IL
MINISTERO PASTORALE: UN MINISTERO
D'AMORE E DI COMUNIONE
Giovannella Giummarra
AGAPE = Amore, quale Amore?
Fra i diversi significati ( accezioni ) del termine amore la chiesa delle origini ha scelto il termine Agape, in latino Caritas per esprimere l’amore stesso di Dio, partecipando a noi - il che significa "amare col cuore di Gesù.
In Gv. 15,9 -"Come il Padre ha amato me così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore"
Attraverso la fede e la bontà.
In Rm.5,5 – " La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio ( che parte da Dio Padre ) è stato effuso ( riversato ) nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. "
Si ha la certezza di avere lo Spirito Santo quando si ama con affetto, cioè con Caritas e Agape, quando vedo nell’altro il volto di Gesù che va restaurato, ma non buttato fuori, maltrattato.
Dobbiamo diventare portatori di vita e di amore agapico, con quali mezzi?
Come possiamo riflettere, imitare e testimoniare questa vita divina, per poi comunicare, per poi vivere una vita comunitaria?
Ci facciamo aiutare dal testo di Atti 2,42: "Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere"
Il R.n.S. ci ha resi amici, fratelli. L’amore di dio è stato effuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo che ci è stato donato.
Gesù ha detto non vi chiamo più servi, ma amici, perché vi ho aperto il cuore e vi ho rivelato quello che il Padre mi ha detto.
L’amicizia è un dono di Dio, necessario al nostro perfezionamento, perché, non si cresce senza gli altri, senza confronto.
L’Agape, poi, è la condizione indispensabile per farci sviluppare con armonia.
Gesù ci chiama ad amare tutti anche gli amici.
E’ il progetto basato sull’Agape.
Per alcuni l’amicizia è un fatto spontaneo, ma per noi non è un fatto casuale, punto di partenza è Gesù il Suo progetto, è Gesù, la comunione nella fede e nella speranza.
Non c’è amicizia se non cerchiamo di lavorare insieme, ma non basterà scambiarci le idee, progetti, preoccupazioni, condivisioni etc…. se non partiamo dalla dimensione di fede alimentata dalla Parola di Dio, --------> dalle preghiere ------------> dall’Eucaristia.-
Questa visione comporta: distacco da noi stessi;
Attenzione sincera agli altri;
Disponibilità;
Umiltà;
Spirito di povertà, per accogliere e capire insieme:
La conversione nel R.n.S. è collegiale, tanto più, che è stato un movimento senza fondatore.
Collegialità: significa sapere ascoltare per poi, discernere e portare avanti il progetto.
L’incontro esige la reciprocità, il dono dell’altro: richiama = accoglienza;
Al bando i pregiudizi;
La diffidenza e la distrazione perché la loro presenza esclude l’amicizia.
Rom. 15,7 ci dà la misura della reciprocità: "Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo accolse voi per la gloria di Dio"
L’amicizia esige rispetto e proclamare il Signore a viso aperto.
Noi dobbiamo gridare che abbiamo incontrato Gesù nella nostra vita, e ci ha donato la gioia e la
Pace, parole che nessuno può donarci, se non Gesù il nostro Signore, il nostro vero amico che non ci tradisce mai.
Abbiamo avuto la grazia di conoscere Gesù e la Gioia di essere fratelli. I chiamati sono i diletti di Dio.
Se vogliamo ritrovare l’entusiasmo dobbiamo cogliere lo stupore che si presenta a noi quando lo Spirito Santo agisce per rinnovare la Chiesa secondo un progetto di amore e di sapienza: ha scelto il R.n.S., quindi noi, perché, si sappia quanto Dio ci ama.
Il R.n.S. è questo atto d’amore e di comunione, "Dobbiamo entrare nella verità di questa chiamata avvenuta dalla Croce di Cristo, abbiamo bisogna di fare un discepolato di amore e di comunione, per essere testimoni dell’amore.
E’ necessario che la Chiesa sia la casa e la scuola di comunione, così anche i nostri comitati regionali e diocesani, i gruppi, potranno diventare casa e scuola di comunione, ncessari per farci passare dall’uomo psichico a quello spirituale.
La pastoralità dei Comitati diocesani e regionali consiste nel promuovere e garantire la spiritualità del R.n.S. secondo le linee regionali e nazionali.
Infatti, è importante che ci sia sinergia tra il livello diocesano e quello regionale per una visione pastorale sia dei contenuti formativi, sia della visione pastorale condivisa e realizzata a livello regionale.
Possiamo dire a questo punto che: il Comitato regionale e i Comitati diocesani sono organi pastorali a servizio della crescita spirituale, carismatica ed ecclesiale dei gruppi.
Ma se i comitati si ripiegano in se stessi, se diventano semplici organizzatori o ripetitori di iniziative regionali e nazionale; se non si preoccupano di vigilare paternamente nei confronti dei gruppi, sicuramente vengono meno al compito a loro affidato.
Pastoralità vuol dire avere tempo per:
Condividere insieme;
Pregare e intercedere;
Ascoltare;
Condividere la Parola di Dio;
Conoscere i bisogni dei fratelli;
Partecipare agli appuntamenti formativi specifici;
Meditare e riflettere sulla esperienza carismatica;
Incontrare i Gruppi;
Esercitare collegialmente, il discernimento spirituale.
S. Paolo ci aiuta con la 2 Cor.6,6-7 definendo i ministri di Dio coloro che vivono il mandato ricevuto con purezza, sapienza, pazienza, benevolenza, spirito di santità, amore sincero, con parole di verità, con la potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama."
E’ determinante, poi, all’interno dei Comitati la comunicazione fraterna da cui dipende l’impronta che diamo ai nostri gruppi – l’identità e la visione pastorale.
Ma un buon comunicatore deve essere un buon ascoltatore.
Un membro di Comitato diocesano non può essere mai un semplice riferitore di ciò che è stato deliberato a livello regionale, ma, si fa garante della visione regionale, secondo le modalità che si richiedono.
Ascoltare vuol dire comprendere, prendere-con, cioè fare proprio ciò che si ascolta, senza, però, snaturare il significato oggettivo di ciò che si è ascoltato.
A questo punto, possiamo dire che "Condizione necessaria" per un ascolto autentico è la "comunione."
1Cor. 1,10 - "Siate unanimi nel parlare, in perfetta unione di pensiero e di intenti"
Fil.2,2 seg.- "Rendete piena la mia gioia ( la nostra e di tutto il Comitato ) con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri."
Comunque la comunione non può derivare
Dal non ascolto, da compromessi che condizionano la nostra pastoralità;
Dalla mancanza di formazione e informazione;
Dall’arroganza con cui esprimiamo l’autorità carismatica;
Dalle preferenze che abbiamo per alcuni fratelli emarginando altri.
Anche quando non dialoghiamo, non condividiamo con i fratellli e non accettiamo alcuna verifica o un altro modo di intendere.
La vera comunicazione si esprime quando ci riconosciamo umili e consapevoli che senza l’aiuto, la presenza, la saggezza, il carisma, l’amore verso l’altro, non possiamo esercitare alcun ruolo nella comunità.
Comunicare vuol dire crescere nella reciprocità del dare e del ricevere e nel "gareggiare nello stimarsi a vicenda" Rm.12,10; certamente non esercitando autorità e potere verso gli altri.
L’autorità carismatica ed evangelica è per la crescita degli altri e mai per la propria affermazione.
Un esempio è ciò che Giovanni Battista dice in Gv.3,30 "Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire"
Esercita autorità vera chi è capace di chinarsi a lavare i piedi ai fratelli (Gv.13);
Ogni forma di autorità che diventa potere contro l’altro, non è opera di Dio;
Evangelicamente vissuta l’autorità invece promuove la comunicazione, la condivisione fraterna, non teme il dialogo, o, il confronto leale con i fratelli soprattutto per ciò che riguarda con i fratelli soprattutto per ciò che riguarda la vita e il bene della comunità.
La sola cosa necessaria è: Cercare Cristo; - Amare Cristo; - Vivere Cristo; - Obbedire a Cristo;
La sola cosa che conta è essere in comunione con Gesù, una comunione viva vivificante.
Noi siamo sua proprietà, tralci inseriti nella vite.
Grazie Signore Gesù perché ci hai dato una comunità da servire e con cui camminare. E se questa comunità è povera ed ha difficoltà a decollare, se ci sono anche problemi di relazione fra noi ed è proprio qui che bisogna rimanere; è qui che dobbiamo esprimere l’obbedienza a Dio è qui che dobbiamo realizzare con l’aiuto dello Spirito il Corpo di Cristo.
Così si costruisce l’amore fraterno, siamo poveri, ma a questi poveri Gesù si è rivolto, di cui si fida; questi poveri Gesù vuole salvare e li vuole salvare tutti insieme e ci riuscira!!!
Da una relazione alla 3 Giorni formazione animatori 2001 Sicilia - Capaci 30 marzo- 1aprile