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GIORNI FORMAZIONE ANIMATORI
Capaci, 30 marzo-1 aprile 2001
Prima
di entrare in merito al nostro argomento, risulta necessario ricordare che la
vita nello Spirito è una realtà sempre in divenire, che esige un attento e
vigilante discernimento (I Tess 5,19)
in modo da poter
individuare
tutte quelle diverse forme e modalità di vita comunitaria, pastorale e
ministeriale atte a favorire una costante crescita umana, spirituale e
carismatica.
Non
sono le strutture pastorali né le modalità ministeriali che qualificano
l’esperienza spirituale, ma esattamente il contrario. Di conseguenza se
realmente camminiamo secondo lo Spirito,
ci lasciamo guidare dallo Spirito e viviamo dello Spirito (cfr Gal 5,15)
dobbiamo, soprattutto in qualità di animatori, assumere con sano e lungimirante
spirito critico su tutto ciò che, all’interno del RnS, si configura come
realtà rigida ed istituzionalizzata, che mortifica o si oppone all’azione
libera e sorprendente dello Spirito.
Per non cedere alla tentazione dello strutturalismo che non lascia spazio allo stupore, all’azione creativa dello Spirito che fa nuove tutte le cose (cf. Ap 21,5), dobbiamo tener conto di tre attività proprie dello Spirito, che riguardano non solo la vita di ogni battezzato ma in particolare coloro che sono chiamati a svolgere un’autorità pastorale di servizio nel RnS:
IL
DISCERNIMENTO SPIRITUALE
L’
ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO
LA
PREGHIERA
1
. Il discernimento spirituale
Il
discernimento spirituale è uno dei compiti fondamentali ed insostituibile
dell’animatore chiamato a
giudicare ed
esaminare ogni cosa (cfr I Cor 2,13, I Tess 5,17), secondo il cuore, lo
sguardo di Dio.
Il discernimento spirituale è la dimensione intermedia tra la preghiera
e la missione, tra la “visione” e le scelte operative da individuare per la
crescita comunitaria. Senza discernimento non è possibile poter camminare
secondo lo Spirito di Dio.
Tra
i mutamenti operati dallo
Spirito nel cuore di coloro sono sottomessi alla Signoria di Dio, vi è
quello dello sguardo interiore1
che permette di vedere l’invisibile nel visibile
(cfr I Cor 2,9), di riconoscere in ogni circostanza i segni della
presenza e della volontà di Dio2.
Si tratta del dono “ dell’occhio interiore”3
che consente
di riconoscere i movimenti dello Spirito nel proprio cuore e
all’interno della vita comunitaria.
1
La vita spirituale,A. Louf pag 18
2
Radicalità evangelica.., G.Bellia
La
vita spiriutale, pag 169
Lo
sguardo interiore esige un continuo cammino di purificazione contro ogni forma
di cecità determinata dal peccato e dall’incredulità, che impedisce
di riconoscere e distinguere i “segni dei tempi” ( Mt 16,4): "
Se tu
ritornerai a me ( ti convertirai), io ti riprenderò e starai alla mia
presenza; se saprai distinguere ciò
che è prezioso da ciò che è vile sarai come la mia bocca"
( Ger 15,19).
Il
discernimento “pastorale” consiste nel distinguere ciò che è prezioso per
l’edificazione della comunità da tutto ciò che invece mortifica la vita
comunitaria. Il riconoscimento dei “segni dei tempi” non è operazione
facile proprio perché si tratta di riconoscere la presenza di Dio, non nei
segni eclatanti o straordinari ma in quelli piccoli e semplici.
Si
tratta infatti di discernere la presenza di Dio :
-
non
tanto nel vento impetuoso, né nel terremoto o nel fuoco, ma in una “voce di
silenzio” ( I Re 19,14);
-
nella
debolezza, nella povertà, nella piccolezza
-
nelle
tribolazioni , persecuzioni
sofferte per amore di Cristo.
Il
famoso brano di Geremia 3,14, frequentemente citato in occasione dei rinnovi
degli organi pastorali, " vi darò pastori secondo il mio cuore",
riporta anche le qualità del pastore: " i quali vi guideranno con scienza
ed intelligenza", che implicitamente rimandano al discernimento, da
considerare come dono
elargito direttamente da Dio : "Egli concede a chi gli è gradito
sapienza, scienza" ( Qo 2,26) da custodire e sviluppare attraverso un
cammino di preghiera e di ascolto della Parola di Dio.Il discernimento è un
carisma (I Cor 12,10), si può infatti parlare di una “sorta di istinto
spirituale, con cui stimare i veri valori” 3,
ma è anche un arte da affinare costantemente.
L’uomo maturo, infatti, è colui che ha le "facoltà esercitate a
distinguere il buono dal cattivo" (
Ebr 5,14).
Principio
di ogni discernimento(sapienza) è il timore del Signore ( Sir 1,12.14.18), da
intendere come relazione comunionale con Dio
fondata
sul riconoscimento della sua Santità e della sua misericordia che
continuamente ci purifica dai nostri peccati.
Tra le condizioni fondamentali che ci dispongono al discernimento, un posto privilegiato occupata l’umiltà, lo svuotamento del cuore, che consiste nel diffidare delle proprie forze confidando nel Signore, presentandoci a Lui come chi non sa cosa fare: "noi non sappiamo che cosa fare; perciò i nostri occhi sono rivolti a te" (2 Cr 20,12).
Risulta
inoltre, necessario, l’ascolto del fratello, di coloro che hanno le facoltà
esercitate. Come
il giovane Samuele abbiamo bisogno dell’anziano Eli che ci introduce
nell’ascolto della voce del Signore (I Sam 3).
3 Discernere oggi pag.25
IL
discernimento “pastorale” è un discernimento da vivere collegialmente
all’interno dei vari organi di servizio , attraverso la concordia fraterna, la
ricerca unanime della volontà del Signore, chiedendo incessantemente al Signore
di essere in "perfetta unione di pensiero e d’intenti" e di essere
tutti "unanimi nel parlare" ( I Cor 1,10) .
2 La Parola di Dio
E’
importante ribadire il primato della Parola di Dio non solo per la crescita
personale e comunitaria, ma per poter
rettamente, secondo la volontà di Dio, esercitare il carisma
“pastorale”. Senza una vita costruita sull’ascolto della Parola di Dio,
senza una prassi sapienziale c’è
il rischio concreto di essere guide cieche , incapaci di indicare al popolo
affidato la volontà di Dio.
La
Scrittura svolge un compito fondamentale ed insostituibile in vista del
discernimento, poiché rivela, comunica i pensieri di Dio. L’uomo spirituale
giudica tutto secondo lo Spirito perché possiede il pensiero
di Cristo (cf I Cor 3,15-16).
Ogni
animatore come Salomone deve chiedere insistentemente un “cuore
ascoltante (docile)” ( I Re 3,8):
"Concedi
al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e
sappia distinguere (discernere) il bene dal male, perché chi potrebbe governare
questo popolo così numeroso?".
L’assiduità
alle Scritture educa e forma il cuore del credente a riconoscere “in ogni
circostanza i segni della volontà di Dio” (cf. 2 Tm 3,16).
La
Parola di Dio accolta da un cuore "buono e perfetto" ( Lc 8,15),
illumina l’esistenza, aiuta ad interpretare il vissuto personale e comunitario
con sapienza, apre verso nuovi orizzonti , è "utile per insegnare,
convincere, correggere e formare alla giustizia" ( 2 Tm 3,17) ,perché
tutta la comunità cresca "ben compaginata e connessa" (cf. Ef 4,16)
La
funzione pastorale d’indirizzo, di comunicazione della visione profetica che
orienta la comunità verso un cammino graduale di conoscenza dell’amore di
Dio, dipende dalla capacità di ascolto della Parola di Dio.
Secondo
lo schema che ritroviamo in Esodo 14,1:
Dio
parla, Mosè ascolta e riferisce al popolo che a sua volta si muove
dall’accampamento verso una nuova tappa, ugualmente il
pastorale in ascolto della Parola di Dio comunica alla comunità di volta in
volta le tappe necessarie per progredire nel cammino di santità.
La
funzione profetica che il pastorale è chiamato a svolgere dipende dalla reale
conoscenza della comunità, dei fratelli e delle sorelle. Per un efficace
discernimento è necessario
ascoltare la Parola di Dio non solo attraverso le Scritture ma anche
attraverso l’ascolto dei fratelli e delle sorelle.
A tal proposito il Santo Padre nella lettera apostolica Novo Millennio
Ineunte, cita due testi particolarmente significativi:
"Spesso
a uno più giovane il Signore ispira un parere migliore"
( San Benedetto);
"Pendiamo
dalla bocca di tutti i fedeli, perché in ogni fedele soffia lo Spirito di Dio"
( San Paolino di Nola).
Dobbiamo
renderci conto, come diceva Bonhoeffer, che chi "non
sa ascoltare il fratello, prima o poi non sarà più nemmeno capace di ascoltare
Dio, anche al cospetto di Dio non farà che parlare. Chi pensa che il proprio
tempo sia
troppo prezioso
perché sia speso nell’ascolto degli latri, non avrà mai veramente tempo per
Dio e per il fratello, ma lo riserverà per le proprie parole e i propri
progetti"4
Il profeta, secondo il libro del Deuteronomio: è un fratello "in mezzo ai loro fratelli" (Deut 18,18), è colui che parla di Dio restando fratello “proprio perché Dio nella sua parola cerca la comunione con l’uomo.” La Parola è profetica se è finalizzata a diventare comunione con i fratelli .5
Il
primato della Parola di Dio e dell’ascolto dei fratelli da parte del pastorale
è il modo con cui si costruisce la comunione e si edifica la comunità nella
carità.
3.
La preghiera
Dice
il Santo Padre , nella Novo Millennio
Ineunte:
"Per
questa pedagogia della santità c’è bisogno di un cristianesimo che si
distingua innanzitutto nell’arte
della preghiera….Ma sappiamo bene che anche la preghiera non va data
per scontata. E’ necessario imparare a pregare, quasi apprendendo sempre
nuovamente quest’arte dalle labbra stesse del Maestro divino, come i primi
discepoli: Signore, insegnaci a pregare ( Lc 11,1)"
(Nmi n.32).
Afferma
ancora Bonhoeffer:
"Il
nostro essere cristiani oggi ( il nostro essere responsabili, animatori)
consisterà solo in due cose: nel pregare
e nell’operare ciò che è giusto tra gli uomini. Il pensare, il parlare e
l’organizzare, per ciò che riguarda le realtà del cristianesimo, dovranno
nascere da questo pregare e operare"6
Ogni
decisione, indirizzo, programmazione, discernimento deve nascere dalla preghiera
personale e comunitaria, come tempo di lode, di ascolto, di adorazione.
L’autentica esperienza di preghiera non distoglie dall’impegno nella storia,
non ha nulla a che vedere con il quietismo, ma rinvia all’azione,
all’impegno.
Preghiera e servizio, preghiera ed azione sono gli atteggiamenti
fondamentali degli animatori. Qualche volta invece si nota poca preghiera, un
bel po’ di azione e molta agitazione.
4
Vita comune pag.75
5
La profezia, Parola Spirito e Vita n.41, pag34
6
Resistenza pag 370
A
tal proposito dice il Siracide:
"la
sapienza dello scriba si deve alle sue ore di quiete"
( Sir 38,24)
prega
davanti all’Altissimo,
apre la bocca alla preghiera, implora per i suoi peccati.
Se
questa è la volontà del Signore grande,
egli sarà ricolmato di spirito di intelligenza,
come pioggia effonderà parole di sapienza,
Non
dobbiamo inoltre dimenticare che propria la preghiera di lode purifica il nostro
cuore da una visione egocentrica e ci immette in una
nuova comprensione Cristocentica degli eventi.
La
lode è il fondamento del discernimento nello Spirito santo perché apre il
cuore a Dio, al rendimento di grazie , all’amore di Dio effuso dai nostri
cuori per mezzo dello Spirito Santo,
che ci libera da ogni peso o pregiudizio e ci immette nel dinamismo
Eucaristico del Figlio che dona la vita per amore e nella libertà.
Non dobbiamo trascurare ,inoltre, il canto in lingue come esperienza di
vero abbandono al Padre.
Un’autore
ortodosso definisce in questa maniera il canto in lingue:
"
viene
meno il peccato della fiducia in noi stessi e subentra al suo posto la
disponibilità a lasciare che Dio agisca dentro di noi"
Solo se i membri di ciascun organo pastorale saranno uniti nell’amore di Dio, purificati e ravvivati dalla lode, saranno “pastori” secondo il cuore di Dio.
La novità della visione regionale, consiste nel ridare valore al ruolo pastorale e nel riformulare la funzione ministeriale.
I
Livelli pastorali presenti in regione sono tre:
Comitato
Regionale e Consiglio Regionale
Pastorale
Diocesano e Consiglio Diocesano
RICORDIAMO
BREVEMENTE LA FUNZIONE PASTORALE DI CIASCUN LIVELLO:
Comitato Regionale di Servizio:
I
membri del
CRS rivestono
una responsabilità pastorale in solido su tutte le attività
ministeriali attraverso cui si esplicita la “visione” del cammino di
formazione regionale e di guida ed indirizzo profetico dei gruppi .
Pastorale
Diocesano di Servizio
Consiglio
Pastorale di Gruppo
I
membri del Consiglio Pastorale, garantiscono e promuovono l’identità del Rns
in armonia agli indirizzi Nazionali, Regionali e diocesani, ponendo sempre
particolare attenzione alla concreta realtà del gruppo ed esercitando un
proficuo accompagnamento spirituale in particolar modo verso i più bisognosi.
I
membri di CRS per meglio specificare la peculiare funzione pastorale,
non si identificano
con le attività ministeriali , anche se conservano
una funzione di presidenza, di
verifica e di raccordo tra
l’organizzazione regionale del Ministero, la visione in esso espressa e il
lavoro delle Diocesi, in qualità di referenti.
La
novità sostanziale consiste nell’individuazione del
:
referente,
che
è
una figura interna al CRS, e del
delegato
che invece è una figura
esterna.
Il
ruolo del
referente è quello di
far sì che il
delegato ministeriale assuma
la visione del Comitato Regionale circa l’organizzazione e conduzione del
ministero, mediante
un diligente
servizio di presidenza
e di fraterno “accompagnamento pastorale” all’interno del ministero
specifico .
La
scelta del referente ministeriale, quale
membro del CRS, non è strettamente connessa al carisma specifico, anche
se è consigliabile comunque tener conto di eventuale affinità carismatica, in
considerazione del fatto che la “visione” da trasmettere al delegato
ministeriale non è
quella del singolo referente ma di tutto il CRS.
Il
delegato ministeriale
viene scelto in funzione del carisma specifico;
differisce da ministero a ministero, e assume una funzione di
coordinamento operativo, organizzativo dei momenti formativi in stretta
comunione con il CRS nella persona del suo referente.
Il
motivo del passaggio da una ministerialità interna al CRS ad una ministerialità
esterna , ritengo sia di facile comprensione a tutti, poiché si tratta
di ridare priorità al servizio pastorale vero e proprio. Mentre il
passaggio dalla figura del
responsabile di ministero a quella del
delegato ministeriale, potrebbe generare qualche difficoltà nel
comprenderne la motivazione.
Per
evitare eventuali fraintendimenti, il passaggio da responsabile a delegato vuole
affermare il rapporto di comunione che deve intercorre tra l’organo pastorale
e il ministero specifico.
Il delegato infatti non è responsabile in “assoluto” del ministero (
come lo era in passato), semmai è responsabile in “solido” con l’organo
pastorale. Di
conseguenza , se in passato il responsabile del ministero operava senza un
preliminare confronto ed indirizzo da parte dell’organo pastorale,
adesso il delegato prima di operare deve ricevere mandato dal CRS dopo
aver concordato gli indirizzi fondamentali del ministero specifico, secondo la
visione pastorale assunta dal CRS.
Per ministero si intende un luogo formativo dove i referenti e i delegati regionali, i rappresentanti diocesani e i delegati di gruppo si incontrano per maturare e crescere nella visione comune.
Per equipe regionale ministeriale ha una operativa ed è costituita dai referenti e delegati regionali e dai rappresentati diocesani.
§
Considerato
che le deleghe ministeriali riguardano progetti specifici a breve o lungo
termine da sottoporre a periodiche verifiche, gli
incarichi di seguito elencati fann\o
riferimento all’anno 2001 e sono rinnovabili. Alcuni nominativi pertanto ,
potrebbero subire successive modifiche.
LIVELLO
DIOCESANO
Per
quanto concerne il livello diocesano, si ritiene opportuno non stabilire un
ulteriore livello di responsabilità ministeriale. Il Pastorale Diocesano,
previo discernimento, dovrà preoccuparsi di
indicare al referente e delegato regionale , una o più persone che hanno
carismi specifici , da inserire nell’equipe ministeriale appositamente
costituita.
Il
pastorale diocesano, inoltre,
provvederà secondo
necessità locali a determinare tutte quelle iniziative atte a favorire e
promuovere la crescita dei gruppi.
LIVELLO
DI GRUPPO
In
occasione dell’incontro di Fiuggi organizzato dal CNS,
è stato ribadito un concetto che abbiamo avuto modo di sviluppare in
occasione delle nostre tre giorni ministeriali .
“
Se a livello nazionale o regionale parliamo di ministeri, a livello locale, di
gruppo, sarà bene parlare di servizi
per…, così che tutto il Gruppo si senta impegnato a pregare,
evangelizzare, intercedere, vivere la carità” .
Il
passaggio da ministeri a servizi, non è un semplice cambiamento
linguistico piuttosto indica il necessario superamento da una prassi
statica, istituzionalizzata ed elitaria dell’esercizio carismatico ad una
prassi dinamica e comunitaria.
Si tratta infatti di far “crescere tutta la comunità” senza identificarsi con una “struttura” ma mettendosi a servizio dei fratelli per favorire l’edificazione di comunità carismatiche.
vedi
anche "I
fondamenti della vita comunitaria"