Bloc Notes

Federfauna (2)

di
aldo sottofattori



 


Chi si trovasse per ventura a finire nel sito della FederFauna troverebbe la sorpresa della “rivendicazione” di un ruolo di primo piano nella formazione degli allevatori che “trattano” animali esotici. La dichiarazione avviene a ruota di una richiesta analoga dell’ANMVI e del SIVAE relativamente al coinvolgimento di professionisti capaci di “elaborare norme sugli animali esotici”.

http://www.federfauna.org/News/news.php?id=2319

L’occasione per riprendere il discorso si rifà a un noto fatto di cronaca che aveva messo in evidenza il “presunto” maltrattamento di un bradipo. Di qui il commento seguente:

«I veterinari intervistati, che avevano gia' suggerito alcune prescrizioni al negoziante, per garantire all'animale il massimo benessere, si mostravano preoccupati per l'assenza di norme atte a garantire tali standard minimi, anche presso il privato che dovesse acquistarlo. Una posizione seria e tecnica, che si potrebbe tradurre come: "alleviamo, commerciamo e deteniamo pure animali, ma facciamolo bene, ovvero offriamo loro una cattività in grado di sopperire il piu' possibile alle loro necessita'." »

Senonché a seguito di tali ispirate righe sono seguite alcune riflessioni su una iniziativa della sottosegretaria alla Salute, l’onnipresente Francesca Martini, che, sulla scorta di tale vicenda, si è posta il problema della legittimità morale della vendita di animali costretti a vivere in habitat inadeguati e si è fatta promotrice di un coordinamento con varie autorità ministeriali per vedere di inquadrare e regolare il fenomeno. Il motivo della reazione della Signora Martini appartiene al suo intimo e non è sondabile. Può darsi che sia dettato dalla reale attenzione del problema – non dimentichiamo che dei serpenti a sonagli sono stati trovati in un parco di Ostia – come può darsi che si sia trattato di una iniziativa disposta a guadagnare consenso da parte degli animalisti zoofili. Questo non è importante. Quello che invece risalta è la reazione nervosa della FederFauna che dopo aver rilevato come sia importante il ruolo di:

quelle figure professionali, che piu' di chiunque altro possono aver visto con i propri occhi quali siano le effettive esigenze degli animali in cattivita',

si chiede chi faccia tanto per gli animali esotici quanto “gli allevatori che riescono addirittura a riprodurli” (sic). A ciò seguono accuse velenosette alla signora Martini di privilegiare il rapporto con coloro che,

per animali da compagnia, concepiscono unicamente la monocultura del meticcio da canile; coloro che non riproducono mai, anzi, sterilizzano affinche' non ci sia riproduzione.

Notare bene il disgusto di cui è innaffiata l’ultima proposizione: la cultura abberrante degli sterilizzatori, dei moralizzatori, dei diffusori della cultura dell’imbastardimento anziché del nobile esercizio della selezione (razziale). Insomma da quei turpi individui che dietro la posizione moralisticheggiante della guerra al randagismo stanno producendo danni gravissimi alla legittima – anzi, onorata (giacché contribuiscono all’arricchimento e al benessere della società) – attività dell’allevamento. Quando si dice ingratitudine: ma non è la Signora Martini che ha eliminato la black list? E per chi avrebbe rimesso in circolo di pittbull, dogo, rottweiler e compagnia bella se non per allevatori, venditori e consumatori? E siamo davvero sicuri che sia stata varata per scopi umanitari la norma relativa alle sanzioni in caso di introduzione irregolare di cuccioli dall’est europeo? Comunque l’argomento della “monocultura del meticcio” viene lasciato subito cadere. La parentesi “cani” è servita – come si usa ormai da tanto tempo in Big Italy – per criticare un interlocutore con un argomento che non c’entra nulla  chiamando in causa un cavolo per merenda.

In fin dei conti l’attenzione è tutta spostata altrove, negli animali esotici. E così si richiamano vari elementi:

1)    la richiesta di ANMVI e SIVAE di essere presenti a qualsiasi tavolo di confronto su mantenimento, salute e benessere degli animali;

2)    la pretesa che anche allevatori e FederFauna possano dire la loro negli stessi tavoli;

3)    la qualità degli allevamenti, anche amatoriali (sic)

Ma il lettore dell’articolo al quale rimandiamo dovrebbe fare un sforzo per rilevare le parole chiave di questa concione: “Produzione”, “riproduzione”, “settore”, “mercato in espansione”, “animali non convenzionali”, “lesione della libertà” (di scegliere autonomamente il proprio animale domestico). Allora si comprenderanno le “richieste”, le “pretese” e perfino gli ammiccamenti a quelle zone grigie, a quei luoghi assolutamente incontrollati (e incontrollabili) che sono gli allevamenti amatoriali.

Tutte queste cose – parole chiave e pretese – sono semplicemente la testimonianza di una civiltà che oggettivizza in modo esplicito esseri viventi trasformati in cose, giacché se non lo fossero, non sarebbero soggetti a commercio.

Gary Francione ha scritto un libro (ancora non tradotto in italiano) dal titolo: “L’animale come persona”. È chiaro che se un giorno tale visione del vivente dovesse affermarsi, i nostri veterinari, gli allevatori e le loro belle istituzioni tutte orientate a difendere la libertà di commercio dei “produttori” e di acquisto dei “consumatori”, tutti questi soggetti apparirebbero né più né meno che la riedizione degli attori dello schiavismo e delle istituzioni negriere. A quel punto – per riutilizzare una vecchia apostrofe marxiana – non basterebbero “tutte le preghiere dei loro preti per riscattarli dalla gogna a cui la storia li avrà inchiodati”.



 




Data: 20/12/09

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