LA PROFEZIA DELLO SPIRITO SUL RINNOVAMENTO

"Pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale" (1Pt 2,5)

                                          di G. Fabio Calandrella

Desidero leggere alla luce dei principi di appartenenza ed ecclesialità che ci siamo dati, quale sia la profezia dello Spirito sul Rinnovamento, a quale novità lo sta chiamando, a quale responsabilità sta chiamando noi nella Chiesa e nel mondo.

Abbiamo visto e considerato chi siamo: coloro che sono chiamati ad essere santi; ma la chiamata alla santità non può non sfociare necessariamente, ineluttabilmente, nella chiamata ad una nuova evangelizzazione; crescere nella santità comporta la necessità viva, sentita ed attiva di rendere visibile, attraverso la sensibilità concreta, la buona novella di salvezza.

Lo Spirito, lo sappiamo, crea testimoni dei Risorto per raggiungere ogni uomo; è alla ricerca continua e instancabile di testimoni autentici.

Dice l'Evangelii nuntiandi al capitolo 18: «Evangelizzare è portare la buona novella in tutti gli strati dell'umanità e, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa. Ecco io faccio nuove tutte le cose (cf. Ap, 21, 5)».

Questo è il mandato che abbiamo ricevuto come battezzati, questa è la missione che abbiamo riscoperto nel momento dell'effusione. Missione vuoi dire invio significa andare, essere mandati da un altro per svolgere un compito.

Missionario è Gesù, mandato dal Padre, per dare al mondo e all'uomo salvezza e vita; missionario è lo Spirito Santo, mandato e donato da Gesù a noi tutti, alla sua Chiesa; è con lui che essa nasce a Pentecoste, e missionari, da quel momento, sono gli apostoli (non più discepoli), mandati da Gesù ad annunziare il Vangelo fino agli estremi confini della terra: qui siamo anche noi; questo è anche il nostro posto.

Ma attenzione, però, perché non sono i singoli, per quanto chiamati a santità e spinti da buoni propositi ad evangelizzare, ma è la comunità, l'insieme dei fratelli, il popolo dei santi ad essere inviato.

Ecco, allora, la nostra prima vocazione: essere comunità, popolo di Dio, Chiesa, cioè assemblea radunata intorno al suo Signore, che riceve forza dall'alto per andare. Non dobbiamo dimenticare che Gesù ha affidato il deposito della fede, la «sana dottrina» direbbe Paolo (cf. 2Trn 4, 3), alla Chiesa.

Ha voluto, cioè, un'istituzione, ma accanto a questa, al suo fianco, con il dono dello Spirito, ha voluto anche il carisma.

Allora non c'è più e non ci può essere contrapposizione tra Istituzione e Carisma, tra predicazione ecclesiastica e ministero laico, civile, se preferite, perché la sorgente, la matrice, la fonte e il fine di entrambi sono gli stessi, esattamente gli stessi.

Se tale distanza nel passato c'è stata e dietro di essa abbìamo celato tante nostre incapacità di relazione, ora non è più tempo di sottolinearla; il nostro compito, all'interno dell'unica Chiesa, in cui siamo parte dei Popolo di Dio, è quello di vedere, con passione perseverante, in che modo Fede, Speranza e Carità debbano e possano riguardare la vita comune e guardare ad essa.

Non è più tempo - e quanto ne abbiamo speso nei nostri cenacoli- di accumulare libri, di imparare e trasmettere tecniche, di farci, mi si passi il termine, catechesi addosso, di mettere a posto sedie; è tempo, invece, che le nostre comunità, i nostri gruppi, grandi o piccoli che siano, preghino e chiedano. Anzi, preghino per chiedere di essere mandati, dì partire per la missione, di andare alle genti, di raggiungere l'umanità, che è fuori dai cenacoli, per portare il lieto annunzio.

E qual è il lieto annunzio? la risposta la troviamo nel testo del profeta Isaia: «Al tempo della misericordia ti ho ascoltato, nel giorno della salvezza ti ho aiutato. Ti ho formato e posto come alleanza per il popolo, per far risorgere il paese, per farti rioccupare l'eredità devastata, per dire ai prigionieri: uscite, e a quanti sono nelle tenebre: venite fuori» (Is 49, 8b-9a).

E' questo il grido forte di speranza e la promessa che ci conducono e ci spingono ad andare.

E chi di noi deve andare?

Dobbiamo andare tutti: sani e malati, uomini e donne, forti e deboli, giovani e anziani, perché il Signore manda il suo popolo, un popolo che ha dotato di tanti carismi, un popolo consacrato a Lui e «mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi» (Lc 4, 18), un popolo, noi, che può dire agli smarriti di cuore: «Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio» (Is 35, 4).

«Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua dei muto» (Is 35, 5- 6a).

Dobbiamo andare, lo Spirito ci manda e ci manda, però, perché riportiamo tutti nei cuore della Chiesa; è un andare e tornare. E' una condizione importante.

Questo è il nostro servizio, la nostra missione: usare i doni che lo Spirito ha elargito per metterli a disposizione della missione e riconquistare ogni uomo a Dio.

Ecco che cosa significa che il carta è dato alla comunità per l'utilità comune (cf. 1 Cor 12, 7), perché serve a noi per servire l'uomo, la comunità, la Chiesa. li dono ci occorre per servire la comunità: è il carisma a servizio dei l'istituzione.

Mandati all'esterno, come i servi fedeli della parabola dei convito a chiamare tutti al banchetto che si svolge dentro, nella casa dei padrone, nella sua Chiesa.

Allora anche noi torneremo, come i discepoli, con gioia, dicendo: «Signore anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome» (1c 10, 17a), e lui ci risponderà: «io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza dei nemico; (carisma) nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi, però, che i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10,18-20) (che siete, cioè nell'Istituzione),

Le nostre comunità, allora, i nostri gruppi potranno finalmente essere le braccia, le gambe, la voce, il cuore compassionevole e palpitante di cui la Chiesa ha bisogno per raggiungere ogni figlio di Dio, ogni uomo, ogni realtà, ogni angolo in cui riportare la luce, il mondo intero.

Ma tutto questo noi dobbiamo farlo comprendere e scoprire ai nostri gruppi, alle nostre comunità ancora piegati su se stessi; dobbiamo dire loro che il Rinnovamento è chiamato non solamente a proporre e a trasmettere, come ha sempre fatto, la preghiera nel cenacolo, i grandi principi dottrinali, lo studio attento della Parola, la crescita personale, tutte cose giuste da coltivare e doni della benevolenza di Dio, ma oggi, più che mai, è chiamato a esprimere in forma profetica, per la Chiesa e per il mondo, con quel tanto o poco rischio che questo comporta, la lettura della realtà, dei segni dei tempi, alla luce della Parola; deve avere quell'intuitus rerum, cioè il saper guardare con attenzione particolare agli avvenimenti, che gli permetta di accorciare le distanze tra profezia e vivere quotidiano, facendo intendere che la vita, il mondo, il quotidiano, tutto ciò che è fuori dalle nostre riunioni, devono essere oggetto della nostra preghiera e dei nostro agire, perché insieme abbiamo il compito di riportare l'uomo sulle orme della speranza.

Quella dei Rinnovamento è, in fondo, una chiamata all'autenticità dei messaggio evangelico: essere ovunque messaggeri di Dio per conquistare l'uomo, per attirarlo, per riportarlo alla sua dignità, per conquistarlo a Dio.

Come? Per irradiazione, per contagio, per lievitazione, come il lievito, che, appunto, fermenta tutta la pasta (cf. Lc 13, 21).

I nostri gruppi, le nostre comunità devono convincersi che possono fare molto di più per attrarre chi ha perso il senso vivo della fede, attuando modi concreti di vita comunitaria, che rispecchino il Vangelo.

Dobbiamo essere un fuoco acceso, una fiaccola ardente nelle mani della Chiesa, che non attende, che non aspetta ferma che altri vengano ad accendersi a lei uno ad uno, come capita, ma che va, anzi andiamo, a portare questo fuoco sacro, perché altre fiamme si accendano, per contatto, per irradiazione, come un sorriso genera un altro sorriso e dobbiamo andare a farlo fra il chiasso dei mondo, là dove la voce dello Spirito sta parlando, riuscendo ad individuare i suoi suggerimenti che ci indicano dove e coTe agire.

E questa la profezia dello Spirito per noi, per il Rinnovamento tutto: figli santi e benedetti inviati a chiamare alla festa ogni fratello e riportarlo alla casa dei Padre.

Siamo a un passaggio importante della fede nella storia, e della nostra storia di movimento e ora, più che mai, abbiamo bisogno della fede di Abramo che, anche non vedendo, ha camminato come se vedesse l'invisibile e in questo passaggio dobbiamo utilizzare e stimolare tutte le forze che abbiamo: laici, sacerdoti, religiosi e religiose, amici vescovi, per far fronte a questa grande occasione storica che è la nuova evangelizzazione.

E dobbiamo ripartire da qui, come Popolo di Dio, un solo popolo che, consapevole della missione che il suo Signore gli affida, risponde come un sol uomo: «Quanto a me e alla mia casa, noi vogliamo servire il Signore» (G s 2 4,15 b).

   

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