Il
giallo degli encefali
|
|
Un graditissimo racconto che nasce “giallo” e finisce “gotico”. Pur sviluppato con criteri tradizionali, si apprezza per l'intreccio, ma soprattutto per lo splendido finale che manderà in estasi tutti gli... no, non roviniamo la sorpresa. |
|
La porta si aprì lentamente con uno scricchiolio che ricordava quello prodotto dalle porte nei castelli popolati di fantasmi. Una figura d’uomo sgusciò fuori silenziosa e si immerse nel buio della strada deserta. Pareva sospeso per aria tanto non si udiva il rumore dei suoi passi. Ebbe un attimo di esitazione poi si avviò guardingo verso il corso principale del paese. Passando sotto un flebile lampione, l’uomo rivelò un volto giallo, madido di sudore che rifletteva la luce della lampada. I movimenti nervosi, affrettati ed il viso spettrale, testimoniavano senza possibilità di dubbio che era in preda al terrore. Temeva di essere seguito da qualcuno, forse dallo stesso assassino che aveva uccisi tutti i suoi familiari: sua moglie da cui viveva separato, suo figlio, sua nuora, il suocero di suo figlio che viveva con loro. Giacevano tutti là, in un lago di sangue, nella casa isolata che aveva appena lasciato. << Non scherzare con me Goodwin, sai che io non sopporto i voltagabbana e se tu prendessi il largo saprei come vendicarmi!>> Così aveva concluso Heaston quel giorno in carcere e a Lui erano venuti i brividi. Erano entrambi reclusi per truffa, ma mentre Goodwin aveva già scontata la sua pena e si apprestava ad uscire, Heaston beneficiava di vitto e alloggio gratuito da parte dello Stato ancora per un anno, per via di una estorsione che aveva aggravato la sua posizione giudiziaria. Ma ora Heaston era libero, e certamente era lui l’autore di quella strage. Non lo aveva trovato al posto convenuto, cioè nella sua casa di Hadley Corner e quindi considerandolo in fuga si era vendicato uccidendo i suoi familiari che vivevano a Merestead, un paesino come Hadley Corner non molto lontano da Londra.
Si portò nella zona più lontana dai lampioni e proseguì il suo cammino voltandosi indietro, di tanto in tanto per guardarsi alle spalle.. Il luogo più pericoloso era la via principale del paese che avrebbe dovuto percorrere tutta, in quanto non vi erano strade alternative. Le vie traverse, in tutto quattro, davano su una campagna impercorribile da un lato e sul fiume dall’altra. Giunto in prossimità dell’inizio di tale via si appiattì al muro di un casale abbandonato e ivi sostò un attimo per riprendere fiato. Poi riprese la sua marcia. La campagna - se tale poteva essere definito un campo di sterpaglie, pietre e rifiuti maleodoranti, mescolati a carcasse di lavatrici arrugginite e sanitari frantumati - era quasi finita, essendo egli arrivato a pochi passi dalle prime case. Una nebbiolina non molto fitta ma ugualmente fastidiosa, persisteva anche tra le case del paese. Improvvisamente un sinistro grido di civetta, si propagò nell’aria. Il lugubre suono era considerato da tutti come un segno funesto, un presagio di morte, taluni addirittura sostenevano che il grido del rapace notturno fossero parole urlate: sotto-terra-sotto-terra! L’uomo rabbrividì e la sua fronte si fece ancor più imperlata di gocce di sudore che gli scendevano copiose sugli occhi e sul naso, tanto da obbligarlo a passarsi continuamente il braccio sul volto per asciugarsi con la manica della giacca. Al primo incrocio, tremando, si fermò nuovamente, ma il rapido sguardo con il quale ispezionò i dintorni lo rassicurò alquanto, non vi era nessuno; almeno apparentemente perché ogni androne, ogni angolo poteva nascondere l’assassino. Ora si trovava certamente oltre la metà del percorso; Dio come gli sembrava lunga quella strada! Eppure non poteva essere più di 200/300 metri e quindi avrebbe dovuto compierne ancora altri 50/100 per raggiungere il posto di Polizia la cui luce esterna era già visibile. Lì sarebbe stato al sicuro e sarebbe finalmente finito il suo calvario. Ormai era vicino e sotto lo stimolo della paura iniziò a correre, correre finchè stremato, senza nemmeno più la forza di frenare la sua corsa, quasi sbattè contro la porta a vetri del Commissariato. Un graduato grassoccio, dai capelli rossi e la bocca ripiegata in una innaturale smorfia gli si fece incontro: <<Che succede ?>> gli disse vedendolo stravolto. Goodwin non rispose. L’affanno in gola non gli consentiva di proferir parola. <<Sedetevi, volete dell’acqua?…>> riprese il graduato. << Un attimo ispettore…scusate… sono esausto!>> <<Sergente… sono il sergente Eddy Tucker…, prendete, prendete questo, vi farà bene!>> e gli porse il bicchierino colmo di una fiaschetta di Gin. <<Hanno ucciso tutta la mia famiglia…>> Goodwin, gettò fuori le parole con le poche forze che aveva, dopo aver trangugiato di colpo il liquore. <<Quale famiglia, io sono qui da pochi giorni, in sostituzione di un collega malato, non conosco nessuno, chi sono i vostri familiari?>> <<Sono i Goodwin, vivono, anzi vivevano in fondo a questa strada a destra, la prima casa dopo la campagna…>> <<E voi come vi chiamate?>> <<Lambert Goodwin>> <<Bene, rilassatevi, bevete un altro goccio io mando qualcuno a verificare.>> Girò la testa verso un lungo corridoio che conduceva agli altri uffici e con voce autoritaria chiamò: <<Fastnaught,…Fastnaught… !>> <<Si signore eccomi!>> <<Occorre fare un immediato sopralluogo nella prima casa a destra dopo i prati, in fondo al viale. Prendete con voi Duffy e Marsh. Entrate se trovate aperto, altrimenti limitatevi a…>> <<E’ aperto, è aperto…>> interloquì Goodwin <<Bene, andate, mi raccomando senza luci lampeggianti e senza sirene!>> Il sergente non era ancora certo di quanto riferito da Goodwin e voleva andare cauto per non destare allarmismi in paese. <<Come vi sentite adesso? Volete che vi chiami un medico?>> Tucker osservava Goodwin che ancora non si era ripreso. <<Si,grazie, mi sento molto debole, ho un senso di soffocamento… il cuore…il cuore…>>> La voce gracchiante del centralino autopattuglie interruppe Goodwin : << Pattuglia due chiama centrale…pattuglia due chiama centrale…>> <<Si qui centrale vi ascolto..>> <<Vi sono quattro corpi in terra, nella casa, presumibilmente tutti morti signore.>> << Diamine Fastnaught, spiegatevi meglio, morti come? >> << Presumibilmente assassinati signore, vi è sangue dappertutto.>> <<Come possono essere stati uccisi?>> <<Presumibilmente a colpi di pistola signore.>> <<Bene smettete di presumere e rimanete lì di guardia. Non fate entrare o uscire nessuno! Chiaro?>> <<Signorsì!>> La telefonata dei suoi agenti sciolse i dubbi del sergente Tucker che immediatamente si attivò mettendosi in contatto con il suo diretto superiore, l’ispettore della polizia locale George Spivey, residente nel vicino capoluogo di Winston. << Non si preoccupi sergente, ad avvertire Scotland Yard ci penso io…>> Spivey mal tollerava le ingerenze di Scotland Yard all’inizio delle indagini. Si vestì frettolosamente, avvertì il suo autista, agente Finley di tenersi pronto alla partenza e quindi si avviò.<< Chiamerò Scotland Yard da Merestead , quando mi sarò reso conto della situazione.>> si giustificò con se stesso mentre saliva in auto.
La casa era vetusta, ma portava ancora i segni di un passato prestigio architettonico. La soglia del portone era compresa tra due alte colonne, alla sommità delle quali due capitelli di stile incerto si univano con strani ghirigori, ad uno scudo araldico posto centralmente. Su di esso figuravano due leoni affrontati che sottostavano una grossa corona baronale. L’interno era sobrio ma elegante. Il salone d’ingresso era molto ampio e ben illuminato da due ampi finestroni dai quali, essendo ormai le sette del mattino, filtravano all’interno i primi bagliori dell’alba. I quattro cadaveri giacevano esattamente come Goodwin li aveva trovati nel salone-ingresso della casa: due in terra in posizione supina: la moglie e la nuora; il figlio a cavallo di una sedia con le braccia penzolanti dalla spalliera e la testa reclinata su una spalla. Il suocero del figlio sdraiato bocconi sul tavolo . Spivey, dopo aver ascoltato il rapporto del sergente, parlò con il medico legale. <<Allora dottore?>> <<Allora che, ispettore! Per il momento non posso dirvi altro che sono tutti morti!>> Il medico, un tipo segaligno e stizzoso stava già andandosene.<< Il resto lo saprete dopo l’autopsia!>> << Mi domando qui, che cosa è venuto a fare allora!>> mormorò Spivey al sergente che gli era accanto. << A constatare la morte delle vittime!!>> gli gridò il medico da lontano. Aveva un udito di ferro!
<<Quel…Goodwin dove si trova ora!>> <<Al posto di polizia, non vuole uscire a nessun costo!>> <<Ma oltre alla storia di quel tale che lo avrebbe minacciato in prigione… Heaston mi sembra… che altro vi ha detto?>> <<Null’altro, se non che, vuole essere protetto e nascosto da noi almeno fino a quando non avremo acciuffato Heaston. Lo ritiene responsabile della strage dei suoi parenti ed è sicuro che farà fare a lui la stessa fine.>> <<Non possiamo dargli torto allo stato attuale delle cose, ma ditemi, voi che ne pensate? Sarà stato proprio questo Heaston l’autore di questa strage?>> <<Io non ho idea… mi trovo a Merestead da pochi giorni e…sinceramente non vedo l’ora di andarmene!>> <<Anch’io ho da poco la dipendenza di Merestead. Sino a un mese fa dipendeva dal distretto di Boxleigh, diretto dal mio amico ispettore Kinsley.>> <<Io invece vengo da Tolquay, un posto assai tranquillo!>> <<Beh! Non è che a Merestead avvengano stragi tutti i giorni!!!>> <<Non volevo intendere questo, semplicemente mi trovo meglio là>>
Si avviarono al posto di polizia dove li attendeva Goodwin ancora sotto l’effetto dei calmanti che, un medico che lo aveva visitato, gli aveva prescritto. Il paese, nel quale era già circolata la notizia, aveva un aspetto insolito. Poca gente frettolosa transitava per strada e stranamente le donne che andavano a far la spesa non si soffermavano come al solito a fare quattro chiacchere tra loro. Sembrava avessero paura. Aleggiava nell’aria un clima da “Mezzogiorno di fuoco” con la figura di Gary Cooper, pistole in pugno, stagliata in mezzo alla strada principale del paese. Non era Gary Cooper invece l’agente Duffy che si fece loro incontro. Piccolo e tarchiato non somigliava neppure lontanamente all’attore americano. << Signor ispettore…>>disse irrigidendosi sull’attenti. <<Che c’è di nuovo?>> <<Ci siamo messi in contatto con la direzione della prigione di Parklane, secondo le vostre istruzioni signore, ci hanno comunicato tutti i dati di Heaston, Johnny Heaston, compagno di pena di Goodwin>> <<Bene avete diramato l’ordine di ricerca?>> <<Sissignore, a tutte le polizie locali. Dobbiamo interessare anche Scotland yard?>> <<No,no Scotland Yard lo contatterò io stesso>> Si ostinò Spivey. Ormai si sentiva la soluzione del caso a portata di mano e non voleva farne godere i frutti ad altri. Avrebbe catturato Heaston, l’assassino ed i meriti dell’azione sarebbero stati tutti suoi. Già da un pezzo attendeva la promozione a ispettore capo e questa era un’ottima occasione per accelerare la pratica.
<<Cosicché Heaston si aspettava da voi di essere condotto dove avevate nascosto il bottino dell’ultimo “lavoro” fatto insieme. E dov’è questo posto?>> <<A Fulham, ma vi ho già detto che il bottino non esiste più già da un pezzo, Montero, il sudamericano che “lavorava” con noi lo aveva già fatto sparire prima ancora che uscissimo di prigione. Heaston non credeva vero tutto ciò e inoltre voleva tenermi in pugno perché ero il suo collaboratore preferito e non voleva che io uscissi dal “giro” come mi sono ripromesso di fare.>> <<Già vi ha ucciso tutti i familiari perché stavate per redimervi…>> il tono incredulo e vagamente canzonatorio di Spivey si indurì di colpo. <<Giovanotto, i conti con la giustizia li avete già pagati, ma io non ci metto nulla a ricacciarvi dentro se non mi dite i veri motivi per cui Heaston vi ha reso solo al mondo!!>> L’ispettore Spivey stava per aggiungere altre minacce quando il sergente Tucker gli si appressò porgendogli un dispaccio appena giunto da Londra. Spivey calzò gli occhiali e lesse: “ Johnny Heaston, pregiudicato, già detenuto nelle carceri di Parklane e da lì rilasciato il 20 agosto u.s. è stato rinvenuto morto, cause ignote, alla stazione metropolitana di West Kensington di Londra due giorni dopo il rilascio. Ispettore Cresset.” <<Il giustiziere morto prima dei giustiziati? No,no non è possibile, i conti non quadrano>> mormorò quasi impercettibilmente Spivey, poi rassegnato, disse a voce alta con un sospiro, rivolgendosi al sergente Tucker <<Chiamate Scotland Yard!>>
Uno splendido sole inondava di luce, con una intensità molto rara da quelle parti, i giardini circostanti l’istituto di medicina legale. Più che giardini si potevano definire campi, campi sconfinati di celidonie, circoscritte da cespugli di ginestre. A rompere la monotonia del giallo di quelle piante, vaste macchie di tulipani, nei loro vari colori, formavano delle isole disposte centralmente, contornate da una fascia di ranuncolacee, petunie e altri fiori sui quali spiccava il viola delle pansè. L’ispettore capo di Scotland Yard, John Taylor, giocherellava con la pipa spenta che aveva tra le mani, seduto nella sala parlatorio della palazzina uffici dell’istituto. L’edificio in cui si trovava era meno austero, sebbene ugualmente tetro, delle altre due palazzine in cui si trovavano le aule e le sale mortuarie e anatomiche. L’ispettore Collins, che era con lui, guardava fuori dalla finestra. L’attesa si era protratta a lungo e i due si stavano annoiando. Finalmente il direttore dell’istituto, dott. James Ronson entrò nella sala con un suo assistente, il dott. Franklin. <<Buongiorno ispettore, eccomi a voi, mi scuso per avervi fatto attendere molto, ma ho voluto raccogliere tutti i referti dei medici che hanno eseguito le autopsie per darvi un quadro completo della situazione…>> <<E’ quello che desideravo dottore, non vi preoccupate, vediamo piuttosto come stanno le cose.>> <<Iniziamo subito… Gli esami autoptici, cui abbiamo sottoposto le salme di vostra competenza sono stati eseguiti in maniera integrale, mediante cioè l’ apertura di tutte le cavità splancniche dei quattro corpi. E’ emerso sostanzialmente che le due donne ed il giovane uomo sono stati uccisi con un colpo di arma da fuoco sparato alla nuca. Gli esperti balistici cui abbiamo consegnato i proiettili rinvenuti nei cadaveri ci hanno confermato che l’arma era quasi certamente una Beretta di fabbricazione italiana, calibro nove. Tutti i particolari sono esposti in queste cartelle. Invece…>> Il medico, che aveva proferito tutto di un fiato le sue parole fece una breve pausa scuotendo il capo. <<Invece?…>> Lo incalzò Taylor. <<Invece l’uomo anziano è possibile sia stato ucciso con un colpo della stessa arma al cuore…>> La nuova pausa del dottor Ronson innervosì Taylor. <<Non vedo come questa differenza possa turbarvi così tanto dottore…>> <<No, non è questo… il fatto è che prima di sparargli il colpo al cuore… alla vittima era stato asportato l’encefalo!>> <<Come, come?>> Taylor esterrefatto temeva di non aver capito bene. <<Proprio così, dopo avergli praticato una perfetta trapanazione del cranio, degna della mano di un neurochirurgo di ottima levatura, attraverso l’apertura ottenuta, gli è stato prelevato l’encefalo, o meglio larga parte dello stesso. Per l’esattezza la resezione riguarda i lobi frontali, parietali e temporali dei due emisferi. Inoltre risulta praticata la separazione dei due emisferi stessi mediante la resezione del corpo calloso, praticata attraverso la scissura interemisferica. Nel lobo frontale risulta non interessata dalla resezione la circonvoluzione pre-centrale sede delle aree motorie. Le parti resecate, nella loro prevalenza sono indicate come aree corticali associative, probabili sedi delle attività psichiche superiori… le aree del pensiero, per intenderci>> L’ispettore capo ascoltava a bocca aperta le spiegazioni del medico legale, senza capirci un granché per la verità. << Sono inorridito! Ma che diavolo significa tutto ciò? Chi ha potuto fare una cosa del genere! E soprattutto come ha potuto avvenire tutto questo nel salone di quella casa!>> Domandò Taylor mentre batteva sempre più nervosamente la pipa nel palmo della mano sinistra. <<Semplice, non è affatto avvenuto lì, ma certamente in qualche sala operatoria ben attrezzata. Successivamente l’uomo, ancora in vita è stato trasportato in quel salone. Dove è stato ucciso insieme agli altri.>> Collins, che anche lui ammutolito ascoltava attentamente azzardò: <<Dove possiamo trovare la sala operatoria in cui è stato compiuto questo macello?>> <<Indagare negli ospedali della zona mi pare ridicolo, ma in quale altri luoghi possiamo indirizzare le nostre ricerche?>> Aggiunse lo sconcertato Taylor <<Io questo non lo so, però vi posso assicurare ispettore che l’intervento non può essere avvenuto in luoghi arrangiati a sala chirurgica. L’asportazione dell’encefalo è avvenuta , senza anestesia, con l’ausilio di apparecchi di rianimazione che hanno consentito al suo cuore di continuare a battere nonostante fosse decerebrato. Le resezioni sono state effettuate con strumenti chirurgici adeguati. Inoltre, ripeto, chi ha eseguito l’operazione sapeva il fatto suo.>> Il tono lapidario di Ronson non ammetteva repliche. <<Scusatemi dottore ho due domande da farvi!>> Stavolta Collins aveva assunto il cipiglio dell’inquisitore << La prima riguarda la causa della morte. Voi avete detto” ucciso con un colpo al cuore”. Ma il poveretto non avrebbe dovuto morire prima per effetto di quello sconquasso che gli hanno fatto in testa? La seconda: se erano così attrezzati, perché non sono ricorsi all’anestesia per operarlo?>> << Vedete ispettore, il poveretto come voi dite - e avete ragione di dirlo perché deve aver sofferto le pene dell’inferno prima di perdere conoscenza,- sarebbe morto dissanguato subito dopo la prima resezione se lo sconosciuto o gli sconosciuti suoi aguzzini, non si fossero preoccupati - come si sono stranamente preoccupati di fare - di chiudergli tutti i vasi interessati, mediante punti di sutura. Ho detto ucciso con un colpo al cuore perché abbiamo rilevato che il cuore batteva ancora quando ha ricevuto l’offesa del proiettile! L’estrema crudeltà di operarlo senza anestesia, farebbe pensare ad un brutale desiderio di arrecare sofferenze terribili all’individuo, anche se non si capisce la ragione dell’asportazione del cervello. Mentre il colpo di pistola forse fa parte di un rituale macabro. Chi lo sa! Certo uccidere - si fa per dire - un uomo clinicamente già morto, che ha trequarti di cervello in meno, con un colpo di pistola al cuore… Beh! Occorre una bella fantasia! In ogni caso questi sono affari vostri, non miei>>
Taylor era chiuso nel suo ufficio a Scotland Yard da tre giorni e non voleva vedere nessuno. Era sconvolto da questo caso che peraltro sembrava irresolubile. Accettò di ricevere Collins nella speranza gli portasse qualche novità. <<Ho setacciato l’intera zona, non esistono cliniche, ambulatori, posti di medicazione, studi medici, luoghi qualsiasi nei quali possa essere avvenuto quello che ha subito quel poveraccio…>> <<A proposito, come si chiamava, almeno lo hai saputo?>> <<Certo, non è stato difficile, me lo ha detto Goodwin! Si chiamava Roger Trowbridge ed era un insigne ricercatore in pensione, dell’università di Bristol.>> <<Di cosa si occupava?>> <<Di ricerche sulle scimmie, mi sembra>> <<Voglio sapere qualcosa di più su di lui>> <<Stiamo facendo approfondite indagini, quando avrò altro materiale te lo porterò!>> Taylor rimase solo. Non riusciva a capacitarsi di tutto quello che aveva udito e visto negli ultimi giorni. Questo caso lo sconvolgeva e ormai preda del più acceso pessimismo egli tendeva a ritenerlo insolubile.”Non ne verrò mai a capo” continuava a ripetersi. In effetti non esisteva nulla di simile negli annali delle polizie di tutto il mondo. Molti casi si risolvevano per le analogie che presentavano con altri casi già risolti, ma questo era un caso assolutamente inedito e straordinariamente complesso. Uscì per una breve passeggiata, “mangerò un boccone,poi andrò a casa a farmi una bella dormita con un sonnifero” si propose. Si ritrovò invece, circa due ore dopo in Trafalgar Square, aveva camminato senza una meta, senza rendersene conto. Imboccò Whitehall e dopo un centinaio di metri girò a destra verso il piazzale delle Guardie a Cavallo, lo attraversò tutto e si inoltrò in St. James’s Park. Come Green Park, St. James’s Park era uno spazio di meditabonda solitudine dalle atmosfere soffuse immerso in un tripudio di fiori, un vero trionfo botanico. Tra i parchi di Londra era il più tranquillo; nulla a che vedere con il subbuglio di Hyde Park, dove non solo gli Speakers’ Corner sono rumorosi e affollati. Era il luogo ideale per riflettere, e Taylor ne approfittò. Sedendosi sull’erba iniziò a scorrere i fatti accaduti nel loro ordine cronologico. Tutto aveva una sua consequenzialità e una sua “normalità” nel contesto di una logica criminale. Tutto fuorché l’asportazione del cervello di Trowbridge e le modalità della sua uccisione. Ma se queste potevano essere il frutto di una visione soggettiva del compimento di un crimine o di una delirante, incontrollabile follia omicida, l’asportazione del cervello lasciava trapelare, a suo giudizio, un celato intento inserito in un preciso disegno. Ma quale? Manifestazione di dispregio, macabra ritualità, curiosità scientifica, studi anatomici…Non ci si raccapezzava proprio! Gli sovvenne la capacità di elaborazione mentale del suo amico Louis Archibald Counts, filosofo e psicologo che, attraverso lo studio dei fatti occorsi, molte volte lo aveva aiutato a ricostruire il profilo psicologico e quindi gli intendimenti criminali di individui dei quali aveva così favorito l’identificazione. Dopo un ora era di nuovo nel suo ufficio di Scotland Yard. <<Ti ringrazio Louis, domattina alle dieci in punto sarò da te.>> L’amico Louis aveva accettato di vederlo ed egli era oltremodo felice di raggiungerlo a Dover, una cittadina che gli piaceva molto, soprattutto per il suo mare così piacevolmente distensivo.
<<Non c’è dubbio si tratti di qualcosa con uno scopo mirato. Se l’operazione è stata eseguita da mano esperta significa che anche l’utilizzazione di ciò che è stato asportato è stata compiuta da esperti. Dico “utilizzazione” in quanto mi pare che tale sia lo scopo emergente dai fatti. Una utilizzazione del cervello sottratto è inevitabilmente conseguente alla complessità dell’intervento ed alla perizia necessaria per compierlo. Senza ricorrere alla romanzesca fantasia di Mary Shelley si potrebbe dire che il cervello è stato prelevato per fornirlo a qualcuno che non lo aveva…>> <<Mary Shelley? Chi era Mary Shelley?>> Interloquì Taylor. <<L’autrice del famoso romanzo del dottor Frankenstein, ricordi? Il personaggio principale era un famoso medico ginevrino, il dottor Frankenstein appunto, che trafugava parti di cadaveri al cimitero e le ricomponeva costruendo dei mostri viventi, di uno dei quali egli stesso è rimasto vittima, Ne fecero anche dei film, nei quali il mostro successivamente assunse anch’egli il nome di Frankenstein.>> Anche Counts era un mostro, di conoscenza però. <<Certo, certo, ora ricordo…ma nella realtà, nel nostro caso, come può avvenire tutto ciò…>> disse timidamente Taylor. <<Noi non siamo di fronte ad una realtà, siamo di fronte ad un fatto che può costituire un tentativo di qualcosa che non conosciamo e quindi ipotizziamo ad ampio spettro su un avvenimento assolutamente insolito con i mezzi della fantasia, che può avvicinarsi alla fantasia criminale di un individuo o alle attese scientifiche di qualche ricercatore che abbia abbondantemente oltrepassato i limiti della propria etica professionale inoltrandosi in ricerche”off limits”>> <<Ma tu da quanto ti ho descritto, come lo vedi questo individuo?>> <<Lo vedo come un individuo che strumentalizza la conoscenza per altri fini, specifici, che non sono l’ampliamento della conoscenza stessa. Forse ricerca di autostima o fini di rivalsa, di vendetta, espressi in un contesto dimostrativo coinvolgente tutti coloro che ne sono venuti a contatto. Non so, non saprei dirti, sono sensazioni, percezioni sottili… Io comunque indirizzerei le mie indagini nel campo della ricerca scientifica, ovviamente nei rami attinenti le attività cerebrali, non nelle solite direzioni del crimine, della malavita.>>
John Taylor era impegnato nel suo ufficio di Scotland Yard in una riunione del suo stato maggiore, c’erano Collins, Skynner, Wigram, Hester, Kramer. << Avete ispezionato tutti i laboratori scientifici della zona?>> << Certo John. Tutti >> Collins parlava anche a nome degli altri. Era il coordinatore della squadra, e nei precedenti contatti avuti con ciascuno di essi, si era formato un panorama complessivo molto dettagliato. <<Ma non abbiamo trovato nulla di interessante. Invece a Skynner è venuta un idea che credo possa fornirci una ottima pista per le nostre indagini. E’ andato a visitare il centro di ricerche neurologiche di Swindon che dipende dall’università di Bristol. Ti domanderai perché proprio a Swindon che dista parecchio dalla zona dei fatti. Beh! Lì lavorava, prima di andare in pensione, il professor Trowbridge>> <<E allora?>> domandò impaziente Taylor << Skynner voleva raccogliere notizie sul professore, le sue abitudini, i suoi rapporti con i colleghi e quant’altro fosse utile per fissarne la personalità, ma la cosa che lo ha colpito maggiormente, tanto da fargli spostare la sua attenzione è stato il laboratorio in cui il professore lavorava. Si tratta di un ampio stanzone di circa trecento metri quadrati dove, oltre a apparecchiature scientifiche di ogni genere vi sono, opportunamente ingabbiati, dodici scimpanzé. Su questi scimpanzé vengono compiuti studi comportamentali e del linguaggio. Tu sai che lo scimpanzé, il cui nome scientifico e pan troglodytes, è tra i primati, quello che ha espressioni e atteggiamenti più simili all’uomo. Bene, ora prosegui tu Skynner!>> Collins cedette la parola a Skynner che si sistemò a suo agio nella sedia e poi proseguì il racconto di Collins: <<Io pensavo che gli scimpanzé fossero liberi nelle loro gabbie, poi avvicinandomi vidi invece che erano legati mani e piedi. Uno mi fece molta pena perché girandogli intorno vidi che mi fissava con occhi imploranti, come se mi pregasse di liberarlo. Erano tutti collegati a fili e tubicini collegati a loro volta con delle apparecchiature poste sul banco, mentre su entrambi gli arti superiori gli venivano praticate delle flebo. Mi sono insospettito ed ho chiesto che trattamento stavano subendo quegli scimpanzé, ma gli addetti al laboratorio mi hanno risposto vagamente dicendomi che il professor Hans Weitzmann, titolare di quella ricerca era assente da circa un mese. Ho voluto saperne di più sul suo conto ma non è stato facile, egli non fa parte del personale di quel laboratorio, è direttore del laboratorio chimico di Bath della stessa università. Che si trova a poca distanza da Swindon. E’ stato incaricato di quella ricerca su sua richiesta, ma solitamente si occupa di altre cose…della formulazione di liquidi cicatrizzanti , mi pare. Questo è tutto quanto ho potuto sapere.>> Taylor e gli altri avevano ascoltato con molta attenzione. <<Non trovo che ci sia niente di particolarmente interessante sul fatto che un chimico faccia esperimenti su animali>> disse con una smorfia Wigram <<Che c’è di attinente con il nostro caso?!>>. <<Nulla se non un fatto, pare che Weitzmann odiasse Trowbridge, Weitzmann era un animalista e rimproverava al collega di praticare la vivisezione in maniera spregiudicata e crudele.>> <<Beh! La vivisezione è vivisezione, non esiste una vivisezione pietosa, bonaria! E poi… anche lui… da che pulpito viene la predica!>> Wigram continuava nel suo scetticismo. Skynner lo contrastò seccamente <<Se tu credi che Weitzmann pratichi la vivisezione ti sbagli! E’ un animalista!>>. Wigram insistette <<E le scimmie nelle gabbie?>> <<Le stà semplicemente curando, pare addirittura che abbia salvato loro la vita con rimedi da lui stesso formulati!>> Taylor interruppe il dialogo tra i due <<Noi stiamo cercando un neurochirurgo, non un chimico, comunque Skinner le tue indagini mi sembra che vadano nella direzione giusta, secondo me il laboratorio di Swindon è il centro del nostro cerchio, dobbiamo approfondire la nostra conoscenza su tutte le persone che lavorano in quel laboratorio; di Trowbridge dobbiamo sapere vita, morte e miracoli. Tu Skynner seguiterai questo lavoro, mentre tu Collins, insieme a Wigram andrete a Bath, per saperne di più sul conto di Weitzmann.>> La riunione si sciolse e mentre tutti si allontanavano Taylor si allungò sulla sedia, prese la pipa la riempì di tabacco che pressò con l’apposito arnese, poi la accese. Le ampie folate di fumo che emetteva dalla bocca socchiusa, volavano verso il soffitto insieme ai suoi pensieri, con lo stesso ordine, con lo stesso ritmo. Si, era tranquillo ora. Aveva trovato il bandolo della matassa, si trattava di svolgerla tutta la matassa, fino in fondo.
<<Si, il professor Trowbridge è stato il nostro direttore sino a un anno fa, da noi era amatissimo ed era uno dei più grandi ricercatori d’Europa in neurologia. Autore di importanti pubblicazioni sulle funzioni cerebrali, egli era in particolare uno degli scopritori della collocazione delle aree del linguaggio che, prima dei suoi studi, si ipotizzava trovassero sede in entrambi gli emisferi. Egli dimostrò invece, come questi centri non fossero bilaterali, ma situati solo su un emisfero, quello dominante.>> <<E quale è quello dominante?>> Skynner si stava appassionando alla materia. <<L’emisfero sinistro per i destrimani e quello destro per i mancini>> <<Interessante… ma come conduceva le sue ricerche il professore.>> <<Lavorava sugli scimpanzé, animali antropomorfi>> <<Antropomorfi?>> <<Significa che sono molto simili a noi!>> <<Che intende per “lavorava”? Me lo spieghi dettagliatamente>> <<Che compiva le sue ricerche su di loro, metteva a nudo il loro cervello scoperchiandone la volta cranica, poi sollevava le tre lamine connettivali – le meningi – ne incideva la prima, cosiddetta dura madre all’altezza della prima espansione, che separa tra di loro i due emisferi occupando la scissura interemisferica. Arrivato al tessuto cerebrale attraverso lo spazio subaracnoideo ed al liquor in esso contenuto, inseriva dei piccoli elettrodi nelle varie parti della corteccia cerebrale, osservando poi le reazioni dell’animale alle sollecitazioni elettriche che gli inviava e ne studiava gli effetti in appositi monitor.>> <<Ma l’animale era ancora vivo? Sveglio?>> <<Certamente, ogni forma di anestesia o lo stato di morte avrebbe falsato i risultati dell’esperimento>>
Collins e Wigram a Bath faticarono non poco ad avere notizie certe e circostanziate su Weitzmann, per cui dovettero ricorrere alla segreteria dell’università di Bristol per avere maggiori dettagli. <<Il professor Hans Weitzmann nato a Berlino, il 27 aprile del 1906, cittadino britannico dal 1926 è laureato in medicina e chirurgia, specializzato in neurochirurgia. Libero docente dal 1942, è stato assistente del grande professor Baumgartener il neurochirurgo di fama mondiale. Successivamente laureatosi in chimica farmaceutica, si e dedicato allo studio dei liquidi cicatrizzanti le lesioni cerebrali. I suoi studi erano orientati alla sutura chimica delle ferite subite dall’encefalo ed ultimamente aveva messo a punto un liquido. L’ LSy12 che consentiva di unire parti di tessuto della sostanza grigia con altre parti della stessa sostanza, ma proveniente da altri encefali. Un catalizzatore acceleratore del metabolismo cellulare che unificava le cellule nervose di diversa origine, modificandone le reazioni biochimiche. Vi serve altro?>> La segretaria del rettorato dell’università di Bristol chiuse con un gesto secco la cartella personale del Professor Weitzmann, che aveva aperto ricalcitrando e solo dopo che le era stato messo sotto il naso il distintivo di Scotland Yard. <<Niente altro grazie!>>
Collins e Wigram si precipitarono a Londra e subito Taylor li ricevette nel suo ufficio. <<Proviamo a fare delle ipotesi: Weitzmann è un animalista,odia Trowbridge che tortura gli animali nel suo laboratorio, lo raggiunge nella sua nuova residenza presso i Goodwin, gli taglia una fetta di cervello, uccide tutti e se ne va. Mi pare che tutto ciò non abbia senso, anche se partorito da una mente non certamente sana.>> Wigram il solito bastian contrario non avanzava mai idee sue, si limitava a demolire quelle degli altri. Taylor invece aveva già una sua idea, si trattava di svilupparla, di completarla nei suoi dettagli. <<Secondo me, Weitzmann ha attirato Trowbridge al laboratorio di vivisezione, adducendo come motivo l’esame di alcune sue ricerche. Con la scusa che nessuno avrebbe dovuto disturbarli, lo ha invitato in un giorno festivo, quindi il laboratorio era deserto e nessuno li ha visti. Weitzmann lo ha prelevato a casa sua lo ha portato nel laboratorio poi lo ha immobilizzato, lo ha operato al cervello,- sottraendogli parte dello stesso per sfregio o per far provare anche a lui le sofferenze che egli aveva inferto ai poveri animali del suo laboratorio – e quindi lo ha riportato esanime dove lo aveva prelevato. Rimane da stabilire: primo che ne ha fatto del cervello sottratto, secondo perché ha ucciso tutti gli altri familiari di Goodwin e ha sparato un colpo anche a Trowbridge, ammesso che a far questo sia stato lui e non altri.>> <<Lo scopriremo quando avremo trovato Weitzmann!>> Disse con sicurezza Collins.
Il vice ispettore Kramer insieme al collega Hester erano a Merestead da alcuni giorni, da quando cioè erano stati avvertiti del ritrovamento di un cadavere, apparentemente annegato nel fiume che costeggia il paese. <<E’ Weitzmann>> confermò loro, per telefono Taylor,<<e all’autopsia è risultato morto per un colpo d’arma da fuoco al cuore>> <<Ispettore Spivey, voi non avete avuto altri riscontri nelle vostre indagini?>> Kramer aveva richiamato in ballo il responsabile della polizia locale. <<No signore, il sergente Smith e rientrato da poco e Tucker non è stato in grado di fornirgli del materiale al riguardo…>> <<Se ci fossero novità ce le trasmetta a Scotland Yard…>> <<Senz’altro signore>>
Taylor in ufficio a Scotland Yard raccoglieva le idee in assoluta tranquillità, nessun rumore proveniva dall’esterno per via dei doppi vetri che proteggevano le finestre. <<Weitzmann è stato ucciso quasi certamente insieme agli altri, la sua morte risale alla stessa data, quindi non è stato lui a sparare ai Goowin. Probabilmente egli, dopo aver depositato il corpo di Trowbridge nel salone della casa deserta, stava uscendo di soppiatto, quando sono sopraggiunti i Goodwin. Egli si è nascosto dietro una tenda e ha visto i Goodwin ,sorpresi, farsi intorno al corpo di Trowbridge. In quel momento è entrato l’assassino, o gli assassini che hanno fatto fuoco contro tutti, compreso Trowbridge che si muoveva ancora, forse negli ultimi spasmi delle morte incipiente. Inorridito Weitzmann e fuggito fuori verso il fiume, ma è stato raggiunto e ucciso anche lui, Il suo corpo è caduto in acqua ed è stato trascinato via dalla corrente del fiume. Si, fin qui ci siamo. Ma chi erano gli assassini? Perché hanno ucciso? E perché Weitzmann ha asportato la parte “pensante” del cervello di Trowbridge. Solo per sfregio, o per farne che? Questo forse era più difficile saperlo visto che Weitzmann era morto…>> Taylor riempiva la pipa in continuazione ed in continuazione l’accendeva, Le ampie tirate esaurivano il tabacco in pochi minuti, l’ufficio sembrava una camera a gas. Succedeva sempre così quando era vicino alla soluzione di un caso. <<Cominciamo con gli assassini, chi poteva avere interesse a uccidere tutta quella gente? Non sembrava una strage a carattere passionale, non è stato rilevato nessun segno di furto, nessun indizio di rapina, forse… forse si poteva ritornare sulla pista della vendetta, della vendetta di Heaston, ma questi era morto due giorni prima della strage… Però, un momento, forse aveva commissionato gli omicidi a sicari di sua conoscenza, i quali all’oscuro della sua morte avevano agito ugualmente…>> Le ricerche partirono dalla prigione di Parklane, dove fu appurato che Heaston, prima di uscire, ricevette più volte la visita di due tizi poco raccomandabili: Jack Warren e Al Murphy. Rintracciati a Londra furono sottoposti a ferrei interrogatori, e di fronte a precise contestazioni ed al loro riconoscimento da parte di alcuni cittadini di Merestead che li avevano visti gironzolare in paese il giorno prima dell’eccidio, confessarono di essere stati pagati da Heaston per uccidere tutti i Goodwin. Le cose erano andate esattamente come Taylor aveva immaginato, anche per la morte di Weitzmann.
<<Straordinario, straordinario veramente il tuo racconto Taylor, ma rimane ancora da capire il motivo del comportamento di Weitzmann, e soprattutto dove ha messo la sezione di encefalo sottratta a Trowbridge… dubito che lo abbia fatto per sfregio; tutto quel lavoro per poi buttare via mezzo cervello…>> Louis Archibald Counts, sornione aveva una sua idea di come erano andate le cose, ma voleva farla cadere dall’alto a Taylor, che gli si era presentato con l’aria del trionfatore. Taylor replicò <<Beh! Non è poi così importante! Il fatto criminale di nostra competenza, cioè la morte di tutte quelle persone- compreso Trowbridge - è stato risolto, gli assassini sono stati assicurati alla giustizia, quindi quello che è stato fatto a Trowbridge prima della sua morte, ad opera di uno scienziato pazzo,- morto anche lui,- oggi non ha più alcuna rilevanza penale.>> Counts stette alcuni attimi in silenzio poi riprese: <<Giusto, se Trowbridge fosse morto, sarebbe tutto finito…il passato dei morti è penalmente irrilevante. Ma se Trowbridge fosse ancora vivo? Se il suo pensiero fosse ancora attivo… magari nel corpo di qualcun altro? E soffrisse pene indicibili?>> <<Louis, cosa stai dicendo, ti senti bene?>> Louis non gli fece caso e proseguì: <<E’ il cervello che ci identifica, non le altre parti del corpo. La parte pensante di un cervello d’uomo trapiantata in un altro corpo, porta con sé la propria identità…>> <<Dio, Louis cosa vuoi dire?>> <<Che uno degli scimpanzé legato nella gabbia a Swindon è Trowbridge!!>>
Taylor e gli altri, unitamente al capo dipartimento omicidi di Scotland Yard Jacob Russel, avevano messo a soqquadro tutto il laboratorio di Swindon. Gli addetti al laboratorio, il rettore dell’università di Bristol, stavano in un angolo ad osservare il viavai di poliziotti intorno alle gabbie degli animali. Tutti gli scimpanzé stavano per essere rinviati ai loro luoghi di origine, tranne uno, con tanti tubetti e fili elettrici collegati alla testa… <<Se lo liberiamo potrebbe fare gesti inconsulti e strappare i collegamenti alle apparecchiature mediche cui è collegato…>> Aveva detto il Direttore del laboratorio Cromwell. <<Allora deve rimanere sempre così?>> <<Certo, fin che vive! Fossimo certi che si tratta di un animale potremmo sopprimerlo, ma trattandosi di un animale – uomo siamo obbligati a tenerlo in vita più che è possibile… sa… il giuramento d’Ippocrate…>> Gli occhi dell’animale non si potevano guardare senza sentirsi male. A tratti abbattuti, a tratti esprimevano terrore, si muovevano in continuazione. Si spalancavano e si socchiudevano quasi che con quei movimenti ritmici egli volesse comunicare qualcosa, accompagnandosi con suoni gutturali che gli uscivano dalla bocca sempre più flebili… <<Abbiamo esaminato l’encefalo. Essendo l’animale sotto esperimento la volta cranica è staccata e rimuovibile…>> Il professor Cromwell stava relazionando a Russel l’esito della indagine clinica effettuata sullo scimpanzé. <<In effetti la parte di corteccia umana trapiantata sull’encefalo dell’animale si è perfettamente saldata con le rimanenti parti e risulta attiva…>> <<Cioè?>> <<E’ viva. Risponde alle sollecitazioni elettriche a cui l’abbiamo sottoposta, esattamente come le altre parti dell’encefalo. Peraltro non vi sono tracce di sutura, come in tutti i reperti nei quali è stato impiegato il LSy12, il liquido suturante del professor Weitzmann>> Inorridito da quelle parole Taylor si voltò dall’altra parte. Stava per vomitare, le gambe gli si piegavano. Si appoggio ad uno scaffale ma dovette subito cambiare posto. Lo scaffale era pieno di reperti organici, pezzi di encefali, materia grigia, materia bianca… Una nausea tremenda lo avvolse, corse al bagno, si liberò, poi si sciacquò il viso. Ricomponendosi tornò nel laboratorio mentre pensava << Trowbridge è diventato lui una cavia adesso, lui ora prova le sofferenze che infliggeva a quei poveri animali…>> Ma non poteva crederci! Era così assurdo tutto ciò! In un impeto di incredulità si avvicinò alla gabbia dello scimpanzé e da un fianco gli sussurrò: <<Trowbridge, Trowbridge…>> L’animale ebbe un sobbalzo e girò gli occhi verso di lui, spalancandoli al punto che pareva dovessero uscire dalle orbite, il suo sguardo era terrificante, carico di dolore, di sofferenza…
La vendetta di Weitzmann era compiuta.
|
|
|
09/09/03 |