3 GIORNI FORMAZIONE ANIMATORI  
di Sebastiano Fascetta

                                Capaci, 30 marzo-1 aprile 2001

L’indirizzo regionale del CRS, per questo nuovo triennio, approvato  dal CR, che avrò modo di  presentarvi, tiene conto del lavoro svolto nel precedente triennio e degli indirizzi del CNS presentati in occasione dell’incontro tenuto a Fiuggi aperto a tutti i Comitati Regionali di servizio.

Prima di entrare in merito al nostro argomento, risulta necessario ricordare che la vita nello Spirito è una realtà sempre in divenire, che esige un attento e vigilante discernimento (I Tess 5,19)  in modo da poter  individuare  tutte quelle diverse forme e modalità di vita comunitaria, pastorale e ministeriale atte a favorire una costante crescita umana, spirituale e carismatica.

Non sono le strutture pastorali né le modalità ministeriali che qualificano l’esperienza spirituale, ma esattamente il contrario. Di conseguenza se realmente camminiamo secondo lo Spirito, ci lasciamo guidare dallo Spirito e viviamo dello Spirito (cfr Gal 5,15) dobbiamo, soprattutto in qualità di animatori, assumere con sano e lungimirante spirito critico su tutto ciò che, all’interno del RnS, si configura come realtà rigida ed istituzionalizzata, che mortifica o si oppone all’azione libera e sorprendente dello Spirito.

Per non  cedere alla tentazione dello strutturalismo che non lascia spazio allo stupore, all’azione creativa dello Spirito che fa nuove tutte le cose (cf. Ap 21,5), dobbiamo tener conto di tre attività proprie dello Spirito, che riguardano non solo  la vita di ogni battezzato ma  in   particolare  coloro che sono chiamati a svolgere un’autorità pastorale di servizio nel  RnS:

1 . Il discernimento spirituale

Il discernimento spirituale è uno dei compiti fondamentali ed insostituibile dell’animatore chiamato a  giudicare ed  esaminare ogni cosa (cfr I Cor 2,13, I Tess 5,17), secondo il cuore, lo sguardo di Dio.  Il discernimento spirituale è la dimensione intermedia tra la preghiera e la missione, tra la “visione” e le scelte operative da individuare per la crescita comunitaria. Senza discernimento non è possibile poter camminare secondo lo Spirito di Dio.

Tra i mutamenti operati dallo Spirito nel cuore di coloro sono sottomessi alla Signoria di Dio, vi è quello  dello sguardo interiore1 che permette di vedere l’invisibile nel visibile (cfr I Cor 2,9), di riconoscere in ogni circostanza i segni della presenza e della volontà di Dio2. Si tratta del dono “ dell’occhio interiore”3 che consente  di riconoscere i movimenti dello Spirito nel proprio cuore e all’interno della vita comunitaria.  

1 La vita spirituale,A. Louf pag 18

2 Radicalità evangelica.., G.Bellia

La vita spiriutale, pag 169

Lo sguardo interiore esige un continuo cammino di purificazione contro ogni forma di cecità determinata dal peccato e dall’incredulità, che impedisce  di riconoscere e distinguere i “segni dei tempi” ( Mt 16,4): " Se tu  ritornerai a me ( ti convertirai), io ti riprenderò e starai alla mia presenza; se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile sarai come la mia bocca" ( Ger 15,19).

Il discernimento “pastorale” consiste nel distinguere ciò che è prezioso per l’edificazione della comunità da tutto ciò che invece mortifica la vita comunitaria. Il riconoscimento dei “segni dei tempi” non è operazione facile proprio perché si tratta di riconoscere la presenza di Dio, non nei segni eclatanti o straordinari ma in quelli piccoli e semplici.

Si tratta infatti di discernere la presenza di Dio :

-        non tanto nel vento impetuoso, né nel terremoto o nel fuoco, ma in una “voce di silenzio” ( I Re 19,14);

-        nella debolezza, nella povertà, nella piccolezza

-        nelle tribolazioni , persecuzioni  sofferte per amore di Cristo.

Il famoso brano di Geremia 3,14, frequentemente citato in occasione dei rinnovi degli organi pastorali, " vi darò pastori secondo il mio cuore", riporta anche le qualità del pastore: " i quali vi guideranno con scienza ed intelligenza", che implicitamente rimandano al discernimento, da considerare come dono  elargito direttamente da Dio : "Egli concede a chi gli è gradito sapienza, scienza" ( Qo 2,26) da custodire e sviluppare attraverso un cammino di preghiera e di ascolto della Parola di Dio.Il discernimento è un carisma (I Cor 12,10), si può infatti parlare di una “sorta di istinto spirituale, con cui stimare i veri valori” 3, ma è anche un arte da affinare costantemente. L’uomo maturo, infatti, è colui che ha le "facoltà esercitate a distinguere il buono dal cattivo" ( Ebr 5,14).

Principio di ogni discernimento(sapienza) è il timore del Signore ( Sir 1,12.14.18), da intendere come relazione comunionale con Dio  fondata  sul riconoscimento della sua Santità e della sua misericordia che continuamente ci purifica dai nostri peccati.

Tra le condizioni fondamentali che ci dispongono al discernimento, un posto privilegiato occupata l’umiltà, lo svuotamento del cuore, che consiste nel diffidare delle  proprie forze confidando nel Signore, presentandoci a Lui  come chi non sa cosa fare: "noi non sappiamo che cosa fare; perciò i nostri occhi sono rivolti a te" (2 Cr 20,12).

Risulta inoltre, necessario, l’ascolto del fratello, di coloro che hanno le facoltà esercitate. Come  il giovane Samuele abbiamo bisogno dell’anziano Eli che ci introduce nell’ascolto della voce del Signore (I Sam 3).

3 Discernere oggi pag.25

IL discernimento “pastorale” è un discernimento da vivere collegialmente all’interno dei vari organi di servizio , attraverso la concordia fraterna, la ricerca unanime della volontà del Signore, chiedendo incessantemente al Signore di essere in "perfetta unione di pensiero e d’intenti" e di essere tutti "unanimi nel parlare" ( I Cor 1,10) .

  2 La Parola di Dio

E’ importante ribadire il primato della Parola di Dio non solo per la crescita personale e comunitaria, ma per poter  rettamente, secondo la volontà di Dio, esercitare il carisma “pastorale”. Senza una vita costruita sull’ascolto della Parola di Dio, senza una prassi sapienziale c’è il rischio concreto di essere guide cieche , incapaci di indicare al popolo affidato la volontà di Dio.

La Scrittura svolge un compito fondamentale ed insostituibile in vista del discernimento, poiché rivela, comunica i pensieri di Dio. L’uomo spirituale giudica tutto secondo lo Spirito perché possiede il  pensiero di Cristo (cf I Cor 3,15-16).

 Ogni animatore come Salomone deve chiedere insistentemente un “cuore ascoltante (docile)” ( I Re 3,8):

"Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere (discernere) il bene dal male, perché chi potrebbe governare questo popolo così numeroso?".

L’assiduità alle Scritture educa e forma il cuore del credente a riconoscere “in ogni circostanza i segni della volontà di Dio” (cf. 2 Tm 3,16).

La Parola di Dio accolta da un cuore "buono e perfetto" ( Lc 8,15), illumina l’esistenza, aiuta ad interpretare il vissuto personale e comunitario con sapienza, apre verso nuovi orizzonti , è "utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia" ( 2 Tm 3,17) ,perché tutta la comunità cresca "ben compaginata e connessa" (cf. Ef 4,16)

La funzione pastorale d’indirizzo, di comunicazione della visione profetica che orienta la comunità verso un cammino graduale di conoscenza dell’amore di Dio, dipende dalla capacità di ascolto della Parola di Dio.

Secondo lo schema che ritroviamo in Esodo 14,1:

 Dio parla, Mosè ascolta e riferisce al popolo che a sua volta si muove dall’accampamento verso    una nuova tappa, ugualmente il pastorale in ascolto della Parola di Dio comunica alla comunità di volta in volta le tappe necessarie per progredire nel cammino di santità.

La funzione profetica che il pastorale è chiamato a svolgere dipende dalla reale conoscenza della comunità, dei fratelli e delle sorelle. Per un efficace discernimento è necessario  ascoltare la Parola di Dio non solo attraverso le Scritture ma anche  attraverso l’ascolto dei fratelli e delle sorelle.  A tal proposito il Santo Padre nella lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, cita due testi particolarmente significativi:

 

"Spesso a uno più giovane il Signore ispira un parere migliore" ( San Benedetto); "Pendiamo dalla bocca di tutti i fedeli, perché in ogni fedele soffia lo Spirito di Dio" ( San Paolino di Nola).

 

Dobbiamo renderci conto, come diceva Bonhoeffer, che chi "non sa ascoltare il fratello, prima o poi non sarà più nemmeno capace di ascoltare Dio, anche al cospetto di Dio non farà che parlare. Chi pensa che il proprio tempo  sia troppo  prezioso perché sia speso nell’ascolto degli latri, non avrà mai veramente tempo per Dio e per il fratello, ma lo riserverà per le proprie parole e i propri  progetti"4

Il profeta, secondo il libro del Deuteronomio: è un fratello "in mezzo ai loro fratelli" (Deut 18,18),  è colui che parla di Dio restando fratello “proprio perché  Dio nella sua parola cerca la comunione con l’uomo.” La Parola è profetica se  è finalizzata a diventare comunione con i fratelli .5

Il primato della Parola di Dio e dell’ascolto dei fratelli da parte del pastorale è il modo con cui si costruisce la comunione e si edifica la comunità nella carità.

  3. La preghiera

Dice il Santo Padre , nella Novo Millennio Ineunte:

"Per questa pedagogia della santità c’è bisogno di un cristianesimo che si distingua innanzitutto nell’arte della preghiera….Ma sappiamo bene che anche la preghiera non va data per scontata. E’ necessario imparare a pregare, quasi apprendendo sempre nuovamente quest’arte dalle labbra stesse del Maestro divino, come i primi discepoli: Signore, insegnaci a pregare ( Lc 11,1)" (Nmi n.32).

Afferma ancora Bonhoeffer:

"Il nostro essere cristiani oggi ( il nostro essere responsabili, animatori) consisterà solo in due cose: nel pregare e nell’operare ciò che è giusto tra gli uomini. Il pensare, il parlare e l’organizzare, per ciò che riguarda le realtà del cristianesimo, dovranno nascere da questo pregare e operare"6

Ogni decisione, indirizzo, programmazione, discernimento deve nascere dalla preghiera personale e comunitaria, come tempo di lode, di ascolto, di adorazione. L’autentica esperienza di preghiera non distoglie dall’impegno nella storia, non ha nulla a che vedere con il quietismo, ma rinvia all’azione, all’impegno.  Preghiera e servizio, preghiera ed azione sono gli atteggiamenti fondamentali degli animatori. Qualche volta invece si nota poca preghiera, un bel po’ di azione e molta agitazione.

4 Vita comune pag.75

5 La profezia, Parola Spirito e Vita n.41, pag34

6 Resistenza pag 370

 

 A tal proposito dice il Siracide:

"la sapienza dello scriba si deve alle sue ore di quiete" ( Sir 38,24)  
"
Di buon mattino rivolge il cuore al Signore, che  lo creato,  
prega davanti all’Altissimo,  
apre la bocca alla preghiera, implora per i suoi peccati.

Se questa è la volontà del Signore grande,  
egli sarà ricolmato di spirito di intelligenza,  
come pioggia effonderà parole di sapienza,  
nella preghiera renderà lode al Signore" ( Sir 39,5-6)

Non dobbiamo inoltre dimenticare che propria la preghiera di lode purifica il nostro cuore da una visione egocentrica e ci immette in una  nuova comprensione Cristocentica degli eventi.

La lode è il fondamento del discernimento nello Spirito santo perché apre il cuore a Dio, al rendimento di grazie , all’amore di Dio effuso dai nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo,  che ci libera da ogni peso o pregiudizio e ci immette nel dinamismo Eucaristico del Figlio che dona la vita per amore e nella libertà.  Non dobbiamo trascurare ,inoltre, il canto in lingue come esperienza di vero abbandono al Padre.

Un’autore ortodosso definisce in questa maniera il canto in lingue:

" viene meno il peccato della fiducia in noi stessi e subentra al suo posto la disponibilità a lasciare che Dio agisca dentro di noi"

Solo se i membri di ciascun organo  pastorale saranno uniti nell’amore di Dio, purificati e ravvivati dalla lode,  saranno “pastori” secondo il cuore di Dio.

VISIONE REGIONALE

La novità della visione regionale, consiste nel ridare valore al ruolo pastorale e nel riformulare la funzione ministeriale.

I Livelli pastorali presenti in regione sono tre:

Comitato Regionale e Consiglio Regionale

Pastorale Diocesano e Consiglio Diocesano

         Consiglio Pastorale di gruppo

 

RICORDIAMO BREVEMENTE LA FUNZIONE PASTORALE DI CIASCUN LIVELLO:

Comitato Regionale di Servizio:

I membri del   CRS rivestono  una responsabilità pastorale in solido su tutte le attività ministeriali attraverso cui si esplicita la “visione” del cammino di formazione regionale e di guida ed indirizzo profetico dei gruppi . 

Pastorale Diocesano di Servizio

I membri del pastorale diocesano hanno una responsabilità in solido con il CRS, assumono la visione del CRS e si impegnano a  realizzarla favorendo   la crescita e la diffusione della grazia del RnS , mediante un lavoro di armonizzazione tra la visione e gli indirizzi del CRS e CR e i cammini particolari di ciascun gruppo.

 

Consiglio Pastorale di Gruppo

I membri del Consiglio Pastorale, garantiscono e promuovono l’identità del Rns in armonia agli indirizzi Nazionali, Regionali e diocesani, ponendo sempre particolare attenzione alla concreta realtà del gruppo ed esercitando un proficuo accompagnamento spirituale in particolar modo verso i più bisognosi.

 

VISIONE MINISTERIALE

 

LIVELLO REGIONALE

I membri di CRS per meglio specificare la peculiare funzione pastorale,  non si identificano  con le attività ministeriali , anche se conservano  una funzione di presidenza, di verifica e di raccordo tra l’organizzazione regionale del Ministero, la visione in esso espressa e il lavoro delle Diocesi, in qualità di referenti.

La novità sostanziale consiste nell’individuazione del  : 

referente, che  è una figura interna al CRS, e del  delegato  che invece è una figura  esterna.

Il ruolo  del referente è quello di far sì che  il delegato ministeriale assuma la visione del Comitato Regionale circa l’organizzazione e conduzione del ministero, mediante  un  diligente servizio di presidenza   e di fraterno “accompagnamento pastorale” all’interno del ministero specifico  . 

La scelta del referente ministeriale, quale  membro del CRS, non è strettamente connessa al carisma specifico, anche se è consigliabile comunque tener conto di eventuale affinità carismatica, in considerazione del fatto che la “visione” da trasmettere al delegato ministeriale non è  quella del singolo referente ma di tutto il CRS.   

Il  delegato ministeriale  viene scelto in funzione del carisma specifico;  differisce da ministero a ministero, e assume una funzione di coordinamento operativo, organizzativo dei momenti formativi in stretta comunione con il CRS nella persona del suo referente.

Il motivo del passaggio da una ministerialità interna al CRS ad una ministerialità esterna , ritengo sia di facile comprensione a tutti, poiché si tratta  di ridare priorità al servizio pastorale vero e proprio. Mentre il passaggio dalla figura del  responsabile di ministero a quella del  delegato ministeriale, potrebbe generare qualche difficoltà nel comprenderne la motivazione.

 Per evitare eventuali fraintendimenti, il passaggio da responsabile a delegato vuole affermare il rapporto di comunione che deve intercorre tra l’organo pastorale e il ministero specifico.  Il delegato infatti non è responsabile in “assoluto” del ministero ( come lo era in passato), semmai è responsabile in “solido” con l’organo pastorale.  Di conseguenza , se in passato il responsabile del ministero operava senza un preliminare confronto ed indirizzo da parte dell’organo pastorale,  adesso il delegato prima di operare deve ricevere mandato dal CRS dopo aver concordato gli indirizzi fondamentali del ministero specifico, secondo la visione pastorale assunta dal CRS.

Per ministero si intende un luogo formativo dove i referenti e i  delegati regionali, i rappresentanti  diocesani e i delegati di  gruppo si incontrano per maturare  e crescere nella  visione comune.

Per equipe regionale ministeriale ha  una operativa ed è  costituita dai  referenti e delegati regionali e dai  rappresentati diocesani.

§        Considerato che le deleghe ministeriali riguardano progetti specifici a breve o lungo termine da sottoporre a periodiche verifiche, gli incarichi di seguito elencati fann\o riferimento all’anno 2001 e sono rinnovabili. Alcuni nominativi pertanto , potrebbero subire successive modifiche.

 

LIVELLO DIOCESANO

Per quanto concerne il livello diocesano, si ritiene opportuno non stabilire un ulteriore livello di responsabilità ministeriale. Il Pastorale Diocesano,  previo discernimento, dovrà preoccuparsi di  indicare al referente e delegato regionale , una o più persone che hanno carismi specifici , da inserire nell’equipe ministeriale appositamente costituita.

Il pastorale diocesano, inoltre,  provvederà secondo  necessità locali a determinare tutte quelle iniziative atte a favorire e promuovere la crescita dei gruppi.

 

LIVELLO DI GRUPPO

 In occasione dell’incontro di Fiuggi organizzato dal CNS,  è stato ribadito un concetto che abbiamo avuto modo di sviluppare in occasione delle nostre tre giorni ministeriali .

           “ Se a livello nazionale o regionale parliamo di ministeri, a livello locale, di gruppo, sarà bene parlare di servizi per…, così che tutto il Gruppo si senta impegnato a pregare, evangelizzare, intercedere, vivere la carità” .

          Il  passaggio da ministeri a servizi, non è un semplice cambiamento  linguistico piuttosto indica il necessario superamento da una prassi statica, istituzionalizzata ed elitaria dell’esercizio carismatico ad una prassi dinamica e comunitaria.

 Si tratta infatti di far “crescere tutta la comunità” senza identificarsi con una “struttura” ma mettendosi a servizio dei fratelli per favorire l’edificazione di comunità carismatiche.

vedi anche  "I fondamenti della vita comunitaria"

 

                                   

               TORNA A CATECHESI