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Recentemente, l'on. Bertinotti ha consegnato a "Liberazione"
una risposta collettiva alle lettere di protesta degli
animalisti; lettere giunte in redazione a causa della candidatura
di un operatore del circo nelle liste di Rifondazione. Noi di RA,
tutti comunisti - o ex, il futuro chiarirà la nostra
posizione - siamo particolarmente interessati alla risposta
dell'on. Bertinotti perché ci permette di fare i conti con
il passato e, nello stesso tempo, di orientare il nostro
avvenire. Metteremo sotto lente i passaggi più
significativi della risposta del leader di sinistra convinti che
una pur rapida disamina del testo sia in grado di evidenziare le
rispettive posizioni e aprire un quadro di chiarezza.
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L'esordio è scontato. Non poteva essere diversamente.
Tradizionalmente il comunismo si occupa del lavoro. Dunque viene
fissata la questione prioritaria.
Cè il tema anzitutto degli animali nei circhi e
delle loro condizioni. Ma cè anche quello dei circhi
in generale, di chi vi vive (uomini, donne, animali), vi lavora e
di cosa ciò rappresenta nella nostra società
odierna.
Poi, dopo qualche frase di circostanza che omettiamo, l'on.
Bertinotti ritorna sull'incauto accostamento:
... Per questo non intendo sottrarmi alle questioni di merito
sollevate dalle lettere pervenute. Esse insistono sulla
condizione degli animali nei circhi e pongono a noi che siamo
contro ogni violenza e ogni sopraffazione, il tema delle loro
sofferenze. Come pure richiamano la nostra attenzione sulle
condizioni di lavoro degli umani.
Dubitiamo che le lettere degli animalisti abbiano sollevato la
questione delle condizioni di lavoro degli umani nel circo. Non
perché gli animalisti siano insensibili alle sofferenze e
alle fatiche di un lavoro ingrato, quanto perché,
nonostante l'on. Bertinotti si ostini a fondere entrambi gli
aspetti per costruire una pretesa alleanza sotto il tendone, la
sofferenza degli uni, non può essere paragonata a quella
degli altri. Una lunga esperienza di critica etologica e di
documentazione sul campo ha, infatti, messo in rilievo
l'assurdità di orsi in bicicletta, leoni ingabbiati,
animali stabulati e ergastolati che raggiungono vertici di
perversioni di condizionamento pavloviano che non hanno nulla in
comune con la vita pur difficile del lavoratore circense. La
pertinace insistenza del leader di RC su questa associazione
mostra quanto sia difficile far passare in una mente impreparata
l'idea della sofferenza animale nel circo.
Non credo che si possa affrontare sia luno che laltro
aspetto della questione prescindendo dalla condizione
storicamente concreta del circo. Il circo rappresenta
indubbiamente un fenomeno culturale complesso, che ha radici
profonde nella storia delle società umane, che ha
attraversato varie fasi e diverse condizioni. Ma in ogni caso
esso ha sempre rappresentato un luogo di frontiera tra la
riduzione a monstrum del diverso, la manipolazione di corpi e
psiche per la spettacolarizzazione, e il tentativo di praticare
una cultura della diversità che gestisca la propria
esibizione con una carica di antagonismo rispetto alla
massificazione, al mito della normalità, alla
demonizzazione della stessa diversità. La vita delle donne
e degli uomini del circo, la condizione dei bambini che si
addestrano a quella attività, il rapporto di tutti questi
con gli animali che nel circo sono impiegati, sono sempre stati
attraversati e condizionati da questa contraddizione. Tra queste
possibili dimensioni vi è sempre stata una lotta che la
moderna industria dello spettacolo e del divertimento tendono
oggi a risolvere con una assoluta prevalenza della prima. Se così
dovesse accadere il circo, come manifestazione culturale autonoma
e significante, sarebbe finito e questo comporterebbe un
impoverimento culturale per tutte e per tutti.
Come sempre il dirigente comunista mostra di essere un uomo di
grande cultura e, probabilmente, deve essere un cultore di film
come "Freaks" o "The Elephant Man". La
poetica del diverso è una questione di grande rilevanza e
Bertinotti fa bene a evidenziare che la perdita della tradizione
circense sotto il maglio della moderna industria dello spettacolo
costituirebbe una grande perdita. Tuttavia vogliamo sottolineare
che ogni tradizione è composta di elementi che debbono
essere conservati e aspetti che, invece, devono essere ricusati
senza ombra di incertezze. Se così non fosse, non ci
saremmo mai dovuti liberare della schiavitù, giacché
anche quella manifestazione per millenni ha fatto parte della
"tradizione". Purtroppo la politica, anche nelle sue
forme più alte, non vuole fare un salto adeguato e
riconoscere che ormai, con l'allargamento dell'etica implicata
dallo sviluppo dell'animalismo, è necessario ripensare
completamente il rapporto uomo/animale. Basta leggere le righe
che seguono scritte in perfetto stile cerchiobottista.
La difesa del circo non significa certamente difendere tutte
le pratiche circensi così come esse sono. Trovo
perfettamente legittimo proporre un superamento dellimpiego
degli animali nei circhi, come si esprime anche una proposta di
legge sostenuta anche da nostri senatori. Come è
perfettamente comprensibile e apprezzabile la scelta di non
sostenere manifestazioni o pratiche che comportino coercizioni o
violenze sugli animali. Ma sarebbe del tutto incomprensibile
negare come manifestazioni culturali, come il circo, ma non solo,
affondino le loro radici nella profondità delle tradizioni
popolari, dei rapporti tra luomo e il vivente non umano,
tra luomo e la natura, che non possono essere estirpati o
cancellati con un tratto di penna, né tantomeno ridotte a
puro esercizio di violenza e di sopraffazione.
Il passo è estremamente ricco. La prima proposizione
risulta corretta. Sulla seconda ci sarebbe già qualcosa da
eccepire: una volta accertata la natura della detenzione degli
animali nei circhi, non è legittimo proporre il
superamento, ma doveroso. Non è un'opzione che ci fa
sentire meglio e più buoni, ma un obbligo etico che si
impone. A questo punto, se RC sostiene davvero una proposta del
genere, dovrebbe verificare, per coerenza, cosa ne pensa Livio
Togni. In caso di discordanza forse, l'on. Bertinotti dovrebbe
coerentemente tornare al "pensiero unico" (che almeno
l'ordine concettuale regni dentro il singolo encefalo). Ma qui è
facile registrare il desiderio di navigare nell'equivoco. Infatti
quanto segue è un alternarsi di dire e contraddire. Vuol
superare limpiego degli animali nei circhi e poi richiama
di nuovo la tradizione rifiutando il "tratto di penna",
ritenuta evidentemente troppo autoritaria. Dice che RC vuole un
circo senza animali, ma perché
? visto che tale
impiego non può essere ridotto "a puro esercizio di
violenza e di sopraffazione"! Insomma: si vuole o no
superare l'impiego degli animali nei circhi? Dopo tanto dire non
si capisce, si perde il filo. Ma il Nostro non si accontenta.
Deve ingarbugliarsi ancora di più. E allora, in un'ansia
di captatio benevolentiae, evoca la "questione
animale" nel suo complesso.
Penso che sia necessario operare affinché agli animali
non vengano imposte sofferenze che dobbiamo considerare in ogni
caso inaccettabili. E questo è un problema ben più
generale che quello che si pone nei circhi, basti pensare alla
condizione degli animali da macello o a quelli da
pelliccia.
Cosa significa "inaccettabili"? Inaccettabili, se
espresso senza condizioni, significa "inaccettabili".
Ma per l'on. Bertinotti questa è una parola retorica. Se
dovesse essere conseguente, RC dovrebbe rompere con tutte le
forze politiche che impediscono una legislazione che vieti le
sofferenze inaccettabili, cosa che si guarda bene dal fare.
Allora diciamo che RC accetta le sofferenze inaccettabili
per mille ragioni: perché le altre forze politiche "non
ci sentono"; perché ci sono problemi più
importanti; perché le lobby impediscono interventi; perché
la società non è ancora matura; perché
maturo non è neanche il proprio elettorato. Perché,
in fin dei conti, se non si verificano certe condizioni, sono
accettabili, dunque non sono inaccettabili. Ma il discorso è
scivoloso perché implica giudizi sull'operato di RC che
non si è mai distinta particolarmente sulla questione
animale. E allora il leader di RC sposta il discorso dove crede
sia più semplice.
Ma ciò significa sottrarli integralmente ad ogni
disponibilità verso la specie umana? È questa una
posizione legittima, ma difficilmente agibile politicamente e
fattualmente.
La posizione è "legittima"? Mille grazie! Meno
male. Sarebbe terribile se gli animalisti avessero anche la
preoccupazione di essere indicati dal capo dell'opposizione di
sinistra come pericolosi sovversivi che propagandano posizioni
pericolose per l'ordine costituito. Ma il filisteo non si
manifesta in questo. Piuttosto nell'adozione di una forma
determinata dello schema fondamentale con il quale il Male
penetra nel mondo. Dicendo che la posizione (legittima) è
"difficilmente agibile politicamente e fattualmente"
sembra che attribuisca a cause esterne la ragione
dell'impossibilità di un riconoscimento che lui non
esiterebbe a concedere se queste difficoltà non ci
fossero. Egli assume provvisoriamente un atteggiamento benevolo e
dispiaciuto che non gli appartiene; finge comprensione e indica
difficoltà insormontabili in un altrove a lui esterno.
Poi, convinto di aver condizionato linterlocutore sulla
evidenza di queste difficoltà, si adegua con la rapidità
del fulmine e egli stesso diventa parte della difficoltà.
Infatti...
Ritengo, ad esempio, che la nostra alimentazione non possa non
prevedere il contributo del mondo animale...
Siamo arrivati al punto dello sbraco. L'on. Bertinotti "ritiene"
che non si possa vivere senza mangiare cadaveri. Per lui va bene
così (l'oggettività è semplicemente
bandita). Lui "ritiene" esattamente nello stesso modo
in cui noi potremmo ritenere che 2 + 2 = 5. (A onor del vero, la
frase incriminata potrebbe stare nella bocca di un vegetariano,
ma non è questo il caso, dato il contesto inequivocabile).
Poi ritiene...
... che la nostra specie non si possa ormai sottrarre ad una
funzione regolatrice tra specie diverse
Qui la sua linea argomentativa diventa insopportabile. Ma a chi
crede di rivolgersi? Una persona della sua cultura dovrebbe
capire che ragionamenti di questo genere irritano profondamente
chi da anni si batte contro la pratica barbara della caccia.
Blandisca pure gli elettori massacratori di esseri inermi e eviti
di offendere, rovesciando logica e buon senso, coloro che
detestano la caccia in un'epoca in cui questa pratica e' solo
divertimento consumistico impastato di violenza.
Questo ovviamente non significa che sia lecito allevare,
macellare, cacciare ed anche addestrare con crudeltà. Anzi
le conseguenze di metodi di allevamento spregiudicati si stanno
ormai palesemente rivolgendo contro di noi, e la mucca
pazza lo dimostra tragicamente. Bovè, il capo della
rivolta contadina in Francia, in una recente intervista ci ha
ricordato che la mucca è innanzitutto un animale, anche se
lo mangiamo, e come tale va comunque trattato, e non può
essere concepito come una macchina che fornisce alimenti,
altrimenti le conseguenze sono quelle che abbiamo sotto i nostri
occhi.
Di nuovo, l'on. Bertinotti non comprende bene: la sua etica
ristretta non glielo consente. Il motivo per cui gli animali si
meritano rispetto non dipende per nulla dagli effetti che possono
generare sulla nostra salute. L'esponente di RC dovrebbe
riservare questi argomenti per i consumatori delle cooperative
rosa. Egli dimostra di non capire il pensiero dei propri
interlocutori. Infatti svela il suo limite anche subito dopo:
Noi... riteniamo che gli animali debbano avere rapporto con la
terra e debbano essere risparmiate loro sofferenze inutili, anche
dentro i macelli.
A parte tutto, sappiamo quante volte le leggi hanno inserito
l'espressione "sofferenze inutili" per giustificare
quelle utili. L'on. Bertinotti saprà bene che c'è
un articolo del Codice Penale (il 727) che inserendo la locuzione
"senza necessità", permette le nefandezze
estreme. Ma questa è la pagliuzza; la trave è
costituita da un fatto ben più sostanziale. Ogni
animale che entra in un macello è sottoposto a una
violenza inutile poiché egli viene sacrificato per un puro
atto egoistico e molto banale: la carezza alla papilla o, detto
pomposamente, sua Maestà il Gusto!
Riteniamo che lattività venatoria si debba
realizzare con regole ferree, fermo restando il diritto di chi lo
ritiene di contestare lesistenza stessa della caccia o di
praticare unalimentazione integralmente vegetariana.
Di nuovo una ripetizione. Si vede che l'esponente politico ci
tiene proprio a mandare messaggi rassicuranti al suo elettorato
fucilatore del Centro-Italia. Inoltre, di nuovo ritiene di dover
ribadire con estrema benevolenza "il diritto di chi lo
ritiene, di contestare l'esistenza stessa della caccia o di
praticare un'alimentazione integralmente vegetariana". Qui
si mostra veramente democratico. Gli islamici, per esempio,
condannano alla dannazione eterna i vegetariani (Corano - 6 -
140) come, del resto, avevano fatto i cattolici in uno dei loro
primi concili. E' già qualcosa sapere che le forze
politiche italiane sono meno integraliste.
La difesa della condizione degli animali, dal pericolo
dellestinzione, come dalle violenze, dallo sfruttamento e
dalla barbarie dellindustria alimentare come quella del
divertimento, è quindi una grande battaglia di civiltà.
Vi sono o vanno approntati strumenti legislativi in merito, su
cui è necessario discutere e decidere, verificando anche
la possibilità che, rispetto a tradizioni culturali
antiche e complesse, ci possano essere forme diverse di relazione
con gli animali, più avanzate e rispettose della loro
soggettività per sancire diritti e difesa dallo
sfruttamento. Su queste ipotesi di intervento concreto della
politica siamo impegnati a trovare tutte le convergenze
necessarie. E se la candidatura di Livio Togni, che nasce dal
percorso che ho ricordato allinizio, sarà servita
oltre che a testimoniare un bisogno di democrazia, anche a
favorire un cambiamento positivo nella vita dei circhi, delle
donne e degli uomini, così come degli animali, avremo
fatto una cosa utile.
La chiusa è fantastica, espressa in perfetto politichese,
con quel tanto di retorica che basta. Intanto la legislazione
sugli animali continua a languire. Ogni tanto viene prodotta una
nuova normativa che grida vendetta (per esempio la recente
normativa "Decreto legislativo di attuazione della direttiva
98/58/CE") che riesce a mandare in visibilio solo i servi
sciocchi (o furbi) dei parlamentari che amano gli animali.
Riassumendo.
L'on. Bertinotti non comprende una questione che a lungo è
stata tenuta ben presente da coloro che in tutto il mondo hanno
onorato il movimento cui lui dichiara di appartenere: non ha
molto senso relazionarsi con chi imposta la propria esistenza, la
propria militanza, i propri obiettivi su principi incompatibili
con i nostri.
I Comunisti, nel loro periodo aureo, non hanno mai pensato che
una società (o una economia) organizzata in termini
collettivistici potesse essere compatibile con gli spiriti vitali
del capitalismo o con la proprietà privata dei mezzi di
produzione, fosse anche quella del gelataio ambulante. Anche
quando il movimento comunista non ha esitato a intraprendere
iniziative di tipo rivendicativo e sindacale, mentre si poneva
sul piano della richiesta, non ha mai mancato di segnalare
all'avversario che i suoi obiettivi travalicavano di molto la
cassa mutua o l'aumento del minimo del salario. La richiesta
avveniva su un piano comunicativo che non nascondeva mai la
battaglia mortale per chiudere una fase della storia e aprirne
un'altra. Tra le due parti, l'annientamento desiderato
dell'interlocutore era impedito solamente dall'esigenza degli uni
di disporre di forza lavoro e dagli altri, di non disporre di
sufficiente forza per portarlo a compimento.
Analogamente gli animalisti non possono accettare la cultura che
erige la barriera di specie (della propria specie) per opprimere
tutte le altre. Essi valutano un crimine l'uccisione di animali a
fini alimentari, ludici (regolatori, come dice l'on. Bertinotti)
o di qualsiasi altro genere, indipendentemente dalla
"preparazione" garbata al sacrificio. In altre parole,
la concezione del mondo degli animalisti è
incommensurabile con quella specista e se il balbettio di una
cultura nascente impedisce, per ora, la chiara
enunciazione di una verità tanto grande quanto evidente,
ciò non dovrebbe consigliare i sacerdoti dello specismo,
al quale lon. Bertinotti appartiene senza incertezze, di
ricercare consensi per mezzo di razionalizzazioni che suonano
intollerabili ai difensori dei diritti degli animali.
Che Fausto Bertinotti provveda a mitigare la sofferenza animale,
se dispone di una quota di compassione e di umanità e se
riesce a trovare appoggi in quel sacro luogo che frequenta. Noi
glielo chiediamo come i lavoratori di una certa fase storica
chiedevano di uscire da condizioni di vita intollerabili. Ma non
pensi di accumulare i nostri voti con quelli di macellai,
cacciatori, circensi, necrofagi in nome di una gerarchia degli
interessi degli esseri viventi che non potremo mai accettare.
Una persona della sua intelligenza compia un piccolo sforzo.
Comprenderà che da tempo gli animalisti seri si sono
distaccati dalle posizioni pietistiche delle associazioni vecchio
stampo, simili in tutto all' "esercito della salvezza".
L'assicuriamo che in prospettiva batteremo ogni strada perché
la politica corrotta si confronti sempre più con una
rappresentanza animalista intransigente che valuterà
un macello uno scandalo, anche se i bovini saranno storditi
"graziosamente" prima dello squartamento.
La società dovrà fare prima o poi i conti con
militanti decisi a "sottrarre integralmente gli animali a
ogni disponibilità verso la specie umana" in nome di
un'etica interspecifica che gli antropocentristi sono incapaci di
accettare e persino di immaginare.
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