Vis Polemica

Furbi o schizofrenici?
(note in margine a Vita Animale)

di
Frunze



  

Raramente un “manifesto” viene scritto per confondere. Normalmente appare per chiarire, per prendere le distanze da uno sfondo dal quale si staglia con fulgore. Questo non si può dire del manifesto “Vita Animale” nato in “casa DS”, testo confuso come pochi altri. Al primo impatto non si comprende se lo sia volutamente o a causa della babele dei linguaggi dei nostri tempi oscuri. La prima ipotesi è sicuramente più probabile. In un periodo in cui l’Animalismo può diventare risorsa politica, l’egemonia su una parte di esso diventa un’opportunità da non trascurare. Nello stesso tempo, e per ovvie ragioni, le aspirazioni dell’animalismo rettamente inteso non sono troppo compatibili  con la società di mercato. Ne consegue la necessità di adottare un linguaggio confuso in cui ognuno possa vedere quello che la sua sensibilità gli suggerisce. Attraverso la lettura del “manifesto” cercheremo di dimostrare l’alta probabilità di questa tesi.

 La specie umana è responsabile di se stessa, delle altre specie, dell'ambiente in cui vive. Vita animale nasce a partire da questa consapevolezza e da questa presa di coscienza.

La partenza è un inno all’antropocentrismo. Che la specie umana sia responsabile di sé stessa è assai dubbio. Ma l’affermazione è pur sempre verificabile (o falsificabile) entro un dominio descrittivo. O normativo, anche. Infatti è auspicabile che diventi responsabile di sé stessa, visto che da millenni tenta senza riuscirvi. Ma che “debba” essere responsabile anche per gli altri animali e le altre componenti della natura dove sta scritto? In questo fulminante incipit si misura tutta la perniciosa influenza dei catechismi monoteisti che hanno fornito un formidabile strumento dottrinario alla devastante volontà di potenza dell’individuo borghese. Se l’ente umano diventa responsabile di tutto, o per concessione divina, o per ragione evolutiva, o per semplice ostentazione di forza, ne consegue che si arroga un diritto esigibile in virtù del potere posseduto, ma che non può portare a buon fine perché la sua potenza non possiede, ormai è noto, una adeguata capacità di controllo sugli atti. Il richiamo alla “consapevolezza” è poi sospetto perché, essendo inteso, in sostanza, come “ricamo mentale” del diritto alla manipolazione totale, non rappresenta altro che una formula generica alla quale possono accodarsi anche le multinazionali.

 Sta a noi umane, umani farci carico delle altre specie. Sta a noi sconfiggere l'idea che gli animali esistano esclusivamente per soddisfare i nostri bisogni di specie dominante. Sta a noi diffondere la cultura e promuovere la salvaguardia delle biodiversità.

Qui inizia l’ambiguità cui facevamo riferimento all’inizio. Di cosa si sta parlando? Di animali individui o di animali specie? La difesa delle specie animali può benissimo convivere con le più turpi e orrende pratiche di allevamento. Per salvaguardare la biodiversità animale è sufficiente evitare che la specie che si vuole di volta in volta proteggere rischi l’estinzione. Il motivo per cui tanti protezionisti si dannano per salvare balene o panda giganti sta tutto dentro il pericolo che questi animali spariscano dalla faccia della Terra. Se vi fosse una abbondanza di individui, molti dei protezionisti attuali non si scalderebbero troppo qualora le autorità nazionali o internazionali stabilissero un adeguato prelievo. Ora, il passo precedente induce a pensare che l’interpretazione da dare sia proprio questa. Ma proseguendo…

 Tutti gli animali dipendono da tutti gli umani. Il nostro "potere assoluto" non si esercita solo sui nostri compagni di vita (decine di milioni secondo l'Istat) e nemmeno solo su quelli che lavorano con noi e per noi. A dipendere da noi, dalle nostre scelte, dalle nostre azioni, dal modo in cui trattiamo il mondo che ci circonda e le sue, nostre risorse - l'aria, l'acqua, la terra - sono tutti gli altri viventi. Quel potere chiede più responsabilità. E chiede norme e comportamenti capaci di regolarlo e di dargli misura.

… sorge un dubbio. L’espressione “compagni di vita” apre una situazione di incertezza. I compagni di vita non rischiano certo l’estinzione (qui non ci si riferisce ai veri compagni di vita, tutti gli esseri viventi, ma solamente a un sott’insieme di essi, gli animali di affezione) e inoltre, nei loro confronti, si è accettato da tempo - molto ipocritamente in verità - di parlare di diritti. I diritti, in primis, si applicano agli individui e solo di riflesso alle specie. Dunque l’incertezza rimane. Poi, è degno di nota che si parli di animali che lavorano “con noi e per noi” come se fossimo ai tempi del “pio bove” aratore, mentre non vengono nominati gli animali stabulati, torturati, massacrati e infine mangiati. Ma forse gli estensori del manifesto, sicuramente tutti vegetariani, sono così puri e idealisti da non essere a conoscenza dei lager della vergogna, visto che non li nominano nemmeno. Comunque, si osservi la nuova invocazione della “parola prezzemolo”: responsabilità.

La lingua dei diritti - che pure ha fatto compiere molti passi avanti alla nostra coscienza quando è stata parlata dagli animalisti (pensiamo solo alla diffusione dell'idea che esiste un diritto a non soffrire) - da sola non basta. C'è qualcosa che quella lingua - lingua dell'eguaglianza, inevitabilmente - non descrive e che, invece, è la base del nostro rapporto con le altre specie (e, anche, con le altre età): ci riferiamo alla profonda disparità che esiste tra umani e a animali (come, del resto, tra piccoli e grandi), e che è dovuta ai posto che occupiamo nella biosfera. Per questo accanto a diritto, diritti, ci piace usare parole come affidamento, tutela, responsabilità, cura: perché siamo consapevoli che l'esigibilità di eventuali diritti riconosciuti agli animali sarebbe, è, anch'essa, nelle nostre mani.

Qui si coglie un cambio di registro. Si parla di diritti. Si parla dell’approccio al problema che si raccoglie sotto il nome “Animalismo”. Non solo; si va oltre comprendendo che gli animali  si meritano qualcosa di più che un freddo rapporto giuridico e presuppongono una relazione amicale ricca di relazioni affettive. Difficilmente si può pensare che si possano impiegare termini come “diritti”, affidamento, tutela, responsabilità, cura se si intende una mera protezione di specie. Difficilmente si possono impiegare termini come quelli se si concepisce di gustare una succulenta bistecca al sangue. Dunque gli estensori si piazzano sopra una bascula che non aiuta a comprendere bene ciò che vogliono trasmettere.

Insomma, pare che i DS di Vita Animale cerchino di barcamenarsi tra Scilla e Cariddi. Se bisogna blandire gli animalisti, è necessario che questi abbiano l’impressione di essere ben rappresentati. Tuttavia, poiché la difesa degli animali costituisce una prospettiva destabilizzante per un sistema che è costruito per la violenza sull’ambiente animale, vegetale e umano, considerata la naturale tendenza dei liberali come i DS a non destabilizzare il loro sistema, anzi a proteggerlo da ogni perturbazione, ne deriva la necessità di adottare una certa oscurità linguistica impiegando termini che esprimono principi generali e ad alta ambiguità semantica.

Ecco il motivo per il quale il lettore si può sentire spiazzato o colpito da una vena di fastidiosa vaghezza. Non è esclusa la possibilità che gli estensori del manifesto siano in sintonia col doppio regime tanto caro a certi zoofili. Quello che prevede cene sociali per la raccogliere denari per il canile mentre si addentano avidamente brasati al barolo o affettati di qualità. Certo è che intitolare un documento ufficiale con il solenne titolo “Vita Animale” per poi stabilire il “doppio regime” sarebbe operazione non troppo elegante.

Si può giungere a una conclusione? E’ sempre difficile quando si pone la lente su dichiarazioni di principio. E’ troppo facile, in un contesto segnato da astrattezza, nascondere il proprio pensiero con le parole. Per fortuna il manifesto va oltre i principi e apre una parte maggiormente segnata da un linguaggio orientato al concreto. Forse, quanto segue, permette un migliore orientamento per comprendere le intenzioni degli estensori.

Vita animale è una delle articolazioni dell'Autonomia tematica sull'Ambiente che opera nei Democratici di sinistra. Vi partecipano iscritte/i e non ai Democratici di sinistra che condividono la necessità che noi umane e umani impariamo a prenderci cura degli esseri e del mondo che ci circonda, di cui siamo parte e che ogni giorno modifichiamo con la nostra azione.

Avremmo omesso volentieri il passo, ma merita comunque una sottolineatura lo splendido “impariamo a prenderci cura degli esseri e del mondo” che consolida l’ipotesi di una sincera visione antispecista della natura, senz’altro antagonista alla visione liberista e sfasciamondo del partito dei DS. Chissà che ci fanno lì dentro, le signore1. Più interessante, comunque, quanto segue.

Siamo un partito politico. La politica è il nostro ambito e il nostro limite. Vita animale si farà - già è così - promotrice, attraverso le sue e i suoi aderenti, di proposte e iniziative parlamentari che vadano nella direzione di migliorare i rapporti interspecifici, costruendo un ambiente adatto a noi e agli altri animali.

Perciò riteniamo importante l'approvazione di alcune leggi di tutela degli animali, tra le quali quella relativa all'uso degli animali nei circhi riveste un particolare significato. Su altri problemi - i combattimenti tra cani, gli allevamenti intensivi, le specie in estinzione, i problemi legati alla ricerca scientifica e alle biotecnologie, per citarne solo alcuni - ci sono già interventi governativi o iniziative di associazioni animaliste che ci proponiamo di discutere e sostenere.

Il primo ambito di azione viene individuato nella politica legislativa a favore degli animali. Ci sono vari riferimenti. La legge sull’impiego degli animali nei circhi giace e continua a giacere da qualche parte sotto forma di pura proposta. La legge di combattimento tra cani, pratica introdotta dalla zoomafia, non è passata. Non è bastata una maggioranza “ben orientata” a suo tempo. La legge sugli allevamenti intensivi è invece passata, ma sarebbe stato meglio che non passasse (vedi “Miseria di decreti e d’altro”) giacché costituisce uno scandalo di dimensioni tali da impedire l’attenuante della buona fede di coloro che l’hanno votata. Per il resto (interventi governativi o iniziative di associazioni animaliste che ci proponiamo di discutere e sostenere) non capiamo bene. Vedremo, a tempo debito – ma quando? – di valutare “sostegni” e “discussioni”.

Molte sono, però, le norme nazionali e internazionali che già esistono grazie al lavoro di chi ci ha preceduto e, in particolare, di quelle associazioni e movimenti animalisti che hanno contribuito, nel nostro come in altri paesi, alla crescita di una coscienza della nostra responsabilità nei confronti degli animali non umani. Si tratta di far applicare quelle norme e quelle dichiarazioni, armonizzando, se mai, la legislazione, con l'aiuto e la collaborazione delle donne e degli uomini competenti e interessate/i, laddove risenta di difetti di organicità e di eccessi di burocrazia.

Non sappiamo molto bene a quale norme si faccia qui riferimento. Speriamo vivamente che non ci si riferisca al ripristino della norma dell’abbattimento dei cani randagi, visto che l’Italia è l’unico paese europeo che possiede una legge, molto ipocrita, che stabilisce il divieto di abbattimento. Per il resto gradiremmo davvero disporre di ragioni per accettare questa presunta “crescita di una coscienza della nostra responsabilità nei confronti degli animali non umani”.

Qui conviene che s’interrompa il nostro commento. Richiamiamo di nuovo l’attenzione sulla assoluta incapacità della politica (intesa come pura amministrazione dell’esistente e quindi ostaggio degli interessi particolari) di andare oltre la formulazione di proposizioni generiche scritte per assecondare umori serpeggianti nella società senza tuttavia prendere decisioni effettive. Si può osservare che in una società complessa gli interventi risolutori, specie nelle tematiche che ci stanno a cuore, sono di difficilissimo raggiungimento; proprio perché non si possono isolare da un contesto incompatibile con le pratiche di protezione e ancora troppo forte per poter essere persino scalfito. Ma non è questo il problema.

Ciò che è insopportabile è la costruzione di nicchie tematiche entro le quali ritagliarsi un ruolo che non corrisponde a niente, nemmeno a uno straccio di chiarezza espositiva. E’ indisponente sentire proclami che aspirano al meglio stando dalla parte di quelli che producono il peggio. E’ intollerabile millantare risultati quando tutta la questione animale sta franando in una condizione terrificante.

E poi l’adesione, peggio, la produzione di una cultura buonista inutile, se non nociva, per raggiungere risultati minimi. Si legga l’insopportabile frase zuccherosa sui film di Walt Disney. Si colga la fiducia senza senso in una “responsabilità” richiamata fino alla noia che si sta mostrando una merce rarissima nel mercato dell’umano. Si noti il parlare senza dire, affezionati come si è al politichese. Si consideri la mancanza di autocritica e di umiltà che si sostanzia nel rifiuto di ammettere: “non abbiamo combinato nulla nonostante le buone intenzioni, nonostante Internet, nonostante Walt Disney; ricominciamo da capo!” No, per persone come queste conta soltanto una cosa: esserci, contare, galleggiare nelle istituzioni anche se la ragione per la quale si è costruita una rete di relazioni si perde per strada.

Detto in estrema sintesi: se “Vita Animale” non esistesse, nessuno se ne accorgerebbe. Buon proseguimento di lettura di parole gonfiate con l’aria.

Ma fare politica non significa solo fare leggi. Fare politica, per un partito radicato in tutto il territorio nazionale e impegnato nel governo del Paese a diversi livelli significa anche mettere in rete ciò che esiste, le buone pratiche di governo che esistono.

Vita animale, infatti, è, innanzitutto, una rete. Significa che lavoriamo e lavoreremo perché l'esperienza di un comune, una provincia, una regione sia a disposizione di altri comuni, altre province, altre regioni. Ci avvaliamo di Internet e di tutto ciò che serve a aiutare la comunicazione tra le diverse aree del paese sui problemi della vita animale e sulle possibili - e già sperimentate - soluzioni, sulle leggi regionali.

Per ciò che attiene all'applicazione delle leggi nazionali, ci impegneremo perché nelle leggi finanziarie si compiano scelte coerenti, volte a favorire, in particolare, la lotta al randagismo, la costruzione e il funzionamento di canili che assicurino una vita animale e umana dignitosa (sic!) da parte degli Enti locali.

Esiste, infine, un altro motivo che spinge i Democratici di sinistra a occuparsi della vita animale. Ha a che fare, anche questo, con ciò che intendiamo per politica. Per noi, infatti, fare politica significa costruire ogni giorno legame sociale. Il rapporto tra umani e non umani è uno degli snodi del legame sociale. E lo sfruttamento degli animali incide direttamente sulla qualità della vita umana. Non solo perché attorno a esso sorgono conflitti nelle città, nei quartieri, nei condomini, ma anche perché la relazione con gli animali fa legame sociale: pensiamo, per esempio, a ciò che avviene quando un quartiere decide di farsi carico dei suoi gatti.

Le relazioni e i conflitti che sorgono intorno alla vita animale sono oggetto proprio della politica, dunque, come ben sanno tutti quei sindaci che hanno dato vita, nelle loro città, a uffici per i diritti degli animali. Quelle relazioni e quei conflitti, infatti, chiedono governo. E governare significa anche imparare ad accompagnare, orientare, nominare ciò che esiste, fame occasione di discussione pubblica e, dunque, di avanzamento della coscienza della comunità. Non a caso, nella maggior parte dei paesi occidentali i comitati di boetica hanno, innanzitutto, il compito di far crescere sulle diverse tematiche bioetiche (la questione animale è una di queste) il dibattito, la consapevolezza, l'opinione pubblica.

Non partiamo da zero. La coscienza della necessità di regolare il nostro potere assoluto è cresciuta notevolmente. Hanno contribuito a questo i movimenti e la cultura animalista. Ma anche i film di Walt Disney se è vero che sempre più bambini e bambine considerano l'animale non umano qualcuno a cui offrire amore, rispetto, curiosità.

In un tempo non troppo lontano, molte più cose ci facevano simili agli animali. Soprattutto - non è storia così antica - eravamo simili nell'atteggiamento nei confronti della gran parte degli eventi importanti della vita: la nascita, la morte, la malattia, la sofferenza, momenti che, nella nostra mente, non apparivano essere per niente nelle nostre mani e, dunque, oggetto di decisione, di scelta, di responsabilità.

Oggi il progresso scientifico, tecnologico che dobbiamo al secolo che abbiamo alle spalle ci ha consegnato un'enorme massa di questioni sulle quali esercitare la scelta, la decisione, la responsabilità: basti pensare alle modificazioni del nascere prodotte dalla contraccezione prima e poi dalle nuove tecnologie riproduttive o, anche, dall'interrogazione sulle conseguenze sulla biosfera dell'aumento continuo della popolazione umana.

Tutto ciò chiede più coscienza, più discorso pubblico, più responsabilità: responsabilità verso altre, altri, verso noi stesse/i, verso le altre specie. Vita animale significa, per i Democratici di sinistra, assumersi la propria parte di responsabilità nel governo di relazioni tra umani e non umani - e, dunque, tra umani - più adeguate al tempo in cui viviamo.

 

POSCRITTO

 

Poiché il nostro veleno, frutto perverso di un allenamento degenerato, non s’è ancora consumato vogliamo rincarare la dose. Perciò chiediamo a un lettore critico di confrontare alcune frasi prese dal testo soprastante con altre prodotte in un diverso gruppo tematico dei DS (appartenente sempre al settore “Ambiente”). Le prime sono indicate con numeri, le seconde con lettere. Vogliamo solo sottolineare la differenza tra il linguaggio caldo, sensitivo, lirico, femminile delle prime e quello burocratico, tecnico, banale, maschile dei secondi. Ma anche il lettore distratto non mancherà di guardare al di là del linguaggio e di porsi interessanti domande.

1)     Vita Animale significa, per i Democratici di sinistra, assumersi la propria parte di responsabilità nel governo di relazioni tra umani e non umani.

2)     La coscienza della necessità di regolare il nostro potere assoluto è cresciuta notevolmente. Hanno contribuito a questo i movimenti e la cultura animalista. Ma anche i film di Walt Disney se è vero che sempre più bambini e bambine considerano l'animale non umano qualcuno a cui offrire amore, rispetto, curiosità.

3)     Democratici di sinistra che condividono la necessità che noi umane e umani impariamo a prenderci cura degli esseri e del mondo che ci circonda.

4)     Per questo accanto a diritto, diritti, ci piace usare parole come affidamento, tutela, responsabilità, cura.

5)     A dipendere da noi, dalle nostre scelte, dalle nostre azioni, dal modo in cui trattiamo il mondo che ci circonda e le sue, nostre risorse - l'aria, l'acqua, la terra - sono tutti gli altri viventi. Quel potere chiede più responsabilità. E chiede norme e comportamenti capaci di regolarlo e di dargli misura.


a)     Il raggiungimento degli obiettivi quantitativi di estensione delle aree protette nel nostro Paese e l'avvio, in alcuni Regioni, della positiva esperienza degli Ambiti Territoriali di Caccia (A.T.C.), aprono una nuova fase di confronto...

b)     Il nuovo ruolo di concertazione e di indirizzo per il prelievo venatorio programmato degli A.T.C. ed una nuova funzione delle aree protette ... come strumenti privilegiati per il governo del territorio, pongono le basi per definire sia a livello generale che locale ... una corretta pianificazione faunistica...

c)     Occorre pertanto pensare di rivedere anche alcune parti delle norme che disciplinano l’attività delle aree contigue ... per connotarle, sotto il profilo faunistico-venatorio, come i territori nei quali sperimentare ... intese e veri e propri accordi di programma tra il Parco, gli ATC e le Provincie, e per consentire in esse l’accesso, in forme programmate, anche ai cacciatori residenti negli Ambiti Venatori ove queste insistono.

d)     La fase di formazione o di revisione dei Piani dei Parchi può e deve costituire l’occasione per avviare l’attuazione di questa nuova idea di area contigua, intesa come territorio dove coniugare, senza pregiudiziali e con pragmatismo, la priorità della conservazione ambientale e del controllo delle popolazioni faunistiche cacciabili in soprannumero con la pratica venatoria ancorata ad un forte legame cacciatore-territorio

e)     Una parte significativa del mondo venatorio ha invece interessi diversi e occorre verificare nei fatti il livello di maturità reale di chi pratica l’attività venatoria coinvolgendolo e responsabilizzandolo in scelte conformi ad una attività di prelievo scientificamente gestita

f)      Allo scopo è importante la costituzione di una Federazione di ATC così come sollecitato dalle organizzazioni imprenditoriali agricole e da quelle venatorie.

“Non sappia la sinistra cosa fa la destra!” voi direte. Intendendo naturalmente per destra e sinistra la semplice collocazione fisica dei banchetti in cui ogni “gruppo tematico” abitante in casa DS espone le sue cianfrusaglie. Che dire, però, quando una personaggia di Vita Animale si sposta con semplicità da un banchetto all’altro? Forse si può adottare uno slogan uguale al precedente (con piccola modifica): “Non sappia il sinistro cosa fa il destro”, intendendo con “sinistro” e “destro” i semplici emisferi cerebrali, sicuramente non comunicanti, della signora in questione.

 

1 Ci esponiamo al rischio di una deduzione. Su cosa si basa? Sulla martellante e ossessiva insistenza sullo sdoppiamento dei generi. Esempi: iscritte/iscritti, umane/umani, stesse/stessi, le sue e i suoi aderenti, donne e uomini competenti, interessate/interessati, bambini e bambine ecc. L’unica distrazione è quella relativa ai “democratici di sinistra” che sono privi del corrispettivo “democratiche di sinistra”. Piccola amnesia o rispetto del logo?

 



Data: 28/09/01

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