I CARISMI
da un insegnamento di Padre Raniero Cantalamessa

A ciascuno di noi... è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo sta scritto: Ascendendo in cielo ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini " (Ef 4,7-8).

Questa parola dell'Apostolo ci mette dinanzi l'evento fondamentale dal quale deve partire ogni riflessione sui carismi; tale evento è questo: Cristo, risorto e asceso al cielo, ha mandato lo Spirito Santo, ha distribuito doni agli uomini. è dunque il Cristo Signore che deve occupare il centro della nostra attenzione, lui che non soltanto allora, ma sempre, anche in questo momento, dona lo Spirito alla sua Chiesa. E’ lui la sorgente alla quale dobbiamo guardare, la "roccia spirituale", dalla quale scaturisce quel "fiume che, con i suoi ruscelli (i carismi!) rallegra la città di Dio" (cfr. Sa] 46,5).

Il modo più sicuro di parlare dei carismi è di commentare alcuni testi basilari che si leggono nel Nuovo Testamento su questo argomento. Il primo di questi è proprio il capitolo 4 dell'epistola agli Efesini, di cui abbiamo ascoltato, all'inizio, alcune frasi: "Un solo corpo, un solo Spirito...un solo Dio Padre di tutti... E lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti...  (Ef 4,4.6.11).

Questo testo ci dice che nella realtà della Chiesa si distinguono due livelli: il livello dell'unità, o della comunione (koinonía) e il livello della diversità, o del servizio (diakonía) e ci dice anche che i carismi appartengono a questo secondo piano. In altre parole, la Chiesa è fatta di alcune realtà comuni a tutti e identiche per tutti, che sono: un solo Dio Padre, un solo Signore Gesù Cristo, In solo Spirito, una sola fede, una sola speranza, un solo battesimo; e di altre realtà, che sono invece diverse per ciascuno, cioè i ministeri e i carismi. Questi sono l'espressione della ricchezza, del dinamismo, della varietà della Chiesa; essi fanno sì che la Chiesa sia, non solo un "corpo ben compaginato e connesso", ma anche "articolato secondo l'energia propria di ogni membro".

CARISMI E SACRAMENTI

Tra le cose comuni a tutti, S. Paolo pone il battesimo, come abbiamo sentito, e quindi tutti i sacramenti. Infatti la differenza tra unità e diversità si riflette nella differenza che c'è tra sacramenti e carismi, e sulla quale vogliamo ora riflettere un po' più da vicino.
Nella prima lettera ai Corinzi, leggiamo: “Vi
sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti". Ritorna, in questo testo, la stessa distinzione marcata tra ciò che nella Chiesa è diverso (carismi, ministeri, operazioni) e ciò che è, invece, "uno solo e identico". Tra le cose che sono uguali per tutti, l'Apostolo pone, anche qui, i sacramenti; scrive infatti poco più avanti: "In realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo... e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito " (1 Cor 12,13). L’espressione "abbeverati a un solo Spirito" potrebbe alludere velatamente all'eucaristia che nell'iniziazione cristiana delle origini veniva ricevuta, la prima volta, unitamente al battesimo. E’ certo, in ogni caso, che anche l'eucaristia fa parte di questo piano della comunione; immediatamente prima, infatti, l'Apostolo ha parlato dell'eucaristia, dicendo: “Poiché c'è un solo pane, noi... siamo un corpo solo”(1 Cor 10, 17).

Che rapporto c'è, dunque, tra i carismi e i sacramenti? 1 sacramenti fanno parte di quell'ambito comune, nel quale non c'è distinzione alcuna tra i credenti, che tutti ricevono allo stesso modo e nel quale, se c'è una distinzione, questa dipende unicamente dalla fede personale e dal grado di santità di ognuno e non dal posto che occupa nella Chiesa. L'eucaristia che riceve il papa è la stessa, identica eucarestia che ricevono i vescovi, i sacerdoti e i laici. Il battesimo è sempre lo stesso, sia che venga amministrato dal papa, sia che venga amministrato da un sacerdote o, in caso di necessità, da un semplice laico. 1 sacramenti sono dunque quelle realtà comuni, grazie alle quali la Chiesa è anzitutto comunione e unità. I carismi invece sono "una manifestazione particolare dello spirito data a ciascuno" (cfr. 1 Cor 12,7). Essi non sono perciò per tutti uguali; anzi, nessuno è in realtà uguale all'altro.

Nella sua infinita sapienza, Dio ha stabilito, dunque, come due canali distinti per santificare la Chiesa, come due diverse direzioni dalle quali soffia lo Spirito. C'è, per così dire, lo Spirito che Viene dall'alto e che si trasmette attraverso il papa, i vescovi, i sacerdoti, che agisce nel Magistero della Chiesa, nella gerarchia, nell'autorità e soprattutto nei sacramenti. In questo caso, lo Spirito, o la grazia, viene a noi attraverso dei canali istituiti da Cristo e affidati alla Chiesa istituzionale. A tali canali nessuno può apportare dei cambiamenti, neppure la stessa gerarchia della Chiesa.

Possiamo paragonare i sacramenti a delle "prese" do corrente, collocate in punti precisi della casa. C'è lassù sui monti, una grande centrale che produce elettricità; attraverso  dei grossi fili, essa supera monti e valli e giunge alla città e, ramificandosi, arriva fino alle prese di corrente che ci sono on ogni casa; ogni volta che si accosta la spina, da quella presa si sprigiona calore, energia, luce, secondo i bisogni: Così è sul piano della grazia: c'è un'unica centrale di grazia che è il sacrificio redentivo di Cristo consumato sulla croce; da esso, attraverso i canali stabiliti da Cristo, la grazia fluisce ininterrottamente fino a noi e noi l'attingiamo nei sacramenti.

Fin qui la direzione che ho chiamato "dall'alto"; c'è, però, una direzione, in certo senso, opposta, da cui soffia lo Spirito ed è la direzione "dal basso", cioè dalla base, o dalle cellule del corpo, che è la Chiesa. Questo è davvero quel vento, di cui Gesù diceva che "spira dove vuole" (cfr. Gv 3,8). S. Paolo sembra riprendere questo concetto di Gesù, quando, parlando dei carismi, dice: "Tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera distribuendole a ciascuno, come vuole" (1 Cor 12,11). "Come vuole": qui regna sovrana la libertà di Dio, non legata da scelte fatte una volta per sempre, all'inizio della Chiesa, ma sempre nuova e imprevedibile. 1 carismi sono manifestazioni concrete di questo Spirito che soffia "dove vuole" e che nessuno può prevedere o stabilire in anticipo. Se i sacramenti sono 1e prese" della grazia, i carismi sono 1e sorprese" della grazia e dello Spirito Santo!

La Chiesa completa, organismo vivo, irrorato e animato dallo Spirito Santo, è l'insieme di questi due canali, o il risultato delle due direzioni della grazia. I sacramenti sono il dono fatto a tutti per l'utilità di ciascuno, il carisma è il dono fatto a ciascuno per l'utilità di tutti. I sacramenti sono doni dati all'insieme della Chiesa per santificare i singoli; i carismi sono doni dati ai singoli per santificare l'insieme della Chiesa.

Si comprende facilmente, allora, quale perdita sarebbe per la Chiesa, se, a un certo punto, si pensasse di poter fare a meno dell'uno o dell'altro di quei due canali: o dei sacramenti o dei carismi, o dello Spirito che scende dall'alto, o dello Spirito che è diffuso alla base della Chiesa. Ora, purtroppo, dobbiamo dire che una cosa del genere è avvenuta nella Chiesa, almeno a livello pratico, se non in linea di principio. Dopo il Concilio Vaticano 11, tutti riconoscono che in passato era avvenuta una certa decurtazione dell'organismo santificante della Chiesa, a spese, appunto, dei carismi. Tutto passava solamente attraverso i canali cosiddetti "verticali", costituiti dalla gerarchia o affidati alla gerarchia; attraverso essi il popolo cristiano riceveva la Parola di Dio, i sacramenti, la profezia (questa era intesa, di solito, come il carisma di insegnare infallibilmente la verità, inerente al Magistero della Chiesa!). Si era alla famosa Chiesa "piramidale", in cui si supponeva che tutto dovesse seguire una trafila ben precisa e unidirezionale: da Dio al papa, dal papa ai vescovi, da questi ai sacerdoti e dai sacerdoti ai fedeli. Era inevitabile che da ciò risultasse una certa inerzia del laicato.

All'origine di questo impoverimento dottrinale c'era una certa concezione della Chiesa che si era andata formando in epoca moderna e che è stata chiamata, per analogia, la concezione "deista" della Chiesa (H. Múhlen). C'era stata, con Cartesio, una concezione deista del mondo: secondo tale concezione, Dio aveva creato, all'inizio, il mondo e, dopo averlo, per cosi dire, messo in moto, si era ritirato, lasciando che funzionasse per conto suo, secondo le leggi inscritte in esso una volta per sempre. Si chiamava anche concezione "meccanica" del mondo. Si negava, praticamente, la provvidenza e l'attuale, incessante governo di Dio sul mondo.

Per analogia, si chiama concezione "deista" della Chiesa quella che la considerava come un organismo perfetto creato da Gesù e dotato, fin dall'origine, di tutti i poteri e i mezzi (sacramenti, gerarchia, Magistero) per camminare da sola fino alla parusia. Anche qui, senza rendersene conto, si metteva in ombra l'attuale, incessante signoria di Cristo sulla sua Chiesa che si esprime nella libertà di intervenire, momento per momento, con il suo Spirito, sulla Chiesa stessa e di preparare sorprese sempre nuove alla sua Sposa. In pratica, si restringeva lo spazio in cui si situano i carismi. E infatti di carismi non si parlava quasi più in teologia, o se ne parlava in un senso tutto particolare, per designare le grazie e i fenomeni straordinari che si riscontravano nella vita di alcuni santi.

 Con il Concilio Vaticano II, questa immagine di Chiesa un po' statica e "meccanica" è mutata. Si è ripreso coscienza che la Chiesa non può fare a meno dell'immensa ricchezza di grazia diffusa capillarmente nel corpo della Chiesa, in tutti i suoi membri, e che si manifesta nei doni, o carismi, di ognuno.

 Ecco cosa ha scritto, in proposito, il Concilio in un testo giustamente famoso: "Lo Spirito Santo non solo per mezzo dei sacramenti e dei ministeri santifica il Popolo di Dio e lo guida e adorna di virtù, ma "distribuendo a ciascuno i propri doni come Piace a Lui" (cfr. 1 Cor 12,11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi varie opere ed uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa, secondo quelle parole: 'A ciascuno... la manifestazione dello Spirito è data perché torni a comune vantaggio" (cfr. 1 Cor 12,7). E questi carismi straordinari o anche più semplici e più comuni, siccome sono soprattutto adatti e utili alle necessità della Chiesa, si devono accogliere con gratitudine e consolazione" (Lumen gentium, 12). ripristinato, in questo testo, il duplice movimento dello Spirito; di esso infatti si dice che agisce "non solo attraverso i sacramenti", cioè dall'alto, ma anche dal basso, attraverso quella fitta rete di grazie che sono i carismi di tutti i battezzati. Nell'uno e nell'altro caso si tratta, inoltre, di un'azione destinata a "santificare" il popolo di Dio, cioè a qualcosa di essenziale e di costitutivo della Chiesa, e non semplicemente a un suo abbellimento o arricchimento accidentale.

CARISMI E SERVIZIO

Dal testo conciliare risulta chiaro qual è lo scopo dei carismi: essi sono destinati a rendere i fedeli "adatti e pronti" ad assumersi delle responsabilità in ordine al rinnovamento interiore e all'espansione esterna della Chiesa. In ciò il Concilio non fa che riproporre il più puro insegnamento del Nuovo Testamento sui carismi. S. Paolo scrive che è Dio che "ha stabilito alcuni conte apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero (cioè il servizio), alfine di edificare il corpo di Cristo" (Ef 4,11). S. Pietro, da parte sua, raccomanda: "Ciascuno viva secondo la grazia (charisma) ricevuta, mettendola a servizio (diakonìa) degli altri" (1 Pt4,10).

 Lo scopo dei carismi è, dunque, la diakonía, il servizio, il ministero. Quest'ultimo termine, ministero, è il più usato nelle nostre traduzioni della Bibbia; tuttavia, è diventato, nel nostro linguaggio corrente, talmente vago e ambiguo che ha bisogno di essere ben compreso, per non essere frainteso (esistono anche i "rninisteri" politici e governativi, che non sono sempre organismi di servizio, o almeno non sono avvertiti dalla gente come tali). Quello che la parola ministero significa nel Nuovo Testamento è semplicemente servizio (da ministrare, che significa servire). Lo scopo dei carismi non è dunque quello di dare lustro, prestigio o fama di santità a chi li riceve; non è quello di dargli delle sicurezze o dei
poteri sugli altri
. Assolutamente! Cosi. si stravolgono i carismi. Quando Gesù, ascendendo al cielo, ha riversato, come una pioggia, i suoi doni sugli uomini, aveva in mente il suo corpo, la Chiesa; è essa che amava e voleva "edificare". Commentando il capitolo 4, versetto 8, della lettera agli Efesini, S. Agostino nota che l'Apostolo dice: " ... ha distribuito doni agli uomini, mentre il versetto del salmo che sta citando dice: "ha ricevuto doni dagli uomini" (cfr. Sal 68,19), e spiega che entrambe le cose sono vere in Cristo: egli ha donato i carismi agli uomini in quanto Capo e li ha ricevuti in quanto corpo (poiché il Cristo totale è Capo e corpo insieme, Cristo e la Chiesa insieme). Ciò che ognuno riceve in dono dallo Spirito Santo, è la Chiesa che lo riceve (cfr. S. Agostino, De Trinitate, XV, 19,34).

 I carismi sono, dunque, per la Chiesa: per la bellezza della Chiesa, per la vitalità e la varietà della Chiesa. Questo ci mette sulla strada per scoprire come mai S. Paolo chiama la carità 1a via migliore", il carisma dei carismi. Anche qui ci facciamo guidare da S. Agostino. Dopo aver ricordato i vari carismi  elencati dall'Apostolo in 1 Cor 12,8-10, S. Agostino dice: "Forse, tu non hai nessuno di questi doni elencati; ma se ami, quello che Possiedi non è poco. Se infatti ami l'unità, tutto ciò che in essa è Posseduto da qualcuno, lo possiedi anche tu! Bandisci l'invidia e sarà tuo ciò che è mio, e se io bandisco l'invidia, è mio ciò che Possiedi tu. L'invidia separa, la carità unisce. Soltanto l'occhio, nel corpo, ha la facoltà di vedere; ma è forse soltanto per se stesso che l'occhio vede? No, egli vede per la mano, per il piede e per tutte le altre membra; se infatti il piede sta per urtare in qualche ostacolo, l'occhio non si volge certo altrove, evitando di Prevenirlo. Soltanto la mano agisce nel corpo; ma forse che essa agisce soltanto per se stessa? No, agisce anche per l'occhio; infatti se sta per arrivare qualche colpo che ha di mira, non la Mano, ma soltanto il volto, forse che la mano dice: 'Non mi muovo, perché il colpo non è diretto a me". Così il piede, camminando, serve tutte le membra; le altre membra tacciono e la lingua Parla per tutte. Abbiamo, dunque, lo Spirito Santo se amiamo la Chiesa e l'amiamo se ci manteniamo inseriti nella sua unità e nella sua carità. Infatti lo stesso Apostolo, dopo aver affermato che agli uomini sono stati dati doni diversi, così come vengono assegnati compiti diversi alle membra del corpo, continua dicendo: 'Io vi mostrerò una via migliore di tutte' (1 Cor 12,3 1) e comincia a parlare della carità. Antepone la carità alle lingue degli uomini e degli angeli, la preferisce ai miracoli della fede, alla scienza e alla profezia; la mette perfino prima di quelle grandi opere di misericordia che consistono nel donare tutto ciò che si ha ai poveri; la preferisce, da ultimo, anche al martirio del corpo. A tutti questi grandi doni antepone la carità. Abbi dunque la carità e avrai tutto, perché qualsiasi altra cosa tu possa avere, senza di essa, a nulla potrà giovarti" (S. Agostino, In Iohannem, 32,8).

Ecco svelato il segreto perché la carità è "a via migliore": essa mi fa amare l'unità (cioè la Chiesa e, concretamente, la comunità in cui vivo), e nell'unità, tutti i carismi, non solo alcuni, divengono "miei". Anzi c'è di più. Se tu ami veramente l'unità, il carisma che io possiedo è più tuo che mio. Supponiamo che io abbia il carisma di "evangelista", cioè di annunciare la Parola di Dio; io posso compiacermene e vantarmene: allora divento "un cembalo squillante" e il carisma- mi dice l'Apostolo- " a nulla mi giova", mentre a te che ascolti la Parola annunciata, esso non cessa di giovare, nonostante il mio peccato. Per la carità, tu possiedi senza pericolo ciò che un altro possiede con pericolo. Che straordinaria invenzione della sapienza di Dio! La carità moltiplica i carismi; fa del carisma di uno il carisma di tutti.

Ma perché questo miracolo avvenga, bisogna, dice Agostino, bandire l'invidia, cioè morire al proprio "io" individuale ed egoista che cerca la propria gloria, ed assumere invece grande, immenso, di Cristo e della Chiesa. E questo suppone uno stato di profonda conversione. I carismi infatti suppongono che si viva in stato di continua conversione; essi non si mantengono sani ed integri che in tale stato.

 Quando S. Paolo afferma che, senza la carità, anche il più sublime dei carismi "a niente mi giova", adesso sappiamo che questo non vuol dire che senza la carità i carismi non giovano a nessuno e vanno a vuoto; vuol dire soltanto che non giovano a me"; giovano alla Chiesa, anche se non giovano a chi li possiede e li esercita.

 L'ESERCIZIO DEI CARISMI

 Siamo, così, introdotti alla considerazione dell'ultimo punto: l'esercizio concreto dei carismi. Voglio partire da un'espressione di S. Paolo che abbiamo già ascoltato, ma non ancora commentato: "A ciascuno - dice - è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune " (1 Cor 12,7). Mi preme ora sottolineare le parole: "una manifestazione particolare dello Spirito". Dunque, il carisma è una manifestazione, o epifania, dello Spirito; è un modo parziale, ma autentico, di manifestarsi dello Spirito. (11 termine greco usato è lo stesso che, nel Nuovo Testamento, indica la manifestazione di Cristo: phanérosis). Con ciò si è detta una cosa molto seria; si è detto che i carismi, o non ci sono affatto in una persona, o, se ci sono, si guasteranno presto, se essi non sono il manifestarsi spontaneo e quasi il riflesso naturale dello Spirito che riempie il suo cuore e la sua vita. Se, in altre parole, sono qualcosa di staccato e di posticcio nella vita di chi li esercita. Gesù ci dice che con i carismi si può finire perfino all'inferno; dice infatti: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome (primo carisma!) e cacciato i demoni nel tuo nome (secondo carisma!) e compiuto molti miracoli nel tuo nome (terzo carisma!)? lo però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità " (Mt 7,21-23).

 Come mai questa gente che profetizza, che scaccia i demoni e opera molti miracoli, si sente dire, nel giorno del giudizio: "Via da me!"? E' che quei carismi non erano la "manifestazione" autentica di una vita guidata dallo Spirito di Gesù, ma erano qualcos'altro; erano, semmai, ostentazione dello Spirito, non manifestazione dello Spirito. Così avviene quando si abusa dei doni di Dio per la propria gloria o utilità, senza accettare le austere esigenze che lo Spirito stesso pone e che il vangelo espone, che si riassumono nella parola "croce".

 Dobbiamo perciò entrare in una prospettiva di conversione reale, smettendo di pensare ai carismi come a dei bei doni che, a un certo punto, grazie all'effusione dello Spirito, si sono posati sull'albero della nostra vita. Questo sarebbe, in tal caso, un albero di Natale, non un albero vero. Già un'altra volta ho illustrato la differenza che c'è tra l'albero di Natale e un albero vero. L'albero di Natale, in genere, è un alberello di plastica, al quale si appendono i regali natalizi e che si butta via, appena i regali sono stati staccati e la festa è passata. Un cristiano che presenta dei carismi, senza però la sostanza di una vita improntata al Vangelo, somiglia a quell'alberello di plastica che non serve più a niente e che si butta via non appena sono stati colti i sui doni. Ben diverso è il cristiano la cui vita è simile all'albero che cresce lungo corsi d'acqua: egli porta sempre di nuovo frutto a suo tempo e le sue foglie non appassiranno mai (cfr. Sal 1,3). Costui passerà, sì, attraverso l'inverno, cioè attraverso periodi in cui non sembra aver alcun frutto ed è spoglio di tutto (passerà attraverso lo spogliamento e l'aridità), ma a primavera tornerà a germogliare e, anzi, quando i suoi frutti non si vedono, è proprio allora che ne produce di più.

S. Paolo esprime bene tutto questo quando afferma che i carismi devono essere l'espressione di una vita "secondo lo Spirito"; i carismi infatti sono al sicuro solo in coloro che, "mediante lo Spirito, fanno morire le opere della carne" (cfr. Rin 8,13). Questo ci spiega come mai tante persone si siano fermate per la strada, dopo un inizio folgorante nel Rinnovamento o, addirittura, siano tornate indietro.

 Avviene, dei Rinnovamento, come quando si accende un fuoco in casa; dapprima si appicca il fuoco a del materiale facilmente infiammabile, come carta, paglia, o arbusti secchi. Ma finita quella prima fiammata, o il fuoco è riuscito ad accendere i pezzi di legno grandi, e allora durerà fino al mattino dopo e riscalderà tutta la casa, o non vi è riuscito, e allora non succede proprio nulla; si è trattato, appunto, di un "fuoco di paglia". Sul piano del rinnovamento spirituale, o la fiamma iniziale si attacca al cuore e lo trasforma da cuore di pietra in cuore di carne, o non giunge al cuore, ma resta alla periferia e allora si consuma presto e non lascia traccia di sé.

Se, nei nostri gruppi, sono ancora così scarsi i "carboni accesi", cioè le vite realmente penetrate dal fuoco dello Spirito che bruciano ormai per la Chiesa, la ragione risiede qui; è che non si è permesso al fuoco di giungere al cuore. Non si è passati attraverso quella che S. Paolo chiama "la circoncisione del cuore" (cfr. Rin 2,29).

 Dobbiamo prendere più sul serio alcune regole basilari di santità che si osservano, appunto, nella vita dei santi riconosciuti tali dalla Chiesa. Io mi stupisco e soffro, e qualche volta fremo anche di sdegno, quando, tra persone del Rinnovamento, sento dire che si deve proclamare la gioia della risurrezione e che non si deve esagerare nel parlare di croce, di rinnegamento di sé, per non tornare a una certa vecchia spiritualità troppo "afflittiva". Certo che noi dobbiamo spingere la fede e la gioia della risurrezione fino all'estremo, ma l'equilibrio non sta nel dosare un po' di risurrezione e un po' di croce. Questo è un modo di pensare tutto umano. L'equilibrio sta nel portare all'estremo l'una e l'altra cosa; l'equilibrio sta nell'accettare fino in fondo la croce, per Poter sperimentare fino in fondo la risurrezione.

 La Chiesa non si smentisce, Gesù non si smentisce; per venti secoli, i santi si sono santificati così. All'inizio del cammino spirituale, la grazia si fa sentire con doni e consolazioni grandi, al fine di staccare la persona dal mondo e farla decidere per Dio; ma in seguito, una volta distaccati dal mondo, lo Spirito spinge tali persone a incamminarsi per la "via stretta" del vangelo, la via della mortificazione, dell'obbedienza, dell'umiltà. Non si vede perché oggi il Signore debba aver cambiato radicalmente metodo e fare i santi attraverso una via diversa, lastricata di dolcezze ed esperienze esaltanti, dall'inizio alla fine. Non si vede perché e come possa farli passare di gloria in gloria, senza farli passare di croce in croce.

Gesù ci ha salvati passando di croce in croce e ha fatto i santi facendoli passare di croce in croce, pur nella gioia pregustata della risurrezione. 1 carismi devono esibire i frutti dello Spirito; e se non ci sono questi, tutto è pericoloso, bisogna fermarsi, riflettere. Gesù ha detto: "Dai frutti li riconoscerete", e i frutti di cui parla sono quelli dello Spirito: amore, gioia, pace, benevolenza, pazienza, umiltà, obbedienza...

E giacché ho nominato l'obbedienza, vorrei insistere un momento su questa virtù. 1 carismi si devono esercitare nell'obbedienza. S. Paolo ci ha detto che i carismi sono di coloro che, mediante lo Spirito, fanno morire le opere della carne; cioè di quanti, attraverso l'obbedienza, mortificano l'amor proprio, l'orgoglio, il proprio punto di vista. In un gruppo dove non c'è clima di obbedienza e di sottomissione (a chi presiede, al sacerdote, o semplicemente reciproca), tutto è in pericolo, tutto è ambiguo; nascono le fazioni e poi le delusioni. L'obbedienza è il marchio per riconoscere se un fratello è animato da un carisma autentico o no; basta vedere se egli è disposto - qualora una voce autorevole glielo chieda - a tirarsi in disparte, a sottomettere il suo carisma alla comunità.

S. Teresa d'Avila aveva delle apparizioni di Gesù; e si trattava davvero di Gesù in persona, non del demonio; ma, dal momento che un certo confessore le aveva detto che c'era un inganno del demonio e che doveva spruzzare la visione di acqua santa, ella obbediva e spruzzava di acqua santa Gesù e Gesù era contento che lei obbedisse al suo confessore. Come si può, allora, sentire tra noi qualcuno che dice: "Mi si mortifica, sono inibito, mentre io sento che il Signore mi chiama a far questo e quello". Tu senti, tu senti,
ma non ti accorgi, caro fratello, che questo tuo "sentire" ti sta portando fuori strada. L'importante non è ciò che tu senti; l'importante è ciò che "sente" la Chiesa. Se volete proprio avere dei "sentimenti", abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù e cioè, come dice Paolo, l'obbedienza e l'umiltà (cfr. Fil 2,5ss).

 Un'ultima cosa devo dire, qui, circa l'esercizio dei carismi: che essi non possono andare insieme con il peccato. Dunque che bisogna rompere definitivamente con il peccato. Alla vigilia dell'effusione dello Spirito, tutto quello che il Signore vuole da voi è questo. Non è scegliere quale carisma chiedere (è meglio, anzi, non chiedere proprio niente e lasciare che sia lo Spirito a distribuire i suoi doni "come vuole"). La cosa veramente importante è offrire al Signore un cuore contrito e umiliato, un cuore che non ha più attaccamenti al peccato. Beati voi se, in questa circostanza, in un momento di raccoglimento, riuscite a dire a Gesù: "Signore, ho capito qual è la mia vera radice di peccato, il legame che ancora mi impedisce di correre liberamente verso di te; perciò, tremando a causa della mia debolezza, ma pieno di fiducia nella tua grazia, dico: tra me e 'quel' peccato, più niente in comune; dico: Basta! Rompo definitivamente con il mio peccato!".

A proposito di peccato, lasciate che esprima un grido accorato che ho nel cuore da tempo. Ci sono inganni nei gruppi, in alcuni fratelli; ci sono delle situazioni in cui si ha l'aria di scherzare con Dio. S. Paolo dice: "Non ci si può prendere gioco di Dio!" (Gal 6,7); ora ci sono persone che sembrano non aver capito quanto Dio prende sul serio il peccato. Non parlo dei Peccati che commettiamo tutti, che ci colgono di sorpresa e, coMunque, dei quali ci pentiamo e ci confessiamo; parlo di "stato" di peccato, cioè di situazioni chiaramente individuate da tempo come situazioni di grave rottura con Dio e con la Chiesa, con le quali si continua a vivere tranquilli e si va alla preghiera settimanale. t una cosa terribile: l'epistola agli Ebrei dice che chi Vive in questo tipo di peccato "crocifigge di nuovo il Figlio di Dio e lo espone all'infamia" (cfr. Eb 6,6). Chi fa questo e va, senza pentimento, all'incontro di preghiera, è uno che va a battere le mani e lodare Cristo Signore, mentre nel suo cuore lo sta di nuovo crocifiggendo. Se ci sono tra noi casi del genere, pentimento, pentimento, confessione, confessione! Basta, andare ipocritamente in giro dissimulando il proprio peccato. "Oggi, se ascolti la sua voce, non indurire il tuo cuore!".

 Signore, aiutaci ad avere un cuore contrito e umiliato, che ha tagliato tutti i ponti con il peccato volontario, perché tu possa riversare su di noi il tuo Spirito e arricchirci dei suoi doni per la gloria del Padre e per l'edificazione della tua Chiesa. Amen!

La sobria ebbrezza dello Spirito - Edizioni RnS

                                                           TORNA A CATECHESI