LA FUNZIONE DEL SACERDOTE
NEL RINNOVAMENTO
P. Domenico Grasso SJ
La
funzione del sacerdote nel Rinnovamento è, insieme, delicata e indispensabile:
delicata perché può dar luogo a tensioni; indispensabile perché la sua
presenza ed attività in un gruppo, sono indispensabili.
Quali sono le tensioni?
La prima è di carattere "spontaneo". Infatti, da una parte il
Rinnovamento è dovuto all'esperienza dei laici, i quali, perciò, desiderano
avere in esso una funzione preminente, appunto perché iniziatori e in possesso
di un modo proprio di vederlo; dall'altra, invece, esso è un fenomeno
ecclesiale, inserito nella Chiesa. Come tale non può non avervi una parte, e
non delle ultime, il sacerdote, specie nel caso che sia esplicitamente
rappresentante del vescovo, che è il vero responsabile della sua vita e della
sua attività. Basta questa costatazione perché possa profilarsi una certa
tensione tra i laici, specialmente tra quelli facenti parte del Pastorale di
Servizio" e il sacerdote. Qualcuno Potrebbe addirittura dire "tra il
carisma e l'istituzione". Nel nostro caso il carisma è quello dei laici
che hanno dato vita al Rinnovamento mentre l'istituzione è la Gerarchia: in
concreto il sacerdote, il quale, più o meno consapevolmente, cerca di ridurlo
sotto la sua autorità o di "annacquarlo". E' una tensione naturale,
normale, che può sorgere in qualsiasi movimento.
La seconda tensione è più profonda. I laici iniziatori o dirigenti del
Rinnovamento - e lo stesso si potrebbe dire per altri movimenti - non hanno la
formazione teologica e spirituale del sacerdote, il quale ha, dietro a sé, anni
di studi teologici e di vita ascetica che lo mettono in grado di valutare
l'entità di un fenomeno come il Rinnovamento, forse meglio di ciò che possano
fare gli stessi laici "fondatori". Questi, i laici cioè, hanno avuto
un'intuizione, della quale sentono tutta la bellezza, ma della quale forse non
sanno vedere gli aspetti negativi, già messi in luce da analoghi Movimenti
sorti nella Chiesa. Come non c'è nulla di nuovo sotto il sole, così non c'è
nulla di nuovo nella Chiesa. Questo, il sacerdote lo sa meglio dei laico. Di qui
la tensione tra chi vede tutto positivo, e chi invece vede il positivo col
negativo.
La terza tensione sta nel fatto che il Rinnovamento fa leva sullo Spirito Santo
e i suoi carismi. Ora, nulla di più facile, da parte di chi non ha una
sufficiente formazione teologica, di scambiare per ispirazione dello Spirito, o
come suo carisma, quelle che sono soltanto le sue vedute personali, per le quali
si può entusiasmare facilmente. il sacerdote, invece, di queste vedute e di
questi carismi si entusiasma più difficilmente. Egli è portato a valutarli più
criticamente, appunto perché conosce la teologia e la storia della Chiesa, e sa
che la storia ha già vagliato e dimensionato certe vedute, mostrandone gli
aspetti positivi e negativi. £ vero, sì, che lo Spirito Santo spira come e
dove vuole, ma è anche vero che, in venti secoli di esperienza, i maestri di
spirito, come Sant'Ignazio di Loyola, sono riusciti a individuare alcune linee
della sua azione e a distinguerle nettamente da quelle provenienti da altre
forze che non mancano di influire sull'uomo.
Si aggiunge un altro motivo di tensione, anch'esso caratteristico del
Rinnovamento. Ed è che questo, almeno ai suoi inizi, ha subìto un certo
influsso protestante. In ciò nulla di male, perché sappiamo d'aver a che
imparare dai nostri "fratelli separati". E però anche vero che noi
cattolici non possiamo accettare certe posizioni del pentecostalismo
protestante. Così, per fare un esempio molto concreto, noi non siamo portati a
credere troppo facilmente alla possessione diabolica, come invece fanno loro. E
dobbiamo riconoscere che non siamo ancora riusciti a eliminare dal Rinnovamento
Cattolico almeno alcune risonanze di quell'influsso. Ordinariamente il sacerdote
"più facilmente dei laico", vede questi elementi protestanti. Quando
si pensa a ciò che la Chiesa insegna sulla possessione, alla prudenza con la
quale procede nei casi sospettati di ossessione diabolica e alla prudenza
nell'affermare la miracolosità di certi fatti e, invece, alla facilità con la
quale certi nostri "responsabili" vedono il diavolo dovunque e fanno
miracoli tutti i giorni, si può immaginare la tensione che può sorgere tra
loro e il sacerdote. Questi deve spesso sentirsi dire di non credere nei
carismi, mentre in realtà non crede a certe esagerazioni.
Se mi è lecito fare un paragone direi che l'atteggiamento del sacerdote
rispetto al Rinnovamento, è simile, in qualche modo, a quello stesso di San
Paolo rispetto ai carismatici di Corinto. Indubbiamente, l'Apostolo credeva nei
carismi e li stimava come doni dello Spirito alla Chiesa, ma non condivideva il
troppo entusiasmo che, almeno alcuni cristiani di quella comunità, avevano per
certi carismi e specialmente il fatto che erano portati a dimenticare che essi
non erano fini a se stessi.
Alcuni esegeti si chiedono perché San Paolo, nella Prima lettera ai Corinzi, al
capitolo 12, dandoci un elenco non ordinato dei carismi che lo Spirito concede
alla comunità, un elenco cioé spontaneo, così come gli viene, senza molto
pensarci su, ma appunto per questo più significativo, metta al primo posto i
carismi della sapienza, della scienza e della fede (cfr. 1 Cor 12,8-9), e solo
dopo quelli più "appariscenti" e delle guarigioni, dei miracoli,
delle lingue, ecc. In questo fatto, gli esegeti vedono una punta polemica di San
Paolo contro il modo di pensare dei Corinzi e cioè contro il criterio che
avevano nel valutare l'importanza dei carismi. 1 cristiani di Corinto
privilegiavano il dono delle lingue, della profezia e delle guarigioni, e non si
curavano, o non si curavano abbastanza, degli altri doni forse più importanti.
Può darsi che i Corinzi lo facessero perché il loro criterio di valutazione
era il gusto personale o la spettacolarità del carisma. Paolo invece, nega la
validità di questo criterio, ed afferma che l'importanza di un carisma va
valutata dal contributo che porta all'edificazione della Chiesa.
Evidentemente, la polemica di San Paolo con i Corinzi suppone in lui una
conoscenza della Chiesa e delle funzioni che contribuiscono alla sua
edificazione, più profonda di quella posseduta dai suoi corrispondenti. Oggi
diremmo: una formazione teologica e spirituale che i cristiani del suo tempo non
avevano ancora.
E il caso del sacerdote che lavora nel RinnovaMento, una realtà almeno in
qualche modo nuova, ma che egli giudica in base a una conoscenza della Chiesa
che di solito può mancare ai laici, anche se iniziatori e dirigenti di gruppi.
In concreto. Che cosa comporta la funzione del sacerdote in un gruppo? Come si
eliminano queste tensioni tra lui e i responsabili dei gruppi?
La risposta è semplice in teoria, ma di difficile attuazione: le tensioni si
eliminano instaurando un dialogo tra il sacerdote che, a un titolo o a un altro,
si occupa del Rinnovamento, e i suoi responsabili laici. Che cosa implica questo
dialogo?
I. Anzitutto che il sacerdote lasci ai laici la direzione dei gruppi, in
quanto ciò è possibile. In linea generale perciò, sono dell'opinione che i
gruppi del Rinnovamento debbano essere guidati da laici e non da sacerdoti,
tranne nei casi in cui i dirigenti laici manchino, o non siano ancora formati
per assumere la responsabilità di un gruppo. Ciò corrisponde non solo al fatto
che il Rinnovamento è stato iniziato dai laici e quindi è bene concederne loro
la "direzione", ma anche alla tendenza della Chiesa postconciliare di
affidare ai laici i ministeri di cui sono capaci. Tra questi rientra la guida di
un gruppo di preghiera.
In forza di questo principio, il sacerdote deve collaborare con gli altri membri
dei gruppo per trovare gli elementi più adatti per la formazione del
"Pastorale di Servizio". Una volta poi che questo sia formato,
lasciarlo lavorare come crede, tollerando, se mai, alcuni piccoli errori nei
quali può incorrere, per intervenire soltanto nei casi in cui il suo giudizio
Sia veramente necessario. Così, un sacerdote può anche tollerare che nella
preghiera su di un fratello, o in quella stessa di effusione, qualcuno comandi
al demonio di andarsene, ma non che questo fratello sia ritenuto un ossesso a
priori. Così pure, può lasciar passare che un fratello parli in lingue anche
con una certa frequenza, ma non continuamente e tanto meno a scadenze fisse, di
modo che nell'assemblea tutti sappiano che a un determinato momento il fratello
X darà "spettacolo". Indubbiamente, questi errori o eccessi possono
essere corretti dai membri del "Pastorale di Servizio". Ma se questi
non lo facessero, anzi se a provocare questi inconvenienti fossero proprio loro,
il sacerdote dovrà intervenire, prima in privato, poi, se non è ascoltato,
anche in pubblico.
2. Spetta al sacerdote, ma in stretta unione con il Pastorale di
Servizio, esercitare il discernimento sull'autenticità dei carismi, come pure
sul loro uso. Sappiamo che il giudizio ultimo sui carismi spetta al vescovo, ma
a questo si ricorre in casi eccezionali, mentre, abitualmente, questo compito
spetta al sacerdote, specie nel caso che sia rappresentante del vescovo. Così
tocca al sacerdote, assistente spirituale di un gruppo, giudicare, in unione,
sempre col Pastorale di Servizio, dell'autenticità di una profezia,
specialmente quando si riferisca a casi e situazioni molto concrete. Ci sono
fratelli i quali, credendo di avere il carisma della profezia, potrebbero cadere
nell'errore di pronunciare, nella riunione di preghiera o fuori di essa, giudizi
perentori di condanna su di un altro fratello o su un intero gruppo, credendosi
investiti dì uno speciale mandato di Dio.
E' dovere del sacerdote intervenire per frenare il fervore poco illuminato di
questo "profeta" e fargli capire che una profezia non è mai di
condanna, o non lo e almeno nella misura e nel modo in cui egli lo esercita.
Lo stesso vale, e a più forte ragione, per i "profeti" che si credono
autorizzati a intervenire nelle cose più intime di un fratello, per regolarne
la condotta morale, o anche lo stato di vita da scegliere, secondo presunte
ispirazioni provenienti dall'alto. Stiamo attenti che in tal modo, specialmente
quando i destinatari di queste pseudoprofezie sono di una psicologia fragile, si
possono commettere autentiche violazioni di coscienza che la Chiesa disapprova
nella maniera pìù decisa. Tante leggi della Chiesa sono dirette proprio a
salvaguardare il mistero della coscienza dei singoli nella quale entra soltanto
l'occhio di Dio. Francamente, l'esperienza dei Rinnovamento mi ha fatto capire
la necessità e la saggezza del diritto canonico.
3. Finalmente, compito del sacerdote nel gruppo dei Rinnovamento è la
formazione teologica, catechetica e spirituale del gruppo, specialmente del
Pastorale di Servizio. Il Rinnovamento vuol formare persone mature, capaci di
mettere a servizio della Chiesa i loro doni e i loro carismi. Per far questo,
essi debbono conoscere la Chiesa, e quindi Gesù Cristo di cui è il Corpo
mistico. E' il compito della teologia e della spiritualità. Solo una buona
formazione teologica, sia pure a livello non scientifico, può far cadere certe
ingenuità che talora riscontriamo nel Rinnovamento, come quella di credersi
maestri di spirito per la semplice ragione che si è avuta l'effusione, o quella
di conoscere la volontà di Dio su certi problemi soltanto raccogliendosi a
pregare per alcuni minuti, o, ancora peggio, aprendo la Bibbia a caso.
In breve: il compito del sacerdote nel gruppo è quello dell'animatore: egli
deve aiutare a scoprire, sviluppare, coordinare e discernere i carismi dei
singoli fratelli, in particolare di quelli del Pastorale di Servizio, perché
vengano usati per l'utilità della Chiesa e non per la soddisfazione
dell'ambizione personale. Un compito che esige pazienza, intelligenza e quel
certo distacco, proprio di chi sa che la Chiesa è guidata dallo Spirito Santo,
non solo nonostante i nostri difetti, ma, addirittura, anche mediante di essi.