Nacque
una notte. La luna era insolitamente bianca, piena, e
rovesciava in silenzio cascate di perle su un mondo addormentato
e immobile. Non aveva un nome: i nomi erano un’usanza
di esseri che avevano bisogno delle parole per comunicare, in
maniera incompleta, con altri esseri. Non gli serviva un
nome. Noi lo chiameremo Toro. Il luogo è la Spagna
sudorientale, il tempo questo secolo. Non sto a raccontarti
tutta la sua vita, come divenne grande e come visse, e quanto
pianse quando portarono via sua madre su un camion, e la
conoscenza che lei gli trasmise: sappi comunque che creature
veramente vive avvertono la morte quando si avvicina, e la loro
anima reagisce dando loro visioni estremamente lucide su quello
che c’è davvero dietro le cose che vediamo, su come
la vita si muove e su dove si dirige. Ad ogni modo si fece
grande, e forte, ed era ammirato e rispettato da tutti gli altri
esseri, compresi quelli che in lui vedevano solo la forza fisica
e la possenza, ciechi a tutto il resto che lui poteva
dare. Sordi a tutto quello che lui sentiva. Insensibili al
vento, all’aria, al canto del Sole e della Luna. Gli
uomini, tanto per capirci.
Adesso
però basta con tutte ‘ste menate, e facciamo un
salto fino ad oggi:
Sono
arrivati due uomini questa mattina presto, vestiti in maniera
elegante ma un po’ sciatti nel portamento, come fossero
due mendicanti da poco nominati ministri… Con sé
hanno portato un sacco di carte, e adesso stanno parlando con il
Capo, indicando di continuo in questa direzione. Toro nel
frattempo mastica tranquillo un ciuffo d’erba, e li
osserva un po’ perplesso chiedendosi per l’ennesima
volta come facciano delle creature così strane a capirsi
usando dei semplici suoni, e soprattutto per quale strano motivo
abbiano il controllo della sua vita e di quella di tutte le
altre creature…forse perché a nessuno in fondo
importa nulla di cambiare le cose, sono ben altri i motivi per
cui vale la pena spendere energia. Che parlino pure, che si
illudano di essere i padroni del creato, a lui poco
importa. Adesso si stanno muovendo nella sua direzione, uno
dei due nuovi arrivati impugna una lunga corda ed un bastone, e
lo fissa disinvolto. Toro sente l’ostilità e
l’ammirazione che questi due nutrono nei suoi confronti, e
non se ne preoccupa eccessivamente: sua madre lo aveva avvisato
che ci sarebbero presto stati dei cambiamenti nella sua vita, e
lo aveva messo in guardia, ma lui si sente pronto. Non è
mai stato così pronto. Uno dei due gli si avvicina e
lega la corda a quel fastidioso anello che gli misero al naso
quand’era piccolo (è ancora fresco il ricordo di
quel giorno; la madre lo aveva rincuorato dicendogli che era un
segno di distinzione concesso solo alle creature più
speciali, ma lui non ci aveva messo molto a capire cosa
realmente fosse…per tacere del male che gli avevano fatto
nel bucargli il naso.). Toro lascia fare, non gli interessa
più di tanto dove lo portano, né la sua curiosità
aumenta quando il camioncino su cui l’hanno messo imbocca
strade che lui non aveva mai visto. Mal che vada andrà
a far compagnia a sua madre, oggi è un buon giorno per
partire. Dopo un viaggio di durata indefinita (il tempo conta
molto poco, Toro lo sa bene) lo scaricano in un recinto,
farfugliando i loro soliti, incomprensibili suoni. L’aria
qui ha un odore strano, come di bruciato, ma più
greve. Cosa ancor più strana, è notte fonda ma
le stelle non si vedono; non ci sono nuvole, ma il cielo è
di un insolito color arancione sbiadito. La Luna stessa,
quella facciona familiare e benevola che così spesso lo
ha tenuto stretto nelle notti di Tramontana, appare sbiadita e
morente, lontana, nonostante sia quasi piena. Questa cosa sì,
effettivamente lo fa sentire un po’ a disagio…si
sente solo, ma in una maniera particolare: come se tutto quello
che sempre lo ha confortato fosse visibile, ma distante, molto
più difficile da avvertire. Una paura nuova gli si
infila nel cuore, subdola, senza un motivo né un oggetto
che la origini. La notte passa così, insonne e
disturbata, e arriva l’aurora portandosi via i fantasmi
che lo hanno accarezzato, ma lasciandogli la sensazione che le
loro carezze in realtà fossero dei graffi, che sotto la
luce del sole continuano a bruciare.
E’
il gran giorno, da tutta la campagna circostante arrivano uomini
donne e bambini per lo spettacolo della Domenica: la Grande
Mattanza, la finta sfida in cui si sa sempre chi vive e chi
muore, e in cui in realtà il vincitore è sempre
quello che resta a terra, sempre lo stesso Cristo, crocifisso,
ucciso e riucciso innumerevoli volte. Oggi Toro è la
stella dello spettacolo: uno splendido toro di 6 anni, del peso
di 890 kg., il mantello nero e lucente, lo sguardo limpido di
chi non teme il destino e guarda oltre le miserie della
vita. Con passo tranquillo entra nell’arena; di fronte
a lui uno strano bipede dai colori sgargianti si muove in
maniera strana, piroettando e dimenandosi come se una cannetta
invisibile e rigida gli fosse stata infilata nel didietro, e una
mano enorme lo stesse sventolando come una bandiera. Toro
sente che quest’essere vuole la sua pelle, e prova
tenerezza per una creatura così cieca e piccola da avere
bisogno di portare la morte per sentire la vita. Oggi non
andrà proprio come queste creaturine sono abituate a
vedere: oggi si cambia spettacolo. E lo spettacolo inizia,
l’uomo-dei-lustrini si avvicina, e Toro apre la sua
anima: Tutte le volte che è morto, le innumerevoli
volte che ha sentito ganci e spade trafiggerlo e aprirlo, tutte
le volte che ha sospirato alla Luna, tutte le maledette volte
che il suo ultimo, sacro respiro si è perduto nel boato
di una folla feroce, tutte le maledette volte che le sue lacrime
ed il suo sangue hanno bagnato questa polvere, tutto questo si
riversa fuori d’un colpo. In un attimo è notte,
ma veramente notte, senza arancione e senza fantasmi: le stelle
si fanno da parte e la Luna in persona scende sull’arena a
riscuotere il conto. Il piccolo uomo colorato giace su un
fianco, gli occhi sbarrati, un filo di saliva scende dalla bocca
semiaperta sulla polvere. Ogni tanto un tremito lo scuote dalla
testa ai piedi, i suoi lamenti sono troppo deboli perchè
qualcuno li possa sentire. Un muro fatto di dolore solido,
infinitamente insopportabile ha travolto ogni suo credo: tutti i
suoi dogmi spariti, la sua superiorità, il suo orgoglio,
spazzati via da un’onda di piena gigantesca, fatta di
sofferenza, di dolore, di tristezza e di pietà. Il
silenzio è irreale, ed in questo silenzio, con la Luna
che osserva da vicino, Toro parla: usando quegli strani
suoni che ora d’improvviso gli sono chiari, Toro
parla: “Tu hai sbagliato, voi tutti sbagliate, quello
che fate è sbagliato. Tu ora sai, ora hai sentito quello
che hai fatto, ne avverti la portata. Ora non lo farai più,
perché ora sai. Ora, sai.” La Luna fa cadere una
perla sulla fronte dell’uomo, e la perla si scioglie e
scompare. L’Uomo si alza, guarda in su alla Luna che
ora sorride, si avvicina al Toro, lo guarda negli occhi, e
capisce. Perché in quegli occhi non c’è
rabbia né odio, non vendetta né ostilità. Sono
due pozzi profondi e neri, di acqua limpida e fresca...e in
quell’acqua nuota, ridendo, la Luna. E
improvvisamente anche per lui le parole, quegli strani
incomprensibili suoni, cominciano a non avere più un
senso…
|