SERVITE IL SIGNORE NELLA GIOIA
Giovanna Lucca
Dedicato ai giovani.
Chiamati a servire Cristo attraverso i giovani e a servirlo con gioia. ... l'invito rivolto a quanti, nell'ambito del RnS, sono a contatto con la realtà giovanile. Ma per un cristiano che cosa significa servire? E che cos'è la gioia, da dove scaturisce? Sono alcuni interrogativi ai quali - prendendo spunto dalla Parola di Dio - risponde Giovanna Lucca, membro del CNS e responsabile nazionale del ministero giovani.
Oggi
i giovani vivono in una società complessa e complicata, hanno di fronte una
molteplicità di stili di vita possibili e plausibili. In tale contesto siamo
chiamati ad offrire, a comunicare ad essi un progetto di vita, ad essere figure
di riferimento che portano a Cristo, ad assumere il ruolo di “orientare” (un
po’ come la stella polare). Il RnS deve potersi proporre ai propri giovani
quasi come un’agenzia educativa promossa dallo Spirito Santo che “fa nuove
tutte le cose” senza fare cose nuove. Non abbiamo bisogno di inventare chissà
quali strategie per conquistare il mondo giovanile, dobbiamo accogliere la luce
di Cristo, ascoltare la sua voce per comprendere le reali necessità, i bisogni,
i disagi del mondo giovanile e quindi agire gettando le reti sulla parola di
Dio. Le strategie che useremo avranno l’effetto desiderato se noi, per primi,
comprendiamo che la nostra è una chiamata a servire Cristo attraverso i
giovani, a servirlo con lo stile che lui ci ha insegnato cioè con la gioia e
nella gioia. Quante volte abbiamo proclamato che “la gioia del Signore è la
nostra forza”? ... il carisma che ci contraddistingue, è il frutto maturo
dello Spirito da offrire a tanti giovani assetati di amore, assetati di bene, di
serenità, di gioia.
Ma potrebbe esserci una tentazione: quella di fare di
tutto per “essere all’altezza” della situazione, di manifestare le proprie
capacità manageriali, di pensare di “valere” o di “incidere” in base
alle nostre doti o ad uno sfrenato attivismo... Invece è importante servire con
gioia, con l’affidamento e l’abbandono totale nel Signore. Dovremo anche
vigilare perché il nostro servire gli altri non diventi un “servirsi degli
altri”. Il servirsi degli altri è principio di reciproca schiavitù mentre
servire gli altri nella gioia è liberazione: il primo aspetto è espressione di
egoismo, il secondo di amore. Nel servizio l’uomo diventa se stesso e rivela
Dio di cui è immagine e somiglianza. Con la parola “servire” intendiamo
l’amore fraterno concreto «non a parole né con la lingua, ma con i fatti e
nella verità» (1 Gv 3, 18). ... la caratteristica specifica e fondamentale di
Gesù, lasciata in eredità ai suoi discepoli. La vita di Gesù è amore e
servizio e nel servizio gioioso l’uomo viene assimilato a Dio nella sequela di
Cristo.
Che
cosa ha fatto Gesù?
Nel Vangelo di Marco 10, 45 leggiamo che «Il Figlio dell’uomo infatti non è
venuto per essere servito ma per servire e offrire la propria vita in riscatto
per molti». Come Gesù ha realizzato ciò? Troviamo la risposta al capitolo 2
della Lettera ai Filippesi: «Cristo Gesù pur essendo di natura divina non
considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio ma spogliò se stesso
assumendo la condizione di servo». E nell’ultima cena, Gesù sapendo che il
Padre gli aveva dato tutto nelle sue mani depose le vesti e cominciò a lavare i
piedi ai suoi discepoli (Gv 13, 3-4). Gesù non usa il suo potere ma «apparso
in forma umana umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla
morte di croce» (Fil 2, 7-8). Questo è stato il gesto grandioso di Gesù, il
suo servizio all’umanità: l’obbedienza al Padre e al suo progetto di
salvezza.
Abbiamo parlato di spoliazione, di umiliazione, di un cammino
di discesa con Gesù fino alla condizione di servi... E allora potremmo
chiederci: dove sta la gioia del servizio? Eppure la parola non mente. Gesù
quando parla della gioia non si riferisce a qualcosa di effimero, passeggero,
una gioia legata a realtà che svaniscono, ma di una realtà che gli appartiene
e che vuole sia nostra. «Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e
la vostra gioia sia piena» (Gv 15, 11) perciò la gioia non è un ornamento
della vita cristiana ma un elemento essenziale. «Dico queste cose mentre sono
ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia» (Gv
17, 13). La pienezza della gioia che nessuno potrà toglierci è la promessa di
Gesù, una gioia sovrabbondante che dovrebbe caratterizzare ciascuno di noi e la
comunità cristiana.
Una gioia intensa non solo in termini di entusiasmo,
allegria, ma una gioia carismatica, frutto dello Spirito Santo. Quella gioia che
resterà sempre uno dei paradossi più forti del cristianesimo. Gesù da un lato
predice l’ostilità del mondo e le persecuzioni, dall’altro parla di
trasformazione in una gioia che nessuno potrà toglierci.
Dove
sta la gioia?
La radice della gioia sta su quel monte insanguinato dove si diceva «tutto è
finito», dove era stato crocifisso l’Uomo nel quale gli apostoli avevano
riposto tutte le loro speranze. Ma proprio mentre quell’uomo-Dio moriva, dal
suo sangue germogliava la gioia. ... la gioia per la vittoria della vita sulla
morte, non per un motivo qualunque: il nostro Re ha voluto toccare il dolore -
anche quello della morte - per renderlo prova d’amore e impreziosirlo con il
suo. La gioia scaturisce proprio dal capire il rapporto stretto tra l’amore
purificato dal dolore e la pienezza del Regno di Dio. Partecipare alla croce di
Gesù è partecipare alla sua redenzione dell’umanità; il servizio è vero,
autentico, gioioso non perché compiamo grandi imprese ma perché ho imparato ad
abbassarmi, ad umiliarmi, a farmi “uno” con colui che “mi ha tanto amato
da dare se stesso per me”. La croce dunque autentica la mia gioia vera, gioia
che non dovrebbe mai venir meno perché essendo Cristo la sorgente, questa è
inesauribile. Benediciamo il Signore quando la nostra gioia si è spenta perché
ciò ci fa capire che non avevamo riposto la nostra fiducia e la nostra gioia
nelle cose vere, in ciò che conta, bensì in cose o persone false che poi ci
hanno deluso. Dio non delude.
Quando gli apostoli furono bastonati e arrestati perché
parlavano di Gesù «se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati
oltraggiati per amore del nome di Gesù» (At 5, 41). Si è lieti quando si
serve per amore. Allora è anche decisivo sapere quale padrone si serve, a chi
ci si affida perché il Regno della gioia si sviluppi e cresca e diventi un
grande albero alla cui ombra possano trovare ospitalità, si riposino e
gioiscano tanti giovani in ricerca.
Gesù ha detto: «Ti benedico, o Padre, perché hai tenuto
nascoste queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli» (cf Mt 11, 25).
- A quale categoria di persone apparteniamo?
Ai sapienti, agli intelligenti o ai piccoli?
- A quale cattedra ci accostiamo?
Alla croce o alla televisione?
- La nostra relazione con Dio è fiduciosa? Da che cosa è originata?
Forse dal bisogno, dalla necessità (desideriamo qualcosa, vogliamo perseguire
un progetto, abbiamo bisogno di aiuto), oppure dalla prudenza (valutiamo con
realismo le nostre forze, ci sentiamo inadeguati pertanto chiediamo aiuto...),
dalla sfida (desideriamo mettere alla prova Dio) oppure dall’amore: amiamo
semplicemente il Signore e ci sentiamo amati e sorretti da lui, ricorriamo a lui
perché abbiamo imparato a conoscerlo, quindi a confidare, a lasciarci guidare.
Imploriamo dunque il dono della sua luce per servire sempre
meglio e sempre di più con la gioia di sentirci davvero salvati (Sal 51).
Intraprendiamo dunque questo servizio ai giovani facendo
fiorire nel cuore e nelle labbra la gioia tipica del figlio che sa di essere
figlio, che parla e ama da figlio, sotto lo sguardo di un Dio riconosciuto ai
piedi della croce come l’unica vera fonte della gioia.