I
MINISTERI NEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO
Salvatore Martinez
Contemperando la necessità di un cammino unitario e le diverse esigenze locali, si sottolinea l'impegno a portare avanti un progetto di formazione che superi la visione del ministero come
"specializzazione carismatica". Nel documento Christifideles laici è già indicata la nostra sfida: superare. il leaderismo carismatico e creare comunità carismatiche, dove i responsabili lavorano per il bene di tutta la comunità, in stretta collaborazione con ogni
membro del gruppo, superando ogni distinzione.
I ministeri ci ricordano una specifica azione che alcuni fratelli compiono a vantaggio della crescita di tutti. Tuttavia non esistono "specializzazioni" nella vita nello Spirito. Sappiamo che triplice è la nostra unzione e proprio in forza di essa dobbiamo crescere nella dignità sacerdotale, regale e profetica.
Per esemplificare: guai a pensare che il ministero della liturgia riguardi pochi eletti, che sono stati formati in modo specifico: noi dobbiamo dare dignità alle liturgie delle nostre comunità, non specializzare qualcuno, ma coinvolgendo tutti, perché tutti imparino a
"concelebrare".
Guardiamo al ministero della famiglia: è uno stato di consacrazione che va ben al di là di un ministero - se così è congeniale chiamarlo - che coinvolga gli sposi che fanno un cammino di fede nel RnS.
"Essere giovane" è uno stato anagrafico, ma può intendere uno stato spirituale, può anche essere uno stato mentale, certamente indica realtà complesse e diversificate.
La funzione ministeriale è in vista della crescita della comunità, non tanto dei singolo, e mira a edificare la comunità stessa mediante la testimonianza di tutti.
Non si tratta di qualcuno che agisce «in nome e per conto» degli altri: è lo Spirito che «opera tutto in tutti» (1 Cor 12, 6b), anche se «a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito» (1 Cor 12, 7).
Nell'ambito dei corsi e delle settimane di formazione ministeriale ho incontrato molti fratelli che sono stati benedetti da Dio, ma sempre con lo stesso fine voluto da Dio: che lo Spirito sia tutto in tutti e che il Regno di Dio sia dilatato.
Non dobbiamo equivocare e credere che lo Spirito agisca in tutti solo per mezzo di qualcuno: una tale comunità non è ancora pienamente carismatica. Spesso i nostri vescovi hanno rimproverato ai carismatici una tale situazione, affermando di sentire come un limite di maturità la presenza di tanti leader carismatici che, però,
non fanno comunione e stentano a sentirsi parte dei medesimo corpo ecclesiale.
Analogamente, adattando questa osservazione alla nostra situazione, potremmo dire di avere tanti ministeri che, però, non sempre, nella comunione, riproducono l'unico corpo.
Questa è la nostra grande. sfida: superare il leaderismo carismatico, che per altro testimonia un'eredità pentecostale, e creare delle
comunità carismatiche, dove, ci sono dei responsabili, delle guide carismatiche, che lavorano per il bene di tutta la comunità, in stretta dipendenza e vicendevole sottomissione.
Allora, attraverso i diversi ministeri, rappresentati nelle settimane di formazione, noi non ci prepariamo a lavorare nella comunità a nome di tutti, ma piuttosto a operare perché tutti si decidano a servire Dio e i fratelli con i doni che Dio ha dato loro.
Desidero sottolineare e ripetere questo concetto: guai a considerare i ministeri come cammini elitari o
autoreferenziali all'interno del corpo, all'interno della comunità. Non dobbiamo mai
assolutizzare un'esperienza, un ministero. una qualsiasi forma di vita comunitaria.
Ogni membro, infatti, merita Massima considerazione nel corpo. Mi commuove sempre la lettura
del brano di san Paolo in cui l'apostolo parla della metafora del corpo, e ci ricorda questa verità «ogni membro è onorato nel corpo» (cf 1 Cor 12, 12-27)
Ogni membro delle nostre comunità, anche quelle persone, che, all'apparenza, sembrano non avere particolari carismi, sono importanti agli occhi ci Dio. Spesso questi fratelli rappresentano 1e grandi calamite di Dio": la loro fede, la loro pietà, la foro povertà, il loro silenzio gravido di preghiere e di sacrificio sono capaci di aprire, le porte dei cielo e meritare benedizioni e
misericordia per tutta la comunità.
Ogni membro, dunque, è una parte imprescindibile del corpo, senza il quale, il corpo stesso, non
è ben compaginato e connesso in ogni sua giuntura» (cf Ef 4, 16).
Ecco allora l'opera dello Spirito che, come direbbe il cardinal Martini, «unifica i diversi,
armonizza i distinti», fa Chiesa, corpo, comunità, rinnovamento.
I carismi distinguono, non dividono. I ministeri individuano un servizio distinto, ma non diviso dalla comunità, dal suo cammino; sono diaconie al servizio dei progetto pastorale della comunità e della Chiesa tutta.
Il CNS ha ritenuto di articolare la formazione in tre tempi; non si tratta di una successione cronologica, di tre
tappe consecutive, bensì di tre aree, di tre. distinti livelli. In tal modo desideriamo indicare tre aspetti
fondamentali dei cammino dei Rinnovamento: la vita carismatica, la vita pastorale e la vita ministeriale.
Vita carísmatica
Vita carismatica, senza la quale non possiamo esistere nella Chiesa. Noi possiamo fare tante cose,
ma la prima cosa per la quale, lo Spirito ci ha suscitati, è richiamare l'attenzione della Chiesa sulla dimensione. carismatica, mediante uomini e donne che siano disponibili a servire la Chiesa mediante una nuova esperienza dello Spirito Sante. Per questo è nato il Rinnovamento e le nostre comunità non sono luoghi appartati, luoghi separati, ma palestre di vita nuova.
E questo aspetto, cioè la dimensione carismatica, l'esperienza dei carismi nell'unica prospettiva ecclesiale, dobbiamo tenerlo sempre vivo nel cuore e nella niente, come riferimento fondamentale per il
nostro cammino.
Vita pastorale
Il progetto pastorale è una proposta di approfondimento dell'esperienza carismatica rivolta proprio ai nostri 'pastorali di servizio" che, in molti casi, non risultano essere adeguati a seguire i fratelli, nel discernimento, nell'accompagnamento spirituale, nella formazione alla vita comunitaria e all'esperienza dei carismi.
Vita mínisteriale
Viene, quindi, la dimensione ministeriale, cioè l'esigenza di inserire nella formazione un'attenzione specifica a quelli che sono i ministeri attraverso cui una comunità cresce. Si tratta di un'area specifica, distinta per ministeri. 1 corsi, quindi, si prefiggono lo scopo di «formare i formatori» perché, su una visione comune, possano sentirsi parte di un progetto ministeriale nazionale.
Ecco, dunque, identificati i tre ambiti, attraverso i quali noi possiamo individuare un cammino di approfondimento per animatori dell'esperienza dei Rinnovamento.
Sentitevi parte di questo progetto. Sentitevi parte di questo cammino che vedrà alcuni fratelli delle vostre comunità impegnati a fare una forte esperienza carismatica, forse mai vissuta in profondità; altri impegnati a riscoprire 1e ragioni" e le "azioni" per un servizio pastorale efficace; infine altri impegnati a farsi guide, modelli, testimoni, in un servizio carismatico-ministeriale.
Parliamo di progetto unitario, seppur con diversità di forme, perché dobbiamo tenere conto, anche in queste giornate, di alcune realtà che non possiamo semplificare. Non possiamo fare una grande reductio ad unum, cioè una semplificazione, una riduzione della grande ricchezza che è nella nostra tradizione nazionale. L'unità, infatti, non è annientamento delle diversità, ma esaltazione di ciò che rende multiforme l'opera dello Spirito in mezzo a noi.
Livelli di crescita
Le nostre Regioni hanno differenti livelli di crescita: posso testimoniarlo come Coordinatore nazionale, avendo avuto
l'occasione di visitarle tutte. I livelli di crescita sono diversi per varie motivazioni: culturali, ambientali, ecclesiali, formative. Di questo, allora, bisogna tenere conto con attenzione.
Livelli di comunione
In secondo luogo abbiamo livelli comunionali diversi all'interno delle diverse Regioni. Ricordiamo che la comunione è tutto nella comunità e se non c'è comunione lo Spirito non opera; se non c'è amore lo Spirito non opera.
Mi colpisce un pensiero di san Fulgenzio che afferma: «Ci possono essere i carismi, ma può non esserci lo Spirito». Anche se Dio ha fiducia in te e ti concede la grazia di lavorare per lui,
concedendoti anche i mezzi spirituali per farlo, spesso nel nostro operato non siamo sotto l'unzione dello Spirito, ma in balia dei nostro io, guidati dalla sapienza umana.
Disponibilità di mezzi
Un altro diverso livello è rappresentato dalla disponibilità di mezzi: sono le risorse
umane ed economiche, gli strumenti operativi di cui ci avvaliamo per portare a buon fine le opere di Dio. Anche sotto questo profilo organizzativo, rimarchevoli sono le differenze di Regione in Regione, a partire dalla consistenza dei cammino.
Disponibilità di carismi
E ancora, non dimentichiamo, i diversi carismi, perché quando Gesù parla dei talenti, ci dice che sono
distribuiti in maniera diversa (cf Mt 25, 14-30). Diversa distribuzione non solo nella quantità, ma anche in riferimento alle persone che li ricevono con caratteristiche umane e spirituali differenti. Sempre lo Spirito, nell'elargire i suoi doni, tende a formare la "personalità carismatica", cioè l'uomo spirituale ben tratteggiato da san Paolo in 1 Cor 2, 1-16.
Auspico che gli animatori tengano conto di tutte queste indicazioni, qui appena enunciate: differenza di livelli di crescita, differenza di comunione, nel tempo e nello spazio, di persone dedicate, di mezzi, di carismi; ma anche di tradizioni geografiche, di costumi, di chiesa locale, di compresenza di altri
movimenti. Ecco perché riassumiamo in uno slogan la verità di tutto questo: progetto unitario (visione) e non uniforme (articolazione).
Carismatici
e spirituali
I carismi, ci dice la Cristifideles laici, hanno tre direzioni: direzione personale, direzione ecclesiale, direzione sociale.
- sono dati per i bisogni dell'uomo (santificazione personale, santificazione dei cristiani, di tutti, non solo di coloro che popolano le nostre comunità);
- concorrono all'edificazione della comunità, come abbiamo già esposto, mirando all'espansione dei Regno di Dio;
- vengono concessi per le necessità dei mondo, perché circoli la salvezza operata dal Vangelo di
Gesù.
Considerando inscindibili queste tre direzioni, una visione ministeriale che si apre a un servizio concreto ed efficace non può non rispondere alla triplice azione a cui lo Spirito ci indirizza.
Un'altra cosa mi preme mettere in evidenza. Quando parliamo del Rinnovamento, volgarmente, siamo denominati "i carismatici"; così come il movimento dei Focolari è detto
"focolarini" e i membri di Comunione e Liberazione sono detti "ciellini".
Carismatici. Non è possibile cogliere in profondità questa definizione senza sottolineare, forse recuperare, biblicamente, la parola che san Paolo utilizza quando parla dei carismi. Nella Prima epistola ai Corinzi noi non troviamo mai usata la parola
charisrnaticos, piuttosto la parola pneumaticos, cioè "uomo
spirituale". Siamo, dunque, chiamati a essere persone spirituali, quindi ad agire, mediante lo Spirito,
carismaticamente nei ministeri ai quali il Signore ci chiama.
Infima Dei sono i carismi secondo i Padri della Chiesa, anche se gli stessi li richiamano quali mirabilia Dei, le grandi meraviglie di Dio che si manifestano attraverso le cose, i segni più piccoli.
L'arma della preghiera
Ogni cosa, dunque, è uno strumento orientato verso un fine più grande, li ministero non è un fine, le nostre comunità non sono un fine, sono invece mezzi per realizzare qualcosa che è ancora più grande, che ci trascende: la
gloria di Dio.
Con quali armi, allora, bisogna lavorare nell'ambito della formazione ministeriale? Con l'arma della preghiera. Mi sembra che si preghi di meno nel Rinnovamento rispetto a un tempo. Forse abbiamo perduto lo stupore per la
preghiera.
Ricordo che quando due amici parlavano di qualcosa, non si lasciavano mai in una situazione in disaccordo, ma dicevano, al sorge.re delle incomprensioni: adesso preghiamo. Quando nella condivisione nasceva qualche difficoltà, non di carattere interpersonale, ma comunque importante per il bene comune, ci si lasciava dicendo: dunque, su cosa dobbiamo pregare?
Pregare allora, perché, nella preghiera riceviamo la visione di ciò che vuole Dio e là potenza per realizzarla. Mediante la preghiera impariamo a
comunicare con gli altri, perché siamo capaci di comunicare con Dio; capaci di essere in comunione tra noi, perché siamo in comunione, con Lui. Questo rapporto
verticale-orizzontale, è la dimensione del nostro
cammino e il segreto dei nostro impegno ministeriale.
Non ci sarà mai vera azione senza conternplazione.
Esperienza
e conoscenza
Se all'esperienza non facciamo seguire l'approfondimento, la conoscenza, la comprensione
profonda di ciò che siamo nelle mani dello Spirito - la ratio, direbbe Giovanni Paolo
II - la nostra fede, la fede delle nostre comunità - è sempre Giovanni Paolo
II a ricordarcelo nel discorso a noi rivolto nell'aprile del 1998 - rimarrà emotiva,
superficiale, non carismatica! Una fede inadeguata non sarà capace di dare risposte, all'uomo di oggi, di allargare gli spazi abitativi (lei nostri gruppi, di rigenerare entusiasmo, di comunicare vita nuova.
E' bene riflettere: non avremo una vera e piena vita comunitaria, una vita fraterna, se pensiamo che l'obiettivo di una esperienza comunitaria sostenuta da una
formazione adeguata si possa raggiungere incontrandosi una sola volta a settimana, magari arrivando in ritardo
all'orario dell'incontro di preghiera, come siamo soliti fare, e "scappando" anzi tempo per ripartire, a Dio piacendo, a distanza di sette giorni.
Il vero modello di gruppo-comunità è, invece, quello di At 2, 42-48. Focalizzati
sulla parola del Signore, sulla preghiera, sulla vita sacramentale, sull'unione fraterna, ritroviamo pienamente quella che è la volontà di Dio
su di noi e sul nostro cammino.
Senza voler parlare per slogan possiamo, però, sintetizzare efficacemente alcuni punti fondamentali fin qui indicati come dimensioni essenziali dei nostro stare insieme e della nostra crescita. Serviranno come linea d'approfondimento personale e comunitario:
- Ministerialità come discepolato.
- Ministerialità come dono di sé agli altri.
- Ministerialità come atto di comunione.
- Ministerialità come processo di discernimento.
- Ministerialità come formazione permanente.
Dal fidanzamento al
matrimonio
Come auspicava il cardinal Suenens nel '74, che possano iniziare per noi "i tempi
del matrimonio".
Il cardinale, intervistato dal teologo René Laurentin, alla domanda «Si rimprovera al movimento di essere disimpegnato», così rispondeva:
«E' certo che in un primo tempo, questa intensa scoperta di Dio e della preghiera, assorbe chi
la fa: è come il periodo di fidanzamento».
All'inizio due fidanzati hanno paura di tutto e di tutti, anche degli stessi genitori, anche degli stessi amici. Si appartano, perché vogliono custodire gelosamente il loro amore. Temono di non essere capiti. Si sentono giudicati, osservati.
E' un modo per sentirsi protetti, per comunicarsi "amore esclusivo", senza condizionamenti.
Forse così è stato anche nella nostra storia, ripensando al cammino di maturità che lo Spirito ci ha fatto compiere nei nostri gruppi,
nelle nostre comunità. Si considerava il gruppo "quasi un luogo appartato", un luogo felice lontano dal
frastuono del mondo, per alcuni addirittura un'esperienza autogratificante. Ma, come diceva ancora il
card Suenens, «poi viene il matrimonio, subentrano impegni diversi, concreti. Ci si apre alla vita e al rapporto con gli altri. Si assumono impegni. Si assumono
responsabilità».
Ora, per il Rinnovamento, è giunto questo tempo. Vogliamo guardare avanti, e mi auguro che prendiate queste mie parole con la passione che non anima soltanto me e il Comitato nazionale, ma anche tutti i membri dei Consiglio nazionale, ai quali il Signore sta chiedendo davvero tanto, in termini di sacrificio e d'impegno.
Guardare al futuro
Vogliamo guardare al futuro. Dobbiamo mirare a creare una generazione di nuovi leader formati, preparati anche a quelle che sono le urgenze della Chiesa e dei mondo, capaci di contagiare d'entusiasmo la vita nuova nello Spirito, di suscitare la gloria di Dio in ogni ambiente. Dobbiamo mostrare alle famiglie cristiane come vivere bene la chiamata alla santità nella famiglia; a ogni cristiano, insegnare a pregare e a evangelizzare perché
«Gesù sia Signore di tutti» (cu At 10, 36).
Questo è il fine del Rinnovamento: che ognuno viva il proprio stato, la propria chiamata secondo lo Spirito.
E c'è bisogno di nuovi leader che ricevano questa eredità.
Davanti a Dio ci sentiamo responsabili di questo deposito, e vogliamo consegnarlo - quando il Signore vorrà, ce lo chiederà, e, per alcuni di noi, questo avverrà presto - ad altri fratelli, perché possano proseguire l'opera di Dio (cf 2 Trn 1, 13-14).
Noi ci fidiamo di voi. Siamo certi che anche voi vi fiderete, dello Spirito, e vi lascerete guidare da lui in questi giorni e
nel cammino futuro che, in comunione cori gli organismi pastorali, ai vari livelli, cercheremo di portare avanti a gloria di Dio: che Dio vi benedica e vi dia tutta la passione per la sua Chiesa e per il Rinnovamento.
Chiediamo a tutti i gruppi di muoversi in questa direzione. Le forme e i tempi, come. abbiamo detto, saranno diversi, ma nell'indirizzo, nella visione unitaria, lavoreremo tutti nella stessa direzione, nella gioia di sapere che siamo davvero una sola grande comunità nazionale, non perché lo dice lo statuto, ma perché lo Spirito lo sta mettendo nei nostri cuori.
Dico amen a nome vostro, a nome dei responsabili, a nome degli anziani che non sono qui presenti, a nome di tutti quelli che hanno riposto fiducia nell'opera di Dio.
Alleluia.
da «Alleluja n° 2/2000 - Edizioni RnS - Roma