Il contesto di questa lettera è la disputa alzata da alcuni Ebrei divenuti Cristiani i quali vorrebbero che anche tutti i pagani che si convertono al cristianesimo, abbraccino anche tutte le norme giudaiche quali la circoncisione e le altre pratiche.
Paolo difende con tono deciso la libertà di ognuno come mezzo per un rapporto con Dio che sia basato sull'amore di lui e non su pratiche legalistiche.
La stessa tematica verrà ripresa in maniera più calma ed approfondita nella lettera ai Galati.
In questo passo si nota subito che Paolo fa la differenza tra opere, che sono della carne, e frutti, che sono dello Spirito.
In Paolo il termine opera ha sempre un valore negativo e indica lo sforzo umano di costruirsi la religione dal basso. E' un voler raggiungere Dio con il proprio sforzo per poterlo manipolare a piacere. E' la torre di Babele. Frutto, invece, è qualche cosa che esce spontaneo dall'albero.
Anche quando parla della carne Paolo è alquanto negativo. L'uomo-carne è l'uomo abbandonato alle sue sole forze, al contrario l'uomo-spirito è l'uomo interpellato da Dio e segue la fede.
Quindi quando egli fa la lista delle "opere della carne", non può essere che una lista fortemente negativa. D'altronde lui sa bene che ogni uomo è tempio dello Spirito, non esiste un uomo in cui Dio non abbia la sua influenza a meno che la persona stessa si metta in netta opposizione e rifiuto di Dio. La fonte di tutti i peccati, quindi, non sta nell'uomo ma nel suo voler fare a meno di Dio.
Naturalmente la lista non è e non vuol essere esauriente, e soprattutto più che di peccati (singoli atti), si parla di vizi (attitudini).
La morale che Paolo presenta, è invece eredità del Regno, è qualcosa che è basato sulla speranza ma che richiede un continuo sforzo personale per preparare la venuta del Messia, per vincere le tendenze della carne.
Come per i vizi, così anche per il frutto dello Spirito, non c'è una lista esauriente ed esso non si riferisce solo ai santi o a coloro che sono in Paradiso, ma è una realtà per ogni giorno e per ogni credente.
Anche qui si fa peso soprattutto sulle virtù sociali: pace, gioia, ecc.
Abbiamo detto che il frutto esce spontaneo dall'albero, ma questo non vuol dire passività. Proprio perché sono frutti specialmente sociali, esigono collaborazione umana. Per questo S. Paolo dice: "Se viviamo dello Spirito, camminiamo secondo lo Spirito".
LE OPERE DELLA CARNE
Per San Paolo è indispensabile che la libertà del Cristiano non significhi fermarsi alle bassezze della natura umana, ma libertà di camminare nella vita dello Spirito. Ognuna delle parole che Paolo usa nasconde un'immagine: esaminiamole.
Fornicazione; E` stato detto, e corrisponde a verità, che la castità è una virtù introdotta nel mondo per la prima volta dal Cristianesimo. Il cristianesimo sorse in un mondo in cui l'immoralità sessuale non solo era accettata, ma spesso era considerata indispensabile per una vita ordinaria. Quando non si pone Dio come unico oggetto del nostro amore, si arriva un po'' alla volta a giustificare qualsiasi altro tipo di amore.
Impurità; La parola che Paolo usa è "akatharsia", una parola molto interessante. Può essere usata per descrivere il pus di una ferita infetta, per descrivere un albero che non è mai stato potato, o materiale grezzo che non è mai stato setacciato. La sua forma positiva (l'aggettivo "Katharos" che vuol dire puro) è comunemente usato nei contratti riguardanti case, per dire che sono state lasciate pulite e in buone condizioni. Ma l'uso più interessante di questo aggettivo è per la purezza cerimoniale che permette all'uomo di avvicinarsi agli dei per pregare. Impurità, quindi, è quella cosa che rende un uomo indegno di comparire davanti a Dio, la sporcizia della vita e tutto quanto ci separa da Dio. Non solo, quindi, l'aspetto sessuale del quale si è già parlato prima, ma qualsiasi altra azione fatta con intenzione non buona.
Libertinaggio; Questa parola ("Aselgeia") è stata definita: "prontezza ad ogni piacere". L'uomo che la pratica non conosce limiti o controllo di sé. Flavio Giuseppe, usa questa parola quando parla di Gezabele mentre costruisce a Gerusalemme il tempio di Baal. L'idea è quella di un uomo che si è lasciato coinvolgere così tanto dai suoi desideri da non preoccuparsi più per quello che gli altri dicono o pensano. Il lasciarsi prendere dalle passioni è come una droga che un po'' alla volta addormenta la nostra coscienza.
Idolatria; Questo significa adorare dei costruiti dalle mani degli uomini. Si ha questo peccato quando cose materiali hanno preso il posto di Dio. Quante delle nostre cose sono diventate indispensabili nella nostra vita, più importanti di Dio, e questo anche per persone col voto di povertà.
Stregoneria; Letteralmente questo significa uso di medicine. Può essere una cosa guidata bene da un dottore, ma può anche essere occasione per avvelenare una persona. Col tempo questa parola divenne sinonimo dell'uso di droghe per i riti magici, cosa di cui il mondo antico era pieno. Pensiamo all'uso di mezzi che ci aiutano a pregare. Sono cosa ottima; ma se diventiamo schiavi dei mezzi, se essi ci producono dei surrogati di preghiera, se la fanno diventare fredda e meccanica, bisogna rivederli.
Inimicizia; reca l'idea di un uomo che è sempre ostile agli altri. E' l'esatto opposto della virtù cristiana dell'amore per i fratelli e tutte le persone. Non è necessario arrivare a litigi o odio aperto. E' l'attitudine generale che deriva da una chiusura in sé e dalla paura che qualsiasi apertura verso l'altro ci danneggi.
Discordia; Originariamente questa parola riguardava le rivalità per dei premi. In quel senso può avere un valore positivo (gareggiare), ma è soprattutto usato per descrivere una rivalità che poi finisce in lite e lotta. L'oggetto in palio passa in secondo piano e l'attenzione si focalizza di più sugli sbagli degli altri.
Gelosia; deriva dalla parola Zelo che è originariamente buona. Significa emulare, il desiderio di raggiungere la nobiltà quando essa è intravista. Lungo il tempo in senso è degenerato ed è arrivato ad assumere il significato di voler ottenere quello che qualcun altro ha e che non spetta a noi avere. Essa ci fa perdere di vista la nostra vocazione e il valore dei doni che Dio ci ha dato, e ci concentriamo sui doni degli altri. E' il vecchio detto: "L'erba del vicino è sempre più verde".
Dissensi; Qui la traduzione italiana mette assieme due parole che significano letteralmente perdere il controllo di sé e ricerca del proprio interesse. La prima non è collera, è un qualche cosa che scoppia ora e poi si smorza quasi subito, uno scatto d'ira. La seconda è un cercare di raggiungere delle cariche o posizioni politiche non per il servizio che si può fare agli altri ma per quel che ci si guadagna. Quante volte permettiamo che l'arrivismo rovini il nostro rapporto con gli altri e il nostro apostolato.
Divisioni; Letteralmente questa parola significa starsene da una parte. Essa descrive una società i cui membri invece di incontrarsi e collaborare se ne vanno ognuno per conto proprio senza un minimo interesse per il bene comune. Quanto è vero anche in comunità religiose in cui non c'è dialogo!
Fazioni; Queste possono essere descritte come divisioni ormai cristallizzate. La parola greca è "hairesis", da cui deriva la nostra "eresia". Originariamente la parola "Hairesis" non era negativa, deriva dalla radice di "scegliere" ed era usata per descrivere una scuola filosofica o un gruppo di scolari che condividevano una certa teoria. Il problema è che spesso nella storia coloro che avevano punti di vista diversi, sono finiti per rifiutare non tanto l'idea dell'altro quanto la persona stessa. E' arroccarsi sulle proprie posizioni senza preoccuparsi di ascoltare e capire gli altri. Dovrebbe essere possibile aver idee diverse ma pure rimanere buoni amici.
Invidia; Questa parola ("fthonos") è molto significativa. Euripide l'ha definita "la peggiore tra le malattie degli uomini". L'essenza di questa parola è che non descrive lo spirito che desidera, in modo nobile o meno, ciò che un altro ha: ma lo spirito che porta rancore semplicemente per il fatto che l'altro ha queste cose. Non vuole tanto le cose per se stesso, ma semplicemente il fatto che esse vengono tolte all'altro. Gli Stoici la definivano "il dolore per il bene di qualcun altro". San Basilio la chiama: "dolore per la fortuna del tuo vicino". E' la qualità non tanto della persona gelosa, quanto della mente esacerbata. Ogni ulteriore commento è superfluo.
Ubriachezza; Questo non era un vizio tanto comune nell'antichità. I greci bevevano più vino che latte, e persino i bambini bevevano vino, ma lo bevevano sempre mescolato ad acqua in porzioni di due a tre. I Cristiani, come d'altronde anche i Greci, condannavano l'ubriachezza come il vizio che trasforma le persone in bestie. Oggi non è solo il vino che ci ubriaca.
Orge; Questa è una parola con una storia interessante. Un orgia ("Komos") era una banda di amici che accompagnava il vincitore di una gara a festeggiare la vittoria. Essi danzavano, ridevano e ne cantavano le lodi. La parola descrive anche le bande dei devoti di Bacco, dio del vino. Ora significa una baldoria incontrollata che degenera in scostumatezza. Qui potremmo in un certo senso farci entrare il gusto di parlare "sporco" o di ridere di cose stupide, caratteristico di tanti giovani. Quanti tra i nostri giovani si lasciano trascinare dai compagni a comportamenti cattivi o pericolosi solo perché non hanno il coraggio di dire di no al gruppo o hanno paura di apparire dei deboli.
Se andiamo alla radice di tutte queste parole vediamo che la vita non è poi cambiata molto dai tempi di Paolo.
IL FRUTTO DELLO SPIRITO
C'è subito da notare che si parla di "frutto" e non di frutti. Il frutto è unico, è la capacità di camminare alla presenza di Dio, ma di volta in volta essa assume aspetti diversi: amore, pace, gioia, ecc.
Come aveva fatto nei versi precedenti per le opere della carne, ora Paolo prepara una lista di cose buone che sono frutto dello Spirito. Anche qui guardiamo a ciascuna parola.
Amore; La parola usata dal Nuovo Testamento è "Agape". Questa parola non è molto usata nel greco classico. In greco ci sono quattro parole diverse per tradurre l'italiano "Amore":
a) "Eros"; significa l'amore di un uomo per una ragazza; è un amore che ha in sé una forte passione. Nel NT Eros non è mai usato.
b) "Philia" è il caldo amore che noi proviamo per coloro che ci sono più vicini o più cari; è una cosa del cuore. E' usata anche per descrivere interessi tipo musica, pittura ecc.
c) "Storge"; significa piuttosto affetto ed è usato specialmente per l'amore dei genitori e dei figli.
d) "Agape," il significato cristiano di questa parola è una benevolenza che non si può guadagnare o ripagare. Significa che nonostante tutti i difetti, le ingiustizie, le offese o le umiliazioni che un uomo può infliggerci, noi non cercheremo mai nient'altro che il suo bene. Pertanto esso è un sentimento sia della mente che del cuore; coinvolge sia le emozioni che la volontà. Descrive lo sforzo, che si può fare solo con l'aiuto di Dio, di ricercare solo ciò che è meglio per ciascuno, anche per coloro che ci fanno del male.
Gioia; la parola greca è "chara," e il più delle volte descrive quella gioia che ha una base nella religione (vedi ad esempio sal.30:11; Rom.14:17; Rom.15:13; Fil.1:4; Fil.1:25). E' una gioia che non viene dalle cose terrene, né tanto meno dal trionfare sopra qualcuno. E' una gioia che ha le sue fondamenta in Dio.
Pace; Nel greco dei tempi di Paolo, questa parola ("eirene") aveva due significati interessanti: Era usata per descrivere la serenità di una nazione che si trova sotto il dominio di un imperatore buono, giusto e benevolo. Era usata anche per descrivere l'ordine in una città o in un villaggio. Ogni villaggio aveva un ufficiale chiamato il sovrintendente all'"eirene", il custode della pace pubblica. Normalmente nel NT "eirene" traduce l'ebraico "Shalom" e significa non solo libertà da problemi, ma presenza di ogni cosa necessaria per raggiungere la condizione migliore di un uomo. Qui significa quella tranquillità di cuore che deriva dalla coscienza che la nostra vita è nelle mani di Dio. E' interessante notare che "chara" ed "eirene" diventarono nomi molto comuni nella Chiesa antica.
Pazienza "Makrothumia"; Questa è una parola molto forte. L'autore del 1 libro dei Maccabei (1Macc.8:4) dice che i Romani diventarono padroni del mondo grazie alla loro "makrothumia", cioè attraverso quella costanza che non avrebbe mai fatto pace con un nemico, neppure in caso di sconfitta; una sorta di pazienza conquistatrice. Normalmente parlando, questa parola non è usata riguardo alle cose o agli eventi della vita, ma riguardo alle persone. San Giovanni Crisostomo dice che essa è la grazia dell'uomo che avrebbe la possibilità di vendicarsi ma non lo fa, l'uomo che è "lento all'ira". E' Molto significativo il fatto che questa parola nel NT è usata per descrivere l'attitudine di Dio nei confronti dell'uomo (Rom.2:4; Rom.9:22; 1Tim.1:16; 1Pt.3:20). Se Dio fosse un uomo avrebbe annientato il mondo già da molto tempo; ma egli ha una pazienza che sopporta tutti i nostri errori e non ci abbandonerà mai. Nel nostro comportamento verso gli altri, dobbiamo riprodurre questa attitudine amorevole, paziente, misericordiosa che Dio ha nei nostri confronti.
Benevolenza e bontà; sono parole strettamente collegate. La parola che traduciamo con benevolenza è "chrestotes." Essa è spesso tradotta anche con bontà. Qualcuno la traduce anche con "dolcezza". E' una bellissima parola. Plutarco dice che essa è molto più ampia che la giustizia. Il vino vecchio è chiamato "chrestos," "amabile." Il giogo di Cristo è chiamato "chrestos," (Mt.11:30), cioè non dà fastidio, L'idea è quella di una bontà che è anche gentilezza. Invece la parola che Paolo usa per "bontà" ("agathosune") è tipica della bibbia e non la si trova nel greco profano (Rom.15:14; Ef.5:9; 2Tess.1:11). E' la parola più ampia per rendere la bontà. La si può definire "una virtù equipaggiata di ogni cosa necessaria". Qual è la differenza tra le due parole? "Agathosune" ha la possibilità e capacità di richiamare e rimproverare, "chrestotes" può solo aiutare. Trench dice che Gesù dimostrò "agathosune" quando ripulì il tempio da tutti i venditori che lo avevano trasformato in un mercato, ma mostrò "chrestotes" quando fu gentile con la peccatrice che gli aveva unto i piedi. Il cristiano ha bisogno di quella bontà che sa essere contemporaneamente gentile ma decisa.
Fedeltà; questa parola ("pistis") è comunemente usata nel greco classico per "degno di fiducia". E' caratteristica dell'uomo del quale ti puoi fidare.
Mitezza; "praotes" E' la parola più difficile da tradurre. Nel Nuovo Testamento ha tre significati principali. (a) Il mite è colui che è sottomesso alla volontà di Dio (Mt.5:5; Mt.11:29; Mt.21:5). (b) E' anche un soggetto a cui si può insegnare, che non è troppo orgoglioso per imparare (Gd. 1:21). (c) Il più delle volte significa "mansueto" (1Cor.4:21; 2Cor.10:1; Ef.4:2). Aristotele definisce "praotes" l'uomo che non è né troppo facile all'ira né completamente esente da essa, la qualità dell'uomo che è sempre arrabbiato al momento giusto e mai al momento sbagliato. Una cosa che può rendere ancor più il senso è sapere che l'aggettivo "praus" è usato per un animale che viene domato e tenuto sotto controllo; quindi la parola parla di quel controllo di sé che solo Cristo può darci.
Dominio di sé; la parola è "egkrateia" e Platone la usa per indicare la padronanza di sé. E' lo spirito forte che ha messo sotto controllo i suoi desideri e la sua ricerca di piacere. E' usato per la disciplina che l'atleta impone al suo corpo (1Cor.9:25) ed è usato anche per il controllo che il Cristiano ha della sessualità (1Cor.7:9). Il greco profano usa questa parola per parlare dell'Imperatore capace di far sì che i propri interessi personali non influenzino le sue decisioni a favore del popolo. E' la virtù per la quale un uomo diventa così padrone di se stesso da essere pronto a diventare servo degli altri.