Bloc Notes

Il dottor Jamal e i gattini

di
A. S.




"Prendi dei gattini, dei teneri micetti e mettili dentro una scatola" mi dice Jamal, chirurgo dell'ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti di chiazze di sangue. "Sigilla la scatola, quindi con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli ossicini, e l'ultimo miagolio soffocato". Fisso gli scatoloni attonito, il dottore continua "Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe subito dopo la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata dell'opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni animaliste..." il dottore continua il suo racconto e io non riesco a spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei piedi. "Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in una scatola, decine di bambini, e poi l'ha schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quale sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati più tutelati". (14/01/2009)

Il brano di apertura è parte di una corrispondenza di Vittorio Arrigoni da Gaza avvenuta in occasione dei noti fatti che hanno chiuso il 2008 e aperto il 2009. Frasi d’effetto riprese da molti blog e siti internet. Frasi che fanno pensare e che inquietano profondamente. Frasi che devono contenere di certo qualche salto logico, poiché se dipingessero la realtà sarebbero stupefacenti. Possibile che la solidarietà verso la propria specie abdichi in favore di specie diverse per quanto rese vicine da lunga domesticazione? Possibile che meccanismi biologici ferrei siano stati piegati dalla cultura fino a pervenire a simili aberrazioni? Si tratta di un’argomentazione poco convincente e tuttavia, almeno sotto un aspetto, razionale. Infatti, se pure falsa, essa deve esprimere la verità rispetto al sentire del parlante che l’ha concepita. Del resto gli antispecisti sentono risuonare sempre nelle loro orecchie l’accusa standard: “dovreste occuparvi più dei bambini che a milioni soffrono nel mondo, altro che animali…”. Certo il dottor Jamal non ripropone questo insensato ragionamento, limitandosi piuttosto a descrivere gli effetti paradossali che ritiene di intravvedere della comunità degli umani; però la chiusura del brano ribadisce una convinzione diffusa: che gli animali sembrano godere di un trattamento preferenziale rispetto a certi umani.

Facile a questo punto sarebbe dimostrare su un piano crudamente empirico come le cose non stiano proprio in questi termini. Altrettanto facile sarebbe ritorcere l’insistente accusa che si difende con l’appello alle disgrazie dei bambini dei paesi poveri. Ma si ricadrebbe in sonate inutili e ripetitive che stancano chi le propone, e non fanno breccia in chi si rifiuta di ascoltarle. Invece può essere utile penetrare il ragionamento del dottor Jamal per cogliere sia la natura del suo errore, sia la realtà che lo sottende.

Se una scatola contenente gattini venisse pressata fino a maciullare i suoi ospiti e questa scena venisse esibita da quei media che fanno il giro del mondo in 80 minuti, di certo vi sarebbe una sollevazione delle proteste degli “animalisti”. La prova è rintracciabile in tante situazioni che periodicamente si ripetono. Ad esempio, un “artista” ha esibito in una mostra un cane già macilento è l’ha lasciato morire di fame. Non si è capito bene quale opera d’arte fosse, comunque la protesta ha fatto il giro del mondo. Non v’è dubbio che quella storia, di certo meritevole di esecrazione, non potrebbe essere considerata altrettanto grave di quanto fatto da Israele a Gaza. Ma la risposta all’evento artistico non è stata prodotta dall’umanità, bensì da una sua componente estremamente minoritaria che ha sentimenti di compassione universale e che giustamente reagisce, non al dolore irrimediabile che la natura infligge a tutti i viventi, bensì alla sofferenza provocata e gratuita. Il resto del mondo – questo va sottolineato con forza – non ha dato prova di grande interesse in questo caso, né lo dà mai in altri simili.

Ma se gli animalisti (non stiamo parlando degli zoofili delle mostre canine che sono un’altra cosa) portano la compassione fuori del perimetro della specie, non si dimenticano di certo degli elementi della propria specie anche perché la loro visione prevede anche per gli umani lo statuto di animali. Animali particolari, data la loro capacità di muoversi in una dimensione fortemente culturale, ma pur sempre animali in quanto dotati di un corpo capace di provare piacere e dolore e, perciò, di reclamare il diritto alla vita, al rispetto biologico e alla libertà dallo sfruttamento. Perciò gli animalisti “antispecisti” sono tra coloro che inorridiscono di fronte a fatti come i crimini di Gaza. Questo non si può negare. Se qualche strano marchingengno avesse potuto registare la provenienza di quel poco di solidarietà che il popolo palestinese ha ricevuto in quei tragici giorni gli antispecisti sarebbero stati registrati tutti e in prima linea. Ma perché gli animalisti si manifestano se la vittima di un evento particolarmente crudele sono animali non umani e invece non si palesano se le vittime sono animali umani?

Occorre considerare che gli animalisti non hanno (ancora) imparato a costituirsi come soggetto politico e dunque a presentarsi pubblicamente come entità organizzata. Anche quando spediscono migliaia di petizioni e proteste per qualche evento particolare, le diffondono come soggetti singoli e vengono riconosciuti come “animalisti” per il fatto che protestano per le sventure accadute a un animale. Non c’è modo per distinguerli diversamente. Quando invece protestano per Gaza o per analoghi crimini contro l’umanità si presentano semplicemente come umani di buona volontà che si uniscono ad altri umani (che purtroppo – notare bene – non offrono reciprocità) per manifestare il loro sdegno. Dunque non appaiono più come animalisti, ma come semplici cittadini.

Sottolineato questo rilievo importante che rimette ordine sia sulla vera sensibilità universalistica degli antispecisti sia sulla falsa (e inesistente) “reazione sdegnata dell’opinione pubblica mondiale” in caso di maltrattamenti a gattini, rimane da capire il vero nucleo del problema: la sostanziale “quasi nulla” reazione nel mondo ad un fatto tanto grave come i massacri a Gaza. Questo è il vero scandalo! Come interpretarlo? Basta considerare due aspetti – uno biologico, l’altro culturale – associati al processo di desensibilizzazione delle persone e dei popoli. L’aspetto biologico ci dice che uno stato di tensione (sdegno e compassione implicano certo uno stato di alta tensione) può essere mantenuto per un tempo determinato, dopodiché decade. L’aspetto culturale ci dice che quel tempo determinato può essere espanso o ridotto (fino ad essere annullato) con le tecniche di condizionamento degli individui per mezzo di strumenti politici e mass-mediali. Ebbene, qui c’è la chiave per interpretare lo scandalo. Purtroppo è stato messo in campo un terribile armamentario fatto di depravazione politica e di servilismo mediatico che ha cancellato l’interesse e la gravità di ciò che è accaduto.

Caro Dottor Jamal, se le classi dirigenti occidentali danno inarrivabili esempi di vigliaccheria o opportunismo mostrandosi zerbini di Israele al punto da attribuire ad Hamas la responsabilità di ciò che è avvenuto a Gaza, se le legittime proteste verso la violenza israeliana vengono zittite con il termine minaccia “antisemita”, se non si può chiamare “pane” il pane e “vino” il vino senza essere aggrediti e stigmatizzati, beh, allora è inevitabile che centinaia di milioni di persone vengano private del senso critico, della sensibilità, della compassione e, quindi, anche della possibilità di inorridire per fatti che dovrebbero trascinare i loro autori davanti a una corte internazionale per crimini contro l’umanità. Per fortuna possiamo ringraziare le circostanze (naturali? biologiche? culturali?) che impediscono ai detentori del dominio sulle menti e sui cuori dei popoli di disporre di strumenti perfetti e assoluti. Certi umani sfuggiranno sempre al loro condizionamento e da questi potranno forse scaturire nuove speranze. E stia certo… tra loro troverà sempre gli animalisti antispecisti: i sostenitori più decisi di quello che il filosofo Gino Ditadi ha chiamato, con una bellissima espressione, “ un nuovo mattino del mondo”. Un nuovo mattino per tutti gli abitanti della nostra Madre Terra.

 




Data: 13/03/09

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