Animali di affezione

Chiamata “nominale”
(Invito alla riflessione e all'azione per le Associazioni Animaliste)

A cura del
Collettivo



Indice

1) Petizioni varie
2) Commento
3) Alcune domande
4) Una proposta

1) Petizioni varie Siamo alla fine dell'estate e il bilancio degli animali abbandonati è, come sempre, esasperante.

1) L'allarme era scattato già all'inizio di luglio con un comunicato degli Animalisti Italiani.

Gli Animalisti Italiani rispondono con un nuovo, scioccante spot all'abbandono annuale di oltre 350.000 animali nel nostro Paese: di questi, oltre 50.000 cani e gatti sono stati abbandonati nelle prime cinque settimane dell Estate 2001, con un ulteriore aumento rispetto allo scorso anno...

La notizia è stata accompagnata da una iniziativa

Nel corso di una conferenza stampa svoltasi nella Stazione Termini di Roma, tra gabbie, sangue, animali abbandonati o salvati, gli Animalisti Italiani hanno presentato in anteprima nazionale il nuovo spot che viene proposto da oggi alle tv locali e nazionali.

Iniziativa utile e pregevole? La domanda sembra banale, ma è necessario diffidare della banalità. Per comprendere la natura della campagna, occorre fare un passo indietro. Abbiamo consultato il nostro archivio e abbiamo trovato, senza cercare troppo, una serie di iniziative analoghe presentate in tempi recenti.

2) La LAV lancia la campagna Randagismo 1999:

Dopo la rituale sottolineatura del vuoto legislativo e delle contraddizioni delle norme vigenti,

... la LAV lancia una petizione popolare che chiede l'approvazione di norme che permetteranno di colmare le lacune esistenti, tra cui, oltre all'iscrizione degli animali nello stato di famiglia, l'istituzione del cane di quartiere, la defiscalizzazione degli acquisti di mangimi e medicinali per chi adotta randagi, la costituzione o il risanamento di canili sanitari e rifugi con libero accesso ai rappresentanti Associazioni animaliste, limiti precisi di posti e di spazio per gli animali, una più attenta preparazione del personale dei canili."

La petizione, più ricca (e problematica) di quanto le scarne righe sopra riportate possano suggerire, si conclude poi con una misura davvero rivoluzionaria: il divieto di allevamento e vendita di animali domestici.

3) Più o meno nello stesso periodo è la volta della campagna degli animalisti italiani che, in occasione della morte di Gennaro, lanciano una petizione all'ANCI

... ANIMALISTI ITALIANI /PeTA chiede all'ANCI di richiamare tutti i sindaci al pieno e rigoroso rispetto delle leggi in materia di animali d'affezione, con particolare attenzione alle 'soppressioni facili', alle cure negate, ai canilifatiscenti....

4) L'inizio del 2000 vede il turno della LIDA.

I sottoscritti, ritenendo il "randagismo" una situazione di emergenza nel nostro Paese, per i coinvolgimenti etici, sociali e sanitari, chiedono al Governo, in particolare ai Ministri della Sanita',dell'Interno, di Grazia e Giustizia, del Commercio, che sia decretata una moratoria di almeno due anni nell'allevamento di razze canine e nella vendita delle stesse sia in Italia che nell'importazione dall'estero per frenare alla radice la crescita ormai inopportuna del numero di cani........

5) Passano sei mesi e si muove l'UNA con la campagna "Attenti all'uomo! In questo caso l'attenzione non è tanto rivolta alla legislazione degli animali di affezione quanto alla debolezza del trattamento penale dei maltrattamenti. Non sfuggono, però i riflessi di tale campagna sulla condizione degli animali di affezione.

Contro i maltrattamenti di animali in continuo aumento, il Movimento Una e il Coordinamento Nazionale Associazioni Animaliste presenteranno giovedì 20 luglio 2000 alle ore 11.00 davanti al Ministero di Grazia Giustizia la campagna ATTENTI ALL'UOMO!

....Al fine di denunciare tutti i comportamenti illeciti nei confronti degli animali, dal maltrattamento, ai combattimenti, alle esche avvelenate, e per chiedere al Parlamento di allinearsi con le legislazioni dei paesi più evoluti e prevedere pene severe e la reclusione per chi maltratta e uccide animali,

6) Contemporaneamente la Lida perfeziona e rilancia la sua iniziativa dell'inizio dell'anno con la campagna: "I CANI NON SI COMPRANO"

7) Giungiamo quindi al giugno 2001, mese in cui la LAC consegna al ministro Matteoli una petizione sul commercio di animali selvatici nel corso del primo incontro tra il nuovo Ministro dell'Ambiente e le associazioni ambientaliste riconosciute. Il comunicato che accompagna l'iniziativa ricorda che:

Il nostro governo si è infatti impegnato oltre dieci anni fa ad escludere dal commercio di animali "da compagnia" tutte le specie soggette ad una forte mortalità nelle varie fasi della cattura e del trasporto dai Paesi di origine, ma nulla è stato fatto in concreto, e negli scali internazionali continuano a giungere carichi di uccelli tropicali, rettili e pesci stipati all'inverosimile, già morti o destinati a perire subito dopo l'acquisto da parte di persone poco informate.

L'iniziativa deve essere valutata come un aspetto particolare della legge di protezione degli animali di affezione (anche se è usata la vecchia dizione "da compagnia") che ad un certo punto recita: "Chiunque abbandona cani, gatti o qualsiasi altro animale custodito nella propria abitazione...". Non a caso si accenna, nelle righe che seguono, alla triste estensione del fenomeno dell'abbandono.

La moda dell'animale esotico non cessa intanto di impazzare e le cronache sono gremite di serpenti scappati rocambolescamente e solo a volte ricatturati, di iguane e grossi roditori esibiti come trofei da spiaggia, di abbandoni estivi non più solo di cani...

8) E' di quest'anno anche l'atto del gruppo BAIRO, ancora ben visibile sul relativo sito internet, che lancia una campagna contro il randagismo proponendo un contatto rivolto a tutti i comuni italiani e un controllo a tappeto su una serie di canili per verificarne lo stato, l'adeguatezza dei paramentri e le condizioni minime di benessere dei cani.

9) Infine vogliamo citare una iniziativa recente dell'UNA che, come quella di Bairo, sembra porsi al di là della semplice comunicazione per realizzare una iniziativa concreta: uno "sportello nazionale per il randagismo e l'attuazione della legge 281".

Alla luce del convegno svoltosi a febbraio era scaturita l'idea di creare un organismo al di sopra delle Associazioni, capace di ergersi a soggetto politico per interloquire con le istituzioni (Comuni, province Regioni) e dare consulenza, spingendo le istituzioni appunto ad applicare la legge 281 che per lo più è largamente disattesa.

2) Commento Come abbiamo detto, gli ultimi due progetti si presentano con un carattere pratico e sembrano andare al di là di una semplice petizione con relativa raccolta di firme.

Vorremmo allora commentare la prima serie di petizioni e, successivamente, le iniziative BAIRO e UNA.

Ciò che balza agli occhi, osservando le petizioni nella loro stesura completa, è la ricerca delle debolezze contenute nella legge nazionale per la difesa degli animali di affezione. L'obiettivo è la ricerca di rimedi, "pezze" architettate al fine di tamponare delle falle evidenti. L'iniziativa della LAC, per esempio, recepisce la stringatezza eccessiva (per usare un eufemismo) di una legge che dichiara di riferirsi a animali di affezione genericamente intesi, ma in realtà costruita (a cattiva misura) su cani e gatti solamente. La proposta della LAV affronta questioni centrali come l'iscrizione sullo stato di famiglia dell'animale di affezione e, addirittura il divieto di vendita di animali domestici. In che rapporto possa combinarsi questo con la moratoria di due anni proposta dalla LIDA, non è chiaro, ma pensiamo che a nessuno sia venuta in mente la possibilità che misure come queste possano (o non possano) combinarsi l'una con l'altra. Il rifacimento del 727 cp proposta dall'UNA, a sua volta, è una strumentazione necessaria e complementare per realizzare uno scudo protettivo degno di questo nome anche per degli animali che vengono dichiaratamente chiamati "di affezione".

Insomma, se si considerano globalmente le prime sette petizioni, si ha la sensazione evidente che la l.n. 281/91 richieda molto di più che semplici aggiustamenti: sembra piuttosto necessario un radicale rifacimento che rimedi alle amnesie di un legislatore distratto e noncurante. E' anche vero che ogni Associazione potrebbe giudicare valide solo le sue "pezze" e invalide quelle altrui; al punto da dichiarare efficace la 281 con piccoli aggiustamenti. Ma questo ragionamento è soggetto a varie imperfezioni.

Per esempio, una semplicissima dichiarazione come "divieto di vendita degli ada", pur essendo una locuzione di 5 parole, manda in frantumi tutta la 281. Poi un'osservazione sul metodo: può darsi che una associazione consideri efficaci le proprie proposte e inefficaci quelle delle altre, ma se qualcuno ha ragione e qualcun altro torto, ciò non dovrà scaturire da un confronto?

Le iniziative di BAIRO e dell'UNA di quest'anno posseggono invece un carattere pratico. Escono dalla logica della petizione per cercare di arginare un fenomeno. Sono iniziative lodevoli e si meritano attenta considerazione. Non devono però sfuggire tre rilievi sostanziali (applicabili comunque quasi sempre anche alle "petizioni"):

1. Esse adottano lo sguardo convergente del legislatore che si è dimenticato bellamente di tutte le situazioni che non rientrano nella "canegattitudine", concetto che poi tende inevitabilmente a restringersi ultriormente, per ragioni quasi "naturali", nella condizione della "canitudine". Ciò non è né logico né giusto, considerando le opportunità offerte dalla dizione che il Legislatore ha scelto per pronunciarsi (legge quadro in materia di animali di affezione).

2. Appoggiandosi ad un dettato carente, tendono a attribuire le disfunzioni a inabilità soggettive (dei sindaci, degli assessori, delle ASL ecc.) trascurando spaventosamente un aspetto macroscopico di primaria importanza: quando una serie di atteggiamenti soggettivi è diffuso a livello sociale (per esempio il menefreghismo dei sindaci) diventa automaticamente un problema sociologico e quindi oggettivo. Se si trascura questa banale considerazione "materialistica" si fanno passare i secoli senza ottenere risultati di sorta.

3. La 281 è una legge che agisce "a valle" del problema. Per questo è fallimentare. Mi pare che ultimamente un dirigente rappresentativo dell'ENPA abbia sostenuto che occorrono ancora canili. Temiamo che non sia una buona idea. Se la sua richiesta fosse ipoteticamente esaudita l'improvviso benessere dei cani durerebbe qualche mese. Dopodiché sarebbe necessario inoltrare una nuova richiesta finché... sappiamo quale sarebbe la conclusione di questa disgraziatissima politica. Conclusione per ora evitata grazie al sacrificio dell'80% degli animali che "si suicidano" per le strade evitando di finire nei canili e quindi consentendo agli amministratori, politici e istituzioni di mantenere solo, pur tra sbuffi e disagi di bilancio, il 20% delle povere vittime.

A ciò dovrebbe essere aggiunta la questione insolubile dei lucratori privati (un vero corpo estraneo prodotto proprio dalla 281) che la legge ha concesso di infiltrarsi in ciò che considerano un affare.

Allora ribadiamo il carattere nettamente positivo delle iniziative BAIRO e UNA, ma nel contempo ricordiamo che esse devono essere immaginate come misure tampone da applicare fino a che non si trovi una strada diversa capace di portare il movimento animalista a liberarsi almeno del problema degli animali di affezione (dato che ci sono diritti ben più gravi che impongono altre iniziative in tempi rapidi). Se invece queste azioni vengono viste come soluzioni definitive - come purtroppo molti animalisti/protezionisti credono - allora non ci siamo proprio. La positività dell'atto si volta nel suo contrario: il sostegno a una legge sbagliata si rivolta contro gli animali.

3) Alcune domande La prima domanda, quella che qualsiasi persona interessata e ragionevole non può fare a meno di porsi, è la seguente:

Come è possibile che ci siano circa dieci associazioni nazionali che, sullo stesso problema, si presentano in ordine sparso?

Insistiamo... sullo stesso problema! Normalmente alla tradizionale critica - il motivo della pluralità delle associazioni - si risponde senza lasciare spazi: "Ogni associazione ha un suo preciso campo di intervento". Vero! Ma bisogna ammettere che ci sono anche campi comuni. Altrimenti le associazioni non avrebbero scritto petizioni e iniziative complementari (e, spiace dirlo, in concorrenza). Diciamo allora che la prima domanda rimane sospesa.

Vi è poi una seconda domanda: è accettabile che qualcuno ponga questioni come il divieto di allevamento e vendita degli ada e poi si dimentichi di un obiettivo di tale portata al punto di perderlo nei meandri della memoria? O di affermare che i cani non si comprano (commettendo lo stesso errore)? O che gli esotici ecc.ecc.? Non si pensa che un comportamento simile alla fine bruci per tempi interminabili la possibilità di realizzazione di obiettivi giusti e importanti rendendone difficile la riproposizione successiva? A nostro parere, nel momento in cui una associazione dichiara obiettivi di tale importanza, dovrebbe coltivarli con cura provvedendo a controllare una serie di ipotesi complementari e pensare azioni di sostegno di fronte alla sicura e prestabilita indifferenza che le istituzioni mostrano alla prima richiesta; ciò dovrebbe essere fatto avviando anche - e soprattutto - una serie comunicazioni con altre associazioni interessate per creare una strategia comune e senza preoccupazioni per il prestigio di bandiera. Altrimenti sarebbe meglio il silenzio.

Una terza domanda: Rinascita Animalista, un collettivo di studio nato inizialmente sulle problematiche degli ada, ha composto un'articolata analisi sulla 281 e l'ha messa a disposizione di chiunque abbia interessi di approfondimento. Può anche darsi che non valga niente. Può anche darsi che valga meno di niente e il lavoro di parecchi mesi di 4-6 persone sia solo tempo sprecato. Ipotesi strana perchè in alcuni ambiti informali si sono avute interessanti convergenze. Tuttavia concediamola! Ma è possibile che nessuno abbia sentito la necessità, non diciamo di aprire un confronto, ma di un chiarimento su un aspetto specifico qualsiasi?

La quarta domanda è estremamente sintetica e riassuntiva, anche se un poco provocatoria: "in definitiva, chi sono gli animalisti?".

Pare che ognuno si chiuda nel suo fortino temendo le iniziative degli altri. In questa logica le petizioni sembrano addirittura delle bandierine con le quali si cerca di ottenere visibilità verso un pubblico che comunque, per l'esilità dell'atto, continua ad essere terribilmente distratto. Ma l'animalismo, inteso come movimento, deve ancora conquistare la grande maggioranza della popolazione. Ha un potenziale del tutto inesplorato e avrebbe un sicuro interesse a mostrarsi all'opinione pubblica unito, pur nelle sue variopinte differenze. Unito su progetti particolari, certo, non su tutto. Come appunto quella grande causa che stimola a vuoto petizioni nella misura minima di tre all'anno.

Come fare a uscire da questa sgradevole situazione?

4) Una proposta Offriamo al "movimento delle petizioni sparse" un documento: una sintesi, pur articolata, del nostro studio sulle problematiche degli animali di affezione.

Campagna nazionale per il ristabilimento di una relazione corretta tra gli italiani e gli animali di affezione (ada)

Non pretendiamo che al termine di un dibattito franco e allargato neanche una sola delle nostre parole sia conservata, se necessario. Piuttosto:

- chiediamo che le associazioni, attraverso una serie di contatti informali, costruiscano le condizioni per realizzare, entro breve tempo, una conferenza nazionale sul tema degli animali di affezione;
- chiediamo che tale conferenza produca il documento unitario che formalizzi le richieste del movimento animalista italiano alle istituzioni politiche;
- chiediamo che le associazioni associno al documento una serie di misure di natura conflittuale da attivare qualora le forze politiche e istituzionali rispondano con la solita alzata di spalle;
- chiediamo che il movimento stesso si impegni fino a risultati significativi che potremmo indicare nella condizione in cui nessun esotico venga importato legalmente e il randagismo di un animale sia visto dal cittadino medio come una stranezza. Non solo vogliamo entrare in Europa anche per quanto riguarda il trattamento degli animali, ma dobbiamo farlo indicando strade avanzate.

E inutile dire che se la nostra proposta venisse ignorata ci troveremmo nella amara necessità di pensare vie inesplorate per ottenere ciò che il buon senso indica giunto al punto di maturazione.





data 01/10/01

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