Bloc Notes

Restrizioni progressive... preoccupazioni crescenti...

di
A. S.




Da un po’ di tempo fare manifestazioni animaliste risulta piuttosto difficile. Non i banchetti a favore dei gatti randagi, per carità. Per quelli il posto è sempre assicurato: basta chiedere un pezzettino di spazio pubblico. No, le difficoltà non nascono quando si vogliono alimentare i buoni sentimenti nella popolazione, quei sentimenti di mitezza che favoriscono la soggezione verso il Potere e dunque sono sempre bene accetti. Bensì quando si devono organizzare proteste. Proteste vere contro macellai, vivisettori, allevatori, pellicciai e compagnia cantando. Proteste che introducono nel corpo sociale le vibrazioni del conflitto, del contrasto, persino della discordia profonda. A quel punto subentra il rischio che la protesta possa incidere sul libero svolgimento della rassegna, o della mostra, o del commercio determinando eccessivo disturbo e motivo di tensione tra i frequentatori dell’area contestata dai villani urlanti. In tal caso diventa prioritaria l’esigenza della tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza delle persone.

Però esiste un pezzo di carta alla quale viene conferito dalla Nazione un significato sacro. In questa carta, da qualche parte, c’è scritto che i cittadini hanno il diritto di manifestare il proprio pensiero e dunque sarebbe un delitto (per ora) privarli di quanto spetta loro. Dio ce ne scampi. Sarebbe l’inizio di una deriva fascista e totalitaria. Dunque il Diritto va salvaguardato. La soluzione? Basta spedire i protestatari lontano dal punto contestato. Tanto lontano che chi passa vicino agli urlatori si chieda che cosa abbiano quei tizi da scaldarsi tanto. In effetti se qualcuno lancia slogan contro la vendita e l’uso delle pellicce davanti a una panetteria, perché la pellicceria più vicina non si scorge, fa la figura dello strano e forse, percependosi tale, magari prima o poi la smette di rompere l'anima.

Analogamente, se un gruppo di abolizionisti decide di protestare contro una tradizionale fiera del bestiame e tutti i campi di sterminio che la rendono possibile, la soluzione architettata è sempre quella: spedire gli animalisti in un luogo tanto lontano che i loro strepiti siano percepiti meno del ronzio di un moscone. Così le mamme potranno portare i figlioletti a vedere quelle belle mucchine con gli occhi dolci e spiegare che la colazione che tutte le mattine fanno con il latte, è dovuta alla loro grazia. Senza sentire quei rompiballe degli animalisti con i loro filmati dell’orrore capaci di turbare le povere animelle dei loro figlioli. Anzi, a ben guardare, ma se proprio guardi bene, ti accorgerai che la mucchina ha uno strano sorriso ed è felice di poter essere utile alla crescita del piccoletto, e persino di essere abbattuta in un macello similnazista quando si renderà conto che sua figlia è diventata più produttiva di lei. E così l’armonia della visita è garantita.

C’è qualcosa che deve essere chiarito. Un sistema democratico è tale se e solo se garantisce alle minoranze la possibilità di diventare maggioranze. E le minoranze devono avere la possibilità di divulgare le proprie idee, non nel vuoto pneumatico, ma in mezzo alla gente. Quando le idee – in questo caso i diritti degli animali – hanno rilevanza assoluta per qualcuno mentre per altri sono semplici paturnie, è naturale che i contrasti siano accesi come del resto accadrebbe se a confrontarsi fossero schiavisti e antischiavisti. E cosa potrebbe dirsi di un sistema politico che consentisse agli antischiavisti di esprimersi solo in privato, in ristretti club, o in luoghi lontani dal problema?

Si dice che la manifestazione “…potrebbe incidere sul libero svolgimento della rassegna, determinando eccessivo disturbo e motivi di tensione tra i frequentatori dell'area”. Embé? In democrazia (quella vera, non il suo zimbello) il disturbo rappresenta proprio la dimostrazione dell’esistenza di interessi che cozzano e che devono essere risolti anche per mezzo di un confronto duro. La soluzione può pure essere quella di garantire un tranquillo pomeriggio a una maggioranza che desidera serenità, ma a questo punto cade il postulato d’origine: la democrazia si volatilizza, almeno rispetto a una parte della popolazione, cioè quella che rivendica il diritto di esibire filmati, di lanciare slogan, di cercare il confronto. Del resto l’affermazione dei difensori dell’ordine è assai debole. Tutte le domeniche molte città sono in stato di guerra per tifoserie di idioti che rischiano di mettere a soqquadro interi quartieri, ma in quel caso, a parte ridicoli palliativi, ci si guarda bene dall’intervenire con analoghe misure. La ragione è chiara. A parte gli interessi miliardari che tali personaggi sostengono con le loro deviate passioni, da questi non verrà espresso uno straccio di idea, e allora quale preoccupazione può derivare per il sistema sociale? Sostenere interessi miliardari o contrastarli sono due atteggiamenti profondamente diversi. Non possiamo sorprenderci perciò se le tifoserie possono a loro piacimento alimentare tensioni (e che tensioni!) mentre i liberazionisti no.


Tuttavia, ancora una cosa va detta. Quale ordine e sicurezza sono state messe in crisi nelle precedenti edizioni della manifestazione quando l’autorizzazione alla protesta era stata concessa nel luogo richiesto? Quante botte sono volate, quanti spintoni, quanti pugni? Quante gomme di autotrasporti sono state tagliate, quante molotov sono state lanciate? Cosa è successo di tanto grave per questo giro di vite? Niente di tutto questo. E allora? Diciamo che il nuovo atteggiamento verso gli animalisti radicali non si riferisce ad un solo caso, ma sta diventando norma generale tanto da apparire a certuni come una direttiva proveniente dall’alto.


Beh, occorrerà tenerne conto...




Data: 03/02/09

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