Vis Polemica

E' vero: gli animali non sono merce...

A cura del
Collettivo




L’animalismo sta diventando una merce da vendere e comprare sul mercato della politica? Da tempo si registrano sia “sensibilità” in giornali di “area” sia parlamentari disponibili a mettere la propria immagine in gioco per rifare leggi strampalate e gabellate per conquiste di civiltà. Al raduno verde per le primarie campeggiava sugli spalti di qualche palazzetto dello sport un lenzuolo che riportava lo slogan: “Più diritti per gli animali”. Ma più sorprendente è il segnale pervenuto da Bertinotti il quale, prima della consultazione, ha ritenuto di intervenire sull’argomento.

Il segretario di PRC, forse una risposta a un’osservazione di un attivista, si lancia in affermazioni mai sentite: “...Rifondazione Comunista... considera l'animalismo rientrante, nel più vasto movimento di rivendicazione dei diritti dei più deboli,  contro ogni forma di sfruttamento, di violenza, prevaricazione e antropocentrismo”. Oppure: ““Il superamento di una visione specistica,  antropocentrica appunto, è assunto come uno dei fondamenti della  costruzione di un nuovo mondo possibile e di una alternativa di  società”. Come non rallegrarsi?

Solo che l’animalismo più avvertito ha ormai imparato a non fidarsi di chi si abbandona con facilità a semplici locuzioni verbali. Forse con un po’ di ritardo, gli animalisti hanno compreso che è troppo facile esibire frasi a effetto per conquistare un’interessata attenzione e poi dimenticarsi di un problema non sentito o valutato “secondario”. Sia detto senza offesa, ma queste espressioni sembrano prese a prestito da un libro o suggerite da qualche “consulente” specializzato. Ci sono troppi aspetti  che non tornano.

Innanzi tutto il concreto comportamento tenuto dal PRC almeno lungo l’ultima legislatura. Se si escludono apprezzabili contributi e, talvolta, straordinari sforzi di singoli compagni che si sono prodigati oltre le loro possibilità, non si può dire che il destino degli animali sia in cima alle preoccupazioni di Bertinotti e di Rifondazione. Tutti i giorni il sistema dell’informazione ci propina notizie e immagini raccapriccianti relative a uccisioni violente e “anomale” di animali. Insensibili, i media costruiscono, col modo stesso di presentare le notizie, insensibilità presso un’altra specie “domesticata”. Basta ricordare le varie vicende relative a polli, pecore, bovini. Il partito che veramente avesse a cuore una politica di riconsiderazione del problema animale non esiterebbe, in questi casi, a dare dei contributi sia sul piano della cultura che in quello dell’azione. Prc si è mai impegnato in tal senso? A ciò va aggiunta una riflessione che ha il valore della prova del nove: le iniziative animaliste, antispeciste, liberazioniste, che con fatica si sviluppano e continuamente muoiono per l’isolamento di cui soffrono, sono il terreno sul quale si può misurare l’effettiva sincerità di un partito che non parla di antispecismo solo per dire. Dunque le occasioni (purtroppo) non mancherebbero, se solo si volesse dare concretezza alle parole. Ebbene, anche in questo caso siamo costretti a rilevare un disinteresse totale.

Ma vi sono altre incertezze che alimentano sospetti. La lettera di Bertinotti afferma come “i  diritti dell'uomo e  degli altri esseri sensienti non umani siano  interconnessi ed  interdipendenti” e come si debba perseguire “lo sviluppo della società, in un’ottica che  consideri gli animali  soggetti sensienti e non merci, portatori di  diritti e non oggetti da  sfruttare e consumare”. Non male come coppia di proposizioni, ma non vorremmo che in un sussulto di lucidità tattica fosse stato depennato il solito epilogo relativo all’importanza della carne biologica che, a differenza di quella prodotta in allevamenti intensivi, non fa “soffrire troppo” l’animale, salva il pianeta, e permette a chi la mangia di non assorbire antibiotici. Il sospetto tende a trasformarsi in certezza quando Bertinotti richiama “alcune normative  europee, largamente  disattese nel nostro paese, [che] segnano un percorso  favorevole  all'evoluzione verso i diritti degli animali”. Sarebbe interessante sapere a quali normative della UE Bertinotti si riferisce giacché, non ci sembra che ce ne sia una, solo una, che sfugga o alla logica della “carne biologica” o a qualche ipocrita (e facilmente aggirabile) carità pelosa.

Insomma, se davvero, come crediamo, c’è uno scarto tra le parole utilizzate e i concetti sottesi, Bertinotti dovrebbe cambiare l’ipotetico consulente il quale, tra l’altro, ha il torto di suggerirgli un pessimo profilo dell'animalista: quello che riconosce “il senso di  equilibrio e la sensibilità con cui Nichi  Vendola, il compagno  Presidente della Puglia, ha regolato  l’applicazione della normativa per l’attività  venatoria”. Chi non riesce a sostenere che la caccia non va regolata, ma abolita in quanto attività ludica basata sull’ammazzamento di “esseri senzienti” eviti di parlare di visione specista e “antropocentrismo”. E inoltre incominci a documentarsi sulla differenza che corre tra l’antispecismo e la chincaglieria protezionista

La questione animale è il primo problema da porre all’ordine del giorno. Noi, pur essendo tutti comunisti e marxisti, sappiamo ormai che nessuna caduta del potere d’acquisto delle masse popolari nell’Occidente, nessun indebolimento del welfare, può essere paragonato a milioni di vite costrette a subire violenze lungo tutto l’arco della breve esistenza e a morire per una necessità inesistente. Possiamo chinarci alla logica delle cose e accettare di considerare i problemi degli animali e delle masse impoverite ugualmente gravi, ma niente di meno. Chi non comprende questo, non può rappresentarci.




Data: 08/11/05

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