Il Toro E la Luna

(dal Libro dei Racconti - di Randagio Piedesvelto – 24/12/99)

Una commovente poesia scritta in forma di racconto.


Nacque una notte.
La luna era insolitamente bianca, piena, e rovesciava in silenzio cascate di perle su un mondo addormentato e immobile.
Non aveva un nome: i nomi erano un’usanza di esseri che avevano bisogno delle parole per comunicare, in maniera incompleta, con altri esseri.
Non gli serviva un nome.
Noi lo chiameremo Toro.
Il luogo è la Spagna sudorientale, il tempo questo secolo.
Non sto a raccontarti tutta la sua vita, come divenne grande e come visse, e quanto pianse quando portarono via sua madre su un camion, e la conoscenza che lei gli trasmise: sappi comunque che creature veramente vive avvertono la morte quando si avvicina, e la loro anima reagisce dando loro visioni estremamente lucide su quello che c’è davvero dietro le cose che vediamo, su come la vita si muove e su dove si dirige.
Ad ogni modo si fece grande, e forte, ed era ammirato e rispettato da tutti gli altri esseri, compresi quelli che in lui vedevano solo la forza fisica e la possenza, ciechi a tutto il resto che lui poteva dare.
Sordi a tutto quello che lui sentiva.
Insensibili al vento, all’aria, al canto del Sole e della Luna.
Gli uomini, tanto per capirci.

Adesso però basta con tutte ‘ste menate, e facciamo un salto fino ad oggi:

Sono arrivati due uomini questa mattina presto, vestiti in maniera elegante ma un po’ sciatti nel portamento, come fossero due mendicanti da poco nominati ministri…
Con sé hanno portato un sacco di carte, e adesso stanno parlando con il Capo, indicando di continuo in questa direzione.
Toro nel frattempo mastica tranquillo un ciuffo d’erba, e li osserva un po’ perplesso chiedendosi per l’ennesima volta come facciano delle creature così strane a capirsi usando dei semplici suoni, e soprattutto per quale strano motivo abbiano il controllo della sua vita e di quella di tutte le altre creature…forse perché a nessuno in fondo importa nulla di cambiare le cose, sono ben altri i motivi per cui vale la pena spendere energia.
Che parlino pure, che si illudano di essere i padroni del creato, a lui poco importa.
Adesso si stanno muovendo nella sua direzione, uno dei due nuovi arrivati impugna una lunga corda ed un bastone, e lo fissa disinvolto.
Toro sente l’ostilità e l’ammirazione che questi due nutrono nei suoi confronti, e non se ne preoccupa eccessivamente: sua madre lo aveva avvisato che ci sarebbero presto stati dei cambiamenti nella sua vita, e lo aveva messo in guardia, ma lui si sente pronto.
Non è mai stato così pronto.
Uno dei due gli si avvicina e lega la corda a quel fastidioso anello che gli misero al naso quand’era piccolo (è ancora fresco il ricordo di quel giorno; la madre lo aveva rincuorato dicendogli che era un segno di distinzione concesso solo alle creature più speciali, ma lui non ci aveva messo molto a capire cosa realmente fosse…per tacere del male che gli avevano fatto nel bucargli il naso.).
Toro lascia fare, non gli interessa più di tanto dove lo portano, né la sua curiosità aumenta quando il camioncino su cui l’hanno messo imbocca strade che lui non aveva mai visto.
Mal che vada andrà a far compagnia a sua madre, oggi è un buon giorno per partire.
Dopo un viaggio di durata indefinita (il tempo conta molto poco, Toro lo sa bene) lo scaricano in un recinto, farfugliando i loro soliti, incomprensibili suoni.
L’aria qui ha un odore strano, come di bruciato, ma più greve.
Cosa ancor più strana, è notte fonda ma le stelle non si vedono; non ci sono nuvole, ma il cielo è di un insolito color arancione sbiadito.
La Luna stessa, quella facciona familiare e benevola che così spesso lo ha tenuto stretto nelle notti di Tramontana, appare sbiadita e morente, lontana, nonostante sia quasi piena.
Questa cosa sì, effettivamente lo fa sentire un po’ a disagio…si sente solo, ma in una maniera particolare: come se tutto quello che sempre lo ha confortato fosse visibile, ma distante, molto più difficile da avvertire.
Una paura nuova gli si infila nel cuore, subdola, senza un motivo né un oggetto che la origini.
La notte passa così, insonne e disturbata, e arriva l’aurora portandosi via i fantasmi che lo hanno accarezzato, ma lasciandogli la sensazione che le loro carezze in realtà fossero dei graffi, che sotto la luce del sole continuano a bruciare.

E’ il gran giorno, da tutta la campagna circostante arrivano uomini donne e bambini per lo spettacolo della Domenica: la Grande Mattanza, la finta sfida in cui si sa sempre chi vive e chi muore, e in cui in realtà il vincitore è sempre quello che resta a terra, sempre lo stesso Cristo, crocifisso, ucciso e riucciso innumerevoli volte.
Oggi Toro è la stella dello spettacolo: uno splendido toro di 6 anni, del peso di 890 kg., il mantello nero e lucente, lo sguardo limpido di chi non teme il destino e guarda oltre le miserie della vita.
Con passo tranquillo entra nell’arena; di fronte a lui uno strano bipede dai colori sgargianti si muove in maniera strana, piroettando e dimenandosi come se una cannetta invisibile e rigida gli fosse stata infilata nel didietro, e una mano enorme lo stesse sventolando come una bandiera.
Toro sente che quest’essere vuole la sua pelle, e prova tenerezza per una creatura così cieca e piccola da avere bisogno di portare la morte per sentire la vita.
Oggi non andrà proprio come queste creaturine sono abituate a vedere: oggi si cambia spettacolo.
E lo spettacolo inizia, l’uomo-dei-lustrini si avvicina, e Toro apre la sua anima:
Tutte le volte che è morto, le innumerevoli volte che ha sentito ganci e spade trafiggerlo e aprirlo, tutte le volte che ha sospirato alla Luna, tutte le maledette volte che il suo ultimo, sacro respiro si è perduto nel boato di una folla feroce, tutte le maledette volte che le sue lacrime ed il suo sangue hanno bagnato questa polvere, tutto questo si riversa fuori d’un colpo.
In un attimo è notte, ma veramente notte, senza arancione e senza fantasmi: le stelle si fanno da parte e la Luna in persona scende sull’arena a riscuotere il conto.
Il piccolo uomo colorato giace su un fianco, gli occhi sbarrati, un filo di saliva scende dalla bocca semiaperta sulla polvere. Ogni tanto un tremito lo scuote dalla testa ai piedi, i suoi lamenti sono troppo deboli perchè qualcuno li possa sentire.
Un muro fatto di dolore solido, infinitamente insopportabile ha travolto ogni suo credo: tutti i suoi dogmi spariti, la sua superiorità, il suo orgoglio, spazzati via da un’onda di piena gigantesca, fatta di sofferenza, di dolore, di tristezza e di pietà.
Il silenzio è irreale, ed in questo silenzio, con la Luna che osserva da vicino, Toro parla:  usando quegli strani suoni che ora d’improvviso gli sono chiari, Toro parla:
“Tu hai sbagliato, voi tutti sbagliate, quello che fate è sbagliato. Tu ora sai, ora hai sentito quello che hai fatto, ne avverti la portata. Ora non lo farai più, perché ora sai. Ora, sai.”
La Luna fa cadere una perla sulla fronte dell’uomo, e la perla si scioglie e scompare.
L’Uomo si alza, guarda in su alla Luna che ora sorride, si avvicina al Toro, lo guarda negli occhi, e capisce.
Perché in quegli occhi non c’è rabbia né odio, non vendetta né ostilità.
Sono due pozzi profondi e neri, di acqua limpida e fresca...e in quell’acqua nuota,  ridendo, la Luna.
E improvvisamente anche per lui le parole, quegli strani incomprensibili suoni, cominciano a non avere più un senso…


L'autore: randagio@reameincantato.it

25/01/03

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