tutte queste cose è
l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a
ciascuno come vuole» (1Cor 12,11). Di conseguenza,
nelle riunioni di preghiera organizzate con lo scopo di
impetrare delle guarigioni, sarebbe del tutto arbitrario
attribuire un «carisma di guarigione» ad una categoria di
partecipanti, per esempio, ai dirigenti del gruppo; non resta
che affidarsi alla liberissima volontà dello Spirito Santo, il
quale dona ad alcuni un carisma speciale di guarigione per
manifestare la forza della grazia del Risorto. D'altra parte,
neppure le preghiere più intense ottengono la guarigione di
tutte le malattie. Così san Paolo deve imparare dal Signore
che «ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si
manifesta pienamente nella debolezza» (2Cor 12,9),
e che le sofferenze da sopportare possono avere come senso
quello per cui «io completo nella mia carne ciò che manca ai
patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa»
(Col 1,24).
DISPOSIZIONI DISCIPLINARI
Art. 1 - Ad ogni fedele è lecito elevare a Dio
preghiere per ottenere la guarigione. Quando tuttavia queste
si svolgono in chiesa o in altro luogo sacro, è conveniente
che esse siano guidate da un ministro ordinato. Art. 2
- Le preghiere di guarigione si qualificano come
liturgiche, se sono inserite nei libri liturgici approvati
dalla competente autorità della Chiesa; altrimenti sono non
liturgiche. Art. 3 - § 1. Le preghiere di
guarigione liturgiche si celebrano secondo il rito prescritto
e con le vesti sacre indicate nell'Ordo benedictionis
infirmorum del Rituale
Romanum.(2) § 2. Le Conferenze
Episcopali, in conformità a quanto stabilito nei
Praenotanda, V., De aptationibus quae Conferentiae
Episcoporum competunt, (3) del medesimo
Rituale Romanum, possono compiere gli adattamenti
al rito delle benedizioni degli infermi, ritenuti
pastoralmente opportuni o eventualmente necessari, previa
revisione della Sede Apostolica. Art. 4 - § 1.
Il Vescovo diocesano (4) ha il diritto di emanare
norme per la propria Chiesa particolare sulle celebrazioni
liturgiche di guarigione, a norma del can. 838 § 4. § 2.
Coloro che curano la preparazione di siffatte celebrazioni
liturgiche, devono attenersi nella loro realizzazione a tali
norme. § 3. Il permesso per tenere tali celebrazioni deve
essere esplicito, anche se le organizzano o vi partecipano
vescovi o cardinali. Stante una giusta e proporzionata causa,
il vescovo diocesano ha il diritto di porre il divieto ad un
altro vescovo. Art. 5 - § 1. Le preghiere di
guarigione non liturgiche si realizzano con modalità distinte
dalle celebrazioni liturgiche, come incontri di preghiera o
lettura della Parola di Dio, ferma restando la vigilanza
dell'Ordinario del luogo a norma del can. 839 § 2. § 2. Si
eviti accuratamente di confondere queste libere preghiere non
liturgiche con le celebrazioni liturgiche propriamente dette.
§ 3. È necessario inoltre che nel loro svolgimento non si
pervenga, soprattutto da parte di coloro che le guidano, a
forme simili all'isterismo, all'artificiosità, alla teatralità
o al sensazionalismo. Art. 6 - L'uso degli
strumenti di comunicazione sociale, in particolare della
televisione, mentre si svolgono le preghiere di guarigione,
liturgiche e non liturgiche, è sottoposto alla vigilanza del
vescovo diocesano in conformità al disposto del can. 823, e
delle norme stabilite dalla Congregazione per la Dottrina
della Fede nell'Istruzione del 30 marzo 1992.(5)
Art. 7 - § 1. Fermo restando quanto sopra
disposto nell'art. 3 e fatte salve le funzioni per gli infermi
previste nei libri liturgici, nella celebrazione della
Santissima Eucaristia, dei Sacramenti e della Liturgia delle
Ore non si devono introdurre preghiere di guarigione,
liturgiche e non liturgiche. § 2. Durante le celebrazioni,
di cui nel § 1, è data la possibilità di inserire speciali
intenzioni di preghiera per la guarigione degli infermi nella
preghiera universale o «dei fedeli», quando questa è in esse
prevista. Art. 8 - § 1. Il ministero
dell'esorcismo deve essere esercitato in stretta dipendenza
con il vescovo diocesano, a norma del can. 1172, della
Lettera della Congregazione per la Dottrina della
Fede del 29 settembre 1985 (6) e del Rituale
Romanum. (7) § 2. Le preghiere di
esorcismo, contenute nel Rituale Romanum, devono
restare distinte dalle celebrazioni di guarigione, liturgiche
e non liturgiche. § 3. È assolutamente vietato inserire
tali preghiere di esorcismo nella celebrazione della Santa
Messa, dei Sacramenti e della Liturgia delle Ore. Art.
9 - Coloro che guidano le celebrazioni di guarigione,
liturgiche e non liturgiche, si sforzino di mantenere un clima
di serena devozione nell'assemblea e usino la necessaria
prudenza se avvengono guarigioni tra gli astanti; terminata la
celebrazione, potranno raccogliere con semplicità e
accuratezza eventuali testimonianze e sottoporre il fatto alla
competente autorità ecclesiastica. Art. 10 -
L'intervento d'autorità del vescovo diocesano si rende
doveroso e necessario quando si verifichino abusi nelle
celebrazioni di guarigione, liturgiche e non liturgiche, nel
caso di evidente scandalo per la comunità dei fedeli, oppure
quando vi siano gravi inosservanze delle norme liturgiche e
disciplinari.
Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II,
nel corso dell'Udienza accordata al sottoscritto Prefetto, ha
approvato la presente Istruzione, decisa nella riunione
ordinaria di questa Congregazione, e ne ha ordinato la
pubblicazione. Roma, dalla sede della
Congregazione per la Dottrina della Fede, 14 settembre 2000,
festa dell'Esaltazione della Santa Croce.
+ Joseph
Card. Ratzinger, Prefetto + Tarcisio Bertone, S.D.B.,
Arciv. emerito di Vercelli, Segretario
NOTE
1. Rituale Romanum, Ex Decreto Sacrosancti
Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum, Auctoritate Pauli
PP. VI promulgatum, De Sacra Communione et de Cultu
Mysterii Eucharistici Extra Missam, Editio typica,
Typis Polyglottis Vaticanis, MCMLXXIII, n.82 2.
Cfr. Rituale Romanum, De Benedictionibus,
nn.290-320 3. Ibid., n.39 4. E i
suoi equiparati, in forza del can. 381, § 2 5.
Cfr. Congregazione per la dottrina della fede,
Istruzione circa alcuni aspetti dell'uso degli strumenti di
comunicazione sociale nella promozione della dottrina della
fede, 30 marzo 1992, Libreria editrice vaticana, Città del
Vaticano 1992 6. Cfr. Congregatio pro
doctrina fidei, Epistula Inde ab aliquot
annis, Ordinariis locorum missa: in mentem normae
vigentis de exorcismis revocantur, 29 septembris 1985, AAS 77
(1985), pp. 1169-1170 7. Cfr. Rituale
Romanum, Ex Decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii
Vaticani II instauratum, Auctoritate Ioannis Pauli II
promulgatum, De Exorcismis et Supplicationibus
quibusdam, Editio typica, Typis Vaticanis MIM,
Praenotanda, nn. 13-19 |
Salvatore Mazza
|
| |
|
| |