|
Il
13 maggio 2010 è apparsa una meteora: il manifesto Per
la coscienza degli animali. Gli ideatori di questo documento sono
il ministro Michela Brambilla e il celebre oncologo Umberto
Veronesi. Essi, insieme con alcuni prestigiosi personaggi
pubblici, hanno deciso di costituirsi come “coscienza degli
animali” nella bella cornice di Palazzo Reale in Piazza
Duomo a Milano. Nelle righe di una pagina scarna vengono ripresi
tutti gli orribili trattamenti che gli umani impartiscono agli
altri esseri: dalla caccia agli zoo, dall’importazione di
esotici al maltrattamento negli allevamenti intensivi, dai riti
di sgozzamento alla vivisezione, dall’abbandono agli
allevamenti di pellicce.
Le
urla suscitate dal dilagare di quell’oscura violenza che
affonda le radici nella notte dei tempi non potevano rimanere
inascoltate dalla ministra Brambilla e “occorreva
dunque che tutta la società scendesse in campo per
difendere gli animali...”. Quel roboante imperfetto
usato dalla Ministra nella sua relazione introduttiva al posto di
un modesto futuro, prefigurava la messa in moto di grandi energie
e di politiche rivoluzionarie. Ma che delusione il prosieguo!
solo sette illustri persone di buon cuore, con i loro ambigui
interventi e niente più. Nemmeno
quelle inutili e inservibili associazioni, sempre ben disposte
alle rare elemosine che le istituzioni elargiscono quando
vogliono mostrare la maschera della civiltà, sono apparse
nel teatro. Non c’era bisogno di invitarle dacché il
sole della politica deve brillare senza che niente l’oscuri.
Queste, di converso, hanno ripagato col silenzio o stentati
trafiletti un comunicato che, qualora fosse stato condiviso, le
avrebbe mandate in sollucchero. Brutta cosa offendere la loro
vanità. Non sono loro, le associazioni, a sostenere da
decenni queste cose? E ora viene questa signora e le ripete come
fossero pensieri scoperti in una notte d’insonnia.
Inaudito!
Di
certo sia il nuovo comitato dei saggi, sia le
organizzazioni antiquate ed equivoche, avrebbero potuto trovarsi
unite nelle inutili e insulse dichiarazioni del manifesto.
Inutili appunto perché semplici dichiarazioni che le
associazioni protezioniste hanno sempre impiegato per ottenere
visibilità e che ora la politica riprende per lo stesso
scopo. Ma anche insulse, e per un motivo ancora peggiore, poiché
riesumano un approccio verso l’alterità animale
ormai vecchio e superato.
Le
parole chiave che risuonano nel manifesto sono quelle di sempre:
“rispetto”, “civiltà”, “vita”,
“consapevolezza”, “coscienza”,
“sensibilità”. Si sostiene che “Il
rispetto per la Vita è una delle grandi conquiste
dell’uomo, è un segno di civiltà”.
Che “la Vita non è solo la “nostra”
Vita, ma anche quella di tutto ciò che ci circonda”.
Che “chi rispetta la Vita deve rispettarne ogni forma”.
Tale rispetto per la vita, scritta ossessivamente in maiuscolo,
impregna la scarna paginetta, ma rappresenta sempre qualcosa che
non deve essere violata né “per crudeltà”,
né “per divertimento”. Si tratta di una
formulazione meschina che lascia aperta la visione zoofila
secondo cui gli animali possono comunque essere usati dagli
umani, se necessario, purché trattati con riguardo. La
gerarchia non si discute! Del resto dicendo “Rispettando
gli animali, rispettiamo noi stessi” il manifesto non
ripropone forse l’eterno scarto che volutamente nasconde la
natura animale dell’“uomo”?
Questa
formulazione lascia aperte balconate panoramiche in cambio della
chiusura di piccole seppur importanti feritoie. Infatti cosa ci
si propone di tagliare drasticamente? La presenza degli animali
nei circhi (forse risparmiando sui contributi statali per gli
spettacoli viaggianti) e il commercio degli animali esotici. Si
tratta di obiettivi che hanno tenuto impegnato a lungo
l’attivismo animalista protezionista; dunque sarebbe
positivo vedere la scomparsa di queste autentiche brutture. Ma
lottare per l’abolizione di istituzioni di sfruttamento
specifiche avendo sempre come riferimento l’abolizione di
tutte le forme di sfruttamento ha un significato. Altro
significato è quello di liberarsi di pesi obsoleti e
storicamente superati per acquisire la giustificazione al
permanere dello sfruttamento essenziale.
Per
il resto, semplici intenti. Si chiede l’immediata
cessazione dello sgozzamento halal, ma c’è da
scommettere che quando i sottoscrittori del manifesto si
renderanno conto che esiste anche lo sgozzamento kosher
recederanno dai loro illuminati propositi. Poi, ogni volta che
l’economia importante entra in gioco, lì vediamo
l’arretramento del bel manifesto: l’industria
dell’alimentazione, il vero immenso olocausto che trascina
nel gorgo distruttivo 800 milioni di animali all’anno non
si tocca. Per i condannati al macello – ma non si parlava
di Vita? – si invoca soltanto trasporti compassionevoli e
un “ambiente sano che consenta libertà di
movimento”. Anche la fiorente industria delle armi non
deve essere messa in crisi. Così la caccia dovrà
essere abolita un giorno, ma per ora, in attesa di tempi biblici,
dovrà semplicemente essere messa “a freno”.
La vivisezione dovrà essere abolita perché “priva
di reale validità scientifica”. Questa perla
mostra tutta l’astuzia che, a fini esclusivamente politici,
tenta di addomesticare il tenue senso di attenzione che si sta
sviluppando nella popolazione italiana verso gli animali: poiché
non si potrà mai decidere entro l’ambito
della ricerca la validità o meno della vivisezione, dato
che molti ricercatori la sosterranno, la promessa dell’abolizione
rimarrà in un eterno limbo. Al massimo si consoleranno gli
antivivisezionisti moderati con piccole estromissioni delle
pratiche assassine da ambiti ristretti.
Tutto
il manifesto e gli interventi che ne hanno supportato la
presentazione sono impregnati di ambiguità, così
come sono ambigue le riflessioni dei suoi “garanti”.
Alcuni persino vegetariani. Una arriva persino a identificare i
lager nazisti con gli allevamenti intensivi, ma poi si guarda
bene da spingere la similitudine fino a considerare il
vegetarismo un obbligo da perseguire assolutamente mediante
leggi. No, il vegetarismo va considerato una “scelta
personale”. Forse, riprendendo la similitudine da lei
stessa evocata, il rifiuto dell’assassinio di umani
dovrebbe essere lasciato alla coscienza dell’assassino?
Tuttavia è bene prendere in parola questa piccola armata
che dichiara: “D’ora
in poi “faremo” e “saremo” la coscienza
degli animali e la nostra voce sarà forte e chiara”.
Tanti auguri! avete tutta una serie di obiettivi che non
contrastano e sono compatibili con la struttura sociale specista
e antropocentrica alla quale siete indissolubilmente legati:
incominciate ad abolire i canili lager; obbligate gli stabulari
ad avere l’arricchimento ambientale; assegnate un patentino
ai trasportatori di animali e imponete loro un ridicolo corso di
formazione; abolite la presenza degli animali nei circhi;
cancellate gli zoo dal territorio nazionale. Cimentatevi nelle
battaglie che riterrete in linea con la vocazione alla
compassione pelosa. Ne vincerete poche, forse nessuna. Ma anche
se il successo vi dovesse arridere fino al completo
raggiungimento del programma, starete ancora al nastro di
partenza.
Il
movimento antispecista, ancora debole e in fase di costituzione,
non avrà pace fino alla completa sconfitta del mondo che
rappresentate. L’insistenza
sul buon cuore – dicono Horkheimer e Adorno – è
il modo in cui la società confessa il dolore che procura.
E che continuerà a procurare finché non si libererà
della vostra civiltà mortifera.
|
|