Bloc Notes |
Riflessioni intime durante un banchetto |
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In occasione dell' assurdo arresto di Martin Balluch e dei suoi compagni ho partecipato ad un banchetto per raccogliere firme da inviare al consolato austriaco. La giornata scelta dagli organizzatori era particolarmente favorevole. A Torino, nel giorno del Santo patrono, la città impazza. Mi aspettavo, anche in virtù di una collocazione strategica del banchetto, la coda dei cittadini davanti al tavolo per apporre la firma. Invece... Invece il rapporto tra i “firmanti” e i passanti è stato piuttosto basso. Molti passavano, ma pochi firmavano. Mi sono posto il problema di costruire una frase breve, concisa, che andasse subito alla questione e mi sono messo a ripeterla meccanicamente ad ogni incontro: “Dieci attivisti animalisti arrestati in Austria senza aver commesso reati. Un firma per una protesta al consolato austriaco!” Che delusione! La stragrande maggioranza degli incontri scivolavano via con indifferenza o, peggio, con un moto di fastidio. Non che il fastidio non l’abbia provato pure io. Per esempio mi sono stupito di (e irritato per) una espressione ripetuta da persone diverse in momenti diversi: “se sono dentro, qualcosa avranno fatto”. Ho pensato che se questo argomento oltrepassava la singolarità di un unico caso era molto probabile che il concetto albergasse, non espresso, dentro la mente di molte delle persone incontrate soprattutto quelle che si svincolavano con una specie di cruccio nel volto. La situazione è grave. Se molte persone sottoscrivono il principio che “se uno si trova dentro vuol dire che se lo merita”, vuol dire che siamo precipitati dentro un conformismo di massa che prefigura un fascismo edulcorato quanto si vuole, ma pur sempre tale. La situazione è aggravata dal fatto che molti altri, forse la maggioranza, non arrivano neanche intimamente a tale conclusione, ma semplicemente se ne fregano se uno viene messo dentro senza prove come nel caso del povero Martin e i suoi compagni. Non so cosa sia meglio (o peggio) tra l’indifferenza e l’atteggiamento forcaiolo, proprio non so. In parte comprendo. La strada è diventata il luogo degli avvicinamenti di ogni genere e a lungo andare produce assuefazione. Forse uno psicologo potrebbe studiare lo stato cognitivo di individui avvicinati con la frase: “una firma contro la droga, per favore” e altri con “attivisti arrestati in Austria senza aver commesso reati” per poi scoprire che non si nota alcuna differenza nella complessa foresta neuronale degli interpellati. In tal caso saremmo costretti a prendere atto che il rumore di fondo indotto dalla democrazia e dalle iniziative plurime di individui che replicano all’infinito messaggi di ogni genere, dalle scope elettriche alle proteste per arresti repressivi, cancella nell’organismo biologico-culturale umano la capacità di distinguere differenze sostanziali. L’individuo ne uscirebbe, a questo punto, indenne, ma saremmo obbligati a cercare da qualche parte il motivo di grave malfunzionamento sociale. Perchè riuscire a rendere uguale l’attenzione (o la disattenzione) collettiva verso le scope elettriche e verso la repressione di istanze di libertà significa semplicemente portare alla nascita una società totalitaria completamente deprivata del suo elemento atomico costitutivo: il cittadino. Resta il fatto che a un certo momento, stanco degli insuccessi, ho incominciato a selezionare le persone. Insomma, visto che non potevo certo contattare tutto l’afflusso di persone che arrivavano da e si immettevano in via Garibaldi, ho incominciato a sceglierle sulla base della simpatia che i volti incrociati riuscivano a indurmi. Di colpo la situazione è migliorata, se pure non in modo eclatante. Le persone portano nel volto una quantità di informazione veramente sorprendente e, se la sai leggere (cosa del resto facile che non richiede grandi competenze psicologiche), puoi sapere in anticipo con un certo grado di probabilità se riceverai ascolto oppure no. Cosi' ho incominciato ad escludere gli extracomunitari. Poi le persone anziane con tratti di sofferenza nel volto (caspita, quanti sono). Poi i ragazzi con le orecchie immerse nella musica, perchè è evidente che non ti vogliono sentire. Poi le persone di media età con l’aria incarognita. Che dire? Non vorrei passare da neo-lombrosiano, ma mi pare normale che la situazione sia migliorata. Gli extracomunitari in Italia hanno mediamente problemi di sopravvivenza di gran lunga superiori ai nostri. Non penso nemmeno che nelle loro terre la sensibilità animalista sia molto sviluppata e del resto l’animalismo nasce dove tutta una serie di problemi ha trovato già soluzione. Gli anziani hanno spesso problemi di vario genere che non possono essere certo considerati vacui e spesso trasferiscono il loro disagio alle linee del volto. Hai motivi per mal giudicare chi soffre? I giovani, diciamocelo, sono in gran parte sospinti verso il vacuo e di lì non si spostano nemmeno con le cannonate. Non tutti, certo. Ma sono i più sensibili alle semplificazioni della realtà virtuale che vien loro propinata. Le persone di media età con l’aria incarognita sono proprio quelli che ti giustificano la giustezza della pena “a prescindere” da ogni considerazione, ma se andiamo alla radice delle cose si vedrà che anch’essi sono vittime di un sistema che lascia poco spazio a quella sostanza ectoplasmatica che molti chiamano “libertà umana” o libero arbitrio, che dir si voglia.. Il residuo costituito dall’anziano disteso, dalla donna sorridente, dal ragazzo con aria riflessiva, prende il volantino mandandoti l’impercettibile segnale che non lo butterà via se non prima di averlo letto e che, se lo riterrà opportuno, ti firmerà anche la petizione. E allora, se la situazione è questa, si dovrà pur prendere atto che la strategia animalista consistente nel cercare di promuovere una sensibilità di massa con i canali offerti dalla tradizione sia destinata a infrangersi su barriere tanto ardue quanto innegabili. E’ evidente che esiste una soglia quantitativa di persone che non si può pensare di superare con il contatto e l’invito alla riflessione, con i filmati e le petizioni. Tutto l’animalismo, sia quello protezionista che quello liberazionista, rimane ancora vincolato, sia pure in due modi diversi, all’idea che sia possibile giungere un giorno a un buon rapporto con l’alterità animale per mezzo della conquista incrementale delle coscienze conseguita per mezzo dei banchetti. Forse sarebbe giunto il momento di abbracciare una visione del problema radicalmente differente da quello che abbiamo ereditato, considerando la povertà dei risultati fin qui raggiunti. Ma da quest’orecchio il movimento non ci sente... Nemmeno per provare nuove possibilità.
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Data: 29/06/08 |
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